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Tag: e-commerce

Italiani esigenti su spese di spedizione, lo studio di Sendcloud

Sembra che gli italiani stiano diventando consumatori sempre più esigenti quando si parla di spese di spedizione. Secondo uno studio condotto da Sendcloud, la piattaforma di spedizioni e-commerce, eseguito su un campione di 7.873 consumatori di 8 Paesi europei, per il 94% degli italiani i costi di spedizione sono un aspetto fondamentale quando si effettua un ordine online ma il trend di spesa degli acquirenti è in calo rispetto al 2020. Tra i consumatori italiani infatti, a fronte di un ordine di 50 €, la spesa massima che sono disposti a pagare per la spedizione è oggi di soli 4,30 € e non vogliono scendere a compromessi sui servizi: la consegna veloce e la flessibilità sono infatti ancora considerate delle assolute priorità di spedizione.

I costi di spedizione sono un deterrente allo shopping online
I costi di spedizione rappresentano ancora un importante deterrente allo shopping online. Ben due terzi dei consumatori italiani (70%) abbandona il carrello nel momento in cui i costi di spedizione vengono ritenuti troppo alti. Ma cos’è “troppo alto”? La cifra che gli acquirenti sono pronti a pagare dipende molto dal valore dell’ordine. Nel 2020, su una spesa di 15,00 € il consumatore italiano era disposto a pagare fino a 4,00 €, mentre per un ordine di 150,00 € arrivava a 5,90 €. Oggi, a parità di prezzo, le cifre che gli italiani sono disposti a spendere sono scese rispettivamente a 3,30 € e a 5,60 €.

I consumatori hanno standard di consegna sempre più elevati
Dalla ricerca di Sendcloud emerge che nonostante i consumatori vogliano pagare meno per le spese di spedizione, hanno però ancora grandi aspettative sull’esperienza di consegna. Dopo i costi di spedizione (94%), i tempi di consegna (86%) e la flessibilità (81%) sono considerati gli elementi più importanti nel processo di consegna di un ordine. L’82% dei consumatori italiani vorrebbe avere anche la possibilità di selezionare la fascia oraria di consegna del proprio ordine, di poterla cambiare (70%) e di poter modificare l’indirizzo di consegna (64%) anche dopo che il pacco è stato spedito. E ancora, quando si tratta di richiedere la spedizione in giornata, i consumatori italiani vogliono poter effettuare l’ordine fino alle ore 16:42 e ricevere comunque il pacco il giorno stesso; a differenza della media dei consumatori europei che è disposta a ordinare al più tardi alle 13:54 per la consegna veloce. Seppur richiedano questi servizi premium, i consumatori italiani si aspettano però di ottenere tutto a un prezzo più basso, dimostrando così di avere alti standard di consegna e complesse esigenze di mercato.

In merito ai risultati raccolti, Rob van den Heuvel, CEO e co-fondatore di Sendcloud, ha dichiarato: “L’esperienza di spedizione è senz’altro uno degli aspetti più importanti quando si parla di e-commerce. Quando un pacco non può essere consegnato in tempo o i costi di spedizione sono troppo alti, i negozi online rischiano di perdere i propri clienti. Il fatto che i consumatori abbiano elevate esigenze di consegna e allo stesso tempo non vogliano spendere per i servizi premium, rende davvero difficile per i retailer più piccoli competere con i giganti dell’e-commerce come Amazon e Zalando. Per rispondere a queste nuove sfide di mercato ed acquisire e mantenere i clienti a lungo termine, gli e-commerce possono applicare una strategia multi-vettore che gli permetta di aumentare gli standard di servizio riducendo comunque i costi di spedizione”.

Metodologia della ricerca
L’E-commerce Delivery Compass è stato condotto da Nielsen su 7.873 partecipanti di 8 Paesi europei (Paesi Bassi, Belgio, Francia, Germania, Austria, Italia, Spagna e Regno Unito) nel giugno 2021. Il rapporto completo fornisce una visione delle nuove tendenze della logistica dell’e-commerce.

Per scaricare l’ebook gratuito, accedendo all’intera ricerca e scoprendo ulteriori dettagli sui trend di consegna europei, è sufficiente un clic qui.

Pandemia e mondo retail negli Stati Uniti: l’analisi di Medallia

Medallia, leader globale nella gestione della customer ed employee experience, ha diffuso “The Future of Retail Consumer Behavior”, un report che traccia i cambiamenti negli Stati Uniti del comportamento dei clienti nei loro processi d’acquisto. Il rapporto è stato realizzato da Sense 360, la società di Medallia di analisi dei consumatori che ha combinato i dati provenienti tre fonti: dati sul traffico pedonale dalla geolocalizzazione dello smartphone di oltre 2 milioni di utenti americani che hanno aderito all’indagine, dati sulla spesa di oltre 6 milioni di consumatori e dati di sondaggi psicografici. L’integrazione di più set di dati ha permesso di fornire una visione più olistica del percorso del cliente.

“È evidente che il comportamento clienti nel mondo retail è cambiato drasticamente nel corso dell’ultimo anno e mezzo e si sta definendo una nuova normalità: è quindi importante per il trade definire quali trasformazioni saranno permanenti e quali tendenze potrebbero al contrario dissolversi”, afferma Andrew Custage, Analytics Head di Sense360 by Medallia.

Il report “The Future of Retail Consumer Behavior” ha inoltre tracciato in che modo sono stati impattati diversi settori della distribuzione – nel dettaglio food, sport e beauty – dall’emergenza Covid-19 e con quali ricadute. A livello generale dalla survey emerge che nonostante le recenti preoccupazioni sulla variante Delta, i livelli complessivi di paura nei confronti di Covid-19 sono diminuiti rispetto a un anno fa. Le analisi di Sense 360 confermano che è diminuita la percentuale dei consumatori che percepiscono il virus come una delle più grandi minacce e di coloro che credono che per il ritorno a una normalità piena serviranno ancora più di sei mesi. Al di là del livello di preoccupazione nei confronti del coronavirus, l’emergenza sanitaria ha modificato comportamenti dei clienti e i loro shopping jouney, in alcuni casi, in modo permanente. Nel dettaglio il passaggio agli acquisti online continua negli USA nonostante la pandemia abbia rallentato. Insegne come Walmart e Target, stanno continuando a registrare tassi di crescita sui principali kpi del loro canale digitale. Anche uno studio che ha coinvolto i 53 rivenditori che utilizzano i software di Medallia ha confermato tuttora un incremento del traffico digitale, come delle visualizzazioni del numero delle pagine e del tempo trascorsi sui siti ecommerce.

