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Rapporto Coop 2015: la ripresa è slow ma l’Italia è bipolare. I programmi del retailer

Schermata 2015-09-03 alle 19.24.51Una ripresa lenta, da seguire con attenzione. Il Rapporto Coop (cui hanno collaborato Ref Ricerche, Nielse, Gfk, Doxa e Demos), come da tradizione, riapre la stagione dopo la pausa estiva e ci restituisce l’immagine di un Paese che dalla soglia del precipizio della crisi dove era attestato nel 2014 si è messo in marcia con “passo di buona lena”.

La recessione è finita, è costata lacrime e sangue alle famiglie italiane che hanno lasciato sul piatto dal 2007 a oggi 122 miliardi di euro (47 miliardi di minori risparmi e ben 75 miliardi di minori consumi).

Rimangono però nubi all’orizzonte come un possibile ritocco alle aliquote Iva, già tra le più alte d’Europa, con effetto ovviamente penalizzante sui consumi appena ripartiti e il persistere dell’elevato tasso di disoccupazione, soprattutto fra i giovani e soprattutto al Sud.

Ma più che la variazione seppur minima di segno positivo del Pil con cui si è aperto il 2015 (la crescita della nostra economia attesa per fine anno è di un +0,7%) è il sentiment degli italiani a essere cambiato. La felicità è di casa nel Nord Europa ma gli italiani, al pari di tedeschi e francesi e prima degli spagnoli, mostrano buoni livelli di soddisfazione per la propria qualità della vita e il 52% delle persone (era il 41% appena un anno fa) considera invariata o addirittura migliorata la propria situazione.

Sette anni di crisi hanno però lasciato cicatrici profonde nel tessuto sociale del nostro Paese, è un’Italia bipolare e schizofrenica; sempre più lunga, il Sud sempre più sud (tra Trento e Calabria corrono più di 1000 euro di differenza nella spesa mensile), la forbice generazionale si è allargata (gli under 35 spendono 100 euro al mese in meno degli over 65) e il lavoro continua ad essere la grande discriminante di genere e la grande chimera.

italia bipolare

Tuttavia siamo i più palestrati e i più connessi d’Europa (12.000 palestre il record in Italia e più di 6 ore al giorno su Internet tra pc e smartphone) se non atei certo più laici e indifferenti, i più evasori e paradossalmente tra i più altruisti (a fronte di una stima di 200 milioni di euro di evasione annua, sono 7 milioni gli italiani che prestano il proprio tempo gratuitamente in attività di volontariato). Con gli euro che ci siamo ritrovati nelle tasche (quei pochi che gli italiani non hanno voluto risparmiare continuando a perpetrare l’immagine -questa sì tradizionale- di un popolo di formiche più che di cicale: nel 2015 il tasso di risparmio è salito dal 8,6% al 9,2), gli italiani sono tornati ai consumi evergreen.

potere d'acquisto

Hanno ripreso a comprare case (complice una stabilizzazione dei prezzi e una ripresa dei mutui), hanno sostituito il parco dei loro elettrodomestici (la lavatrice, mito degli anni Sessanta, ma anche l’asciugatrice + 50% solo nell’ultimo anno), ripartite anche le immatricolazioni delle auto (+ 15% nel 2015 le vendite) anche se la mobilità è sempre più dolce: il raggio d’azione preferito è di appena 5 chilometri dalla propria residenza e la bicicletta un must insostituibile (la bici supera per grado di soddisfazione moto, auto, metro, treni e autobus).

Risultati e strategie Coop

«Per quanto riguarda la dinamica interna – afferma il presidente di Coop Italia Marco Pedroni – i primi segnali di recupero delle vendite non possono che essere accolti positivamente, ma è il quadro complessivo a essere completamente mutato e la cautela è d’obbligo».

Secondo le elaborazioni di Coop, nella distribuzione moderna le vendite totali dei primi sette mesi sono positive a valore (+0,7%) e flat a volume (-0,1%) avendo beneficiato del forte incremento estivo di alcune categorie come le bevande e o gelati.

