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Rapporto Coop 2021: consumi e stili di vita degli italiani di oggi e domani

Presentata l’anteprima digitale del “Rapporto Coop 2021 – Economia, Consumi e stili di vita degli italiani di oggi e di domani” redatto dall’Ufficio Studi di Ancc-Coop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori) con la collaborazione scientifica di Nomisma, il supporto di analisi di Nielsen e i contributi originali di Gfk, Gs1-Osservatorio Immagino, Iri Information Resources, Mediobanca Ufficio Studi, Npd, Crif, Tetra Pak Italia. L’edizione 2021 del Rapporto è tutta orientata a descrivere la situazione della nuova realtà post Covid e per fare questo, oltre alle fonti di solito utilizzate, si è avvalsa di due diverse survey intitolate “Reshaping the future” e condotte entrambe nello scorso mese di agosto.

La prima ha coinvolto un campione di 1.500 italiani rappresentativo della popolazione over 18 (18-75 anni). La seconda si è rivolta ad un panel della community del sito di italiani.coop e ha coinvolto 1.000 opinion leader e market maker fruitori delle passate edizioni del Rapporto. Tra questi sono stati selezionati 470 ruoli apicali (imprenditori, amministratori delegati e direttori, liberi professionisti) in grado di anticipare più di altri le tendenze future del Paese. A tutti va il nostro ringraziamento.

Un mondo multipolare, una obbligata rivoluzione verde
Dopo la peggiore crisi di tutti i tempi, la migliore ripresa di sempre. Le variazioni del Pil mondiale tutte al rialzo si attestano su un +6% nel 2021 ma continuano in positivo anche negli anni a venire (+4,9% nel 2022 e +3,5% nel 2023). Corre più veloce di tutti la Cina in un mondo multipolare in cui gli Usa sembrano abdicare al loro storico ruolo di potenza egemone e offrono anche all’Europa la chance di diventare soggetto stabilizzatore nella costruzione dei nuovi equilibri geopolitici tra i molti protagonisti regionali emergenti. In Europa e nel mondo, l’Italia vive una seconda giovinezza; cresce più in fretta delle aspettative (il balzo in avanti del Pil potrebbe sfiorare il 6%), trascinata dall’export che ha già superato i livelli pre Covid e dalla riconversione digitale della propria manifattura. Gode, soprattutto, di un nuovo e inatteso momento di favore internazionale grazie ai recenti, molteplici successi sportivi e musicali, ma anche alla buona gestione della pandemia e soprattutto all’effetto autorevolezza generato dalla premiership di Mario Draghi. Durante gli Europei di calcio le ricerche on line associate alla parola “Italia” sono cresciute di un +211% e l’Italia resta in testa alle wish destination mondiali. Soprattutto, il 60% della business community internazionale si dichiara convinto di una maggiore attrattività del Paese nei prossimi 3 anni e il 48% lo ritiene una possibile destinazione dei propri investimenti futuri. Anche per questi nuovi riconoscimenti, l’86% degli intervistati si dichiara orgoglioso di essere italiano. E cresce anche la fiducia degli italiani nell’Europa e nell’Ue (oggi al 44% tra i valori più bassi nell’Ue ma il più alto fra gli italiani da marzo 2011, quindi negli ultimi 10 anni). Il ritorno alla crescita (in Italia e nel mondo) ripropone con forza la stringente necessità di una grande rivoluzione verde a livello globale (44 sono i paesi che si sono impegnati con leggi, protocolli, documenti nel 2021 rispetto ai 22 di appena 2 anni fa);sembra, anzi, oramai esaurirsi il tempo a disposizione, tanto da far temere nuove tensioni geopolitiche dovute alla diminuzione delle risorse naturali disponibili (lo teme l’80% degli executive intervistati). Lo scetticismo (il 77% del campione executive) nella possibilità di raggiungere gli obiettivi prefissati in fatto di inquinamento e cambiamento climatico va di pari passo con la consapevolezza che proprio il rispetto dell’ambiente e l’innovazione sono oramai le priorità irrinunciabili dello sviluppo futuro. La consapevolezza è ampia non solo tra i manager. Il 79% degli italiani si dichiara infatti, preoccupato del riscaldamento globale eil 75% degli executive affida lo sviluppo futuro all’innovazione tecnologica e digitale e sono gli scienziati e i medici a tornare in cima ai modelli di riferimento degli italiani (rispettivamente con il 49% e il 32% del campione).

