CLOSE
Home Tags Mercato

Tag: Mercato

Rapporto Coop 2017: gli italiani, il cibo, il web e il punto vendita

Il cibo come nuova moda, identitario e stagionale come le collezioni fast fashion (ieri kamut oggi farro, ieri il latte di soia oggi di mandorla) ma con alcuni punti fermi che si ripropongono, come l’attenzione alla salute e al benessere e il ritorno della qualità; la centralità del punto vendita integrato a un ormai imprescindibile e-commerce; i valori della sostenibilità sociale ed ambientale sempre sullo sfondo: Marco Pedroni, presidente di Coop Italia, fa il punto sui risultati del Rapporto Coop 2017 e sulle strategie intraprese dell’insegna nel mondo del retail che cambia.

Tra queste, l’attenzione al prodotto, specie a marchio, la presenza al Sud e la leadership in tutti i temi della distintività consumeristica.

Uber, sfida alla produttività. La legge del libero mercato

Il servizio di trasporto urbano di Uber è, senza alcun dubbio, una sorprendente realtà per chi lo sperimenta per la prima volta e a New York City in particolare. Gli Yellow Cabs sono un simbolo della città e catturano la nostra fantasia, ma in realtà sono mezzi quantomai scomodi: lo spazio per i passeggeri viene sacrificato per consentire al conducente di stare per 10 ore al volante un po’ più comodo, i sedili e gli ammortizzatori sono usurati, i prezzi sono alti perché regolati dall’amministrazione municipale che ha concesso solo 13000 medallions (licenze). Un tal numero di vetture si rivela del tutto insufficiente nelle ore di punta della metropoli o quando piove. In più gli Yellow Cabs si concentrano a Manhattan trascurando gli altri quartieri meno redditizi.

Questo razionamento ha portato il prezzo di una licenza vicino a 1 milione di dollari. Ne consegue che quasi nessuno riesce ad acquistarla singolarmente e ad avviare un’attività individuale. Le licenze e i taxi appartengono, infatti, a compagnie che assumono autisti stipendiati con bassi salari, per cui la mancia diventa un obbligo da parte dei passeggeri.

Uber e i suoi fratelli

New York è diventata però una specie di paradiso per gli utenti dei trasporti urbani, in quanto accanto agli Yellow Cabs, sono comparsi i Green Cabs e, oltre ad Uber, i suoi imitatori-concorrenti Lyft, Gett, Juno, Via. Tutto ciò è il frutto di una convergenza di tecnologie che hanno contribuito a far emergere il libero mercato nella sua forma più pura. Chi ha un’auto adeguata e la licenza per trasportare altre persone può diventare tassista part-time o a tempo pieno. Per questa ragione Uber prefigura un futuro che inevitabilmente toccherà, tra mille resistenze, anche il nostro paese, anche altri settori tra cui il retail. Grandi compagnie come Wal-Mart stanno già sperimentando la possibilità di utilizzare Uber e i suoi simili per la consegna a domicilio degli acquisti online. Instacart si muove nella stessa direzione.

Lasciare la libertà di operare alle leggi di mercato ha prodotto di conseguenza un grande miglioramento della qualità del servizio, una diminuzione del prezzo assieme alla creazione di molti nuovi posti e occasioni di lavoro. Collateralmente, ha permesso agli economisti di osservare per la prima volta delle vere, reali curve di domanda e di offerta. Esse erano state in precedenza delle astrazioni, teorizzate dai modelli euristici insegnati nelle università. Uber le ha materializzate con il proprio sistema. Utilizzando un flusso permanente di informazioni grazie al web e alimentando algoritmi che calcolano il prezzo del trasporto: a) in base alle richieste di un vasto pubblico di utenti e b) in base all’offerta di auto del suo network che si dichiarano in ogni momento liberamente disponibili, Uber riesce a far incontrare domanda e offerta al miglior prezzo per entrambi.

I vantaggi per il consumatore

Ovviamente con l’aumentare del numero di coloro che accettano di trasportare altre persone il prezzo di mercato tende a diminuire. Allo stesso tempo però la domanda degli utenti aumenta, a scapito dell’uso dell’auto privata. In breve il web sta distruggendo il monopolio potentissimo dei taxisti ufficialmente riconosciuti. Il web permette di raccogliere, inoltre, con precisione anche il grado di soddisfazione degli utenti per il servizio reso da ogni autista, consentendo così al sistema di gestire incentivi e disincentivi, migliorando lo standard complessivo di questa attività.

Dunque, se c’è maltempo, se ci sono eventi particolari con relativi afflussi di potenziali clienti, se il servizio è notturno, allora il prezzo richiesto aumenta e, viceversa, quando la domanda si indebolisce per la concorrenza o per altre specifiche circostanze, il prezzo viene ridotto.