A parità di rete le vendite sono leggermente negative (-0,1% a valore e -0,9% a volume), mentre a rete corrente si registra +0,7% a valore e -0,1% a volume. In questo contesto Coop si comporta in controtendenza, registrando -1,5% a valore e una parità a volume a rete omogenea, mentre a rete corrente -0,4% a valore e +1,1% a volume.

La spiegazione è nel riposizionamento commerciale avviato da Coop che ha portato il trend dei prezzi del retailer in territorio deflattivo, a fronte di una parziale ripresa dell’inflazione alimentare di quasi un punto percentuale.

La politica di vendita in atto dal primo trimestre ha infatti generato riduzioni di prezzo (- 6/7%) sulle grandi marche e sulla PL venduti in continuativo («costa meno, non è una promozione») e un cambiamento della politica promozionale («scegli tu»).

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«Non pensiamo certamente di abbandonare le promozioni, ma certamente stiamo dando maggiore enfasi a una politica di scaffale», aggiunge Pedroni. E se Coop riduce le vendite correnti a valore del -0,4%, soprattutto per la forte presenza degli Ipercoop che, pur perdendo meno della media degli Ipermercati italiani, pesano molto nel mix di vendite, la Private Label cresce a volumi (+2,2%), a differenza delle altre MDD, e si conferma leader di mercato.

Così come, presentando un ranking con le quote di mercato della Gdo escludendo le superfici sotto i 400 metri quadrati e i discount, il presidente Coop ribadisce la leadership, nonostante «spesso si senta parlare di sorpasso».

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Al di là delle schermaglie, Coop è anche impegnata sul versante internazionale con Coop Italian Food (v. l’intervista su instoremag.it) e con l’alleanza Coopernic su quello dell’e-commerce in particolare per il non alimentare, su quello della nuova Coop Alleanza 3.0 (la fusione delle Coop emiliane) che ha tra gli obiettivi una crescita al Sud.

Dall’esperienza del Supermercato del futuro di Expo, poi, che ha al suo attivo numeri più che lusinghieri, prende corpo l’idea di un’evoluzione dell’ipermercato dove all’esuberanza degli assortimenti si sostituisce una ottimizzazione della logistica, in modo da poter soddisfare le richieste del cliente con prodotti anche non presenti fisicamente nella superficie di vendita. Un progetto che porta diritto allo sviluppo dell’e-commerce (il Drive aperto qualche mese fa a Bergamo da Coop Lombardia indica una delle direzioni di sviluppo del retailer).

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«Nel 2016 – annuncia infine Pedroni – proseguiremo su questa strategia di convenienza e di modifica della politica promozionale e potenzieremo le azioni distintive sui temi della sicurezza alimentare, della trasparenza informativa, della legalità nelle filiere agro-alimentari e della tutela ambientale».

Presentata Biofach, la fiera mondiale del biologico

Bio Lebensmittel, Schwerpunkt deutscher Handel

Alla vigilia dell’Organic Week di Expo (da oggi a sabato, organizzato dalle fiere Biofach, Vivaness, Sana e Cosmoprof), la Fiera di Norimberga ha presentato alla stampa la prossima edizione di Biofach, l’appuntamento più importante a livello mondiale per il mondo del biologico (10-13 febbraio 2016), con i suoi 2344 espositori di 74 Paesi e i 44.624 visitatori.

IMG_2570Un appuntamento che negli anni ha mantenuto il profilo professionale tanto che la neo-responsabile della manifestazione Danila Brunner ci tiene a ricordare che più che una fiera di business, che ha cavalcato il trend in ascesa dei consumi di biologico, la manifestazione ha un valore politico e ha il patrocinio dell’organizzazione internazionale Ifoam (International foundation for organic agriculture) e del’associozione tedesca Bölw. A Biofach l’Italia rappresenta il secondo paese espositore alle spalle della Germania e la manifestazione, afferma Barbara Böck della Fiera di Norimberga, «è un’ottima piattaforma per portare la cultura del cibo italiano biologico nel mondo». L’Italia è il sesto Paese al mondo per superficie coltivata a biologico con 1,32 milioni di ettari.

