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Deliveroo e GDO: il borsino dei cibi più richiesti a domicilio

Lanciato ad aprile 2020, con l’obiettivo di offrire un ulteriore supporto agli italiani nel corso del lockdown, oggi il servizio deliveroo di consegna dai supermercati è  attivo in 20 città italiane, con circa 250 store disponibili sulla piattaforma. Tra questi, alcuni dei principali brand della grande distribuzione come Carrefour Italia, Conad e Fresco Market.
Quali sono i prodotti alimentari più ordinati su Deliveroo?

Considerando solo le città dalle dimensioni più grandi dove il servizio è attivo – come Milano, Roma e Cagliari – gli articoli più ordinati sono frutta – tra cui banane e clementine – datterini, latte, uova e birra nel formato bottiglia da 66cl.
Questi ultimi, in particolare, sono stati i prodotti i cui ordini sono aumentati di più negli ultimi tre mesi: +72% per la birra e +52% per le uova.

Quando si hanno picchi di ordini?
Gli ordini sono distribuiti piuttosto equamente nel corso della settimana, con picchi che si registrano, in particolare, tra il sabato e la domenica. A dimostrazione di come l’abitudine degli italiani a dedicare parte del weekend alla tradizionale spesa settimanale si rifletta anche anche nell’utilizzo della App per ordinare quei prodotti che spesso mancano in cucina. “Abbiamo lanciato questo servizio nel corso del lockdown  – commenta Matteo Sarzana General Manager Deliveroo Italia – per essere ancor più vicini ai nostriconsumatori e dar loro la possibilità di utilizzare l’App anche per ordinare prodotti, confezionati o freschi, di cui si dovesse aver bisogno nel corso della giornata. E fin da subito questo servizio è stato apprezzato dai nostri utenti. Siamo partiti da Milano e oggi siamo, insieme ai nostri partner, in 20 città. Una conferma ulteriore del fatto che Deliveroo è sempre più un servizio essenziale a disposizione degli italiani”.

Just Eat azzera la commissione ai nuovi ristoratori aderenti

A seguito delle nuove restrizioni nazionali che coinvolgono la ristorazione italiana (chiusura anticipata dei servizi con consumo in loco e limitazioni alla capienza), Just Eat si attiva in prima linea per supportare i ristoratori e sostenerli in questo momento di difficoltà agevolando la possibilità di attivare il servizio di digital food delivery con l’obiettivo di creare continuità alla loro attività quotidiana e ai guadagni.

Per i ristoranti partner della piattaforma sarà infatti attivato un supporto dedicato a quelle attività che usufruiscono del servizio di delivery attraverso rider che consegnano con Just Eat e per le quali sarà attivato uno sconto sulla commissione pari al 25%, con l’obiettivo di supportare oltre 5.000 ristoratori partner in tutta Italia, alleggerendo i costi e permettendo a chi non potrà utilizzare la sala per servire i clienti a cena di continuare ad offrire i propri piatti attraverso la piattaforma, consegnandoli ai clienti a casa in modo facile, veloce e sicuro.

Il pacchetto di agevolazioni prevede inoltre di azzerare le commissioni per tutti i nuovi ristoranti che decideranno di utilizzare il digital food delivery e attivarsi su Just Eat per soddisfare la domanda della clientela in questo periodo. L’azzeramento della commissione sarà estendibile e prorogabile in base all’evoluzione della situazione e sarà in vigore per un periodo minimo di 1 mese.

Sarà poi accelerato l’onboarding sulla piattaforma, snellendo i processi per rispondere velocemente alle richieste di attivazione del servizio con Just Eat, garantendo così in tempi più brevi ai nuovi ristoranti di poter offrire il servizio ai propri clienti.

In particolare, sarà incentivata anche la possibilità di essere online su Just Eat con il proprio ristorante attraverso un menù ridotto, cioè con un numero limitato di piatti, pensati per l’attivazione del servizio di delivery e in grado così di rispondere alla situazione di emergenza offrendo ai propri clienti i prodotti principali e più ordinati nel proprio menù.

“Il 2020 è per il mondo e per il nostro Paese un anno difficile. Il nostro impegno, forte durante l’emergenza, e continuativo per essere vicini a ristoranti, rider e clienti, oggi si rinnova per supportare ulteriormente una delle categorie più colpite dalle nuove restrizioni. Crediamo infatti che il consenso e il prosieguo delle consegne a domicilio sia un elemento importante per la ristorazione e noi vogliamo sostenerlo promuovendo il digitale con zero costi di commissione per chi ancora non utilizza il digital food delivery e una riduzione dei costi per oltre 5.000 ristoranti che già utilizzano già il servizio. Vogliamo permettere ai ristoranti di fare leva su un servizio che si è dimostrato essenziale per l’Italia dall’inizio dell’emergenza ad oggi” commenta Daniele Contini, Country Manager di Just Eat in Italia.

Dispositivi di protezione

Nel consolidare il proprio impegno, Just Eat rinnova inoltre a ristoranti, rider e consumatori messaggi e azioni importanti per la tutela comune, aggiornando costantemente materiali informativi e iniziative di supporto coerentemente con gli sviluppi governativi e con le necessità contingenti. Per garantire la completa sicurezza nella consegna di cibo a domicilio sono state inoltre distribuite mascherine lavabili, gel disinfettante e spray per gli zaini a tutti i rider, oltre a comunicazioni specifiche sulle misure igienico-sanitarie importanti per le consegne a domicilio e le indicazioni sulle modalità di consegna CONTACTLESS, cioè senza contatti diretti, e il rispetto delle distanze.