Il trend a segno più si continua a registrare anche nel settore delivery non solo nella consegna a domicilio di cibi e bevande, ma anche della spesa o di altri beni. Il settore food è quello che sembra maggiormente destinato a vedere perdurare dei più evidenti cambi di percorsi di shopping: ricorso ad acquisti online, servizi di delivery o di pick up in-store o a bordo strada, mentre quello degli articoli sportivi al contrario evidenzia che non tutte le abitudini pandemiche sono destinate a rimanere. La crescita della domanda a seguito dell’aumento delle attività sportive durante i periodi di lockdown si sta riducendo come il numero di persone che continuano a fare attività fisica presso la propria abitazione, con un ritorno, invece, alle attività all’aria aperta o in palestra. Trend con cui inevitabilmente i retailer di questo settore – sia generalisti sia specializzati del mondo sport – devono fare i conti. La pandemia, e in particolare le settimane di lockdown, hanno avuto diversamente un impatto negativo sul settore beauty con una percentuale a due digit di consumatori che hanno diminuito il numero dei prodotti/brand acquistati e/o modificato gli articoli selezionati. Tendenze che non sembrano destinate a vedere forti inversioni anche quando si tornerà alla piena normalità e che già oggi mettono i player di fronte alla necessità di confrontarsi con maggiori difficoltà per conquistare i clienti e per fidelizzarli, oltre a una migrazione dei clienti dagli shop specialisti a favore dei department store e delle grandi superfici.

“Credo che l’evidenza più chiara del rapporto sia che mentre il comportamento dei consumatori è stato costretto a cambiare dalla pandemia, alcune abitudini si confermano e lo saranno anche quando le restrizioni si allentano definitivamente, in particolare per quanto riguarda un’adozione sostenuta delle piattaforme digitali”, ha continuato il manager di Sense360. “Alcuni retailer e settori della distribuzione sono meglio preparati rispetto ad altri a questo cambio di paradigmi e a un contesto nel complesso fluido e ciò delinea un possibile forte divario in termini di performance. Quindi per affrontare il mondo instabile in cui viviamo ora, è fondamentale che i rivenditori utilizzino ricerche omnicomprensive e integrate per comprendere in profondità i propri clienti e il panorama competitivo”.

Per scaricare il rapporto completo: https://info.sense360.com/insights-report-the-futureof-retail-consumer-behavior

e-commerce: così cambia il paniere del LCC. L’analisi di IRI

2020: anno della pandemia. E per l’e-commerce è Big Bang.

La pandemia, infatti, ha accelerato un processo inevitabile, che già covava sotto traccia, anticipandolo di alcuni anni. All’epoca, proiettando il trend dell’e-commerce prima del Covid, si sarebbe arrivati a prospettare il giro d’affari raggiunto nel 2020 solo nel 2022. L’evento pandemico ha invece avvicinato all’e-commerce, in pochissimo tempo, un numero importante di consumatori, alzando la spesa media per famiglia e cambiando la struttura del paniere di Largo Consumo acquistato online. La vera sorpresa non risiede tanto nel balzo iniziale ma nel fatto che il canale virtuale è riuscito a trattenere con regolarità molti di questi nuovi consumatori, costruendo così una nuova base di acquirenti fedeli.

La crescita dell’e-commerce, cioè, non si è esaurita una volta passato il momento dello shock iniziale, ma ha continuato la sua espansione, nonostante comincino i primi rimbalzi sull’impennata dell’anno scorso. L’e-shopping del Largo Consumo è entrato in una nuova era, contendendo fette di mercato crescenti ai canali fisici della Distribuzione Moderna.

Il risultato è che nell’ultimo anno l’e-commerce ha avuto un ruolo importante nella crescita delle vendite di prodotti di Largo Consumo, nonostante detenga ancora una quota limitata. Con solo il 2,3% delle vendite (nel primo trimestre di quest’anno) ha contribuito per 1,2 punti al +6,2% sviluppato dalla domanda nel suo complesso, piazzandosi al terzo posto nella classifica dei driver di crescita delle vendite del comparto.

Come cambia il paniere

Lo sviluppo impressionante del canale ha portato con sé anche una radicale trasformazione nella composizione del paniere di prodotti Confezionati di Largo Consumo. La crescente adesione all’online di nuove fasce di consumatori ha arricchito il basket soprattutto di Alimentari e Bevande. Si ridimensiona la quota dei prodotti per la Cura e l’Igiene della Persona che, nel pre-Covid, erano stati il fulcro del canale, oltre ad essere stata la categoria merceologica «pionieristica» per la spesa virtuale di Largo Consumo in Italia. La maggiore sorpresa però è l’affermazione nell’E-Shopping dei Freschi Confezionati, un fatto che era impensabile prima della pandemia. Nel primo trimestre di quest’anno l’insieme dei reparti a cui attengono questi prodotti raccoglie 23,4 € ogni 100 spesi nel canale, con una crescita di 3,2 euro rispetto ad un anno fa. Questa evoluzione comporta che il paniere medio acquistato online stia diventando sempre più simile a quello della spesa “comune” nei negozi fisici. Come si intuisce dal grafico, se escludiamo dal computo le voci «classiche» del online – quali Cura Persona e Pet Care, che ovviamente ereditano una presenza più rilevante – la composizione degli acquisti per le restanti merceologie è ormai molto vicina fra canale fisico e virtuale.

Le categorie ‘pilota’

Scendendo un po’ più nel dettaglio, quali categorie hanno guidato più di tutte la crescita del e-commerce? Il grafico a seguire mostra le prime 15 macro-categorie del Largo Consumo in cui i consumatori hanno «messo soldi in più» rispetto ad un anno fa. I Surgelati guidano la classifica, seguiti da due voci degli Alimentari Freschi. In generale le macro-categorie del Fresco contano ben 5 tipologie sulle prime 15 categorie per crescita. Per le Bevande da notare la presenza dei Vini e delle Acque all’11° e 12° posto. Dei reparti «classici» della spesa online entrano in classifica solo i Cibi per gli Animali, mentre «spicca» l’assenza al vertice di categorie per la Cura e l’Igiene Personale. E’ vero che la domanda di queste ultime ha sofferto in generale a causa della minor socialità a cui è costretta la popolazione, ma comunque è un segnale di trasformazione radicale del mix di vendite nel canale virtuale.

Con l’inizio della pandemia cresce la formula Click&Collect. Ordinare online e ritirare presso un punto di raccolta o il proprio negozio di fiducia è una formula che raccoglie sempre più consensi sul mercato italiano. All’inizio della pandemia questa tendenza era dovuta alla necessità di «accorciare i tempi» in una situazione di oggettiva difficoltà da parte dei distributori. Tuttavia, il crescente gradimento della formula ha continuato a svilupparsi anche una volta passata la fase critica della logistica, profilando un vero trend di lungo periodo. Anche il vantaggio di prezzo rispetto alla consegna a casa non è un fattore sufficiente per spiegare questo andamento perché, come vedremo più avanti, il divario di costo fra e-commerce e spesa tradizionale nei negozi si sta assottigliando molto rapidamente. Quindi un maggiore ricorso al Click&Collect sta consolidando una chiara tendenza negli anni; rimane però una forte discontinuità nel breve periodo. Il grafico a seguire evidenzia come la quota di spesa online ricorrendo al Click&Collect oscilli di molto lungo le stagioni. Questo up&down è correlato alla necessità/scelta di limitare gli spostamenti al di fuori della propria zona di residenza, come evidenziato sul grafico dall’indicatore elaborato da Google (linea blu). Più si sta a casa (restrizioni alla mobilità, smart working, ecc.) più si preferisce recarsi di persona a prendere la spesa ordinata online. Tanto il rischio di contagio è comunque scongiurato (la spesa è già pronta) e ci si da un obiettivo per uscire di casa, che di questi tempi è comunque un valore aggiunto.