Le inquietudini del presente e la nuova forma del futuro
“Io penso positivo” è comunque il nuovo mood post pandemia per quasi 7 italiani su 10 e, messo da parte il rancore, torna la fiducia nel prossimo (lo afferma il 41% rispetto al 19% di quattro anni fa), a partire dalla famiglia e dagli affetti più stretti. Nel rinnovato clima di benevolenza vengono assorbite con più elasticità anche le differenze. Così i nostri connazionali si definiscono pro eutanasia e aborto, accoglienti con i rifugiati e tra i più LGBT+ friendly del continente. E pur posizionandosi tra gli ultimi Paesi in Europa quanto a parità di genere, il 42% degli italiani mostra consapevolezza di questo triste primato. Sono proprio le donne ad essere le più convinte delle proprie capacità (già oggi sono più istruite degli uomini) e ritengono di essere la prima potenzialità inespressa di cui dovrebbe approfittare il Paese per il suo rilancio (tra gli italiani lo sostiene il 42% delle donne contro un ben più modesto 18% di uomini). Ma il nuovo “think positive” degli italiani dipende dalla rinnovata consapevolezza “delle cose importanti della vita” (45% degli intervistati) piuttosto che da un concreto cambiamento delle proprie condizioni di vita. Restano, infatti, profonde le ferite fisiche e mentali della pandemia, l’inquietudine da long Covid ha generato ansia, insonnia, depressione e disturbi alimentari. (si stima in 10 miliardi il costo totale solo per il trattamento delle sindromi depressive generate dalla pandemia). Inoltre, si moltiplicano le povertà, sono 27 milioni gli italiani che ancora nel 2021 hanno vissuto rinunce e disagi quotidiani, 18 milioni coloro che ne prevedono il perdurare nel tempo e 5 milioni coloro che temono il protrarsi di sacrifici, anche in ambito alimentare Anche per questo, al crescente ottimismo degli italiani e alla nuova fascinazione estera per il nostro Paese, non corrisponderà nell’immediato una altrettanto rapida ripresa dei consumi. Secondo la maggioranza degli esperti, l’Italia raggiungerà i livelli pre Covid solo nel 2023 (lo afferma il 43% degli executive ) e infatti nel 2022 il 28% degli italiani prevede di avere un livello di spesa ancora inferiore rispetto al 2019: sono soprattutto cassaintegrati, giovani e donne. D’altronde in quell’auspicato rimbalzo in avanti del nostro Paese, a rimanere al palo è proprio l’occupazione (è troppo lenta la sua crescita, nel primo semestre 2021 fa segnare un +1,8%) e anche se le previsioni sono migliorative bisognerà vedere che lavoro sarà: secondo il campione il rischio è che a crescere saranno soprattutto la sottoccupazione (59%), il lavoro in nero (50%), i gap generazionali (51%). E comunque nella speranza di affrancarsi presto dalle restrizioni del Covid, l’Italia e gli italiani escono dalla “bolla” che li ha imprigionati dall’inizio dello scorso anno e danno finalmente nuova forma al loro futuro, accelerando i cambiamenti e scegliendo nuove priorità. Dopo l’home working praticato durante la pandemia, il 69% degli smart worker (9 milioni di persone) vuole sperimentare i nuovi equilibri tra lavoro e vita privata permessi dall’hybrid work; è ibrida anche la mobilità (157mila e-bike vendute nel primo semestre dell’anno e continuano a crescere le immatricolazioni per auto ibride e elettriche). La digitalizzazione è diventata una abitudine e mette a proprio agio il 65% degli italiani a cominciare dall’e-commerce che pur rallentando continua la sua crescita (+18% nel 2021 rispetto al +45% di un anno fa). Anche dopo la pandemia, resta l’home nesting degli italiani. La casa non è più uno spazio di servizio, ma la nuova comfort area della vita quotidiana. Sono 1,2 milioni gli italiani che vogliono comprare casa e molti di più quelli che approfittando dei nuovi incentivi la vogliono ristrutturare (8 milioni) nel prossimo anno, 6 su 10 le famiglie che pensano di cambiare arredamento nei prossimi 3/5 anni; contemporaneamente, si riduce anche la forza attrattiva delle grandi metropoli e le città di piccole dimensioni/i borghi diventano i luoghi ideali di residenza per 1 italiano su 3 (sorprende più di tutti quel 67% di giovani che intende rimanere a vivere nei comuni delle aree interne dove attualmente risiede).

