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Boom di russi in Italia, moda e lusso in cima alla spesa (ma c’è anche il supermercato)

Altro che Londra, Parigi e New York, quest’estate è stata l’Italia la meta turistica dove i turisti russi hanno spesso maggiormente nel mondo: ben 8,55 miliardi di rubli (111,6 milioni di euro). Lo ha rivelato la banca Sberbank. Riservati per la maggior parte ad acquisti di vestiti e calzature.

“Il turismo russo è sicuramente un target molto interessante per la sua capacità di acquisto e per il grande amore che hanno nei confronti dell’Italia. Il nostro Paese è visto dai russi come una meta ideale per acquistare fashion, luxury e molti altri prodotti del Made in Italy, che connotano il Belpaese nel mondo. Ovviamente i russi scelgono l’Italia per la sua bellezza, per la relativa vicinanza e l’accoglienza italiana. Secondo il rapporto ENIT 2017 i russi preferiscono alloggiare in hotel a 4 o 5 stelle e amano un’esperienza a tutto tondo all’estero inquadrabile pienamente nello Shopping Tourism. Inoltre i russi tendono a tornare più volte in Italia nel corso degli anni, e dunque avendo una certa familiarità con il Paese e la cultura” dice Giulio Gargiullo, esperto del mercato russo:

I dati di eMarketer sottolienano come nel 2018 il turismo digitale del gigante slavo raggiungerà gli 11 miliardi di dollari, con una crescita costante di anno in anno e una tendenza dei russi a prenotare sempre più spesso  hotel, tour e biglietti aerei direttamente online.

I russi nei mesi da giugno ad agosto 2018 hanno registrato una minore presenza nel Belpaese secondo Global Blue (-9%) rispetto al 2017 e hanno registrato uno scontrino medio di 799 euro. Sempre secondo Sberbank quest’estate all’estero hanno speso 1.830 milioni di euro: il 14% in vestiti, il 6,2% in spese al supermercato e il 5,8% al ristorante.

Franchising giovane che parla ai giovani

Cresce il numero dei giovani, tra i 25 e i 35 anni, che si avvicinano al mondo del franchising (consultando i siti web specializzati, le associazioni di settore, o visitando la fiera SFM): a fine 2017 sono divenuti 162mila, con un aumento dell’8% sull’anno precedente Il 53% di essi è spinto dall’opportunità di divenire imprenditore, il 49% dal desiderio di aumentare il proprio guadagno, il 25% dalle potenzialità della distribuzione moderna e il 6% dalla difficoltà di trovare un posto fisso di lavoro. A dirlo i recenti dati pubblicati dal Centro studi Salone Franchising Milano. Già oggi 12.711 giovani (tra i 25 e i 35 anni) gestiscono un punto vendita in franchising, rappresentando il 24,6% del totale dei 51.671 negozi in affiliazione italiani (dati Assofranchising 2017).

Alla luce di questo scenario è inevitabile che la prossima edizione (la 33°) del Salone del Franchising Milano (da giovedì 25 a sabato 27 ottobre al Gate 5, Reception Teodorico) debba parlare a queste giovani leve.

Dedicato ai giovani

Per questo si proporrà come un evento in cui i giovani avranno la possibilità di confrontare le proposte di affiliazione di oltre 200 catene commerciali, visitando gli stand e facendo colloqui immediati per verificare le condizioni per aprire un’attività commerciale (o visitando gli stand delle Associazioni di settore che, a loro volta, rappresentano anche altre catene). E non basta: ci sarà pure la possibilità di frequentare i corsi gratuiti della Franchising School su come mettersi in proprio con l’affiliazione o come evitare contatti capestro e truffe. O gli incontri riservati con esperti per una consulenza personalizzata su tutti gli step dell’affiliazione (F For You), oppure le testimonianze dei franchisee (gli affiliati) che hanno già avuto successo (Percorsi di Vita).

E persino il Talent…

Tra le novità di Salone Franchising Milano, “Re.start-smart up your business” un innovativo Talent Show pensato per tutti i giovani che presentano progetti innovativi di nuovi negozi. Un’iniziativa che ha avuto grande successo nella sua prima edizione del 2017, grazie al lavoro di Campus Fandango Club, organizzatore di SFM dalla passata edizione, che ha trasformato l’evento leader in Italia per il mondo del franchising e del retail, proponendo sempre più contenuti di intrattenimento e di formazione.

“La crisi economica e l’evoluzione tecnologica hanno portato ad una diminuzione dell’offerta di posti fissi di lavoro – fa notare Antonio Fossati, Presidente di Salone Franchising Milano – e ad una maggiore ricerca di attività in proprio, di start up e altre forme di autoimprenditorialità. Nel franchising, dove sono richiesti investimenti per l’avviamento e capacità di gestione, quando parliamo di giovani ci rivolgiamo per forza di cose ad una fascia tra 25 e 35 anni. A questi giovani raccomando di non limitare al web la propria ricerca di eventuali affiliazioni, ma di venire in fiera per toccare con mano le proposte, le problematiche e i percorsi che più si adattano alla propria personalità”.