Un altro rilevante risultato è, quindi, la creazione di un ingente surplus per il consumatore. Fissando il prezzo in base al livello della domanda e dell’offerta lo si rende, infatti, sistematicamente inferiore a quello che un cliente avrebbe dovuto pagare con una tariffa prefissata. Basti pensare che gli utenti di Uber nelle quattro città: Chicago, San Francisco, Los Angeles, e New York, in un anno superano i 100 milioni. Prezzi notevolmente inferiori a quelli amministrati significano dunque reddito disponibile che viene speso in altri beni e servizi.

Se a tutto ciò si aggiungono i concorrenti di Uber che da NYC cercano di espandersi negli USA e nel mondo, abbiamo un’idea di quale guadagno di produttività si prospetti per i sistemi di trasporto urbani dei paesi che, al contrario del nostro, si aprono alla logica del libero mercato. A questo bisogna aggiungere l’indubbio miglioramento qualitativo. Le auto dei micro-imprenditori del network sono più nuove, pulite e spaziose dei taxi gialli. Gli autisti sono tutti dotati di GPS, con cui minimizzano anche i percorsi più lunghi e complessi nel Bronx o a Brooklyn. Inoltre offrono bevande dissetanti e snack ai clienti e le mance non sono previste.

Uber non è esente da critiche, poiché esige una royalty su ogni transazione, lasciando ai tassisti oneri e rischi. Tuttavia il libero mercato corregge anche queste presunte storture. Infatti, ogni autista newyorkese da libero imprenditore, oggi utilizza più telefoni per servire in alternativa Uber, Juno, Via o Lefty a seconda del tragitto più vantaggioso che viene loro offerto e delle minori royalties pretese dalla centrale di coordinamento. Certo, qualcuno dice che guidando il taxi giallo guadagnava lo stesso reddito lavorando meno, con meno rischio, ma ciò che conta sempre ed inevitabilmente è la soddisfazione del cliente che – è bene ricordarlo – è egoista, spietato, irriconoscente di fronte ad alternative più convenienti.

Il caso dei network dei trasporti, pertanto, non va visto isolatamente, ma inquadrato come una tendenza che anticipa il futuro di molti altri settori in primo luogo dei servizi, ma in secondo luogo anche del commercio dei beni materiali e, insomma, anche del retail.

Di Amagi (Tirelli associati)

Vino sul web: prezzo e qualità guidano le scelte

Vino in GDO: cosa ne dicono i netsurfer? Vediamolo, approfondendo quanto lasciato in rete. Le prime macro aggregazioni riguardanti il volume degli argomenti maggiormente trattati, sono le seguenti (pareri multipli):

 

In quasi ogni parere vi è almeno un giudizio riguar-dante uno dei primi 4 cluster: prezzo, qualità, varietà dell’offerta, marche; con passaggio ardito possiamo affermare che queste sono le 4 reason why di acquisto del vino nella GDO.

Analizziamo ora da un punto di vista psicometrico, attribuendo una personalità ai testi, i mood di ciascuno dei sei cluster in cui si sono aggregati i giudizi dei privati consumatori che hanno scritto nella rete domestica riguardo al vino acquistato nella GDO nei 12 mesi del 2016.

La Grande Distribuzione Organizzata presidia decisamente il primo dei cri-teri di scelta del prodotto vino presso i propri punti vendita.

Anche il secondo motivo di scelta, la qualità del vino, è ben presidiato dalla GDO, sebbene meno di quanto lo sia il prezzo; i molto soddisfatti e gli abbastanza sod-disfatti riguardo al prezzo sono l’84%, mentre riguardo la qualità sono il 72%, un 12% in meno. 

Nell’analisi del terzo cluster (varietà dell’offerta) in cui si sono aggregati i pareri è emersa una netta differenza tra i formati distributivi della GDO.  Megastore/Ipermercati e Supermercati presidiano deci-samente questa motivazione di scelta dei consumatori, battendo per soddisfazione anche le prime due reason why di acquisto (ricordiamo che il prezzo totalizzava l’84% di molto e abbastanza soddisfatti e la qualità il 72%). Per quanto riguarda la varietà dell’offerta del vino, per il formato Megastore/Ipermercati, i molto e gli abbastanza soddisfatti sono addirittura il 93% e per il formato Supermercati sono il 92%.  Nel formato negozi di prossimità i molto soddisfatti e gli abbastanza soddisfatti della varietà dell’offerta del prodotto vino scendono sotto la metà: sono il 48%.

Il quarto motivo di scelta di acquisto del vino nella GDO da parte dei consumatori, le marche vendu-te, è il più presidiato dalla GDO stessa, col 94% di molto soddisfatti e abbastanza soddisfatti, più ancora di quanti ne hanno totalizzati le reason why prezzo (84%), qualità (72%) e varietà dell’offerta limitatamente ai formati Mega/Iper (93%) e Super (92%).