L’ambiente e la salute siedono a tavola
Specchio e metafora dei cambiamenti degli italiani, il cibo esce profondamente trasformato dalla pandemia e si colora di verde. 1 italiano su 2 ha cambiato le proprie consuetudini alimentari, chi indulgendo nel conforto alimentare (sono il 23% coloro che hanno preso peso – in media + 5,8 kg) e chi approfittandone per una dieta più equilibrata e salutare (15% quelli che hanno perso peso in media –7,1 kg). Se solo il 18% non si riconosce in alcuna cultura alimentare e il 24% fa riferimento solo alla dieta mediterranea, oltre la metà degli italiani si riconosce anche o esclusivamente in altre identità alimentari (bio, veg&veg, gourmet, iperproteici e low carbs), ma la vera novità del 2021 è la comparsa della nuova tribù dei climatariani, ovvero di coloro (1 italiano su 6) che dichiarano di adeguare il proprio regime alimentare per ridurre l’impatto ambientale. E comunque l’ambiente diventa riferimento di molti italiani; l’88% associa al cibo il concetto di sostenibilità che significa per il 33% avere un metodo di produzione rispettoso, per un altro 33% attenzione agli imballaggi, per il 21% è sinonimo di origine e filiera e per il 9% di responsabilità etica. Così, il 13% sta riducendo il consumo di carne (i cosiddetti reducetariani), si preferiscono prodotti locali e di stagione, i veg sono consumati anche da chi cerca solo una alternativa proteica alla carne e raddoppiano le vendite di proposte vegane di nuova generazione (le bevande, le besciamelle, i piatti pronti). E non è un caso che gli italiani riconoscano nel riscaldamento climatico il principale fattore di cambiamento del cibo del futuro, sia prevedendone una maggiore scarsità a causa del climate change (26%), sia immaginando che per salvare il clima occorrerà cambiare la nostra alimentazione (32%). Per gli italiani un aiuto verrà dalla scienza e dalla tecnologia (26%) e in questo senso tra le new entry sulle tavole degli italiani da qui a 10 anni ci sono cibi vegetali con il sapore di carne, a base di alghe, farina di insetti e anche la carne coltivata in vitro. In realtà la food revolution è già in corso. Gli investimenti nel solo 2020 in cibi e bevande di prossima generazione ammontano a 6,2 miliardi.

Un altro grande driver di scelta, anch’esso potenziato dall’effetto pandemia, è sicuramente la ricerca attraverso il cibo di un maggior benessere e l’83% dei nostri connazionali si dichiara disposto a spendere di più pur di acquistare prodotti con qualità certificata (dopo di noi l’80% dei cinesi e solo dopo europei e statunitensi). Non cessa d’altronde il successo di segmenti di mercato come il free-from, il rich-in, gli stessi dove è spesso il prodotto a marchio a rispondere meglio e con maggiore rapidità dei brand leader. Il crescente benessere spiega anche la maggiore attenzione che gli italiani prestano all’etichetta; così le indicazioni sull’origine e la provenienza del cibo sono determinanti per l’acquisto per il 39% degli italiani, per il 28% lo sono i valori nutrizionali e a seguire il metodo di produzione (per il 26%). In sostanza, gli italiani sembrano prestare attenzione crescente ai contenuti intrinseci dei prodotti e sempre meno delegano le loro scelte ad una incondizionata fiducia verso il brand e sono sempre meno disposti a pagare per i contenuti di pura immagine. Un fenomeno questo del progressivo declino della marca che continua da tempo, reso evidente non solo dall’avvento dei discount (oggi il 20% delle vendite Gdo) ma anche dalla crisi negli altri canali della distribuzione moderna (dal 2013 ad oggi la perdita di quota delle grandi marche è pari a un -9%) controbilanciato dalla Mdd (un +9% nello stesso lasso di tempo) e anche dai piccoli produttori (+3%), evidentemente più rapidi nell’intercettare le nuove mutevoli esigenze dei consumatori.