Il biologico è un settore in costante crescita: proprio l’Ifoam stima che il fatturato globale realizzato con i prodotti biologici ammontava alla fine del 2013 a 72 miliardi di dollari Usa, con una crscita del 55% rispetto a 5 anni prima. Ma nel 2014 le previsioni parlano di un avicinamento alla soglia degli 80 miliardi di dollari. Crescita che si registra un po’ dovunque. In Germania il mercato è aumentato del 4,8% per un fatturato salito da 7,55 a 9,91 miliardi di euro, con la metà del fatturato realizzato nella Gdo; negli Stati Uniti il mercato bio vale 35,9 miliardi di dollari, con una quota sul fatturato alimentare è del 5%; in Francia con 5 miliardi di euro la crescita è del 10%: il trend è lo stesso negli altri Paesi. In Italia, secondo gli ultimi dati di Anabio, l’aumento del fatturato è stato del 17,3% raggiungendo i 3 miliardi di euro. «È un comparto strategico destinato a crescere, insieme all’attenzione per la qualità», commenta l’amministratore delgato di Conad Francesco Pugliese.

Tuttavia la quota di mercato è ancora bassa: solo l’1% degli alimenti prodotti nel mondo è di provenienza biologica, ponendo il movimento biologico di fronte al divario tra crescita e la strada da percorrere per imprimere una scolta nell’alimentazione o, in altri termini, per fare uscire il biologico da una nicchia per farlo diventare un approccio generalizzato alla sostenibilità a livello globale.

Ed è proprio questo il tema al centro del convegno “Organic 3.0- More bio”: quali forme e quali modalità dovranno avere il quadro politico e quello legislativo per attuare una trasformazione biologica e fare diventare il biologico un modello del futuro per l’agricoltura e l’alimentazione.

«L’odierna agricoltura industriale – afferma il direttore dell’Ifoam Markus Arbenz – non è in grado di sfamare il mondo e crea enormi problemi per il futuro. È per questo motivo che c’è bisogno di percorrere un’alra via, na via sostenibile. L’agricoltura biologica, insieme ad altre iniziative, ha contribuito moltissimo a trovare soluzioni sulla base di esperienze consolidate. La realtà, tuttavia, è che prima bisogna imporre a livello politico una strategia di agricoltura sostenibile perché questa tocca gli interessi economici delle cerchie di maggiore influenza, come l’agroindustria».

Confagricoltura celebra insieme pizza e agroalimentare buono

Nel sistema agroalimentare si sta facendo largo, sempre più, un’idea di filiera che superi gli steccati che spesso hanno contrapposto il mondo agricolo da quello industriale di trasformazione. Non c’è dubbio che Expo e, bisogna darne atto, l’attività del ministero delle Politiche agricole guidato da Maurizio Martina, hanno fornito un bel contributo a far prendere atto agli operatori che i muri e gli steccati dovevano essere abbattuti. Gli esempi di un dialogo aperto tra tutti gli operatori della filiera agroalimentare – distribuzione compresa – sono stati numerosi in questi ultimi mesi: prove di dialogo ci sono state per esempio a Marca Bologna e a Fruit Innovation. La stessa GS1 Italy|Indicod Ecr aveva pubblicato già l’anno scorso uno studio in collaborazione con Ref Ricerche sulla “filiera del mangiare”.

Confagricoltura pizzaioliL’ultimo esempio di questa apertura si è avuto ieri, primo settembre, all’incontro organizzato da Confagricoltura dedicato alla Pizza e ai suoi ingredienti, simbolo del made in Italy agroaoalimentare più conosciuto al mondo. Momento clou è stata la degustazione delle pizze realizzate da dieci tra i più famosi pizzaioli al mondo (nella foto a sinistra), nel parco della Casa Atellani che ospita la Vigna di Leonardo, nell’ambito delle iniziative per Expo.

Quattro aziende hanno rappresentato i principali ingredienti della pizza (Granarolo per la mozzarella, Colavita per l’olio extravergine, Cirio per il pomodoro e Agugiaro e Figna per la farina). Tutti prodotti che entrano di diritto nelle eccellenze agroalimentari italiane e che esprimono anche numeri di rilievo.

