Bilancio 2014 positivo per l’Asiago Dop e per le 159 aziende produttrici. L’anno infatti si è chiuso con una leggera crescita nelle produzioni totali passate dalle 1.620.136 forme del 2013 alle 1.626.198 forme del 2014, con un aumento pari a +0,37%. Grazie al piano di crescita programmata introdotto un anno fa, che ha garantito quotazioni stabili per tutto il 2014, è stato possibile – spiega una nota del Consorzio Tutela Formaggio Asiago – “non solo garantire una diversa redditività rispetto al passato ma, anche e soprattutto, di concentrare le energie sul miglioramento continuo della qualità, a tutto vantaggio dell’immagine complessiva del prodotto e della sicurezza del consumatore”.
Il 2014 segna inoltre una parziale staffetta tra le due principali tipologie di formaggio, con la riduzione del 3,16% della produzione di Asiago DOP Fresco e l’aumento del 22,86% rispetto al 2013 della produzione di Asiago DOP Stagionato. In dettaglio, la produzione di Asiago Fresco è stata di 1.356.132 forme (-44.191 forme), mentre quella dell’Asiago Stagionato di 270.066 forme (+50.253).
Per quanto riguarda i mercati esteri, le esportazioni di Asiago DOP negli ultimi cinque anni sono cresciute a volume del 40,9% e a valore del 64%, con un 2014 che vede oltre 1.600 tonnellate esportate e un +7,6% del fatturato export rispetto all’anno precedente. Da segnalare il trend positivo nelle aree in cui il Consorzio ha messo in atto azioni promozionali. In Germania, dove l’export – in precedenza stabilmente ancorato alle 100 tonnellate annue – è raddoppiato nell’arco degli ultimi due anni, sfiorando le 200 tonnellate esportate nel 2014 ed avviandosi ad ulteriori incrementi nel corso del 2015. A fine 2014, la classifica dei paesi di destinazione delle vendite estere conferma al primo posto la Svizzera seguita dagli Stati Uniti e dalla Germania. Buone anche le performance in Francia e Austria mentre crescono le occasioni di consumo in Croazia, Canada e Australia.
Ferma presa di posizione del presidente di Fruit Innovation 2015 Francesco Pugliese nei confronti di Assomela, l’associazione che riunisce i Consorzi dei produttori di mele del Trentino e dell’Alto Adige (e di altre province), che aveva annunciato qualche giorno fa di non voler partecipare a nessuna fiera del settore ortofrutta in programma quest’anno in Italia, con riferimento al fatto che nel 2015 sono previste Fruit Innovation il 20-22 maggio a Milano, in concomitanza con Ipack Ima e con Expo, Fruit Gourmet (alcuni giorni prima a Verona) e Macfrut (Rimini). La motivazione? In sintesi, l’attesa di “un confronto urgente e necessario per giungere ad un evento italiano unico… con un orientamento internazionale importante”.
“Mi stupisco e non comprendo – ha affermato Pugliese – le ragioni del comunicato emesso da Assomela in merito agli eventi fieristici per il settore ortofrutticolo nel 2015. Un evento forte, con un orientamento internazionale importante e propositivo tanto auspicato da Assomela c’è già ed è Fruit Innovation 2015, a Milano, in quanto è la fiera fortemente voluta e sostenuta con impegno dai settori e dalla distribuzione. Non a caso ne ho accettato la presidenza”.
Fruit Innovation nasce infatti dal supporto di una cabina di regia e da un comitato di orientamento di cui fanno parte attivamente il mondo della produzione organizzata, delle grandi imprese private, del commercio, della distribuzione e delle tecnologie, che sono i veri protagonisti del progetto fin dalla sua iniziale messa a punto. È una joint-venture tra Fiera Milano e Ipack-Ima e conta su promotori come FruitImprese, Unaproa, Fedagromercati, Confagricoltura, Coldiretti, Fedagri Confcooperative Lombardia
Un approccio di filiera con un orizzonte internazionale, aggiungiamo noi, che viene indicato da tempo e anche dal ministro Martina come una delle priorità strategiche per il sistema agroalimentare italiano (v. il convegno organizzato a Marca a gennaio). Un richiamo che dovrebbe guidare i protagonisti coinvolti nella filiera dell’ortofrutta, cui le divisioni non giovano.
