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Promozioni, i prodotti di tendenza del 2018 nel calendario di Tiendeo (infografica)

Tiendeo.it, il portale leader nel campo dei cataloghi e delle offerte online geolocalizzate, ha condotto un’analisi dei suoi dati interni al fine di promuovere i prodotti con il maggior volume di promozioni concentrate in ciascun mese dell’anno.

Basandosi su dati interni, sono stati selezionati per ogni mese i prodotti che segneranno le tendenze del calendario commerciale del 2018. Se ad esempio gli arredi e i dispositivi elettronici saranno al centro dell’interesse dei consumatori e delle offerte per tutto l’anno in corso, il periodo preferito per l’acquisto degli articoli per la casa è nel primo trimestre dell’anno, mentre i dispositivi elettronici raggiungeranno il loro picco nella seconda parte del 2018, in coincidenza con i periodi del ritorno a scuola, del Black Friday o del Natale.

Nel 2018 poi alcuni periodi commerciali inizieranno a essere anticipati, per effetto dei consumatori che pianificano i loro acquisti. Questo accade con il ritorno a scuola o con il Natale, con lo shopping del ritorno a scuola che inizia a luglio, aumentando significativamente in agosto e scomparendo completamente durante il mese di settembre. Mentre il Natale sarà già in primo piano il mese di ottobre, con un notevole aumento a Novembre – motivato dalla presenza delle offerte del Black Friday – e dicembre, che resta il mese centrale di questo periodo commerciale.

 

Il Black Friday surclassa i saldi invernali

È interessante notare come gli acquisti online stiano di fatto cambiando profondamente le abitudini dei consumatori, e questo si vede già a partire dai saldi in corso, con le visite su Tiendeo.it relative ai saldi invernali inferiori del 15% rispetto ai saldi estivi e del 48% rispetto al Black FridayI saldi invernali starebbero dunque perdendo popolarità tra i consumatori italiani. La tendenza negli ultimi anni vede le spese elevate relative alle vacanze di Natale portare i consumatori a spostare I loro acquisti ad altri periodi commerciali dell’anno, puntando a sfruttare eventi commerciali con radici meno profonde.

Marca del Distributore, un business in crescita che vale 10 miliardi

La Marca del Distributore, ce l’ha fatta: oggi si conferma infatti un brand a tutti gli effetti con 10 milioni di ricavi al suo attivo e una quota di mercato del 18,7%.

Questi alcuni dei dati essenziali emersi nel Convegno inaugurale di Marca 2018.

La MDD continua a fare leva sull’innovazione e a crescere perché è riuscita a soddisfare le esigenze e la sensibilità degli italiani, sempre più attenti ad abitudini alimentari orientate a principi di salute e benessere. Oggi, infatti, fanno la differenza tutti quei prodotti che fanno parte del biologico e della IV gamma. Inoltre la MDD rappresenta il made in Italy, poiché la gdo alimentare si avvale di copacker al 91,5% italiani, in particolar modo Pmi.

“Quella del 2018 è un’edizione che ci dà forti conferme – dichiara Gianpiero Calzolari, Presidente BolognaFiere. Marca consolida con determinazione il suo posizionamento al secondo posto in Europa e la sua unicità a livello nazionale. Abbiamo intrapreso un percorso, quattordici anni fa, che si è dimostrato di successo e di supporto ai produttori italiani, anche in termini di internazionalizzazione. In questi anni abbiamo assistito a un profondo mutamento dei prodotti a marchio del distributore che, oggi, si esprimono in tipologie estremamente articolate, rispondendo alle esigenze di consumatori sempre più informati e attenti. Il biologico, le linee funzionali, le eccellenze territoriali enogastronomiche, l’attenzione alla qualità, sono alcune delle caratteristiche che determinano il successo del made in Italy nel mondo”.
La 14esima edizione dell’evento si è aperta con il convegno ADM sul tema “La Marca del Distributore: Il valore e il ruolo per il sistema-Paese”, quest’anno con una veste tutta nuova grazie alla collaborazione con il The European House – Ambrosetti.
“La Marca del Distributore ha dimostrato negli ultimi anni grande vitalità e notevole resilienza. Applicando il nostro modello proprietario dei “Quattro Capitali” abbiamo analizzato il contributo economico, sociale, cognitivo e ambientale generato dalla Marca del Distributore per il sistema- Paese. Il moltiplicatore economico che abbiamo calcolato è pari a 2,6, vale a dire che per ogni 100 Euro di valore aggiunto generato dalla Marca del Distributore se ne attivano 260 nell’economia. Anche in termini di occupazione, si tratta di un settore rilevante, con oltre 200.000 occupati lungo la filiera, un moltiplicatore pari a 1,9 e il 18% di occupati con meno di 30 anni (+50% rispetto alla percentuale media italiana) e il 62% di sesso femminile (+48% rispetto alla percentuale media italiana). Il successo della Marca del Distributore registrato negli ultimi anni è collegabile alla svolta strategica del settore, con il passaggio da una produzione “me too” (“tattica”) ad una diversificazione dalla marca industriale, con tipologie di prodotto innovative e a maggiore valore aggiunto” – spiega Valerio De Molli, Managing Partner & CEO di The European House – Ambrosetti.

