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Italia Paese dei fiori: il 46% li compra. Coldiretti pensa di certificare la filiera italiana

Agli italiani piacciono i fiori, in vaso o recisi, e li acquistano più di ogni altro Paese europeo: secondo un’indagine Coldiretti/Censis sono nelle case del 46,2 per cento degli italiani. Una percentuale che aumenta nella fascia dei Millennials (Under 34), notoriamente interessati al naturale e al sostenibile, dove raggiunge il 50,8 per cento. L’identikit del flower lover è vario: trasversale tra uomini e donne, fasce di età e territori di residenza anche se dall’analisi emergono aspetti sorprendenti: dichiara di avere il pollice verde oltre il 47,5% degli uomini a fronte del 43% delle donne. Nove italiani su dieci sostengono che avere fiori in casa sia un piacere. Una funzione antistress peraltro confermata da studi scientifici, che si scontra però con un calo degli acquisti che anche a causa della crisi sono scesi sotto la soglia storica degli 8 milioni di acquirenti che si è registrata molto raramente negli ultimi dieci anni.

 

Coldiretti pensa di certificare la filiera

L’Italia è anche leader nella produzione di piante e fiori in Europa: il florovivaismo italiano vale oltre 2,4 miliardi di euro e conta oltre 30 mila aziende agricole che garantiscono occupazione ad oltre 100 mila persone. Ma sul settore pesa la piaga del commercio abusivo di fiori recisi e di piante in vaso: un’economia sommersa stimabile in alcune centinaia di milioni di euro, con ramificazioni legate alla criminalità che ne organizza la distribuzione in tutta Italia. Nonostante il primato italiano in Europa tra l’altro aumentano le importazioni di fiori e piante, del 7% nei primi sei mesi del 2015, anche per le triangolazioni di Stati dell’Unione Europea che li importano da Paesi extra Ue dove vengono prodotti senza rispettare le normative fitosanitarie comunitarie, e sfruttando le popolazioni locali. Rose, orchidee, ma anche piante in vaso sono i prodotti più frequentemente oggetto di questo fenomeno. «È anche per questo motivo che Coldiretti sta lanciando, attraverso la propria rete di vendita diretta, fattorie e mercati di Campagna Amica e attraverso Fai, il brand firmato dagli agricoltori italiani, il fiore e la pianta della filiera agricola tutta Italiana, per dare certezze al consumatore circa la provenienza dei prodotti florovivaistici, la loro qualità e l’adozione di processi produttivi eticamente corretti» ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo.

Made in Italy e agromafie: le filiere sono “pulite”? Caselli presenta la nuova legge

Un momento del convegno organizzato da Cir Food a Expo: da sinistra Luca Ponzi, moderatore, Andrea di Stefano (Novamont), Silvio Barbero (Slow Food), Gian Carlo Caselli e Alessandro Leo (Libera Terra).

L’agroalimentare è un settore che si presta ancor più di altri alle infiltrazioni mafiose, fatto di piccole aziende “aggredibili” da quella “mafia liquida” che penetra ovunque ci sia la possibilità di fare o riciclare denaro: 15,4 miliardi di euro è la stima dei guadagni dalle agromafie nel 2014 (secondo il terzo rapporto Agromafie Coldiretti / Eurispes).
«Quando entra in un settore la mafia tende a impadronirsene e a svuotarlo – spiega l’ex pocuratore Gian Carlo Caselli – cancellando i diritti sindacali e ricorrendo anche alla forza per risolvere problematiche che gli altri imprenditori devono affrontare rispettando le regole. L’agroalimentare è un settore florido, che non subisce più di tanto la crisi, l’appeal del Made in Italy nel mondo è innegabile. Dunque presenta alla mafia grandi possibilità di guadagno, in tutta la filiera, dalla coltivazione alla distribuzione e ristorazione, passando per il trasporto».
Insomma, “il piatto è ricco”. E il rischio di avere conseguenze, in caso di frodi e contraffazioni, oggi è basso.