 

www.salonefranchisingmilano.com

Salumi made in Italy: il futuro è (anche) in Polonia

Continua a crescere il made in Italy agroalimentare sui mercati esteri anche nel primo semestre 2018, ma i segnali positivi non arrivano solamente dai “soliti noti” – Germania, Francia, USA, Regno Unito e Svizzera – che continuano a rappresentare oltre il 50% del nostro export. Nei primi 6 mesi le imprese italiane sono state in grado di rafforzare la presenza anche in mercati “minori” con performance che lasciano ben sperare per i prossimi anni. Proprio su uno di questi, la Polonia e in particolare sul settore dei derivati della carne, si è concentrato il nuovo “Focus Salumi” presentato nel corso del III Forum Agrifood Monitor organizzato da Nomisma e CRIF.
“Le imprese italiane che producono carni e salumi già da qualche anno stanno affrontando importanti sfide sia sul mercato domestico sia su quello estero. Per questo motivo, abbiamo scelto di supportarle mettendo a frutto la nostra expertise e aprendo una linea di attività di consulenza dedicata” – dichiara Stefano Baldi, Project Manager dell’Area Agroalimentare di Nomisma. “L’obiettivo è quello di fornire dati e informazioni per rispondere alla crescente esigenza di conoscere meglio i mercati e di realizzare strategie di marketing più mirate e quindi efficaci”, sottolinea Baldi.
Come sottolineato da Niccolò Zuffetti, Marketing Manager di CRIBIS “la rischiosità commerciale del settore delle carni in Polonia è mediamente in linea con quella dei nostri maggiori partner europei e sempre più bassa di quella italiana, soprattutto nel commercio all’ingrosso e nella GDO/DO. Questa requisito, unito alla presenza di un buon numero di player, rappresenta una chance importante per le nostre imprese esportatrici di carne, pur stando molto attenti a indentificare Importatori e distributori affidabili e in grado di offrire opportunità di sviluppo a lungo termine”.
Il report dimostra come la Polonia abbia dimostrato negli ultimi anni di aver intrapreso un percorso di crescita dinamico e solido, pur essendo ancora oggi considerato un paese emergente; i tassi di crescita degli ultimi anni e le buone prospettive di sviluppo economico rappresentano segnali confortanti sulle possibilità di business delle imprese agroalimentari italiane in questo Paese. Tra l’altro, tra i Paesi emergenti europei, la Polonia si configura come quello con il bacino di consumo potenziale più elevato grazie ad una popolazione di poco inferiore ai 40 milioni di abitanti e con uno dei tassi di disoccupazione più bassi (3,5%). La dinamicità del mercato appare ancora più evidente se si analizza il trend dei flussi di prodotti agroalimentari importati incrementato di circa il 40% nel corso del quinquennio 2012-2017.

L’analisi di Nomisma sui Salumi
Nello specifico, Nomisma ha effettuato un’analisi della domanda di salumi in Polonia attraverso attività di market intelligence e di consumer insight, quest’ultima finalizzata a valutare il posizionamento, la reputation e perception dei salumi italiani. I numeri sulle vendite di salumi svelano come in Polonia si consumino già ora quantità consistenti di prodotti made in Poland (circa 8 kg pro capite contro i 17 in Italia) in virtù di una tradizione locale che vede salsicce fresche e prosciutti cotti e affumicati come i prodotti più diffusi.
L’indagine realizzata da Nomisma su 800 responsabili di acquisto mette in luce inoltre come il consumo di salumi sia già ampiamente diffuso tra la popolazione (circa l’80% dei responsabili di acquisto acquista salumi almeno 2-3 volte alla settimana) anche se, anche in conseguenza dell’ancora limitata capacità di acquisto delle famiglie, il prezzo risulta una delle principali discriminanti nella scelta dei prodotti, tant’è che il principale canale di acquisto è rappresentato dai discount (31% di chi acquista salumi lo fa in questa tipologia di punti vendita). Il secondo criterio che guida la scelta di acquisto è l’origine polacca del prodotto, ma allo stesso tempo oltre il 70% di chi acquista derivati della carne dichiara di aver comprato salumi stranieri almeno una volta negli ultimi 12 mesi.
L’Italia si attesta come uno dei primi Paesi di origine dei prodotti di importazione sia per numero di responsabili di acquisto (il 36% ha infatti dichiarato di aver consumato un salume italiano negli ultimi 12 mesi) sia per qualità percepita.
Attualmente il 59% dei consumatori polacchi di salumi indica come sarebbe disposto a spendere almeno il 5% in più per acquistare un prodotto di origine italiana. Si tratta di consumatori prevalentemente uomini, di età compresa tra i 40 e i 60 anni (Generation X), che vivono nell’area centrale del Paese, con un reddito medio-alto, istruiti, con un’attenzione per i prodotti biologici e per le informazioni riportate in etichetta e, last but not least, che hanno visitato l’Italia nell’ultimo anno.
Il legame turismo-conoscenza-consumo dei prodotti made in Italy che emerge dall’indagine diventa ancor più interessante se letto attraverso i dati dei flussi turistici registrati in Italia nel 2017.
La Polonia, infatti, è nella TOP10 dei Paesi di origine dei turisti arrivati in Italia (circa 2% degli arrivi totali dall’estero); inoltre, negli ultimi 5 anni, se gli arrivi di turisti in Italia da Paesi esteri sono incrementati del 24%, quelli dalla Polonia hanno subito un aumento quasi doppio (+47%).

