Si chiamerà “Piacere … Modena” – Acetaie, caseifici e prosciuttifici aperti e sarà un fine settimana interamente dedicato alle eccellenze gastronomiche del territorio quello che si svolgerà dal 30 settembre al 2 ottobre 2016, un appuntamento che riunirà, in particolare, tre prodotti che sono divenuti ambasciatori del gusto in tutto il mondo: Aceto Balsamico di Modena IGP, Parmigiano Reggiano DOP e Prosciutto di Modena DOP.
Per tutto il week end infatti, riuniti sotto il cappello di Piacere Modena e del Palatipico, questi tre illustri portavoce dell’agroalimentare italiano e prima ancora emiliano, saranno protagonisti di degustazioni, visite guidate direttamente nelle acetaie, nei caseifici in cui si produce il Parmigiano Reggiano e nei prosciuttifici, ma anche momenti di confronto con il convegno inaugurale in programma nella giornata di venerdì 30 settembre ed un talk show il sabato pomeriggio sempre accompagnati da degustazioni ed aperitivi tutti modenesi.
Sabato 1° ottobre il programma si profila intenso già dalla mattina con la visita ai caseifici per vedere trasformare il latte fresco in rotonde forme di Parmigiano Reggiano DOP e per chi vorrà arricchire il proprio bagaglio culturale ci sarà una visita guidata al Duomo di Modena, Patrimonio Unesco. Nel pomeriggio la festa si sposterà in piazza per una performance all’insegna del gusto in attesa di vivere le visite nelle acetaie, nei caseifici e prosciuttifici la giornata della domenica, con iniziative aperte al pubblico.
Una grande festa dunque per tutto il territorio grazie agli ambasciatori di una regione, l’Emilia Romagna, come l’Aceto Balsamico di Modena IGP con un valore al consumo di un miliardo, al Parmigiano Reggiano DOP con un valore di quasi due miliardi di euro per 3 milioni e 300 mila forme al Prosciutto di Modena DOP con 12 milioni di euro di fatturato al consumo.
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Eccellenze in festa in Emilia dal 30 settembre al 2 ottobre
Lavazza lancia Prontissimo! nelle due varianti Classico e Intenso
Lavazza fa il suo ingresso ufficiale nel mercato del caffè solubile e reinventa con italianità un gusto internazionale.
Arriva, infatti, in Italia Prontissimo!: il primo caffè solubile Premium di Lavazza, che unisce la praticità di preparazione all’alta qualità di una miscela 100% Arabica, arricchita con il 10% di caffè tostato e macinato molto finemente, un’unione sorprendente che dà vita ad un caffè ricco e corposo.
Prontissimo! è in vendita in Italia declinato in due speciali varianti: Classico, una miscela morbida e ben bilanciata, con delicate note di caramello; Intenso, miscela forte e corposa, con note decise di caffè tostato.
“Nella società di oggi, dominata dalla mancanza di tempo, un caffè come Prontissimo! apre prospettive di enorme interesse a livello globale, in tutti i mercati. Ci permette di offrire una risposta a un pubblico esigente, che vive velocemente nelle nostre città, apprezza la praticità del solubile, ma reclama il gusto di un caffè di qualità superiore. Lavazza entra quindi per la prima volta in un mercato nuovo, e lo fa con un prodotto di eccellente qualità e altamente innovativo, che sarà lanciato nei prossimi mesi in diversi Paesi in tutto il mondo”, dichiara Mauro Mantovani, Chief Commercial Officer del Gruppo Lavazza.
“Da settembre faremo assaggiare Prontissimo! nelle maggiori piazze e strade italiane: vogliamo così far provare il prodotto sia a possibili nuovi consumatori che ai connazionali che già lo consumano – più di 1 famiglia su 10 – e ne apprezzano la velocità e la facilità di preparazione. Siamo fiduciosi che Prontissimo!, grazie al suo gusto moderno, conquisterà gli italiani e permetterà loro di apprezzare un caffè di qualità superiore, garantita Lavazza. Si tratta di un prodotto nuovo per l’azienda, che consentirà ai cosiddetti ‘urban professional’ di vivere velocemente, senza dover rinunciare al meglio”, commenta Chiara Ferrua Magliani, Head of Marketing Italia di Lavazza.