È significativo che nel cluster Marche, al contrario di quanto avvenuto per il cluster varietà dell’offerta, non  siano emerse differenze tra i vari formati distributivi. Le Marche di vino proposte, anche quando sono poche come nel caso dei negozi di prossimità, soddisfano i consumatori, a prescindere dall’offerta limitata.      

Private label  

Per prima cosa dobbiamo precisare che abbiamo chia-mato questo cluster Private Label, includendovi i giudizi dei consumatori riguardanti vini prodotti per la catena distributrice ma che non si presentano col nome della catena distributrice. Un’importante considerazione: i consumatori leggono con attenzione le etichette del vino che acquistano nella GDO se scrivono così diffusamente di vini che riportano sull’etichetta principale il nome del vino (ad es. Barbera ed altre indicazioni quali, sempre ad es., del Monferrato ecc.) e solo sulla seconda o terza etichetta la dicitura prodotto per la “tale catena distributiva”.Nonostante i molto e gli abbastanza soddisfatti del vino prodotto appositamente per la GDO siano il 64% è doveroso sottolineare come tale percentuale sia  più bassa dei molto e abbastanza soddisfatti della qualità in generale del vino venduto nella GDO, 72%. Ciò è eclatante poiché in tutti i rilevamenti che abbiamo fatto sulle PL – negli ultimi 2 anni abbiamo effettuato anche un osservatorio mensile – la marca privata è sempre stata giudicata superiore alla media della marca del produt-tore, allineata con il top di gamma ma più conveniente. Vediamo ora cosa nasconde il 13% di pareri (menzioni multiple) classificati come altro. Torniamo a misurare i volumi di pareri.

Precisiamo che la quasi totalità dei pareri riguardanti Bottiglioni/Damigianelle, vino in cartone, in bottiglie di plastica verte ancora su prezzo e qualità, quindi l’89% di altro è riconducibile, anche se con accezione più ampia, ancora alle prime due reason why di acquisto del vino nella GDO: prezzo e qualità.  

Conclusioni  

Il vino, che permea la cultura italiana ed è una tradizione e un’eccellenza del Made in Italy nel Mondo, viene trattato nella rete domestica, limitatamente all’ambito “acquisto nella GDO” come un semplice prodotto e non una passione nazionale, un emblema.Le reason why di acquisto del vino presso la GDO sono nell’ordine: prezzo 88%, qualità 86%, varietà dell’offerta 72%, marche 66%.Questa la classifica per soddisfazione:

Il profilo tipo di chi ha lasciato liberamente e privata-mente, nel web domestico, nei 12 mesi del 2016, pareri e opinioni sul vino acquistato nella GDO è: uomo, di età compresa tra i 30 e i 40 anni, di cultura media, residente al Nord in aree metropolitane.

di Gian Marco Stefanini

Piove sul bagnato, trimestre “meglio del previsto” per Whole Foods Market di Amazon

Piove sul bagnato di colui che per un batter di ciglia è stato l’uomo più ricco del mondo, Jeff Bezos, fondatore di Amazon (è già tornato secondo dietro l’inossidabile Bill Gates secondo la classifica in tempo reale dei superpaperoni di Forbes): l’acquisita Whole Foods Market, considerata  da tempo in serie difficoltà dagli analisti e in flessione di vendite, ha pubblicato un risultato trimestrale migliore del previsto. Non solo le vendite (a parità di negozi) dell’insegna specializzata in biologico sono calate dell’1,9% contro una previsione del 2,2%, ma nelle ultime settimane sono addirittura cresciute.

L’insegna pioniera del biologico in USA in anni recenti ha sofferto per la concorrenza delle catene della Gdo tradizionali, come Walmart e Kroger, che hanno iniziato a proporre una buona gamma di alimenti bio a prezzi competitivi. Quando finalizzerà l’accordo, con tutta probabilità nella seconda metà del 2017, molti analisti ritengono che Amazon userà tutta la sua forza contrattuale per operare un abbassamento dei prezzi e riportare Whole Foods Market nell’arena competitiva.

I guadagni per azione di Whole Foods Market nello scorso trimestre sono stati sui 36 centesimi di dollaro mentre le azioni sono arrivate all’indomani dell’annuncio dell’acquisizione da parte di Amazon a 42 dollari: ieri hanno chiuso a 41,78 dollari. Definitivamente tramontata ormai l’idea che un altro gigante possa minacciare l’accordo da 13,7 miliardi: Walmart avrebbe avuto i mezzi, e si erano mosse anche dei fondi di investimento.

