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In tribunale per il “barocco”: Essse Caffè vince contro Quarta Caffè

È definitiva la sentenza del Tribunale di Bologna: Essse Caffè non ha posto in essere alcuna violazione dei diritti di Quarta Caffè. Il contenzioso era stato promosso nel 2019 da parte di Essse Caffè nei confronti della torrefazione leccese al fine di fare accertare che l’utilizzo, da parte di Essse Caffè, del segno “Barocco” per distinguere, all’interno della propria selezione, un gusto di capsule monodose non costituisse violazione del marchio complesso di Quarta Caffè contenente il segno “barocco” insieme ad altri elementi figurativi, utilizzato da Quarta Caffè per miscele di caffè in grani o macinate.

Il Tribunale di Bologna, Sezione Specializzata in Materia di Impresa, con sentenza n. 1978/2023 pubblicata in data 6 ottobre 2023 (notificata e non impugnata e quindi passata in giudicato) ha rigettato le domande di violazione di marchio e concorrenza sleale proposte in via riconvenzionale da Quarta Caffè ed ha accertato che l’utilizzo, da parte di Essse Caffè, del segno Barocco non costituisce violazione del marchio complesso di Quarta Caffè, né atto di concorrenza sleale, né violazione di altri diritti di Quarta Caffè, condannando quest’ultima alla rifusione, a favore di Essse Caffè, delle spese di lite nella misura liquidata.

Packaging monouso IV Gamma, filiera a rischio per voto UE

Nonostante gli incoraggianti segnali di apertura dimostrati dalla Commissione Agricoltura a luglio, la Commissione Ambiente dell’Europarlamento ha approvato la proposta di regolamento sulla riduzione dei rifiuti da imballaggio vietando, di fatto, l’utilizzo di confezioni monouso per frutta e verdura dal peso inferiore ad 1 kg. Questo voto sta facendo discutere e preoccupa il mondo produttivo dell’agroalimentare e, in particolare, le aziende della filiera di IV Gamma. Il Gruppo IV Gamma di Unione Italiana Food infatti sottolinea come questa proposta potrebbe avere un impatto fortemente negativo su un settore della IV gamma, che nel 2022 in Italia ha registrato un valore complessivo di 982 milioni di euro e dà lavoro a circa 30.000 persone, raggiungendo regolarmente ben 20 milioni di famiglie italiane.

I dati dimostrano il successo di una categoria di prodotti che risponde alle moderne esigenze nutrizionali, facilitando il consumo di frutta e verdura fresca e mettendola facilmente a disposizione dei consumatori e che, pertanto, andrebbe tutelata per la sua importanza nella promozione di abitudini alimentari salutari. Unione Italiana Food ha ripetutamente richiesto, a vari livelli, la modifica della proposta di regolamento, poiché ritiene che essa, chiedendo alle realtà produttive della IV Gamma di rinunciare agli imballaggi monouso dei propri prodotti, non tenga adeguatamente conto delle loro caratteristiche e necessità.

È fondamentale sottolineare che l’imballaggio, per la IV Gamma, svolge un ruolo fondamentale garantendo la sicurezza igienico-sanitaria e la qualità organolettica degli alimenti, preservandone i valori nutrizionali e prolungandone la conservazione e la shelf-life. Inoltre, le confezioni agevolano le operazioni di trasporto, garantendo l’integrità dei prodotti e consentendo una corretta comunicazione verso i consumatori. Infine, gli imballaggi contribuiscono a ridurre gli sprechi alimentari e a garantire un significativo risparmio di risorse, contribuendo anche a mitigare le emissioni di Co2 correlate.

Pur condividendo lo spirito e l’intento iniziale della proposta, Unione Italiana Food ricorda come, di fatto, non sia ancora stato ancora individuato un materiale che possa rappresentare una valida alternativa alla plastica per le confezioni di IV Gamma, né in termini di garanzia igieniche, né, tantomeno, in termini economici. Il settore ha investito e investe costantemente nella ricerca delle migliori soluzioni che consentano un effettivo riciclo dell’imballo. Già oggi la maggior parte delle confezioni di IV Gamma sono riciclabili e alcune realizzate con plastica riciclata. La decisione di vietare gli imballaggi monouso in plastica in modo indiscriminato, senza evidenze scientifiche, si tradurrebbe in gravi ripercussioni per tutta la filiera fino comportando da ultimo ulteriori costi per il consumatore in una situazione economica già difficile per le famiglie.