“Alla luce di queste premesse – conclude Pugliese – non capisco la posizione dello stare a vedere. Ogni decisione è legittima ma non si può dire che manchi la fiera sulla quale puntare”.
È promosso da Fruit Innovation, la nuova fiera internazionale in calendario a Milano dal 20 al 22 maggio prossimi per iniziativa di Fiera Milano e Ipack-Ima spa, il convegno che si svolgerà il 14 aprile prossimo al centro Congressi della Fondazione Stelline a Milano. Tema: “L’internazionalizzazione dell’impresa ortofrutticola. Risposte concrete ad esigenze emergenti”.
“Il Seminario – spiega Claudio Scalise, managing partner di SG Marketing, la società che ne sviluppa i contenuti – è di elevato profilo e di respiro internazionale, perché raccoglie le testimonianze di aziende del settore e non, che hanno intrapreso un cammino vincente che le ha portate a espandersi fuori dai confini italiani. Ci concentreremo sulle strategie che le aziende possono porre in essere per affrontare i nuovi mercati, attraverso l’esposizione di best practice, ossia modelli organizzativi di successo che sono già stati adottati”.
A parlare saranno i manager di Dimmidisì (Massimo Bragotto, direttore commerciale), Consorzio Vog (Gerhard Dichgans, direttore generale), Zespri International (Bert Barmans, general manager Zespri Europe), Caviro (Nicolò Tagliarini, country manager Russia – USA) e Unitec (Angelo Benedetti, presidente). L’introduzione sarà affidata a Marco Salvi, presidente di FruitImprese, mentre le conclusioni saranno a cura di Luca Bianchi, capo Dipartimento del Ministero delle Politiche Agricole.
Il settore dell’ortofrutta guarda con fortissimo interesse all’export, così come l’intero comparto agroalimentare italiano. L’esportazione del food Made in Italy oggi vale oltre 34 miliardi di euro e le aspettative parlano di 50 miliardi in 3 anni. In questo scenario l’ortofrutta fresca rappresenta il secondo comparto dopo il vino. Significa quindi che vi sono potenzialità inespresse che devono essere ancora sfruttate, che nel caso dell’ortofrutta, sottolinea Scalise, “condurranno le imprese a guardare con interesse a Paesi ancora non ‘esplorati’, soprattutto quelli extra-europei. Il tema è dibattuto ormai da anni: ora è tempo di agire”.
Fruit Innovation, organizzato da Fiera Milano e Ipack-Ima, vedrà coinvolta SG Marketing anche nell’organizzazione di un secondo convegno che si terrà durante l’evento (il 22 maggio), dal titolo: “Raccontare sul punto vendita il valore del prodotto ortofrutticolo: best practice internazionali”. Verranno in questo caso presentate testimonianze di insegne che hanno lavorato su modalità innovative di valorizzazione dell’ortofrutta fresca sul punto vendita.
Buone notizie per l’export di vino italiano alla vigilia del Vinitaly.
Con un fatturato di 5,1 miliardi di euro in crescita dell’1,4% sul 2013, il vino italiano continua ad avanzare sui mercati esteri. È boom in particolare per la spumantistica che chiude l’anno con un incremento di oltre il 14% degli introiti realizzati oltre frontiera.
È quanto emerge in sintesi dalle elaborazioni Ismea sui dati Istat relativi all’intero 2014, da cui si evince anche un avvicendamento al vertice della classifica dei maggiori esportatori mondiali di vino.
Dopo essere stata infatti a lungo il primo fornitore mondiale, l’Italia con 20,4 milioni di ettolitri esportati l’anno scorso (+1% circa sul 2013) è scesa infatti al secondo posto dietro alla Spagna. Il record delle spedizioni iberiche (22,6 milioni di ettolitri, il 22% in più sul 2013), sulla scia di una vendemmia abbondante, è stato accompagnato però da una significativa riduzione dei listini, che hanno determinato una contrazione degli incassi del 5%.
Anche la Francia, sempre prima in termini di fatturato legato all’export vinicolo (7,7 miliardi di euro) ha subito, sottolinea l’Ismea, una battuta d’arresto dei flussi in valore, lasciando l’Italia unica tra i tre big player ad avere incrementato, anche se di poco, il giro d’affari nel 2014.