 

 

Delivery e asporto ai tempi del Covid. Il parere legale

L’ultimo DPCM del 24 ottobre 2020 (pubblicato in Gazzetta ufficiale il 25 ottobre) ha stabilito la chiusura al pubblico, dalle ore 18.00, dei servizi di ristorazione (bar, pub, ristoranti, gelaterie, pasticcerie, ecc), consentendo a tali soggetti, oltre tale orario, la possibilità a svolgere ristorazione con consegna a domicilio e con asporto, a condizione è che l’esercente operi tali attività “nel rispetto delle norme igienico-sanitarie”.

Ma di cosa stiamo parlando esattamente? Ce lo spiega l’avvocato Simona Cardillo dello Studio Lexant.

“Per chiarire meglio l’argomento – dice Cardillo – vale la pena di soffermarsi su quali siano le norme igienico-sanitarie e le buone prassi da rispettare, prendendo in considerazione i protocolli pubblicati dal Ministero della Salute ed altri Enti con lo scopo di fornire istruzioni utili a ridurre il rischio di trasmissione del virus tra dipendenti, fornitori, addetti alle consegne e consumatori, considerando anche stoviglie e contenitori”.

Cominciamo dai LOCALI: quali le regole?

Qui devono essere sempre garantite le distanze di sicurezza tra i dipendenti distanziando le postazioni di lavoro, modificando i turni per ridurre il numero di persone presenti contemporaneamente negli ambienti dove si prepara il cibo al fine di ridurre al minimo gli eventuali contatti lungo la linea di produzione. Gli utensili e le superfici della cucina devono essere igienizzati con frequenza straordinaria.

E i per i LAVORATORI, quali accorgimenti?

Essi devono essere sensibilizzati sulla necessità di adottare misure igieniche più stringenti e devono essere formati sulle nuove procedure (non toccare il volto, lavare le mani più spesso del solito, ecc). Per garantire la sicurezza dei dipendenti, soprattutto laddove non sia possibile garantire il distanziamento, i datori di lavoro devono fornire appositi dispositivi di protezione, quali mascherine, camici monouso, sovra-scarpe e prodotti igienizzanti, assicurandosi del loro efficace utilizzo. Il datore di lavoro deve avvertire il proprio personale affinché, in presenza di sintomi simili all’influenza, resti a casa e immediatamente sospenda l’attività lavorativa.

Laddove possibile ed utile, ad esempio in ragione del numero elevato di dipendenti, il datore di lavoro dovrebbe identificare una persona preposta a fornire ogni opportuno chiarimento al personale in merito alle procedure adottate.

Per informazioni di carattere scientifico-sanitario sarà opportuna la collaborazione di un medico competente (il Garante per la PRIVACY ha chiarito che i datori di lavoro devono astenersi dal raccogliere, a priori e in modo sistematico e generalizzato, informazioni sulla presenza di eventuali sintomi influenzali del lavoratore e dei suoi contatti più stretti o comunque rientranti nella sfera extra lavorativa. Tuttavia, il Garante ha ricordato però che resta fermo l’obbligo del lavoratore di segnalare al datore di lavoro qualsiasi situazione di pericolo per la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro.)

Come regolarsi durante la PREPARAZIONE DEL CIBO?

Come sempre, deve essere mantenuta una rigida separazione tra gli alimenti crudi e cotti, e tra utensili usati per gli uni o gli altri, per evitare contaminazioni. Il Sars-Cov-2, come gli altri coronavirus, è sensibile alle alte temperature, quindi un’accurata cottura degli alimenti (almeno 70°C al cuore del prodotto) ne assicura la distruzione. Se però non viene rispettata la separazione tra crudo e cotto, il cibo bonificato dalla cottura può essere ricontaminato.

Quali le regole per i FORNITORI?

i locali devono limitare il più possibile l’accesso a persone esterne e il contatto tre queste e i dipendenti, ad esempio prevedendo fasce orarie in cui possono essere eseguite le consegne delle materie prime, evitando, quando possibile, la discesa degli autisti dai furgoni e trasmettendo la documentazione di trasporto via e-mail.

E veniamo al DELIVERY: come va gestito?

Nella gestione dell’attività di DELIVERY, deve essere mantenuta una separazione dei locali di preparazione del cibo da quelli destinati al ritiro da parte dei fattorini, e devono essere utilizzati zaini o contenitori termici per rispettare la temperatura di conservazione in sicurezza del cibo. Gli alimenti da consegnare devono essere confezionati in contenitori adeguati, con un’etichetta con la descrizione del prodotto, il destinatario e i riferimenti del locale. Non si deve infatti dimenticare il divere di rispetto dei requisiti di rintracciabilità dell’alimento sino alla tavola del consumatore.

Il trasporto dovrà avvenire nel rispetto di legame caldo e legame freddo dell’alimento, attraverso utilizzo di contenitori alimentari isotermici che conservano i prodotti alimentari ad una temperatura adeguata e dovrà essere offerto verificando:

  • che i vani di carico dei veicoli e/o i contenitori utilizzati per il trasporto di alimenti siano sempre puliti ed a tenuta per prevenire eventuali contaminazioni da prodotti danneggiati
  • che i contenitori siano frequentemente sottoposti a manutenzione e lavaggio per evitare eventuali rischi di contaminazione
  • che i contenitori isotermici siano integri (assenza di buchi, crepe, ecc) ed ermetici (perfetta chiusura)
  • che il trasporto sia fattibile in termini di distanze da percorrere.