Una delle tante iniziative pianificate dall’azienda a supporto del lancio di Prontissimo! sul mercato per far provare e testare il prodotto ai consumatori, prevede un road-show itinerante nelle maggiori piazze, stazioni, vie dello shopping e università d’Italia.
Inoltre, grazie alla prestigiosa partnership triennale con Alitalia, Prontissimo! prende il volo ed è a disposizione dei viaggiatori di tutte le classi di viaggio delle 147 rotte internazionali della Compagnia aerea, portando la qualità e l’autenticità Italiana di Lavazza intorno al mondo.
Contraffazione delle Dop europee, un mercato parallelo da 4,3 miliardi di euro
Non è solo l’Italian Sounding e il Made in Italy, ma anche le Dop, le denominazioni di origine che interessano i prodotti europei in generale, a subire i danni della contraffazione. Un mercato che, secondo un nuovo rapporto dell’Euipo, l’ufficio che si occupa di proprietà intellettuale, avrebbe movimentato nel 2015 4,3 miliardi di Euro.
Il rapporto indica anche i settori più colpiti dalla frode: le bevande alcoliche ad esempio con un 12,7%; ortofrutta e cereali con l’11,5 %; carni fresche e derivati all’11 %, formaggi al 10,6%, vini all’8,6% e mentre la birra è colpita solo per lo 0,1%.
Oltre la metà delle contraffazioni a valore (54%) comunque riguarda i vini. Il Paese più colpito è la Francia, non a caso, seguito da Germania e Italia, solo terza (ma ciò riflette anche il valore delle esportazioni alimentari).
La denominazione di origine è un mercato “ricco”, in quanto sempre più i consumatori controllano e richiedono la provenienza degli alimenti che consumano, considerandola come garanzia di qualità ed essendo disposti anche a spendere di più. La contraffazione colpisce naturalmente i marchi più popolari come il vino della regione di Bordeaux o lo Champagne, lo Scotch Whisky e i nostri Parmigiano Reggiano e Prosciutto di Parma.

I prodotti a denominazione di origine – si legge nel rapporto – provengono principalmente da Francia, Regno Unito ed Italia, che rispondono per l’86% del totale delle esportazioni extracomunitarie, rispettivamente con il 40%, il 25% e il 21%. In tutti e tre i casi le esportazioni sono trainate da un numero limitato di prodotti/denominazioni: Champagne e Cognac in Francia; Scotch Whisky nel Regno Unito e Grana Padano e Parmigiano Reggiano in Italia.

Latte, via libera all’indicazione di provenienza. Il 67% degli italiani pagherebbe di più se italiano
Si gioca sul latte una delle battaglie che in tutta Europa sta impegnando i rapporti tra grande distribuzione e produttori, colpiti dai prezzi troppo bassi. Tanto che in dieci anni si è dimezzato il numero di stalle in Italia , che hanno segnato nel 2015 il minimo storico di 33mila allevamenti. Sullo sfondo, un consumatore disposto a pagare di più per la provenienza nazionale e la garanzia di qualità. La soluzione sembra dunque essere l’obbligo dell’indicazione di origine. Una promessa che ha impegnato il premier Matteo Renzi e al Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina, di concerto con il Ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, al World Milk Day di ieri organizzato dalla FAO, che ha visto scendere in piazza a Milano migliaia di allevatori da tutto il Paese. In questa occasione è stato presentato infatti il Decreto sull’etichettatura obbligatoria del latte e dei derivati, come formaggi o yogurt, già inviato a Bruxelles.
Nove italiani su 10 vogliono sapere l’origine: per l’italiano di paga il 20% in più
La questione non è secondaria, visto che il 67% dei consumatori pagherebbe fino al 20% in più per un latte italiano, e il 12% spenderebbe anche di più. Il consumatore oggi vuole, pretende trasparenza. Secondo una consultazione pubblica online del Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali, in oltre 9 casi su 10 gli italiani considerano “molto importante” che l’etichetta riporti il Paese d’origine del latte fresco (95%) e dei prodotti lattiero-caseari quali yogurt e formaggi (90,84%), mentre per oltre il 76% lo è per il latte a lunga conservazione.