Una performance, quella dell’Italia, meno brillante rispetto all’incremento del 7% degli introiti evidenziato nel 2013, ma su cui ha pesato il calo dei prezzi all’origine dei vini, scesi di ben 14 punti percentuali sui valori molto alti del 2013.
La crescita seppure limitata dell’export in valore è sintesi di dinamiche divergenti, con lo sfuso in flessione di quasi il 18% e i vini confezionati in crescita del 2%. Sono soprattutto gli spumanti a trainare la crescita degli introiti e, all’interno di questi, il segmento che comprende il Prosecco (+28%). Volendo fare una suddivisione secondo la piramide della qualità si evidenzia come i vini Dop fermi, esclusi quindi spumanti e frizzanti, abbiano sostanzialmente confermato i 4,7 milioni di ettolitri del 2013 con un +1% dei corrispettivi monetari giunti quasi ai 2 miliardi di euro. Bene i vini Igp con un più 4% in valore e male i vini comuni, che cedono il 23% sul valore del 2013. E’ su questo ultimo segmento che la Spagna ha agito in maniera fortemente concorrenziale.
Analizzando le principali destinazioni, risultano in crescita gli invii verso il mercato statunitense (+4,4% in valore), che da solo copre una quota di oltre il 20% del fatturato oltre frontiera. Una flessione di pari entità ha riguardato invece l’export verso la Germania, principale mercato di sbocco delle esportazioni italiane in termini quantitativi. In aumento del 6% gli incassi nel Regno Unito, terzo nella graduatoria dei principali clienti italiani con un quantitativo molto vicino a quello degli Usa. Scendendo lungo l’elenco delle destinazioni si evidenzia un andamento positivo in Svizzera (+1,8%) e nei Paesi Bassi (+3,4) a fronte di una flessione in Canada (-1,5%), Giappone (-1%), Francia (-5,3%) e Russia (-10,4%).
«Una scelta strategica e un segnale importante per tutto il comparto alimentare». Così Alberto Auricchio ha commentato l’acquisizione da parte dell’azienda leader mondiale nella produzione di provolone della società americana The Ambriola Company, uno dei più grandi importatori e distributori di formaggi italiani e di Prosciutto di Parma negli USA.
The Ambriola Company, realtà molto conosciuta sia nel retail che in GDO, importa formaggi italiani dal 1921 ed è importatore esclusivo del brand Locatelli – con il Pecorino Romano e altri formaggi di pecora – il marchio numero uno tra i formaggi Italiani esportati negli USA.
L’azienda, che ha sede nel New Jersey, da oltre vent’anni importa e distribuisce anche i prodotti a marchio Auricchio (Provolone, Parmigiano Reggiano, Grana Padano), Giovanni Colombo (Gorgonzola, Taleggio, Mascarpone), F.lli Pinna (Pecorino Romano) e Luppi (Prosciutto di Parma). Inoltre importa e distribuisce con il marchio “Ambriola” Pecorino Romano, Parmigiano-Reggiano e Grana Padano. Nell’ultimo esercizioha realizzato un fatturato di 52 milioni di dollari con un incremento del 10% sull’esercizio precedente.
«Il mercato americano – ha aggiunto ancora Auricchio – è per noi il primo per quota d’export; per altro più del 50% del fatturato di Ambriola era già sviluppato con i nostri marchi Auricchio, Locatelli e Giovanni Colombo.
Inoltre in un prossimo futuro si potrà allargare la gamma dei prodotti Italiani ad altre merceologie alimentari».
Nel 2014 il Gruppo Auricchio ha realizzato un fatturato di oltre 200 milioni di euro, con una percentuale di crescita del 2% in Italia e del 8% nelle esportazioni.
Bicchiere mezzo vuoto per gli italiani. Foto Vinexpo /Hervé Lefebvre
Un miliardo di bottiglie di vino in più in cinque anni: le prevede uno studio di Vinexpo, la fiera internazionale del vino di Bordeaux (quest’anno dal 14 al 18 giugno) e IWSR che analizza il mercato del vino mondiale dal 2008 al 2018, anno in cui il consumo mondiale salirà a 32,78 miliardi di bottiglie contro una media di 31,7 miliardi nel periodo 2009-2013.