Per quanto attiene poi al caso specifico del DELIVERY ATTRAVERSO RIDERS, il ristoratore deve accertarsi che il personale che effettua il trasporto abbia tutte le competenze per svolgere in sicurezza l’attività e che il trasporto degli alimenti e la consegna di questi al domicilio del cliente avvenga nel rispetto delle regole  indicate in generale per il servizio di Delivery di cui al punto precedente.

Ultima fase: la CONSEGNA AL DOMICILIO, come gestirla?

Deve essere sempre effettuata in sicurezza, mantenendo sempre la distanza di almeno un metro e chiedendo al consumatore, al momento dell’ordine, di ricevere il fattorino indossando una mascherina, nel caso di pagamento alla consegna. Se possibile, preferire il pagamento on-line così potendo prevedere che la consegna venga effettuata lasciando il cibo davanti alla porta del destinatario, che uscirà a ritirarlo solo quando il fattorino si sarà allontanato.

Avv. Simona Cardillo Senior Associate

Via Pietro Cossa n. 2 – 20122 Milano (MI)
Mail: simona.cardillo@lexant.it
Skype: Cardillo Studio Lexant
www.lexant.it

La rintracciabilità degli alimenti sfida l’e-commerce. Il parere legale

L’attuale struttura della filiera alimentare è spesso estremamente complessa e caratterizzata da un forte distanziamento tra produzione e consumo, con una sempre più rilevante componente di manipolazione, lavorazione, confezionamento e conservazione degli alimenti.

Trasparenza informativa e tracciabilità sono indispensabili per garantire alimenti sani e sicuri, in ogni fase della catena alimentare, a maggior ragione dell’attuale contesto di crisi di fiducia da parte dei consumatori, che richiedono maggiore controllo, trasparenza e sicurezza del cibo.

Ecco allora emergere due concetti di estrema rilevanza, tra loro strettamente connessi: tracciabilità e rintracciabilità, in merito ai abbiamo chiesto all’avvocato Simona Cardillo dello studio Lexant un approfondimento.

“La tracciabilità – spiega Cardillo – è la capacità di tenere traccia dei vari passaggi subiti da un prodotto alimentare all’interno della filiera, a partire dalla produzione, sino alla distribuzione. La rintracciabilità, secondo la definizione del reg. CE 178/2002, è “la possibilità di ricostruire e seguire il percorso di un alimento, di un mangime, di un animale destinato alla produzione alimentare o di una sostanza destinata o atta a far parte di un alimento o di un mangime attraverso tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione”.

Si tratta di due concetti tra loro speculari: rintracciabilità vuol dire poter effettuare il percorso a ritroso e risalire all’origine di un prodotto utilizzando le informazioni che si erano registrate con la tracciabilità”.

La rintracciabilità ha dunque come obiettivo finale quello di consentire al produttore e agli organi di controllo di gestire e controllare eventuali situazioni di rischio per la salute, attraverso la piena conoscenza di tutte le fasi della catena alimentare, sino alla tavola del consumatore, compresa la fase della vendita al dettaglio (alimentari, salumerie, etc..), della somministrazione (ristoranti, rosticcerie, pub, etc..), dell’home delivery.

Fatte queste premesse, quali saranno responsabilità e obblighi dell’OSA (Operatore del Settore Alimentare)?

L’OSA in qualsiasi fase esso operi, potrà esser chiamato dagli enti preposti a documentare e “rintracciare” ciascun fornitore ed il lotto di provenienza dello specifico alimento oggetto di controllo. Sarà dunque utile che preveda un adeguato sistema di controllo, mediante

  • l’adozione di un registro nel quale annoterà l’elenco dettagliato di tutti i fornitori ed i riferimenti circa il ricevimento, la conservazione e la trasformazione degli alimenti;
  • la definizione di buone pratiche di lavorazione degli alimenti, che prevedano anche cicli accurati di pulizia e manutenzione dei locali e delle attrezzature;
  • la programmazione di una idonea formazione al personale;
  • la creazione di procedure, preferibilmente scritte, di verifica dell’integrità degli imballaggi ricevuti, della data di scadenza, della certificazione sulla temperatura di trasporto e della corretta etichettatura specifica del prodotto, laddove prevista.
  • la previsione, infine, di procedure di intervento che prevedano la segnalazione al fornitore della eventuale criticità riscontrata, con richiesta di ritiro della merce non conforme e la separazione del prodotto contestato da quelli idonei al consumo.

In che modo l’operatore garantirà la rintracciabilità?

In primis, acquistando le materie prime alimentari solo da fornitori dei quali avrà avuto cura di verificare che rispondano ai requisiti imposti dalle norme HACCP e rispettino, a loro volta, i principi di rintracciabilità; dovrà poi conservarele etichette dei prodotti freschi acquistati e archiviare la DDT o fattura accompagnatoria di acquisto del prodotto e documenti contrattuali.

Per quanto tempo si dovranno conservare le informazioni utili alla rintracciabilità?

  • 3 mesi in caso di prodotti freschi (es. panetteria, ortofrutticoli, ecc)
  • 6 mesi dalla data di conservazione del prodotto deperibile, per i prodotti “da consumarsi entro il…”
  • 12 mesi successivi alla data di conservazione consigliata, per i prodotti “da consumarsi preferibilmente entro il…”
  • 2 anni per i prodotti per i quali non è prevista dalle norme vigenti l’indicazione del termine minimo di conservazione, né altra data.

