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Dalla visibilità alla vendita, ecco i brand che ci riescono meglio

In Europa Occidentale è Coca-Cola il marchio che meglio converte la propria presenza sugli scaffali in acquisti effettivi. È quanto evidenzia il nuovo Brand Traction Score di NielsenIQ (NIQ), l’indicatore indirizzato ai marchi della Gdo per valutarne l’efficacia di conversione. Uno strumento basato sulle due principali fonti di insight dell’azienda: i dati del Consumer Panel, in grado di registrare la frequenza di acquisto dei marchi, e quelli del Retail Measurement che misurano diffusione e penetrazione a livello di negozio.
Questo strumento ha mostrato come alcuni dei marchi di maggior successo abbiano conseguito un +40% del fatturato grazie all’espansione della propria distribuzione nei punti vendita, con oltre il +60% dell’incremento dei volumi proveniente da nuove famiglie acquirenti. Un ulteriore +18% è stato invece generato da clienti che hanno ampliato gli acquisti di marchi e categorie, mentre solo un terzo del fatturato è stato ottenuto sottraendo quote alla concorrenza.
Quali sono le caratteristiche dei marchi con un Brand Traction Score elevato? Sono in genere di grandi dimensioni, crescono più rapidamente e convertono la visibilità in vendite in modo più efficiente. Nelle intenzioni di NIQ, lo studio può aiutare i produttori di beni del largo consumo ad analizzare i fattori che guidano la crescita del marchio, individuando così opportunità di ottimizzazione nel marketing e nelle vendite.

LE CATEGORIE CHE TRAINANO IL MERCATO
L’analisi condotta da NIQ mostra che in Europa Occidentale – nello specifico Regno Unito, Germania, Francia, Spagna e Italia – Coca-Cola ottiene il punteggio più alto (487) per conversione delle vendite, seguita da Philadelphia (458) e Nutella (426). Tra i primi 15 marchi predominano quelli dei prodotti legati al piacere e alla gratificazione personale, seguiti dai latticini, due categorie che beneficiano di un’ampia gamma di scelta, molteplici occasioni di consumo e cicli di acquisto brevi.
Accanto ai marchi internazionali affermati, in classifica figurano anche forti player locali e specialisti di categoria. L’analisi è stata condotta su 446 marchi con almeno l’1% di penetrazione nei cinque principali mercati europei (EU5), che hanno registrato una crescita delle vendite in unità pari o superiore al +5% nell’anno conclusosi a maggio 2025 rispetto all’anno precedente. Tra questi 446 marchi europei, il 60% ha ottenuto acquisti più frequenti da parte di un numero maggiore di consumatori grazie alle nuove referenze inserite a scaffale.

DARE PRIORITÀ AI PRODOTTI ‘GIUSTI’
In tutti i sette settori della Gdo analizzati emerge un chiaro modello: i marchi che registrano il progresso più elevato in termine di unità vendute sono anche quelli che mostrano i maggiori incrementi nel Brand Traction Score. Questo evidenzia che, sebbene la distribuzione rimanga un fattore cruciale, il successo dipende sempre più dalla capacità di individuare la priorità dei prodotti più giusti (nuovi o già esistenti), ovvero quelli in grado di convertire più efficacemente la presenza sugli scaffali in vendite.
I marchi che hanno incrementato maggiormente il loro Brand Traction Score e il fatturato sono infatti quelli che investono strategicamente in praticità, salute e sostenibilità. Ampliandosi in categorie adiacenti e lanciando nuovi prodotti che rispondono a queste esigenze, rafforzano il loro presidio nel mercato retail e al tempo stesso aumentano la penetrazione e la frequenza d’acquisto tra le famiglie.

UN NUOVO INDICATORE
Il Brand Traction Score è un nuovo indicatore che mostra quanto efficacemente i marchi riescano a convertire la loro presenza sugli scaffali in acquisti reali – dichiara Emilie Darolles, President Western Europe di NIQ –. Abbiamo osservato che i marchi possono espandersi anche senza ampliare la loro presenza fisica, ma semplicemente rafforzando il potere di attrazione. Questo dimostra che lo sviluppo non passa solo dall’acquisizione di nuovi clienti, ma anche dalla loro attivazione”.
In un mercato altamente competitivo come quello dell’Europa Occidentale – aggiunge Enzo Frasio, Amministratore Delegato di NIQ Italia – questo indicatore offre ai produttori una visione chiara e fruibile delle opportunità di crescita. Al contempo, consente ai marchi di migliorare la conversione, potenziare le prestazioni nei punti vendita e promuovere uno sviluppo sostenibile”.

COME SI CALCOLA IL PUNTEGGIO
Il NIQ Brand Traction Score misura l’efficacia con cui i marchi trasformano la loro presenza sugli scaffali in acquisti reali. Combina due fonti di dati: le informazioni raccolte dal Consumer Panel, che monitora la frequenza con cui i consumatori acquistano un marchio, e i dati di Retail Measurement, che misurano l’ampiezza e la profondità della distribuzione di quel marchio nei negozi.
Il punteggio indica il numero di opportunità d’acquisto per referenza generate. Per esempio: un marchio presente in 100 punti vendita e che realizza 500.000 acquisti ottiene un Brand Traction Score di 5.000, ovvero ogni referenza genera 5.000 acquisti. Un punteggio più elevato indica che un marchio non solo raggiunge un numero maggiore di acquirenti, ma che converte anche la visibilità in vendite in modo più efficiente.

 

Le differenze inventariali costano ai retailer l’1,2% delle vendite

In Italia il loro costo è stato in media pari all’1,2% dei ricavi annui dei retailer, per un valore di 4,12 miliardi di euro di perdite, cioè 107 euro per cittadino. Da qualsiasi punto di vita le si guardi, le differenze inventariali da taccheggio sono un problema importante e reale. A fare i conti è l’edizione 2024 del Barometro dei Furti nel Retail in Italia promossa da Checkpoint Systems Italia in collaborazione con NielsenIQ.
Lo studio evidenzia come il 53%, ovvero oltre la metà delle perdite, sia causato da furti commessi dai potenziali clienti nei punti vendita: un fenomeno in crescita, rispetto all’anno 2023, percepito dall’84% delle aziende intervistate. Tra le altre tipologie di perdite si registra una percentuale del 21% di furti interni, da parte dei dipendenti, un 15% di errori dei fornitori e 11% di errori amministrativi.

FOOD, HEALTH & BEAUTY TRA I BERSAGLI PRINCIPALI
Il food retail risulta ancora una volta l’ambito più colpito, rappresentando il 45% delle perdite complessive da taccheggio. Tra questi l’84% ha in assortimento prodotti di health & beauty, il 74% articoli per gli animali da compagnia, il 68% tessili per abbigliamento e casa, il 63% materiale elettrico, per il fai-da-te, libri o articoli da cancelleria e, infine, il 58% propone prodotti di elettronica.
In termini di incidenza dei furti, il comparto health & beauty rappresenta circa il 19% del totale, seguito dal tessile e abbigliamento con il 14%. Il fai-da-te registra un peso del 7%, mentre l’elettronica si attesta al 5%. Chiudono la classifica i prodotti per animali da compagnia e le decorazioni per la casa, entrambi al 4%, e infine libri e articoli di cancelleria, che rappresentano il 2%.
Sebbene le differenze inventariali da taccheggio si distribuiscano lungo tutto l’arco dell’anno, la stagione invernale si conferma la più critica, concentrando il 28% degli episodi, complice il maggiore afflusso nei punti vendita e la possibilità di occultare più facilmente la merce.

I RISCHI DEL SELF-CHECKOUT
Quanto ai luoghi in cui si verificano i furti, l’area di vendita resta il principale teatro, seguita dalle casse dove, con la diffusione dei sistemi self-checkout, emergono nuove vulnerabilità: le aziende intervistate concordano sul fatto che in queste postazioni il rischio di taccheggio sia superiore rispetto alle casse assistite, evidenziando la necessità di rafforzare i presidi di controllo e deterrenza.
Oggi il 79% delle aziende dichiara di disporre di casse self-service e, per far fronte alle criticità connesse, il 32% ha destinato risorse specifiche a quest’area per prevenire i furti. Inoltre, l’83% delle realtà intervistate ha potenziato le misure di sicurezza introducendo telecamere di sorveglianza, addetti dedicati e sistemi antitaccheggio, mentre il 33% ha implementato anche soluzioni basate su tecnologia Rfid.