Lattiero-caseario: 32 mila allevamenti bovini, 2.500 bufalini, 11 milioni di tonnellate di latte vaccino, 155 mila tonnellate di mozzarella vaccina e 38,8 mila tonnellate di quella bufalina. A rappresentare la filiera Granarolo, la prima aziende dal comparto e una delle più grandi aziende alimentari italiane, che della qualità e della giusta remunerazione ai produttori, oltre che del controllo di filiera, ha fatto il suo punto distintivo.

Il pomodoro, rappresentato da Cirio (Gruppo Coltiva) alle soglie dei 160 anni: prodotto in 461 mila tonnellate, il pomodoro con 4,9 milioni di tonnellate trasformate rappresenta il 55% della produzione europea e oltre il 12% di quella mondiale.

Infine la farina (Agugiaro e Figna): la produzione nazionale media di grano tenero è di 2.99.000 tonnellate e vale 550 milioni di euro. Per ottenere la farina operano nel nostro Paese 230 molini che hanno un fatturato di 2,5 miliardi di euro. 5 miliardi è invece quello delle 1200 aziende di prodotti da forno.

Il presidente di Confagricoltura Mario Guidi
Il presidente di Confagricoltura Mario Guidi

In questo clima di “agroalimentare buono”, suggellata dalle parole del presidente di Confagricoltura a sottolineare “le eccellenze alimentari fatte anche da piccole realtà agricole”, sono rimasti in disparte gli altri temi, quelli che agitano chi fa agricoltura, trasforma i prodotti agricoli e li vende: un settore agricolo che sta, nonostante le eccellenze, soccombendo nel contesto globale, l’importazione di prodotti il tema della qualità e della remunerazione degli agricoltori e degli allevatori, la sostenibilità delle imprese, il caporalato e le truffe alimentari. Temi che pesano come macigni su tutta la filiera e che mettono di fronte ciascun operatore alle proprie responsabilità. Non sarà facile uscirne, ma forse proprio chi è impegnato in prima linea nel fare “agroalimentare buono” darà le risposte, unendo gli sforzi. Da soli e in ordine sparso non si arriva da nessuna parte.

Anicav chiede una cabina di regia per la filiera del pomodoro. Impegno contro il caporalato

«È indispensabile istituire una cabina di regia che definisca le linee di politica nazionale per rendere più efficiente la filiera, com’è stato fatto per la pasta, visto il ruolo strategico che il comparto pomodoricolo riveste nel Sistema Italia»

Questa la richiesta espressa dal presidente di Anicav, Antonio Ferraioli, al ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali Maurizio Martina, in una lettera che fa seguito all’incontro istituzionale dello scorso 17 marzo, in cui si era immaginato di istituire un tavolo tecnico specifico sul Pomodoro da Industria, sul modello della Cabina di Regia sulla Pasta promossa dallo stesso Ministero.

Secondo l’Anicav – Associazione Nazionale Industriali Conserve Alimentari Vegetali, «c’è bisogno di interventi organici, per questo riteniamo necessario l’avvio di politiche industriali a sostegno della filiera, da troppo tempo assenti, per far fronte ai problemi strutturali del comparto».

«Accanto all’azione meritevole messa in atto dai due Distretti Produttivi (OI Pomodoro da Industria del Nord e Polo Distrettuale del Pomodoro da Industria del Centro Sud) è necessaria una regia nazionale che dia univocità all’azione programmatica –ha dichiarato Ferraioli – poiché i singoli soggetti della filiera non possono muoversi autonomamente, soprattutto in un momento in cui è forte il coinvolgimento del settore sul versante etico e di tutela dei lavoratori».

Antonio Ferraioli ha ribadito poi l’impegno di Anicav contro il lavoro irregolare e il caporalato. «Oltre alla sottoscrizione, insieme all’AIIPA e alle OOSS nazionali di categoria, del Protocollo per la promozione della responsabilità sociale e territoriale nella filiera del conserviero-pomodoro, abbiamo chiesto un concreto e fattivo impegno della Rete del lavoro agricolo di qualità ̶ operativa da oggi ̶ che potrebbe rappresentare un primo importante strumento per combattere il lavoro illegale».

