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Consumatori italiani fedeli e informati: lo dice la ricerca Aimia Lens 2014

Quanto sono fedeli gli Italiani al proprio supermercato? La risposta arriva da Aimia, leader mondiale nel settore del loyalty management (al quale appartiene Nectar) che ci svela le abitudini e i comportamenti di acquisto degli italiani e il loro rapporto con i programmi fedeltà. Dall’indagine Aimia Loyalty Lens 2014 emerge infatti che i consumatori italiani sono sempre più attenti all’ottimizzazione degli acquisti, tanto che il 59% degli intervistati possiede una carta fedeltà multipartner.

La ricerca ha inoltre permesso di stilare una classifica che vede i supermercati al primo posto per diffusione dei programmi fedeltà, con il 69% degli intervistati iscritti ad un programma della GDO. Indagando le motivazioni per le quali i consumatori italiani iscritti a un programma loyalty restano fedeli a un supermercato, le principali risultano: la possibilità di raggiungerlo comodamente (21%), la convenienza dei prezzi (18%), e vedere premiata la propria fedeltà (17%).

Al secondo posto della classifica dei quindici settori analizzati si trova quello dell’elettronica di consumo, con il 63% del campione iscritto a un programma fedeltà, seguito dai carburanti con il 33%.

Le motivazioni

Cosa spinge a essere fedeli? In generale, i riconoscimenti ottenuti per la propria fedeltà: così è per il 19% degli iscritti ai programmi delle carte di credito e delle compagnie aeree, e per ben il 21% degli iscritti a programmi del settore carburanti.

Per gli iscritti ad un programma loyalty, la fedeltà premiata è un vantaggio più importante di un prezzo conveniente. Questo aspetto emerge con decisione nei settori dei carburanti (21% contro 16%), delle carte di credito (19% contro 6%), delle compagnie aeree (19% contro 11%) e degli hotel (18% contro 12%).

Metodologia della ricerca

©Aimia Loyalty Lens è stata condotta su un campione di 2.000 consumatori per nazione. Il campione italiano è distribuito su tutto il territorio nazionale ed è composto per il 51% da donne e per il 49% da uomini, tra le fasce di età 18-24 (12%), 25-34 (15%), 35- 44 (19%), 45-54 (16%), 55-64 (27%) e oltre 65 (11%).

 Identikit di Nectar

Nectar, che fa parte del Gruppo Aimia, è il primo programma multipartner in Italia, presente dal 2010, che integra in un’unica carta fedeltà la raccolta punti di tante insegne di settori merceologici differenti, permettendo ai consumatori di raccogliere più punti e più in fretta. I partner del programma Nectar sono oggi: i supermercati Simply, IperSimply, Punto Simply, le stazioni di servizio IP, gli ipermercati Auchan, i negozi di elettronica ed elettrodomestici Unieuro, i distributori di carburante Tamoil, le agenzie di autonoleggio Hertz, il  portale online di libri e home entertainment IBS.it, Libraccio.it, il network di agenzie di viaggio Welcome Travel, i negozi di abbigliamento Original Marines, SaldiPrivati, il club di vendite private ‘solo su invito’, il comparatore di assicurazioni online Chiarezza.it, i rivenditori di pneumatici Driver e oltre 60 siti di e-commerce.

 

Panieri Nielsen: a ottobre i basici stabili, bene gli altri

Nella particolare analisi dei consumi, i Sei panieri del largo consumo elaborati da Nielsen offrono una lettura originale dell’economia reale. Ogni paniere, infatti è in grado di raccontare una storia: dalla lettura dei trend delle vendite nella grande distribuzione, dei prodotti individuati e inseriti nei diversi panieri, si può capire l’evoluzione dei comportamenti di acquisto e di consumo degli italiani.

A ottobre, questi indicatori volgono al bello, con cresce anche modeste, ma crescite, di alcuni comparti, anche se all’interno dei sub-insiemi che li compongono vi sono scostamenti anche rilevanti.