Nel corso del tempo -ha confermato Giorgio Santambrogio, Presidente di ADM –  la MDD ha modificato la sua essenza, passando da outsider a supporto della marginalità delle insegne a vero e proprio brand, che va incontro alle nuove esigenze dei clienti e fa leva sull’innovazione. Le insegne negli ultimi anni hanno non solo inserito sempre più prodotti bio, salutistici e funzionali, ma anche saputo valorizzare le tipicità dei territori e delle piccole realtà semi-artigianali molto apprezzate. La Marca del Distributore è, inoltre, un ottimo strumento per portare all’estero il prodotto italiano, sempre più performante. Da “Distribuzione” siamo diventati una vera e propria “industria del Commercio” e, parallelamente, quella che prima era definita private label è diventata Marca del Distributore: non più private, perché è venduta all’estero e on line, e si sta affermando sempre più come un prodotto pari all’industria di marca.

e-commerce: i clienti si aspettano convenienza e servizi di qualità

L’e-commerce avanza e detta legge, riplasmando le filiere logistiche e produttive, i sistemi e i servizi di consegna, le strutture e le tecnologie dei magazzini e del packaging, e persino la mobilità.
Ecco quanto emerge dalla ricerca Netcomm ‘Logistica e Packaging per l’e-commerce. Le nuove
prospettive’ presentata nel corso del Focus Logistica, in collaborazione con Ipack-Ima e con il
supporto di Assolombarda, Comieco, DotLog e Rajapack.

Secondo la ricerca Netcomm, la qualità e l’ampiezza dei servizi di consegna sono
centrali nelle scelte di acquisto per 3 consumatori su 4. L’esperienza di acquisto online semplice e
veloce e i prezzi migliori dei prodotti sono gli elementi più importanti, richiesti rispettivamente
dall’80,9% e dal 79,2% degli utenti, seguiti dalla conoscenza e dall’affidabilità di chi offre il prodotto
(77,6%), dalla qualità e l’ampiezza dei servizi di consegna (72,1%) e dalla facilità del reso (69,9%).
Veniamo alle altre priorità per il cliente: velocità e i costi di consegna interessano circa il 55% degli e-shopper, seguono l’importanza dei servizi di ritiro e di gestione della consegna a casa a orari specifici.
A riprova di ciò ecco, infatti, qualche dato: il 56% degli acquisti non portati a termine in Europa è causato da opzioni di delivery troppo costose, il 39% da quelle troppo lente; il 71% degli e-shopper europei ha comprato più di un item per raggiungere il valore per il free shipping, che risulta essere il primo fattore di importanza tra gli aspetti della delivery in Europa.

L’evoluzione del delivery
Interessante osservare come tra il 2015 e il 2017 si è modificato il mix di modalità di delivery: i servizi di ritiro (negozio rivenditore, ufficio postale, locker, edicola, etc.) sono cresciuti del 50% e
riguardano il 9,1% degli acquisti online di prodotti, mentre la consegna a casa/ufficio è passata dal 94% al 91%. Brand leader che offrono il ritiro gratuito presso i propri negozi dichiarano, infatti, di avere quote di ritiro superiori al 50%. Ma da cosa dipende il crescente successo di questa modalità? Diciamo subito che la difficoltà/imèpossibilità di recevere la consegna a casa non è la motivazione principale (interessa infatii solo solo il 10% degli e-shopper); la prima ragione di scelta, piuttosto, è la comodità per le abitudini e gli orari di spostamento che riguarda il 62% del campione.

Cosa piace ai clienti italiani

Dall’indagine emerge che uno dei servizi graditi dai clienti è la restituzione del prodotto tramite lo stesso canale nel quale lo hanno comprato; inoltre anche il reso da casa tramite il corriere è una modalità molto gradita pureda chi ha comprato in negozio.
Quanto alla modalità i pagamento, le preferenze si diversificano: chi acquista meno frequentemente online preferisce farli alla consegna, mentre gli habituè si concentrano su altri tipi di servizi associati alla consegna quali: la possibilità di scegliere uno slot orario o la consegna su appuntamento, la libertà di modificare fino all’ultimo momento la scelta di consegna o ritiro, la consegna al piano e quella serale.