Nel frattempo continua spedita l’avanzata globale di Amazon nel grocery: appena lanciata a Singapore la consegna Prime (dunque praticamente gratuita) in due ore. In un’area a grandi potenzialità come il sudest asiatico (600 milioni di utenti e un mercato stimato in 88 miliardi di dollari per l’e-commerce nel 20125) si scontrerà con Alibaba fresco di acquisizioni nella regione. Una vera lotta tra giganti.

 

 

 

Tonno in scatola, tutti lo mangiano (94% degli italiani) ma pochi lo conoscono

È uno dei cibi più amati dagli italiani, eppure soffre di pregiudizi duri a morire, come quello per cui conterrebbe conservanti: parliamo del tonno in scatola, consumato secondo una ricerca Doxa commissionata dall’Ancit (l’associazione dei produttori conservieri ittici) dal 94% della popolazione italiana. Quasi un italiano su due (il 43%) ne mangia ogni settimana. E piace grazie alla sua versatilità, alla praticità, alla velocità della preparazione. E ai valori nutrizionali eccellenti che ne fanno praticamente un superfood: contiene infatti proteine nobili, lipidi, tra cui gli omega-3 che determinano una riduzione del colesterolo totale e un aumento di quello cosiddetto “buono”, minerali come zinco e selenio grandi alleati contro lo stress ossidativo, e tante vitamine. Tutto ciò lo rende particolarmente gradito ai consumatori più attivi e attenti alla salute, come i giovani under 25 e le famiglie. Addirittura tra gli italiani che praticano sport – circa il 50% del campione analizzato – sette su 10 lo inseriscono nella “top five” degli alimenti a cui non saprebbero rinunciare (insieme a carni bianche, legumi, yogurt e bresaola).

Eppure molti consumatori mostrano di non conoscere un alimento tanto popolare. In base a una ricerca Adacta commissionata sempre dall’Ancit alla domanda se il tonno in scatola contenga o meno conservanti (a parte l’olio o l’acqua e sale), ben il 65% degli italiani risponde di sì e solo il 18% risponde correttamente che non ce ne sono. Il tonno in scatola infatti è un prodotto salutare e totalmente naturale, che non necessita la presenza di additivi conservanti, perché non ne ha bisogno, come dimostra del resto un’attenta lettura dell’etichetta, pratica assai consigliata che però ancora pochi italiani mostrano di fare. Le confezioni una volta riempite vengono chiuse ermeticamente e poi sterilizzate a una temperatura compresa tra 110° e 120°C, garantendo così una conservazione sicura per diversi anni.

Sono il sale e l’olio (oppure l’acqua per la versione al naturale) assieme allo specifico processo termico di sterilizzazione a garantire al tonno una lunga conservazione, pur senza altri agenti conservanti: «Il tonno in scatola è un alimento sterilizzato termicamente in scatoletta metallica sigillata – afferma il professor Pietro Antonio Migliaccio, presidente emerito della Società italiana di scienza dell’alimentazione (Sisa) – e pertanto sano e sicuro da un punto di vista igienico. La sterilizzazione garantisce la salubrità e la conservazione del tonno e permette di mantenere tutte le sue proprietà nutritive ed organolettiche (odore, colore, sapore, consistenza). Con questo metodo, la naturalità non è compromessa, ed è garantita l’integrità del prodotto, assolutamente privo di conservanti». 

Record di spesa all’Amazon Prime Day, in Italia al top c’è food e grocery ma Paese che vai…

In fondo ce lo si poteva aspettare: l’Amazon Prime Day 2017 è stata la più grande giornata di shopping a livello globale della storia di Amazon, e anche la più grande giornata di shopping di sempre su Amazon.it: la novità è che tra gli articoli più veduti quest’anno in Italia non ci sono videogames, e-book o gadget elettronici ma referenze food e grocery.
Qui le promozioni più acquistate sono state Finish All in One Max 110 Lemon pastiglie per lavastoviglie e le capsule Caffè Vergnano 1882. Tra le promozioni di Prime Now invece il prodotto più venduto è stato l’Hamburger di Scottona – Chianina Igp.

A riprova del fatto che ormai Amazon è diventato un gigantesco supermercato globale, anzi ipermercato, durante il Prime Day sono stati venduti oltre 100.000 prodotti all’interno del negozio Pc, oltre 50.000 prodotti nella categoria fai-da-te, i cuochi amatoriali hanno acquistato oltre 70.000 utensili e gadget per la cucina e sono stati acquistati quasi 100.000 articoli nella categoria sport.

Ma per una volta non tutto il mondo è paese, e uno sguardo globale delle vendite dà uno spaccato quasi antropologico dello shopper globale. Ma anche una anteprima sulle tecnologie che, in tempi brevissimi immaginiamo, invaderanno le nostre case ed entreranno a far parte delle nostre vite. Come è stato con il kindle o l’i-phone. La next big thing sarà quasi certamente Amazon Echo Dot, il dispositivo da casa con a bordo l’assistente vocale Alexa con il quale fare la spesa, conoscere le previsioni del tempo e ascoltare musica e ora anche guardare video, che è stato a livello globale il prodotto più acquistato (e ha venduto sette volte più dell’anno scorso).