In questo quadro apparentemente favorevole per la produzione nazionale, l’Italia è diventata il maggiore importatore di latte nel mondo con il risultato che oggi tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro venduti nel nostro Paese provengono dall’estero, mentre la metà delle mozzarelle sono fatte con latte o cagliate straniere. Difficile però saperlo, perché non è obbligatorio riportare la provenienza in etichetta. È quanto emerge dallo studio Coldiretti “Il latte italiano, un primato da difendere” presentato alla Giornata del latte italiano a Milano.
I numeri del latte in Italia
I consumatori italiani che hanno acquistato nel 2015 una media di 48 litri di latte alimentare a persona mentre si posizionano al settimo posto su scala mondiale per i formaggi, con 20,7 chilogrammi per persona all’anno dietro ai francesi con 25,9 chilogrammi a testa, ma anche da islandesi, finlandesi, tedeschi, estoni e svizzeri.
Sul fronte della produzione, abbiamo 33mila allevamenti e 1,7 milioni di mucche da latte presenti in Italia, per una produzione nazionale di circa 110 milioni di quintali di latte, mentre sono 85 milioni di quintali le importazioni di latte dall’estero.
Una produzione quella nazionale, secondo Coldiretti “garantita a livelli di sicurezza e qualità superiore grazie al sistema di controlli realizzato dalla rete di veterinari più estesa d’Europa, ma anche ai primati conquistati a livello comunitario con la leadership europea con 49 formaggi a denominazione di origine realizzati sulla base di specifici disciplinari di produzione”. Ma sono ancora di più, 488, i formaggi italiani tradizionali censiti dalle regioni perché ottenuti secondo metodi mantenuti inalterati nel tempo. Il settore impiega 120mila persone nell’attività di allevamento da latte che generano lungo la filiera un fatturato di 28 miliardi, la voce più importante dell’agroalimentare italiano.
Una qualità costantemente minacciata: da una parte dagli oltre 24 milioni di litri di “latte equivalente” tra cisterne, semilavorati, formaggi, cagliate e polveri di caseina, che sono imbustati o trasformati industrialmente per diventare mozzarelle, formaggi o latte italiani, all’insaputa dei consumatori. Nell’ultimo anno secondo Coldiretti avrebbero superato il milione di quintali le cagliate importate dall’estero, che ora rappresentano circa 10 milioni di quintali equivalenti di latte, pari al 10 per cento dell’intera produzione italiana. Dall’altra all’estero, dove i formaggi Made in Italy hanno fatturato ben 2,3 miliardi (+5%) nel 2015, dove dilaga il fenomeno dell’Italian Sounding e del’agropirateria internazionale.
La Ue consente l’etichetta, previa consultazione popolare
Secondo Coldiretti, l’assenza dell’indicazione chiara dell’origine del latte a lunga conservazione, dei formaggi o dello yogurt non consente di conoscere un elemento di scelta determinante per le caratteristiche qualitative, ma impedisce anche ai consumatori di sostenere le realtà produttive nazionali. “In un momento difficile per l’economia dobbiamo portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza con l’obbligo di indicare in etichetta l’origine degli alimenti” ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo.
Anche l’Ue ha dato il feu rouge all’etichettatura d’origine, con il regolamento comunitario N.1169 del 2011, entrato in vigore il 13 dicembre del 2014, che consente ai singoli Stati Membri di introdurre norme nazionali in materia di etichettatura obbligatoria di origine geografica degli alimenti, previa con consultazione con parere favorevole da parte dei cittadini.
Un circolo virtuoso che ha visto già impegnati, oltre al ministero, anche alcuni enti locali e insegne della grande distribuzione. Ne son una prova le iniziative, già segnalate, di Carrefour (leggi Carrefour e Regione Piemonte, accordo sul latte a Km zero: nasce “Piemunto”) in Piemonte e Coop in Lombardia (leggi Coop dà sostegno al latte italiano con promozioni e 10mila quintali di acquisti in più).