“Il 98% degli e-shopper italiani vivono un’esperienza positiva con i servizi logistici e di delivery dell’ecommerce” spiega in proposito Roberto Liscia, Presidente Netcomm. “Le performance di consegna sono in aumento significativo rispetto alla stessa ricerca condotta da Netcomm nel 2015 e cresce sia l’uso che la disponibilità di servizi di ritiro presso negozi, locker, uffici postali ed edicole. Esistono tuttavia ampi spazi di miglioramento, per esempio nella disponibilità dei servizi finalizzati a coordinare e dare intelligenza alla consegna e al reso. Sono il fronte sul quale sia i clienti che i merchant chiedono più sviluppo e tale esigenza si traduce in una richiesta di maggior integrazione informatica di tutti i processi, lungo la catena che dal cliente porta al merchant, attraverso i corrieri/spedizionieri e i magazzini. Il last mile logistico e l’integrazione lungo la filiera sono il fronte sul quale si gioca la battaglia dell’e-commerce”.

Il packaging e l’effetto WOW
Fondamentale: per più del 70% degli e-shopper l’apertura del pacco è un momento chiave nell’esperienza d’acquisto complessiva. Oltre alla funzione protettiva, l’e-shopper è infatti attento a ogni aspetto che non generi sprechi e impatti ambientali, facendo diventare quindi l’imballaggio un elemento con altissime prospettive di sviluppo e innovazione.
In proposito Carlo Montalbetti, Direttore Generale di Comieco afferma: “C’è una vera rivoluzione in atto nel commercio che sta spostando la sua attenzione all’online e che ha ripercussioni sull’intero sistema: le aziende che producono così come quelle che si occupano di recuperare gli imballaggi cellulosici. L’intera filiera della carta si sta organizzando per affrontare questo cambiamento: basti pensare che la prossima apertura di due nuove cartiere in Italia metterà a disposizione 600mila nuove tonnellate di cartone, di cui si stima che fino a 300mila potranno essere utilizzate per gli imballaggi delle vendite online”.
Secondo i risultati del primo “Osservatorio Netcomm Ipack-Ima” la maggioranza degli operatori di
filiera ritene che l’e-commerce imporrà lo sviluppo di materiali e tecnologie specifiche anche se, ad oggi, meno del 30% dei loro clienti hanno fatto richieste specifiche per l’e-commerce. “Il packaging è uno dei protagonisti principali nella filiera dell’e-commerce perché, in misura ancora maggiore rispetto al ruolo giocato nelle vendite tradizionali, esalta, da un lato, la capacità comunicativa del prodotto che protegge e, dell’altro, contribuisce alle performance logistiche e di delivery”, dichiara il Presidente di Ipack-Ima, Riccardo Cavanna.

Metodologia

La pubblicazione è il frutto del tavolo di lavoro avviato nel 2017 con più di 30 aziende socie del
Consorzio, che si è avvalso di tre diverse ricerche: la prima ha indagato il vissuto, la soddisfazione e i desiderata in tema di servizi logistici e packaging di oltre 2.500 e-shopper italiani; la seconda, che ha coinvolto 33 merchant italiani b2c, ha analizzato il rapporto tra merchant e operatori di logistica e gli aspetti inerenti l’e-commerce cross border; infine le 30 aziende socie di Netcomm hanno risposto a 10 domande strategiche di envisioning per stimare alcune possibili evoluzioni future.

Retailers mondiali a rapporto: i primi 250 valgono 4.400 miliardi di dollari

Retailers mondiali a rapporto nella 21ma edizione dello studio Global Powers of Retailing presentata da Deloitte National Retail Federation di New York.

E i dati emersi sono di peso più che rilevante come dimostra il fatto che il fatturato globale dei 250 più grandi retailer mondiali ha raggiunto nel  2016 i 4.400 miliardi di $, valore in crescita composita del 4,1% rispetto al precedente anno fiscale.

L’economia mondiale sta attualmente attraversando un periodo di crescita relativamente stabile. La crescita è accelerata in Europa e Giappone, si è stabilizzata in Cina e Stati Uniti, mentre risulta particolarmente vivace nei paesi emergenti.” commenta Dario Righetti, Partner Deloitte e responsabile Consumer & Industrial Products. “Per i retailer è stato un anno positivo con una crescita del 4,1%. Tuttavia, nell’immediato futuro, dovranno continuare a confrontarsi con le conseguenze negative rappresentate dalle crescenti disuguaglianze sociali, delle iniziative protezioniste e dell’impatto potenziale delle misure monetarie restrittive.” 