Ecco invece i prodotti più venduti nei vari Paesi, escusi i gadget Amazon:

USA: foodie e indagatori genetici. Pentola a pressione programmabile Instant Pot DUO80 7-in-1 Multi-Use; Test per il DNA 23andMe DNA Tests for Health + Ancestry

Regno Unito: nerd giocherelloni. TP-Link Wi-Fi Smart Plug per Alexa; Sony Playstation 4

Spagna: tecnologici. SanDisk Ultra Fit 64GB USB 3.0 Flash Drive; Moto G Plus (5th Generation) Smartphone; Lenovo Ideapad 310 Laptop

Messico: accessoriati. AmazonBasics Apple Certified Lightning to USB Cable; Nintendo Switch

Giappone: salutisti. SAVAS Whey Protein; Happy Belly pure bottled water

Italia: ma che ci vado a fare al supermercato? Finish All in One Max tablets; Caffe Vergnano 1882 Espresso machine

India: tecnologici. OnePlus 5 phone; Seagate Expansion 1.5TB Portable External Drive

Germania e Austria: resto in casa. PlayStation Plus Membership; Soda Stream

Francia e Belgio: gamers seriali. PlayStation Plus Membership; Game of Thrones – The Complete Season 1 to 6 Blu-Ray

Cina: pedagogici. Fisher Price Soothe and Glow Seahorse (peluche luminoso); A brief history of humankind+ A brief history of tomorrow set

Canada: foodie e pragmatici.Pentola a pressione programmabile Instant Pot Duo 7-in-1 Multi-Use, AmazonBasics AA Rechargeable Batteries (8-Pack)

 

Carrefour Italia premia Orogel per il miglior progetto su alimentazione e benessere

Il progetto la “Grande sfida dei fornitori per l’alimentazione e il benessere”, realizzato da Carrefour e rivolto agli oltre 600 produttori di prodotti a marchio, si è concluso con la proclamazione, all’interno di una rosa di sette finalisti, dell’azienda che sarà ambasciatrice, il prossimo autunno, di un analogo evento di confronto a livello internazionale.

L’onore di rappresentare l’Italia è andato quest’anno a Orogel SOC. COOP. AGRICOLA, cui è stato riconosciuto, per il progetto “Linea Benessere”, il merito di aver realizzato un progetto di comunicazione ad ampio raggio (dall’etichettatura agli eventi, dall’educazione scolastica alla presenza social, dalla sinergia con istituti scientifici fino al sito arricchito dall’interazione in diretta con esperti di alimentazione) in grado di coinvolgere i consumatori a più livelli.

La sfida

Il concorso lanciato da Carrefour tra i suoi fornitori, si è sviluppato in varie fasi: dopo una prima scrematura tra i numerosissimi progetti inviati, ha portato a una valutazione intermedia e, poi, alla scelta dei sette finalisti in altrettante categorie. Nella fase di selezione, curata da LAEMMEGROUP S.r.l., (società indipendente leader nelle soluzioni per la sicurezza alimentare) sono stati valutati di ogni progetto i punti di forza, quelli di debolezza, il grado di innovazione, la tipologia e l’entità delle risorse (umane, economiche ecc) impiegate, i risultati ottenuti o potenzialmente ottenibili, la consistenza e la ripetibilità dell’iniziativa.

L’approccio è consistito nell’identificare sette categorie in cui inserire le proposte dei concorrenti:

  1. buone pratiche agronomiche
  2. buone pratiche di allevamento
  3. promozione di stili di vita
  4. formulazioni per esigenze specifiche
  5. educazione alimentare
  6. informazione al consumatore
  7. profilo nutrizionale

 

I sette finalisti

Le aziende arrivate in finale e che sono state insignite ciascuna di un riconoscimento per la propria categoria, sono:

AMADORI (GESCO s.c.a.) vincitrice del premio “BUONE PRATICHE D’ALLEVAMENTO” con il progetto “Pollo Campese Amadori, allevato all’aperto senza uso di antibiotici”. Il progetto, che prevede l’eliminazione totale dell’uso di antibiotici nell’allevamento di pollo Campese, è un progetto pilota poiché l’azienda sta cercando di eliminare l’uso di antibiotici anche su altre filiere avicole. Ecco i risultati ad oggi: nella filiera pollo l’80% di riduzione di antibiotici dal 2011 al 2016, e il 50% solo nell’ultimo anno; nella filiera tacchini -60% dal 2011 al 2016 e -30% solo nell’ultimo anno. Negli ultimi 2 anni tutti i dati di consumo di antibiotici sono validati da un ente esterno accreditato (CSQA).