Proprio in considerazione di questi aspetti, l’invito del Gruppo IV Gamma di Unione Italia Food è quello di promuovere un confronto allargato ai diversi settori coinvolti nella decisione, per ottenere un cambio di posizione sul regolamento in vista della prossima votazione plenaria dell’Europarlamento sulla proposta prevista per metà novembre.

Ritirata dal commercio l’imitazione della cioccolata Pepitas Pernigotti

Pernigotti e Walcor hanno vinto un contenzioso legale per un’imitazione delle confezioni delle barre di cioccolato “Pepitas”. Il Tribunale di Roma ha infatti accolto le domande d’urgenza promosse dalle due società, recentemente acquisite da JP Morgan, contro un noto operatore italiano del settore dell’industria dolciaria accusato di aver prodotto e messo in commercio confezioni di barre di cioccolato con nocciole intere (rispettivamente di cioccolato fondente e di gianduia al latte) con una veste grafica confondibile con quella dei prodotti originali a marchio “Pepitas Pernigotti”.

Per questo motivo, con provvedimento in via cautelare, il giudice Laura Centofanti ha inibito all’operatore in questione l’uso delle confezioni dei prodotti dolciari oggetto di contestazione e di confezioni similari. Inoltre è stato ordinato il ritiro dal commercio dei prodotti recanti tale confezionamento e del relativo materiale promozionale. Per ogni prodotto eventualmente commercializzato, in violazione del provvedimento inibitorio, l’ordinanza impone anche una penale.

Pur in assenza di una contestuale contraffazione del marchio, il Tribunale di Roma ha ritenuto integrata la condotta anticoncorrenziale rispetto ai prodotti a marchio “Pepitas Pernigotti”. Il packaging del concorrente, secondo quanto concluso dal giudice Centofanti, presentava infatti caratteri di evidente similitudine e con caratteristiche del tutto analoghe, tali da far ritenere che costituisse un’imitazione servile e potesse creare confusione tra i rispettivi prodotti delle parti. Il provvedimento non è stato oggetto di reclamo nei termini di legge da parte dell’operatore coinvolto.

“Siamo naturalmente molto soddisfatti dall’esito di questo procedimento, che ha posto un freno alla condotta anticoncorrenziale perpetrata ai danni di Walcor e Pernigotti”, commenta Luigi Leonetti, direttore commerciale di Pernigotti e Walcor. “Anche per il futuro, la nostra strategia sarà di tutelare e difendere in ogni sede, sempre e ovunque, i nostri brand e asset commerciali, con tolleranza zero rispetto ad ogni tentativo di emulazione o plagio in Italia e all’estero”.

Scontro in tribunale tra Acqua Eva e Sant’Anna per diffamazione aggravata

Il caso è scoppiato pubblicamente pochi giorni fa e riguarda due realtà aziendali del cuneese, Acqua Sant’Anna di Vinadio, colosso dal volume d’affari pari a 320 milioni di euro, e Acqua Eva di Paesana, con 36 milioni di fatturato annui.

Come riportato dettagliatamente in un articolo a firma Matteo Borgetto apparso su La Stampa del 12 marzo, la vicenda comincia circa cinque anni fa, ad aprile 2018, quando sul sito www.mercatoalimentare.net, portale che si occupava di cibo e bevande ormai non più online, apparve un articolo in cui si avanzava l’ipotesi della presunta appartenenza del brand Acqua Eva alla nota catena di origine tedesca Lidl operante nel ramo Gdo. Bastarono poche settimane per far giungere la notizia ai clienti di Acqua Eva, azienda che in quel momento stava conoscendo una sensibile crescita in primis per un accordo stretto con Coop.

Pare sia stato proprio il responsabile di Coop Italia tra i primi a chiedere ragguagli al legale rappresentante di Acqua Eva, subissato presto di richieste da numerose altre catene di supermercati comprensibilmente stizzite: ogni ordine, se la notizia riportata da Mercato Alimentare fosse stata vera e acclarata, avrebbe alimentato gli introiti di un concorrente.

Nell’arco di breve tempo Acqua Eva vede azzerati gli ordini e assiste, senza poter fare granché, alla rottura di tanti rapporti commerciali intrapresi nei mesi precedenti, su tutti quello con la Red Circle Investments di Renzo Rosso, patron della Diesel, celebre brand di abbigliamento, intenzionato a fare ingresso nel comparto del beverage proprio in società con l’azienda di Paesana.