 La Classifica dei Top 10

I primi 5 retailer a livello globale mantengono la propria posizione di leader nella Top 10 e la statunitense Wal-Mart conferma la sua leadership indiscussa grazie ad un aumento delle vendite sia negli store fisici che tramite le sempre più numerose iniziative digitali. Mantiene la seconda posizione Costco, che continua il percorso di crescita dei precedenti anni fiscali. Chiude il podio Kroger, stabile in terza posizione per il terzo anno di fila. A metà classifica troviamo invece Walgreens Boots Alliance Inc. che incrementa le sue vendite dell’8.3%.

Tra i colossi europei, Schwarz Group si conferma al quarto posto con una crescita del 5.3% rispetto al FY15. Carrefour, oltre a perdere due posizioni in classifica, è anche l’unica che segna una diminuzione dello -0.4%, mentre Aidi Einkauf mantiene stabilmente l’ottava posizione con un aumento del 4.8%.

Anche quest’anno Amazon rappresenta la rivelazione di una classifica piuttosto stabile, guadagnando ben quattro posizioni rispetto al FY15, registrando una crescita a doppia cifra pari al 19.4%. Questa crescita è alimentata da un costante flusso di innovazioni di prodotto e di servizio per i consumatori, oltre che dalla continua espansione nel mondo del grocery avvenuta nel 2017 grazie all’acquisizione di Whole Foods.

Entra in classifica anche un’altra catena di retail pharmacy e health clinic, CVS Health Corporation (competitor di Walgreens Boots Alliance Inc), con un notevole incremento dei ricavi (+12.6%), dovuto alle recenti acquisizioni.

In Europa

Nel 2016 diminuisce nuovamente il numero delle aziende con sede in Europa, che passano da 93 nel 2014 14 a 85 nel 2015 fino ad arrivare ad 82 nel 2016 aumentando il gap con il Nord America.

“L’Europa sta vivendo un momento di forte incertezza legata alla situazione economica e politica. Il fenomeno della Brexit, in particolare, ha dato il via a un periodo di instabilità e cambiamento negli equilibri commerciali. I mercati maturi stanno soffrendo la concorrenza di nuovi Paesi emergenti e di nuovi competitor digitali.”, commenta Ernesto Lanzillo, Partner Deloitte e responsabile per il settore Retail. “Se analizziamo i dati, si evidenzia come l’andamento dei Top 10, inclusi quelli europei, sia sostanzialmente positivo con buoni segnali di crescita”.

A dispetto di questa perdita di quote, i retailer europei rimangono i più attivi a livello mondiale, continuando a cercare crescita al di fuori dei loro ormai maturi mercati domestici. Circa il 41% del loro fatturato è stato generato da operazioni straniere – circa il doppio di quello registrato dal gruppo dei Top 250 al completo.

In Italia

“La GDO italiana” commenta Dario Righetti “si conferma in crescita nel 2016 (+0,9%, in linea con la crescita del settore a livello globale), ma con un ritmo decisamente inferiore rispetto al 2015 (+3,4%) dove l’effetto Expo e l’inflazione positiva avevano trainato la crescita del fatturato. L’incremento nel 2016 è trainato principalmente dai volumi dato che l’inflazione nel settore è stata sostanzialmente nulla”. Per i retailer italiani si registra dunque, nell’anno chiuso entro il 30 giugno 2017, un andamento nel complesso positivo, visto che solo 2 dei 4 player nazionali registrano un calo nel posizionamento globale. Al contrario dello scorso anno, Coop recupera quattro posizioni, collocandosi al 72esimo posto. Sia Conad che Esselunga perdono delle posizioni nella classifica delle Top 250, collocandosi rispettivamente al 78° e 131° posto. Eurospin migliora anche quest’anno i propri risultati guadagnando una posizione (dal 188° posto al 187°). “In termini di redditività (vedasi tabella sottostante), da analisi comparative effettuate da Deloitte – prosegue Righetti – si conferma una sostanziale tenuta, per la GDO Italia, del margine commerciale, peraltro superiore a quello registrato da un campione internazionale. Nonostante questo positivo risultato, la GDO italiana registra un margine operativo quasi dimezzato rispetto al campione internazionale, per effetto di minori sinergie e maggiori costi di trasporti ed energia rispetto al campione internazionale”.

 I settori merceologici

Hardline & leisure è il settore con il tasso di crescita più elevato grazie ad una serie di imporanti operazioni di acquisizione (Lowe’s e Steinhoff International), fusione (Group FNAC e Darty plc) e cessione (Staples) avvenute durante il FY16.