L’andamento dei Panieri Nielsen a ottobre panieri nielsen

L’unico a rimanere stabile è quello dei Basici, che include tutti gli alimenti necessari alla preparazione del primo piatto “classico”, tipico prodotto della tradizione italiana e pilastro della dieta mediterranea. Accanto alla pasta e al riso sono presenti tutti i condimenti, salse, sughi pronti, ma anche pesto, panna, besciamella. Sempre nei primi piatti sono presi in considerazione i legumi, anche loro prodotti tipici della dieta mediterranea. Se questi ‘tengono’, in calo sono invece i prodotti della prima colazione.

Nielsen propone un piccolo approfondimento riguardo la categoria dei Pronti da mangiare, categoria molto amp che va dallo snack a pasti principali. Ebbene, sottolinea Nielsen, la crescente esigenza di “risparmio di tempo” ha creato nel corso degli anni una maggiore apertura dei consumatori verso prodotti che offrono un risparmio, non tanto in termini economici, considerando i prezzi sempre più alti rispetto ai prodotti basici, ma in termini di tempo, risorsa che con l’attuale ritmo di vita è sempre meno disponibile.

Porte aperte dunque ai prodotti che offrono piatti pronti da utilizzare nei pasti principali: primi piatti e soprattutto secondi piatti freschi o surgelati che nel mese di ottobre trainano il mercato. Tra l’offerta dei secondi piatti spiccano per performance positive i prodotti freschi pronti a base di carne bianca e il pesce surgelato panato.

Un’altra anima del pronto è invece quella più dolce, che riempie i momenti “fuori pasto” e di autogratificazione. Nei punti vendita spopolano sempre di più proposte di pasticceria, torte pronte, gelati, snack e dessert dolci, prodotti a base di cioccolato e di acquisto d’impulso come le caramelle e le gomme da masticare.

Tuttavia dal punto di vista delle vendite è il comparto a maggiore sofferenza sia a volume sia in termini di fatturato. A trainare la performance negativa di questa area è il mondo del fuori pasto dolce trainata dalle gomme da masticare e dagli snack dolci. Tutta un’altra storia invece se parliamo del mondo dolce da forno che include i prodotti di pasticceria che vedono per il secondo anno una crescita di oltre il 5%.

 

Caffè, calano i consumi e anche le capsule rallentano la crescita

Nel 2013 l’Italia che detiene il 3° posto fra i Paesi maggiori importatori di caffè, figura al 10° posto per consumo pro-capite (pari al 7,46% dei consumi apparenti mondiali e al 13,50% di quelli dell’UE). I consumi interni hanno manifestato un calo dei volumi dovuto sia a un calo (più leggero) di quelli domestici che al calo (più pesante) nell’extra-domestico: i consumi pro capite di caffè (5,56 kg) risultano infatti diminuiti rispetto al 2012 (-1,24 percento). È una situazione in controtendenza rispetto alla media europea dove i consumi pro capite (4,94 kg) risultano in aumento del 2 percento.

Lo afferma Patrick Hoffer, presidente del Comitato Italiano Caffè, l’organismo di coordinamento delle associazioni nazionali di categoria che operano nella filiera italiana del caffè.

È un mercato maturo, vivace e che cambia velocemente. Lo dimostra il dato del pozionato che, sottolinea Hoffer «continua a crescere, rispetto al macinato moka, sostanzialmente stabile. Nei primi mesi dell’anno, le vendite di caffe’ porzionato hanno sfiorato una crescita del 6%».

La produzione di caffè monoporzionato, che include anche l’importazione delle capsule speciali facenti capo a Nespresso Italia e Nestlè Italia, cresce del 9,1% a valore nel 2013 attestandosi a 982,0 Mn di euro. La crescita, anche nel 2013, è stata sostenuta dalle esportazioni, aumentate del 17,6%, mentre rallenta la crescita il mercato interno, + 5,3% nel 2013, per un valore di mercato di 655,0 Mn di euro.