Contraffazione bio e mancato ritiro della merce nuovi reati

Gian Carlo Caselli e a sin. Silvio Barbero.
Gian Carlo Caselli e a sin. Silvio Barbero.

Servono nuove leggi più incisive: il 14 ottobre la Commissione ministeriale presieduta da Gian Carlo Caselli presenterà al ministro della Giustizia Andrea Orlando il testo definitivo della riforma dei reati agroalimentari. Volto ad aggiornare una legge “obsoleta e financo criminosa nella sua incapacità a rendere poco conveniente la contraffazione” ha detto lo stesso Caselli al convegno “Filiera della legalità nel settore alimentare” organizzato dalla cooperativa di ristorazione Cir Food a Expo. Il testo prevede nuovi reati come il disastro sanitario (avvelenamento, contaminazione o corruzione di acque o sostanze alimentari), l’omesso ritiro dal mercato di sostanze alimentari pericolose nel ciclo produttivo e distributivo, il reato di agropirateria ovvero il crimine agroalimentare perpetrato da organizzazione criminale non ascrivibile ad associazione mafiosa (che non rientra dunque nel 416bis), la simulazione di metodi di agricoltura biologica e la falsa indicazione geografica di un prodotto. Sono poi previsti modelli organizzativi aziendali che individuino responsabilità amministrativa anche alle persone giuridiche come strumento di prevenzione dei reati alimentari.

«Il fulcro della nuova normativa è la tutela dei prodotti alimentari imperniata sulla figura del consumatore finale – ha spiegato Caselli -. La frode è considerata lesiva soprattutto dei suoi interessi, tendendo anche conto del maggior valore che ha progressivamente assunto l’identità del cibo nella cultura dei territori, delle comunità locali e dei piccoli produttori. È una legge pragmatica, con sanzioni pesanti, tra cui la sospensione ed espulsione dal mercato, che valorizza il ravvedimento operoso. E c’è la prospettiva di un’etichetta “narrante”, comprensibile e trasparente, che faccia capire chiaramente cosa c’è dentro cibi e bevande».
«Una buona legge insomma ricordando – ammonisce Caselli – che anche la legge migliore se non è applicata, se il processo non funziona rimane sulla carta. Non servono solo nuove norme ma controlli e la diffusione di una cultura della legalità».

Slow Food: la distribuzione deve assicurare la pulizia della filiera
«Dobbiamo cambiare il paradigma del nostro rapporto con il cibo cambiando la scala di valori: non è più sufficiente che il cibo sia “buono” nel senso della sicurezza alimentare, ma deve anche essere “legale” per poter essere messo sul mercato. Deve includere valori quali i diritti dei lavoratori, deve essere il frutto di un corretto rapporto con il territorio che lo produce, di un’economia democratica, di piccola e media scala, e di una filiera trasparente» ha detto Silvio Barbero, vicepresidente dell’Università delle scienze Gastronomiche di Pollenzo e tra i fondatori di Slow Food.
«Al mondo della distribuzione chiediamo che assuma alcuni elementi di codice per cui certi prodotti siano esclusi dalle politiche di acquisto, garantendo al consumatore la pulizia della filiera. Non è difficile, in questo Paese le cose si sanno. Ma è necessario fare formazione sulle tematiche della legalità agli addetti agli acquisti. I consumatori devono essere messi in condizione di poter scegliere in modo chiaro: oggi non lo sono».

Chiara Nasi, presidente Cir Food.
Chiara Nasi, presidente Cir Food.