Proprio ieri al termine del vertice sul caporalato tenuto al Mipaaf, Martina ha riferito che l’intenzione è di fornire anche assistenza legale ai braccianti che denunciano fenomeni di caporalato, trovando risorse dedicate. L’impegno assunto dal governo contro il caporalato è dunque di dare mandato alla Cabina di regia della Rete del lavoro agricolo  di qualità di redigere un piano di azione organico nel giro di due settimane. Martina ha messo in evidenza la novità del metodo: «Passare dall’individuazione di alcuni temi a una vera e propria strategia complessiva, adattando il metodo di controllo, passo dopo passo, agli effetti delle misure adottate». Il fenomeno del caporalato, ha fatto notare Martina, è molto «delicato e con radici antiche” e per questo serve un piano di azione ragionato, per “non fermarsi all’emergenza, ma rendere strutturale l’azione di contrasto: siamo impegnati a superare in modo definitivo situazioni di illegalità che arrivano da lontano».

L’Anicav ha inviato anche una lettera al presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, con la quale ha chiesto alla Regione di voler assumere il ruolo di capofila delle Regioni del Distretto del pomodoro da industria del Centro Sud, nella promozione di politiche specifiche a sostegno del settore, che abbiano come obiettivo la difesa e il rilancio dell’intera filiera in termini di riqualificazione e modernizzazione, per incoraggiare una nuova e moderna cultura d’impresa.

«La Campania –ha ricordato il direttore di Anicav Giovanni De Angelis- costituisce il maggiore bacino di produzione di pomodoro trasformato, sia per numero di aziende di trasformazione che per fatturato – pari a circa 1,5 miliardi di euro, su un fatturato nazionale di 3 miliardi – ed è da sempre leader nei derivati del pomodoro destinati al retail, primo fra tutti il pomodoro pelato, che rappresenta una produzione di pregio delle nostre aziende».

Alimenti per l’infanzia, giù i volumi su la fascia premium/bio

35 miliardi di USD nel 2015; questo vale secondo Nielsen il mercato mondiale di alimentazione per l’infanzia. In crescita nei paesi in via di sviluppo e in recessione nei paesi occidentali, causa calo endemico delle nascite (-45% a livello globale dal 1960 al 2013) che ha portato in Italia a un decremento nelle vendite del 3,2% dal 2012 al 2014.
“Nonostante i problemi le opportunità per il mercato sono ancora consistenti – spiega Liz Buchanan, direttore Global Professional Services di Nielsen –; i consumatori investono molto in queste categorie perché sono molto attenti ai prodotti che selezionano per i loro bambini. Ma per ottenere risultati in un’area dominata da pochi marchi bisogna capire quali sono gli aspetti chiave che guidano la scelta”

La sicurezza del bio
Ci si aspetta una forte crescita dei prodotti biologici, che già nei due anni passati hanno registrato un +26% di vendite a livello globale, a fronte di una diminuzione del 6% del non biologico.
“I consumatori sono sempre più preoccupati dall’aspetto salutista e cercano cibi naturali ed elaborati al minimo, e questo è ancora più vero per gli alimenti per l’infanzia – dice Buchanan –; sempre più genitori cercano cibi in grado di instradare i figli verso una vita sana, anche se ciò significa passare alla fascia premium. Ci aspettiamo che questo segmento crescerà nel momento in cui un maggior numero di genitori sarà in grado di spendere di più”.
In Europa e Asia-Pacifico il 31% degli intervistati considera il biologico e naturale come elemento “importante” nella scelta dei prodotti da acquistare (26% in Africa/ Medio Oriente, 20% in America Latina e 18% in America del Nord, che però è il maggior consumatore che copre il 72% delle vendite del biologico mondiale).