L’IDENTIKIT DEL TACCHEGGIATORE
L’analisi evidenzia come oltre la metà dei furti ovvero 53% sia perpetrata da singoli individui, generalmente non professionisti e attivi in modo episodico, mentre il restante 47% risulta riconducibile a gruppi organizzati. Anche l’esame della recidiva offre spunti significativi: il 54% degli episodi di differenze inventariali da taccheggio è attribuito a soggetti già noti per precedenti infrazioni, contro un 46% di autori occasionali.
Dal punto di vista anagrafico, due aziende su tre segnalano che il 68% dei responsabili appartiene alla fascia d’età compresa tra i 18 e i 50 anni, confermando un profilo prevalentemente adulto e operativo. I minori e gli over 50 impattano rispettivamente per un 16%.

CRESCONO LE AGGRESSIONI VERBALI O FISICHE
Sul piano economico, i furti riguardano prevalentemente beni di valore contenuto: nel 40% dei casi l’importo stimato si colloca tra 41 e 80 euro, mentre per il restante 60% si tratta di episodi di entità più variabile, equamente distribuiti tra valori inferiori ai 40 euro e oltre gli 80 euro.
Lo scenario si conferma dunque complesso e in evoluzione, coinvolgendo non solo le dinamiche del taccheggio ma anche la sicurezza del personale nei punti vendita. Sia nei furti esterni sia in quelli interni commessi dai dipendenti, l’84% delle catene segnala un aumento significativo delle aggressioni verbali o fisiche nei confronti degli addetti. Parallelamente, il 68% delle aziende riconosce la necessità di formare il personale per prevenire e gestire tali episodi, mentre il 53% evidenzia crescenti difficoltà nel reperire figure dedicate alla sicurezza, a conferma di una pressione crescente sulle risorse umane impegnate nella tutela dei punti vendita.

I PRODOTTI DI USO QUOTIDIANO SONO I PIÙ RUBATI
L’analisi NielsenIQ mette in luce un quadro sorprendentemente trasversale: il taccheggio non risparmia nessun reparto. Dall’alimentare alla tecnologia, alcuni articoli risultano particolarmente esposti per valore, frequenza e facilità di sottrazione. Nel food & beverage gli articoli più sottratti sono tonno, formaggi e prodotti del reparto liquidi (alcolici e bevande), seguiti da caffè e salumi. Il fenomeno mostra una progressione netta rispetto al 2023 con un incremento significativo nella misura del +90% per tonno e vini, alcolici e altre bevande, +70% per il caffè, +60% per il formaggio e +40% per salumi e gastronomia.
Nel comparto health & beauty si confermano al primo posto i prodotti per la cura del viso e del corpo, seguiti da lamette da rasoio, deodoranti, prodotti per l’igiene orale e make-up: articoli a valore medio-alto e a elevata rotazione, spesso oggetto di furti seriali. Rispetto al 2023, i furti crescono dell’80% per i prodotti viso, del 60% per quelli dedicati alla cura del corpo, del 70% per rasoi, deodoranti e dentifrici speciali, fino a toccare un +90% per il make-up.

PET FOOD, BIANCHERIA E CANDELE
Anche il Pet Food è sempre più nel mirino, con cibo umido e secco tra i prodotti più sottratti, seguiti da articoli per la cura e l’igiene degli animali. Nel settore tessile e abbigliamento, i furti si concentrano su biancheria intima, t-shirt, calzature e abbigliamento sportivo, a conferma di un trend che privilegia prodotti di uso quotidiano e ad alto turnover.
La categoria Casa e decorazione registra invece il maggior numero di differenze inventariali da taccheggio su candele, profumatori per ambienti e utensili da cucina: articoli di valore contenuto ma grande appeal. Nel fai-da-te e materiale elettrico, i protagonisti dei furti restano pile e lampadine, mentre nel comparto elettronica spiccano cuffie, auricolari e accessori per smartphone e stampanti seguiti da smartwatch e dispositivi indossabili.

PREVENIRE È UNA PRIORITÀ STRATEGICA
Nel complesso, il Barometro sui furti nel retail 2025 tratteggia le differenze inventariali come un fenomeno in espansione e sempre più diffuso, che non segue logiche di settore ma di opportunità: dalla spesa quotidiana ai beni personali, dal pet care alla tecnologia, i taccheggiatori sembrano orientarsi verso prodotti ad alta rotazione e facile occultamento, spesso di piccolo formato ma ad alto valore percepito. L’aumento generalizzato delle sottrazioni, con picchi che, in alcune categorie, superano il 90% rispetto al 2023, evidenzia come la prevenzione delle perdite sia ormai una priorità strategica per il retail. Un campanello d’allarme che chiama le aziende a rafforzare i presidi di sicurezza, ma anche a ripensare processi e layout di vendita in chiave più attenta e predittiva.

LE CONTROMOSSE: DAI TAG RFID ALL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE
Quasi la totalità dei retailer intervistati, per contrastare le differenze inventariali, dichiara di aver adottato sistemi di videosorveglianza (95%) e di disporre di personale dedicato alle aree più sensibili dei punti vendita (95%), a conferma di un approccio sempre più strutturato alla sicurezza. Ampiamente diffusi risultano anche i sistemi antitaccheggio tradizionali (89%), le barriere di sicurezza (95%), gli spider wrap, collari e box in policarbonato (84%). A queste misure più consolidate si affiancano tecnologie di nuova generazione, come le soluzioni basate su Rfid (37%) e, in misura minore, i cestini per la spesa dotati di Rfid (21%).
Nonostante la diffusione sia ancora limitata, proprio l’Rfid emerge come una delle tecnologie con il maggior potenziale di sviluppo nel medio periodo: il 63% dei retailer dichiara di non utilizzarla ancora, ma il 74% ne riconosce l’alto valore aggiunto che può offrire in termini di tracciabilità, visibilità e sicurezza della merce. Infine, il 60% del panel si dimostra interessato a introdurre l’Rfid come sistema antitaccheggio, in abbinamento a nuove soluzioni tecnologiche basate su intelligenza artificiale, smart tag e antenne dotate di telecamere integrate.

PIÙ CONSAPEVOLEZZA E CAPACITÀ DI REAZIONE
I dati emersi dal Barometro 2025 offrono una fotografia estremamente chiara delle sfide che il retail italiano si trova oggi ad affrontare – dichiara Davide Raduazzo, Direttore Commerciale di Checkpoint Systems Italia –. Le perdite dovute a taccheggio e differenze inventariali continuano a rappresentare un impatto economico significativo, ma il settore sta dimostrando una crescente consapevolezza e una forte capacità di reazione. L’evoluzione verso tecnologie avanzate come l’Rfid e l’intelligenza artificiale segna un cambio di passo importante: strumenti che non solo rafforzano la sicurezza, ma consentono di migliorare l’efficienza operativa e la tracciabilità lungo tutta la filiera”.

Gen X, la generazione dimenticata vale 15,2 trilioni di dollari

Attenti a sottovalutarli, perché sono loro il motore dei consumi. I nati tra il 1965 e il 1980 appartengono alla cosiddetta Gen X, spesso chiamata “Generazione Sandwich”, perché centrale tra due fasce d’età che si affidano a lei: da una parte, i genitori verso i quali ricoprono la funzione di caregiver – richiedendo assistenza fisica, emotiva o economica – e, dall’altra, se presenti, i figli che invece hanno bisogno di supporto per l’istruzione e non solo. Essendo così tanto intrecciata con le altre due generazioni, la Gen X possiede un ruolo centrale nei consumi, esercitando una forte influenza sulle decisioni di acquisto di genitori e figli. Si pensi che le donne di questa generazione controllano il 50% della spesa globale e condizionano il 70-80% delle decisioni di acquisto delle famiglie.

UN MERCATO CHE VALE IL DOPPIO DELLA SPESA CINESE
La Gen X è al centro di un importante cambiamento economico considerando che guida la spesa in varie categorie mentre gestisce le esigenze di più generazioni – dichiara Marta Cyhan-Bowles, Chief Communications Officer & Head of Global Marketing COE di NIQ –. I dati sono chiari: l’influenza della Gen X è profonda e troppo spesso trascurata dai brand. Questo target continuerà a plasmare il futuro dell’economia globale e dei consumi per molti anni a venire”.
È questo il profilo tracciato dall’ultimo report globale curato da NielsenIQ, in collaborazione con World Data Lab (WDL), dal titolo “The X Factor: How Generation X is quietly driving trillions in consumer spending” (Il Fattore X: come la Generazione X guida silenziosamente trilioni di spesa nei consumi). I nati tra il 1965 e il 1980 formano la fetta di consumatori più influente e trascurata del prossimo decennio. Grazie all’analisi, si delinea un target dal grande potenziale: globalmente, nonostante sia più piccola dei Millennial o della Gen Z, la Gen X rappresenterà nel 2025 il secondo più grande mercato di consumo al mondo – secondo solo agli Stati Uniti e circa il doppio della spesa totale della Cina.