Conad e Censis fotografano la società (italiana) del rancore

Uno scossone a una società ripiegata su se stessa e su un passato mitico e mitizzato, rancorosa, impverita e impaurita: lo vuole dare il progetto presentato ieri a Roma da Conad e Censis. Che hanno fotografato la nostra società italiana attuale, e il quadro è sconfortante, per non dire sinistro: uscita con le ossa rotte dalla crisi economica del 2008, l’Italia guarda al futuro con un carico di paure e rancore, impoverita di quelle fughe in avanti servite nei decenni passati a dare corpo al miracolo economico e a una potenza economica a livello mondiale. Aspettative decrescenti, diseguaglianze sociali, paura di scendere nella scala sociale hanno generato la società del rancore, una società frammentata, debole, chiusa, regressiva. Che ha rinunciato a consumi e investimenti, motore insostituibile di sviluppo.

L’analisi Censis (l’intera ricerca è scaricabile a questo link) restituisce l’immagine di un Paese che nutre un forte disagio per il presente, ha una grande nostalgia del passato (7 italiani su 10 sostengono che “si stava meglio prima”) ed è incapace di investire nel proprio futuro. Le ragioni sono tante: dalla bassa natalità (dal 1951 a oggi si sono “persi” 5,7 milioni di giovani) all’abbassamento del reddito nei giovani (rispetto alla media della popolazione le famiglie giovani, con meno di 35 anni di età, hanno un reddito più basso del 15% e una ricchezza inferiore del 41%), dalla crisi sociale allo smarrimento della cultura del rischio personale, indispensabile per rimettere in moto la crescita e i meccanismi di ascesa della scala sociale.

Crescono, alimentati dal rancore, i pregiudizi verso ciò che è “diverso”: 7 italiani su 10 sono contrari al matrimonio con una persona più vecchia di almeno vent’anni o dello stesso sesso, oltre che a quello con persone di differente religione, in particolare islamica. 4 su 10, poi, non vedono di buon occhio l’unione con immigrati, asiatici o africani.

Il 95% degli italiani è convinto che per fare strada nella vita occorra conoscere le persone giuste, provenire da una famiglia agiata (88%, diversamente da tedeschi, 61%; inglesi, 54%; francesi, 44%; svedesi, 38%) o avere fortuna (93% rispetto all’89% dei tedeschi, 77% dei francesi, 69% degli svedesi e 62% degli inglesi).  

Eppure nell’ultima fase della recessione e nella timida ripresa congiunturale gli italiani dispongono di una liquidità totale di 911 miliardi di euro (cresciuta di 110 miliardi tra il 2015 e il 2017), pari al valore di un’economia che, nella graduatoria del Pil dei Paesi europei post Brexit, si colloca dopo Germania, Francia e Spagna, ma prima dei Paesi Bassi e della Svezia. Insomma, l’Italia ha smarrito la capacità di guardare avanti e si limita a utilizzare le risorse di cui dispone senza tuttavia seguire un preciso programma. Lo dimostra anche l’incidenza degli investimenti sul Pil scesa al 17,2% e che colloca l’Italia a distanza dalla media europea (20,5% escluso il Regno Unito, 21,1% con il Regno Unito), da Francia (23,5%), Germania (20,1%) e Spagna (21,1%).

 

A caccia di speranze e talenti

A partire da tale scenario Censis e Conad uniscono competenze e forze per dare vita a un progetto di ricerca, comunicazione e confronto aperto a tutti gli attori del vivere sociale, cittadini, politica, istituzioni e imprese, per favorire l’avvio di una riflessione comune che si trasformi in una nuova spinta propulsiva a costruire il futuro di ciascuno e del Paese.

La crisi che blocca l’Italia è economica ma anche sociale e il progetto Censis-Conad si pone proprio l’obiettivo di stimolare l’avvio di una riflessione comune, portando in evidenza i costi che il Paese pagherà nel caso la società restasse intrappolata nella propria paura, nella nostalgia del passato, nel rancore. Una riflessione che dovrà dare visibilità e forza a idee ed esperienze concrete.

