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Furti e perdite: tecnologia e AI in soccorso dei retailer

La maggior parte dei retailer (76% in Europa, 78% a livello globale) è sotto pressione per ridurre al minimo furti e perdite. Le organizzazioni stanno investendo in strumenti tecnologici per supportare sia gli operatori in prima linea sia coloro che monitorano le attività a livello operativo. Le tecnologie basate sull’intelligenza artificiale (AI) sono attualmente considerate le più utili per prevenire le perdite, seguite da telecamere, sensori e soluzioni RFID. Sono alcune delle evidenze emerse dal 17° Annual Global Shopper Study di Zebra Technologies Corporation, ricerca che mostra come non siano sono i consumatori a essere preoccupati per l’impatto di furti e crimini sull’esperienza in negozio.

Attualmente, solo il 38% dei retailer in Europa e a livello globale utilizza analisi prescrittive basate sull’AI per la prevenzione delle perdite, ma il 51% degli intervistati in Europa (50% a livello globale) dichiara di voler adottare queste tecnologie nei prossimi 1-3 anni. Più di quattro retailer su 10 affermano inoltre di prevedere l’utilizzo di telecamere e sensori per il self-checkout (51% in Europa, 45% a livello globale), computer vision (43% in Europa, 46% a livello globale) tag e lettori RFID (43% in Europa, 42% a livello globale) entro i prossimi tre anni, specificamente per la prevenzione di furti e perdite. Questo dovrebbe rassicurare i consumatori, dato che il 70% in Europa (78% a livello globale) dichiara di non apprezzare quando i prodotti sono sigillati o chiusi in teche di sicurezza. A questa frustrazione si aggiunge il fatto che, secondo il 69% dei consumatori in Europa (70% a livello globale), è difficile trovare un addetto disponibile mentre si fa shopping nei negozi al giorno d’oggi. Un consumatore su cinque (19% in Europa, 21% a livello globale) che ha lasciato un negozio senza acquistare ciò di cui aveva bisogno afferma che la causa è stata la mancanza di supporto da parte di un operatore: un dato in aumento rispetto agli ultimi due anni.

Sebbene i consumatori siano ancora generalmente soddisfatti della loro esperienza di acquisto e la spesa globale dei consumatori rimanga stabile, quest’anno il numero complessivo di clienti soddisfatti è diminuito. Nel 2023, l’85% era soddisfatto sia dell’esperienza in negozio che di quella online. Quest’anno, solo il 76% in Europa (81% a livello globale) si dichiara soddisfatto dell’esperienza in negozio e il 76% (79% a livello globale) di quella online. I consumatori si aspettano che i negozi offrano opzioni semplici per il click-and-collect e i resi, ma sia i retailer che gli operatori ammettono di incontrare difficoltà con entrambi. La maggior parte dei rivenditori dichiara inoltre che è una sfida tenere aggiornato l’inventario e i prezzi. Inoltre, con un numero crescente di consumatori che torna nei negozi fisici, le persistenti carenze di personale e l’aumento degli episodi di furto stanno avendo un impatto maggiore sulla qualità del servizio.

CLIENTI SCONTENTI: LE RAGIONI
Il 73% dei consumatori in Europa (78% a livello globale) afferma che le opzioni di self-checkout migliorano l’esperienza di acquisto; tuttavia, il 67% (68% a livello globale) sostiene che le corsie di self-checkout (SCO) offrono una esperienza non soddisfacente, e alcuni riferiscono di aver lasciato il negozio senza fare acquisti perché in quel punto vendita non erano disponibili opzioni di Self Check Out o di pagamento contactless. Il 69% dei consumatori in Europa (71% a livello globale) è preoccupato per la mancanza di supporto da parte degli assistenti alla vendita, mentre l’84% degli assistenti alla vendita in Europa (82% a livello globale) dichiara che è persino difficile per loro trovare aiuto o ricevere supporto tempestivo quando necessario. Quasi il 90% dei retailer ritiene di poter offrire una migliore esperienza al cliente quando dispone di strumenti tecnologici mobile che semplificano la comunicazione in tempo reale, aiutano a dare priorità e consentono di verificare prezzi e inventario. La maggior parte di loro concorda sul fatto che la tecnologia permette agli assistenti alla vendita di svolgere meglio il proprio lavoro e, di conseguenza, il 77% dei retailer in Europa (75% a livello globale) dichiara di pianificare un aumento degli investimenti tecnologici nel 2025.