CAPACITÀ DI SPESA RILEVANTE
Non solo hanno una concreta potenzialità di orientare le scelte di spesa, ma hanno anche una grande capacità di acquisto: a livello globale, le persone tra i 45 e i 60 anni si trovano nei loro anni di massima spesa già dal 2021 e continueranno ad essere quelle con la spesa più alta al mondo fino al 2033. Eppure, fa notare NielsenIQ, il mercato si sta rivolgendo principalmente alla Gen Z, dimenticandosi della Gen X la quale, secondo le previsioni, solo nel 2025 spenderà 15,2 trilioni di dollari, e la cui spesa annuale entro il 2035 raggiungerà il picco di 23 trilioni. Un aumento indirizzato a tre categorie chiave: alimenti e bevande analcoliche (+507 miliardi di dollari), beauty (+80 miliardi di dollari) e bevande alcoliche (+42 miliardi di dollari).
La Gen X è una parte significativa dei consumatori italiani – afferma Enzo Frasio, Amministratore Delegato di NIQ Italia –. La spesa complessiva della Gen X per il 2025 equivale a circa 369,8 miliardi di dollari ed è destinata a crescere del 23% raggiungendo nel 2030 la cifra di 455,6 miliardi di dollari. Nel Bel Paese, questa generazione mostra una buona capacità di spesa: su 14,2 milioni di individui, 1,5 milioni rientrano nella fascia ad alto reddito, contribuendo al fatturato della Gdo con 105 miliardi di dollari e una spesa media individuale annua di 67,4 mila dollari. Sono invece 12,1 milioni quelli della classe media, che generano 263 miliardi di dollari con una spesa pro capite di 21 mila dollari. Questi dati ci mostrano come sia, per brand e retail, un target importante a cui rivolgersi per investire su una crescita a lungo termine”.

CURIOSI E APERTI ALL’ESPLORAZIONE
Dalle rilevazioni di NielsenIQ, i nati tra il 1965 e il 1980 sembrano essere inclini all’esplorazione negli acquisti: anche se non sono pionieri, visto che questo ruolo spetta ai Millennials (20% vs solo 9% della Gen X), si delinea comunque un profilo curioso e disposto a provare nuovi prodotti. Infatti, al 42% piace provare nuovi articoli e restare aggiornato sulle novità e spesso è alla ricerca di nuovi prodotti da adottare (vs 31% dei Baby Boomer).
Inoltre, il 43% del campione di consumatori tricolore appartenenti alla Gen X dichiara di non prestare attenzione alla marca, ma di lasciarsi orientare prevalentemente dal bisogno, mentre il 28% indica di voler mettere nel carrello della spesa, quando possibile, le grandi marche conosciute o prodotti di insegne fidate. Gli articoli di alta gamma sono acquistati dal 44% del campione per concedersi qualcosa di speciale. Emerge anche spazio per i piccoli brand (15%), evidenza ancora più marcata nelle generazioni più giovani (Millenials 19%; Gen Z 21%).

TECNOLOGIA SÌ, MA SENZA RINUNCIARE ALLE INTERAZIONI UMANE
Un ritratto articolato quello della Gen X italiana quando ad essere posto sotto i riflettori è il loro rapporto con la tecnologia. Da una parte, viene integrata nella loro vita quotidiana e si affidano ai sistemi di automazione per accelerare le loro decisioni di acquisto (27%) e ai dispositivi intelligenti (es. i sensori nel frigo) per ordinare i prodotti mancanti (25%). Dall’altra, però, rimane ancora un alone di cautela – per salvaguardare la privacy, è il 49% a evitare di condividere informazioni personali nelle interazioni virtuali– e viene ancora richiesto l’apporto umano quando si richiede supporto ai customer service, come indicato da oltre la metà del campione (53%).

Pet care & food, un mercato da 3,6 miliardi di euro

Altro che rallentamento dell’economia e calo del potere d’acquisto: noi italiani quando si tratta dei nostri amici a quattro zampe non badiamo a spese. Secondo i dati diffusi da NielsenIQ (NIQ), metà delle famiglie compra cibo per cani e gatti, per un valore di 2 miliardi di euro nella sola Gdo. Cifra che fa di questa categoria una delle prime nel largo consumo confezionato. Se al computo si aggiungono le grandi catene specializzate, l’esborso sale a 3 miliardi di euro. NIQ stima che l’intero mercato pet (inteso come somma della parte food e del cosiddetto care, cioè tutto ciò che attiene alla cura dell’animale) sia arrivato a valere 3,6 miliardi di euro nell’anno terminante a luglio 2025, con i punti vendita specializzati che contribuiscono per il 30% del fatturato.
Le proiezioni di NIQ relative all’intero 2025 vedono il pet care & food raggiungere i 4,8 miliardi di euro, il che vorrebbe dire una crescita superiore al 30% rispetto all’anno terminante a luglio. Cifra clamorosa, confermata a InstoreMag dall’ufficio stampa della società di ricerche di mercato. Un incremento simile dovrebbe registrarlo anche la fetta più rilevante dell’industry (>80%), cioè il comparto del cibo per i 21 milioni di cani e gatti che popolano le case italiane: la previsione di NIQ in questo caso è che il 2025 si chiuda con un valore superiore ai 4 miliardi di euro. Qualche dubbio resta, legato al fatto che i dati in questione provengono da una nota diffusa a margine di un evento tenuto da NIQ per annunciare una serie di nuovi servizi relativi al comparto pet, tra cui l’ampliamento delle rilevazioni ai punti vendita delle catene specializzate. E dunque variazioni così marcate potrebbero essere dovute in larga parte a una differenza nel perimetro distributivo considerato.

E-COMMERCE IN CRESCITA
Di sicuro c’è il peso, assai consistente, del digitale: nell’anno terminante a giugno 2025, le vendite in questo canale di prodotti appartenenti al pet food & care nei principali Paesi Europei (Regno Unito, Germania, Francia, Spagna e Italia) hanno raggiunto i 10,3 miliardi di euro, rappresentando il 41% del totale. In tutti i mercati la crescita online ha superato quella offline. Il Regno Unito ha la quota e-commerce più alta (54,4%; +2,8 pp rispetto a giugno 2024), segno di maturità digitale, mentre Spagna e Italia, che partono da un valore inferiore, mostrano l’incremento più elevato con +14,3% e +10,7% rispettivamente.
I numeri testimoniano come il canale digitale stia diventando sempre più strategico per il pet food & care, grazie alla maggiore diffusione e all’utilizzo dell’e-commerce in tutte le categorie. NIQ rileva tre tendenze nelle modalità di acquisto da tenere in considerazione:

  • Direct to consumer (D2C): acquista importanza e può comportare la perdita di consumatori a favore dei nuovi operatori;
  • Marketplace: dominano le vendite di accessori (71%), mentre il retail resta prevalente per pet food (89%) e lettiera per animali domestici (88%), evidenziando la necessità di strategie di canale differenziate per categoria;
  • Social commerce: nel Regno Unito, TikTok shop è stato lanciato nel 2021 e da allora ha raggiunto una posizione di rilievo classificandosi come terzo merchant e-commerce, con 3,8% di quota di mercato. In Italia, TikTok shop dopo 18 settimane ha raggiunto una quota dello 0,4% posizionandosi 25esimo.

QUESTIONE DI STILE
In Italia a comprare cibo per cani e gatti sono 13 milioni di famiglie e l’acquisto medio è pari 8,45 euro. Una media che, però, non racconta la moltitudine di diversi atteggiamenti, abitudini e canali che caratterizzano i consumatori. Attraverso l’analisi sul panel consumer proprietario e Sinottica (strumento di analisi che fornisce insight sulla fruizione dei media nei diversi segmenti di popolazione), NIQ ha individuato 7 stili di acquisto che vanno dai Wellbeing Seekers – molto attenti al benessere in generale, sia proprio che degli animali domestici – ai Basic Owners, che approcciano il mondo pet con un atteggiamento estremamente razionale e funzionale, senza spazio per l’investimento emotivo.
A spiccare per crescita sono però gli Inno Seekers, segmento che cerca innovazione, prodotti premium e che vede l’animale domestico come parte integrante della famiglia, con esigenze e attenzioni dedicate. Pesano il 18% del totale giro di affari pet food (cane+gatto), hanno la spesa più alta di tutti (414,3 euro) e presentano delle peculiarità:

  • Il profilo: gli Inno Seekers vivono in centri urbani medio grandi, prevalentemente del Nord Europa. Con un’età media di 51 anni, presentano un elevato livello di istruzione e reddito, spesso single o senza figli conviventi. Cercano benessere a 360° attraverso innovazione, cura di sé, viaggi, cultura, relazioni e realizzazione professionale.
  • Come intercettarli: segmento più attento alla comunicazione, in particolare alla pubblicità sui media tradizionali e non. I touchpoint più efficaci sono cinema, siti web aziendali e recensioni online. I canali digitali mostrano performance superiori e il target predilige pubblicità progressiva e brand che sponsorizzano eventi culturali.