Piace l’innovazione, anche nel packaging
Oggi l’87% delle confezioni di cibo per l’infanzia è in vasetti di vetro o vaschette. Ma ci si aspetta una forte crescita delle confezioni morbide (contenitori con beccucci di plastica dai quali si può succhiare il cibo) in gran voga al momento perché considerate pratiche, e che già dal dicembre 2013 al dicembre 2014 sono aumentate nel mondo del 28% con picchi in Ucraina (916%), Brasile (528%), Portogallo (316%), Russia (264%), Olanda (184%) e Spagna (125%).
“La popolarità delle confezioni morbide è dovuta alla facilità d’uso e alla flessibilità – spiega Buchanan -. Permettono di trasportare il cibo comodamente e ciò è compatibile con gli stili di vita moderni sempre più in movimento, inoltre favoriscono l’indipendenza del bambino e la sua capacità di mangiare da solo”.

Il prezzo resta una delle chiavi

Anche se restano fondamentali tre considerazioni principali -affidabilità della marca, nutrizione e sicurezza – il rapporto qualità/prezzo è una considerazione importante specie in Europa e Nord America, per oltre un terzo dei partecipanti alla ricerca. Promozioni e buoni sconti guidano la scelta, all’interno di una serie di marchi selezionati in precedenza perché giudicati affidabili.
“In Europa il consumatore ritiene che gli alimenti per l’infanzia siano comunque sicuri e nutrizionalmente bilanciati – dice Buchanan – ed esiste anche una scelta di prodotti più ampia rispetto ad altre aree del mondo. Dunque per alcuni consumatori il prezzo diventa una chiave importante nella scelta della marca. Emergono due gruppi di acquirenti: i premium, disposti a pagare di più per un prodotto che percepiscono come migliore, e i cacciatori di valore, che ricercano il miglior affare”.

Marca, pronti a cambiare se c’è la promozione
il 70% degli intervistati ha infatti dichiarato di avere cambiato marca. Il 40% consigliati da parenti o amici, il 34% sulla base di raccomandazioni del pediatra e il 23% per motivi medici.

Gli "influenzatori" nella decisione d'acquisto degli alimenti per l'infanzia.
Gli “influenzatori” nella decisione d’acquisto degli alimenti per l’infanzia.

Ma il 26% degli europei è passato a una marca meno cara e il 23% a una in promozione.

I dati della ricerca The Nielsen Global Baby Care Survey risultano da un sondaggio online eseguito in 60 Paesi e condotto tra febbraio e marzo 2015 su acquirenti di prodotti per l’infanzia nei cinque anni precedenti.

Le leve del successo per Nielsen
Le chiavi del successo negli alimenti dell’infanzia per Nielsen:

Trasparenza: i genitori vogliono sapere esattamente cosa c’è nel cibo dei loro figli. Oltre all’elenco, è utile mettere in etichetta le proporzioni dei vari alimenti contenuti.

Sicurezza innanzitutto: deve essere percepita come la prima preoccupazione della marca e deve esserci la possibilità per il consumatore di avere risposta alle proprie domande e preoccupazioni, anche tramite i canali social

Essere naturali: la semplicità delle cose fatte in casa senza lo sforzo di cucinare: questo cercano molti genitori. Evitare ingredienti come zuccheri e sale aggiunti e conservanti.

Sottolineare i benefici per la salute: l’innovazione prenderà questa strada in futuro proponendo ingredienti che portano benefici come sviluppo fisico e cognitivo, migliore qualità del sonno e difese immunitarie. Da non ignorare la fascia crescente di bambini intolleranti o allergici.

Comprendere e soddisfare le esigenze e i gusti del mercato dove si vende: un esempio è la gamma VitaMeal Baby introdotta da Agro-Food in Medio Oriente, alimenti per l’infanzia halal.

Considerare le opportunità date dalla partnership con un grosso nome, quando si propone un prodotto innovativo, o un produttore locale, se si entra in un mercato estero.