Ciò significa che per la prima volta in quattro anni i retailer di abbigliamento ed accessori non hanno trainato la crescita, ma rimangono comunque il settore più profittevole.

I retailer di fast-moving consumer goods¹ (FMCG) sono attualmente le aziende più grandi (con un fatturato medio di circa 21.7 miliardi di dollari) così come le più numerose (135 aziende che costituiscono il 54 percento di tutte le Top 250 e rappresentano due terzi del fatturato delle Top 250).  

 

I quattro trend del retailing

Global Powers of Retailing 2018 mostra chiaramente come le regole del retailing stiano cambiando. Ma in quale direzione? Quali sono i trend che oggi vanno per la maggiore?

Quattro le tendenze evidenziate dal report:

 

  • Costruire competenze digitali di prim’ordine. Ormai, infatti, è chiaro: lo shopping non è solo questione di acquisiti in un negozio fisico o e-commerce perché i consumatori sono channel-agnostic, e non ritengono dirimente il canale di vendita.
  • Combinare negozio fisico e digitale permette di recuperare il tempo perduto. 
  • Creare esperienze in-store uniche e coinvolgenti. I negozi fisici non scompariranno, ma per competere con la convenienza e l’assortimento ineasuribile offerto online, creare esperienze di valore ed aumentare il brand engagement sono due attività cruciali. 
  • Reinventare il retail grazie alle ultime tecnologie. L’Internet of Things, l’intelligenza artificiale, la realtà aumentata e virtuale ed i robot dovrebbero essere sull’agenda di ogni retailer.

Vino, svolta verso la qualità, e a guadagnarci sono le enoteche

È stata un’onda lenta e costante, ma inarrestabile quella che ha portato una sempre maggiore attenzione alla qualità del vino: ma a guadagnarci sono state, nonostante gli sforzi fatti dalla Gdo (peraltro assai contenuti e spesso poco convinti), le enoteche che stanno vivendo un vero e proprio boom. Secondo un’analisi di Coldiretti e della Camera di commercio di Milano sono infatti cresciute del 13% in cinque anni fino ad arrivare a 7.300 in tutta Italia.

Una crescita diffusa: se infatti i tre capoluoghi con il più alto numero di punti vendita sono Napoli con 546, Roma con 482 e Milano con 264, la crescita maggiore si registra a Bologna (+170%), Foggia (+68%), Verona (+66%), Cuneo (+65%), Messina e ancora Milano (63%). Con una peculiarità: la presenza femminile con le donne alla guida di più di una enoteca su quattro (27%) mentre il 12% sono gestite da giovani soprattutto al Sud con un punte del 25% a Taranto e del 20% a Catania e Palermo.

 

I giovani cercano la qualità

La storia recente del rapporto degli italiani con il vino  è emblematica. Dopo aver raggiunto il minimo a 33 litri pro capite nel 2017, la tendenza si è invertita proprio l’anno scorso con un aumento degli acquisti delle famiglie del 3%, trainato dai vini Doc (+5%), dalle Igt (+4%) e degli spumanti (+6%) mentre sono calati gli acquisti di vini comuni (-4%). Numeri che confermano una decisa svolta verso la qualità con il vino che è diventato l’emblema di uno stile di vita “lento”, attento all’equilibrio psico-fisico che aiuta a stare bene con se stessi, da contrapporre all’assunzione sregolata di alcol. Lo dimostra il boom dei corsi per sommelier, ma anche il numero crescente di giovani che ci tiene ad essere informato sulle caratteristiche dei vini, mentre cresce tra le nuove generazioni la cultura della degustazione consapevole con la proliferazione di wine bar. Ma anche con la partecipazione ad eventi, sagre, feste locali legate in qualche modo al vino, che nell’ultimo anno ha visto la partecipazione di 16,1 milioni di italiani. E da qui si capisce anche il successo delle enoteche, ancor più forse che per l’assortimento per la presenza di un consiglio quanto mai richiesto e apprezzato.

Eppure il modo per vendere vino di qualità c’è: un esempio è la catena francese Nicolas (vedi articolo e gallery: Nicolas, l’enoteca di prossimità francese che spiega come si vende il vino). Per lo studio di un caso “nostrano” leggi Signorvino, la sfida interamente italiana e low cost del patron di Calzedonia.

I Gigli di Firenze implementano il ledwall circolare più grande d’Italia

Comunicare è importante, e riuscire a raccontare la propria storia ricorrendo alle immagini e coinvolgendo il pubblico è un atout da non sottovalutare.

Lo sa bene il Centro Commerciale I Gigli di Firenze che ha recentemente implementato il
ledwall circolare più grande d’Italia, progettato e installato da 3P TECHNOLOGIES, in una modernissima piazza multimediale.