Se i mercati emergenti la fanno da padrone, con la classe media africana ad esempio che promette di incrementare esponenzialmente i consumi, i tradizionali Paesi produttori (e consumatori) europei arretrano. Italia in primis, dove entro il 2018 si berranno 3,1 litri di vino in meno pro-capite all’anno (-5,1%), mentre i francesi abbasseranno consumi di 2,3 litri (-2,8%), pur restando i due maggiori Paesi consumatori al mondo con 45 litri annui a testa.
Altra musica invece sui mercati internazionali, dove gli Stati Uniti, primo mercato al mondo, aumenteranno ancora il consumo di vino (+11,3% tra il 2014 e il 2018 secondo lo studio), così come la Cina (+24,8%). Ma le importazioni verso il gigante asiatico, previste in crescita di due cifre (+31,3%) non aumenteranno di pari passo con i consumi, che si avvantaggeranno anche dell’incremento della produzione locale.
Perfino sul mercato europeo potremmo venire surclassati da insospettabili vicini quanto a consumo di bottiglie: nel 2018 saranno 3,3 miliardi le bottiglie consumate in Germania (+1%, con circa 36 litri pro-capite all’anno) contro 3,28 miliardi in Italia, mentre nel Regno Unito, che ha vissuto un declino dei consumi dal 2009, è previsto un incremento del 5,5% nei prossimi quattro anni, “tirato” dai consumi di vini frizzanti, rosé e bianchi, che entro il 2018 sorpasseranno i rossi nelle grazie dei britannici.
Una partnership per promuovere, insieme, le destinazioni di Expo2015: è il senso dell’accordo siglato tra Illy Caffè, partner della manifestazione e curatore del Cluster Caffè, ed Explora, il tourism board dell’esposizione.
L’accordo vede i due partner uniti nella promozione del territorio (per Destinazioni Expo si intendono quella nella quale si prevede che i turisti possano soggiornare e vivere delle esperienze turistiche e che comprendono ad esempio Milano, la Lombardia, il Piemonte e città del gusto come Parma e Bologna) a livello internazionale tramite una serie di azioni congiunte. Fra queste, spiccano le cooperazioni durante le sales mission, le attività di promozione e i media trip organizzati da Explora.
Per la prossima iniziativa, il 24 gennaio Explora porterà a Milano il BGTW (British Guild of Travel Writers), la principale associazione professionale di giornalisti e scrittori di viaggio del Regno Unito, con un viaggio stampa che farà scoprire a 80 membri dell’associazione le bellezze del territorio. Illy caffè sarà presente per far assaggiare ai giornalisti, blogger e prescriptor del mercato britannico una tipica “bandiera” dell’italianità: l’espresso.
“L’iniziativa è la prima di una lunga serie e dimostra la forte intesa fra le due parti”, commenta il Direttore di Explora Josep Ejarque – il caffè è uno dei principali elementi del Made in Italy ed è un atout che va valorizzato e promosso come parte integrante del turismo”.
“La partnership con Explora rappresenta un esempio concreto del nostro impegno nel promuovere le eccellenze del nostro Paese”, commenta Roberto Morelli, Business Development Executive Director di illycaffè e direttore del Cluster del Caffè in Expo. “Expo rappresenterà una basilare opportunità di rilancio dell’economia italiana, anche grazie all’iniezione di fiducia che comporterà. Ma sarà anche e soprattutto una straordinaria opportunità di promozione turistica, legando il nostro patrimonio artistico e ambientale alla creatività, alla cultura d’impresa e del ‘saper fare’ che il sistema delle aziende italiane è in grado di esprimere, e che rappresenterà un variegato motivo di attrazione aggiuntiva per i turisti, soprattutto asiatici e americani”.
Puntare su qualità e innovazione di prodotto paga, anche su un prodotto tipicamente italiano ma estremamente esposto all’Italian Sounding, ovvero alla contraffazione o quanto mano alla esposizione di prodotti che richiamano al Made in Italy (nel packaging ad esempio) senza esserlo. Sull’export in un mercato importante come gli Stati Uniti sta puntando molto il Gruppo Libretti, che ha recentemente consolidati la sua posizione siglando un accordo commerciale con la catena della grande distribuzione americana H.E.B. che ha sede a San Antonio (Texas). I prodotti oggetto dell’accordo sono la salsa di pomodorino ciliegino, la passata di datterino, il pomodorino “semydry” e la “caponata” siciliana. Già presente in numerose catene della GDO internazionale, Gruppo Libretti dispone già negli USA di due piattaforme distributive, a New York e a Houston. Il nuovo accordo pone le basi per il rafforzamento del processo di internazionalizzazione del Gruppo che fa leva sullo spin off Bottega di Sicilia, l’azienda nata per nel 2011 per valorizzare i prodotti conservieri del Gruppo Libretti, già impegnato nel settore dell’ortofrutta fresca e fondato nel 1930 a Vittoria (RG).