Più concorrenza di prezzo

La crescita dell’e-shopping è stata anche incentivata da una aumentata concorrenzialità di prezzo rispetto ai negozi fisici. Nel pre-Covid il prezzo medio (calcolato a parità di offerta) era dell’8% più alto, oggi si è ridotto al +4%. Su questo, in parte, incide anche il maggior ricorso al Click&Collect (leggermente più economico). Tuttavia, ciò spiega solo una piccola parte della chiusura della forbice dei prezzi. E’ piuttosto l’inasprimento della concorrenzialità che sta favorendo la tendenza. Inoltre, l’evoluzione del basket mediamente acquistato ha abbassato il prezzo medio del carrello online dal +30% circa nel pre-Covid all’attuale +18%. Soprattutto Drogheria Alimentare, Bevande e Pet virano le vendite verso un’offerta relativamente meno cara rispetto al canale fisico.

Più innovazione online

Uno dei temi caldi dell’epoca Covid è stato quello del rallentamento dell’attività di innovazione sugli scaffali dei negozi della distribuzione. Il canale virtuale, invece, ha dimostrato di dare maggior spazio ai nuovi prodotti. La tavola riporta le quote di vendite di referenze di recente lancio (abbiamo selezionato gli ingressi sul mercato a partire dal 2019 ad oggi) mettendo a confronto l’online e il totale dei negozi fisici della Distribuzione Moderna. Nell’ultimo trimestre la quota di domanda per nuovi prodotti è risultata superiore di quasi il 5% nell’E-Commerce rispetto al Brick&Mortar. L’E-Commerce si conferma così un canale molto recettivo nel promuovere i nuovi prodotti; fatto di una certa importanza considerando il periodo di difficoltà che sta affrontando l’innovazione.

La MdD sul web

Un’altra caratteristica del canale virtuale è quella di dare maggior spazio ai prodotti a Marchio del Distributore. Nella tavola a seguire è riassunta la situazione nel primo trimestre di quest’anno, mettendo a confronto la composizione del carrello della spesa online e dei negozi fisici. Per focalizzarci sul comportamento della domanda abbiamo circoscritto il calcolo ai soli distributori GDO che operano anche online.

L’incidenza delle vendite di Marche del Distributore è superiore di quasi 4 punti e mezzo nell’E-Shopping rispetto ai negozi fisici. Poiché stiamo osservando gli stessi operatori, la differenza è attribuibile per la gran parte al comportamento della domanda. Il prodotto dei «padroni di casa» si ricava uno spazio maggiore online rispetto a quanto faccia sullo scaffale dei negozi.

L’e-commerce non è sempre uguale

Ma non è tutto oro quel che luccica! L’e-shopping del Largo Consumo continua a mostrare fortissime discrepanze nelle strategie seguite dai diversi distributori. Nel grafico a seguire vuole illustrare l’incidenza delle vendite da canale virtuale per i principali operatori della GDO che sono attivi in rete. Benché i numeri non siano indicati emerge la forte disparità che si registrava ancora l’anno scorso non da cenni di ricomposizione anche nei primi scorci del 2021. Resta una forte disparità fra i diversi retailer della Grande Distribuzione che operano nel canale. Approcci strategici molto determinati di alcuni, si confrontano con un procedere incerto di altri e addirittura con l’assenza di molti. Questo aspetto è uno dei principali punti interrogativi sull’effettivo sviluppo che il canale online potrà raggiungere quest’anno. Infatti, tutte le analisi indicano che oggi non ci sono vincoli per l’ulteriore espansione della domanda, essi casomai risiedono nel passo che riuscirà a imprimere l’offerta.

Un ulteriore freno potrebbe risiedere nelle forti oscillazioni della domanda che si rivolge al canale online. Diversamente dai negozi fisici che complessivamente (con l’eccezione di Natale e Pasqua) assorbono una pressione di domanda sostanzialmente stabile nel corso dell’anno, l’e-shopping LCC subisce fluttuazioni degli acquisti lungo le settimane che variano dal +20% in autunno e inverno fino al -50% in piena estate. Questo richiede una organizzazione della logistica dedicata molto più flessibile di quella dei negozi fisici. Infine, uno specifico know-how è indispensabile per proporre la propria offerta al consumatore che naviga online. Infatti, la profondità media dello scaffale virtuale è molto più ampia rispetto all’offerta esposta generalmente in un grande negozio. Un sito online offre mediamente una vastità di offerta vicina a quello di un Ipermercato. Questo fatto, se da un lato è un vantaggio, dall’altro amplifica il problema di come avvicinare il consumatore allo scaffale virtuale in modo efficiente. Mentre nei negozi l’applicazione nelle tecniche di category management ha alzato di molto l’efficienza espositiva, nello «spazio limitato» di uno schermo di pc o di cellulare il problema diventa più complesso. Facilitare la ricerca del consumatore online e la definizione dei livelli di priorità esplorativa diventano elementi cruciali per soddisfare l’utente e per ottimizzare i ricavi.

In conclusione, le proiezioni di IRI indicano che l’e-commerce nel Largo Consumo Confezionato ha oggi la potenzialità di raggiungere in un paio d’anni una quota non trascurabile sul totale delle vendite del comparto, agganciandosi agli standard di alcuni paesi europei dove il fenomeno è più sviluppato. Già per il 2021 ci sono i presupposti per avvicinarsi ai 3 punti di quota di mercato, un dato molto significativo se consideriamo che l’online del Largo Consumo trova vincoli di natura territoriale. Continuano perciò ad esserci potenzialità di ulteriore crescita della domanda ma questo potrà avvenire solo se saranno superate le incertezze strategiche che ancora caratterizzano una parte degli operatori della GDO.

Così cambia la cosmetica: lo studio di Up Marketing e Marketers

Il lockdown ha colpito anche qui: il comparto della cura del corpo. Il risultato? Oggi ai trattamenti lunghi e protratti nel tempo (come per esempio il dimagrimento o l’epilazione laser) si preferiscono quelli rapidi, orientati al relax e all’estetica di base (cerette ed epilazione). A dirlo il report italiano realizzato sul tema dall’agenzia di marketing Up Marketing e il network di imprenditori digitali Marketers.

Ma procediamo con ordine, per scoprire l’evoluzione di questo mercato nell’anno della pandemia.

Per comprenderne bene l’andamento è giusto partire dal fatturato del mercato della bellezza in Italia nel 2019: parliamo di 7 miliardi di euro, divisi in saloni di bellezza (circa 35.000 su tutti il nostro territorio) e parrucchieri, che hanno fatturato in totale oltre 771 milioni di euro.