UNA NUOVA GUIDA DI CATEGORIA
Come già anticipato, per dar modo di conoscere più nel dettaglio il comparto pet, NIQ ha allargato la propria visione: “Da questo ottobre 1.190 punti vendita delle catene specializzate andranno ad ampliare le nostre rilevazioni – annuncia Fabrizio Marazzi, Product Leader Retail Measurement Western Europe di NielsenIQ –. Resta separato il dato delle vendite effettuate online che rimane comunque indagabile. Questo ampliamento è di significativa importanza considerando che ci permette di aumentare del +26% la copertura delle vendite effettuate nel comparto”.
Abbiamo voluto arricchire i nostri strumenti di analisi a supporto di industria e distribuzione – aggiunge Antonella Atteno, Sales Manager Pet Care Industry di NielsenIQ Italia – per affrontare sfide chiave come posizionamento, assortimento, innovazione e comportamento d’acquisto. Da queste premesse siamo partiti per presentare al mercato le novità di NielsenIQ: il potenziamento del Panel Retailer con l’integrazione del canale specializzato; la segmentazione per Pet Style, una nuova chiave per interpretare le famiglie italiane in base al loro approccio al Pet Care. Infine, TradeDimensions Pet, la prima Guida NielsenIQ di categoria”.
In arrivo a dicembre 2025, TradeDimensions Pet offrirà una mappatura completa del canale fisico, includendo la Gdo, il canale specializzato (compresi i pet store della Gdo), il canale fai-da-te, il mondo dei garden e dei consorzi agrari. TradeDimensions Pet manterrà la struttura delle altre Guide NielsenIQ: per ognuno degli oltre 32.000 punti di vendita mappati ci saranno informazioni anagrafiche, georeferenziazione, caratteristiche strutturali, servizi offerti e indicatori di potenzialità attrattiva a supporto delle attività strategiche di industria e distribuzione in questo mercato.

Tecnologia di consumo, 2025 all’insegna della stabilità

Il mercato italiano della tecnologia di consumo ha visto una leggera contrazione nel 2024 (-0,6% a valore), mentre il primo semestre 2025 è stato all’insegna della stabilità: +0,2% a valore per un giro d’affari complessivo di 7,3 miliardi di euro. A tirare le somme e indicare le prospettive del comparto è NielsenIQ in occasione delI’IFA di Berlino, la più importante fiera europea dedicata all’elettronica di consumo e agli elettrodomestici. Nei primi sei mesi del 2025, le vendite sul canale online del comparto sono cresciute del +3% nel nostro Paese, arrivando a pesare il 26,1% del totale, mentre i punti vendita tradizionali hanno subito una leggera flessione del -0,8%. Il piccolo elettrodomestico mostra segnali positivi (+1,5%), favorito in particolare dal comparto casa (aspirapolveri robot +45% e scope elettriche senza filo multifunzione +64%). Cresce anche il grande elettrodomestico (+1,7%) spinto da prodotti come lavatrici e asciugatrici ad alta capacità e frigoriferi multidoor.
Flessione del -1,3% per la telefonia, il settore più importante per giro d’affari. Anche in Italia si assiste ad una polarizzazione nelle vendite di smartphone, con il segmento premium che ottiene performance migliori rispetto alla fascia entry level. In controtendenza rispetto alla media globale è l’IT & office (-1,5%), in recupero comunque rispetto al dato di chiusura 2024 (-4,1%). Il trend più negativo è appannaggio dell’elettronica di consumo (-4,2%) ancora fortemente influenzata dal rallentamento del mercato Tv. Un segnale incoraggiante è la performance positiva dei segmenti high-end come Oled (+10.2%) e Tv sopra i 75’’ (+23,8%).

LE TENDENZE GLOBALI
I dati NielsenIQ consentono però di guardare al mercato della tecnologia di consumo e dei beni durevoli su scala globale: nel periodo compreso da gennaio a giugno 2025, il fatturato è stato pari a 403 miliardi di dollari, con un incremento del +4,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. NIQ prevede che questa tendenza continui, con un aumento dei ricavi stimato del +2% per l’intero 2025. Nonostante le pressioni legate all’inflazione, ai dazi doganali e alle dinamiche commerciali, il comparto ha mostrato finora una notevole capacità di adattamento. I consumatori adottano comportamenti d’acquisto più consapevoli, spendono di più durante le promozioni e contribuiscono a mantenere una dinamica stabile in un contesto economico incerto.
Nella prima metà del 2025, l’Europa occidentale ha ritrovato un andamento positivo, mentre l’Asia sviluppata continua a registrare un calo delle vendite. Al contrario, la Cina è salita del +12%, grazie soprattutto agli incentivi governativi. Trend in crescita anche in Medio Oriente (+5%), nei Paesi asiatici emergenti e in America Latina. L’incertezza globale continua però a pesare: secondo lo studio NIQ Consumer Life 2025, il 70% dei consumatori dichiara di fare acquisti con maggiore prudenza. “I dati di NIQ gfknewron Consumer evidenziano una tendenza chiara: i consumatori pianificano gli acquisti in modo strategico – commenta Michael McLaughlin, Senior Vice President Tech & Durables Retail di NIQ – spesso aspettando le promozioni, ma quando decidono di acquistare, tendono a spendere più del previsto. Questo comportamento sottolinea l’importanza della percezione del valore e la continua rilevanza delle operazioni promozionali nel favorire le vendite”.

OMNICANALITÀ E RICERCA DEL VALORE GUIDANO L’ACQUISTO
La digitalizzazione del processo d’acquisto continua a crescere: nel primo semestre del 2025, il 37% delle vendite globali di prodotti Tech & Durables è avvenuto online, con un incremento del +9% rispetto al 2024. Il valore percepito resta una priorità per i consumatori globali: il 60% considera il rapporto qualità-prezzo come il criterio più importante nella scelta di un determinato brand. Nella prima metà del 2025, il settore IT ha guidato lo sviluppo, mentre altre categorie mostrano segnali di stabilizzazione. Ecco nel dettaglio i risultati:
IT (pc portatili, monitor, ecc.): +11%
Telecomunicazioni (smartphone, ecc.): +4%
Piccoli elettrodomestici (friggitrici, mixer, ecc.): +5%
Grandi elettrodomestici (lavatrici, frigoriferi, forni, ecc.): +5%
Elettronica di consumo (Tv, soundbar, ecc.): -0,8%

FOCUS SUI PRINCIPALI COMPARTI
La crescita nel settore IT è guidata principalmente dai cicli di sostituzione dei dispositivi e dalla fine del supporto per Windows 10. Le vendite di laptop sono cresciute del +13%, con un aumento del +23% per i laptop da gaming e un’impennata del +280% per i monitor 240Hz+. L’intelligenza artificiale rappresenta il 39% del mercato globale dei laptop, ma ha ancora un impatto limitato sulle decisioni d’acquisto dei consumatori. In ambito B2B, le vendite di pc con funzionalità IA sono aumentate del +195% in Europa (fonte: MI Supply Chain) e le aziende stanno investendo sempre più in questi dispositivi per supportare produttività, automazione e gestione dei carichi di lavoro, sottolineando l’importanza del ciclo di vita dei prodotti e degli aggiornamenti legati alla performance nell’accelerare l’adozione di questa nuova tecnologia sia nei mercati B2B che B2C.
Quanto all’elettronica di consumo, le vendite di televisori sono continuate a diminuire a livello globale (-2%), con l’eccezione della Cina, dove i sussidi governativi sostengono il segmento. La domanda di grandi schermi (70”+) è però salita del +14% e le Tv con tecnologie avanzate (che vanno oltre l’Lcd) sono cresciute del +26%.