San Benedetto riporta in Stazione Centrale il successo del suo Temporary Store
San Benedetto, dopo il successo delle ultime tre edizioni estive, ripropone nell’atrio della Stazione Centrale di Milano “Casa San Benedetto”, il Temporary Store dedicato al beverage analcolico.
Un progetto nato anche per dimostrare la forte vocazione dell’Azienda alla multicanalità e per privilegiare l’approccio diretto al consumatore.
Fino a settembre, infatti, i viaggiatori/visitatori potranno scoprire e toccare con mano tutte le novità dell’Azienda, rese ben evidenti già grazie alle grafiche esterne che “colorano” le vetrine. Lo spazio, dal design moderno e lineare, è stato realizzato in vetro proprio per favorire la massima visibilità ai prodotti, trasferendo al contempo la qualità, il benessere e l’attenzione per l’ambiente, veri must per San Benedetto.
Il Temporary al suo interno è allestito con piccole teche dedicate alle diverse linee di prodotto ed eccezionalmente con un grande albero di cartone realizzato e brevettato in collaborazione con il Politecnico di Milano, proprio per valorizzare la vocazione green che contraddistingue da sempre l’anima dell’azienda veneta.
La gamma e le novità
Quest’anno, protagonisti di Casa San Benedetto, le super novità: il nuovo San Benedetto Succoso Zero senza zuccheri aggiunti nell’accattivante pack da 0,40L ai gusti Frutti Rossi, Frutta Mix, Ace e Arancia Rossa; l’innovativo Thè Bio nel formato da 0,40L ai gusti pesca e limone, e per i più piccoli, la nuova bevanda Baby Bio, fatta di ingredienti biologici, 30% di polpa di frutta e camomilla nel formato 0,25L Pull&Push nei gusti pera, mela e pesca.
Alle novità si aggiungono tutti i prodotti di prestigio con i quali San Benedetto presidia tutti i segmenti del beverage analcolico come Aquavitamin, l’innovativa bevanda in acqua minerale con vitamine e altre sostanze nutritive utili al nostro organismo; Prima Spremitura la linea di alta gamma di bibite gassate a base di soli agrumi italiani nei gusti Clementina, Limone e Chinotto; l’immancabile acqua minerale “progetto ecogreen”, la prima linea di acqua minerale emissioni ad emissioni di CO2 completamente compensate, che vanta il logo del Programma per la valutazione dell’impronta ambientale ricevuto dal Ministero dell’Ambiente.
Ce.Di. Marche (Selex), fatturato 2015 a +6,9%
Un 2015 positivo per Ce.Di. Marche, realtà associata a Selex Gruppo Commerciale): l’Assemblea dei Soci per l’approvazione del bilancio dell’esercizio 2015, ha ratificato un fatturato al +6,95% sul 2014, pari a 310 milioni di euro. La società proprietaria dell’insegna “Si con te” presente nelle Marche e in Abruzzo con oltre 100 punti di vendita mette dunque a segno un trend superiore rispetto al mercato, raggiungendo la prima posizione nella classifica della moderna distribuzione nel territorio storicamente presidiato (dati Nielsen al 31/12/2015 – Canale Supermercati).
«Il risultato del bilancio 2015 si conferma positivo e, se guardiamo la gestione caratteristica, il dato risulta il migliore degli ultimi anni» ha sottolineato il Presidente del Consiglio di Gestione Fabio Bianco, mentre il Direttore Generale Federico Lasconi ha spiegato che «Il 2015 è stato un anno eccellente per la cooperativa e per i supermercati associati. Questo dimostra che i risultati si costruiscono con le persone, dotandosi di un modello rigoroso ed efficiente pur mantenendo la sobrietà e vicinanza al territorio che ci ha sempre contraddistinto».
Cedi Marche ha poi confermato i suoi programmi, ponendo l’accento sulla specializzazione del servizio e degli assortimenti, con una occhio di riguardo a settori in forte crescita come il biologico, il senza glutine e il salutistico, comparti che rappresentano ormai una categoria specifica all’interno dei supermercati Sì con Te.