Tensioni e aspettative a casa della grande distribuzione
Come gli italiani, gli operatori della filiera alimentare vedono un futuro più rosa ma con accenti diversi fra industria e distribuzione. Se infatti entrambe hanno beneficiato della nuova centralità del cibo durante il lockdown, restano ampie le differenze sui rispettivi livelli di profittabilità, con l’industria alimentare che mantiene performance di redditività doppie rispetto alla distribuzione. Non a caso quasi 1 su 2 tra i manager della grande distribuzione intervistati nella survey di agosto prevede uno strutturale peggioramento dei risultati economici e/o di dover reinventare il proprio modello di business minacciato dalla coda lunga della recessione pandemica sui redditi delle famiglie, dall’affermazione dei discount che non conosce tregua (l’85% ne prevede un ulteriore incremento delle vendite) e dall’intensificarsi della tensione competitiva fra le insegne. Al centro delle strategie future per il 45% del campione occorre riprogettare i punti vendita, magari perseguendo una integrazione della rete fisica con i nuovi canali virtuali (39%) e lavorando per una riqualificazione del personale (34%). Solo dopo arrivano gli investimenti per potenziare le vendite online, un canale in crescita, ma anche dopo l’exploit del 2020 (+121%) l’e-grocery resta un segmento piccolo delle vendite alimentari complessive (poco sopra il 2% del totale Gdo). Peraltro, dopo una crescita nel primo semestre 2021 del 46% molti operatori ritengono nei prossimi 12-18 mesi che la progressione si fermerà o arretrerà (48%) o che sarà inferiore al 20% (per il 43%). Nello scenario immediato, ad essere più preoccupante per la Gdo è la dinamica dei prezzi all’acquisto e alla vendita. Vi è il concreto rischio che il retail alimentare resti schiacciato tra la diminuzione dei prezzi al consumo (-0,7% la deflazione del prezzo dei prodotti alimentari nel primo semestre 2021) e l’annunciato aumento dei prezzi delle materie prime e dei listini dei fornitori industriali. Un risiko da cui non sarà facile uscire.

COOP
“Lo scenario delineato nel Rapporto 2021 ci restituisce l’immagine di un’Italia indubbiamente trasformata dalla pandemia con aspetti positivi che incoraggiano, ma anche con segnali che rivelano ancora l’esistenza di pesanti incognite e di forti disuguaglianze. Il post Covid per molte persone coincide con il tempo delle rinunce su aspetti importanti dell’esistenza, i consumi sembrano essere l’ultimo dei comparti che ripartirà –commenta Maura Latini, amministratrice delegata di Coop Italia. In questo scenario un’organizzazione come Coop ha una grande responsabilità, quella di riuscire a trovare convergenze fra ciò che offriamo, e penso ai nostri prodotti, la qualità che ci sta dentro e l’accessibilità del prezzo. Responsabilità che è acuita, se possibile, dal progressivo declino della marca industriale. Toccherà ai retailer interpretare le esigenze dei vari segmenti di mercato. E’ su questo punto di equilibrio che concentriamo il nostro modo di essere Cooperative di Consumatori. Per quanto riguarda il prodotto a marchio, stiamo parlando di più di 5000 prodotti, quasi 3 miliardi di fatturato. Più di altri lavoriamo su versanti che anche dalla lettura del Rapporto Coop si rivelano sempre più urgenti come il grande tema della sostenibilità intesa come ambiente ma anche come etica. Siamo stati i primi a promuovere l’allevamento senza antibiotici e gli unici per ora a espellere il glifosato dalla coltivazione dei nostri prodotti freschi. Per citare un dato, la nostra scelta del non impiegare antibiotici in allevamento nelle filiere Coop con i nostri oltre 100 milioni di avicoli coinvolti complessivamente è stato uno degli acceleratori principali per portare il comparto dell’avicolo ad una riduzione complessiva degli antibiotici di quasi il 90% a livello nazionale nell’ultimo decennio. Non basta essere primi per numeri bisogna essere primi per azioni virtuose, noi intendiamo continuare così a muoverci, avendo come grande leva i nostri prodotti a marchio e le relazioni costruttive con i nostri fornitori partners. Aggiungo una ulteriore puntualizzazione sul tema dei prezzi e su questo voglio essere molto chiara. Si è appena avviata con gli inizi di settembre una nuova fase di negoziazione con l’industria di marca, sono già state avanzate richieste di rialzo. Lo voglio dire con chiarezza non sempre sono giustificate e noi non accetteremo rialzi che non hanno una rispondenza fattuale”.