Nel 2020 la debacle, testimoniata da una contrazione dei consumi del -9,3% e anche del fatturato complessivo (-11,6%).

Pandemia ed e-commerce

Stando al Rapporto, nei primi sei mesi del 2020, si sono registrati grandi perdite per un valore complessivo di oltre 4 miliardi di euro. Nel dettaglio: il mondo dell’estetica ha avuto una perdita del -47% (pari a 63 milioni di euro), così come il settore dell’acconciatura che ha altresì avuto una perdita del -47% (pari a 157 milioni di euro). Ancora: erboristeria (-40% per un totale di 134 milioni), profumeria (-38,5% per un totale di 520 milioni) e anche le vendite dirette hanno subito una perdita del -35% pari a 155 milioni.

Forte calo, dunque per i canali tradizionali, a fronte di un vero e proprio boom dell’e-commerce i cui volumi sono quasi quadruplicati nei primi 6 mesi del 2020: da gennaio a giugno 2020 il mercato dell’online ha registrato un +38,8%, unico incremento positivo dei consumi nel settore.

La crescita degli e-consumer durante il lockdown ha generato 2 milioni di euro. Gli acquisti online degli italiani sembrano orientati verso prodotti per l’igiene e la cura della persona (44%), un’occasione perfetta per tutti i centri estetici che vogliono implementare i propri negozi online per la vendita diretta di prodotti.

“Il successo dell’e-commerce riscontrato nel corso del 2020 non è però da interpretare come un invito, per chi ha un centro estetico, ad aprire un e-commerce inteso nel senso più tradizionale – spiega Tony Balbi, CEO e co-fondatore di Up Marketing – Infatti la gestione di un e-commerce (il che include anche la sua promozione, senza la quale il portale non potrebbe ottenere vendite) si configura come un’attività a parte rispetto a quella di un centro  estetico e, nella maggior parte dei casi, non è compatibile, sia per fattori economici che logistici.”

Presenza online in pandemia

Ma in cosa è consistita, durante il lockdown la presenza online dei centri estetici) Quale ruolo hanno svolto? Quali le iniziative di maggior successo?

Il report ha evidenziato come le soluzioni di vendita online che in piena pandemia sono piaciute di più sono attribuibili a vendite online ristrette, ovvero vendite da parte di centri estetici direttamente alla propria clientela. L’idea vincente è stata quella di agevolare l’acquisto di prodotti da parte delle clienti attraverso canali come Whatsapp, gruppi Facebook o una vetrina su Instagram o Facebook Shop, così da mantenere un filo diretto con loro. 

Molto apprezzata anche l’idea di creare dei format di contenuto in cui i centri estetici, tramite degli interventi in diretta sui propri canali social, parlano di uno specifico problema (ad esempio, legato alla cura della pelle o alla beauty routine per il corpo) con figure autorevoli, proponendo trattamenti specifici a un gruppo privato, da fare a casa in totale sicurezza.

Digitalizzazione e pagamenti: i 5 trend del prossimo futuro

La corsa alla digitalizzazione innescata dalla pandemia, si sta radicando nei comportamenti dei consumatori, dallo smart working, all’e-commerce fino alle transazioni di pagamento.

“La pandemia  – commenta infatti Paola Trecarichi, General Manager di HiPay Italia. – ha inevitabilmente dato una forte spinta ai pagamenti digitali in tutto il mondo. Aiutare i merchant a preservare il loro fatturato nonostante la crisi è diventato un leitmotiv per HiPay, e siamo riusciti a trovare soluzioni rapide per rispondere sia alle nuove necessità dei nostri retailer, sia ai nuovi bisogni dei consumatori finali”. 

Ma quali sono i trend principali in quest’ambito?

Una risposta giunge dallo studio effettuato dal Gruppo Fintech HiPay, che individua 5 precipui filoni di sviluppo.

Il primo è il pagamento user-friendly che può essere sia a rate sia secondo la modalità “compra ora e paga dopo”, formula molto apprezzata. Secondo FinExtra, infatti, il pagamento differito sta vivendo un rapido sviluppo: +56% tra il 2019 e il 2020. 

Il secondo filone è quello della Strategia 100% Multicanale. La tendenza verso il commercio unificato non è nuova. Tuttavia, la crisi sanitaria del 2020 ha evidenziato il fatto che molti rivenditori non avevano ancora implementato questa opportunità, perché non pensavano che avrebbe permesso ai loro clienti di esplorare i diversi canali senza problemi. L’epidemia e il successivo contenimento hanno portato ad un’accelerazione dell’innovazione e della digitalizzazione: il 68% dei rivenditori afferma che l’implementazione di una strategia omnichannel è una priorità entro 24 mesi – il 43% nel brevissimo termine (entro i prossimi 12 mesi).

Poi HiPay introduce il tema del Conversion rate e la PSD2: oltre alle questioni mramente tecniche l’entrata in vigore ufficiale della PSD2 avrà probabilmente un impatto sui conversion rate dei merchant. I “soft decline” (rifiuto della carta da parte dell’issuer di una transazione non conforme alla PSD2) sono stati introdotti nel 2020 e stanno gradualmente diventando più comuni, pertanto i merchant devono prepararsi ed informarsi con i loro fornitori di servizi di pagamento sulla tipologia di supporto che offrono. Anche il mobile rappresenta una questione centrale per le conversioni nel 2021. In effetti, la Strong Authentication avviene principalmente attraverso lo smartphone del consumatore. I merchant dovranno quindi attrezzarsi per affrontare le sfide dell’integrazione del mobile nel processo di acquisto.

Il quarto trend riguarda il Routing dinamico. Vista infatti la varietà dell’offerta, la crescente complessità e “l’affollamento” dei player, stanno emergendo nuove  soluzioni per la sicurezza dei flussi, note anche come Smart Routing. Il principio è semplice: avere diversi percorsi per lo stesso tipo di transazione, al fine di scegliere quello più efficiente in tempo reale. In concreto, questa nuova soluzione promette di aumentare il tasso di conversione globale dei merchant, garantendo l’utilizzo del miglior percorso disponibile.

Ed eccoci all’ultimo filone di innovazione nella panoramica dei pagamenti: quello del cambio di paradigma esplicitato dal binomio: Banca e fornitore di servizi di pagamento.

La regolamentazione del settore dei pagamenti da parte della Commissione Europea (PSD1 & PSD2) ha facilitato l’apertura del mercato alle fintech. L’innovazione e la rapidità di questi nuovi player, al servizio di esercenti e consumatori, è ormai consolidata. Seppur, gli operatori tradizionali restano ancora ben saldi all’interno del mercato dei pagamenti nell’UE, la creazione di tendenze di pagamento e la leadership nell’utilizzo, mostrano le società fintech come i precursori, sempre più attenti ai merchant e ai loro clienti.

Le realtà Fintech si confermano più specializzate e si concentrano maggiormente sulla risoluzione di alcuni punti sensibili legati al business dei brand; a volte sono considerati secondari dai player generali, ma in grado di fornire un reale valore aggiunto a specifici segmenti di clientela. 