Flettono del 3,2% le cialde in carta, che, oltre al calo dei prezzi medi di vendita, vedono arrestare la crescita all’interno della Grande Distribuzione Alimentare, e la sostituzione con le capsule nel canale uffici. Fanno infine registrare un calo maggiore le capsule in plastica, -8,9%, dove un ruolo molto importante ha giocato un calo sensibile dei prezzi medi nel canale uffici/OCS (canale di vendita principale), anche a seguito di offerte estremamente competitive veicolate attraverso internet, e l’andamento negativo dei consumi.

Quanto  all’esportazione, L’Italia rappresenta il 3° paese in Europa per l’export di caffè torrefatto (con circa 3,2 milioni di sacchi, equivalente a 186 milioni di kg di caffè verde), mentre, a livello mondiale, è al 4° posto, alle spalle della Germania, del Belgio e degli Stati Uniti.

Le cinque tendenze del 2015 per i consumi food

L'incremento dal 2010 di nuovi prodotti che riportano sulla confezione la scritta "senza ingredienti artificiali", fonte Innova.

Cosa troveremo sugli scaffali nel 2015 (e oltre), cosa ci porteremo a casa e mangeremo l’anno prossimo, spinti da pubblicità e lanci di nuovi prodotti? Ce lo dice Innova, compagnia olandese che segue i cambiamenti dell’industria alimentare e beverage tramite gli Innova Market Insights, che monitorano su scala mondiale i lanci e le innovazioni di prodotto. Trasparenza nell’etichettatura, attenzione ai “gourmet da casa”, fuoripasto veloci e sani e prodotti innovativi al di là del brand che raccontino una storia sono le tendenze principali. Eccole più nello specifico:

1. Non basta dire “naturale”, bisogna dimostrarlo. È facile scrivere “naturale” sul packaging (un quarto dei prodotti in un modo o nell’altro richiama la naturalità degli ingredienti): il nuovo consumatore esperto vuole di più. Richiede informazioni chiare e più specifiche, e anche la legislazione va nel senso di una maggiore trasparenza.

2. Prodotti (gourmet) per cene casalinghe. Una maggior scelta nel fresco, ingredienti base che consentano di cucinare da zero anche cibi tradizionalmente acquistati già pronti (tipo il pane), ricette e suggerimenti da parte di produttori e distributori: sono le richieste degli chef casalinghi, che considerano il cucinare come attività alla moda, divertente, socializzante, che consente anche di risparmiare e mangiare più sano. Programmi Tv e food blog alimentano le schiere dei nuovi foodies…

3. I Millennials dettano le regole. Usano i social e sono costantemente connessi: i Millennials (nella fascia 15 – 35 anni) sono un terzo della popolazione mondiale e stanno cambiando le carte in tavola nel mondo dei consumi: informati, desiderosi di provare cose nuove, poco fedeli alla marca sono coinvolti nel momento in cui dietro un prodotto o un marchio c’è una storia (o presunta tale).

4. Fuori pasto il nuovo pasto. Si mangia quando si ha fame, quando si può, si perde la triade inossidabile colazione-pranzo-cena. Il fuori pasto sta diventando un’istituzione ma parallelamente cresce la domanda di “snack” (in realtà alimenti e bevande anche tradizionali ma presentati per il consumo on-the-go) salutisti, veloci, rivolti a diverse occasioni di consumo nell’arco della giornata.

5. Grassi e zuccheri: “buoni” contro “cattivi”. Le campagne contro l’obesità hanno stigmatizzato l’uso di grassi insaturi a favore di grassi “buoni” (olio extravergine di oliva, omega 3), il burro è preferito alla margarina, i dolcificanti naturali a quelli artificiali.

Anna Muzio

A ottobre l’inflazione sale. Spauracchio riverse charge per la DMO

Una lieve ripresa dei prezzi a ottobre, dopo cinque mesi di discesa allontana lo spettro della deflazione, anche se «non bisogna pensare che sia superato», sottolinea in una nota il presidente di Federdistribuzione Giovanni Cobolli Gigli.