Le attività prevedono la valorizzazione delle conoscenze attuali, continuando al contempo a individuare ulteriori fonti specifiche per il progetto; la loro divulgazione, portando la riflessione sui contenuti nei luoghi più significativi del Paese sia per il progetto sia per Conad; un’intensa campagna di comunicazione dando visibilità a tre roadshow territoriali (uno al Nord, uno al Centro e uno al Sud) con il coinvolgimento di stakeholder, testimonial, esperti, referenti istituzionali, politicu e alimentando Osserva Italia di Repubblica.it, l’osservatorio sugli stili di vita degli italiani e sulle loro aspettative per il futuro, con notizie, dati e commenti.

A chiusura del progetto, Censis e Conad daranno vita a un evento di alto profilo culturale e sociale che ruota attorno alla presentazione dell’immaginario collettivo contemporaneo degli italiani, all’incontro con grandi personalità sui temi affrontati, alla consegna del premio Top Imaginary Contest al personaggio pubblico che più ha fatto presa sullo stato d’animo degli italiani e a una lectio magistralis di un personaggio pubblico che incarna al meglio il nuovo immaginario collettivo rivolta agli studenti delle scuole medie superiori e universitari.

Il progetto è stato presentato a Palazzo Giustiniani dal responsabile aree politiche sociali del Censis Francesco Maietta. Alla presentazione è seguita la tavola rotonda Miti del rancore, miti per la crescita: verso un immaginario collettivo per lo sviluppo con il giornalista Luca De Biase, il filosofo Maurizio Ferraris, il direttore generale del Censis Massimiliano Valerii e l’amministratore delegato di Conad Francesco Pugliese, moderata dalla giornalista Maria Latella.

e-commerce: 6 regole per ottimizzare le vendite natalizie

Meno lontano di quanto si pensi, il Natale merita di più. Almeno per quanto riguarda l’e-commerce.

Efficienza, rapidità, servizio di qualità: è tempo allora di impostare una vera e propria strategia in vista delle festività, per sfruttare al meglio le possibilità di business offerte dall’alta domanda dei consumatori.

A supporto dei merchant scendono in campo tre player del settore altamente qualificati. Partendo dalla promozione e presenza sul web, passando dal delicato momento dei pagamenti per arrivare all’imballaggio finale, ogni dettaglio può rivelarsi fondamentale. Eureweb, digital media agency specializzata nel web marketing, HiPay, la Fintech europea specializzata in soluzioni di pagamento Omnichannel e attiva in 150 Paesi nel mondo ed infine Rajapack, azienda leader in Europa nella distribuzione di imballaggi e forniture aziendali. Ecco i loro consigli per ottimizzare le vendite online durante il periodo natalizio.

Da Eureweb i consigli per un sito user-friendly e una pubblicità online vincente

  1. Il successo di un sito e-commerce responsive

Per evitare ulteriori motivi di stress nel consumatore che lo porterebbero molto probabilmente ad acquistare altrove, è necessario rendere l’e-shop il più responsive possibile. Un sito e-commerce che si adatta al meglio al device di fruizione, facile da leggere e veloce nella navigazione gioca sicuramente un punto a favore nella ricerca dei regali di Natale. Da non dimenticare la rilevanza sempre maggiore del mobile in questa prima fase del customer journey. Negli ultimi anni la visualizzazione da smartphone ha infatti ampiamente superato quella da desktop in volumi di ricerca.

  1. Pianificare le campagne adv in tempo

In un periodo in cui la propensione all’acquisto dei consumatori è massima, è fondamentale amplificare la visibilità del brand attraverso campagne di web marketing capaci di primeggiare sulla concorrenza. Ecco perché bisogna saper erogare il messaggio giusto, alla persona giusta, nel momento giusto grazie ad una strategia precisa ed efficace. Fin da ottobre è importante attuare una campagna finalizzata ad incrementare la brand awareness sfruttando soluzioni di maggior impatto emotivo come campagne display o video. A novembre invece l’obiettivo diventa di conversione con una comunicazione diretta alla vendita: anche in Italia il picco più alto di acquisti prima di Natale si registra infatti a fine mese, il giorno del Black Friday.

Da HiPay i consigli per offrire un’esperienza di acquisto rapida e sicura

  1. L’importanza dei custom data

I dati dei pagamenti sono una fonte di informazione importantissima per la crescita del proprio e-commerce; che congiuntamente ad informazioni strettamente legate al business, permettono di monitorare ancor più a fondo i comportamenti rischiosi. Infatti, soprattutto nel periodo natalizio, il rischio frode è molto alto particolarmente nei confronti di alcune tipologie di prodotti più pregiati o con spedizioni in aree più sensibili. Per questa ragione HiPay consiglia ad ogni merchant di dotarsi di un antifrode customizzabile che dia la possibilità di inserire, oltre ai parametri da monitorare relativi alle transazioni più rischiose, anche i custom data, ovvero i dati proprietari legati al business del merchant che si integrano nell’antifrode di HiPay, rafforzando perciò l’efficacia del tool e di conseguenza il monitoraggio delle transazioni rischiose.