A quel punto Acqua Eva passa al contrattacco e partono le indagini che coinvolgono polizia postale, carabinieri e finanza. Il sito incriminato risulta essere intestato a una signora defunta nel 2011 ma ulteriori accertamenti portano a uno dei suoi nipoti, un giovane di Moncalieri ex studente alla Facoltà di Economia che collaborava con alcuni blog e aveva varato il portale Mercato Alimentare utilizzando una carta di credito di una banca del Lussemburgo a lui stesso intestata, e che percepiva un reddito da Mia Beverage, una controllata di Acqua Sant’Anna. Nell’arco di pochi mesi, dopo querela, l’articolo finisce offline e poi viene oscurato anche il sito stesso.

L’inchiesta va avanti: secondo le testimonianze raccolte dagli inquirenti, furono i vertici di Acqua Sant’Anna a fornire al giovane il testo della falsa inchiesta da pubblicare sul sito col preciso obiettivo di screditare Acqua Eva e ridurre il suo potenziale sul mercato per poi acquisirla a un prezzo assai ridotto rispetto a quello del valore di mercato. Un vero e proprio piano studiato nei minimi dettagli che verrà discusso e affrontato in un’aula di Tribunale, a Cuneo, il prossimo 22 settembre.

In relazione a questo caso, pochi giorni fa l’Ufficio Stampa Acqua Eva ha diffuso la seguente nota:

“Con riferimento alle recenti notizie di stampa, si conferma che avanti al Tribunale di Cuneo pende procedimento penale nei confronti del legale rappresentante e del direttore commerciale di Acqua Sant’Anna S.p.a., nonché di un ex dipendente della società Mia Beverage S.r.l., per i reati di turbata libertà dell’industria e del commercio e di diffamazione aggravata in danno di Fonti Alta Valle Po S.p.a.

In particolare, si contesta agli imputati di avere impiegato mezzi fraudolenti – l’attivazione, con lo specifico ed esclusivo scopo di screditare Acqua Eva, del sito web mercatoalimentare.net con dominio intestato a soggetto defunto e pagato con carta di credito estera – per diffondere sul mercato false informazioni in merito alla partecipazione azionaria di Fonti Alta Valle Po S.p.a., idonee a comprometterne i rapporti con la Grande Distribuzione Organizzata.

A fronte di tali sconcertanti fatti, la Società e i Soci si sono costituiti parte civile nel processo in corso al Tribunale di Cuneo – con l’assistenza degli avvocati Nicola Menardo e Federico Canazza – ed hanno ottenuto la citazione delle società Acqua Sant’Anna S.p.a. e Mia Beverage S.r.l. quali responsabili civili per i gravissimi danni derivanti dalle condotte contestate agli imputati.”

Prodotti biologici fake, FederBio applaude all’indagine della Procura di Santa Maria Capua Vetere

Da sempre al fianco delle forze dell’ordine per combattere le truffe nel biologico, FederBio ringrazia la Procura di Santa Maria Capua Vetere, gli investigatori della Guardia di Finanza e dell’ICQRF del MASAF per la recente operazione che ha consentito di scoprire una rilevante frode nella commercializzazione di prodotti falsamente dichiarati biologici. L’indagine comprende note aziende, al momento sono sette le persone indagate, per cui sono scattate le misure cautelari. Otto le realtà coinvolte con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata al falso ideologico e alla frode aggravata.

La più importante organizzazione del biologico italiano sottolinea che, se confermata, l’inchiesta può consentire di fare pulizia in comparti agroalimentari tipici del Made in Italy come le conserve a base di pomodoro e le mandorle.

Da anni FederBio è parte attiva nel segnalare alle autorità competenti situazioni a rischio frode, in particolare in alcuni comparti e territori critici come quelli che sono stati oggetto delle indagini da parte della Procura di Santa Maria Capua Vetere. La Federazione propone soluzioni concrete per migliorare il sistema dei controlli che integrano le moderne tecnologie digitali per garantire un monitoraggio, preciso e in tempo reale, delle tecniche di produzione e una vera tracciabilità anche nel caso di filiere complesse.

“In questa delicata situazione congiunturale, in cui anche il mercato dei prodotti biologici risente delle difficoltà delle famiglie italiane è ancora più importante garantire la massima trasparenza e rassicurare i consumatori sul rigore con cui vengono scoperti e perseguiti coloro che frodano – sottolinea Paolo Carnemolla, Segretario Generale di FederBio -. Episodi come questi nel casertano costituiscono un grave danno di concorrenza sleale per tutti i produttori biologici onesti, pregiudicando anche i cittadini che scelgono un’alimentazione sostenibile a base di prodotti bio. Recentemente abbiamo sollecitato il Governo affinché dia attuazione alla delega sulla riforma del sistema di certificazione dei prodotti biologici, e questa indagine dimostra come non ci sia più tempo da perdere”.