Indice prezzi OttobreI dati provisori diffusi dall’Istat infatti registrano un tasso complessivo di inflazione pari allo 0,1% sull’ottobre dell’anno scorso e in crescita rispetto a settembre, quando era stato di -0,2%. Tuttavia i beni sono ancora in territorio negativo con -0,3%, anche se il dato è migliore rispetto a settembre. In ripresa invece i prezzi dei beni alimentari e delle bevande (+0,2 complessivamente). Qui il documento completo dell’ISTAT.

La preoccupazione, tuttavia, resta alta, anche se Cobolli Gigli dà un giudizio generalmente positivo della Legge di Stabilità. «Il testo del provvedimento attualmente disponibile – afferma –  contiene misure importanti per sostenere i consumi, misure che auspichiamo siano approvate nelle dimensioni tali da poter realmente incidere su una situazione di debolezza dei consumi che ha ormai raggiunto connotazioni strutturali. La DMO sta facendo tutto il possibile per tutelare il potere d’acquisto dei consumatori eroso dalla crisi, attraverso una politica di forte accelerazione sulla convenienza, anche a scapito della propria redditività».

Bocciata invece l’ipotesi della reverse charge (il pagamento dell’Iva da parte dell’acquirente escluso quello finale) con finalità antievasione estesa anche agli acquisti della DMO perché creerebbe ulteriori difficoltà finanziarie e contribuirebbe ad accrescere i costi organizzativi di un settore che sta facendo di tutto per operare a favore dei consumatori.

«Auspichiamo che il Governo riesca a trovare altre strade per combattere l’evasione Iva, una vera piaga per il Paese, che non siano però penalizzanti per un settore, quello della DMO,  virtuoso e trasparente sulle tematiche fiscal», conclude il Presidente di Federdistribuzione.

Quale futuro per la Gdo in un Sud povero, deserto e anziano?

La presentazione del “Rapporto Svimez 2014 sull’economia del Mezzogiorno”, edito da Il Mulino, si è tenuta ieri al Tempio di Adriano a Roma. Foto Svimez.

Sembra un bollettino di guerra, invece è il Rapporto sull’economia del Mezzogiorno 2014 presentato ieri da SVIMEZ, l’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno. Da cui emerge un’Italia più spaccata in due che mai, che la crisi ha reso ancora più disuguale. Non solo: il Sud secondo Svimez è a “rischio desertificazione”, con una popolazione sempre più esigua,  povera e anziana.

Dal Meridione si scappa per assenza di lavoro e prospettive: solo nel 2013 sono emigrati 116mila abitanti, e per il secondo anno di fila la natalità è stata negativa, con il conseguente innalzamento dell’età media ed emorragia delle fasce più produttive della popolazione. Aumentano le famiglie povere (+40% nell’ultimo anno) perché manca il lavoro (l’80% dei posti di lavoro nazionali persi tra il primo trimestre del 2013 e del 2014 è al Sud); l’industria continua a soffrire (-53% gli investimenti in cinque anni di crisi, -20% gli addetti) e gli occupati arrivano a 5,8 milioni, il valore più basso dal 1977.

Crollano i consumi
I consumi delle famiglie meridionali sono ancora scesi, arrivando a ridursi nel 2013 del 2,4%, a fronte del -2% delle regioni del Centro-Nord. Dal 2008 al 2013 la caduta dei consumi ha sfiorato nel Sud i 13 punti percentuali (- 12,7%), un risultato due volte maggiore che nel resto del Paese (-5,7%). Non parliamo solo del superfluo: in questi cinque anni di crisi sono crollati anche i consumi di beni alimentari, al Sud del -14,6%, a fronte del -10,7% del Centro-Nord; in caduta libera anche il vestiario e le calzature, -23,7%, quasi doppio che nel resto del Paese (-13,8%). Arretrano anche i servizi per la cura della persona e le spese per l’istruzione: -16,2% al Sud, tre volte in più rispetto al Centro-Nord (- 5,4%). A esporre alla povertà individui e famiglie concorrono sia la disoccupazione (specie femminile con 6 famiglie su 10 monoreddito) che il numero maggiore di familiari a carico.