“Pessimista” si è dichiarata Chiara Nasi, presidente di Cir. «La politica del contenimento dei prezzi per forza di cose apre le porte a player che non sono legali, praticano il lavoro in nero, non rispettano i capitolati. È vero, le aziende che praticano l’illegalità devono uscire dal mercato, ma spesso anche quando ciò avviene rientrano con un altro nome. Oggi, anche grazie alle nuove tecnologie, alle app che leggono le etichette ad esempio, si potrebbe fare moltissimo. Non è però solo questione di buone norme, il problema è applicarle e diffondere una rivoluzione culturale che vedo ancora molto lontana. Ma è una battaglia che dobbiamo vincere».

Caporalato si deve fare di più
La piaga del caporalato balzata alle cronache questa estate non è considerata nel disegno di legge «ma – ha annunciato l’ex procuratore – chiederemo al ministro l’istituzione di una Commissione apposita. È una piaga di cui sappiamo tutto, eppure si sta espandendo nelle aree più ricche, come dimostrano i recenti casi in Piemonte. Si tende ad appocciare secondo logiche emergenziali, se c’è un morto o nella stagione della raccolta, per poi dimenticarsene il resto dell’anno: andrebbe invece affrontata in una logica strutturale, come un’economia perversa che ha legami con la mafia».
«Si è scoperto che un fenomeno che sembrava toccare solo stranieri e migranti riguarda, complice la crisi, anche cittadini italiani, soprattutto donne – dice Alessandro Leo, presidente del Consorzio Libera Terra Mediterraneo – . Noi ci opponiamo a questo modello dimostrando che sui terreni confiscati alla mafia si può praticare un’economia diversa, che crea lavoro e valore tramite il biologico e le eccellenze agroalimentari. Ricordando che chi è schiavo non controlla il proprio lavoro, e utilizzerà e sarà vittima dell’uso di diserbanti e pesticidi ad esempio».

Il prezzo della legalità
Tutto ciò si scontra spesso con un consumatore abituato a scegliere i prodotti alimentari guardando al prezzo più basso. «La sintesi del nostro lavoro sono i prodotti venduti sugli scaffali dei supermercati – dice ancora Leo -. Coop ma ora anche Auchan e Carrefour,  segno che stiamo riuscendo ad avere prezzi sostenibili con il mercato anche non cooperativo -. Dimostrano che l’acquisto di un prodotto è una presa di posizione, un atto politico che però presuppone una conoscenza da parte del consumatore. Il rispetto dei diritti dei lavoratori per noi è scontato ma non lo è per tutti, e nemmeno la paga minima ai braccianti agricoli. Siamo un’impresa pulita che crea opportunità di lavoro, tutelando il territorio e il reddito dei contadini che lo custodiscono, anche attraverso l’agricoltura biologica, creando lavoro e rapporti».
«I cittadini devono capire che il prezzo non è tutto, specie per quanto riguarda i prodotti alimentari: ogni anno ne buttiamo via 13 miliardi di euro. Bisogna diffondere e far vincere la cultura di consumare meno ma consumare meglio su quella del prezzo più basso» ha commentato Andrea Di Stefano di Novamont, azienda attiva nel settore delle plastiche biodegradabili.
«I consumatori devono sapere che, se spendono un po’ di più per un prodotto, lo fanno per un Paese più pulito» conclude Barbero.

Sipo promuove l’agroalimentare italiano con visite e pranzi in serra

Far toccare con mano l’eccellenza agroalimentare Made in Italy: è quello che ha fatto SIPO, azienda italiana specializzata in prodotti ortofrutticoli di I e di IV gamma, che ha colto l’occasione della partecipazione al recente Macfrut per organizzare l’evento “Dal Campo alla Tavola … For Real!” al quale hanno preso parte buyers e importatori esteri provenienti da Europa e Paesi del Medio Oriente, oltre a giornalisti, nutrizionisti e addetti ai lavori.

Obiettivo: vedere da vicino e gustare le produzioni di SIPO in serra di melanzane, cetrioli, pomodori e la raccolta in campo aperto in piena lavorazione di lattughe ed ortaggi a foglia larga, in linea con la comunicazione aziendale focalizzata sulla passione per la terra. Durante l’evento è stato visitato anche lo stabilimento di SIPO sotto la guida di Massimiliano Ceccarini, General Manager, per illustrare agli ospiti il processo di cernita, mondatura, lavaggio, asciugatura e il confezionamento dei prodotti pronti per essere spediti.