CasArrigoni s.r.l. – vincitrice nella categoria “PROMOZIONE STILI DI VITA”.

CasArrigoni, piccola azienda specializzata nella stagionatura e selezione, di formaggi DOP, tradizionali, Biologici, da anni cerca di valorizzare il territorio e rilanciare a livello mondiale alcune delle produzioni più caratteristiche della tradizione casearia lombarda e locale.

Il progetto ha previsto l’inserimento, nella propria gamma di referenze di due prodotti, Gorgonzola e Taleggio, derivanti da latte ottenuto in regime Biologico e Biodinamico.

C.I.C.O. SOC. COOP. AGRICOLA vincitrice nella categoria “EDUCAZIONE ALIMENTARE”

Società consorzio di cooperative fondata nel 1997, le cui aziende associate producono frutta e verdura, C.I.C.O. è sempre stata sensibile alla tematica del benessere umano e alla corretta nutrizione.

In un’ottica di comunicazione e sensibilizzazione al consumo dell’ortofrutta fra i più piccoli, ha elaborato il progetto “Frutta e verdura: un arcobaleno di salute” in collaborazione con la Presidenza e le insegnanti della Scuola per l’Infanzia “Sacra Famiglia” di Stienta ( Rovigo). Il laboratorio è stato finalizzato alla diffusione, fruizione, conoscenza nella scuola dell’infanzia dell’ortofrutta.

COMPAGNIA EUROPEA ALIMENTI E NATURA S.r.L. – vincitrice nella categoria “ESIGENZE ALIMENTARI PARTICOLARI”

Azienda produttrice di prodotti da forno, sin dalla sua nascita, ha proposto prodotti dal profilo nutrizionale equilibrato, senza zucchero e a ridotto contenuto di grassi.

Il progetto ha quindi come obbiettivo in primis il poter proporre sul mercato prodotti da forno dedicati a fasce di consumatori con patologie conclamate e/o semplicemente attenti allo stile di vita e ai profili nutrizionali dei diversi alimenti. Gli studi sperimentali sui prodotti sono stati effettuati in collaborazione con l’Università di Pavia, reparto di Farmacobiochimica e Nutrizione del Benessere e con l’Ospedale di Niguarda Milano, reparto di Diabetologia.

OROGEL SOC. COOP. AGRICOLA– vincitrice assoluta e nella categoria “INFORMAZIONE AL CONSUMATORE”

Orogel, cooperativa di agricoltori italiani che ad oggi conta più di 800 dipendenti e da 50 anni produce prodotti ortofrutticoli, con il progetto “Linea Benessere” vuole comunicare ai consumatori, attraverso i prodotti della linea omonima, il valore del cibo e dell’alimentazione sana, mirata a prevenire patologie problematiche per il mantenimento della salute.

NUOVA RUGGERI s.r.l.– vincitrice nella categoria “PROFILO NUTRIZIONALE”

Con la Linea Leggermente l’azienda ha voluto creare due brioches con un profilo nutrizionale adatto ai bambini e gli adulti, che vadano a posizionarsi vicino alle merendine tradizionali e non nel salutistico vero e proprio. Oltre alla sostituzione dell’olio di palma con olio di girasole che apporta una notevole riduzione dei grassi insaturi, si è puntato ad una forte diminuzione degli zuccheri aggiunti e dei grassi senza però utilizzare dolcificanti artificiali ma solo con l’utilizzo di frutta o prodotti naturali, tutto questo senza compromettere il profilo organolettico e soprattutto la durata del prodotto.

Sono quindi nate MusliPan e Pansoffio.

RISERIA VIGNOLA GIOVANNI S.p.A.– vincitrice nella categoria “BUONE PRATICHE AGRONOMICHE”

Riseria Vignola, da cinque generazioni lavora riso e cereali. Dal 2016 ha iniziato la coltivazione del riso con la tecnica della pacciamatura, un progetto innovativo per questo settore ma una tecnica già conosciuta per altri tipi di coltivazioni (fragole, meloni, ortofrutta in genere).

Grazie a questa tecnica è possibile ottenere una coltivazione biologica garantita (assenza di trattamenti chimici) e assolutamente sostenibile, infatti consente, tra i diversi aspetti:

  • Un minore utilizzo di fertilizzanti organici (più del 40% in meno)
  • Una forte riduzione nella quantità di seme utilizzato per ettaro (da 220 kg/ettaro a 40 kg/ettaro)
  • Una grande riduzione nell’utilizzo di acqua e un miglior controllo delle erbe infestanti
  • Una minor densità di semina che permette di avere piante più sane e vigorose.

Nel 2016 il progetto ha coinvolto 300 ettari di coltivazioni sui campi di proprietà della famiglia Vignola, nel 2017 sono stati sminati a pacciamatura 800 ettari sui 1550 di proprietà.