  1. Transazioni rapide soprattutto da mobile

Lo scorso anno un terzo degli acquisti e-commerce è stato elaborato attraverso smartphone o tablet. L’incidenza di questi device è quintuplicata nel giro di 5 anni, ciò dimostra che durante la pianificazione della strategia e-commerce è fondamentale dedicare il giusto spazio anche alle transazioni effettuate da mobile, sia snellendo la compilazione del formulario dati all’interno della pagina di check out sia modulando il 3D secure, così da velocizzare le transazioni. (fonte: Osservatorio e-commerce B2C del Politecnico di Milano e Netcomm)

Da Rajapack i consigli per una logistica funzionale e un imballaggio di valore

  1. Organizzare in anticipo il magazzino

Assicurarsi di avere tutto il necessario nei tempi stabiliti è senza dubbio una prerogativa in vista di un periodo così impegnativo. Rimanere sprovvisti di imballaggi e soluzioni per impacchettare e spedire i prodotti comporterebbe significativi ritardi che alla fine ricadrebbero non solo sull’azienda ma inevitabilmente anche sul consumatore finale che rischierebbe di non vedere il proprio regalo sotto l’albero di Natale. Programmare gli ordini e rifornire il magazzino è quindi d’obbligo per non arrivare impreparati.

  1. Il giusto imballaggio a 360 gradi

Scegliere la soluzione capace di soddisfare al meglio le proprie esigenze di imballaggio non è un aspetto da sottovalutare. Proteggere il contenuto è fondamentale per non correre il rischio che l’acquisto si rovini durante la spedizione lasciando al cliente uno spiacevole ricordo. Inoltre il packaging è un vero e proprio biglietto da visita in grado di trasmettere i valori e le peculiarità che caratterizzano l’azienda. Una particolare attenzione alla personalizzazione e all’utilizzo di materiali eco-friendly potrà sicuramente accrescere la brand reputation in modo positivo.

F.lli Morgese lascia Auchan e torna in Gruppo VéGé

Da VéGé a Auchan e ritorno: Gruppo VéGé rafforza ulteriormente la compagine sociale con l’ingresso dal prossimo 1 gennaio del nuovo socio F.lli Morgese s.r.l., detentore delle insegna Euroesse.

Gruppo VéGé, a pochi giorni dall’entrata di Vega Società Cooperativa (anch’esso operativo da gennaio 2019), fa un ulteriore balzo in avanti, annunciando l’ampliamento del numero delle imprese socie con il ritorno dell’impresa condotta dalla famiglia Morgese, fortemente radicata in Campania attraverso una rete di 22 punti vendita al dettaglio e 1 cash and carry.
F.lli Morgese s.r.l. lascia Auchan e ritorna in Gruppo VéGé, tenendo la propria insegna ed inserendo la Marca del Distributore VéGé sia nei suoi 13 punti vendita di proprietàsia nei nove affiliati.
La politica di alleanze strategiche e commerciali, messa in atto da Gruppo VéGé per il 2018, ha visto la realizzazione di progetti che l’hanno resa protagonista nel mondo della Moderna Distribuzione negli ultimi mesi: la piattaforma comune sud-europea con Grupo IFA, leader della Distribuzione in Spagna e Portogallo, e la nuova Aicube, quarta centrale d’acquisto in Italia per market share, sorta dall’intesa con Gruppo PAM e Carrefour Italia.
Con questo accordo il Gruppo potenzia il proprio presidio confermando la leadership in Campania con le imprese socie giàpresenti sul territorio: Bava S.r.l., Caramico Gaetano & C. S.p.A., Colonial Sud S.p.A., Gambardella S.r.l., Gargiulo & Maiello S.p.A., Moderna S.p.A., Multicedi S.r.l., Nocera Bros S.r.l., S.I.D.I. Piccolo S.r.l. Sistemi Distributivi.
“Siamo molto contenti di accogliere la F.lli Morgese s.r.l., una solida realtàdel commercio associato, che opera da oltre 50 anni, fortemente radicata nel territorio campano. – ha dichiarato Nicola Mastromartino, Presidente di Gruppo VéGé –. Il suo ritorno è la dimostrazione che lavorando con umiltà, competenza e trasparenza, i valori che connotano da sempre il nostro Gruppo, si creano rapporti di fiducia e reciproco rispetto che non si sciolgono mai definitivamente e permettono di lavorare insieme ad un progetto comune anche a distanza di tempo”.
“La nostra impresa, con una storica matrice familiare, ha la volontàdi realizzare un’ulteriore
espansione sul territorio – ha detto Roberto Morgese, amministratore unico della F.lli Morgese -. In Gruppo VéGé abbiamo trovato interlocutori che condividono i nostri valori e un network nazionale dinamico, pronto a sostenere il nostro programma di crescita. Infine èuna sorta di ritorno alle origini, in quanto nostro padre Carlo fu uno dei fondatori della VéGé in Campania, giànegli anni 60”.