SMARTPHONE: I RICONDIZIONATI DOMINANO NELLA FASCIA BASSA
Anche per gli smartphone l’andamento globale del+4% è stato sostenuto dai sussidi in Cina. I modelli premium (oltre 600 dollari) registrano un aumento del +7%, mentre quelli sotto i 600 dollari mostrano una stagnazione. I consumatori mantengono i dispositivi più a lungo, optando per la fascia alta; nella fascia bassa, si scelgono sempre più spesso dispositivi ricondizionati, che guadagnano terreno: in Francia, rappresentano il 41% delle vendite nel segmento inferiore ai 600 euro (dati NIQ digital purchase).
Nell’audio portatile gli auricolari Open-Ear balzano del +32% a livello mondiale. È l’unico sotto-segmento in espansione in tutte le regioni monitorate da NIQ, grazie alle innovazioni e ai nuovi utilizzi che ne stanno ampliando la diffusione.

IN EUROPA L’EFFICIENZA ENERGETICA È UN FATTORE CHIAVE
Per gli elettrodomestici la crescita del comparto è guidata da tre fattori chiave: sostenibilità, semplificazione e intelligenza artificiale. In Europa, le -vendite di grandi elettrodomestici con etichetta A sono aumentate dal +19% nel 2023 al +31% nel 2025, segno di una maggiore attenzione all’efficienza energetica. La crescita a volume supera però quella a valore, indicando una ricerca di soluzioni accessibili.
Vendite in calo per le friggitrici ad aria (-1%), segno di una saturazione del mercato in alcuni Paesi chiave. Nonostante questo, i modelli ad alta capacità e multi-cestello continuano a conquistare spazio (+18%). Gli aspirapolvere mostrano un trend in forte aumento: +13%, con i robot a fare da traino (+34%). Anche i modelli “Wet & Dry” progrediscono in doppia cifra, spinti dalla domanda crescente di semplificazione e automazione.
In definitiva, NIQ sottolinea che con l’ingresso nella seconda metà del 2025, il mercato globale della tecnologia di consumo e dei beni durevoli mostra segnali di cauto ottimismo. Grazie all’innovazione, a prezzi accessibili e a una resilienza regionale che ne sostiene la dinamica, il settore sembra pronto ad affrontare le incertezze politico-economiche con una fiducia misurata.

Ecco come cambiano gli acquisti degli italiani

Cosa comunicano ai consumatori le etichette dei prodotti di largo consumo? Quali claim, bollini o certificazioni sono più usati sulle confezioni dei prodotti e sono più presenti nel carrello della spesa degli italiani? E come vanno le vendite, a valore e volume? A rispondere è la diciassettesima edizione dell’Osservatorio Immagino di GS1 Italy, lo studio semestrale che ha analizzato le abitudini di consumo degli italiani nel corso dell’intero anno 2024. Complessivamente sotto la lente dello studio di GS1 Italy sono passati più di 145 mila prodotti, digitalizzati dal servizio Immagino di GS1 Italy Servizi, con gli oltre 100 tra claim, certificazioni, pittogrammi e indicazioni geografiche presenti sulle loro etichette. Un ampio paniere di prodotti, food e non food, che nel 2024 ha realizzato 48,7 miliardi di euro di sell-out, pari all’82,7% dell’incasso totale di supermercati e ipermercati italiani.
Sin dalla prima edizione, l’Osservatorio Immagino di GS1 Italy monitora, insieme a NielsenIQ, i carrelli della spesa italiani seguendo l’entità e l’evoluzione dei 12 principali fenomeni di consumo che caratterizzano il mercato. A questa rilevazione continuativa si aggiunge un dossier speciale. In questa diciassettesima edizione il dossier è dedicato al peso dei prodotti innovativi arrivati a scaffale nei punti vendita italiani nel corso del 2024 e al loro apporto ai singoli fenomeni di consumo. Messa sotto la lente dell’Osservatorio Immagino, l’innovazione si conferma una leva importante: accomuna il 7,8% di tutti i prodotti monitorati da Immagino e contribuisce per il 3,2% al fatturato totale, concentrandosi in particolar modo nelle aree del rich-in e del free from, sulla presenza di ingredienti tradizionali o benefici, sui prodotti con certificazioni di responsabilità sociale d’impresa (CSR) e sui prodotti green per la cura della casa.
Il dossier presente in questa nuova edizione dell’Osservatorio Immagino evidenzia come l’innovazione nel largo consumo sia guidata, a livello aziendale, da una crescente attenzione alla salute, al benessere, alla sostenibilità e all’origine dei prodotti – dichiara Marco Cuppini, Research and Communication Director di GS1 Italy – con un impatto significativo sulle scelte dei consumatori e sulle dinamiche del mercato. L’analisi dell’innovazione dal punto di vista del consumatore ha mostrato che il 65% delle vendite di nuovi prodotti è generato dal 30% dei loro acquirenti, di cui poi ne ha delineato il profilo e le preferenze. Ad esempio, sono stati gli shopper giovani (meno di 34 anni), single e con reddito medio-alto, ad aver prediletto prodotti arricchiti o alleggeriti, vegani, biologici, contenenti semi e con caratteristiche green e di sostenibilità”.

I 12 MACRO-FENOMENI DELLA SPESA DEGLI ITALIANI
La diciassettesima edizione dell’Osservatorio Immagino ha monitorato l’evoluzione della composizione e delle vendite, in valore e volume, di 12 panieri, tra food e non food, che rappresentano altrettanti fenomeni e tendenze di consumo:

  • Il richiamo dell’italianità: il “made in Italy”, le Dop/Igp e le regioni in etichetta. L’Osservatorio Immagino ha rilevato 27.978 prodotti con 11,6 miliardi di euro di sell-out e con un trend annuo di +1,2% a valore e di -0,7% a volume.
  • Il mondo del free from: i trend consolidati ed emergenti dei claim “senza”. L’Osservatorio Immagino ha rilevato 14.625 prodotti con 7,9 miliardi di euro di sell-out e con un trend annuo di -0,1% a valore e di -1,2% a volume.
  • Il mondo del rich-in: quali cibi ricchi o arricchiti guidano il mercato. L’Osservatorio Immagino ha rilevato 11.572 prodotti con 5,1 miliardi di euro di sell-out e con un trend annuo di +1,3% a valore e di -0,8% a volume.
  • Il tema delle intolleranze: la dinamica del “senza glutine” e del “senza lattosio”. L’Osservatorio Immagino ha rilevato 11.339 prodotti con 4,7 miliardi di euro di sell-out e con un trend annuo di +0,9% a valore e di -0,5% a volume.
  • Il cibo identitario (lifestyle): vegetariano, vegano, biologico, halal e kosher. L’Osservatorio Immagino ha rilevato 13.552 prodotti con 4,4 miliardi di euro di sell-out e con un trend annuo di +3,9% a valore e di +0,9% a volume.
  • Il mondo di loghi e certificazioni: Fairtrade, Ecolabel, Cruelty free, Friend of the sea, FSC e altre certificazioni in area CSR. L’Osservatorio Immagino ha rilevato 17.070 prodotti certificati con 7,0 miliardi di euro di sell-out e con un trend annuo di +0,8% a valore e di -2,3% a volume.
  • Gli ingredienti benefici: dall’avena all’avocado fino ai semi di chia, i sapori più cool del momento. L’Osservatorio Immagino ha rilevato questi ingredienti in 15.171 prodotti con 4,7 miliardi di euro di sell-out e con un trend annuo di +3,7% a valore e di -1,8% a volume.
  • Il metodo di lavorazione: la comunicazione on pack delle tecniche e delle procedure di lavorazione. L’Osservatorio Immagino ha rilevato 4.127 prodotti con 1,6 miliardi di euro di sell-out e con un trend annuo di +11,7% a valore e di +2,6% a volume.
  • La texture dei prodotti: morbido o croccante? Le consistenze espresse on-pack. L’Osservatorio Immagino ha rilevato 7.728 prodotti con 3,8 miliardi di euro di sell-out e con un trend annuo di +2,0% a valore e di +0,8% a volume.
  • Il petcare: i claim più diffusi sulle etichette dei prodotti destinati alla nutrizione di cani e gatti, con il dettaglio dei fenomeni free from, rich-in, italianità e gluten free. E un approfondimento sui claim relativi alla sostenibilità. L’Osservatorio Immagino ha rilevato 5.154 prodotti con quasi 1,2 miliardi di euro di sell-out e con un trend annuo di +0,9% a valore e di -0,2% a volume.
  • Il cura persona: i claim relativi a protezione, idratazione e rigenerazione, con un focus sui claim free from, rich-in, naturali, biologici e altro ancora. L’Osservatorio Immagino ha rilevato 25.040 prodotti del cura persona con oltre 3,5 miliardi di euro di sell-out e con un trend annuo di +0,6% a valore e di -2,3% a volume.
  • Il cura casa green: i prodotti per la pulizia attenti all’ambiente. L’Osservatorio Immagino ha rilevato 2.493 prodotti con 770 milioni di euro di sell-out e con un trend annuo di +1,8% a valore e di -0,3% a volume.