 

Gruppo Végé cresce nel 2016, e chiude a 5.850 milioni di euro (+4,2 a parità di rete)

Un 2016 chiuso con un fatturato di 5.850 milioni di euro, con un incremento del +4,2% a parità di rete e un +76,6% in termini correnti rispetto al 2015: sono i “numeri” comunicati dall’Assemblea dei soci di Gruppo VéGé che ha approvato il bilancio di esercizio 2016, registrando per il terzo anno consecutivo una crescita a doppia cifra. Risultato positivo, cui ha concorso l’ingresso nel Gruppo, nel 2016, di realtà altamente performanti come Supermercati Tosano Cerea srl, F.lli Arena srl, Multicedi srl, Bava srl e Asta srl.

La quota di mercato detenuta dal Gruppo ha raggiunto a fine 2016 il 4,5% a livello nazionale (fonte: IRI – ISS+C&C+Drug Gennaio 2017).

 

Per il 2017 si guarda oltre i 6 miliardi di fatturato

Sulla base dell’andamento positivo della prima metà del 2017 e tenendo conto del contributo delle new entry già arrivate dall’inizio dell’anno  quali Consorzio DuePiù, Nocera Bros srl, SI.D.I. Piccolo srl e Consorzio In.Prof, il Gruppo stima di poter chiudere l’anno ben oltre i 6 miliardi di euro di fatturato.

Quanto alla rete vendita, è aumentata nel 2016 del +25,8%, dai 2.327 pdv del 2015 agli attuali 2.928, con una superficie commerciale complessiva di 1.296.370 metri quadri. La crescita della numerica è stata inoltre accompagnata da un graduale incremento della “qualità” complessiva della rete, il cui picco si ha, ad esempio, nella produttività record al metro quadro. nei punti di vendita a insegna IperTosano e Supermercati Piccolo.

Il gruppo si è ulteriormente rinforzato nella compagine sociale, con un passaggio intraziendale decisamente significativo: le imprese Multicedi e F.lli Arena hanno infatti rinforzato il rapporto societario interno, aderendo non solo come mandanti della VéGé Retail, ma anche come imprese socie della Cooperativa. La campana Multicedi srl, con oltre 480 punti vendita tra ipermercati, supermercati, negozi specializzati e cash & carry, e F.lli Arena srl, prima impresa della DO in Sicilia, con un network di 151 punti vendita al dettaglio, contribuiscono alla leadership assoluta di Gruppo VéGé nelle due regioni.

«Sebbene il 2016 sia stato un anno particolarmente critico per i consumi e nel contempo caratterizzato da forti dinamiche deflattive, i numeri del bilancio sono qui a dimostrare come la competenza, la passione e la credibilità facciano realmente la differenza – ha dichiarato Nicola Mastromartino, Presidente di Gruppo VéGé -. Un ulteriore motivo di soddisfazione è rappresentato dall’ingresso nella Cooperativa, come Soci, degli amici di Multicedi ed Arena. Una soddisfazione professionale, ma soprattutto personale».

Il bilancio 2016 è tanto più significativo, in quanto chiude idealmente il primo triennio dal ritorno di Gruppo VéGé sullo scenario della Moderna Distribuzione. In questo lasso di tempo, Gruppo VéGé ha ottenuto tassi di crescita annui tali da onorare la promessa fatta nel 2014: arrivare entro il 2017 al raddoppio della rete vendita e della quota di mercato, obiettivo ambizioso che è stato centrato: la rete vendita è passata da 1.495 a 2.928 punti vendita e la quota di mercato è salita dal 2,2% al 4,5%.

«Quando, tre anni fa, nella Convention della rinascita di Gruppo VéGé, annunciammo questo obiettivo, dimostrammo grande coraggio, in quanto mai, nella storia della DO, un gruppo era riuscito in una tale strabiliante performance – ha dichiarato Giorgio Santambrogio, Amministratore Delegato di Gruppo VéGé -. Ma noi ci siamo riusciti, con umiltà, con perseveranza e con determinazione. Sono orgoglioso di questo risultato e sono orgoglioso dei miei imprenditori».

4Salti in Padella Findus lancia due referenze per gli amanti della cucina orientale

4Salti in Padella Findus si rinnova con due grandi novità per gli amanti della cucina orientale: Noodles con pollo alla cinese e Riso con pollo all’indonesiana, due nuove referenze ricche di ingredienti che stuzzicano l’appetito e conquistano ogni palato.

Il packaging, dalla grafica distintiva e dal lettering immediato, svela le peculiarità dei prodotti; i colori accesi e intensi rivelano i codici cromatici di ispirazione etnica.