Alla luce degli ottimi risultati conseguiti, Ce.Di. Marche ha confermato, nel corso dell’Assemblea dei Soci, i propri piani di sviluppo nelle Marche e in Abruzzo, privilegiando medie strutture di vendita collocate nei mercati ad alto potenziale in prossimità dei centri cittadini.
Snello Rovagnati: leggerezza e sapore disponibili anche nel banco taglio
Snello ROVAGNATI porta i suoi “salumi benessere” anche nel banco taglio (non più dunque solo in vaschetta!) della grande distribuzione che del canale dettaglio. Cinque le referenze prodotte per il banco gastronomia: il Prosciutto Cotto, la Mortadella Leggera, il Salame, il Prosciutto di Pollo e il Prosciutto di Tacchino, tutte rigorosamente a basso contenuto di grassi, senza glutine e proteine del latte. Il Prosciutto di Pollo e il Prosciutto di Tacchino sono, tra l’altro, una novità assoluta: realizzati esattamente come un prosciutto, sono prodotti solo con petti interi di pollo e di tacchino italiani, lavorati freschi e cotti al vapore.
Con la nuova linea, ROVAGNATI amplia la propria gamma di prodotti a marchio Snello, andando a soddisfare perfettamente il trend alimentare attualmente in maggiore crescita presso i consumatori: quello del benessere a tavola. L’attenzione al benessere, infatti, riguarda un numero crescente di italiani, i più attenti in Europa all’alimentazione: dagli anziani che devono prestare attenzione al cibo per ragioni di salute – colesterolo, pressione, etc – (oltre 13 milioni di italiani con più di 65 anni); a chi vuole dimagrire (53% della popolazione vorrebbe perdere peso); dagli atleti che devono seguire stili alimentari controllati (4,5 milioni di persone); a chi vuole curare il proprio aspetto anche tramite l’alimentazione per mantenersi giovane (quasi 5 milioni di persone dai 45 ai 54 anni).
Leadershipo di mercato e strategie di comunicazione
Nel tempo i consumatori hanno premiato le prerogative qualitative e la vocazione all’innovazione dimostrata dal marchio. E ben lo dimosatrono le peformances: 40 milioni di vendite a valore sul mercato (dati IRI tot Ita A.T. Dic 2015).
Il lancio della nuova linea Snello sarà supportato da un piano di comunicazione integrato iniziato con la sponsorizzazione del Giro d’Italia e che comprende un nuovo spot TV, on air per 12 settimane su tutte le principali reti nazionali, che racconterà le caratteristiche uniche della nuova gamma di prodotti, e materiali promozionali all’interno dei punti vendita.
Epta cresce del 15,7%, confermando la vivacità del settore della refrigerazione
Epta S.p.A., gruppo multinazionale specializzato nella refrigerazione commerciale, ha approvato il bilancio consolidato al 31 Dicembre 2015.
Positivi i risultati, come dimostrano i 767 milioni di euro di ricavi, in crescita del 15,7% (+€ 104 milioni rispetto al 2014). Il dato riflette la struttura geografica del fatturato, dove l’Italia pesa per il 15 % del totale e l’estero per l’ 85 %, in virtù della capillare presenza del Gruppo in tutto il mondo, assicurata da strategici presidi tecnico-commerciali in più di 35 Paesi e 11 unità produttive.
L’aumento dei ricavi è dovuto sia a cause organiche, sia al cambio di perimetro di consolidamento che si è verificato nel corso dell’esercizio in seguito all’acquisizione della società danese Knudsen Køling A/S, avvenuta in data 17 luglio 2015.
Pari a € 43,3 milioni è il MOL, in crescita del 29,6% (+ € 9,9 milioni) rispetto all’esercizio precedente.
Il risultato netto d’esercizio è di € 29 milioni, (+52,6% se confrontato con i dati 2014). Mentre la posizione finanziaria netta è pari a € 27 milioni, in notevole miglioramento rispetto al dato dell’anno precedente di € 59,5 milioni.
Il 2015 chiude con un Patrimonio Netto di € 253 milioni rispetto al dato dell’anno precedente di € 221 milioni.