“Ci lasciamo alle spalle un 2020 impegnativo che è stato affrontato da Coop con determinazione e comunque un anno che ha generato un miglioramento importante nella gestione caratteristica delle grandi e medie Cooperative, con un ritorno all’utile in quasi tutte – sottolinea Marco Pedroni Presidente di Coop Italia e di Ancc-Coop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori). Continueremo a percorrere questa strada di miglioramento economico delle nostre cooperative in un 2021 che inevitabilmente con la riapertura dei consumi fuori casa rallenterà le vendite. Prevediamo di chiudere l’anno con un fatturato retail in linea con quello del 2020. Confermiamo la nostra volontà di essere un presidio e un punto di riferimento per tutti gli italiani qualunque sia la loro condizione sociale. Il nostro obiettivo è fornire un cibo buono, sicuro e sostenibile per tutti, accessibile a tutte le fasce di reddito. Abbiamo preso impegni importanti con le istituzioni europee; impegni non di facciata e tutti volontari come l’adesione alla “Pledging Campaign” volta a promuovere l’utilizzo della plastica riciclata e al “Codice di Condotta Responsabile” che ci spinge verso obiettivi sfidanti e da rendicontare in materia di cibo salutare e sostenibile. E poi c’è il PNRR e la grande occasione che un buon indirizzo di queste risorse può generare, a partire dal sostegno della domanda dei redditi più bassi. Si profila infatti una situazione in cui la domanda interna resta bassa, mentre si rischia di far pagare al consumatore i forti aumenti delle materie prime e dell’energia. L’inflazione da costi esterni può avere effetti depressivi importanti sulla congiuntura economica. C’è bisogno, come anche il Rapporto Coop mostra, di dirottare risorse e politiche più incisive a favore dei consumi agendo per esempio sulla defiscalizzazione di prodotti sostenibili e c’è bisogno di una legislazione di scopo per la riconversione dei centri commerciali. Stiamo parlando di superfici estese da riqualificare e da recuperare anche in funzioni diverse da quelle commerciali, per ruoli multifunzionali e di servizio (pubblico e privato) per la comunità; interventi di questo tipo sono anche utili a frenare l’espansione edilizia e il consumo di suolo che in Italia continuano a crescere, a dispetto delle direttive dell’Unione Europea”.

Coop: l’Assemblea conferma e rafforza la strategia dell’insegna

Nel corso dell’Assemblea di Coop sono stati illustrati e discussi i principali risultati del gruppo nel 2018, con vendite complessive di 14,8 miliardi di euro, di cui 13,4 miliardi relative alle attività GDO.

Per quanto riguarda Coop Italia, il bilancio del Consorzio ha fatto registrare un fatturato di 741 milioni di euro e un utile di 1,087 milioni, dopo aver realizzato vantaggi per le cooperative per oltre 215 milioni di euro derivanti dalla negoziazione con i fornitori svolta per conto delle cooperative associate. Questo ha permesso di stabilizzare o di ridurre i prezzi alla vendita per i consumatori.

Si è inoltre deciso di rafforzare la strategia di Coop che prevede forti investimenti su tutti i principali temi ambientali e della sicurezza alimentare: riduzione e riciclo delle plastiche, miglioramenti degli imballaggi, introduzione dell’agricoltura di precisione nell’ortofrutta Coop, eliminazione di ulteriori 4 diserbanti tra cui il glifosato, riduzione fino all’eliminazione degli antibiotici nell’allevamento degli animali, potenziamento delle filiere agroalimentari Coop per la sicurezza dei prodotti e per l’etica delle produzioni. Coop è l’unica catena della distribuzione italiana, e una delle 50 imprese italiane, che ha aderito alla Pledging Campaign dell’Unione Europea per la riduzione delle plastiche.

Nel complesso si tratta di impegni molto significativi dell’intero sistema Coop sia di carattere organizzativo che economico, con un investimento complessivo nel prossimo triennio stimato in oltre 80 milioni di euro.

“L’Assemblea di Coop Italia –dichiara Marco Pedroni– è un ulteriore passo al cambiamento interno per rafforzare la competitività di Coop, per coniugare buoni risultati economici con la nostra distintività valoriale. L’ambiente e la difesa del potere d’acquisto dei nostri soci e consumatori sono gli impegni fondamentali di Coop. E’ questa la sfida che condividiamo con tutti i soci del consorzio nazionale in un contesto economico dove persistono incertezze e criticità”. 