Pedon e OrtoRomi insieme per una pausa pranzo all’insegna del benessere

La nuova referenza con Bulgur e Quinoa, tre tipi di insalata e olive Kalamata, proposta da Pedon e OrtoRomi nella linea Pausa Pranzo in Forma si inserisce nella tendenza che vede in crescita l’attenzione al benessere nel piatto e i consumi di piatti pronti e veloci e di cereali.

Secondo le più recenti analisi di Nielsen, infatti, si registra un nuovo approccio agli alimenti, caratterizzato da una sempre maggiore attenzione agli aspetti salutistici dei cibi, nella consapevolezza che una giusta alimentazione sia lo strumento più adeguato per prevenire e gestire disfunzioni fisiche come l’eccesso di colesterolo, l’ipertensione, il diabete e l’obesità.

Su versante dei numeri, invece, i cereali secchi stanno vivendo una stagione felice. Nei primi cinque mesi di quest’anno Nielsen registra una crescita del 23% a volume e del 34% a valore sullo stesso periodo del 2014. A parte il grano, sono tutti i cereali a beneficiare della crescita. In particolare la Quinoa, “un cereale altamente proteico e completamente privo di glutine, che quadruplica quasi le sue vendite, attestandosi su oltre 400 tonnellate e sviluppando 4,4 milioni di euro di giro d’affari, con un prezzo medio di 10,94€/Kg”, spiega Nielsen

Infine, la fase positiva che stanno attraversando i comparti dei prodotti pronti d mangiare e facili e veloci (secondo la classificazione data da Nielsen ai sei panieri del largo consumo) che nel primo semestre di quest’anno hanno segnato una crescita di poco più del 2% i primi e di più del 3% i secondi (a volume e a valore).

La nuova referenza è il primo episodio di co-branding tra Pedon, big player per la lavorazione, il confezionamento e la distribuzione di cereali, legumi e semi, e OrtoRomi, impresa con quasi vent’anni anni di storia nel settore ortofrutticolo della IV gamma

Il pop-up Pantone Cafè trasforma caffè e panini in colore

Brandizzare il caffè o i panini, assegnando a ciascuno un colore. E non uno qualsiasi, ma una sfumatura precisa perché preso dalla palette più famosa del mondo, il catalogo di classificazione dei colori Pantone. L’ultima frontiera della store experience lato ristorazione si trova al Pantone Cafè nel Principato di Monaco. Nel pop up, aperto fino al 9 settembre presso il centro congressi Grimaldi Forum da Monaco Restaurant Group in collaborazione con Pantone, è possibile ordinare un gelato Vanilla Ice 11-0414, un pasticcino Pistachio Green 13-0221, un sandwich Tomato Red Mozza White 18-1660 o un succo Vibrant Orange 16-1364. Perché ogni voce nel menù è legata a un colore preso dai 2058 della gamma Pantone Goe System, attraverso un collegamento psicologico o intuitivo. I clienti sono invitati ad “assaggiare il colore” combinando vista, gusto e design in una sorta di “esperienza culinaria sensoriale”.
Il sistema di colori Pantone è utilizzato anche nel layout e nei complementi, dai tovaglioli ai bicchieri alle bottiglie, mentre le macchine dell’espresso riportano i tre colori fondamentali Ciano, Magenta e Giallo, sul quale si basano praticamente tutte le stampanti a colori.
Il concept sarà riprodotto in altre location come musei o luoghi legati al mondo della moda, in giro per il mondo.

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Grosseto e Capalbio prossime tappe del tour Simply di Giorgione

Produttore di olio di alta gamma, oste, cuoco, comunicatore: “Giorgione”, al secolo Giorgio Barchiesi, continua il suo tour “La cucina Simply di Giorgione” nei punti vendita della rete Simply gestiti dalla Cooperativa Etruria, dove prepara alcune delle sue storiche ricette e dà consigli per fare la spesa.

I prossimi appuntamenti, in Maremma, sono per martedì 11 agosto nel Punto Simply di via Origlio a Capalbio Scalo alle ore 11.30 e a Grosseto, in via Scansanese, dalle ore 17.30.