Farina di grillo negli alimenti, gli scettici dovranno ricredersi

Come annunciato pochi giorni fa, l’Unione Europea ha dato il via libera all’uso della polvere sgrassata di acheta domesticus (il comune grillo) che potrà essere utilizzata nei prodotti alimentari e arriverà sugli scaffali dei nostri supermercati.

Cinque anni fa solo in pochi si sarebbero immaginati che questo potesse succedere per davvero: come confermava una ricerca BVA Doxa per Rentokil, azienda specializzata nel monitoraggio e controllo degli infestanti, quasi il 60% degli italiani pensava che gli insetti non sarebbero mai stati accettati come alimenti in Italia.

Il novel food, che porta sulle nostre tavole nuovi alimenti tra cui insetti e aracnidi come cavallette, grilli, coleotteri, bruchi e scorpioni, era visto come un’ipotesi non percorribile sulle nostre tavole e il pensiero di trovare su uno scaffale o nel banco frigo un prodotto a base di insetti suscitava una reazione di disgusto nel 63% degli intervistati. Percentuale in linea anche nel caso dei ristoranti: trovare un piatto nel menù a base d’insetti non sarebbe stato gradito al 60% dei rispondenti.

La tanto discussa sicurezza alimentare era un elemento che già preoccupava gli italiani cinque anni fa. Il 73% degli italiani infatti pensava che la produzione degli stessi richiederebbe maggiori attenzioni in termini di sicurezza alimentare e pratiche igieniche, e il 55% era molto preoccupato dal punto di vista sanitario per le pratiche che possano essere utilizzate o meno nella lavorazione degli insetti ad uso alimentare.

Quello che era considerato il cibo del futuro è ormai diventato realtà e la rivoluzione nel piatto ha decisamente avuto una spinta importante. Sarà il tempo a dire se gli italiani si ricrederanno e come risponderanno a questi nuovi trend alimentari.

Ci sta diventa Società Benefit. Obiettivo 2022? BCorp con Lexant e Nativa

Ci Sta, pizzeria 100% italiana nata dall’idea del manager italiano Nico Grammauta, protagonista nel settore del food retail, promette una rapida espansione in Italia con un approccio etico e sostenibile.

Guidata in questo percorso dall’avv. Simona Cardillo di Lexant, con il supporto dello studio notaio Pantè, la società titolare del brand Ci sta ha scelto di trasformarsi in Società Benefit, modificando il proprio statuto ed assumendo formalmente l’impegno a creare valore non solo per gli azionisti, ma per tutti tutti i propri stakeholders, comunicando con trasparenza e responsabilità l’impegno assunto secondo la normativa introdotta con legge 208/2015 (Legge di stabilità 2016). Inoltre ha  ottenuto la certificazione da parte di B Lab, l’ente internazionale di certificazione che valuta i criteri prestabiliti di selezione.

Quanto ai prossimi obiettivi, la società ha le idee chiare: supportata da Lexant e da Nativa, punta a diventare BCorp entro il 2022.

Tutto questo si traduce in un impegno con e per il futuro: il manifesto di Ci Sta oggi vede definite le parole e gli obiettivi che rappresenteranno l’insegna nei prossimi mesi: riduzione dell’impatto ambientale  (attraverso la massimizzazione dell’utilizzo di energia da fonti rinnovabili o a basso impatto rispetto alle alternative di mercato), contrasto allo spreco di cibo, valorizzazione delle eccellenze agro-gastronomiche italiane e valorizzazione del territorio, supporto a organizzazioni impegnate in attività di beneficenza a favore della comunità, e in particolare di categorie di persone in difficoltà o svantaggiate, promozione del talento individuale come fondamento di una cultura che incoraggia il lavoro di squadra. In poche parole: ambiente, territorio, filiera, persone, comunità, prodotto.

“In qualità di Società Benefit Ci Sta intende perseguire una o più finalità di beneficio comune e operare in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente, beni e attività culturali e sociali, enti e associazioni ed altri portatori di interesse. Il nostro sogno, al quale lavoriamo con dedizione, è raggiungere la certificazione di B Corp nel corso del 2022”- conclude Nico Grammauta.