Coop Italia: Maura Latini è il nuovo AD, Pedroni confermato presidente

Coop Italia: l’Assemblea rinnova la governance del consorzio nazionale. Confermato nel ruolo di Presidente Marco Pedroni, reggiano, al timone di Coop Italia dal 2013 e prima in Coop Consumatori Nordest (oggi Coop Alleanza 3.0) dal 1992. Sarà affiancato in qualità di Vice Presidente da Antonio Bomarsi, l’attuale Presidente di Coop Centro Italia.

Cresce e si rafforza il ruolo di Maura Latini, già direttore generale di Coop Italia dal 2013, nominata ora Amministratore Delegato. La sua è una lunga carriera tutta svolta all’interno di Coop occupando via via posizioni sempre più importanti.

In Unicoop Firenze, la cooperativa da cui proviene, Maura Latini inizia giovanissima come stagionale a 15 anni durante le vacanze scolastiche, alla fine della scuola viene assunta come cassiera in una superette e diviene presto responsabile del punto vendita, partecipa all’apertura del primo Ipercoop di Montecatini come capo settore, successivamente è direttore di diversi Ipercoop, viene nominata direttore della divisione ipermercati di Unicoop Firenze, poi direttore commerciale della cooperativa, il ruolo commerciale più importante in un’impresa cooperativa. L’arrivo in Coop Italia è del 2010 in qualità di Vice Presidente, con allora Presidente Vincenzo Tassinari.

 

 

 

Come intercettare le nuove istanze dei consumatori. L’intervista a Domenico Brisigotti

La sostenibilità – etica ed ambientale – è sempre più un driver di scelta per i consumatori: i responsabili d’acquisto, decisamente più consapevoli di una volta, hanno infatti le idee ben chiare. E basta compulsare il Rapporto Coop 2018 per avere un’idea delle dimensioni del fenomeno: emerge per esempio che nel primo semestre del 2018 il segmento dei prodotti ecologici ha fatto segnare un aumento nelle vendite del 3,6% rispetto allo stesso periodo nel 2017, con un giro di affari di oltre 188,6 milioni di euro. Il marchio “green” spopola: 68 milioni di euro nel periodo gennaio-giugno 2018; e vanno molto bene anche il biodegradabile (33 milioni di euro), il vegetale (30 milioni di euro) e il senza nichel (26 milioni di euro).

E non basta: nel primo semestre del 2018, sono cresciuti anche i prodotti con packaging con “meno plastica” (+14,3%) e i prodotti a marchio etico, che hanno fatto registrare un aumento delle vendite dell’1,8% nei primi sei mesi del 2018, per un valore complessivo di quasi 1,7 miliardi di euro.

Il quadro, insomma, è chiaro: i valori etici ed ecologici portano il consumatore a scegliere.

E la vera novità è che la scelta non riguarda più solo cosa comprare, ma anche dove effettuare l’acquisto, in base alla tipologia e al mix dell’offerta.

Da questo quadro discende, inevitabile, una domanda: cosa fanno le insegne per rispondere in modo adeguato alle nuove istanze di questa domanda evoluta?

Ne abbiamo parlato con Domenico Brisigotti, direttore commerciale di Coop Italia, che ha anticipato alcuni dei temi che verranno dibattuti nel corso del convegno “Da consumatore consapevole a cliente etico: il nuovo ruolo del responsabile d’acquisto” che si terrà durante TUTTOFOOD l’8 maggio (dalle 10,30 alle 11,30) nello spazio Retail Plaza.

“Il cambiamento è epocale – ammette Brisigotti – ma non nasce dal nulla: alle spalle ha un lungo processo di maturazione, che in questi ultimi anni ha subito una fortissima accelerazione. Il risultato è che ora è diventato un tema realmente trasversale, capace di interessare fasce molto ampie di consumatori. Industria e distribuzione devono rispondere a tono, proponendo prodotti adeguati”.

Come si può fidelizzare oggi il cliente?

Le linee guida sono sempre quelle di ridurre l’impatto ambientale, aumentando la sostenibilità sociale. Poi ogni operatore le declina in modo peculiare.