Conseguenze per lo sviluppo della GDO?
Possiamo immaginare che in questa parte del Paese abbandonata dalle fasce più attive della popolazione, impoverita e con scarse prospettive (il crollo delle nascite è significativo) gli investimenti, anche nel retail, potrebbero non essere all’ordine del giorno. Prima di tutto per lo stravolgimento demografico, che secondo il rapporto farà perdere alle regioni del Sud 4,2 milioni di abitanti nei prossimi 50 anni, portandole a pesare per il 27% sul totale nazionale a fronte dell’attuale 34,3%. Per il progressivo innalzarsi dell’età media, che in un’altra situazione potrebbe far pensare a nuovi prodotti e servizi per gli anziani (pensiamo ai supermercati per la terza età nati in Germania), ma che in una situazione così compromessa dal punto di vista economico e dei consumi fa immaginare piuttosto una marea di discount che puntano su offerte e prodotti low cost, sul tipo dei Pound shops inglesi (quelli dove merce di ogni tipo viene venduta a una sterlina, sempre affollatissimi). L’emorragia di giovani e laureati (tra cui molte donne) verso altre regioni in cerca di lavoro infine non mancherà di indirizzare la domanda verso prodotti tradizionali e di fascia bassa. Le eccezioni ci sono, naturalmente. Basta pensare ai nuovi format di successo di Sicilconad sorti proprio in una delle regioni più compromesse, la Sicilia. Ma il futuro è quanto meno incerto.

Le previsioni dello Svimez per il 2015 indicano un Pil nazionale in timida crescita (+0,8%), risultato di un +1,3% del Centro-Nord e il negativo -0,7% del Sud. In risaluita i consumi al Centro-Nord a +0,4% e in flessione al Sud (-0,2%).

Anna Muzio

Agosto: vendite al dettaglio giù. Federdistribuzione: rilanciare la domanda

I dati ufficiali diffusi dall’Istat sul commercio al dettaglio relativi al mese di agosto segnalano il perdurare di un andamento negativo che, dalle rilevazioni pubblicate da Nielsen relative al mese di settembre , saranno confermati anche a settembre.

Il totale delle vendite al dettaglio indica un -3,1%, per l’alimentare a -3,7% e per il non alimentare a -2,5%. Dall’inizio dell’anno la flessione si attesta complessivamente al -1,3%: -0,6% per l’alimentare e -1,9% per il non alimentare.

Indice destagionalizzato A guardare il grafico dell’indice destagionalizzato, la curva non inverte la marcia dall’agosto del 2012 (ma l’indice 100 è fissato ad agosto 2010), come a dire che sono quattro anni di caduta più o meno accentuata.

«Preoccupa in particolare – commenta il presidente di Federdistribuzione Giovanni Cobolli Gigli – il fatto che per il secondo mese consecutivo, le vendite dei prodotti alimentari diminuiscano più velocemente rispetto a quelle dei prodotti non alimentari. Certamente questi ultimi hanno subito per primi l’impatto del minor potere d’acquisto dei consumatori, ma ora il calo delle vendite alimentari è un chiaro segnale che la crisi per le famiglie si sta aggravando, costringendole a fare economie e risparmi anche sui bisogni più essenziali. Che stiano cambiando le abitudini d’acquisto è testimoniato anche da ciò che avviene all’interno dei prodotti non alimentari: se un tempo, a fronte di cali generalizzati, telefonia e prodotti di innovazione tecnologica mantenevano un andamento positivo, ora i dati di agosto mostrano come questi prodotti siano quelli con la diminuzione più significativa: una “passione” finita per necessità!».

Nel confronto con il mese di agosto 2013, le vendite delle imprese della grande distribuzione segnano una flessione del 2,7% e quelle delle imprese operanti su piccole superfici una diminuzione del 3,4%.