“Molti retailer stanno gettando le basi per creare un’esperienza vincente in un ‘Modern Store’ – ha dichiarato Matt Guiste, Global Retail Technology Strategist di Zebra Technologies -. Stanno investendo in tecnologie mobile e in automazione intelligente per supportare le decisioni operative e consentire agli operatori di fare ciò che è necessario per avere consumatori soddisfatti”.

Oltre a migliorare l’esperienza cliente, lo studio svela che le principali priorità dei retailer includono l’efficienza e la produttività della forza lavoro mobile, oltre alla gestione dell’inventario. Più di un terzo di loro (44% in Europa, 39% a livello globale) ritiene che l’AI generativa (GenAI) avrà un impatto estremamente significativo sulla gestione dell’inventario e sulla previsione della domanda. Inoltre, prevedono di automatizzare la localizzazione dei prodotti e l’RFID per singolo articolo (52% in Europa, 46% a livello globale), il monitoraggio video (49% in Europa, 45% a livello globale) e gli avvisi di esaurimento scorte (42% in Europa, 45% a livello globale) per fornire agli operatori e ai consumatori una visibilità in tempo reale dell’inventario, che rappresenta uno dei principali fattori di redditività.

Sicurezza nel retail e Gdo, come contrastare la criminalità?

Ogni anno nel settore retail e Gdo si registrano danni significativi che si riflettono negativamente sull’economia globale. L’incremento di furti e criminalità organizzata impone di adottare misure specifiche per contrastare l’ORC (Organized Retail Crime), ridurre i rischi, proteggere i beni e garantire un ambiente di acquisto più sicuro per i clienti. A livello mondiale, solo nel 2023 le perdite del settore hanno raggiunto 1,77 miliardi di dollari: tali perdite possono provocare aumenti di prezzo oltre a generare un sovraccarico di impegno da parte delle forze dell’ordine sottraendo tempo alla sorveglianza della sicurezza pubblica.

Nei casi più gravi, i negozi si vedono costretti alla chiusura e gli episodi criminali concorrono a creare un ambiente di lavoro pericoloso, inducendo un elevato turnover dei dipendenti che si sentono sempre più vulnerabili oltre a creare un’esperienza di acquisto negativa perché le misure adottate per prevenire i furti, come l’utilizzo di confezioni vuote, possono condizionare l’esperienza dei clienti in negozio.

Come contrastare quindi la criminalità nel settore retail? Affrontare la criminalità richiede un lavoro di squadra e l’adozione di una strategia organica da parte di tutti i soggetti coinvolti. Secondo Genetec, società che sviluppa soluzioni per migliorare la sicurezza, l’intelligence e l’operatività delle aziende e gli enti pubblici, tra le misure che un’azienda potrebbe adottare vi sono:

Carrelli della spesa antitaccheggio
I sistemi di bloccaggio per i carrelli sono uno strumento efficace di prevenzione contro coloro che cercano di rubare una grande quantità di merce fuggendo rapidamente verso l’auto nel parcheggio.

Strumenti di dissuasione
La presenza di postazioni di sicurezza visibili e l’utilizzo di telecamere indossabili da parte del personale sono misure proattive per scoraggiare i potenziali ladri. Questi strumenti contribuiscono anche a rendere più sicuro l’ambiente di vendita.

Gestione delle casse automatiche
La predisposizione di un protocollo presso le casse automatiche è fondamentale. Monitorare da vicino i clienti e chiedere di verificare gli scontrini alle casse automatiche può creare disturbo. I dettaglianti devono adottare misure sufficienti per individuare comportamenti disonesti senza arrecare disagio ai clienti.

Tecnologia di protezione dei prodotti
Un numero sempre maggiore di retailer ha adottato etichette RFID e dispositivi antifurto per proteggere i prodotti, altri hanno optato per l’inserimento della merce all’interno di apposite vetrine ed espositori. Tuttavia, diverse soluzioni innovative, come i lucchetti controllati via app sugli espositori dei prodotti che possono essere prelevati, rappresentano un buon compromesso: migliorano la sicurezza del negozio senza sacrificare l’autonomia del cliente.

Videosorveglianza
I video sono un prezioso strumento di conoscenza, in particolare per scoprire le truffe presso le casse automatiche. I retailer possono identificare e contrastare le attività fraudolente esaminando i filmati di sorveglianza favorendo l’attività di prevenzione. L’integrazione dei dati del punto vendita con il sistema di videosorveglianza facilita la ricerca delle transazioni e la rapida convalida degli eventi sospetti. Questa integrazione consente di filtrare le transazioni in base a criteri di ricerca specifici, come gli acquisti effettuati con una carta regalo, gli acquisti superiori a un determinato importo, i rimborsi e altro ancora, e convalidarle visivamente in pochi secondi.

Incoraggiare la collaborazione tra gli addetti del settore retail, forze dell’ordine e tutte le parti interessate è fondamentale per condividere risorse e informazioni. Ad esempio, un sistema di gestione delle prove digitali (DEMS) può aiutare i retailer a raccogliere le prove e condividere i file con le forze dell’ordine grazie a un semplice clic. Le aziende possono anche avvalersi di servizi di consulenza sui rischi per sviluppare strategie di mitigazione efficaci, che comprendono la valutazione delle vulnerabilità, l’implementazione di soluzioni avanzate di sorveglianza e di etichettatura RFID e il rafforzamento della sicurezza sull’intera supply chain. Ulteriori misure di tutela contro i furti sono: l’utilizzo di servizi di protezione, verifiche periodiche, promozione della formazione dei dipendenti e una legislazione più severa contro gli ORC.

Furti e frodi: retail e Gdo ci rimettono 6,7 miliardi all’anno

Secondo il recente studio “La Sicurezza nel Retail in Italia 2023” realizzato da Crime&Tech, nel 2022 le perdite nel settore retail e Gdo hanno raggiunto circa 4,6 miliardi di euro derivate in primis da furti e frodi ma anche da errori amministrativi, scarti, rotture e altre inefficienze operative. A questo valore va aggiunta la spesa che le aziende sostengono in misure di sicurezza o contrasto alle perdite, raggiungendo così un costo economico totale stimato pari a 6,7 miliardi di euro, l’equivalente di 114 euro per ogni cittadino italiano.

Tra i settori considerati dalla ricerca, fai da te (2,00%) e supermercati, ipermercati e discount (1,98%) sono quelli che registrano i valori più alti di differenze inventariali. Tuttavia, i valori rilevati devono essere considerati con cautela in quanto le aziende adottano diversi metodi per classificare e quantificare le perdite. Le aziende identificano la localizzazione del punto vendita come l’elemento in grado di influire in maniera più decisa sul valore delle differenze inventariali. A seguire ci sono altri elementi strutturali del punto vendita come la dimensione, il design, il numero di dipendenti, le misure di sicurezza adottate e l’estensione dell’assortimento.

Le cause principali delle perdite
In media, il 48% delle differenze inventariali sono di natura sconosciuta, cioè non è stato possibile attribuire delle cause certe a queste perdite. Concentrandosi sulle differenze con origine conosciuta, la causa più frequente è rappresentata dai furti esterni, seguiti da furti interni, scarti e rotture, errori amministrativi e contabili e frodi commesse da fornitori. Tra i furti esterni prevale il taccheggio, seguito dal furto con scasso e dal furto di necessità. Rapine e frodi sono invece le modalità indicate come meno frequenti. Rispetto al 2021, l’82% delle aziende intervistate ha registrato un aumento dei casi di taccheggio nei propri punti vendita. L’incremento è stato rilevato da aziende di tutti i settori. Secondo il 53% dei rispondenti, sono aumentati rispetto al 2021 anche i furti di necessità, che avevano già registrato un aumento dal 2019 al 2020. Il valore medio della merce rubata o recuperata nei singoli episodi di taccheggio è pari a 40 euro; questo valore varia però significativamente in base ai settori merceologici considerati. I modi operandi più utilizzati dai taccheggiatori sono la tecnica del grab and run e la rimozione delle etichette antitaccheggio. Lombardia e Lazio sono le regioni dove il valore totale della merce rubata è più alto, ma a livello di singolo episodio i valori medi più alti sono stati registrati in Trentino-Alto Adige, Calabria e Abruzzo.

Per quanto riguarda le frodi esterne, i rispondenti indicano il wardrobing, lo scambio di etichette dei prodotti e i mancati pagamenti al self-checkout o self-scan come le modalità più comuni. La diffusione di sistemi alternativi di checkout è una tendenza consolidata all’interno del settore retail e Gdo. L’adozione di questi sistemi però, oltre a presentare dei vantaggi, espone le aziende al rischio di furti o errori in buona fede. Furti e frodi interne sono la seconda causa di natura criminale delle differenze inventariali. Le modalità maggiormente rilevate sono il furto della merce a opera di dipendenti, seguita dall’annullamento totale o parziale degli scontrini, il furto di denaro dalla cassa e il reso di merce fraudolento. I cassieri risultano essere i dipendenti più frequentemente coinvolti. Relativamente ai furti e frodi da fornitori, la maggior parte dei rispondenti affermano di aver subito furti o frodi da parte di fornitori di servizi logistici (83%), come corrieri e trasportatori, e due terzi degli intervistati ha registrato furti o frodi da parte di fornitori di altri servizi (66%), quali ad esempio società di sicurezza, pulizia e vigilanza.

I prodotti più rubati
I prodotti più rubati con più alto valore economico per settore merceologico sono i capispalla e maglieria (abbigliamento), gli alcolici e tonno e carne in scatola (supermercati, ipermercati e discount), le calzature e occhiali (calzature e accessori), smartphone, tablet e accessori di telefonia mobile (elettronica di consumo) e gli accessori per le smart-home e utensili elettrici (fai da te). I prodotti più rubati per numero di pezzi per settore merceologico sono: i cosmetici e la maglieria (abbigliamento), gli alcolici e i salumi e formaggi (supermercati, ipermercati e discount), le calzature e gli occhiali (calzature e accessori), gli accessori per la telefonia mobile e le pile (elettronica di consumo) e le spine e prese elettriche e la colla (fai da te).

Le misure di sicurezza
Le misure di sicurezza a protezione del punto vendita più adottate dalle aziende sono la videosorveglianza (94%) e le barriere antitaccheggio (86%), così come la formazione del personale (94%). Per la protezione dei singoli prodotti le aziende utilizzano maggiormente placche/etichette antitaccheggio (83%) e scaffali chiusi o vetrine (63%). Un terzo delle aziende (34%) utilizza dei software per l’analisi avanzata delle transazioni di cassa, mentre un’altra metà (49%) delle aziende utilizza degli applicativi per avere una reportistica sistematica su questi stessi dati. Meno frequente è invece l’utilizzo di software per la raccolta, elaborazione e analisi dati relativi agli eventi criminali all’interno dei punti vendita. La propensione a denunciare alle Forze dell’Ordine un reato identificato da parte delle aziende può variare in maniera rilevante a seconda del tipo di evento. Le rapine e i furti con scasso sono i reati più denunciati, mentre il taccheggio e le frodi sono i meno denunciati. La scelta di non denunciare episodi di taccheggio è in larga parte dovuta allo scarso valore del furto e, in subordine, al recupero della merce o del denaro. Per frodi esterne o frodi da parte di fornitori a pesare in maniera significativa è la scarsità di prove.

Il settore retail e Gdo in Italia affronta dunque sfide complesse legate alla sicurezza e alle perdite. Questo richiede un approccio sistemico, collaborazione interna ed esterna, integrazione tecnologica e formazione del personale. La ricerca e valutazione di strategie innovative è essenziale in un contesto in continua evoluzione.

I furti estivi continuano a minacciare retail e Gdo

Durante la stagione estiva, retail e Gdo in Italia si trovano di fronte a una minaccia rovente: i furti. Secondo il recente studio “La Sicurezza nel Retail in Italia 2021” condotto da Crime&tech in collaborazione con Checkpoint Systems Italia e il Laboratorio per la Sicurezza, le aziende del settore hanno subito ingenti furti nel 2020, ammontanti a 3,48 miliardi di euro, corrispondenti all’1,41% del loro fatturato.

I furti esterni risultano essere la causa più frequente di queste perdite, con il taccheggio in prima linea, seguito dal furto di necessità e dal furto con scasso. I ladri agiscono con destrezza, portando via una media di 48 euro di merce per colpo, anche se il valore varia significativamente a seconda del settore merceologico preso in considerazione. Ma attenzione, i furti sono organizzati in modo più sistematico di quanto si possa immaginare. Il 60% dei furti è attribuibile all’Organised Retail Crime, un’attività criminale pianificata e ripetitiva messa in atto da gruppi di criminali con l’obiettivo principale di rivendere illegalmente la merce sottratta. Non sorprende quindi che i prodotti più ambiti in termini di valore economico siano i capispalla nell’abbigliamento, gli alcolici nei supermercati e ipermercati, le calzature nei negozi specializzati, gli smartphone nella tecnologia di consumo e gli utensili elettrici per il fai da te.

Ciò che preoccupa è l’effetto combinato dell’inflazione e dell’aumento del costo della vita, che ha spinto gli italiani a modificare le proprie abitudini di shopping. Il risultato è un carrello della spesa più leggero in termini di peso, ma più “pesante” in termini di valore monetario. Questo cambiamento di comportamento è emerso anche dall’Osservatorio Immagino di GS1 Italy, che ha analizzato le vendite di oltre 133.000 prodotti di largo consumo, rivelando variazioni nei diversi settori merceologici e nelle diverse fasce di spesa dei consumatori. L’estate si fa calda, ma non solo a causa del sole cocente. Durante questo periodo, i furti di necessità potrebbero aumentare a causa dell’inflazione, mentre l’Organized Retail Crime potrebbe sfruttare questa crisi per danneggiare ulteriormente la grande distribuzione. È fondamentale rimanere vigili e adottare strategie di prevenzione delle perdite per proteggere i prodotti.

Furti nel Fai Da Te: elettroutensili, viti e cacciaviti i più rubati

Man shopping for perforator in hardware store close-up

Il Fai-Da-Te sta vivendo in Italia un momento di grande successo: il 2018, infatti, si è chiuso con 105 miliardi di euro di vendite, con un incremento dello 0,9% nella crescita rispetto all’anno precedente e in particolare il settore del bricolage ha registrato una crescita dello 0,5%. Tuttavia il settore non è esente da criticità, prima fra tutte lo shrinkage. Infatti secondo il report “Retail Security in Europe. Going beyond Shrinkage” realizzato da Crime&Tech, spin off dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, con il supporto di Checkpoint Systems, tra il 2015 e il 2017 la media delle differenze inventariali in Europa per il Fai-Da-Te ha raggiunto l’1.0% dell’intero fatturato, con un costo economico totale pari a 2.990.816.000 euro.

Anche per l’Italia sono state evidenziate delle cifre altrettanto considerevoli: il valore delle differenze inventariali nel DIY è 198 milioni di euro l’anno e la spesa in misure di sicurezza equivale a 209 milioni di euro. Sommando questi dati a quelli corrispondenti degli altri settori commerciali, si ottiene poi un valore di shrinkage pari a 3,3 miliardi di euro annui contro gli 1,5 miliardi di euro all’anno che i retailer spendono in media in misure di sicurezza. Il costo totale attribuibile alle perdite nell’intero settore retail in Italia può quindi essere stimato sui 4,8 miliardi di euro all’anno, un valore che corrisponde all’incirca a 80 euro pro capite annui.

Lo studio rivela inoltre quali sono i prodotti più rubati per numero nel Fai- Da-Te: l’elettroutensileria, gli accessori di telefonia seguiti dagli strumenti di idraulica, colla e nastro adesivo e i cacciaviti. Secondo invece una classificazione per valore degli articoli, si mantengono in cima alla lista gli elettroutensili, seguiti da cacciaviti e viti, accessori per la casa e per la telefonia.         

Sistemi di protezione

Al momento in Italia praticamente tutti i retailer del DIY adottano sistemi a radiofrequenza: dunque un ulteriore passo avanti nel contrasto efficace delle differenze inventariali potrebbe consistere nel creare occasioni di confronto tra tutti i player del Fai-Da-Te. Momenti di networking e condivisione sarebbero infatti di grande aiuto sia per i consorzi della distribuzione specializzata sia per i grandi gruppi del settore, attraverso i quali potrebbero sviluppare strategie comuni e attività congiunte a partire dall’individuazione delle merceologie che sono sottoposte maggiormente al fenomeno del taccheggio. Lavorare in gruppo con un comune obiettivo non può che portare benefici all’intero settore.

Differenze inventariali, emorragia da 2,3 mld di euro, Gdo e abbigliamento perdono di più

Un’emorragia stimabile intorno a 2,3 miliardi di euro e pari all’1,1% del fatturato delle aziende nel settore retail in Italia: è il costo delle differenze inventariali nel 2016 in Italia stimate da uno studio realizzato da Crime&tech, spin-off company del centro Transcrime di Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, in collaborazione con il Laboratorio per la Sicurezza e il supporto di Checkpoint Systems. Un costo che sale complessivamente a 3,5 miliardi di euro, 56 euro ad abitante, se si conta anche la spesa in sistemi di sicurezza (pari in media allo 0,5% del fatturato): come se fosse la quinta azienda retail in Italia per fatturato.

Ne emerge un quadro a luci e ombre con differenze anche notevoli tra i settori: con un valore superiore alla media per Fast fashion, Gdo, Calzature e accessori e inferiore per Intimo, Fai da te, Articoli sportivi. Secondo la maggior parte dei rispondenti poi le differenze inventariali sono in diminuzione, ma in alcuni comparti (come Lusso, Calzature, Beauty&Cosmetics) appaiono in aumento.

Le differenze sono anche geografiche: le regioni con il valore più elevato di differenze inventariali sono Campania (1,4%), Puglia (1,4%) ed Emilia Romagna (1,3%). Particolarmente colpite la bassa padana tra Alessandria e Bologna, le province di Bari e Brindisi e l’area compresa tra Napoli e Cosenza. Si tratta in genere di zone interregionali e attraversate da importanti vie stradali. In media, gli ammanchi sono più alti nei negozi situati in aree più periferiche, in comuni più piccoli, meno densamente popolati, con PIL pro-capite inferiore e tassi più alti di giovani e disoccupati.
Le differenze inventariali sono maggiori nei punti vendita dei centri commerciali rispetto ai negozi in città. La ragione può essere legata alle maggiori difficoltà di monitoraggio, al più basso conversion rate clienti-visitatori e alla minore customer care.

La causa più frequente delle perdite sono i furti compiuti da soggetti esterni, seguiti da quelli ad opera di dipendenti infedeli (i.e. furti interni) e quindi di fornitori e trasportatori. La causa meno frequente sono gli errori amministrativi e contabili. Tra i soggetti esterni, sono in aumento i furti organizzati sia ad opera di micro-bande di 2-3 persone che quelli compiuti da veri e propri gruppi criminali (soprattutto sotto forma di intrusioni notturne). L’uso di borse schermate (con fogli di alluminio o simili, per evitare i sensori anti-taccheggio) appare il modus operandi più frequente.

Le fasce d’età più ricorrenti dei “ladri di negozi” sono 18-25 e 26-40 tra gli uomini (soprattutto nel Fai da te, Stazioni di Servizio e nel Lusso) e le donne tra 26 e 40 anni (soprattutto nel Beauty & Cosmetics, nelle Calzature e nell’Abbigliamento). In termini di nazionalità, prevalgono i soggetti dell’Est Europa. .Si può ipotizzare che in aree con maggiori difficoltà socio-economiche, e un maggior tasso di popolazione giovanile, ci sia una maggiore propensione a commettere furti per necessità, furti occasionali, o ad entrare a far parte di una banda organizzata. Ma non esiste alcuna correlazione tra il numero di stranieri residenti e il numero di furti.

I prodotti più rubati variano ovviamente a seconda del settore merceologico. In generale però si può dire che risultano più appetibili quelli con un alto valore economico per centimetro cubo, più facilmente occultabili e con una maggiore rivendibilità sul mercato. Nella Gdo le prime cinque categorie più rubate sono carne salumi e formaggi, alcolici, dolciumi, profumeria e abbigliamento.

Top 5 categorie di prodotto per numero di pezzi rubati. Anno 2016 (N=17).

Centri commerciali più colpiti. Gli ammanchi sono maggiori nei negozi situati all’interno dei centri commerciali (1,16%) rispetto a quelli localizzati in città (1,06%), anche se gl autori sottolineano che sarebbe necessario un campione più ampio per confermare questo pattern da un punto di vista statistico. Hanno però fatto una classifica dei centri coinvolti.

Lo studio dati raccolti secondo due metodi: informazioni quantitative e qualitative raccolte tramite questionario (copertura: 30 aziende, 8.140 PV stimati, 11,5% del fatturato del retail in Italia). E dati quantitativi e informazioni per punto vendita, condivisi direttamente dalle aziende (copertura: 12 aziende, 1.088 PV, 2,9% del fatturato del retail in Italia).

iS AutoPeg di Checkpoint Systems soluzione antifurto adottata da 3mila pdv

Piccola, facilmente rimovibile alle casse, consente di leggere e maneggiare la confezione agevolmente ed è ideale per quei prodotti a libero servizio come le lamette da barba che però sono tipicamente oggetto di furto: è l’etichetta iS AutoPeg di Checkpoint Systems, adottata in più di 3.000 punti vendita per proteggere le lamette Gillette di Procter & Gamble.

Progettata per tutti quei prodotti ad alto rischio di furto che sono esposti al libero servizio a broche, si applica velocemente e in modo sicuro sia alle confezioni con singolo che con doppio foro,.

Un modo per rendere prodotti di largo consumo facilmente accessibili per i clienti che non troveranno scaffali vuoti o non dovranno chiedere il prodotto al personale. L’etichetta occupa poco spazio, è facile verificare la sua corretta applicazione, permette al cliente di toccare e leggere le informazioni sul prodotto ed offre uno sguardo di insieme dell’esposizione migliore per la categoria di prodotto. 

«Abbiamo lavorato insieme ai retailer e a Checkpoint per sviluppare l’etichetta iS AutoPeg, che può essere personalizzata per essere applicate alle lamette da barba cosicché siano liberamente disponibili al cliente con una libera esposizione. L’elevata efficacia dell’etichetta iS AutoPeg, nel rendere disponibile il prodotto, è stata provata e prevediamo di ampliare l’utilizzo della stessa da 7.000 a 10.000 punti vendita a partire da giugno 2016» ha commentato Shawn Evans, Shave On Shelf Availability Leader, North America, per Procter & Gamble.