“Gli investimenti in innovazione – commenta il Presidente, Giuseppe Libretti – ci hanno permesso di formulare nuovi prodotti in linea con le aspettative dei mercati. Stiamo crescendo anche all’estero grazie alla diversificazione di prodotto e l’idea di arrivare ai mercati oltreoceano attraverso le conserve ortofrutticole made in Italy ci ha consentito di trovare nuovi spazi commerciali e di consolidare i risultati già raggiunti in ambito internazionale, raggiungendo una quota export del 20% sul fatturato totale”.
Il Gruppo Libretti ha chiuso il 2014 con una crescita del fatturato del 10% (nel 2013 l’aumento del fatturato del Gruppo era stato del +20%). L’azienda, con 360 dipendenti e due stabilimenti produce ogni anno 40 milioni di Kg di ortofrutta fresca a marchio Libretti e 6 milioni di pezzi di conserve a marchio Bottega di Sicilia.
Se lo aggiudica il Parmigiano Raggiano il podio di un’ideale “gara tra big”, che vede protagoniste le eccellenze culinarie Made in Italy. È il risultato di un contest promosso dal sito I Love Italian Food, realtà non- profit nata nel 2013 con la mission di difendere e diffondere la cultura del cibo italiano di qualità, tra oltre 700 mila appassionati di cibo italiano provenienti da tutto il mondo.
I “Magnifici 12” secondo la classifica di I Love Italian Food
Chiamati a scegliere le icone della cucina tricolore tra una lista di prodotti tipici e di ricette tipiche del nostro Paese, i frequentatori del sito hanno scelto. La consultazione via Web, tenutasi nel mese di novembre, ha eletto il Parmigiano Reggiano con il 20% delle preferenze complessive. Completano il podio, nell’ordine, la pasta e il Prosciutto di Parma. Seguono l’olio extravergine di oliva e la pizza. Non mancano le sorprese. Non entrano nella top 10 ad esempio due simboli di italianità come il cappuccino e la passata di pomodoro.
E la cosa non finisce qui: i 12 prodotti e ricette più votati saranno i protagonisti del progetto: “2015: a 100per100 Italian Year”. A valorizzarli saranno altrettanti maestri della cucina italiana, tra cui Heinz Beck, Cristina Bowerman, Moreno Cedroni e Antonella Ricci. A ogni chef I Love Italian Food chiederà di interpretare, in forma di ricetta, un prodotto simbolo: ne nascerà così il visual di una campagna di comunicazione no profit, per la valorizzazione delle eccellenze enogastronomiche italiane nel mondo.
«Questo contest ci ha permesso di capire quali sono i veri ambasciatori del gusto made-in-Italy all’estero. E anche quali sono i tesori della nostra cucina che è necessario promuovere, perché ancora faticano a entrare nel cuore dei foodies stranieri – commenta Alessandro Schiatti, fondatore di I Love Italian Food -. Siamo convinti che il food rappresenti il vero petrolio d’Italia, un motore importante per la nostra economia. Questo ci motiva ogni giorno a diffondere e difendere la cultura e i valori del sistema agroalimentare italiano».
La campagna “2015: a 100per100 Italian Year” accompagnerà inoltre la nascita del progetto di I Love Italian Food, “100per100 Italian”, che intende raccontare agli stranieri i nostri prodotti, le ricette della tradizione e le aziende che oggi si impegnano a produrre cibo di filiera 100% italiana. Il progetto verrà lanciato ufficialmente a gennaio 2015.
Expo, una grande vetrina per il mondo del vino made in Italy e una grande occasione di far conoscere il vino italiano a un potenziale pubblico di 20 milioni di visitatori. Ma come fare per trarre vantaggio da Expo? Le aziende se lo chiedono e lo chiedono, perché, nonostante i progetti sul tappeto, poco si sa e poco si riesce a prefigurare.