È dunque evidente come nel corso del 2015, in uno scenario economico mondiale ancora caratterizzato da una condizione di incertezza, il settore dell’industria della refrigerazione commerciale italiana risulta essere molto vivace. Una recente indagine condotta da Anima (L’industria della refrigerazione commerciale in Italia, ed. 2016) evidenzia, infatti, che le esportazioni del comparto, grazie alla capacità di coniugare tecnologia e qualità, si attestano intorno al 56% della produzione totale e, in tal senso, i crescenti investimenti in innovazione e servizi, hanno un ruolo decisivo nel determinare il successo delle aziende italiane.
“I risultati 2015 sono positivi ed in linea con il nostro piano industriale – commenta Marco Nocivelli, Amministratore Delegato di Epta S.p.A. – Abbiamo registrato una crescita di fatturato consolidato ed un risultato netto incrementato rispetto al 2014, soprattutto grazie alla nostra strategia che si traduce nel perseguire una politica di internazionalizzazione e diversificazione sui mercati esteri. In questo contesto, il Gruppo ha investito nella ricerca di sistemi completi e differenziati per segmento, Retail, Food&Beverage e Ho.re.ca, a cui abbiamo fornito soluzioni sostenibili, tecnologicamente all’avanguardia, dal design evoluto e progettate insieme ai nostri clienti internazionali, ottenendo una forte crescita della nostra quota di mercato. Inoltre, la partecipazione a Expo 2015, in collaborazione con Granarolo, il padiglione Thailandia ed il Parco della Biodiversità, ha rafforzato l’immagine di Epta come player di primo piano nello scenario competitivo”.
Sab Miller e Ab InBev possono unirsi ma l’Ue impone a Sab Miller di vendere le europee
Via libera all’acquisizione da parte di Ab InBev di Sab Miller, primo e secondo produttore mondiale di birra, ma per dare l’approvazione l’Ue detta le sue condizioni. L’intesa è subordinata alla vendita di “praticamente l’intero” settore della birra Sab Miller in Europa. Secondo la Commissaria alla Concorrenza, Margrethe Vestager, la mossa “assicurerà che la concorrenza non venga indebolita in questi mercati e che i consumatori non abbiano la peggio”. La commissaria ha poi sottolineato che, dato che gli europei bevono 125 miliardi di euro di birra ogni anno, “in modo che anche un piccolo aumento dei prezzi potrebbe danneggiare considerevolmente i consumatori: era dunque importante assicurarsi che l’acquisizione di SABMiller da parte diAB InBev’s non riducesse la competizione nel mercato delle birre europeo” favorendo “taciti accordi sui prezzi”.
La Commissione temeva infatti che l’acquisizione di SabMiller avrebbe tolto un importante concorrente dal mercato in alcuni Paesi europei, tra cui l’Italia e Olanda, UK, Romania e Ungheria, portando a un innalzamento dei prezzi.
Tra i marchi di AB InBev ci sono Corona, Stella Artois e Budweiser, SABMiller è invece proprietaria di Miller, Peroni, Pilsner Urquell e Grolsch. Tanto per dare un’idea dell’entità dell’accordo, il nuovo mega-gruppo venderà nel mondo il doppio e guadagnerà quattro volte più del terzo produttore di birra mondiale, Heineken, e cinque volte più birra e 13 volte più fatturato del quarto produttore, Carlsberg, e questi ultimi sono i due leader di mercato in Europa.
Oggi, AB InBev ha una forte posizione di mercato in Belgio e Lussemburgo e nell’Europa dell’Est, SABMiller in Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria e Romania.
AB InBev si era già offerta di vendere le operazioni di SABMiller in Francia, Italia, Olanda e UK, accentando l’offerta della giapponese Asahi su Peroni e Grolsch, e in seguito anche in Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Romania e Slovacchia: dunque praticamente l’interezza delle operazioni europee, tra cui spicca la presenza della ceca Pilsner Urquell, ma anche della polacca Tyskie e della romena Ursus. A seguito di questi impegni, se ottemperati, la Commissione ha concluso che la transazione non susciterà problemi di competizione, e che “il livello della competizione nel mercato europeo resterà invariato”.