Le Novità non finiscono qua, 4 Salti in Padella Findus,propone infatti ricette ancora più ricche e gustose per i primi piatti in gamma: Tagliatelle ai funghi porcini, Linguine allo scoglio, Pappardelle al ragù di cinghiale, Paella alla valenciana, Gnocchetti alla sorrentina, Penne tricolore, Risotto gamberi e zucchine, Ravioli ricotta e spinaci al pomodoro.

Invitante anche il nuovo packaging che “veste” l’offerta di prodotto caratterizzato da una grafica impattante e contemporanea, che mette in primo piano il prodotto e le sue caratteristiche, oltre all’apertura facilitata della confezione.

Italia solo terza nella produzione di olio Evo, servono 150 milioni di nuovi ulivi

L’Italia dell’olio scende per la prima volta dal podio mondiale in termini di produzione. O meglio quasi. Il nostro Paese infatti è ormai doppiato dalla Spagna, distanziato dalla Grecia e sarebbe superato anche dalla Siria se questo Paese non fosse penalizzato gravemente dalla drammatica guerra che lo insanguina.

«In base ai dati provvisori – spiega il presidente del Cno (Consorzio nazionale olivicoltori) Gennaro Sicolo – della corrente campagna di commercializzazione dell’olio di oliva, iniziata nel mese di ottobre 2016 e che terminerà in settembre 2017, la Grecia ha prodotto 195mila tonnellate contro le 183mila dell’Italia. I dati sono quelli ufficiali pubblicati dalla Commissione europea e si basano sulle dichiarazioni periodiche trasmesse da ogni singolo Stato membro. A questi numeri andrebbero aggiunti i dati della Siria che non sono disponibili ma supererebbero di molto le 200mila tonnellate. Infatti, il Paese mediorientale ha massicciamente investito nell’olivicoltura professionale, a partire dalla fine degli anni Novanta del secolo scorso e poco prima che scoppiasse il conflitto. Ma ci sono altri concorrenti agguerriti che minacciano i primati del made in Italy. Per esempio, nelle ultime sei annate, la Tunisia che investe molto nello sviluppo della filiera olivicola, per ben tre volte ha prodotto più olio di oliva rispetto al volume ottenuto dall’Italia nella corrente campagna 2016-2017».

 

Negli ultimi sei anni -31% della produzione

Un vero smacco per una voce che da sempre è trainante per il made in Italy agroalimentare. Per anni infatti l’Italia è stata leader incontrastato nel settore olivicolo-oleario mondiale. Poi un tracollo, misurabile con un -31% di produzione negli ultimi sei anni, mentre nello stesso periodo i Paesi concorrenti mettevano in atto performance di tutt’altro segno: +44% il Marocco, +27% la Turchia, +16% la Spagna, +8% la Tunisia. Solo la Grecia è scesa ma in modo meno drastico di noi: -22%.

«La produzione cresce – si duole Sicolo – laddove è in atto una mirata politica di investimenti e prevale un orientamento favorevole verso la tecnologia, l’innovazione e l’impresa. Da noi in Italia, invece, il potenziale produttivo olivicolo indietreggia. Alla base dei cattivi risultati della olivicoltura nazionale degli ultimi anni ci sono tre principali ragioni: il processo di abbandono della coltivazione, la frammentazione della struttura produttiva ed il mancato ammodernamento del settore».

E anche la politica avrebbe le sue colpe. «Perché si è ostinata – punta il dito Dino Scanavino, presidente nazionale della Cia (Confederazione agricoltori italiani) – a non voler riconoscere e affrontare i problemi con interventi incisivi, tempestivi e coerenti con le esigenze del settore».

 

Servono 150 milioni di nuovi ulivi

Ma non tutto è ancora perduto. Si può invertire la rotta e riportare l’Italia al posto che le compete “attuando il prima possibile – propone Sicolo – un piano nazionale, articolato a livello regionale e di distretti produttivi, per la riconversione, la ristrutturazione e l’ammodernamento della olivicoltura italiana, anche tramite un processo di razionalizzazione fondiaria. Il settore olivicolo oleario italiano per tornare leader mondiale avrà bisogno di più di 150 milioni di nuovi ulivi in produzione e almeno 25 mila nuovi addetti che riequilibrino il ricambio generazionale nei campi, ora fermo sotto il 3%. Per l’olivicoltura sarebbe un passo straordinario essere riconosciuta alla stregua della vitivinicoltura nazionale, che ottiene il triplo delle risorse europee per gli investimenti e la promozione del comparto, per poter programmare con più dinamicità tutti gli interventi utili allo sviluppo e al rilancio del settore”.

Nel frattempo all’Italia resta indiscutibile soltanto il primato della qualità, ma è una magra consolazione.

BrandContent

Fotogallery

Il database online della Business Community italiana

Cerca con whoswho.it

Diritto alimentare