“Abbiamo avviato un processo di internazionalizzazione che ci ha portato in aree contraddistinte da un elevato potere d’acquisto e da condizioni climatiche avverse alle produzioni agricole – ha dichiarato Massimiliano Ceccarini. Guardiamo con interesse destinazioni come Nord Europa, Scandinavia e Golfo Persico perché particolarmente sensibili al Made in Italy, all’arte culinaria italiana e al biologico. Tutti temi che si sposano con i nostri prodotti di prima gamma evoluta ricettati e con la linea bio”.

Giulia Pieri, chef vegana, con Massimiliano Ceccarini (a destra) e Roberto Bologna.
Giulia Pieri, chef vegana, con Massimiliano Ceccarini (a destra) e Roberto Bologna.

Al termine della visita guidata è stato preparato infine dalla Vegan Chef Giulia Pieri un pranzo speciale in una serra di cetrioli all’interno dell’agricola Roberto Bologna con i prodotti delle linee Sapori del mio Orto, Verdure di Romagna e Sapori Bio, i tre marchi di SIPO. Oltre alla fiera Macfrut, hanno contribuito all’evento le aziende agricole Bruschi e gli sponsor Poderi dal Nespoli (vini del territorio romagnolo), Panattrezzi (attrezzature per la panificazione), Papì (pane e pizza) e Vip Piada (piadina e crescioni vegan).

Insalata quarta gamma, mercato quasi saturo. Possibilità di crescita al Sud e nei discount

L’insalata di quarta gamma piace agli italiani. Anzi, negli ultimi annivi è un travaso di consumi dalle verdure sfuse a quelle già confezionate già pulite, tagliate, lavate e pronte all’uso. Lo sottolinea Nielsen che rileva che da gennaio di quest’anno per la prima volta i consumatori di insalata confezionata hanno superato quelli di insalata sfusa. E la forbice continua ad allargarsi.

nielse IV gamma 1

“L’ampliamento del parco acquirenti (+ 300 mila famiglie nell’ultimo anno) – affermano gli analisti di Nielsen – ha contribuito alla crescita dei consumi che hanno subito un’ulteriore accelerata. Ad anno terminante maggio 2015, sono state consumate 89,3 mila tonnellate di verdura IV Gamma (+ 2,7% vs AT Mag 14) per un valore totale di oltre 633 milioni di euro (+ 1,5% vs AT Mag 14). Restano stabili invece i consumi medi per famiglia con una spesa annua per nucleo che si attesta intorno ai 34 euro e una frequenza di acquisto di circa 18 atti all’anno, a dimostrazione del fatto che è principalmente la capacità del prodotto di attirare nuovi acquirenti a sostenere i consumi”.

In calo invece il consumo di verdura sfusa, con un calo di circa tra il 5% e il 7% rispettivamente proprio nei canali più tradizionalmente dedicati al suo acquisto, i negozi tradizionali e i mercati rionali (AT Mag 15 vs periodo corrispondente).

I motivi di questo switch sarebbero diversi, secondo Nielsen: in particolare la crescente importanza che gli italiani prestano alla corretta alimentazione unita all’attenzione per il contenuto di servizio dei prodotti; l’insalata confezionata soddisfa l’una e l’altra esigenza conciliando la componente salutistica con il time saving e il contenimento degli sprechi. Senza considerare le politiche commerciali degli attori del mercato che hanno contribuito a contenere lo scontrino medio.