Wine Temple (ph. Alberto Vita)
Se n’è parlato nel corso dell’inaugurazione di Wine Temple, lo spazio enoteca con 7600 bottiglie dei migliori vini italiani, parte dell’hotel Seven Stars e primo tassello di quella che sarà a breve la Gallery Wine Experience, uno spazio multifunzionale con 14 camere di design affacciate su Piazza Duomo, con spazi per incontri e due ristoranti.
L’incontro, organizzato da Business Itaernational-Fiera Milano Media con Marco Polo Experience e Alessandro Rosso Group ha cercato di fornire alcune prime risposte alla domanda iniziale.
Eugenio Pomarici (ph. Alberto Vita)
Eugenio Pomarici, docente di economia e presidente della Commissione Economia e diritto dell’Organizzazone internazionale della vite e del vino, ha illustrato come l’Italia veda crescere la propria quota nel commercio mondiale del vino in valore, ma la veda diminuire in volume, replicando quello che viene definito il modello francese. Ma la criticità dell’Italia consiste nel fatto che è primo fornitore nei mercati tradizionali del vino, ma ha una quota modesta in quelli a maggior tasso di crescita (i cosiddetti nuovi consumatori).
In un orizzonte previsionale di crescita della domanda di vino nell’economia globale che rispetti gli elementi standard di qualità, sicurezza, trasparenza, sostenibilità ambientale e autenticità, il sistema del vino italiano può trare grandi vantaggi. Ed Expo rappresenta un’occasione unica per accreditarsi rispetto ai predetti elementi necessari per entrare nella scelta dei consumatori e costruire quella piattaforma di conoscenza diffusa sui vini italiani per rendere più efficaci le strategie di impresa. “Ma – ammonisce Pomarici – le aziende non dovranno contare solo sul brand, potendo valorizzare i vitigni e i territori dai quali provengono i loro vini”.
Un ulteriore contributo è arrivato da Stefano Cordero di Montezemolo, economista e coordinatore scientifico del Wine Business Executive Program, la cui seconda edizione partirà a gennaio ed è rivolto ai manager delle imprese vinicole.
Stefano Cordero di Montezemolo (ph. Alberto vita)
Cordero di Montezemolo ha posto l’accento su tre questioni.
1) Bisogna rivolgersi ai mercati che hanno una domanda superiore alla produzione e quindi dove maggiore è l’opportunità di sviluppo. Uno degli errori nei quali incorrono le aziende è quello di “sparare largo” ampliando il portafoglio prodotti e mettendosi in gioco su molti mercati.
2) Non sottovalutare il mercato interno, che vale comunque il 50% delle vendite e nei prossimi anni sarà strategico perché ci saranno profonde scremature, aprendo delle opportunità per le aziende che hanno incrementato il fatturato nel mercato interno.
3) La terza questione riguarda l’organizzazione aziendale e il modo in cui le aziende si devono strutturare. Il settore del vino italiano è molto frammentato, e ciò genera vitalità, ma economicamente è un elemento di debolezza. Occorre creare – ha evidenziato Cordero di Montezemolo – massa critica per essere competitivi sul mercato e dotarsi di sistemi in grado di gestire una fase di forte competizione. «A questo riguardo oggi il 40/50% della produzione passa da sistemi cooperativi in contrapposizione con aziende private. Io credo che questa contrapposizione possa e debba essere superata. Dobbiamo renderci conto che la produzione di volumi non è un fatto negativo: senza volumi non possiamo pensare che un sistema produttivo possa sostenersi ed effettuare investimenti sui mercati internazionali. Quindi benissimo Expo, ma bisogna fare promozione in loco».
Una tavola rotonda ha concluso l’incontro con la presenza di alcuni imprenditori del vino che hanno ribadito la necessità di associarsi per fare sistema (Marillisa Allegrini dell’omonima cantina), di cogliere la grande promessa di Expo anche da parte delle piccole aziende pensando al futuro (Anselmo Guerrieri Gonzaga di Tenuta San Leonardo). E soprattutto di trovare le motivazioni e le occasioni per portare nei territori di produzione, a visitare le cantine, le masse di visitatori che in sei mesi entreranno in contatto con le eccellenze agoalimentari italiane. E il vino è una delle più accreditate.
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