L’attenzione alla salute cambia i comportamenti d’acquisto

Oggi è in atto un cambiamento che riguarda le abitudini di acquisto dei consumatori italiani, e non solo, all’insegna di salute e benessere: il 68% dichiara di assumere un approccio proattivo al mantenimento della propria condizione di salute (+4 pp rispetto alla media europea) e, in aggiunta, il 35% è alla ricerca attiva delle novità sul mercato per raggiungere i propri scopi salutari. Il budget destinato a queste spese è considerevole: quasi la metà degli italiani, infatti, è disposto a spendere dagli 88 ai 400 euro al mese per assicurarsi uno stile di vita volto al benessere.
Capofila tra le priorità dei cittadini del Bel Paese, rispetto a 5 anni fa, è dormire bene, come indicato dal 59% del campione. Un orientamento a lungo termine viene invece preferito dal 58% degli italiani scegliendo l’opzione “invecchiare bene”. Ad emergere un altro aspetto chiave: con la salute non si scherza e, infatti, i consigli sono ben accetti solo se provenienti dagli specialisti del campo; una dinamica valida soprattutto nella penisola (63%) a differenza della media rilevata in Europa (44%). Di contro, solo il 12% dei cittadini si lascia influenzare da pareri provenienti dalle piattaforme social.
Sono queste le evidenze dedicate all’Italia che provengono dallo studio globale di NielsenIQ dal titolo “Global State of Health & Wellness 2025: Navigating the shift from health trends to lifestyle choices”. Il report ha esaminato i nuovi comportamenti dei consumatori in ambito salute e benessere, includendo approfondimenti regionali in 19 Paesi con un focus su temi chiave quali fiducia e influenza, nutrizione, benessere mentale, tecnologia per la salute e acquisti consapevoli.

IL COSTO È IL PRINCIPALE OSTACOLO
Nonostante, dunque, la centralità e l’attenzione sulla tematica, non mancano gli ostacoli e, in primis, è quello economico a spiccare: la metà dei consumatori tricolore (51% vs 53% la media europea) afferma che è il costo delle alternative più salutari rispetto alle opzioni standard a giocare da deterrente nella scelta. In aggiunta, anche la complessità delle etichette viene indicata come barriera dal 16%. Una questione, quella delle etichette trasparenti e di facile ed immediata comprensione, che emerge come un bisogno dei consumatori: il 41% degli intervistati ritiene che le scelte orientate alla salute e al benessere debbano iniziare proprio da qui. Non solamente le etichette assumono un ruolo nella salvaguardia della salute, ma anche aziende e governi sono chiamati in causa a giocare la loro parte. Alle prime si chiede di garantire che i prodotti salutistici siano accessibili e facilmente reperibili come quelli non salutari (40%), ai secondi invece di regolamentare più da vicino le aziende (ad esempio, standardizzando l’etichettatura sanitaria) per aiutare i consumatori a fare scelte più orientate alla salute (31%).
Quando si tratta di scelte nella sfera di salute e benessere, emerge chiaramente una ricerca di informazioni affidabili. Oggi, quindi, i brand operanti nel settore devono andare oltre l’innovazione di prodotto e offrire chiarezza, accessibilità economica e ispirare fiducia – osserva Alessandra Gaudino, Senior Consultant – FMCG Customer Success Italy di NielsenIQ – I consumatori sono pronti a investire nel proprio benessere ma hanno bisogno di essere orientati. E per le aziende è possibile conquistare la lealtà dei consumatori, anche nei segmenti premium, assicurandosi che l’intero portafoglio prodotti abbia un focus sul benessere, sia eticamente realizzato, sostenibile e socialmente responsabile”.

A VIVERE BENE SI COMINCIA A TAVOLA
Per comprendere non solo le preferenze e le priorità in evoluzione ma anche cosa significhi “vivere bene”, produttori e retailer devono connettersi con consumatori sempre più informati e con una visione olistica del benessere, che passa anche e soprattutto da ciò che viene messo in tavola. In Italia – in linea con i trend globali –, il 41% ha indicato di voler incrementare nel prossimo anno l’acquisto di alimenti ad alto contenuto di fibre, come, ad esempio, frutta, verdura, cereali integrali, fagioli, noci e semi. Sembra, inoltre, crescere l’attenzione alle diete vegetali con alto contenuto proteico: è il 32% che è intenzionato a consumare più quinoa, lenticchie, tofu e ceci.
Se aumenta, dunque, l’impegno verso un’alimentazione sana, ad essere eliminati dalla dieta sono i cibi ultra processati, ovvero quelli contenenti ingredienti o additivi lavorati industrialmente. Infatti, non solo non rientreranno nel carrello degli italiani nei prossimi 12 mesi – solo il 2% dichiara di volerne acquistare di più – ma godono anche di una cattiva reputazione secondo il 51% degli intervistati.

CRESCE LA DOMANDA DI PRODOTTI SOCIALMENTE RESPONSABILI
Oggi, il concetto di benessere assume molteplici sfaccettature abbracciando anche quelle di sostenibilità e responsabilità sociale, che diventano sempre più interconnesse nella visione dei consumatori. In linea con i trend globali, il 61% degli intervistati in Italia sarebbe disposto a pagare di più sia per articoli eticamente prodotti (es. commercio equo, cruelty-free, maggiore benessere animale) sia per prodotti considerati responsabili dal punto di vista sociale (a sostegno di comunità, popolazioni vulnerabili ecc.).

TECNOLOGIA ALLEATA DEL BENESSERE
Stando alle rilevazioni di NielsenIQ e GfK, il 74% degli italiani preferirebbe un prodotto tech con funzionalità aggiuntive per la salute e il benessere. Nell’ultimo anno, gli acquisti di questi prodotti si sono concentrati su articoli per cucinare come le friggitrici ad aria, indicati dal 19% del campione. Viene evidenziata anche la propensione ad utilizzare dispositivi digitali o un’applicazione che monitora automaticamente la salute quotidiana; un’opzione scelta da oltre la metà (52%) dei consumatori tricolore raggiunti. Inoltre, se per il 68% ad orientare la scelta di acquisto è in primo luogo il prezzo (67%), il 57% degli italiani stanzia un budget annuo per questa categoria di prodotti che si attesta tra gli 88 e i 400 euro.

Mdd: per il 69% degli italiani è una valida alternativa alla marca

Oltre la metà (53%) dei consumatori a livello globale acquista sempre più prodotti a marca del distributore. In Italia questa tendenza si rafforza ulteriormente, registrando un incremento di 3 punti percentuali e raggiungendo il 56%, con il 69% che giudica la Mdd una valida alternativa. Parallelamente, i dieci principali brand a livello mondiale hanno registrato una ripresa delle vendite nel 2024, segnale che la competizione tra retailer e produttori nel settore del largo consumo resta vivace. La sfida per conquistare l’attenzione dei consumatori si gioca sempre più sugli scaffali, dove la capacità di differenziarsi e creare valore diventa cruciale.
È quanto emerge dal nuovo report “Finding Harmony on the Shelf: 2025 Global Outlook on Private Label & Branded Products”, lo studio redatto da NielsenIQ (NIQ). Il report analizza le tendenze che stanno guidando la crescita globale del settore, offrendo una panoramica dettagliata su 25 mercati, inclusa l’Italia. Lo studio non si limita a fotografare il cambiamento nell’atteggiamento degli acquirenti verso i prodotti Mdd e di marca, ma approfondisce anche le dinamiche che influenzano le scelte di consumo. A completare il quadro, il report fornisce indicazioni strategiche per retailer e produttori che intendono intercettare efficacemente i bisogni dei consumatori in un contesto macroeconomico in continua evoluzione.

PRIVATE LABEL: AUMENTA LA QUALITÀ PERCEPITA
Dallo studio NIQ emerge inoltre un’evoluzione significativa nella percezione della qualità dei prodotti Mdd, in particolare, in Italia. Come anticipato, il 69% dei consumatori italiani li considera ormai una valida alternativa ai prodotti di marca, mentre il 46% li ritiene di pari o superiore qualità rispetto ai brand tradizionali (a fronte del 51% a livello globale). Quasi due terzi (60%) dei consumatori globali si fida delle marche del distributore, trend valido anche in Italia (61%).
Tuttavia, la disponibilità a pagare un prezzo più elevato per i prodotti private label resta contenuta: solo il 28% degli italiani si dichiara disposto a farlo. Inoltre, il 70% del campione nazionale riconosce un buon rapporto qualità/prezzo nella Mdd. Un dato interessante riguarda anche l’offerta: oltre la metà degli intervistati (51%) afferma che acquisterebbe più frequentemente questi prodotti se fosse disponibile una più ampia scelta.
Volgendo lo sguardo verso l’andamento di mercato delle marche del distributore, nonostante l’incremento di 1,4 punti percentuali della quota di mercato a livello globale (che raggiunge il +22,7%) si osserva un consolidamento del fatturato. Questo è evidente soprattutto in Europa, dove la crescita delle vendite si stabilizza: dal +12% circa del 2023, dovuto anche all’effetto inflativo, si passa al +4% nel 2024.