In questo roseo scenario già compare qualche nuvola all’orizzonte. Ed è il l’approssimarsi della saturazione della domanda, tanto che la penetrazione nelle prime tre aree Nielsen è vicina all’80%. Quali i margini di crescita? Secondo l’analisi sono due le possibili opportunità da cogliere. La prima è l’Area 4, caratterizzata da un parco acquirenti ancora inferiore rispetto alle altre aree, ma in forte crescita; la seconda potrebbe arrivare dai discount, un format ancora poco performante per la quarta gamma (- 6,5% Acquisti a Valore; -3,2% Acquisti a Volume – AT Mag 15 vs corrisp.) nonostante gli acquisti di verdura in generale siano invece in forte sviluppo in questo canale (+3,6% Acquisti a Valore; + 7,6% Acquisti a Volume – AT Mag 15 vs corrisp.).

Nielsen IV gamma 2

Ma in questo secondo caso la torta difficilmente si amplierebbe, perché si tratterebbe di un passaggio da altri canali d’acquisto al discount.

Al via le nuove regole per la IV gamma. L’UNC chiede “controlli a tappeto”

Mai più sopra gli 8°C e indicazioni chiare sulle confezioni circa conservazione, preparazione e durata: sono le nuove regole in vigore da pochi giorni sui pro​dot​ti or​tofrut​ti​col​i di IV gamma.

Ecco le principali regole, pre​vi​ste dal de​cre​to at​tua​ti​vo 20 giu​gno 2014 dell​’art. 4 della legge n. 77/2011:

1) Nei sup​er​mer​ca​ti e nei ne​go​zi i pro​dot​ti or​to​frut​ti​col​i di IV gamma do​vran​no es​se​re man​te​nu​ti ad una tem​pe​ra​tu​ra in​fe​rio​re a 8°C.

2) È cons​en​tit​a l’ag​giun​ta di in​gre​dien​ti di ori​gi​ne ve​ge​tal​e non fre​schi o secchi, ma in quan​ti​tà non supe​rio​re al 40% del pro​dot​to fi​ni​to.

3) Sulla con​fez​io​ne do​vran​no es​se​re ri​por​ta​te,“in un punto evi​den​te dell​’e​ti​chetta, in modo da es​se​re fa​cil​men​te vi​si​bil​i e chia​ra​men​te leg​gi​bi​li“:

a) “pro​dot​to (op​pu​re il tipo di pro​dot​to, ad es. in​sal​a​ta) la​va​to e pron​to per il con​sumo“, o “pro​dot​to lava​to e pron​to da cuo​ce​re“;
b) le istru​zio​ni per l’uso per i pro​dot​ti da cuo​ce​re;
c) la di​ci​tu​ra: “con​ser​va​re in fri​go​ri​fe​ro a tem​pe​ra​tu​ra in​fe​rio​re agli 8°C“;
d) la di​ci​tu​ra: “con​su​ma​re entro due gior​ni dall​’a​per​tu​ra della con​fe​zio​ne e co​mun​que non oltre la data di sca​den​za”, a meno che il pro​dot​to non sia da cuo​ce​re nella con​fe​zio​ne in​te​gra.

In questo modo, non sarà più possibile farintendere tra prodotti lavati e pronti all’uso con quelli da cuocere. Inoltre, l’obbligo di mantenere il prodotto a una temperatura inferirore agli 8°C vale lungo tutta la filiera, carico/scarico, stoccaggio in magazzino e trasporto inclusi.

 