 

Viva Wallet for PrestaShop module: pagamenti frictionless per l’online

La neobank pan-Europea Viva Wallet e la piattaforma di e-commerce PrestaShop, hanno realizzato una nuova collaborazione che consentirà agli esercenti online in Europa e nel Regno Unito di accettare pagamenti completamente localizzati in pochi clic, grazie al nuovo modulo Viva Wallet.   

Viva Wallet for PrestaShop moduleoffre pagamenti frictionless, che si adattano automaticamente all’utilizzo del cliente. I merchant che scelgono il nuovo modulo Viva Wallet, avranno un tasso di conversione più elevato grazie ai parametri di targeting locale offerti. Ai clienti finali degli store online verrà offerta un’esperienza completamente localizzata in base alla loro posizione (lingua e metodo locale di pagamento) e alle loro preferenze (es. dispositivo, modalità di pagamento precedente). Scegliendo il modulo Viva Wallet, i negozianti non solo riceveranno la migliore soluzione di pagamento e-commerce disponibile, ma anche altri vantaggi come un conto con IBAN nazionale e una debit card business con BIN locale, con regolamento il giorno seguente e 0% di commissioni per il servizio di accettazione delle carte.

Viva Wallet aiuta le aziende in 23 paesi ad aumentare le proprie entrate grazie all’offerta di soluzioni di pagamento attivabili istantaneamente. Il modulo Viva Wallet per PrestaShop, aiuterà gli esercenti a ottenere in tempo reale un account con IBAN nazionale, attivare l’accettazione dei pagamenti per tutti i circuiti internazionali di carte e per i metodi di pagamento locali, e ad utilizzare la carta di debito aziendale Viva Wallet, il tutto in pochi clic. Inoltre, gli esercenti online possono ridurre le commissioni di incasso fino allo 0% utilizzando il nostro modulo one-click Viva Wallet all’interno di Prestashop” – ha dichiarato Yannis Larios, VP of Strategy di Viva Wallet.  

“Siamo entusiasti di iniziare una collaborazione con Viva Wallet, un payment provider che offre piani da 0% di commissioni di accettazione grazie al suo programma di carte di debito aziendali. La nostra partnership europea aumenterà l’impronta di Viva Wallet e accelererà la sua acquisizione di nuovi merchant all’interno del nostro ecosistema open-source”, ha affermato Valerio Martelli VP of Partnership di PrestaShop. 

Digital experience: i consumatori vogliono di più. Lo studio VMware

Nonostante durante la pandemia le esperienze digitali dei consumatori si siano numericamente  moltiplicate, in termini di soddisfazione la risposta non è altrettanto entusiasmante: dalla ricerca “Digital Frontiers – The Heightened Customer Battleground” commissionata da VMware, infatti, emerge che solo il 38% dei consumatori in Italia ritiene che le aziende con cui entrano in contatto forniscano ora un’esperienza digitale migliore rispetto a prima della pandemia.

Gli ambiti più deludenti

Secondo la ricerca, in particolare i mercati del retail, healthcare e servizi finanziari in Italia non sono riusciti a fornire esperienze digitali all’avanguardia. Esperienze che potrebbero includere l’introduzione della realtà virtuale e della realtà aumentata per uno shopping più immersivo, l’ottimizzazione dei percorsi di consegna per migliorare la velocità e la tracciabilità delle consegne online dalla fabbrica a casa, o lo sviluppo di un maggiore livello di personalizzazione delle app in base alla posizione del consumatore e al suo comportamento d’acquisto. A questo risultato va da pendant, invece, la propensione dei consumatori, progressivamente sempre più proiettati verso la digitalizzazione: lo studio, infatti, evidenzia come l’83% degli intervistati si definisca “digitalmente curioso” o “esploratore digitale”, confermando un’alta propensione e ricettività verso il digitale.

Un monito per le aziende

I dati emersi dovrebbero rappresentare sia un avvertimento che un’opportunità per le aziende: il 52% dei consumatori afferma infatti che sarebbe pronto a passare alla concorrenza se la sua esperienza digitale non fosse all’altezza delle aspettative e solo l’8% rimarrebbe fedele. E il 60% abbandonerebbe un sito o una app nel caso non riuscisse a risolvere immediatamente un problema – sia attraverso un chatbot, una chat dal vivo o direttamente al telefono. Anche le scelte etiche di un’azienda pesano nella scelta dei consumatori: il 48% degli intervistati smetterebbe di acquistare prodotti di aziende che non condividono pubblicamente le proprie politiche etiche.

Matthew O’Neil, Industry Managing Director, Advanced Technology Group di VMware ha commentato: “Non c’è dubbio che lo sviluppo di nuove esperienze digitali sia stato fondamentale per la sopravvivenza di molte aziende negli ultimi 12 mesi. Tuttavia, mentre molte organizzazioni sono passate con successo al digitale, dalla nostra analisi emerge anche che molte non siano state in grado di offrire ai loro clienti nuove esperienze online. Le aziende che non riescono a concentrarsi sul miglioramento delle esperienze digitali rischiano di perdere clienti, mentre quelle che lo fanno bene hanno tutto da guadagnare”.

Le richieste dei consumatori

Le aspettative digitali dei consumatori non dovrebbero essere una grande sorpresa. Quello che cercano è:

  • Un elevato livello di sicurezza e protezione dei loro dati (60%)
  • Facilità d’uso su tutti i loro dispositivi (46%)
  • Applicazioni semplici ed efficaci (41%)
  • Maggiore velocità di servizio (30%)
  • Costante miglioramento dei servizi e alle esperienze offerti (28%)
  • Comportamenti impeccabili da parte dell’organizzazione (verso i propri dipendenti/società durante questo anno di cambiamento (22%).

Quanto agli strumenti utili al raggiungimento di questi obiettivi, i consumatori hanno larghe vedute: il 57% di essi accoglierebbe con favore un maggiore uso della realtà virtuale da parte dei rivenditori per capire meglio come i prodotti potrebbero apparire nelle loro case e il 38% considera il proprio smartphone il primo strumento per eseguire le transazioni finanziarie, percentuale che sale al 47% negli intervistati nella fascia di età 25-34 anni.

Ciò che è chiaro è che le organizzazioni non hanno margini per il fallimento. Nonostante il difficile contesto, solo il 34% dei consumatori oggi si sente più comprensivo e indulgente quando la prova di nuovi servizi digitali, volti a migliorare la customer experience, ha un esito negativo.

Alla luce di questa riflessione, Matthew O’Neil commenta: “Il 2020 è stato l’anno del digital switch. Nel 2021 i servizi digitali dovranno essere all’altezza delle aspettative dei consumatori. Questo significa creare, offrire e proteggere applicazioni, servizi ed esperienze per i consumatori affamati di digitale. E un passaggio dalla digitalizzazione al diventare digitale”.

Riassumendo, cosa abbiamo imparato e stiamo ancora imparando da questo stravolgimento della shopping experience? Come dovranno muoversi le aziende per restare al passo con la nuova domanda?