Sostenibilità, un’opportunità per il turismo: in agenda a maggio

“Sostenibilità riflesso di un modello imprenditoriale di successo”: un’opportunità per l’impresa turistica che fa bene al mondo: questo il tema del ciclo di incontri organizzato dall’avv. Simona Cardillo di Lexant, con la partecipazione di Nativa, White & Partners, The Oceancy.

Nel corso dei due appuntamenti (previsti il  20/05/2021  e il  27/05/2021, dalle 17.00 alle 19.00) verrà inquadrato il fenomeno della sostenibilità nel mondo del turismo, un settore in cui la valorizzazione di temi ambientale, sociale e culturale rappresenta lo strumento per offrire un prodotto turistico capace di rispondere alle istanze del mercato.

Verrà illustrato quale sia il percorso verso la trasformazione in Società Benefit e la certificazione BCorp e, grazie al prezioso contributo di autorevoli relatori, così aprirà un confronto su quali possano essere le forme di creazione di valore volte alla tutela di oceani e ambiente, ma anche alla valorizzazione della comunità, della cultura e delle tradizioni.

Per iscrizioni: https://lnkd.in/dZNVVri 

 

 

Società Benefit e Certificazione B-Corp: la Tavola Rotonda di Lexant

Cosa sono Società Benefit e BCorp, in cosa consiste il beneficio comune, quali sono gli oneri e quali i vantaggi concreti, in termini reputazionali ma anche economici, che ne derivano?

In un mercato in cui tutti gli stakeholders sono sempre più interessati e condizionati nelle proprie scelte dall’espressione di valori di sostenibilità, sicurezza, etica e trasparenza, lo strumento della Società Benefit e della Certificazione BCorp suscita grande interesse.

L’argomento sarà oggetto della Tavola Rotonda Virtuale organizzata da Lexant il prossimo 18 novembre (dalle 17 alle 18), nella quale interverranno l’Avv. Simona Cardillo (Senior Associate Lexant), il Dott. Francesco Dori (Partner Studio Alfuor) e il Dott. Fabrizio Fujani (TUV Rheinald). Evento moderato dalla Dott.ssa Federica Silvestri (Business coach).

La partecipazione all’evento è gratuita, ad invito.

Per informazioni: info@cseventi.com       

+39 3470043601

Segreteria organizzativa Dott.ssa Nicoletta Oberto

Club Lexant by Academy ASK

 

Delivery e asporto ai tempi del Covid. Il parere legale

L’ultimo DPCM del 24 ottobre 2020 (pubblicato in Gazzetta ufficiale il 25 ottobre) ha stabilito la chiusura al pubblico, dalle ore 18.00, dei servizi di ristorazione (bar, pub, ristoranti, gelaterie, pasticcerie, ecc), consentendo a tali soggetti, oltre tale orario, la possibilità a svolgere ristorazione con consegna a domicilio e con asporto, a condizione è che l’esercente operi tali attività “nel rispetto delle norme igienico-sanitarie”.

Ma di cosa stiamo parlando esattamente? Ce lo spiega l’avvocato Simona Cardillo dello Studio Lexant.

“Per chiarire meglio l’argomento – dice Cardillo – vale la pena di soffermarsi su quali siano le norme igienico-sanitarie e le buone prassi da rispettare, prendendo in considerazione i protocolli pubblicati dal Ministero della Salute ed altri Enti con lo scopo di fornire istruzioni utili a ridurre il rischio di trasmissione del virus tra dipendenti, fornitori, addetti alle consegne e consumatori, considerando anche stoviglie e contenitori”.

Cominciamo dai LOCALI: quali le regole?

Qui devono essere sempre garantite le distanze di sicurezza tra i dipendenti distanziando le postazioni di lavoro, modificando i turni per ridurre il numero di persone presenti contemporaneamente negli ambienti dove si prepara il cibo al fine di ridurre al minimo gli eventuali contatti lungo la linea di produzione. Gli utensili e le superfici della cucina devono essere igienizzati con frequenza straordinaria.

E i per i LAVORATORI, quali accorgimenti?

Essi devono essere sensibilizzati sulla necessità di adottare misure igieniche più stringenti e devono essere formati sulle nuove procedure (non toccare il volto, lavare le mani più spesso del solito, ecc). Per garantire la sicurezza dei dipendenti, soprattutto laddove non sia possibile garantire il distanziamento, i datori di lavoro devono fornire appositi dispositivi di protezione, quali mascherine, camici monouso, sovra-scarpe e prodotti igienizzanti, assicurandosi del loro efficace utilizzo. Il datore di lavoro deve avvertire il proprio personale affinché, in presenza di sintomi simili all’influenza, resti a casa e immediatamente sospenda l’attività lavorativa.