Concludendo – riassume Cardillo – l’OSA, con la predisposizione di adeguate procedure di scelta dei fornitori, di gestione, controllo e intervento, con la tenuta meticolosa del registro sopra descritto e con una adeguata archiviazione dei documenti, potrà dimostrare di aver soddisfatto l’obbligo di sicurezza e di rintracciabilità degli alimenti, andando esente da pensanti sanzioni e dalle, ancora più temute, conseguenze reputazionali e di immagine di un eventuale accertamento d’infrazione.

Food e-Commerce e Food Delivery

Il Rapporto Coop 2020, e già quello 2018, attestano consumi sempre più digitali con forte crescita dell’e-commerce, del meal delivery, dell’e-food / e-grocery / click&collect.

La crescente diffusione dell’e-commerce anche nel mondo del Food, impone nuove sfide nella gestione dei servizi logistici che dovranno essere studiati ad hoc a seconda della tipologia di alimento o di bevanda e del canale distributivo (ad esempio garantendo l’opportuna conservazione dei prodotti freschi e freddi, rispettando le temperature della cold chain) e per la necessità di garantire trasparenza di informazioni sul prodotto.

Si tratta, nel caso del contratto di acquisto attraverso e-commerce, di un contratto di compravendita a distanza, nel quale l’obbligazione contrattuale viene formalmente conclusa attraverso internet, e la consegna del prodotto avviene poi fisicamente in un momento successivo.

Quale normativa regola il settore?

Nello specifico, il settore Food trova regolamentazione nel Reg.1169/2011[1], che stabilisce, in tema di trasparenza informativa che, per l’alimento venduto tramite una “comunicazione a distanza”, le informazioni obbligatorie presenti sull’etichetta debbano essere rese disponibili al consumatore per tempo utile, ossia prima che la vendita sia conclusa e si perfezioni. Non solo, le stesse informazioni devono essere visibili anche su qualsiasi materiale che sia collegato alla vendita a distanza, supportandola.

In materia di trasparenza informativa, nel contesto della vendita a distanza di alimenti, la normativa europea distingue tra la vendita di “prodotti preimballati” e quella dei “prodotti non preimballati”, ovvero i c.d. “sfusi”.

Se la vendita a distanza concerne alimenti imballati, tutte le indicazioni obbligatorie devono essere trasmesse al consumatore prima della conclusione dell’acquisto del prodotto.

Quali informazioni devono essere trasmesse al consumatore?

Egli, nello specifico, dovrà essere messo nella condizione di apprendere consapevolmente, prima dell’acquisto:

  • denominazione dell’alimento;
  • elenco degli ingredienti;
  • allergeni;
  • quantità di taluni ingredienti o categorie di ingredienti;
  • quantità netta;
  • condizioni particolari di conservazione e/o le condizioni d’impiego;
  • nome o la ragione sociale e l’indirizzo dell’operatore del settore alimentare responsabile che commercializza il prodotto;
  • Paese d’origine o il luogo di provenienza ove previsto ai sensi dell’art. 26;
  • istruzioni per l’uso, per i casi in cui la loro omissione renderebbe difficile un uso adeguato dell’alimento;
  • per le bevande che contengono più di 1,2 % di alcol in volume, il titolo alcolometrico volumico effettivo;
  • dichiarazione nutrizionale.

Invece, la data di scadenza, o il termine minimo di conservazione (T.M.C.) ed il numero di lotto vanno comunicati al momento della consegna e, perciò, contestualmente alla fornitura dell’alimento e non prima dell’acquisto.

E con gli alimenti sfusi?

In questo caso il regolamento lascia ai singoli Stati la scelta su come disciplinare la vendita con tecniche di comunicazione a distanza, affinché lo Stato possa decidere quali indicazioni o meno debbano essere trasmesse; con un’unica eccezione in ordine agli allergeni che devono essere sempre indicati.

Nel Food Delivery, che può realizzarsi secondo modalità differenti (mediante utilizzo di piattaforme terze o con rete di consegna diretta), il trasporto è regolamentato da una norma decisamente datata, la direttiva 327/80, che indica i requisiti di riferimento per dell’idoneità igienico-sanitaria dei mezzi di trasporto di sostanze alimentari in generale. Si tratta di una norma generica a proposito dell’obbligo di igiene che deve accompagnare l’alimento, e della temperatura delle sostanze alimentari durante il questa fase.

La rintracciabilità vale anche per il food delivery?

Certo: per quanto attiene poi nello specifico la rintracciabilità, non sono certamente esclusi dall’obbligo le fasi del food delivery. Ristoratore, somministratore, rivenditore, così come la società di delivery (se terza rispetto ai primi), dovranno allora adottare adeguati sistemi di controllo anche in relazione a tale fase, monitorando il rispetto delle linee guida di sicurezza alimentare definite dal Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi) e tracciando l’alimento sino alla tavola del consumatore.

Fino ad ora abbiamo parlato di alimenti, ma esisto delle regole anche per i materiali che vengono in contatto con essi?

Naturalmente. Nel caso dei MOCA, ovvero tutti quegli oggetti che durante la filiera entrano in contatto con gli alimenti (packaging, utensili, posate, tappi…) sino alla fase di consegna al consumatore, va tenuto conto della loro interazione con al natura dell’alimento. Non tutti i packaging, per esempio, sono adatti a contenere cibi grassi, o acidi, o umidi: reagiranno in maniera diversa in funzione della loro composizione. Stesso discorso nei confronti della luce, e della temperatura: non tutti i MOCA sono adatti ad entrare in contatto con alimenti a temperature di refrigerazione oppure a temperature elevate.