Ecco i 4 asset da cui, oggi, non si può prescindere:

  1. A fare la differenza nelle organizzazioni è ora la capacità di fornire applicazioni e servizi che migliorano l’esperienza dell’utente: questo è il nuovo campo di battaglia.
  2. Le organizzazioni non possono permettersi di mancare il bersaglio.
  3. La partita è tutta da giocare. E per accelerare ulteriormente il ritmo dell’innovazione, occorre semplificare il modo in cui le aziende affrontano questa grande opportunità.
  4. Digitalizzare non è più sufficiente. Si tratta di una vera trasformazione che mette le organizzazioni in una posizione privilegiata per sperimentare, innovare e sbloccare opportunità di crescita in questo nuovo ambiente

 

Metodologia

Questa ricerca è stata condotta tramite un sondaggio online, commissionato da VMware, su 6.109 consumatori in 5 Paesi: Regno Unito (2.069 intervistati), Francia (1.028), Germania (1.005), Italia (1.004) e Spagna (1.003). In questo sondaggio, ai consumatori è stato chiesto di valutare le loro esperienze digitali in cinque settori: vendita al dettaglio, sanità, servizi finanziari, istruzione e governo (locale e nazionale). YouGov ha condotto il sondaggio tra novembre 2020 e gennaio 2021

 

Adyen rende noti i suoi risultati finanziari e conferma il trend di crescita

La piattaforma di pagamento europea  Adyen annuncia che i suoi ricavi netti hanno toccato i 684 milioni di euro, con una crescita del 28% rispetto all’anno precedente. Nel corso del 2020 Adyen ha elaborato transazioni per 303,6 miliardi di euro (+27% Vs 2019), mentre l’EBITDA è stato pari a 402 milioni di euro (+27% Vs 2019). Il margine EBITDA per il 2020 è del 59%. L’azienda ha siglato nuove collaborazioni a livello globale, fra gli altri, con GoPro, Thalys, Verisure, Ralph Lauren, Boulanger, Fossil, Gianvito Rossi e QC Terme. Nonostante il perdurare dell’impatto di COVID-19 sull’economia mondiale, Adyen ha registrato una crescita sostanziale grazie al generale aumento dei volumi di vendita online e di beni digitali. I risultati finanziari raggiunti, nonostante la situazione macroeconomica molto complessa, dimostrano l’ottima capacità di resilienza del business dell’azienda che cresce anche sul mercato italiano dei pagamenti, posizionandosi come uno dei player preferiti dai grandi brand del Made in Italy. Nel corso degli ultimi 12 mesi, le aziende del Belpaese che hanno scelto le soluzioni di Adyen per la gestione dei pagamenti mobile, online e in store, infatti, sono salite a oltre 150. Fra le nuove collaborazioni avviate nel 2020 spiccano quelle con Prada, Woolrich, Ferragamo, Diesel, Pinko, Slowear, Mazzolari, Upim, Amplifon, Casa.it, DeAgostini, AmicaFarmacia e Dianacorp, che si vanno ad aggiungere a nomi del calibro di Brunello Cucinelli, Benetton, Etro, Furla, Boggi Milano, Eataly Net e Cortilia, già clienti dell’azienda. In un panorama dei pagamenti che continua a beneficiare di diversi fattori favorevoli, Adyen mette in campo un set di soluzioni pensati per rispondere alle esigenze di trasformazione omnicanale delle vendite. Una tendenza del mercato già presente da qualche tempo ma che con lo scoppio della pandemia e conseguenti lockdown ha subito un’accelerazione dirompente, soprattutto in Italia. Secondo i dati di pagamento aggregati sulla piattaforma di Adyen, in Italia la quota di acquisti contactless nei negozi è salita dal 50% al 60% nell’ultimo anno, con una crescita anche di soluzioni wallet come Apple Pay e Google Pay, sempre più diffuse. Le stime per il 2021 prevedono, inoltre, un’ulteriore crescita che sarà trainata anche dall’aumento del limite legale per i pagamenti contactless a 50 euro, scattato a gennaio. “I grandi brand del Made in Italy si stanno dimostrando in prima linea in questo processo di trasformazione verso un approccio alla vendita sempre più digitale” commenta Philippe De Passorio, Country Manager Adyen Italia. E aggiunge: “In un anno di grandi sfide per tutto il mercato, grazie alle nostre soluzioni di pagamento e-commerce e multicanale abbiamo permesso a molte aziende italiane, da un giorno all’altro, di iniziare a vendere online oppure di offrire pagamenti contactless o attraverso Pay-by-Link. In questo modo, molti merchant sono stati in grado di reagire meglio alla pandemia e di muovere i primi passi verso un approccio omnicanale alle vendite. Si tratta di una tendenza molto forte in Italia e che vedremo ulteriormente accelerare nell’anno in corso, con molti progetti già pronti a partire”. I piani dell’azienda per il mercato italiano sono chiari: continuare a crescere, ampliando il numero di merchant clienti ed espandendosi in nuovi settori. Per farlo nel corso dell’ultimo anno Adyen ha continuato ad assumere nuovi talenti per il proprio headquarter di Milano dove oggi lavorano in regime di smartworking 14 professionisti. A livello globale, Adyen ha proseguito il proprio percorso di espansione internazionale con l’apertura di nuovi uffici a Dubai, portando il numero globale di dipendenti a più di 1.700 in 23 uffici nei principali mercati mondiali.

Full Jet e Baozun: alleanza in nome del lusso

La società Full Jet ha annunciato la sua acquisizione da parte di Baozun, azienda quotata al Nasdaq e Hong Kong, che ha raggiunto un fatturato di 1,05 miliardi di dollari nel 2019, (+35% rispetto al 2018). Specializzata nella creazione di piattaforme di e-commerce in Cina per i marchi di lusso e di moda occidentali, Full Jet è stata creata nel 2013 a Shanghai dall’imprenditrice francese Sandrine Zerbib, ha raggiunto un volume di vendite di quasi 100 milioni di euro nel 2020. L’alleanza strategica tra le due società permetterà ai marchi italiani ed europei di intensificare la loro presenza sul mercato cinese, beneficiando della potenza e della competenza tecnologica di Baozun.

La Cina e il lusso italiano

La Cina ha il maggior numero di utenti Internet attivi nel mondo, con quasi un miliardo di consumatori[1]. Secondo la società di ricerca americana eMarketer, il giro d’affari dell’e-commerce cinese è stato di oltre 2 trilioni di dollari nel 2020[2], quasi tre volte superiore a quello statunitense, il secondo più grande mercato di vendite online del mondo.

Ogni anno, l’intero settore del commercio elettronico in Cina cresce in media del 27,3%.

Nel 2020, le vendite online di beni di lusso sono aumentate del 45%. L’e-commerce rappresenta quindi un enorme potenziale per le aziende italiane e occidentali che desiderano entrare nel mercato cinese.