GiorgioneSimply1Classe ’57, romano, veterinario mancato, Giorgio Barchiesi si è occupato di un’azienda a Spello, dove produceva olio di altissima qualità. Oggi cucina con passione nella sua locanda. Nel suo orto coltiva di tutto, alleva animali di ogni tipo e cucina. L’uomo giusto insomma per esaltare le primizie con ricette semplici, gustose, facilmente eseguibili. Nel libro “Giorgione – Orto e Cucina“ ha raccolto “ottanta ricette laide e corrotte” e mette “nero su bianco” la sua passione per la cucina “disinvolta”. Piatti semplici e saporiti che riportano con una buona dose di ironia ai sapori della campagna.

La qualità e la raffinatezza alimentare secondo Heinen’s (Cleveland)

Nasce a Cleveland nel 1929, all’inizio della grande depressione. Oggi Heinen’s conta 22 punti vendita e si espande, orgogliosa della continuità di una conduzione familiare giunta alla terza generazione.

Daniele Tirelli, presidente Popai, ne parla con dovizia di particolari nell’ultimo numero inStore, raccontando il punto vendita che ha segnato l’espansione della catena familiare fuori dai confini di Cleveland.

Aprendo a Barrington (una cittadina ormai inglobata nell’area della Grande Chicago e distante 380 miglia dai propri headquarter) la famiglia ha aperto la strada verso il ricco Illinois. L’investimento di 10 milioni di dollari servì per dare spazio alla creatività degli architetti dei Process Creative Studios.

L'area della Grande Chicago: il segnalino indica la posizione di Barrington (da Google Maps)
L’area della Grande Chicago: il segnalino indica la posizione di Barrington (da Google Maps)

I suoi designer che sono conosciuti per la cura del dettaglio e per l’uso raffinato dei materiali, rimodellarono un edificio commerciale occupato precedentemente da uno Staples, e crearono un superstore di 4000 mq circa, dall’indubbia distintività. L’estetica dei suoi interiors, la comunicazione e la segnaletica furono affidate invece allo Studio Graphique, una società specializzata nella cosiddetta “In-Store Brand Experience”, che risolse il problema della funzionalità del percorso in un layout indubbiamente originale, con l’eleganza dell’arredo. Il tutto ha dato luogo a una soluzione d’indubbio interesse nel campo degli high-end supermarket, ovvero la formula che produce gli sviluppi e le suggestioni più avvincenti delle diverse correnti del marketing-at-retail.

 

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Agli occhi di un Italiano punti di vendita come Heinen’s di Barrington sembrano appartenere ad un genere ben circoscrivibile come posizionamento: quello del superstore alimentare specialistico d’alta gamma, quindi notevolmente selettivo. In realtà, all’occhio esperto balzano agli occhi numerose, sostanziali caratteristiche, tutte frutto di dettagli e di reciproche “citazioni” tra le insegne che si contendono l’area attorno ai grandi laghi. Il punto di vendita di Barrington costituisce anch’esso un ibrido e funge da richiamo per segmenti di popolazione individuati non tanto con i vecchi criteri socio-demografici, ma piuttosto in base alla loro cultura di consumo.

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L’eredità di Expo: il cibo del futuro

Nel numero di luglio-agosto di inStore l’economista Fulvio Bersanetti di ref. Ricerche compie un ampio excursus sulle prospettive legate alla produzione di cibo e all’alimentazione del futuro. Si chiede infatti Bersanetti se “riusciremo ad assicurare cibo adeguato per tutti? Che cosa mangeremo? L’alimentazione sarà ancora un elemento di distinzione culturale o gli stili alimentari andranno progressivamente convergendo?”.

Rispondendo a quste domande, Bersanetti adotta un approccio multidisciplinare che spazia dalla demografia alla sostenibilità economica, dalla salvaguardia dell’ambiente allo sviluppo delle tecnologie di produzione, dalle abitudini di consumo alla sicurezza alimentare. “La risposta al problema non può che essere globale – scrive – e coinvolgere tutti gli attori della filiera in un disegno comune e in una assunzione di responsabilità condivisa. Nessuno escluso: produttori, industria, distribuzione e consumatori devono essere parte attiva di questo processo di cambiamento.

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