[Not a valid template]Per corroborare e potenziare l’effetto visivo del ledwall sono state previste anche  8 colonne curve di forte impatto scenografico.
Il led, con una circonferenza di 66,2mt x 1,58 mt di altezza, è composto da oltre 2.000 tiles, per un totale di circa 2.400.000 pixel, e da 8 alberi, colonne curve di mattonelle led, su cui vengono distribuiti contenuti grafici sempre differenti grazie al sistema di digital signage, che con video ed immagini in modalità multivision guidano i clienti , li coinvolgono e li stimolano.
L’agorà permette di sfruttare l’area del centro commerciale per spettacoli, ospitate e road show.
3P Technologies si è occupata della progettazione e dell’installazione del sistema lavorando a stretto contatto con gli architetti della committenza ( Eurocommercial ) ed i tecnici di DIGILED. L’installazione è stata fatta interamente in notturna, ed è durata due mesi circa.


L’ancoraggio delle tiles ha richiesto la realizzazione di strutture custom made. Il sistema di controllo è gestito da 5 processori digitali navigator per la distribuzione del segnale video, 1 processore navigator di back up attivo ed 1 sistema di distribuzione fibra ottica ad altre prestazioni.

Attualmente l’installazione è candidata tra i cinque progetti finalisti per il settore retail del premio InVation Award ( www.inavationawards.com ) che si terrà il prossimo 6 febbraio ad Amsterdam in occasione di ISE 2018 , fiera mondiale per il mondo degli integratori di sistemi e del ondo delle tecnologie audio video.

Sacchetti di plastica, se l’articolo è di lusso farli pagare è un imbarazzo

È questa la posizione di Aires, Associazione Italiana Retailer Elettrodomestici Specializzati, che in una nota ha preso posizione sulla legge che impone ai negozianti di far pagare i sacchetti di plastica al cliente finale, evidenziando nello scontrino l’importo al momento dell’acquisto del bene..

“L’obbligo  – si legge nella nota Aires – ha certamente generato alcune perplessità, anzitutto perché il costo viene applicato anche a buste che, in quanto potenzialmente riutilizzabili a tempo indeterminato, nella stragrande maggioranza dei casi verranno conservate a casa dopo l’acquisto non generando quindi rifiuti. Vi è in particolare da parte dei rivenditori specializzati di prodotti elettronici – e di molti commercianti di beni costosi – l’imbarazzo nel vedersi obbligati a chiedere ai clienti, che hanno magari speso più di 1000 Euro per uno smartphone di ultimissima generazione, il pagamento dei pochi centesimi relativi al costo di un sacchetto di plastica”.

L’associazione ricorda inoltre come il sacchetto sia necessario a rendere sicuro il trasporto di un bene di rilevante valore, in modo che non cada e si danneggi.

«Alla luce di tutto questo, abbiamo fatto alcune valutazioni ed è da ritenere auspicabile – dichiara Davide Rossi, Direttore Generale e Consigliere Aires – la facoltà di inserire nello scontrino uno sconto sul prezzo del bene che sia equivalente al costo di un sacchetto di dimensioni coerenti con quelle del prodotto acquistato, fermo restando che altre eventuali buste in plastica o sacchetti di dimensioni sproporzionate dovranno essere pagati».

Questa interpretazione risponde anche alle sollecitazioni pervenute da Massimiliano Dona, Presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, che nei giorni scorsi aveva invitato le imprese della distribuzione a farsi carico di questi costi e tenere i clienti indenni dagli oneri ecologici, ferma restando l’attività di sensibilizzazione derivante dalla indicazione del valore del sacchetto nello scontrino.

Aires, Associazione Italiana Retailer Elettrodomestici Specializzati, costituita nell’ottobre 2005, riunisce le principali aziende e gruppi distributivi specializzati di elettrodomestici ed elettronica di consumo, e aderisce a Confcommercio Imprese per l’Italia. 

Saldi invernali al via, un business complessivo, stabile, da 5,2 miliardi di euro

Foto Daniel von Appen / Unsplash.

Sono già iniziati nelle piccole Valle d’Aosta e Basilicata, mentre nel resto d’Italia bisognerà aspettare domani, 5 gennaio, e in Sicilia addirittura il giorno dell’Epifania. Poi si chiuderanno quasi ovunque a fine febbraio o ai primi di marzo, ma a quel punto i giochi saranno fatti da tempo. Sono i saldi invernali, primo grande appuntamento commerciale del 2018, a cui come ogni anno gli Italiani arrivano con i portafogli vuoti dopo le feste natalizie, ma comunque con la voglia di fare qualche affare.