Sarà quindi dovere del professionista, sul quale incombe la relativa responsabilità, accertarsi che l’oggetto acquistato sia idoneo all’uso alimentare e di verificarne le caratteristiche di utilizzo. La fornitura delle indicazioni di accompagnamento al MOCA è invece responsabilità del produttore dello stesso, all’atto della loro commercializzazione, mediante etichetta o altro mezzo di comunicazione. Tra le informazioni obbligatorie rientrano la denominazione “per alimenti” o altra menzione specifica, le indicazioni di utilizzo e i contatti del produttore.

[1] La vendita a distanza è disciplinata dal Reg. 1169/2011, all’art. 14, prevalendo sulle disposizioni generali previste dalla Direttiva 2011/83/UE sui diritti dei consumatori (c.d. direttiva consumatori), recepita in Italia con D.Lgs. 21/2014.

Avv. Simona Cardillo Senior Associate

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Le abitudini di acquisto degli italiani nella pandemia, secondo Weborama

Spesa online, food delivery ed e-commerce: cosa ne pensano gli italiani, costretti a ricorrevi in fase di lockdown? Si è occupata della questione Weborama, Data Science Company attiva da vent’anni in diversi ambiti del marketing digitale e off-line. Nelle regioni del Nord Italia, in cui risiede quasi la metà della popolazione italiana, vive oltre il 62% delle persone che cercano servizi per la spesa online e quasi il 52% di quelle propense al food delivery. Dati trainati in particolare da Lombardia con il 31% di italiani interessati alla spesa online e il 28% al food delivery e soprattutto, dato inaspettato, dall’Emilia-Romagna che registra il 6,5% di interesse per il food delivery e il 10% per la spesa online riservandosi così il terzo posto a livello nazionale. La terza regione a supportare il Nord, in base all’analisi condotta da Weborama, è il Veneto dove la spesa online con il 9% supera di poco il food delivery (8%), segue poi il Piemonte con l’8% di interesse per la spesa online e il 7% per il food delivery.

Queste, ad oggi, sono le regioni più urbanizzate, le aree in cui le grandi catene della GDO sono più diffuse e in cui le piattaforme di food delivery sono maggiormente presenti e che sono state più duramente colpite.

Spesa online e al food delivery

Nel Centro Italia, invece, la spesa online sembra essere un tema che interessa complessivamente il 23% degli italiani, mentre il food delivery registra il 25%, si differenzia la Toscana che da sola con l’9% di interesse per il food delivery si assesta al quarto posto su scala nazionale. Il Lazio svetta in classifica con il 13,5% per la spesa online e il 12,2% per il food delivery mentre per il Sud Italia sono singolari i dati registrati in Campania in merito all’acquisto di prodotti alimentari online con un interesse del 7% e del 12% per il food delivery che pone la regione al terzo posto a livello nazionale dopo Lombardia e Lazio. Fa eccezione anche la Sicilia che, tra le regioni del Sud, si stanzia, dopo la Campania, al secondo posto con il 3% di ordini online e il 5,5% di interesse per le richieste di food delivery. Secondo la ricerca di Weborama, tuttavia, in Sardegna e così come nel resto del sud, sembrano quasi ignorate le due categorie di spesa online e food delivery. Nello specifico, gli italiani interessati alla spesa online in Sardegna sono meno dello 0,5%, il dato più basso dopo la Basilicata con lo 0,11% e il Molise con lo 0,08%, mentre la Puglia rialza l’interesse al 2,8% e registra il 3,2% per il food delivery ma sancisce il distacco dall’Abruzzo all’1% e dalla Calabria con lo 0,1%. Le cause di questa disparità numerica possono essere ricercate nella diversa struttura commerciale, e nella ristorazione che predilige modalità di delivery gestite in autonomia dal singolo ristorante, ma anche in una diversa penetrazione dell’epidemia di Coronavirus. Si può pensare che in aree drammaticamente colpite come Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna, i consumatori siano stati più propensi ad evitare per quanto possibile di uscire di casa, mentre laddove il lockdown è stato percepito più come una misura precauzionale, la spesa settimanale o il ritiro di una pizza da asporto sono state considerate come attività legate alla quotidianità abituale.

Le regioni più interessate all’e-commerce in Italia

Al contrario, invece, la distribuzione geografica degli utenti interessati all’e-commerce è sostanzialmente analoga a quella della popolazione. Nella top 10 delle regioni più interessate all’e-commerce troviamo sul podio la Lombardia con il 31%, il Lazio con il 14,5% e la Campania con l’8% seguite in quarta posizione dal Veneto che registra il 7,6%, dal 7,3% del Piemonte e dall’Emilia-Romagna con il 6%, al settimo gradino c’è la Toscana con il 5,3%, poi la Sicilia 5,1% e al penultimo posto la Puglia 4%, chiudono al decimo posto le Marche con il 2%. Ciò conferma nuovamente come l’e-commerce sia ormai una realtà solida in tutto il Paese indipendentemente dall’area geografica.       

Roberto Carnazza, Country Manager di Weborama Italia commenta a proposito dell’analisi: I dati estratti da MoonFish sottolineano ulteriormente come, a causa del Covid-19, le abitudini degli italiani relative alla spesa online siano drasticamente cambiate e come ogni area del Bel Paese segua dinamiche proprie. Una volta usciti dall’emergenza, le vere incognite saranno molteplici: come affrontare un mercato che sarà inevitabilmente diverso, come prevedere i cambiamenti degli utenti online e lo scardinamento dei modelli fino ad ora conosciuti. Avremo una conferma soprattutto dell’effettivo interesse degli utenti verso la spesa online e il food delivery durante la cosiddetta Fase 2, momento in cui per i brand di settore, ma non solo, sarà quindi fondamentale formulare o riformulare strategie data-driven mirate e allo stesso tempo versatili al fine di ottimizzare gli investimenti e proseguire nel processo di fidelizzazione”.

Modalità della ricerca

L’analisi effettuata da Weborama è stata realizzata attraverso il nuovo tool proprietario MoonFish, una nuova soluzione che semplifica la creazione di audience specifiche, basata sulla qualità dei dati di Weborama e sull’intelligenza artificiale semantica. Con MoonFish è possibile creare segmenti di pubblico esclusivi, raggiungere un pubblico che risponderà in modo efficace e che potrà essere immediatamente attivato utilizzando le leve principali leve del marketing e dei media. MoonFish si basa sul know-how di professionisti che lavorano da anni nel reparto R&D di Weborama e rappresenta una risposta innovativa e dalle alte prestazioni alle sfide della conoscenza reale dei clienti dei brand nel mondo digitale. Questa conoscenza è già al servizio di quasi 1.000 grandi aziende nei più vari settori di attività, aziende che hanno la necessità di conversare e rivolgersi direttamente ai loro consumatori ideali.

Cameo con Deliveroo consegnano il dolce a domicilio

Cameo annuncia la sua partnership con Deliveroo attraverso la quale porterà la dolcezza del fine pasto direttamente nelle case degli italiani.
Dal 4 al 17 novembre, grazie a questa speciale partnership tra cameo e Deliveroo, chiunque effettuerà un ordine tramite l’app Deliveroo presso alcuni esercizi selezionati, riceverà un gustoso omaggio: Fast&Creamy di cameo, il dolce facilissimo da preparare e cremosissimo. Disponibile in due gusti: cioccolato o vaniglia.
Gli esercizi selezionati che daranno diritto a questa gustosa promozione sono 50, sparsi tra Milano, Roma, Padova e Firenze. La selezione è stata fatta tra pizzerie, hamburgerie, paninoteche e piadinerie che rappresentano le categorie di esercizi maggiormente frequentate dai più giovani, target di riferimento del prodotto Fast&Creamy cameo.
La collaborazione tra le due aziende mette in risalto l’importanza sempre maggiore che il food delivery ricopre in Italia. Recenti indagini di mercato evidenziano che ad ampliarsi non è solo il range d’età, ma anche lo spettro delle occasioni d’uso: il delivery – infatti – è in crescita nei pranzi veloci di lavoro ma anche a cena per occasioni speciali. Nell’ultimo anno, infatti, il 30,2% degli italiani ha avuto occasione di ordinare il pranzo o la cena online, mediante piattaforme web.
Dal punto di vista anagrafico, i più abituati ad ordinare cibo online sono proprio i giovani, soprattutto grazie ad una maggiore propensione all’uso della tecnologia. Non si rilevano, invece, differenze di genere.
Quanto alla diffusione geografica, il fenomeno è molto più diffuso al Nord che al Centro e al Sud del nostro Paese, con la Lombardia in cima alla lista per presenza di consumatori.

Food on line: in Italia il settore vale 1,6 miliardi di euro

Il settore del Food&Grocery registra una delle più alte frequenze di acquisto (circa 7 volte in un anno), soprattutto grazie alla diffusione del food delivery: negli ultimi 12 mesi, infatti, un terzo degli eShopper italiani ha comprato online beni alimentari e bevande e il 72% degli ordini con consegna in un giorno nell’alimentare è rappresentato dal pasto a domicilio. Le recensioni online sono la fonte principale per gli utenti che acquistano cibo online (30,3%), seguite dai siti web dei brand (25,5%) e dai marketplace (24,8%).
Il mercato dell’e-commerce alimentare nel mondo vale 58 miliardi di euro, 14,9 miliardi in Europa e 1,6 miliardi in Italia. Sono oltre 1,5 miliardi le persone che acquistano alimentari online in tutto il mondo, vale a dire due terzi degli acquirenti online a livello globale (oltre 2 miliardi). In Europa sono più di 167 milioni le persone che acquistano food online: in Italia sono 9 milioni, contro i 19 milioni del Regno Unito, i 18 milioni in Germania, i 13,5 milioni in Francia e i 10 milioni in Spagna.

Questi i dati salienti presentati in occasione della terza edizione di Netcomm Focus Food, l’appuntamento di riferimento sull’evoluzione digitale per il settore del Food&Grocery promosso da Netcomm in collaborazione con TUTTOFOOD.

Stiamo osservando un cambiamento delle modalità di accesso ai prodotti alimentari, che non avviene solo online, ma con metodi di consegna innovativi, come il click&collect in store o il drive-in, e con soluzioni sempre più semplici, come l’abbonamento o la disponibilità di liste della spesa preimpostate. Anche in questo caso, la personalizzazione è la chiave dello sviluppo di questi servizi, basti pensare a quelli sempre più diffusi di meal-kit, che consentono di ricevere un pacco con tutti gli ingredienti necessari per realizzare una cena a casa: un servizio che va oltre la mera consegna dei prodotti e che aggiunge un forte elemento esperienziale.” Commenta Roberto Liscia, Presidente di Netcomm. “L’esperienzialità diventa così un fattore importante che gli operatori del digital food devono sfruttare, semplificando il cosiddetto food journey, che oggi si presenta particolarmente articolato in ogni sua fase: dalla selezione all’ordine, dal pagamento alla consegna. Modalità di selezione dei prodotti diverse rispetto allo scaffale in negozio, ordini complessi e lunghi spesso effettuati in mobilità e servizi di consegna e di pagamento in divenire sono alcuni degli elementi che le aziende devono semplificare, innovando l’esperienza di acquisto.”