Controlli a tappeto

L’UNC, Unione Nazionale Consumatori, chie​de alle au​to​ri​tà com​pe​ten​ti di effettuare con​trol​li a tappeto per ac​cer​ta​re eventuali vio​la​zio​ni ed in​vi​ta il con​su​ma​to​re a se​gna​la​re inos​ser​van​ze. Tra i nuovi obb​li​ghi, sotto la lente c’è quello di manten​e​re i pro​dot​ti or​to​frut​ti​col​i ad una tem​pe​ra​tu​ra inferio​re a 8°C, e non tutti i punti vendita sono at​trez​za​ti con fri​go​ri​fe​ri adat​ti. “Sono prod​ott​i che si sono af​fer​ma​ti sul mer​ca​to per la loro como​di​tà e pra​ti​ci​tà, anche se, ov​via​mente, que​ste qual​i​tà si paga​no. Le nuove dis​po​si​zioni sono un passo avan​ti in ma​te​ria di si​cu​rez​za ali​men​ta​re e verso la traspa​ren​za e la cor​ret​ta in​for​ma​zione del con​su​ma​to​re. Un raff​or​za​men​to delle sue tu​tel​e, anche se alcune pre​vi​sio​ni po​tran​no com​por​ta​re un au​men​to dei costi” ha di​chia​ra​to Ago​sti​no Macrì, responsabile dell’A​rea si​cu​rez​za ali​men​ta​re dell​’Unione Na​zio​nal​e Con​su​ma​to​ri.

In ogni caso,  i pro​dot​ti eti​chet​ta​ti o im​mes​si in com​mer​cio non con​for​mi alle nuove di​spo​si​zio​ni potran​no es​se​re com​mer​cial​iz​za​ti fino a esau​ri​men​to delle scor​te e, quin​di, al​me​no per al​cu​ne di queste re​gol​e, come per l’e​ti​chet​ta​tu​ra (ma non per la con​ser​vaz​io​ne a -8°C), po​treb​be es​ser​ci qualche gior​no di tol​le​ran​za prima che scat​ti​no le san​zio​ni, ma trattandosi di prodotti freschi, l’UNC giudica che questo si proprogherà “al mas​si​mo fino al 20 ago​sto”.

La Festa della frutta e della verdura a Expo esalta la produzione italiana

Expo Milano 2015 ha celebrato ieri la “Festa della Frutta e della Verdura”, una giornata all’insegna del mangiare sano e dello stile di vita equilibrato, con oltre 12 tonnellate di frutta  distribuite ai visitatori degustazioni, eventi e intrattenimenti organizzati dai partner e dai Paesi partecipanti.

L’apertura ufficiale delle celebrazioni è avvenuta davanti al padiglione “No farmers no party” all’ingresso del Cardo Sud, dove centinaia di agricoltori provenienti da tutta Italia sono stati accolti dal Commissario Unico delegato del Governo per Expo Milano 2015, Giuseppe Sala, dal Ministro per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, Maurizio Martina, e dal Presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo.

E poi ecco un trionfo di pesche nettarine, ciliegie, albicocche e nespole, angurie e meloni che i visitatori, grazie a Coldiretti e Agrinsieme, hanno potuto degustare lungo il Cardo e il Decumano.[Not a valid template]

Intagliatori hanno realizzato sculture artistiche e quattro piramidi con prodotti naturali hanno decorato il Cardo Sud. «Una festa di grande successo, con una partecipazione dei Paesi e dei partner straordinaria, un’occasione importante – ha sottolineato Giuseppe Sala – per provare frutti esotici e abbinamenti inusuali ma davvero gustosi. In questo senso, possiamo parlare di un Expo dei curiosi. Per il futuro stiamo pensando a nuove iniziative, magari con giornate dedicate alla birra e al vino».

«Dobbiamo valorizzare sempre più le nostre produzioni ortofrutticole – ha ribadito il ministro Martina -, lavorando sull’organizzazione della filiera, promuovendo qualità ed eccellenza. L’Esposizione Universale è il momento per dimostrare ai 140 Paesi presenti la forza della produzione italiana».

Una Festa che ha coinvolto tutti i Paesi partecipanti, a cominciare da quelli presenti nel Cluster Frutta e Legumi, con cocktail al mango, allo zafferano  e succhi di baobab e ibisco. E poi i frutti tropicali del Brasile, la macedonia di frutta con sciroppo di Mezcal del Messico, le degustazioni di anguria e arancia alla cannella del Marocco e di succo di mele e prugne con il cioccolato in Polonia. