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Virtuplex, grande laboratorio virtuale, apre le porte a Praga

Virtuplex nasce per dare corpo alle idee: all’apparenza sembra una struttura molto simile alle altre presenti all’interno del principale parco logistico ceco di P3 Logistic Parks. Ma di fatto i suoi 600 m2 di classe A, offrono una coinvolgente esperienza di realtà virtuale 1:1. Qui infatti le aziende possono progettare intere corsie di negozi, esaminare i modelli dei flussi nei punti vendita e il loro merchandising o consentire a un massimo di 5 partecipanti di camminare virtualmente attorno a un modello 3D.

Realizzare il laboratorio di realtà virtuale per Etnetera Group non è stato semplice. “Avevamo bisogno di un grande spazio vuoto, privo di polvere e di colonne, ma allo stesso tempo dotato di parcheggio, riscaldamento, collegamento Internet, sala riunioni e locali per il reparto IT e per l’amministrazione. Alla fine ci siamo messi in contatto con P3, abbiamo proposto la nostra idea e abbiamo raggiunto un accordo per stabilirci in uno dei loro magazzini di classe A”, spiega Martin Petrovický, uno dei comproprietari di Virtuplex.

“Abbiamo clienti che operano nell’ambito logistico, nel retail e nell’industria automobilistica. Lavoriamo anche con aziende manifatturiere, ma, per quanto ne so, Virtuplex è il primo cliente che opera nel mondo della realtà virtuale a occupare una struttura di classe A. È una prima volta da molti punti di vista, non ultimo perché abbiamo un cliente felice di avere un capannone praticamente vuoto!” Sono le parole di Ian Worboys, CEO di P3 Logistic Parks, che vede un valore aggiunto nella realtà virtuale per i clienti che operano in settori come l’e-commerce e l’industria automobilistica.

“È incredibile dove ci sta portando la realtà virtuale. Un edificio dedicato all’e-commerce è una macchina complicata e altamente sofisticata. L’eliminazione dei rischi da un’operazione che comporta ingenti investimenti è un grande vantaggio. Credo, inoltre, che ci siano svariate applicazioni per il settore immobiliare, come ad esempio l’home staging virtuale, la manutenzione da remoto, ma anche avanzate possibilità di gestione del magazzino”.

“La realtà virtuale offre opportunità straordinarie”, sostiene Tomáš Míček, Managing Director di P3 Repubblica Ceca. “È stata un’esperienza fantastica”, ha detto dopo aver visitato la struttura. “Vedo diversi modi in cui P3 può utilizzare questa tecnologia. Per scopi di marketing, possiamo proporre delle sale ai nostri clienti, invece di fare affidamento su immagini o rappresentazioni 2D. Possiamo mostrare ai nostri clienti di cosa siamo capaci, per esempio offrendo spazi a start-up tecnologiche all’interno dei nostri parchi. Le applicazioni sono molto interessanti anche per i clienti stessi, che possono modellare il loro business in questo modo. Abbiamo clienti che producono attrezzature per catene di fast food, linee di packaging o tubature”.

 

 

 

 

Settore immmobiliare, nel mondo investimenti per 1800 miliardi di dollari (+18%)

Si continua a investire nell’immobiliare, con una crescita a due cifre: 18 punti percentuali, per la precisione, che hanno permesso di toccare il nuovo record di 1.800 miliardi di dollari nei 12 mesi precedenti giugno 2018. Lo ha stabilito “Winning in Growth Cities”, il rapporto annuale pubblicato da Cushman & Wakefield che analizza l’attività di investimento nel settore degli immobili commerciali e classifica le città in base alla loro capacità di attrarre capitali.

 

Londra supersexy per gli investitori, New York esce dalla Top 5, Milano prima in Italia

Se New York si conferma la città con il mercato immobiliare più importante al mondo, seguita da Los Angeles e Londra, una Parigi in forte ascesa al quarto posto e Hong Kong, tra gli investitori internazionali è Londra la città più attraente, mentre New York scivola dal secondo al sesto posto della classifica, risentendo dei prezzi elevati, del dollaro forte e di una domanda locale molto competitiva e dinamica.

Tra le top 10 per investimenti globali figurano sei città degli Stati Uniti, due città europee e due asiatiche. Nonostante l’incertezza politica sull’esito della Brexit, Londra si è confermata il mercato più importante in Europa, grazie in particolare ad alcune transazioni che hanno riguardato spazi direzionali di alto profilo. Per la nona volta in 10 anni, la capitale britannica si conferma la città con più appeal per gli investimenti internazionali nel mercato immobiliare. Gli investitori asiatici, con un aumento dei volumi delle transazioni a Londra del 47% su base annua, hanno raggiunto quota 10,9 miliardi di dollari, rappresentando la fonte più importante di investimenti cross-border nella città britannica, con investimenti quasi esclusivamente concentrati negli spazi direzionali: il settore attrae infatti una quota di mercato del 94% dei flussi di investimenti della regione APAC diretti verso Londra.

Il mercato asiatico più forte è Hong Kong, in crescita del 68% rispetto al 2017, che scala tre posizioni diventando la prima città della regione a entrare nella top 5 mondiale da tre anni a questa parte. L’attività di investimento nelle città asiatiche rimane in gran parte prerogativa di capitali domestici, nonostante la quota di mercato degli investitori regionali sia aumentata rispetto all’anno precedente.

L’Europa ha ben quattro città su cinque nella top 5 delle città con maggiore appeal per i capitali internazionali, con Parigi e Amsterdam che si confermano al terzo e quarto posto per il secondo anno consecutivo, mentre Madrid entra per la prima volta nella top 5 dal 2009. L’unica città tedesca nella top 10 è Berlino, in controtendenza rispetto al 2017, quando la Germania, con tre città in classifica, aveva ottenuto il migliore risultato di sempre. Le città tedesche, comunque, continuano a registrare una domanda molto vivace, che conferma il loro buon posizionamento nella top 25 delle città con maggiore appeal per gli investitori cross-border.

Milano, il principale mercato di investimenti immobiliari in Italia, pur non rientrando nelle top location per volumi a livello gobale, si conferma tra i target degli investitori per il 2018/2019 sia per uffici, retail e logistica, settori tradizionali, sia per settori “alternativi” con particolare attenzione al settore alberghiero e al segmento dello “student housing”. Tutte le categorie di investitori guardano con interesse all’Italia con strategie e target diversi, e Milano rappresenta sicuramente la città “gateway” di questo mercato.

 

Buone prospettive se…

Dando uno sguardo globale, l’incremento degli investimenti dunque va attribuito principalmente all’Asia, sia come provenienza dei capitali sia come destinazione degli investimenti. In questo continente gli investimenti hanno rappresentano il 52% del totale e il 45% di quelli cross-border è da attribuire agli acquirenti asiatici.

“Non si registrano flessioni nei capitali destinati al mercato immobiliare in tutte le aree geografiche e per tutti i profili di rischio. Stiamo invece assistendo a un incremento dell’attività nel settore immobiliare da parte di numerosi investitori, che stanno perfezionando le proprie strategie di investimento per consentire una maggior flessibilità rispetto alla diversificazione dell’offerta e dei margini di rischio – ha detto Carlo Barel di Sant’Albano, responsabile Global Capital Markets di Cushman & Wakefield – . Questi sono i fattori chiave da cui dipenderà la potenziale crescita dei volumi anche nel prossimo anno; se il contesto resterà invariato, il prossimo anno potrebbe registrarsi una crescita del 2% rispetto ai livelli attuali. Sarà determinante in tal senso l’attività da parte di capitali globali, anche se gli investitori dovranno monitorare con attenzione i cambiamenti strutturali nel mercato occupazionale, per individuare in anticipo opportunità e sfide.”

David Hutchings, responsabile Investment Strategy, EMEA Capital Markets di Cushman & Wakefield, autore del rapporto, ha commentato: “Ci sono chiari e, a detta di molti, crescenti rischi nel contesto macroeconomico. Tuttavia, pochi sono i segnali che indicano la fine dell’attuale ciclo di mercato o che si stia profilando all’orizzonte una recessione. L’inflazione si sta rivelando una minaccia meno grave di quanto si temesse e la crescita economica rimane costante. Tuttavia, basteranno segnali d’allarme sul fronte dei prezzi per confermare la politica di stretta monetaria delle banche centrali nella maggior parte dei settori, confermando di conseguenza il lento ma continuo aumento nei tassi di interesse e la riduzione della liquidità generata dal Quantitative Easing. Ciò che potrebbe cambiare il prossimo anno è il potenziale aumento dell’offerta: alcuni investitori infatti cambieranno strategia e proveranno a monetizzare, altri sentiranno gli effetti dell’aumento del costo del denaro e avranno necessità di raccogliere capitali, mentre sempre più investitori cercheranno partner per progetti di investimento e sviluppo.”

 

Food Court 4.0 nel Centro Commerciale Campo di Fiori di Gavirate

Food Court vista lago con una mission duplice: aumentare il tempo di permanenza medio presso la struttura e attrarre nuovi potenziali clienti alla ricerca di una location suggestiva per pranzare o cenare.

Questi gli obiettivi precipui della ristrutturazione del quinto piano del Centro commerciale Campo dei Fiori a Gavirate (Va) curata dallo studio HIT arcHITects.

La cifra stilistica

Lo spazio di 900 mq con trecento sedute accoglie la clientela senza trasmettere la marcata connotazione di tradizionale “area ristorazione”. Le aree comuni della food court sono infatti state “spogliate” degli elementi tipici (rivestimenti in piastrelle, comunicazione e menù, tavolate e vassoi)  e persino i cestini dei rifiuti sono mascherati e mimetizzati. Tutto è rigorosamente Made in Italy.

HIT arcHITects ha curato la riqualificazione giocando su continui cambi di prospettiva per scoprire la privilegiata vista sul lago. Per ottenere questo effetto lo studio ha implementato la nuova balconata panoramica che affaccia sulla hall del nuovo Multisala Electric, rendendola completamente in vetro e ha studiato l’area esterna per le stagioni estive. Diverse configurazioni di sedute e tavoli offrono la soluzione per ogni occasione e tempistica sia per il cliente solo e frettoloso, sia per gruppi di amici riuniti per la serata. L’utilizzo delle pedane rialzate è stato studiato per favorire punti di vista differenti, sia verso l’esterno sia verso l’interno.

La proposta gastronomica

La nuova court è animata dal ristorante-pizzeria Rossopomodoro, da ’A Puteca, il locale sempre a marchio Rossopomodoro dedicato al cibo da strada partenopeo, da Myke Fish & Burger, il brand milanese che ha fatto dello street-food cucinato in maniera sana la sua filosofia, e da La Piadineria, il marchio della piadina romagnola doc. L’elemento sfidante di questo tipo di progettazione è stato la capacità nell’individuare un equilibrio tra gli elementi di continuità dei diversi ristoranti e la personalizzazione degli spazi, ognuno secondo la propria immagine. HIT arcHITects ha individuato la soluzione per fondere le aree ristorazione in una iconica boiserie di quercia sormontata da un piano in corian color bianco artico che unisce e raccorda tutto lo spazio. Allo stesso tempo però ogni area mantiene la propria immagine e i propri elementi caratteristici: le singolarità di ognuna permettono ai clienti di orientarsi sentendosi dentro a un unico luogo omogeneo e curato e non come in una classica food court.

La scelta cromatica

Oltre alla boiserie di quercia, la progettazione si è focalizzata sull’uso dei colori e di scelte illuminotecniche. La cura nella selezione dei colori ha permesso di generare sfumature diverse nei toni del rosso, giallo e verde petrolio in ogni singolo punto ristoro. Le due aree comuni principali, rialzate e distinte rispetto al flusso di transito centrale, fungono da piazzette interne ricche di tavoli in marmo, sedute in ferro lavorato, panche in maiolica, grandi isole verdi e pareti di muschio che creano un’atmosfera accogliente che invita alla sosta, quasi come in un verdeggiante parco vista lago.

Sostenibilità ambientale

La food court si aggiunge ai punti vendita di un centro commerciale inaugurato nel 2001 e che fin dal principio si è distinto per soluzioni innovative e all’avanguardia. E’ infatti parzialmente alimentato da un impianto fotovoltaico automatizzato, un raffrescamento geotermico ed è uno dei pochi a disporre di un impianto di fluido refrigerato condiviso. La corte interna, inoltre, utilizza l’effetto camino unito al riscaldamento passivo della serra vetrata per controllare la temperatura nelle mezze stagioni. La food court si avvale di queste tecnologie che hanno permesso di contenere gli spazi dedicati agli impianti tecnici massimizzando gli ambienti aperti al pubblico, e di ottimizzare la disposizione delle cucine e degli spazi di sevizio. Le vetrate esposte a sud, realizzate con serramenti utilizzati in edilizia per le facciate continue dei grattacieli, sono state trattate con pellicole anti UV che hanno permesso di controllare l’apporto estivo del sole e quindi l’energia necessaria al raffrescamento.

 

 

Con l’eCommerce consegne a +69% nel 2021, richiesti più spazi per la logistica urbana

Aumenta l’eCommerce esponenzialmente (si prevede un incremento del 69% del volume di consegne entro il 2021) e cresce il bisogno di consegne nell’ultimo miglio, di conseguenza si registrerà nelle principali città europee un forte incremento della richiesta di spazi per la logistica urbana. Lo riporta una recente ricerca di Cushman & Wakefield, che nel report Urban Logistics utilizza il “Modello di Spazio Urbano” sviluppato in collaborazione con P3 Logistic Parks per quantificare la richiesta totale di spazi urbani per la logistica nei più importanti mercati europei dell’eCommerce, in base ai volumi attuali e futuri delle vendite online.

 

Londra la più richiesta, a Madrid e Barcellona il maggior incremento

In termini di popolazione e potere di acquisto, è senz’altro Londra il più importante e maturo mercato dell’eCommerce in Europa, con una richiesta attuale di spazi urbani per la logistica di 870.000 metri quadri. Si prevede che nel 2021 la richiesta supererà gli 1,2 milioni di metri quadri (+42%). 

RICHIESTA DI SPAZI URBANI PER LA LOGISTICA IN ALCUNI MERCATI EUROPEI
Fonte: P3 Logistic Parks e Cushman & Wakefield.

 

Segue la Germania, secondo mercato chiave dell’eCommerce in Europa, sia per il numero di grandi città sia per il vantaggio acquisito dallo shopping online rispetto al resto del continente. Si prevede che la richiesta di spazi nei mercati tedeschi aumenterà del 77%, ciò nonostante i 370.000 metri quadri di spazi richiesti a Berlino, il mercato più importante tedesco, saranno meno di un terzo di quelli richiesti a Londra.

I mercati europei dell’eCommerce meno maturi beneficeranno dalla forte crescita delle vendite online che faranno aumentare i livelli della domanda entro il 2021. Il più elevato incremento della domanda in termini percentuali è previsto in Spagna, con Madrid e Barcellona che registreranno un incremento del 102% toccando rispettivamente i 360.000 e 167.000 metri quadri. La richiesta di spazi urbani per la logistica a Varsavia, un mercato relativamente piccolo che ha superato le previsioni di crescita dei volumi dell’eCommerce negli ultimi due anni, dovrebbe aumentare del 90% passando dagli attuali 43.000 metri quadri agli 82.000 previsti entro il 2021.

Per Milano, unica città italiana presa in considerazione dalla ricerca, è prevista una crescita del 75,5% nella richiesta di spazi urbani per la logistica, passando dagli attuali 73.000 ai 130.000 metri quadri circa stimati nel 2021.

Il report mostra anche che il costo delle consegne urbane è elevato e rappresenta fino al 50% del costo della supply chain in Europa per un totale di 70 miliardi di euro e con una previsione di crescita del 7-10% nei prossimi cinque anni. Le soluzioni immobiliari sono attualmente offerte nelle zone periferiche e non all’interno delle città, sia per il valore più elevato delle possibili destinazioni alternative, sia per l’opposizione esercitata dagli stakeholder cittadini nei confronti della logistica.

«Considerando che vengono fatti sempre più acquisti online, è fondamentale che le nostre grandi città abbiamo la capacità di gestire l’aumento del volume delle consegne in tutta Europa – dice Lisa Graham, Head of Logistics Research & Insight di Cushman & Wakefield EMEA -. Secondo il nostro Modello di Spazio Urbano ci sarà una crescita sostanziale in tutta Europa. In prospettiva, sarà fondamentale per i retailer online e per gli spedizionieri utilizzare spazi urbani per la logistica per soddisfare le crescenti aspettative dei clienti in termini di rapidità e affidabilità delle consegne, e allo stesso tempo per ridurre i costi al fine di giustificare canoni di locazione più elevati»

 

Caccia ai Pokémon presso I GIGLI

“Tanti giovani, circa un migliaio, si sono ritrovati” nel pomeriggio di ieri “alle 17 al Centro Commerciale I GIGLI per dare la caccia ai Pokémon. Muniti di smartphone, i ‘cacciatori’ virtuali si sono concentrati nei Pokéstop dove sono stati attivati dei ‘moduli esca’ per trovare i Pokémon più rari all’interno delle Corti e della Galleria. Già nel primo pomeriggio, in attesa della partenza del PokéGigli, c’erano molte persone in attesa”. 

(Fonte: I GIGLI).

Trasferimenti immobiliari e mutui di fonte notarile

“Nel primo trimestre 2016 le convenzioni notarili per trasferimenti immobiliari a titolo oneroso sono state 159.932, il 17,9% in più di quelle registrate nello stesso trimestre del 2015; prosegue dunque per il quarto trimestre consecutivo un aumento delle compravendite.

La ripresa del mercato immobiliare nel primo trimestre dell’anno in corso riguarda sia il comparto dell’abitativo ed accessori (150.015 i trasferimenti di proprietà, +18,6% sul corrispondente trimestre del 2015), sia i trasferimenti di unità immobiliari ad uso economico (9.041, +8,0%).

A livello territoriale l’aumento delle compravendite coinvolge tutte le aree del Paese, è più accentuato nel Nord-ovest (+20,7%) e sotto la media nazionale nelle Isole (+16,5%), al Sud (+16,3% e al Centro (+15,8%), senza differenze tra compravendite di abitazioni ed accessori e unità immobiliari ad uso economico.

L’aumento delle convenzioni notarili di compravendita per unità immobiliari è maggiore nelle città metropolitane (+19,1%) e più contenuto nei piccoli centri (+16,9%).

Nel primo trimestre 2016 prosegue l’andamento positivo di mutui, finanziamenti e altre obbligazioni con costituzione di ipoteca immobiliare stipulati con banche o soggetti diversi dalle banche. Le convenzioni rogate sono state 88.036, il 29,2% in più rispetto allo stesso trimestre del 2015.

La ripresa di mutui, finanziamenti ed altre obbligazioni con costituzione di ipoteca immobiliare stipulati con banche o soggetti diversi dalle banche è più accentuata nelle Isole (+41,7%) che al Nord-ovest (+31,9%), al Sud (+30,7%) e al Centro (+28,3%).

Le convenzioni notarili per mutui, finanziamenti e altre obbligazioni con costituzione di ipoteca immobiliare stipulati con banche o soggetti diversi dalle banche registrano un aumento maggiore nelle città metropolitane (+33,5%) rispetto ai piccoli centri (+26,0% contro +29,2% della media complessiva)”.

(Fonte: www.istat.it, “Mercato immobiliare: compravendite e mutui di fonte notarile”, 25 luglio 2016).

Job Digital Kiosk presso La Corte Lombarda

“ManpowerGroup riconferma il suo costante impegno nell’innovazione digitale con un nuovo progetto: saranno, infatti, attivi dal prossimo 23 luglio – con la prima installazione presso il Centro Commerciale La Corte Lombarda di Bellinzago Lombardo (MI), gestito da Larry Smith Italia – i Job Digital Kiosk, inedito concept di servizio digitale per la ricerca ed offerta di lavoro.

Ultimi, in ordine di tempo, nella schiera dei servizi digitali che ManpowerGroup ha già all’attivo per la gestione di tutto il ciclo di vita delle risorse, dal recruiting, alla selezione, formazione e gestione contrattuale e amministrativa (quali ad esempio ManpowerOnLine Portal (MOL), Direct Portal, la app Peole@Time, le piattaforme di e-learning e le piattaforme ATS per la gestione del processo di recruiting e selezione) i totem Job Digital Kiosk o Jobbi si contraddistinguono per il loro innovativo sistema Multi-Touch che consente agli utenti di consultare in maniera diretta ed efficace le offerte di lavoro disponibili e di gestire le pratiche amministrative legate al contratto. La particolarità del kiosk sta nella possibilità di accedere ai servizi sia in modalità self-service, sia contattando in tempo reale un operatore di filiale per ogni approfondimento e supporto nella ricerca, nel processo di candidatura o gestione di pratiche amministrative.

Un’esperienza digitale altamente innovativa, quella promossa dai Job Digital Kiosk, che rappresenta la prima vera espressione di digital&human touch point unendo – alle potenzialità della tecnologia più avanzata – la possibilità di interazione e relazione umana real-time.

‘In una società che sta diventando sempre più iper-connessa – e dove le leve digitali sono una risorsa imprescindibile – anche le modalità per cercare ed offrire lavoro devono, necessariamente, evolversi velocemente in questo senso, per mettere costantemente a disposizione una panoramica delle opportunità occupazionali puntualmente aggiornata e consultabile’, ha sottolineato Stefano Scabbio, Presidente per l’Europa Orientale e l’Area Mediterranea di ManpowerGroup. ‘Un percorso che, come ManpowerGroup, abbiamo intrapreso già da tempo e che oggi – con l’inaugurazione del 1° Job Digital Kiosk – entra in una fase inedita, per avvicinare sempre più domanda ed offerta di lavoro, ampliando i punti di contatto e riducendo le distanze’, ha concluso Stefano Scabbio.

‘Larry Smith Italia è da sempre attenta all’innovazione e, insieme a partner di livello internazionale come ManpowerGroup studia costantemente come poter offrire ai visitatori delle proprie Gallerie Commerciali ed ai tenant nuovi servizi esclusivi ed a valore aggiunto” dichiara Christian Recalcati, Managing Director di Larry Smith Italia. ‘Ospitare presso La Corte Lombarda il 1° Jobbi Digital Kiosk d’Italia è un ulteriore segno distintivo che contraddistingue la qualità della nostra gestione ed il saper cogliere opportunità ed occasioni inedite ed esclusive per il nostro settore’”.

(Fonte: Larry Smith Italia)

Scenario economico nel segno dell’incertezza

“L’incertezza politica è il tratto distintivo e dominante dell’attuale scenario economico internazionale. Nuovi attacchi terroristici e cruciali appuntamenti elettorali dagli esiti in bilico e dalle conseguenze potenzialmente dirompenti rendono ancora più fragile la crescita globale. La quale a metà del 2016 risulta essere la più debole degli ultimi tre anni e mezzo, nonostante si siano registrati progressi in USA e in alcuni dei principali emergenti.

La locomotiva americana ha accelerato nel corso del secondo trimestre, anche grazie al settore manifatturiero che aveva finora molto risentito della rivalutazione del dollaro e del crollo degli investimenti nell’estrazione di petrolio. In Cina le misure espansive hanno stabilizzato il ritmo di sviluppo, fisiologicamente rallentato; la Russia sta uscendo dalla recessione, che in Brasile si sta attenuando.

L’Eurozona ha marciato a ritmo costantemente discreto nei passati sei mesi; tuttavia, le attese forti ripercussioni della Brexit hanno spinto a ribassare le previsioni per il resto dell’anno in corso e soprattutto per il prossimo. L’unico contrasto alle spinte recessive che promanano dal Regno Unito (dove è rapidamente entrato in crisi il settore immobiliare) e che si diramano anzitutto attraverso il canale finanziario (in particolare il credito delle banche, oggetto di larghe vendite in Borsa) è costituito dalle politiche monetarie ultra-espansive che, benché ritenute sempre meno efficaci, sono riuscite a far scendere ancora i tassi di interesse a lungo termine.

La svalutazione della sterlina ha ingenerato nuova instabilità valutaria. In Italia la risalita della produzione industriale, già molto disomogenea tra settori e quindi poco solida, ha subito una nuova battuta d’arresto nel secondo trimestre e, di conseguenza, costringe a rivedere all’ingiù le stime di variazione del PIL.

L’export è in recupero mentre l’aumento della domanda interna si sta infiacchendo a causa dei consumi, con gli investimenti che invece tengono il passo. Nel mercato del lavoro l’aumento dell’occupazione ora non riguarda più solo le forme contrattuali incentivate: un segnale importante di consolidamento dei progressi avviati ormai da oltre due anni”.

(Fonte: www.confindustria.it, “Congiuntura flash. Analisi mensile Centro Studi Confindustria, Luglio 2016”).

Il documento è disponibile online. Estrapoliamo di seguito alcuni passaggi in materia di credito:

“Il crollo delle quotazioni delle banche italiane, accentuato dalla Brexit, rispecchia le attese di maggior fabbisogno di capitali e ne rende più arduo il reperimento, proprio quando le risorse del Fondo Atlante sono quasi esaurite e l’esito dei nuovi stress test EBA-BCE (che saranno diffusi il 29 luglio) potrebbero indicare debolezze da sanare. C’è il rischio di una nuova fase di credit crunch”.

Tassi bassi e volatilità, si ritorna al mattone

È stata presentata oggi a Torino l’Indagine sul risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani 2016: ‘Tassi bassi e volatilità, si ritorna al mattone’, un progetto del Centro Einaudi e di Intesa Sanpaolo, basato su interviste effettuate da Doxa fra gennaio e febbraio 2016 a 1.011 famiglie detentrici di conto corrente bancario e/o postale; all’interno della famiglia è stato intervistato il principale decisore in merito a risparmio e investimento, ossia la persona più informata e interessata circa gli argomenti trattati nel questionario (nel 77 per cento dei casi, il capofamiglia). Il campione selezionato è rappresentativo per classi d’età, professioni, titoli di studio e zone geografiche. L’Indagine, che permette confronti temporali dal 1983 a oggi, affronta ogni anno un tema monografico: nel 2016 l’attenzione si è concentrata sulle scelte di investimento in condizione di tassi di interesse bassi o nulli. È stato realizzato un campionamento addizionale di 312 interviste su un target di piccoli investitori fra i 29 e 55 anni, poi elaborato mettendo insieme gli intervistati del sovracampionamento con quelli del campione ‘famiglie’ appartenenti a questo stesso target (255), per un totale di 567 capifamiglia, che sono stati sondati sulla reazione al contesto di ‘interessi zero’ e sull’appetibilità dell’investimento immobiliare.
I risultati sono stati analizzati e discussi da Salvatore Carrubba, Presidente del Centro Einaudi, Gregorio De Felice, Chief Economist di Intesa Sanpaolo e dall’economista Giuseppe Russo, curatore del Rapporto. Le conclusioni sono state affidate a Gian Maria Gros-Pietro, presidente di Intesa Sanpaolo.

Di seguito la sintesi della ricerca:

Famiglie: ripresa lenta, ma aspettative in miglioramento. La crisi appare ormai alle spalle, ma presso le famiglie è diffusa la percezione che la perdita di reddito disponibile non sia stata completamente recuperata: per conseguenza, le spese nel 2015-2016 hanno continuato a essere improntate alla sobrietà. È però importante sottolineare che se la quota delle famiglie del campione che dichiarano un reddito insufficiente si è stabilizzata nel 2016 intorno al 17 per cento senza ridursi, è invece sulle aspettative che si registra il vero miglioramento. Fino al 2015, il 50 per cento degli intervistati giudicava probabile un peggioramento imminente delle proprie condizioni economiche. Nel 2016 le proporzioni sono opposte: il 60 per cento giudica infatti imminente un miglioramento. Non solo: sempre nel 2016 una quota tra il 20 e il 22 per cento del campione pensa non solo di mantenere, ma di aumentare le spese per i figli e di espandere quelle per la salute e per l’acquisto dei beni durevoli, rinviato negli anni passati.

L’evoluzione demografica dell’ultimo decennio stabilizza il risparmio ai livelli del 2012. La crisi economica ha accelerato l’impatto dell’invecchiamento della popolazione sulla distribuzione del campione per condizione lavorativa: in otto anni, la quota dei pensionati sul campione è aumentata di oltre 10 punti percentuali, con una paritetica riduzione sia dei lavoratori indipendenti che dei dipendenti. Tenendo conto della riduzione, con l’avanzare dell’età, della capacità di risparmiare, il cambiamento demografico impatta negativamente sul risparmio. Quando la crisi iniziò, la numerosa generazione dei baby boomer era in attività, oltre che al culmine di carriere che avevano visto crescere costantemente il reddito. Dopo sette anni, la stessa generazione ha cominciato a lasciare il lavoro, qualche volta con pensioni inferiori alle aspettative; in qualche caso ha perduto l’occupazione senza trovarne un’altra equivalente. Le generazioni di rincalzo, ossia le coorti che avrebbero dovuto entrare nel mondo del lavoro, hanno avuto meno occasioni. Pertanto, nel 2016 si è stabilizzata l’incidenza dei risparmiatori (40 per cento) sul campione, mentre si è lievemente ridotta la quota di reddito risparmiata (9,6 per cento): entrambe le percentuali confermano, nella media campionaria, i livelli sui quali giacevano dal 2012. Lo ‘smottamento economico’ della classe media (ossia della parte centrale della distribuzione del reddito, del risparmio e della ricchezza) che era stato messo in luce nell’Indagine 2015, è un fenomeno strutturale che influenza la parte centrale di tutte le distribuzioni, e quindi incide sia sulla velocità media di ripresa, sia sulla quota media di risparmiatori, sia sul reddito destinato al risparmio, benché in condizioni congiunturali migliorate.

Si risparmia per far fronte alle incertezze. Il risparmio per i figli supera sempre quello per la casa. Le aspettative pensionistiche continuano a ridimensionarsi, ma si risparmia troppo poco per la vecchiaia. La mite ripresa, unita alla volatilità dei mercati finanziari e alla esiguità dei rendimenti, sono alla base della crescente motivazione ‘precauzionale’ del risparmio (58,3 per cento, in aumento di 10 punti). Aumenta un po’ (da 8 a 8,5 per cento) il risparmio per la casa, ma si conferma il superamento del risparmio fatto per i figli (17,1 per cento) rispetto a quello accantonato per il mattone. Il rapporto tra le due motivazioni era invertito prima della crisi, quando il risparmio per la casa precedeva quello per i figli.

Il risparmio previdenziale è ancora insufficiente. È ancora piuttosto bassa, in relazione ai bisogni potenziali, l‘intenzione di risparmiare per la vecchiaia (14,1 per cento). Ciò accade nonostante sia diffusa una corretta percezione della riduzione delle prestazioni pensionistiche future rispetto a quelle godute dalle generazioni precedenti: il saldo tra l’attesa di un reddito sufficiente o insufficiente al momento di andare in pensione scende infatti dal 13 al 6,7 per cento (era pari al 29,8 per cento prima della crisi). Solo l’11 per cento del campione dichiara di avere sottoscritto qualche forma di previdenza integrativa, relativa al II o al III pilastro previdenziale. La percentuale è in particolare piuttosto bassa tra coloro che si trovano all’inizio della carriera contributiva.

La difesa del capitale è sempre la priorità. Nonostante si sia ridotta la preoccupazione di perdere il capitale – segnalata indirettamente dal fatto che la quota di intervistati non interessati all’economia (53,5 per cento) sorpassi nuovamente quella degli interessati (46,5 per cento) – quando investono i capifamiglia riferiscono come priorità assoluta delle scelte la ‘sicurezza’ di non perdere il capitale (58,3 per cento nel 2016, 52 per cento nel 2015 e appena il 23,8 per cento nel 2011). Solo a seguire vengono il rendimento (15 per cento), la liquidità (14 per cento), nonché l’apprezzamento del capitale nel lungo termine (7 per cento).

Il risparmio gestito si fa avanti, sottraendo spazi agli investimenti diretti, sui quali è sempre più complicato assumere decisioni. Il tradizionale investimento con il quale gli italiani hanno difeso i risparmi, traendo peraltro buoni rendimenti, è il titolo obbligazionario, con i titoli di Stato in cima alle preferenze. Tuttavia, da metà del 2015 le condizioni sono cambiate. Con l’obiettivo di contrastare la deflazione, la BCE acquista obbligazioni con operazioni di mercato: ne deriva che questi titoli aumentano di prezzo, mentre scende il loro rendimento. Tale manovra è favorevole ai possessori di obbligazioni comprate in precedenza, ma ha ridotto a circa l’1 per cento o meno ancora il rendimento medio dei rinnovi e dei nuovi acquisti di titoli di Stato. È comprensibile, pertanto, la riduzione del possesso di questi strumenti, che passa dal 21,7 per cento del campione nel 2012 al 14 per cento nella rilevazione dei primi mesi del 2016. A fronte della riduzione dei possessori di obbligazioni, l’Indagine del 2016 segnala un aumento delle preferenze per gli strumenti del risparmio gestito. Nel corso del 2015 i patrimoni complessivamente gestiti passano da 1,59 miliardi di euro a 1,83 miliardi (Assogestioni). Il 24 per cento degli intervistati dichiara di seguire questa opzione per ‘poter affidare i propri risparmi a esperti e non pensarci più, semplificandosi la vita’; per il 21,9 per cento degli investitori, con il risparmio gestito si possono avere rendimenti migliori rispetto al ‘fai da te’. Si riduce nel tempo il fenomeno del via-vai dagli investimenti gestiti, che diventano veri compagni di viaggio di lungo termine. L’incrocio tra la priorità della sicurezza e l’estrema volatilità dei mercati azionari, che in ultima analisi non crescono più e sono privi di una direzione dalla fine del 2014, ha accentuato la disaffezione verso il mercato azionario da parte del campione. Solo il 5,3 per cento dichiara di aver comprato e/o venduto azioni negli ultimi cinque anni, una quota che è in declino costante dal 2003, quando era del 31,9 per cento.

I tassi a zero guidano la preferenza per la liquidità, ma la loro persistenza potrebbe preludere a cambiamenti delle preferenze degli investimenti, sacrificando la liquidità ma non la sicurezza. Poiché i rendimenti delle attività meno liquide sono quasi a zero, la quota di patrimonio detenuto in forma liquida sul conto corrente bancario è alta. Quasi un intervistato su 5 del campione generale (18,4%) mantiene liquide tutte le proprie disponibilità, il 9,1% più della metà e un altro 9% oltre il 30%.
La persistenza dei tassi a zero potrebbe tuttavia preludere proprio al sacrificio della liquidità nella ricerca di investimenti alternativi, come quelli immobiliari.

Tassi bassi e volatilità, si ritorna al mattone.

Un extra sondaggio di 567 piccoli investitori sugli impieghi del denaro quando i tassi sono a zero. Innanzitutto, le condizioni di tassi di interesse nulli appaiono singolari per i piccoli risparmiatori, perché si verificano per la prima volta dal 1959: non c’è quindi memoria né esperienza di questo tipo di mercato. In secondo luogo, la guidance della BCE prevede che il contenimento dei rendimenti durerà fino a quando sarà necessario contrastare la deflazione. In terzo luogo, i tassi a zero e minimi riguardano sia i rendimenti degli attivi finanziari (come obbligazioni e depositi), sia il costo del capitale dei passivi finanziari (come gli interessi sui mutui e sui prestiti in generale). A partire da queste considerazioni, nel 2016 l’Indagine è stata arricchita da un supplemento di campionamento su 567 risparmiatori fra i 29 e i 55 anni che detenessero anche qualche forma di investimento. Attraverso la Doxa, è stato sottoposto loro un diverso questionario, volto a sondare i comportamenti di investimento nella persistenza del clima di deflazione e di interessi nulli o minimali, con particolare riguardo alla propensione al passaggio dagli investimenti finanziari a quelli reali, come le case.

Con i tassi zero, case e depositi liquidi polarizzano gli investimenti. Il campione ha fornito indicazioni chiare. Posti di fronte al caso degli interessi a zero (o quasi) per più anni, gli intervistati hanno risposto con intenzioni di comportamento polarizzate, in quanto concentrate essenzialmente su due scelte: la scelta della liquidità (che riguarderebbe il 32 per cento degli investitori) e la scelta dell’investimento immobiliare (il 29 per cento considererebbe l’acquisto di una casa per sé e il 20 per cento l’acquisto di una casa da dare in affitto). I primi sarebbero mossi dall’intenzione di non perdere né guadagnare denaro con investimenti più rischiosi e dall’aspettativa che i tassi a zero prima o poi finiranno, e quello sarebbe il momento giusto per riprendere a investire. I secondi, invece, manifesterebbero la propria preferenza per un potenziale acquisto immobiliare, mossi però non solo da variabili economiche, ma anche da bisogni rimasti irrisolti o semplicemente dall’ambizione, sempre viva negli italiani, di una casa migliore di quella che si possiede. A differenziare i due gruppi di investitori, ai poli opposti delle possibili scelte (totale liquidità e totale illiquidità), sono prevalentemente l’aspetto del reddito e il possesso di risparmi accantonati superiori a un anno intero di redditi netti. Questi ultimi sono fattori che aumentano la propensione all’investimento reale.

Le scelte più rischiose e alternative sono marginali. Solo una parte ridotta del campione di piccoli investitori, l’8 per cento, reagirebbe ai tassi a zero aumentando l’esposizione rischiosa, ossia comprando azioni, cambi e derivati. Si tratta di un atteggiamento coerente con la teoria economica: infatti, il cambiamento delle combinazioni di rischio e rendimento possibili sul mercato e, in particolare, l’abbassamento dei rendimenti su tutto lo spettro dei rischi non cambia la disponibilità a perdere parte del denaro investito, poiché questa variabile non dipende dal mercato, bensì dal reddito, dal patrimonio e dalla psicologia del singolo investitore. Cambiare ‘habitat’ di rischio solo perché cambiano le condizioni di mercato può facilmente rivelarsi una mossa scorretta, ex post. Infine, il 12 per cento acquisterebbe oro e preziosi e il 4 per cento comprerebbe opere d’arte. La ricerca di rendimenti alternativi in queste classi di investimento è minimale e mossa da contesti economici e comportamentali diversi. Chi si rivolge all’oro evidenzia un fondo, anche se non ben espresso, di paura e sfiducia generale nei mercati finanziari (‘dopo gli interessi a zero, chissà cosa potrà accadere?’). Tra l’altro, questo mood tende a riaffiorare in tutte le classi di risparmiatori, perché alcuni indizi rivelano che, mentre le persone percepiscono il calo dei prezzi (a eccezione dei servizi sanitari e di poche altre cose, come le bollette domestiche), è altresì diffusa la sensazione che i prezzi, quando salgono, lo facciano più di quanto viene misurato dalle statistiche ufficiali. Chi si rivolge all’arte (4 per cento) ha in genere un patrimonio complesso e ben diversificato e coglie l’occasione dei rendimenti a zero per acquistare un’opera d’arte essenzialmente perché il costo opportunità si è momentaneamente ridotto.

Le case: il mercato che gli italiani conoscono meglio. I piccoli investitori si rivolgono alle case anche perché questo è il mercato dei beni di investimento che essi direttamente conoscono meglio, e al quale probabilmente sono più interessati. L’informazione è pur sempre un elemento che mitiga il rischio degli investimenti, visto che rende più consapevoli le scelte in proposito. Ben il 46 per cento degli intervistati dichiara di conoscere il mercato delle case e di informarsi regolarmente sui suoi prezzi. Dietro al mercato immobiliare si collocano, distanziati, il mercato obbligazionario (che è seguito dal 33 per cento del campione), poi la Borsa (24 per cento) e il mercato dell’oro (19 per cento).

La ricerca delle case corrisponde anche a una ricerca di rendimenti. Tornando alla propensione all’acquisto di immobili, chi vi si vorrebbe avvicinare (e non ha ancora deciso) ha un profilo chiaro. In generale, ha da parte investimenti liquidi o liquidabili pari a più di un anno del suo reddito (48 per cento). Ha realizzato, inoltre, che il mercato dei beni d’uso quotidiano è deflattivo, concorrendo a schiacciare i rendimenti di lungo termine del risparmio investito in forme finanziarie. Ciò però non è compatibile con l’aspirazione a ottenere dai propri investimenti, in media, un profitto medio annuo del 2,6 per cento nei prossimi cinque anni. Ecco dunque che tra le motivazioni per cui ‘acquistare un immobile potrebbe essere vantaggioso’ primeggiano considerazioni economiche, ossia la convinzione di investire in un ‘bene di riferimento’, che conserva il suo valore nel tempo (25 per cento), seguito dalla possibilità di ‘approfittare del momento di prezzi bassi’ (17 per cento) e dal fatto che il reddito dell’immobile, ossia l’affitto incassato o risparmiato, è superiore a quanto può offrire la banca o un’obbligazione (13 per cento). Il 19 per cento, inoltre, pensa che i prezzi delle case aumenteranno nei prossimi anni e il 14 per cento mira, così facendo, ad approfittare di buone e singolari condizioni sui mutui.

Gli acquirenti potenziali di una nuova casa sono tra l’11 e il 19 per cento del campione.
Le variabili economiche non esauriscono le ragioni per investire in un immobile. Chi ne sta considerando l’acquisto ha spesso l’ambizione di una casa migliore (43 per cento) o il bisogno effettivo di un’abitazione più grande (29 per cento). Gli acquirenti potenziali nei prossimi tre anni (che sono compresi tra l’11 e il 19 per cento del campione) userebbero prevalentemente la nuova casa per sé, considerandola come un bene da godere e magari da tramandare ai figli. Una quota fino all’8 per cento del campione potrebbe cambiare casa e prenderla in affitto, anche se i giudizi positivi sugli affitti sono un terzo del totale, dunque inferiori ai giudizi negativi. Cosa trattiene gli acquirenti? Per il momento gioca da freno la debolezza convalescente del mercato secondario, ossia il timore o di non riuscire a liquidare l’attuale propria casa o di ricavarne un prezzo insufficiente per fare il salto di qualità. In altri termini, mano a mano che il mercato immobiliare sarà più liquido e si accorceranno i tempi di vendita delle case usate, la domanda potenziale di nuove case si trasformerà in domanda effettiva.

Una seconda casa in vista per il 9 per cento del sovracampionamento. La ripresa in corso del mercato delle abitazioni è reale, ma si sviluppa a ritmo ridotto. Anche per le seconde case il clima starebbe cambiando. Le intenzioni di acquisto nei prossimi tre anni riguardano il 9 per cento degli investitori, consapevoli che la seconda casa non è però quasi mai un buon investimento. Prova ne sia che il 74 per cento di essi ha un’opinione positiva del possesso della seconda casa, ma solo il 22 per cento, ossia meno di uno su tre, la considera vantaggiosa in termini economici.

Investire in case da dare in affitto conviene, ma non troppo. Le case, che la deflazione fa tornare al centro dell’ambizione di una quota significativa di piccoli investitori, sono non solo quelle da abitare, ma anche quelle da dare in affitto. Con la discesa a zero degli interessi, il reddito degli affitti torna competitivo. La quota di investitori propensi a comprare una casa da locare (20 per cento) è inferiore a quella degli investitori propensi a comprare una casa da abitare (29 per cento), ma rappresenta pur sempre un quinto del campione, ossia una quota maggiore di quella degli attuali possessori di obbligazioni. Gli ostacoli alla messa in pratica di quest’ultima idea non mancano e riguardano quasi sempre la selezione degli inquilini, che è ovviamente un’incognita. Secondariamente, vi è la questione fiscale. Le case da locare sono per definizione ‘seconde case’ e ne seguono in larga parte i destini fiscali, dall’imposta di registro piena, all’IMU, alla non deducibilità delle spese di ristrutturazione.

Il ‘fisco sotto l’albero’: il 41 per cento dei piccoli investitori è congelato dalle condizioni fiscali.
Il 59 per cento del campione, se potesse chiedere qualcosa al fisco, propenderebbe per un riequilibrio delle imposte tra quelle sulla casa e quelle gravanti sulle altre forme di patrimonio. Questa propensione, maggioritaria, non è però necessariamente collegata a imminenti operazioni immobiliari e risponde più a una domanda di equità fiscale rispetto alla tassazione del patrimonio. V’è da ricordare che il Governo è già venuto incontro a queste istanze alleggerendo la tassazione per quanto riguarda la prima casa. Sono però da osservare e sottolineare le istanze del restante 41 per cento del campione. Queste istanze, infatti, preluderebbero a operazioni immobiliari e danno un’idea della domanda potenziale ‘congelata’ nel settore delle abitazioni. Il 14 per cento del campione vorrebbe trovare sotto l’albero un abbassamento dell’imposta di registro per case da dare in affitto; il 13 per cento vorrebbe un credito di imposta per vendere e riacquistare una casa, prima o seconda, nel corso dello stesso anno; il 9 per cento vorrebbe dedurre il mutuo sulla seconda casa da dare in affitto; il 6 per cento vorrebbe dedurre il mutuo su una seconda casa da tenere per sé. La propensione all’acquisto di case potrebbe essere decisamente più alta di quella dichiarata (tra l’11 e il 19 per cento), se si alleggerisse il peso fiscale sull’investimento immobiliare”.

(Fonte: www.group.intesasanpaolo.com, “Presentata oggi a Torino da IntesaSanpaolo e dal Centro studi Einaudi l’indagine sul risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani 2016”, 21 luglio 2016).

Mutui spinti dai tassi ai minimi

“I bassissimi livelli dei tassi di interesse rappresentano oggi un forte incentivo per la domanda di credito e spingono il mercato dei mutui che, grazie anche alle migliori prospettive del mercato immobiliare, conferma i segnali di ripresa, con incremento su base annua del totale dei mutui dell’1,5%. A maggio 2016, i tassi di interesse sui prestiti per acquisto di abitazione si sono in Italia ulteriormente ridotti. Il tasso medio sulle nuove operazioni, che sintetizza l’andamento dei tassi fissi e variabili ed è influenzato anche dalla variazione della composizione fra le erogazioni in base alla tipologia di mutuo, è risultato pari al 2,25% toccando il nuovo minimo storico (2,29% il mese precedente; 5,72% a fine 2007). Il livello storicamente basso dei tassi sta spingendo le famiglie a cogliere le opportunità presenti sul mercato e spostarsi verso il tasso fisso: a maggio 2016, la percentuale di nuovi mutui erogati a tasso fisso ha raggiunto infatti un livello pari al 61%. Due anni fa invece, erano i mutui a tasso variabile che predominavano (con una quota sul totale del 79%). Inoltre, secondo i dati più recenti del ‘Sondaggio congiunturale sul mercato delle abitazioni in Italia’ relativo al primo trimestre 2016, un’indagine condotta congiuntamente dalla Banca d’Italia, dall’Agenzia delle Entrate e da Tecnoborsa, la quota di acquisti finanziati con mutuo ipotecario è salita, nel primo trimestre del 2016, al 73,8% dal 68,5 dell’ultimo trimestre del 2015 (minimo storico di 55,0 nel secondo trimestre del 2013) Infine, il rapporto tra prestito e valore dell’immobile (Loan to Value) che dal 64,7 del quarto trimestre del 2015 è salito al 69,3% (minimo storico di 55,8 nel secondo trimestre del 2013)”.

(Fonte: www.abi.it, “Casa: tassi minimi spingono domanda mutui a tasso fisso”, 16 luglio 2016).

Per un inquadramento generale dello stato dell’arte in materia di credito rimandiamo al “Rapporto mensile ABI  – Luglio 2016 (principali evidenze)”, disponibile on line (www.abi.it/DOC_Info/Comunicati-stampa/Rapporto_mensile_luglio_2016.pdf).

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