Tuttavia, il mercato dell’e-commerce cinese rimane molto complesso e richiede una buona conoscenza per approcciarlo, date le differenze sostanziali rispetto a quello occidentale. La concorrenza fra piattaforme e-commerce è feroce e in continua rapida evoluzione, è un mercato veloce, dove i trend e le abitudini di consumo mutano continuamente, nel quale i consumatori vivono il lusso come esperienza emozionale e che vede tra gli utenti più attivi quelli della fascia 25-30 anni.

Le visioni dei protagonisti

Vincent Qiu, Presidente e CEO di Baozun ha commentato “Il nostro obiettivo comune è aiutare i marchi internazionali di lusso e di fascia alta a cogliere rapidamente le opportunità nel mercato cinese. Grazie alla nostra eccellente performance nelle operazioni di e-commerce, la nostra profonda conoscenza del mercato del lusso e la nostra infrastruttura, combinata con l’esperienza di Full Jet nello sviluppo del brand e del business, saremo in grado di consentire a un numero crescente di marchi internazionali di realizzare le loro ambizioni nel mercato cinese. Crediamo che il business luxury e premium sarà un forte motore di crescita per Baozun, che genererà un volume lordo di transazioni annuale di 20 miliardi di Yuan – tre miliardi di dollari – nei prossimi tre-cinque anni”.

Sandrine Zerbib, fondatrice e Managing Partner di Full Jet ha affermato: “Siamo rimasti colpiti dal grande lavoro svolto da Vincent Qiu e dal suo team, come dalla visione di Baozun, che ha contribuito a renderlo un leader indiscusso in Cina dove le operazioni e-commerce e il mercato dei servizi crescono rapidamente. Baozun è il partner ideale per noi, può aiutarci ad aumentare rapidamente la quota di mercato dei nostri clienti. Poiché condividiamo la stessa visione, ci aspettiamo che questa acquisizione porti il settore dell’e-commerce internazionale dei brand premium e luxury a un livello superiore”.

Due realtà complementari

Fondata nel 2007, Baozun è la principale piattaforma di e-commerce in Cina. Con un portafoglio di oltre 260 marchi, l’azienda ha generato nel 2019 un volume di vendite lordo di 6,8 miliardi di dollari per tutti i marchi presenti sulla sua piattaforma. Con l’acquisizione di Full Jet, l’azienda rafforza le sue competenze nello sviluppo del business, nella consulenza strategica e nella gestione del marchio, aumentando il suo appeal su un maggior numero di marchi premium e di lusso in tutto il mondo.

Dal 2013 Full Jet è specializzata nella creazione di piattaforme di e-commerce per marchi premium e di lusso che cercano di stabilire una presenza a lungo termine nel mercato cinese. Le sue attività principali includono lo sviluppo online, la consulenza strategica, le operazioni di e-commerce e il marketing. Con uffici a Parigi, Hong Kong e Shanghai, i team di Full Jet vantano una conoscenza approfondita del mercato dell’e-commerce specifico della Cina e sono coinvolti nello sviluppo di marchi di lusso internazionali.

[1] https://forbes.it/2021/02/05/la-cina-raggiunge-un-nuovo-record-conta-quasi-1-miliardo-di-utenti-internet/

[2] https://www.emarketer.com/content/china-ecommerce-2020

La rintracciabilità degli alimenti sfida l’e-commerce. Il parere legale

L’attuale struttura della filiera alimentare è spesso estremamente complessa e caratterizzata da un forte distanziamento tra produzione e consumo, con una sempre più rilevante componente di manipolazione, lavorazione, confezionamento e conservazione degli alimenti.

Trasparenza informativa e tracciabilità sono indispensabili per garantire alimenti sani e sicuri, in ogni fase della catena alimentare, a maggior ragione dell’attuale contesto di crisi di fiducia da parte dei consumatori, che richiedono maggiore controllo, trasparenza e sicurezza del cibo.

Ecco allora emergere due concetti di estrema rilevanza, tra loro strettamente connessi: tracciabilità e rintracciabilità, in merito ai abbiamo chiesto all’avvocato Simona Cardillo dello studio Lexant un approfondimento.

“La tracciabilità – spiega Cardillo – è la capacità di tenere traccia dei vari passaggi subiti da un prodotto alimentare all’interno della filiera, a partire dalla produzione, sino alla distribuzione. La rintracciabilità, secondo la definizione del reg. CE 178/2002, è “la possibilità di ricostruire e seguire il percorso di un alimento, di un mangime, di un animale destinato alla produzione alimentare o di una sostanza destinata o atta a far parte di un alimento o di un mangime attraverso tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione”.

Si tratta di due concetti tra loro speculari: rintracciabilità vuol dire poter effettuare il percorso a ritroso e risalire all’origine di un prodotto utilizzando le informazioni che si erano registrate con la tracciabilità”.

La rintracciabilità ha dunque come obiettivo finale quello di consentire al produttore e agli organi di controllo di gestire e controllare eventuali situazioni di rischio per la salute, attraverso la piena conoscenza di tutte le fasi della catena alimentare, sino alla tavola del consumatore, compresa la fase della vendita al dettaglio (alimentari, salumerie, etc..), della somministrazione (ristoranti, rosticcerie, pub, etc..), dell’home delivery.

Fatte queste premesse, quali saranno responsabilità e obblighi dell’OSA (Operatore del Settore Alimentare)?

L’OSA in qualsiasi fase esso operi, potrà esser chiamato dagli enti preposti a documentare e “rintracciare” ciascun fornitore ed il lotto di provenienza dello specifico alimento oggetto di controllo. Sarà dunque utile che preveda un adeguato sistema di controllo, mediante

  • l’adozione di un registro nel quale annoterà l’elenco dettagliato di tutti i fornitori ed i riferimenti circa il ricevimento, la conservazione e la trasformazione degli alimenti;
  • la definizione di buone pratiche di lavorazione degli alimenti, che prevedano anche cicli accurati di pulizia e manutenzione dei locali e delle attrezzature;
  • la programmazione di una idonea formazione al personale;
  • la creazione di procedure, preferibilmente scritte, di verifica dell’integrità degli imballaggi ricevuti, della data di scadenza, della certificazione sulla temperatura di trasporto e della corretta etichettatura specifica del prodotto, laddove prevista.
  • la previsione, infine, di procedure di intervento che prevedano la segnalazione al fornitore della eventuale criticità riscontrata, con richiesta di ritiro della merce non conforme e la separazione del prodotto contestato da quelli idonei al consumo.

In che modo l’operatore garantirà la rintracciabilità?

In primis, acquistando le materie prime alimentari solo da fornitori dei quali avrà avuto cura di verificare che rispondano ai requisiti imposti dalle norme HACCP e rispettino, a loro volta, i principi di rintracciabilità; dovrà poi conservarele etichette dei prodotti freschi acquistati e archiviare la DDT o fattura accompagnatoria di acquisto del prodotto e documenti contrattuali.

Per quanto tempo si dovranno conservare le informazioni utili alla rintracciabilità?