2019: di che IVA sarà? Le previsioni di IRI

2019 quali saranno gli scenari  possibili? Partendo dalla situazione attuale, IRI, leader mondiale nelle informazioni di mercato per il Largo Consumo, il Retail e lo Shopper, ha elaborato le sue previsioni.

Il 2018
Durante tutto il corso di quest’anno, si è assistito a un deciso rallentamento del trend LCC. Si tratta di un fatto atteso fin dalla fine del 2017: rimbalzi climatici per le categorie stagionali, ripresa dei prezzi e primi segnali di rallentamento dei trend setter indicavano già questa direzione.
Tuttavia l’inaspettato peggioramento del quadro economico internazionale (turbolenza del commercio e speculazione finanziaria) e il ripiegamento della fiducia di famiglie e imprese sul fronte interno hanno complicato la situazione conducendo il Largo Consumo nei canali distributivi moderni in una fase di stagnazione dei volumi.
IRI ha osservato più volte come la domanda LCC sia diventata negli ultimi anni un «early indicator» dello stato di salute e di fiducia del Paese e ancora una volta questo si è puntualmente ripetuto. Inoltre un’eventuale nuova manovra sull’Iva peggiorerebbe lo scenario atteso deprimendo ulteriormente l’andamento del mercato del Largo Consumo.

IVA: scenari possibili
Due gli scenari previsionali sulla base di diverse ipotesi di politica economica.
1) Non sarà modificata l’attuale struttura dell’imposizione Iva.
2) Saranno recuperate risorse attraverso l’intervento sull’imposizione indiretta (Ipotesi di trasferimento di 1 punto percentuale di crescita in media sui prezzi al dettaglio LCC). Questa ipotesi implica un ulteriore deterioramento delle aspettative sul potere d’acquisto nel breve periodo.

Per quanto riguarda i fattori di filiera si prospetta una prosecuzione delle tendenze attuali.
I prezzi, già in evoluzione positiva grazie al comportamento di «trading-up» (aumento del valore del mix dei prodotti acquistati) trovano nuove spinte al rialzo dalle pressioni provenienti dalle cosiddette componenti volatili (costo materie prime, apprezzamento del dollaro, ecc.) frenando lo sviluppo della domanda.
Il quadro generale LCC previsto per il 2019 resta dominato dai fattori di freno delle vendite in volume (prezzi ancora in tensione, stagnazione del potere d’acquisto e minor fiducia delle famiglie sulla propria situazione economica, erosione dei risparmi reali). I volumi LCC nella GDO si evolveranno debolmente in terreno positivo senza tornare però ai livelli del 2017.
Per quanto concerne le vendite in valore è attesa una chiusura 2018 in leggera crescita per finanziare l’aumento dei prezzi e un rimbalzo positivo è previsto nel 2019 sempre sull’onda dell’aumento dei prezzi medi.

 

I rincari dei prezzi dominano lo scenario dei ricavi LCC quest’anno e le prospettive del 2019. La moderata crescita delle vendite a valore del 2018 (concentrata sull’Alimentare) è infatti causata per la quasi totalità dal «finanziamento» degli aumenti dei prodotti Freschi.
In controtendenza ancora i comparti Chimici cronicamente in deflazione, anche se nel Cura Persona si colgono primi segnali di stabilizzazione dei prezzi.
Per il 2019 si attende la permanenza di spinte al rialzo sul fronte dei prezzi, una tendenza che è destinata ad accentuarsi nel caso di interventi sulle aliquote IVA. Ciononostante l’eventuale intervento fiscale non aumenterebbe in misura significativa le vendite in valore, perché sarebbe in parte compensato da un calo degli acquisti reali. Ne consegue che il gettito aggiuntivo per le casse dell’erario sarebbe più alto di circa 640 milioni € mentre i ricavi al netto IVA per la filiera LCC si ridurrebbero di oltre 400 milioni rispetto al regime di imposizione diretta attuale.
Questi scenari previsionali non considerano però l’effetto di una eventuale nuova regolamentazione delle aperture domenicali annunciato nel DEF 2019. La domenica rappresenta circa il 11,4% delle vendite settimanali in Iper e Supermercati. La limitazione delle aperture domenicali da un lato stravolgerebbe l’attuale “agenda della spesa” delle famiglie italiane, e dall’altro potrebbe influenzare negativamente le vendite effettuate nei punti di vendita della distribuzione moderna dando nuovo impulso a canali alternativi di acquisto come e-commerce e food-service.