 

Quest’anno budget medio di 331 euro per 15,6 milioni di famiglie

Gli esperti prevedono che la spesa sarà più o meno quella dell’anno scorso. In base a uno studio di Confcommercio il business complessivo sarà di 5,2 miliardi di euro, e saranno 15,6 milioni le famiglie che approfitteranno delle svendite di fine stagione. Il budget a persona sarà di 143 euro per abbigliamento, calzature e accessori, e di 331 euro per ogni famiglia. Più o meno uguali le previsioni di Confesercenti, secondo cui – la fonte è una ricerca commissionata a Swg e condotta su 600 commercianti e 1500 consumatori – l’investimento sui saldi sarà di 150 euro a persona. Più o meno un italiano su due (il 47%, mentre il 41% deciderà all’ultimo momento a seconda delle occasioni) sarà interessato e i commerciati coinvolti saranno 280mila (circa un terzo delle 800mila attività commerciali italiane), con uno sconto medio tra il 30 e il 40%. Sempre secondo l’indagine di Confesercenti-Swg gli italiani andranno in cerca soprattutto di scarpe (28%), prodotti di maglieria (22%) e pantaloni (14%), mentre solo il 7% punta ad acquistare i capi spalla (cappotti e giacconi), un tempo tradizionale bene da svendita a causa dell’alto costo.

«Dopo un Natale ancora sospeso tra una crisi che sembra volgere al termine ed una ripresa ancora debole almeno nel fashion retail – nota Renato Borghi, presidente di Federazione Moda Italia e vicepresidente di Confcommercio – la buona notizia è l’incremento di due punti della fiducia dei consumatori, tornato ai livelli del gennaio 2016. Un ingrediente, questo, imprescindibile, oltre al potere di acquisto degli Italiani, per sostenere i consumi in questo periodo dei saldi di fine stagione, che per meteo e calendario è appena iniziata. La spesa per gli acquisti in saldo per valore, secondo le nostre stime, sarà leggermente inferiore a quella dell’anno scorso, ma in linea con il momento. Il vero vantaggio sarà per i consumatori non vedere i prezzi dei negozi, dal primo gennaio, con l’Iva al 25%. Il Governo ha fatto bene ad ascoltarci, sterilizzando le clausole di salvaguardia, ma se vogliamo veramente uscire dal tunnel, occorre un maggior sforzo, coraggio e determinazione per ridurre la pressione fiscale, ancora troppo elevata per imprese e famiglie».

 

Il decalogo per minimizzare i “pacchi”

Naturalmente la ricerca dell’affare comporta anche qualche rischio. Per questo come ogni anno le associazioni di categoria diffondono una sorta di decalogo per minimizzare il pericolo di una fregatura. Bisogna essenzialmente tenere a mente che – come fa notare Confcommercio – il commerciante non è tenuto a cambiare il capo, salvo qualora ciò non sia espressamente specificato e salvo casi di merce danneggiata o non conforme, a patto che si resti entro i due mesi dall’acquisto; che non c’è obbligo di prova dei capi; che il commerciante non è tenuto ad accettare le carte di credito, se non espressamente comunicato; che è obbligatorio da parte del commerciante indicare prezzo pieno, prezzo finale e ammontare percentuale dello sconto.

Infine va ricordato che anche i negozi online hanno i loro saldi. Amazon farà sconti sull’abbigliamento fino al 50% per cento fino al 28 febbraio, lo stesso farà Zalando e Asos, che arriverà fino a “tagli” sull’etichetta del 70%. Molti negozi online arricchiscono di prodotti la sezione outlet, dedicata agli articoli in svendita, mentre OVS propone in rete tutta la collezione con sconti fino al 70%. Per i negozi online valgono naturalmente le stesse regole dei saldi nei negozi fisici.

Lucano va con Coca Cola, al via da febbraio la partnership distributiva

Parte dal 1° febbraio la nuova partnership distributiva che vede Coca-Cola HBC Italia, principale produttore e distributore delle bevande a marchio The Coca-Cola Company nel Paese, diventare distributore esclusivo per l’Italia nel canale Out of Home degli spirits di proprietà del Gruppo Lucano, arricchendo così il proprio portafoglio prodotti.

Le due società, Coca-Cola HBC Italia, forte di una capacità distributiva unica sul territorio nazionale, e Lucano 1894 srl, con la sua consolidata esperienza e tradizione nel mondo degli spirits, si pongono come interlocutori prestigiosi per il mondo della ristorazione e della mixology con un portafoglio prodotti che oltre allo storico Amaro Lucano, vedrà protagonisti nel canale fuori casa Limoncetta di Sorrento IGP, la Linea Anniversario (Amaro, Limoncello, Sambuca e Caffè), la Linea F.lli Vena (Mirto, Nocino e Liquirizia), oltre ai distillati Grappa Barocca e Grappa Passione Bianca.