Per Coop, in particolare, si tratta di tematiche “antiche”, mi passi il termine, in quanto già da moltissimi anni abbiamo adottato partiche virtuose sulla filiera.

Oggi la sfida si è complicata perché i fronti sui quali operare sono molteplici

Come risponde Coop?

Concentrandosi sulla propria attività, per dare il meglio, partendo dai propri prodotti a marchio, per poi estendere questa strategia anche a quelli dell’IDM.

L’importante è enunciare meno slogan e dare – invece – risposte concrete. Per questo serve impegnarsi concretamente.

In termini di sostenibilità ambientale, cosa chiedono maggiormente i clienti?

Riduzione delle plastiche, controllo della filiera, maggior sicurezza alimentare. Si tratta di tematiche molto dibattute sui social, in alcuni casi persino virali.

Su altri temi, invece, si nota ancora meno reattività e una sensibilità ancora sopita.

Qualche esempio?

L’abuso di antibiotici negli alimenti: un problema fin troppo sottovalutato, forse perché poco visibile e non immediatamente percepibile, ma – potenzialmente – vettore di conseguenze gravose se non disinnescato tempestivamente.

Coop, al contrario, ha deciso di affrontarlo già da tempo, coerentemente con la propria responsabilità d’impresa.

Un compito arduo, le assicuro, perché comporta il bilanciamento di due istanze se non  proprio contrapposte, quanto meno non certo unisone: da una parte portare avanti l’impegno preso (con gli inevitabili costi aggiuntivi che ciò possa comportare), dall’altra tutelare il potere d’acquisto dei propri soci.

Questo atteggiamento non vi mette a rischio di perdere il primato conquistato negli anni?

Non è un mistero per nessuno che oggi spesso gli atteggiamenti più spregiudicati paghino. Ma Coop non li può seguire per spuntare il prezzo più basso; non può modificare un modello che è la sua ragione d’impresa. Anche a costo di subirne il contraccolpo.

Il discorso è semplice e vecchio come il mondo: si può agire senza responsabilità o essere virtuosi. La scelta è libera, certo. Bisogna però essere consapevoli che se tutti scegliessero la prima opzione, la prospettiva sarebbe paurosa.

Coop Italia: è il genovese Domenico Brisigotti il nuovo Direttore Commerciale Food

Domenico Brisigotti, 55 anni, genovese è il nuovo Direttore Commerciale di Coop Italia, che prende il posto di Alessandro Mazzoli, passato in Coop Alleanza 3.0 come Direttore Commerciale. Per Brisigotti si tratta di un ulteriore avanzamento di carriera in un contesto, quello di Coop Italia, che lo vede attivo fin dal 1988. È del 2000 la sua nomina a Direttore Prodotto a Marchio Coop  (una carica che Brisigotti ha ricoperto fino al 2015); anni importanti di crescita di fatturato del prodotto a marchio, di allargamento dell’assortimento (sono gli anni del farmaco a marchio Coop e della nascita dei corner Coop Salute e di CoopVoce, il primo operatore mobile virtuale in Italia)  e di importanti riconoscimenti: tra questi nel 2010 il riconoscimento assegnato a Coop dalla Federazione “Consumers International” (220 associazioni di consumatori di 155 nazioni) come migliore catena della grande distribuzione in Europa per quanto concerne la responsabilità sociale d’impresa.

Nel 2015 in piena Expo la nomina di Brisigotti a Ceo di Coop Italian Food la costola della centrale distributiva bolognese votata all’export, a cui ha sommato sempre a partire dal 2015 la carica di Direttore Commerciale Non Food di Coop Italia. A seguito della nuova posizione assunta da Domenico Brisigotti, Annamaria Fabbri finora Responsabile dei Settori Casa e Persona di Coop Italia, assume il ruolo di Responsabile Commerciale Non Food. È una scelta di continuità, in quanto Annamaria Fabbri ha lavorato a fianco di Domenico Brisigotti e insieme alle Cooperative, alla gestione delle politiche commerciali e dei progetti in corso per il cambiamento del Non Food di Coop. Il Consiglio di Amministrazione di Coop Italia ringrazia Alessandro Mazzoli per l’importante lavoro e contributo che ha dato in 9 anni al Consorzio Nazionale e al Sistema Coop e rivolge a lui, a Domenico Brisigotti e ad Annamaria Fabbri e i migliori auguri per i nuovi importanti incarichi.

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