La crescita degli acquisti online nel food è inarrestabile anche in Italia: il settore vale 1,6 miliardi di euro nel nostro Paese e segna un incremento del 42% rispetto allo scorso anno; si tratta del comparto online che nel 2019 cresce con il ritmo più sostenuto, a fronte del +15% dell’eCommerce nel suo complesso. Tuttavia, nonostante la sua dinamicità, il Food&Grocery online ha una incidenza ancora marginale in Italia, pari al 5% sul totale eCommerce B2c italiano, che vale 31,6 miliardi di euro.
Gli acquisti online dei consumatori italiani, su siti sia italiani sia stranieri, in questo settore incidono ancora poco sul totale degli acquisti retail; la penetrazione infatti supera di poco l’1% ed è pari a circa un sesto di quella media dei prodotti (6%).
Lo sviluppo deciso del Food Delivery è dovuto alla crescita della copertura nei centri di medio-grandi dimensioni. In questi anni i player hanno investito per attivare il servizio in nuove città e per aumentare l’offerta disponibile. Oggi, infatti, il 93% delle città italiane con popolazione superiore ai 50.000 abitanti è coperto da servizi di consegna a domicilio (era solo il 74% nel 2017) e circa un abitante su due (47%) può ordinare online piatti pronti (nel 2017 il servizio di Food Delivery era accessibile solo a un terzo della popolazione italiana).

 

Carbonara über alles, parola di Deliveroo

Agli italiani piace. Anche a domicilio. Per questo cresce il consumo di carbonara anche in modalità delivery. A rivelarlo Deliveroo che racconta come non solo spaghetti e tonnarelli siano i beniamini del pubblico. La carbonara, infatti, è amata a 360 gradi e nascono ogni giorno nuove interpretazioni (compresi ravioli, girasoli e incursioni nell’interpretazione asiatica dei dim sum alla carbonara). E non è un caso che all’interno della piattaforma Deliveroo siano disponibili oltre 1.840 piatti a base di Carbonara e si registri una crescita continua nell’apprezzamento con un incremento medio mensile del 12%.

 

Nella speciale classifica di gradimento, secondo i dati registrati da Deliveroo, Milano batte Roma. Il capoluogo lombardo infatti, che offre su Deliveroo la più ampia scelta di ristoranti che offrono carbonara da cui ordinare, si posiziona davanti alla Capitale circa il consumo a domicilio.  Seguono Firenze, Cagliari e Bologna, che chiudono la speciale top 5 delle città che in assoluto amano più di ogni altra questa specialità

 Le 5 Carbonara più ordinate su Deliveroo:

  1. Spaghetti alla carbonara – Pasta a Gogò – MILANO
  2. Tonnarelli alla carbonara –  Ristorante da Massi – ROMA
  3. Spaghetti alla carbonara – Osteria del gatto e la volpe – FIRENZE
  4. Tonnarello alla carbonara – Tira e molla – ROMA  
  5. Spaghetti alla carbonara – 140 grammi – CAGLIARI

 

Packaging leva del food delivery, business da 200 milioni che d’estate va in vacanza

Il packaging è fondamentale per sfondare nel mercato dell’out-of-home, e in particolare in quello del food delivery, che quest’anno sta conquistando tutta l’Italia e non solo le aree metropolitane in cui spopola durante l’inverno. Secondo un sondaggio condotto da uno degli operatori storici del settore, Just Eat, in collaborazione con l’Università Bocconi, nelle Riviere Liguri le ordinazioni siano aumentate in media complessivamente del 63%. Lo stesso Just Eat, servizio erogato da una società danese attiva in Italia dal 2011, rivela che in Italia ci sono 5.500 ristoranti affiliati all’azienda in 550 comuni e ha oltre 105 dipendenti e un numero di clienti in continua crescita. E i suoi concorrenti (Deliveroo, Foodora, UberEATS) sono player in continua espansione. Secondo una ricerca del Censis del marzo 2017 in Italia le consegne di cibo a domicilio sono un business che vale 812 milioni e di questi 200 milioni sono riconducibili agli ordini ai ristoranti, cresciuti del 66% in dodici mesi. Un’espansione che attira nuovi soggetti, dal colosso Amazon a catene di supermercati, piccole aziende locali e ristoranti digitali.

Grande domanda e diversi modelli di business: se Just Eat mette semplicemente in contatto clienti e ristoranti che già dispongano di un servizio di consegna a domicilio, altri player come Foodora, Foodinho e Deliveroo, offrono invece un servizio di delivery per i ristoranti che prima non prevedevano la consegna. Di solito le piattaforme simili hanno nella velocità il loro punto di forza, garantendo in genere un tempo massimo di consegna di 30 minuti. Altri atout la facilità di pagamento (che avviene attraverso carta di pagamento o in-app, i cui dati vengono registrati dal sito per eventuali futuri pagamenti) e la geolocalizzazione, che permette al cliente di controllare in tempo reale lo stato del suo ordine fino alla consegna dello stesso e di verificare l’effettiva rapidità del servizio. Quanto alla qualità della cucina, il target è medio-alto.