LA QUOTA DI CONSUMATORI “INFEDELI”
Viene anche evidenziata una crescente apertura all’esplorazione: in Italia, quasi la metà dei consumatori (47%) dichiara di ampliare i propri acquisti provando marche diverse in più categorie, a fronte di un trend globale che si attesta al 58%. Inoltre, il 57% degli acquirenti italiani sostiene di non prestare attenzione al brand, orientando le proprie scelte esclusivamente in base alle proprie necessità.
Un comportamento che si riflette anche nella minore fedeltà alla marca – ovvero la ripetizione degli acquisti nel tempo e della preferenza costante per un brand rispetto ai concorrenti – in confronto alla media globale: mentre il 60% dei consumatori mondiali dichiara di acquistare sempre lo stesso brand di cui si fida, in Italia questa percentuale si ferma al 42%. Un importante indicatore che illustra come gli italiani vengono guidati nel processo di acquisto: infatti, piuttosto che affidarsi all’abitudine, sono guidati dal valore e dalla rilevanza essendo dunque più propensi ad esplorare nuove opzioni. Una dinamica che sembra aprire a nuove possibilità: da un lato viene a crearsi spazio per l’innovazione e per nuovi attori nel mercato e, dall’altro, rivenditori e brand che rispondono con approcci agili e basati su insight hanno l’opportunità, non solo di assicurarsi l’acquisto, ma anche di costruire un nuovo tipo di loyalty, basata su fiducia, differenziazione e coinvolgimento autentico.

LA RELAZIONE CON I GRANDI BRAND
II 47% degli italiani afferma di comprare prodotti di marca preferendoli alle alternative più economiche. Sopra la media i Millennial con il 53%, leggermente sotto media i Boomer (46%) e la GenZ (45%). Emerge dunque un atteggiamento positivo dei consumatori verso i prodotti di marca, sentimento confermato dai dati di vendita a livello mondiale. Secondo il tracking NIQ Retail Measurement Services, le vendite dei 10 principali marchi globali sono cresciute del +4,8%, superando leggermente la crescita annuale delle vendite dei prodotti private label (+4,3%).
Sebbene le Mdd guidino le vendite in categorie come frutta secca e snack salati, il loro impatto si traduce in opportunità per tutti. Nate come alternative economiche, contribuiscono a migliorare la percezione complessiva della categoria, favorendo una maggiore accettazione da parte dei consumatori. Questo processo apre spazi di crescita anche per i brand di marca, che sono così chiamati a monitorare attentamente le categorie più dinamiche per cogliere nuove opportunità di sviluppo.
Il successo nell’attuale panorama della distribuzione non è un gioco a somma zero – commenta Enzo Frasio, Amministratore Delegato di NIQ Italia (nella foto sopra) – e ciò significa che vi è spazio di crescita per tutti gli attori del mercato. Infatti, le private label e i prodotti di marca possono non solo coesistere, ma anche crescere insieme, dando vita a uno sviluppo ulteriore che si riflette sulla tipologia di prodotto e sulla spesa generazionale. In Italia, dove gli acquirenti sono sempre più aperti a esplorare entrambi i tipi di marchio nelle varie categorie, l’opportunità è visibile. La strada più efficace è quella della collaborazione: quando retailer e produttori uniscono le forze, possono sfruttare i punti di forza complementari e rispondere all’evoluzione delle esigenze dei consumatori, costruendo un futuro di crescita condivisa e sostenibile”.

NielsenIQ, il 2025 è iniziato bene per il largo consumo

La 40esima edizione de Linkontro, l’evento organizzato annualmente da NielsenIQ, è stata l’occasione per dare un quadro aggiornato su dati e dinamiche evolutive del mondo del largo consumo. Innanzitutto, il settore nel 2024 ha raggiunto la quota di 137,5 miliardi di euro di spesa ad opera delle famiglie italiane (+1,9% rispetto al 2023). Il solo largo consumo confezionato (Lcc) ha fatto invece registrare un valore di mercato pari a 98,2 miliardi di euro (+1,9% rispetto al 2023). I primi 4 mesi del 2025 maturano oltre 45 miliardi di euro di fatturato a totale negozio, dei quali più di 32 miliardi di euro nel largo consumo confezionato. A supporto del trend di crescita, gli altri principali indicatori: il +4,4% a valore nel totale negozio (+1,9% nel 2024) e un +2,6% nei volumi del largo consumo confezionato (+1,5% nel 2024). Tra le performance emerge quella del Sud Italia con un trend di incremento dei volumi doppio rispetto alla media nazionale, in particolare +5,6% a valore e +5,0% a volume.
Un rilancio che arriva dopo le diverse sfide che il settore è stato chiamato ad affrontare nel periodo 2019 – 2023, a cominciare dalla pressione inflattiva che ha causato la riduzione dei volumi, anche se inferiore rispetto alle attese, nel corso del biennio 2022-2023 (rispettivamente del -0,3% e del -1,7%). “Stiamo rilevando dei segnali positivi provenienti dal mercato – commenta Enzo Frasio, Amministratore Delegato di NIQ Italia (a destra nella foto in alto) – con performance promettenti che caratterizzano tutto il settore della grande distribuzione e del largo consumo confezionato. La ripresa dei volumi e la conquista di quote di spesa indicano che il carrello delle famiglie, in Italia, rimane una voce prioritaria nel budget mensile. Nonostante il calo del potere d’acquisto delle famiglie a cui abbiamo assistito negli ultimi cinque anni, i consumatori tricolore nel 2025 sono disposti a rinunciare ad altre spese mensili, come le uscite fuori casa, l’acquisto di altre categorie del non alimentare. Stiamo entrando nell’era del Next Normal, dove l’espansione nel largo consumo potrà essere supportata da una maggiore collaborazione nella filiera, miglioramento dell’efficienza e conoscenza ancora più approfondita dei clienti. Questa combinazione di fattori offrirà l’opportunità di crescita e ulteriori accelerazioni del settore”.

L’INFLAZIONE PREOCCUPA GLI ITALIANI
Nella memoria dei consumatori rimane però impresso l’effetto inflattivo che ha imposto un costo maggiore della spesa del 22% nel periodo 2025 versus 2019. Nonostante l’andamento dei prezzi appaia ora sotto controllo, il 29% degli italiani – secondo le rilevazioni di NIQ – continua a indicare l’incremento dei costi dei beni alimentari tra le principali preoccupazioni per il futuro e il 23% teme la recessione (versus 13% della media europea). Un timore che continua a orientare le scelte effettuate tra gli scaffali dei punti di vendita, visto che persiste la ricerca di convenienza.
NIQ sottolinea però che il fenomeno inflattivo si ridimensiona: nei primi quattro mesi del 2025, l’indice di inflazione nel largo consumo confezionato viene rilevato intorno al +1% a totale Italia omnichannel per raggiungere quota +0,8% ad aprile 2025. Anche se l’andamento non coinvolge tutte le categorie di prodotti: caffè, cioccolato, burro e salmone fresco registrano una crescita maggiore nel loro prezzo a parità di quantità acquistate.

IL FRESCO TRAINA LA SPESA
Stando alle rilevazioni di NIQ, a trainare la performance, nei primi 4 mesi del 2025, del largo consumo è il reparto del fresco, con la frutta e la verdura che registrano +7,9% a valore (+4,4% nel 2024). Anche per le carni – con la macelleria e la polleria – il saldo è positivo: +5,6% a valore. I prodotti del food confezionato si attestano a +4,1%. Segnali di frenata, invece, provengono dagli articoli per animali (+1,4% a fronte di un +3,1% nell’intero 2024) e dalla casa (-0,8% nei primi mesi di quest’anno).
Non stupisce tuttavia l’incremento per il fresco considerando la forte attenzione verso un’alimentazione sana dichiarata e agita da tutte le tipologie di famiglie, che si orientano maggiormente alla ricerca del benessere, iniziando proprio dalla composizione del carrello. Più nello specifico, tra le categorie in forte crescita ci sono il mango con +114,3% nel trend a volume, l’avocado con +47% e i semi con +32,2%. Nelle scelte di acquisto degli italiani si ritrova anche la ricerca di servizio, con prodotti facili da preparare che semplificano il consumo; è il caso delle basi per la pizza (+60,3%) e dei piatti pronti vegetali (+15,6%) e anche dei surgelati vegetali (+11,9%).