Nella grande distribuzione le vendite di prodotti alimentari diminuiscono, in termini tendenziali, del 3,2% e quelle dei prodotti non alimentari del 2,1%. Nelle imprese operanti su piccole superfici le vendite segnano un calo del 5,1% per i prodotti alimentari e del 2,9% per i prodotti non alimentari. Con riferimento alla tipologia di esercizio della grande distribuzione, ad agosto 2014 si rileva una flessione del 3,3% per le vendite degli esercizi non specializzati e un aumento dello 0,6% per quelle degli esercizi specializzati. All’interno dei primi, diminuiscono del 3,4% le vendite degli esercizi a prevalenza alimentare e del 2,2% quelle degli esercizi a prevalenza non alimentare. Qui il prospetto di dettaglio.

In particolare, per quanto riguarda gli esercizi non specializzati a prevalenza alimentare, le vendite dei discount aumentano dello 0,4%, mentre diminuiscono sia quelle dei supermercati sia quelle degli ipermercati (rispettivamente -4,0% e -4,3%).

«Il bisogno di una incisiva politica di rilancio della domanda interna – conclude il presidente di Federdistribuzione – diventa sempre più urgente e la Legge di Stabilità è l’occasione giusta per imprimere questa svolta. Diventa indispensabile che tutte le misure annunciate dal Governo siano inserite nella manovra e realizzate nelle dimensioni tali da poter realmente incidere su una situazione che, invece di migliorare, diventa ogni giorno più allarmante e contestualmente si risolva la questione aperta con la Russia, che ha provocato un preoccupante calo delle esportazioni. Ci auguriamo, infine, che questi dati sulla dinamica dei consumi siano uno spunto di riflessione per chi sta pensando a un futuro ulteriore aumento dell’Iva».

Tutti pazzi per il caffè: lo beve il 96,5% degli italiani

Siamo un popolo diviso, dalla politica al calcio, ma c’è una cosa che almeno unisce tutti gli italiani, senza se e senza ma: è il caffè che, almeno saltuariamente, bevono praticamente tutti gli italiani (il 96,5%, per l’esattezza). E che per il 78% degli italiani è uno dei piaceri della vita.

Un apprezzamento plebiscitario, numeri bulgari che però vanno un attimo analizzati: lo ha fatto Caffè Vergnano basandosi sui dati di una ricerca condotta da AstraRicerche per conto del Consorzio Promozione Caffè accoppiati a dati interni dell’azienda.

Non tutti certo bevono caffè tutti i giorni. Ci sono i deboli consumatori (36%) che bevono fino a 1-2 tazzine al giorno; i medi consumatori (36%) che consumano 2-3 tazzine al giorno e i forti consumatori (27%), che superano le tre tazzine al giorno. Il caffè si beve a casa propria (89%) e al bar (78%).

Andando ancora  più nello specifico ne esce un quadro variegato a seconda dell’età, del sesso e della provenienza geografica del “bevitore”. Fattori che influenzano non solo “quanto”, ma quale caffè si beve. il caffè nella moka ad esempio è apprezzato dal 42% degli italiani (soprattutto al NordEst e dagli ultra cinquantacinquenni), mentre i giovani under 24 preferiscono le più pratiche cialde e le capsule, e, insieme alle donne, richiedono più frequentemente caffè macchiato, cappuccini, caffè latte e marocchino. Gli uomini ultra 45enni e gli abitanti dell’Italia centro-meridionale amano, invece, il caffè “in purezza”.

Come il calcio, il caffè è più apprezzato dal pubblico maschile. Quanto meno, gli uomini ne consumano di più, anche in relazione al crescere dell’età: fino a 54 anni, se ne beve di più in Piemonte e Lombardia e nella parte meridionale del Paese. Le donne lo bevono più volentieri a casa (quanto meno il 92% di loro) e il caffè non manca nella dispensa dell’89% delle famiglie italiane.