 

Anche il packaging cresce, del 6%

In un mercato così competitivo si può prevalere solo grazie alla cura del dettaglio. Per questo, secondo Laura Barreiro, Sustainability and Stakeholder Engagement Europe del Gruppo Asia Pulp & Paper (APP), fondamentale può rivelarsi il packaging, che rende riconoscibile un marchio e resta impresso nella mente dei consumatori. Secondo una ricerca dell’istituto Smithers Pira commissionata dal Gruppo APP, il mercato europeo del packaging out-of-home (OOH) crescerà del 6% per raggiungere un valore totale di 6 miliardi di euro entro il 2020, proprio grazie all’incremento dei mercati fast food e fast-casual. Solo in Italia, il ritmo medio di crescita è pari all’1,2% annuo. Per questo le aziende di imballaggi stanno dedicando grande attenzione al settore. Lo stesso gruppo APP, ad esempio, ai pasti a domicilio ha dedicato le linee Foopak (imballi di elevato standard a contatto con cibo e bevande per il retail food&beverage) e Sinar Kraft (gamma di packaging multistrato in cartone e cartoncino certificato PEFC (Programme for the Endorsement of Forest Certification) e pensato per offrire la massima resistenza alle temperature fredde, rendendolo ideale per il confezionamento di bevande e per il packaging dei surgelati.

 

Food delivery, ora anche per i neonati, bio e green, grazie a Babygnam

Arriva il delivery per l’infanzia. Si chiama Babygnam ed è un servizio studiato per le mamme dinamiche ed esigenti che, tra la cura della casa e il lavoro, hanno poco tempo ma non vogliono ricorrere a pappe pronte e comunque rinunciare alla qualità. Un servizio di alto livello che segna una nuova frontiera nel campo della fruizione dei pasti. Una vera e propria gastronomia per l’infanzia con consegna a domicilio che punta tutto su sostenibilità e qualità: Babygnam infatti lavora ingredienti biologici certificati al 100%, freschi, di stagione e a chilometro zero. Il nuovo servizio, ideato da Nikola Jakubisova, partirà a Firenze lunedì 13 febbraio, pronto però a raggiungere nuove città in caso di successo.

Il servizio sarebbe infatti dovuto partire nove mesi fa, ma la burocrazia ha preteso degli adeguamenti che hanno ritardato la start up. «Non è stato facile, e in questo lungo periodo c’è stato qualche momento di sconforto – ammette Nikola, 35enne naturalmente mamma, che vive a Firenze da 10 anni e ha un passato nel turismo -. Sembra che in Italia l’alimentazione per bambini sia ancora argomento pionieristico, e abbiamo dovuto aspettare per aprire il nostro laboratorio professionale di cibo fresco. Così, rispetto al progetto originale, abbiamo aumentato lo spazio del magazzino, apportato delle modifiche al laboratorio, riconosciuto a livello europeo come idoneo per la produzione di cibo per la prima infanzia. Siamo tornati ancora più green, introducendo il concetto di sostenibilità. Ad esempio, le nostre confezioni sono costituite da tappi e vasetti al 100% riciclabili. Se ci vengono restituiti, si ha il diritto a uno sconto sul prossimo acquisto. La consegna è sempre solo su bicicletta elettrica, e anche se le mamme ritireranno i propri prodotti in bicicletta si otterrà un ulteriore omaggio. Curiamo tutto: i nostri prodotti per la pulizia sono biodegradabili al 97%, al massimo della normativa prevista, e di origine naturale; acquistiamo energia elettrica da fonti rinnovabili, e i nostri prodotti si potranno trovare presto anche in altri punti vendita che abbiano la stessa nostra filosofia, ovvero un’attenzione particolare per le materie prime e l’ambiente». Il laboratorio è in piazza Dresda 11, le consegne avvengono solo su Firenze a privati o aziende, ma con la possibilità di ritiro direttamente al laboratorio. Il cibo è sotto vuoto, e arriva in tavola entro 24 ore dalla preparazione in vasetti trasparenti.

Tre i menu proposti, tutti studiati con l’aiuto di una nutrizionista, Silvia Ciani, divisi per fasce di età: “gnam A” è adatto ai primi mesi di svezzamento (dai sei mesi in su) e propone piatti con ingredienti semplici e selezionati come crema di riso e mela cotta, mais e pera cotta, vellutata di carota e mela; “gnam B” ha ricette più elaborate che comprendono latticini, legumi e cereali; “gnam C”, adatto dopo i 12 mesi, utilizza carne, pesce ed erbe aromatiche: purè bicolor, frullato di frutta e yogurt e vellutata con prosciutto cotto, patata dolce, carota. A queste linee tra un mese si affiancherà la linea “gnam D”, dedicata alle compiste di frutta. I prezzi partono dai 3,50 euro da vasetto da 225gr, che si conserva in frigo per quattro giorni ed è scaldabile a bagnomaria o al microonde; l’etichetta contiene oltre all’apporto nutrizionale e alle modalità d’utilizzo, un calendario della frutta e verdura di stagione della Toscana. I fornitori non utilizzano ogm, fitofarmaci, concimi chimici ma solo fertilizzanti organici. Utilizzano acqua oligominerale, dolcificanti naturali e cottura al vapore. Tra essi anche Toscana biologica, che supporta gli agricoltori della zona. Il pagamento è alla consegna.

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