«Questa partnership segna per Coca-Cola HBC Italia un momento storico importante all’interno della sua strategia di Total Beverage Company – spiega Vitaliy Novikov, General Manager Coca-Cola HBC Italia -. La forza distributiva di Coca-Cola HBC Italia, unita ad un brand iconico come Amaro Lucano, darà vita ad una realtà completamente nuova per il mercato italiano degli spirits».

«Per l’azienda Lucano e per la mia famiglia, che la guida da quattro generazioni, è motivo d’orgoglio aver stretto un accordo con una delle più grandi multinazionali al mondo che ha apprezzato proprio la nostra lunga storia imprenditoriale e il forte legame con il territorio e la cultura italiana, che rimangono imprescindibili – sottolinea il Presidente del Gruppo Lucano Pasquale Vena -. Questa partnership rappresenta un’opportunità di ulteriore grande crescita dei nostri prodotti nel mondo della ristorazione e della mixology dove sono già ben presenti e apprezzati».

Con dm Milano CityLife la drogheria tedesca si presenta all’Italia

Punta su marca commerciale che gode dell’allure della qualità tedesca e sulla convenienza la drogheria tedesca dm drogerie markt, che ritorna in Italia dopo dieci anni “con una politica decisa, determinata”. Che prevede l’apertura di 100 punti vendita in tre anni. Matteo La Porta, area Manager per la Lombardia, ci ha accompagnato nella visita al flaghship store di Milano CityLife, primo punto vendita aperto lo scorso 30 novembre (nel frattempo hanno debuttato altri tre store, due a Udine uno a Laives). Prossime aperture Gorizia, Trieste, Bergamo e Piacenza, con l’obiettivo di arrivare a 40 punti vendita entro il 2018 e 100 nei prossimi tre anni. L’investimento complessivo entro la fine del prossimo anno sarà di oltre 18 milioni di euro con l’assunzione di 200 dipendenti. 

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Un’apripista, una vetrina importante è il negozio di Milano anche se con 322 metri quadri di vendita, è circa la metà della metratura tipica è di 500-600 metri quadri.

L’assortimento spazia dai principali marchi di richiamo (che variano di Paese in Paese: l’Italia è il primo dei 13 fuori da Germania e Austria a essere non mittel o est europeo) a fianco della proposta della marca del distributore (sono 23 le marche di proprietà con oltre 3.000 articoli, molti dei quali biologici o naturali, tutti certificati) che si invoglia a provare “per dare un’alternativa a un prezzo più abbordabile”. L’insegna si caratterizza per una politica di prezzo non promozionale, basata sull’everyday low price.

Varia l’utenza, con una grande prevalenza di donne: dai cinesi dei centri di bellezza della vicina Paolo Sarpi (la “Chinatown” milanese) “che hanno già intuito la nostra convenienza e qualità” alla casalinga alla donna manager.

Il settore food è molto sviluppato rispetto ad altre insegne del genere dove “puntiamo a diventare un riferimento” anche perché la fascia di prezzo sul biologico e naturale è decisamente diversa per i concorrenti.

dm drogerie markt associa in un unico punto vendita l’offerta tipica di almeno cinque diversi tipi di negozio, inserendosi in un segmento del commercio al dettaglio che è complementare e non concorrenziale rispetto ai supermercati. Ogni drugstore comprende l’equivalente di una profumeria ampia e qualificata, di un negozio specializzato in prodotti per il benessere e la salute, con migliaia di articoli biologici e naturali, di uno store di prodotti per l’infanzia, di un grande magazzino di articoli per la casa e di un negozio specializzato in prodotti per animali.

Hubert Krabichler, CEO per l’Italia di dm drogerie markt, ha dichiarato: «L’Italia è un Paese molto attento al benessere e alla cura della persona, esattamente il core della nostra offerta commerciale. Per questo motivo abbiamo sempre considerato l’Italia molto interessante per uno sviluppo fuori dai nostri mercati tradizionali, che sono Germania, Austria e Paesi dell’Est. Riteniamo che adesso sia il momento giusto per aprire qui. Il mercato italiano sta mostrando, infatti, decisi segnali positivi di ripresa e una fiducia crescente dei consumatori».

dm drogerie markt nata in Germania nel 1973 si è poi sviluppata e affermata in Austria e in 10 paesi dell’est europeo è la più grande catena di drugstore in Europa con 3.400 punti vendita, 59.000 dipendenti e oltre 10 miliardi di euro di fatturato.

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