  • 3 mesi in caso di prodotti freschi (es. panetteria, ortofrutticoli, ecc)
  • 6 mesi dalla data di conservazione del prodotto deperibile, per i prodotti “da consumarsi entro il…”
  • 12 mesi successivi alla data di conservazione consigliata, per i prodotti “da consumarsi preferibilmente entro il…”
  • 2 anni per i prodotti per i quali non è prevista dalle norme vigenti l’indicazione del termine minimo di conservazione, né altra data.

Concludendo – riassume Cardillo – l’OSA, con la predisposizione di adeguate procedure di scelta dei fornitori, di gestione, controllo e intervento, con la tenuta meticolosa del registro sopra descritto e con una adeguata archiviazione dei documenti, potrà dimostrare di aver soddisfatto l’obbligo di sicurezza e di rintracciabilità degli alimenti, andando esente da pensanti sanzioni e dalle, ancora più temute, conseguenze reputazionali e di immagine di un eventuale accertamento d’infrazione.

Food e-Commerce e Food Delivery

Il Rapporto Coop 2020, e già quello 2018, attestano consumi sempre più digitali con forte crescita dell’e-commerce, del meal delivery, dell’e-food / e-grocery / click&collect.

La crescente diffusione dell’e-commerce anche nel mondo del Food, impone nuove sfide nella gestione dei servizi logistici che dovranno essere studiati ad hoc a seconda della tipologia di alimento o di bevanda e del canale distributivo (ad esempio garantendo l’opportuna conservazione dei prodotti freschi e freddi, rispettando le temperature della cold chain) e per la necessità di garantire trasparenza di informazioni sul prodotto.

Si tratta, nel caso del contratto di acquisto attraverso e-commerce, di un contratto di compravendita a distanza, nel quale l’obbligazione contrattuale viene formalmente conclusa attraverso internet, e la consegna del prodotto avviene poi fisicamente in un momento successivo.

Quale normativa regola il settore?

Nello specifico, il settore Food trova regolamentazione nel Reg.1169/2011[1], che stabilisce, in tema di trasparenza informativa che, per l’alimento venduto tramite una “comunicazione a distanza”, le informazioni obbligatorie presenti sull’etichetta debbano essere rese disponibili al consumatore per tempo utile, ossia prima che la vendita sia conclusa e si perfezioni. Non solo, le stesse informazioni devono essere visibili anche su qualsiasi materiale che sia collegato alla vendita a distanza, supportandola.

In materia di trasparenza informativa, nel contesto della vendita a distanza di alimenti, la normativa europea distingue tra la vendita di “prodotti preimballati” e quella dei “prodotti non preimballati”, ovvero i c.d. “sfusi”.

Se la vendita a distanza concerne alimenti imballati, tutte le indicazioni obbligatorie devono essere trasmesse al consumatore prima della conclusione dell’acquisto del prodotto.

Quali informazioni devono essere trasmesse al consumatore?

Egli, nello specifico, dovrà essere messo nella condizione di apprendere consapevolmente, prima dell’acquisto:

  • denominazione dell’alimento;
  • elenco degli ingredienti;
  • allergeni;
  • quantità di taluni ingredienti o categorie di ingredienti;
  • quantità netta;
  • condizioni particolari di conservazione e/o le condizioni d’impiego;
  • nome o la ragione sociale e l’indirizzo dell’operatore del settore alimentare responsabile che commercializza il prodotto;
  • Paese d’origine o il luogo di provenienza ove previsto ai sensi dell’art. 26;
  • istruzioni per l’uso, per i casi in cui la loro omissione renderebbe difficile un uso adeguato dell’alimento;
  • per le bevande che contengono più di 1,2 % di alcol in volume, il titolo alcolometrico volumico effettivo;
  • dichiarazione nutrizionale.

Invece, la data di scadenza, o il termine minimo di conservazione (T.M.C.) ed il numero di lotto vanno comunicati al momento della consegna e, perciò, contestualmente alla fornitura dell’alimento e non prima dell’acquisto.

E con gli alimenti sfusi?

In questo caso il regolamento lascia ai singoli Stati la scelta su come disciplinare la vendita con tecniche di comunicazione a distanza, affinché lo Stato possa decidere quali indicazioni o meno debbano essere trasmesse; con un’unica eccezione in ordine agli allergeni che devono essere sempre indicati.

Nel Food Delivery, che può realizzarsi secondo modalità differenti (mediante utilizzo di piattaforme terze o con rete di consegna diretta), il trasporto è regolamentato da una norma decisamente datata, la direttiva 327/80, che indica i requisiti di riferimento per dell’idoneità igienico-sanitaria dei mezzi di trasporto di sostanze alimentari in generale. Si tratta di una norma generica a proposito dell’obbligo di igiene che deve accompagnare l’alimento, e della temperatura delle sostanze alimentari durante il questa fase.

La rintracciabilità vale anche per il food delivery?

Certo: per quanto attiene poi nello specifico la rintracciabilità, non sono certamente esclusi dall’obbligo le fasi del food delivery. Ristoratore, somministratore, rivenditore, così come la società di delivery (se terza rispetto ai primi), dovranno allora adottare adeguati sistemi di controllo anche in relazione a tale fase, monitorando il rispetto delle linee guida di sicurezza alimentare definite dal Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi) e tracciando l’alimento sino alla tavola del consumatore.

Fino ad ora abbiamo parlato di alimenti, ma esisto delle regole anche per i materiali che vengono in contatto con essi?

Naturalmente. Nel caso dei MOCA, ovvero tutti quegli oggetti che durante la filiera entrano in contatto con gli alimenti (packaging, utensili, posate, tappi…) sino alla fase di consegna al consumatore, va tenuto conto della loro interazione con al natura dell’alimento. Non tutti i packaging, per esempio, sono adatti a contenere cibi grassi, o acidi, o umidi: reagiranno in maniera diversa in funzione della loro composizione. Stesso discorso nei confronti della luce, e della temperatura: non tutti i MOCA sono adatti ad entrare in contatto con alimenti a temperature di refrigerazione oppure a temperature elevate.

Sarà quindi dovere del professionista, sul quale incombe la relativa responsabilità, accertarsi che l’oggetto acquistato sia idoneo all’uso alimentare e di verificarne le caratteristiche di utilizzo. La fornitura delle indicazioni di accompagnamento al MOCA è invece responsabilità del produttore dello stesso, all’atto della loro commercializzazione, mediante etichetta o altro mezzo di comunicazione. Tra le informazioni obbligatorie rientrano la denominazione “per alimenti” o altra menzione specifica, le indicazioni di utilizzo e i contatti del produttore.

[1] La vendita a distanza è disciplinata dal Reg. 1169/2011, all’art. 14, prevalendo sulle disposizioni generali previste dalla Direttiva 2011/83/UE sui diritti dei consumatori (c.d. direttiva consumatori), recepita in Italia con D.Lgs. 21/2014.

Avv. Simona Cardillo Senior Associate

Via Pietro Cossa n. 2 – 20122 Milano (MI)

Mail: simona.cardillo@lexant.it
Skype: Cardillo Studio Lexant
www.lexant.it

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