GLI ANDAMENTI DEL LARGO CONSUMO PER CANALE
La crescita delle vendite non premia tutte le tipologie distributive, che trasversalmente stanno conoscendo un aumento della frequenza di acquisto e un calo dello scontrino medio come rilevato nell’80% dei gruppi distributivi, offrendo opportunità per incrementare la fedeltà. Si evidenzia un buon andamento per i superstore (+3,4% a volume da gennaio ad aprile 2025 versus +1,3% nel 2024) e i discount (+3,8% a volume e +3,9% a valore nel 2025, complice la ricerca del risparmio). Gli specialisti drug sembrano rallentare la crescita, con un seppur interessante +4,5% a volume e +3,4% a valore. Emerge l’e-commerce che, con una quota pari al 7,1% nel 2025, assume una dimensione sempre più significativa, registrando nel largo consumo confezionato in totale un +4,4% a valore, venendo scelto per comodità e convenienza. Analizzando ancora più dettagliatamente questo canale, i pure players – ovvero gli attori che nascono con attività solamente online e che rappresentano il 50% delle vendite del canale – crescono a valore del +5,5%. Molto bene anche gli specializzati (19,5% della quota di mercato) che mettono a segno un incremento a valore del 10,5%.

IDM E MDD CRESCONO CON LEVE DIVERSE
Insieme, l’industria di marca e la marca del distributore complessivamente maturano oltre 1 miliardo di crescita anno su anno. Ciò che le differenzia sono le leve che guidano lo sviluppo. Anche nel corso del 2025, l’andamento dell’industria di marca è principalmente trainato dall’aumento dei prezzi, aprendo l’anno con un fatturato pari a +608 milioni di euro, contribuendo alla crescita del fatturato Lcc per il 57%. Invece, per quanto riguarda l’Mdd (+450 milioni di euro, pesando per il 43% della crescita), è l’ampliamento dell’assortimento di prodotto a marchio del distributore sugli scaffali a determinare la crescita per l’anno corrente. Anche i target che determinano questi risultati sono differenti: se da una parte la Mdd si rivolge sempre di più agli 8 milioni di famiglie con figli a carico (+0,5 punti di quota) e di media età (+1,6 punti in quelle con reddito medio più basso), l’Idm è in crescita sia nelle famiglie mature ad alto reddito (+0,2 punti) sia in quelle a basso (+0,6 punti).
Secondo i dati del Consumer Panel di NIQ, la strategia vincente per i principali brand del mass market, il 59% dei quali in crescita a volume nel corso dell’ultimo anno, sembra risiedere nella capacità di raggiungere un numero sempre più elevato di clienti, con maggiori probabilità di successo se si riesce anche a migliorare la fedeltà. Anche la Mdd sta cercando di espandere la sua quota, lavorando principalmente attraverso lo sviluppo degli assortimenti: cresce nel 65% delle categorie, in parte per aumento del solo numero di famiglie acquirenti (in due casi su tre) e in parte in tutte quelle dove, oltre ad incrementare il numero di acquirenti, riesce anche a crescere in fedeltà.
La crescita del comparto, registrata negli ultimi mesi, testimonia la capacità dell’industria e della distribuzione di soddisfare sempre meglio i bisogni delle famiglie italiane – conclude Romolo De Camillis, Retailer Director di NielsenIQ (a sinistra nella foto in alto) –. Nel quadro attuale e guardando al prossimo futuro emergono ulteriori opportunità di crescita. Per coglierle appieno sarà importante continuare a migliorare i livelli di efficienza delle promozioni (circa un terzo delle attività non genera volumi incrementali) e degli assortimenti. Infine, lavorando insieme su specifici target di clientela e cavalcando affinità tra brand ed insegne, si riuscirà ad intercettare un numero sempre più elevato di famiglie coprendo meglio i loro bisogni di consumo”.

Gdo, il fatturato del 2024 supera quota 135 miliardi (+1,8%)

Secondo “Lo stato del Largo Consumo in Italia” di NielsenIQ, studio che analizza l’andamento dei consumi e delle abitudini di acquisto delle famiglie italiane, il fatturato maturato dalla Gdo a totale Omnichannel in Italia per il 2024 si attesta a 135,1 miliardi di euro, un valore che cresce del +1,8% rispetto al 2023. Viene inoltre riscontrato un andamento positivo per la maggioranza dei canali distributivi: in testa si trovano gli specialisti drug (+8,8%), seguiti dai supermercati (+2,6%), dai discount (+2,3%) e dai superstore (+2,1%). In controtendenza l’andamento dei liberi servizi (-2,4%) e iper>4500 (-1,9%).

Analizzando le rilevazioni fornite da NIQ, il largo consumo confezionato (LCC), a totale Italia per la Gdo, chiude il 2024 a valore con +2%, seguito dal comparto grocery (+1,9%), il fresco (+1,8%) e in ultimo il no food (+0,7%). Si osserva, inoltre, un aumento delle vendite in promozione: l’anno chiude con una leva al +24,3% (vs 23,4% nel 2023) e, per il solo mese di dicembre 2024, viene evidenziato un livello più alto rispetto allo stesso periodo del 2023 (26,2%, +1,8 pp).

Volgendo lo sguardo solamente al mese di dicembre 2024, si registra un fatturato pari a 14,4 miliardi di euro con un andamento positivo per la maggioranza dei canali distributivi. Infatti, in testa si trovano gli specialisti drug (+5,1%), seguiti da discount (+1,6%), superstore (+1,3%) e supermercati (+0,3%). Tuttavia, si sottolinea una diminuzione dell’andamento del fatturato nei canali liberi servizi (-5,2%) e iper>4500 (-3,3%). Nel corso dell’ultimo mese dell’anno, l’indice di inflazione nel largo consumo confezionato (LCC) viene rilevato al +0,4% a Totale Italia Omnichannel, confermando un trend inflattivo in calo rispetto al 2023 (11,3% – valore medio annuale). Al fine di contrastare l’impatto del carovita, le strategie di risparmio messe in atto dagli italiani sono proseguite nel corso di tutto il 2024 iniziando proprio dal carrello della spesa. Un’affermazione che trova un’eccezione, però, proprio nel mese di dicembre del 2024. Complici le festività, i consumatori hanno adottato comportamenti meno volti al contenimento delle spese: infatti, la variazione dei prezzi è più alta rispetto all’inflazione (+0,6% vs +0,4%). Per quanto riguarda i prodotti a marchio del distributore, a dicembre la quota di mdd è pari al 21,6% del lcc nel perimetro iper, super e liberi servizi, mentre a Totale Italia Omnichannel si attesta al 30% (discount inclusi).

COSA METTONO GLI ITALIANI NEL CARRELLO DELLA SPESA?
Considerando il rapporto tra valori e volumi a totale Italia Omnichannel, nel comparto grocery, a dicembre dall’indagine di NIQ emerge un lieve calo a valore pari al -0,5% (vs dicembre 2023), stesso trend che si osserva per i volumi attestandosi al -1,1%. In particolare, a dicembre 2024, tra le aree merceologiche interessate da un lieve incremento rispetto all’anno precedente, si trovano le categorie ittico e carni, con un aumento rispettivo a valore del +0,9% e +0,8%, invece analizzando i volumi la prima categoria presenta una diminuzione del -2,5%, mentre la seconda non subisce variazioni. Al contrario, le bevande calano sia per valore (-4,8%) sia per volume (-4,7%).

Esaminando l’andamento dei canali distributivi a totale grocery, i liberi servizi perdono maggiormente con il -5,6% a volume e il -4,9% a valore. I soli a ottenere un incremento sono gli specialisti drug, con un +2,0% a volume e un +1,1% a valore rispetto a dicembre 2023, i superstore invece crescono a valore del +0.9%. In merito al segmento del fresco (peso fisso + peso variabile) rimane invariato. Tra le tre categorie merceologiche più scelte dagli italiani per valore all’interno del comparto si trovano frutta e verdura, al +1,7%, e macelleria & polleria, con il +1,2%, seguite subito dopo dai formaggi (+1,1%). Pescheria e salumeria si attestano invece come le categorie con i trend più bassi, rispettivamente al -5,8% e al -3,9%. Se si analizzano i canali distributivi a crescere sono: i discount con un +2,1% e i superstore a +1,6%, seguiti dai supermercati che guadagnano un +0,4%. Calano tutti gli altri canali distributivi, con un picco per i liberi servizi a -5,9%.

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