Comunicazione: la via del successo per rilanciare la brand equity
Comunicazione, Distribuzione, Marca: un trinomio composito, indagato nel corso dell’evento “Comunicazione. Distribuzione. Marca. L’Italia che riparte”, il primo appuntamento dell’edizione 2016 del Purple Program, organizzato da Mindshare sul mondo della comunicazione.
A proposito degli investimenti pubblicitari, Roberto Binaghi – Chairman&CEO di Mindshare evidenzia come dal 2007 a oggi ci sia stata una contrazione di circa il 29%, pari a una perdita di 3.000 milioni di euro in valore assoluto. Una cifra enorme che potrebbe corrispondere alla cancellazione del budget pubblicitario dell’Olanda. Oppure, a quella di 36 Barilla o di 37 Vodafone! I settori con il calo più spiccato sono quelli del FMCG, dell’Automotive e quello delle Telecomunicazioni. Andamento migliore per la distribuzione e per l’e-commerce.
L’Italia, sul fronte emorragia di investimenti, è messa decisamente peggio rispetto a altre grandi nazione Europee come Uk, Germania e Francia.
Le aziende più in crisi
Il calo di investimenti più eclatante ha riguardato le aziende leader, che hanno perso il 40% (in altri termini, si potrebbe dire che hanno smesso di comunicare su 2,5 prodotti a testa!) e quelle più piccole (sotto il milione di euro di fatturato). Mentre quelle appartenenti alla fascia media hanno tenuto di più.
Il calo di investimenti e le sue cause
Un -29% di investimenti (ben 3.000 milioni di euro!) non è una cifra da poco. Per spiegarlo Binaghi ricorre a due indicatori: un calo dei consumi pari a – 5,6% e una deflazione della pubblicità pari a -12,6% (frutto di un combinato disposto di prezzo vero e proprio e di un nuovo mix di cespiti).
In questo modo, però, si raggiunge una quota del-18% che spiega solo la perdita di circa 2.000 milioni.
Non rispondono dunque all’appello ben 1.000 milioni: che fine hanno fatto? In linea di massima si tratta di una cifra accantonata (ben oltre l’effettiva necessità) come riserva, per essere allocata altrove.
Quindi il problema risiede lì: nella ritrosia da parte delle aziende (che vanno al di là dell’opportuna prudenza) ad investire in comunicazione. Pertanto in futuro lo scenario potrebbe essere più roseo, solo se le aziende ritornassero a considerare il media come una leva strategica del loro marketing mix, e non una fonte dalla quale attingere.
È davvero un peccato” – ha commentato Binaghi – “che, contrariamente a quanto avviene in altri Paesi, le grandi aziende in Italia non supportino adeguatamente le loro marche. Il pericolo di essere superate da competitor più lungimiranti, che appartengono alla fascia media del mercato, è tutt’altro che remoto.”
Questione di marca
In effetti la criticità più grossa è quella di riuscire a dare alla marca quel valore che il consumatore cerca con crescente insistenza. Una comunicazione appropriata, mirata, personalizzata, rinnovata e attualizzata, capace di parlare al nuovo universo valoriale dei consumatori, potrebbe sortire grandi risultati in questa direzione. Purtroppo, come sottolinea Livio Martucci Dir. Global Analytics&Consulting IRI, molte risorse vengono accantonate e sottratte ai media, per essere erroneamente convogliate in attività promozionali, quasi sempre puramente tattiche, che in linea non solo non premiano i leader di Marca, ma ne determinano pure una certa sofferenza dal punto di vista del fatturato.
L’universo mentale e lo spazio della marca
Per creare uno spazio in cui la marca possa riprendere a prosperare in sintonia con la nuova domanda, occorre attrarre l’attenzione del consumatore, accedere al suo spazio mentale. “Purtroppo – commenta dice Federico Capeci, CEO Kantar Consumer Insights – questa è una sfida sempre più difficile ed importante, come dimostrano i dati Millward Brown.”
Per questo basare una strategia di comunicazione ed engagment su stereotipi, generalizzazioni o ansie da performance di breve periodo non è certo un buon inizio per creare esperienze di valore e ottenere in cambio il riconoscimento di un valore di marca.”