 

Nota metodologica – Le previsioni IRI sono aggiornate a settembre 2018 e sono realizzate considerando il Totale Largo Consumo Confezionato in Italia nei seguenti canali di vendita: Ipermercati + Supermercati + Libero Servizio Piccolo + Drugstore + Discount.

Starbucks debutta a Milano con una magica fabbrica del caffè

In fondo è tutto iniziato anni fa nella mente del fondatore di Starbucks, Howard Schutz, che trentenne nel 1983 venne in viaggio a Milano, come ha spiegato emozionato alla presentazione per la stampa. E, affascinato dalla cultura del caffè italiana, che significa anche e soprattutto socialità e accoglienza, immaginò come sviluppare la sua azienda, ispirandosi proprio al buon vivere italico. Oggi Starbucks è il primo torrefattore e rivenditore di caffè nel mondo con oltre 25.000 negozi in tutto il mondo. Ma fino ad ora nessuno in Italia. Il primo caffè alto di gamma, terza Roastery al mondo dopo Seattle e Shangai, apre le porte al pubblico il 7 settembre alle ore 9 in piazza Cordusio a Milano, nell’antico palazzo delel poste, ed è “il cerchio della storia di Starbucks che si chiude”.

[Not a valid template]Non uno Starbucks qualunque dunque (anche se Schultz ha confermato che apriranno altri Starbucks entro l’anno a Milano, in collaborazione con il partner licenziatario Percassi), ma uno spazio di grande impatto che offre “tutto il meglio di Starbucks” e che presenta un vero e proprio palcoscenico sul fantastico mondo del caffè, variegato e caleidoscpico ma che noi italiani spesso vediamo a due dimensioni: miscela ed espresso.
Un sorta di fabbrica del cioccolato à la Willy Wonka dove poter gustare, odorare ma anche seguire la lavorazione dal chicco verde alla tazzina, con un caffè estratto in vari metodi. Tutto il caffè servito e venduto è torrefatto all’interno della Roastery dalla gigantesco tostatrice. L’effetto “wow” è assicurato dal caffè che sfreccia sopra le teste dei clienti dentro tubi in rame con “finestre” tasparenti che finiscono in silos posizionati nei vari bar della Roastery, dove è possibile assaporare la freschezza del caffè Reserve, o attraverso la linea di confezionamento, dove viene impacchettato per essere venduto o distribuito negli Starbucks di tutta Europa, Medio Oriente e Africa.
La Reserve Roastery di Milano, gestita direttamente dall’azienda, va a consolidare l’investimento aziendale nel suo brand esclusivo come parte della sua strategia di sviluppo generale, fungendo inoltre da base per l’innovazione commerciale e prodotto dei suoi negozi principali nel resto del mondo. 

Gruppo San Benedetto primo in Italia nel beverage analcolico

La sede del gruppo San Benedetto.

La conferma arriva da GlobalData: Acqua Minerale San Benedetto S.p.A. conferma per il terzo anno consecutivo il primato a volume in Italia nel mercato del beverage analcolico, consolidando con il brand San Benedetto la leadership nei mercati Acqua Minerale, Tè freddo e Bibite Gassate Non-Cola Low Calorie Carbonates. Energade, inoltre, continua ad essere il brand più venduto nella categoria Sport Drinks.
GlobalData è una prestigiosa societàinternazionale di ricerca e consulenza di mercato con sede principale a Londra, specialista nello studio e l’analisi dei mercati globali relativi all’industria delle. Il 2017 ha visto una crescita sensibile in alcuni settori.


Buone performance che vanno ad aggiungersi alla recente affermazione attribuita dal Reputation Institute: anche in questo caso, per il terzo anno consecutivo, San Benedetto èstata eletta azienda con la piùalta Reputazione in Italia nel settore del beverage analcolico nel 2017. 

Come ha sottolienato il Presidente del Gruppo, Enrico Zoppas, “dedichiamo molto tempo all’elaborazione di idee in grado di racchiudere tre concetti a noi molto chiari. Mi riferisco a ricerca, qualitàe sostenibilità. Abbiamo cercato di coniugarle al meglio dando vita ad un percorso di innovazione e sviluppo di cui siamo fieri. Ringrazio coloro i quali ogni giorno, con passione e dedizione, si dedicano alla vita aziendale consentendo a San Benedetto di affermarsi sempre piùe ottenere questi prestigiosi riconoscimenti”.

Nata nel 1956, Acqua Minerale San Benedetto S.p.A ., con un fatturato consolidato pari a 756 milioni di euro e con una presenza in 100 Paesi nei cinque continenti, èil Gruppo a capitale interamente italiano piùimportante nell’intero mercato del beverage analcolico.

Oltre ai vari brand San Benedetto appartengono al gruppo i marchi Antica Fonte della Salute, Acqua di Nepi, Guizza Pura di Roccia, Cutolo Rionero Fonte Atella, Aquavitamin, Schweppes, Guizza, Energade, Oasis e Ben’s Ginger Spritz.