 

Per il Barometro mondiale dei furti nel retail, in Italia le differenze inventariali costano 5,37 miliardi di euro

Secondo i dati dell’ultima edizione del Barometro Mondiale dei Furti nel Retail giunto alla 14esima edizione, realizzato da The Smart Cube (TSC), in collaborazione con Ernie Deyle e finanziato da un fondo indipendente di Checkpoint Systems, il costo delle differenze inventariali nel Retail ha raggiunto 93 miliardi di euro a livello globale, vale a dire l’1,23% delle vendite totali che assommano a 750,68 miliardi di euro. Sulla base delle risposte ottenute dagli intervistati comuni, che hanno partecipato ad entrambi i sondaggi del 2013-2014 e 2014–2015, le differenze inventariali globali sono cresciute da 0,94% nel 2013–2014 a 1,42% nel 2014–2015.

Tra le ragioni principali dell’aumento delle differenze inventariali, tra cui la difficile condizione economica, l’elevato tasso di disoccupazione e la scarsa fiducia da parte dei consumatori, insieme all’aumento dei furti interni e/o degli errori nei processi, oltre alle tattiche, in costante proliferazione, messe in atto per compiere i furti esterni.

Le cose vanno un poco meglio in Italia, dove le differenze inventariali nei punti vendita sono state pari all’1,01% del fatturato, pari a circa 2,95 miliardi di euro, in live diminuzione rispetto all’anno precedente. La spesa in investimenti dei retailer per la prevenzione delle perdite sono di poco superiori – l’1,07% del fatturato – e si concentrano sugli strumenti tecnologici, ed una formazione efficace dei dipendenti allo scopo di mantenerli motivati per ridurre i furti.

Schermata 2015-11-05 alle 23.24.45Tra perdite per differenze inventariali e investimenti per combatterli il costo complessivo per il retail italiano è stato, secondo il Barometro, di 5,37 miliardi di euro, cioè 208 euro a famiglia.

IL BAROMETRO MONDIALE DEI FURTI NEL RETAIL 2014-2015

Tra le cause, al primo posto vi è il taccheggio (45%, in diminuzione rispetto all’anno scorso), seguito dai furti dei dipendenti (23%). Particolarmente significativa la quota del 19% delle perdite dovute a errori amministrativi (a livello globale sono il 16%, ma nel Regno Unito sono la causa principale): in assoluto significano quasi 600 milioni di euro che potrebbero essere agevolmente recuperati con lo scambio elettronico dei dati. A seguire le frodi dei fornitori con il 13%.

Soluzioni di prevenzione delle perdite – ItaliaSebbene gli investimenti maggiori si concentrino sui sistemi di sorveglianza elettronica degli articoli e sul personale di sicurezza, si sta investendo sempre più in business intelligence per ottenere maggiori informazioni sui prodotti oggetto di furti e sono in crescita, in particolare nella gdo alimentare gli investimenti per la protezione alla fonte che non si sovrappongono con le diciture di legge in etichetta, segnatamente gli ingredienti e la data di scadenza.

È quanto sta facendo MD, insegna di Lillo Group, che riprendendo un progetto avviato nel 2012, quest’anno ha protetto alla fonte 208 referenze, con l’obiettivo di arrivare a 240-250 nei prossimi mesi, pari al 10% delle referenze totali. Per l’insegna il 40% delle differenze inventariali si riferisce a 500 articoli. Per questo l’intervento di protezione alla fonte studiato con Checkpoint Systems non mira a proteggere il singolo articolo, ma l’assortimento nel suo insieme. L’intervento di protezione alla fonte effettuato dal produttore non comprime i margini del prodotto perché è il retailer stesso che si fa carico di sopportarne il costo (che è allocato al budget della sicurezza e non a quello dei buyer). Il risultato fino a oggi è confortante: le differenze inventariali sono state ridotte del 47%.

 

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