L’irresistibile ascesa della stevia: +14% nel 2014

La stevia piace sempre di più, ed è sempre più utilizzata dall’industria: secondo la società di consulenza britannica Zenith International le vendite mondiali aumenteranno nel 2014 del 14% raggiungendo le 4.670 tonnellate, per un valore di mercato di 336 milioni di dollari.

Non è insomma solo la Coca Cola con la sua versione verde, la Coca Cola Life, ad avere pensato di utilizzare la stevia per ridurre l’apporto di calorie e dare un’immagine più salutista. L’estratto della pianta sudamericana, conosciuta in Brasile e Paraguay da millenni ma giunta da noi solo pochi anni fa, è ormai utilizzato per dolcificare bevande, ma anche yogurt, dolcificanti sostitutivi dello zucchero e perfino medicinali. “Oggi sempre più consumatori controllano gli ingredienti di alimenti e bevande – ha detto Simon Redwood, Zenith Market Intelligence Consultant -. Per i produttori è fondamentale ridurre il loro contenuto di zucchero, e dal momento che i consumatori stanno iniziando anche ad evitare i dolcificanti artificiali la provenienza naturale della stevia e il suo contenuto calorico vicino allo zero sono dei grandi vantaggi”. In effetti per il solo mercato delle bevande gassate, da tempo nel mirino delle campagne contro l’obesità e a favore di stili di vita più sani,  è previsto un calo del 14% entro il 2018 secondo Euromonitor.

Per contro, Zenith prevede che il mercato mondiale della stevia raggiungerà nel 2017 le 7.150 tonnellate, per un valore di 578 milioni di dollari. “Le preoccupazioni salutiste sono ancora poco sentite nei mercati chiave asiatici quali India e Indonesia, e ci vorrà qualche anno prima che la stevia prenda piede in questi Paesi. Ma quando lo farà, realizzerà a pieno tutto il suo potenziale”, ha concluso Redwood.

Prezzi al consumo Istat: inflazione allo 0,2%

Diffusi oggi i dati Istat dei prezzi al consumo relativi al mese di settembre, che registrano una diminuzione dello 0,4% su base mensile e dello 0,2% su base annua (contro una stima provvisoria di -0,1%).

Su base annua pesano il calo dei ben energetici e il rallentamento della crescita annua dei Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (+0,3%, da +0,7% del mese precedente), solo in parte bilanciati dal ridursi della flessione dei prezzi degli Alimentari non lavorati (-0,9%, da -1,8% di agosto).

L'”inflazione di fondo” scende quindi a +0,4% (da +0,5% del mese precedente), al netto degli alimentari non lavorati e dei beni energetici, e a +0,3% (da +0,4% di agosto), al netto dei soli beni energetici.

Per quanto riguarda più specificamente il carrello della spesa, i prezzi degli Alimentari (incluse le bevande alcoliche) aumentano dello 0,2% su base mensile e fanno registrare un tasso tendenziale nullo, dopo tre mesi consecutivi di flessione (-0,3% ad agosto e -0,6% a luglio e a giugno). La dinamica dei prezzi dei Beni alimentari è imputabile all’andamento dei prezzi dei prodotti non lavorati: questi registrano un rialzo mensile dello 0,3% e un sensibile ridimensionamento della flessione su base annua (-0,9%, da -1,8% del mese precedente).

Il rialzo su base mensile dei prezzi degli Alimentari non lavorati è da attribuire principalmente all’aumento dei prezzi dell verdura fresca (+4,0%), la cui flessione su base annua si attenua (-1,4%, da -3,4% di agosto). Per contro, i prezzi della frutta fresca diminuiscono dell’1,5% su base mensile ma fanno registrare, anch’essi, un ridimensionamento della flessione tendenziale (-4,6%, da -7,8% del mese precedente), per effetto del confronto con settembre 2013, quando il calo congiunturale era risultato nettamente più marcato (-4,8%).

I prezzi dei prodotti lavorati non variano in termini congiunturali e mostrano una crescita tendenziale stabile allo 0,6%.

L’inflazione acquisita per il 2014 scende allo 0,2% dallo 0,4% di agosto.

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