Rapporto Bio Bank 2018: continua l’avanzata del biologico, vola la cosmesi

Sempre più diffuso, al di là delle mode e degli integralismi: stiamo parlando del biologico e una conferma del suo successo viene dai numeri del nuovo rapporto Rapporto Bio Bank 2018, che verrà presentato ufficialmente al Sana di Bologna il 7 settembre e che pubblica e analizza i dati riferiti alle 10.001 attività censite da Bio Bank nel 2017: 9.075 per l’alimentazione e 926 per la cosmesi.

Un settore quello del biologico che ha superato i 5 miliardi di euro nel 2016 tra Italia ed estero, con un incremento del 16,3% rispetto all’anno precedente.

 

Aumentano le attività, nella cosmesi +177%

Negli ultimi cinque anni il numero di attivitàdelle otto tipologie monitorate nel Rapporto per gli Alimenti ècresciuto di oltre il 6%. A volare sono invece le tre tipologie di attivitàmonitorate per la Cosmesi, cresciute del 177%.


Per gli Alimenti ancora in testa gli e-commerce di alimenti bio, passati dai 147 del 2013 ai 344 del 2017, con una crescita del 134%, e i ristoranti bio, passati da 350 a 556, con una crescita del 58,9%. Seguono i 1.437 negozi specializzati di alimenti bio (+12,5%), le 1.311 mense scolastiche (+6,1%), i 238 mercatini (+3%), mentre le 2.879 aziende con vendita diretta crescono appena dell’1,5%. In calo gli agriturismi a quota 1.497 (-4,5%) e i gruppi d’acquisto solidale a 813 (-8,3%).

Per la Cosmesi guidano ancora il trend le profumerie bio, balzate dalle 49 del 2013 alle 245 del 2017 (+400%). Notevole lo sviluppo degli e-commerce di cosmesi bio, passati da 70 a 255 (+264,3%). Ma è significativo l’aumento delle aziende di cosmesi bio e detergenza eco certificate, che raddoppiano passando da 215 a 426 (+98,1%).

 

Lombardia prima della classe

La classifica delle regioni leader per numero assoluto di attivitàbio nel 2017 riconferma la Lombardia con ben 1.417 attività, prima per numero di gruppi d’acquisto, negozi, mense, aziende ed e-commerce di cosmesi. Al secondo posto ancora l’Emilia-Romagna con 1.312 attività, che primeggia con vendita diretta, mercatini, e-commerce di alimenti e ristoranti. Al terzo la Toscana con 1.126 realtà, regina incontrastata, e non ci sorpende, degli agriturismi. Anche alla guida della classifica per densitàdi attivitàsi riconfermano le stesse tre regioni del Centro Italia: le Marche con 397 attivitàper milione di abitanti, l’Umbria con 347 e la Toscana con 301.

Tra le regioni leader in Italia solo una èpresente sia nella classifica per numero sia in quella per densitàed èla Toscana. Tra le regioni leader in una singola tipologia entra per la prima volta il Sud, con la Campania, leader per numero di profumerie bio.

 

Polarizzazione tra basico e di alta qualità

Diecimila attivitàsono una fetta importante del biologico italiano, dall’alimentazione, dove il bio ha visto il suo esordio, alla cosmesi, dove la sua diffusione èpiùrecente. Dai canali storici, come i negozi specializzati, a quelli emergenti, come l’e-commerce.
Il perimetro del Rapporto Bio Bank non comprende quindi tutto il biologico – che ormai non ha più confini e si trova ovunque – ma fornisce dati quantitativi e qualitativi per leggere il cambiamento in atto e affrontare le nuove sfide. Oggi che sono entrate nel bio sia le multinazionali, sia grandi, medie e piccole aziende agroalimentari, si assiste a una polarizzazione. Da una parte il bio basico, che rispetta il regolamento europeo e si accontenta dell’Eurofoglia. Dall’altra le aziende storiche del bio, che continuano la scalata dei valori nel segno della qualità totale. Ma che in qualche modo diversificano e specificano, accogliendo nuove suggestioni: ecco allora nascere il biologico legato all’origine delle materie prime (locale, regionale, made in Italy), il biologico che si evolve in biodinamico, il biologico che fa filiera (assciurando un giusto prezzo ai produttori e una distribuzione equa del valore lungo tutta la catena), il biologico etico (attento alle condizioni di lavoro nelle campagne, avvelenate dalla piaga del pizzo e del caporalato), il biologico equosolidale, attento al sociale.

Nel rapporto è posisbile trovare l’andamento delle vendite bio negli ultimi dieci anni, i Trend 2013-2017 del numero di attività bio per le di 11 tipologie monitorate, le regioni Leader 2017 per numero assoluto e per densità, l’analisi puntuale di otto tipologie di attività per gli Alimenti e di tre per la Cosmesi, anche con dati storici. Le 58 pagine sono consultabili liberamente su Issuu.

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