Laddove possibile ed utile, ad esempio in ragione del numero elevato di dipendenti, il datore di lavoro dovrebbe identificare una persona preposta a fornire ogni opportuno chiarimento al personale in merito alle procedure adottate.

Per informazioni di carattere scientifico-sanitario sarà opportuna la collaborazione di un medico competente (il Garante per la PRIVACY ha chiarito che i datori di lavoro devono astenersi dal raccogliere, a priori e in modo sistematico e generalizzato, informazioni sulla presenza di eventuali sintomi influenzali del lavoratore e dei suoi contatti più stretti o comunque rientranti nella sfera extra lavorativa. Tuttavia, il Garante ha ricordato però che resta fermo l’obbligo del lavoratore di segnalare al datore di lavoro qualsiasi situazione di pericolo per la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro.)

Come regolarsi durante la PREPARAZIONE DEL CIBO?

Come sempre, deve essere mantenuta una rigida separazione tra gli alimenti crudi e cotti, e tra utensili usati per gli uni o gli altri, per evitare contaminazioni. Il Sars-Cov-2, come gli altri coronavirus, è sensibile alle alte temperature, quindi un’accurata cottura degli alimenti (almeno 70°C al cuore del prodotto) ne assicura la distruzione. Se però non viene rispettata la separazione tra crudo e cotto, il cibo bonificato dalla cottura può essere ricontaminato.

Quali le regole per i FORNITORI?

i locali devono limitare il più possibile l’accesso a persone esterne e il contatto tre queste e i dipendenti, ad esempio prevedendo fasce orarie in cui possono essere eseguite le consegne delle materie prime, evitando, quando possibile, la discesa degli autisti dai furgoni e trasmettendo la documentazione di trasporto via e-mail.

E veniamo al DELIVERY: come va gestito?

Nella gestione dell’attività di DELIVERY, deve essere mantenuta una separazione dei locali di preparazione del cibo da quelli destinati al ritiro da parte dei fattorini, e devono essere utilizzati zaini o contenitori termici per rispettare la temperatura di conservazione in sicurezza del cibo. Gli alimenti da consegnare devono essere confezionati in contenitori adeguati, con un’etichetta con la descrizione del prodotto, il destinatario e i riferimenti del locale. Non si deve infatti dimenticare il divere di rispetto dei requisiti di rintracciabilità dell’alimento sino alla tavola del consumatore.

Il trasporto dovrà avvenire nel rispetto di legame caldo e legame freddo dell’alimento, attraverso utilizzo di contenitori alimentari isotermici che conservano i prodotti alimentari ad una temperatura adeguata e dovrà essere offerto verificando:

  • che i vani di carico dei veicoli e/o i contenitori utilizzati per il trasporto di alimenti siano sempre puliti ed a tenuta per prevenire eventuali contaminazioni da prodotti danneggiati
  • che i contenitori siano frequentemente sottoposti a manutenzione e lavaggio per evitare eventuali rischi di contaminazione
  • che i contenitori isotermici siano integri (assenza di buchi, crepe, ecc) ed ermetici (perfetta chiusura)
  • che il trasporto sia fattibile in termini di distanze da percorrere.

Per quanto attiene poi al caso specifico del DELIVERY ATTRAVERSO RIDERS, il ristoratore deve accertarsi che il personale che effettua il trasporto abbia tutte le competenze per svolgere in sicurezza l’attività e che il trasporto degli alimenti e la consegna di questi al domicilio del cliente avvenga nel rispetto delle regole  indicate in generale per il servizio di Delivery di cui al punto precedente.

Ultima fase: la CONSEGNA AL DOMICILIO, come gestirla?

Deve essere sempre effettuata in sicurezza, mantenendo sempre la distanza di almeno un metro e chiedendo al consumatore, al momento dell’ordine, di ricevere il fattorino indossando una mascherina, nel caso di pagamento alla consegna. Se possibile, preferire il pagamento on-line così potendo prevedere che la consegna venga effettuata lasciando il cibo davanti alla porta del destinatario, che uscirà a ritirarlo solo quando il fattorino si sarà allontanato.

Avv. Simona Cardillo Senior Associate

Via Pietro Cossa n. 2 – 20122 Milano (MI)
Mail: simona.cardillo@lexant.it
Skype: Cardillo Studio Lexant
www.lexant.it

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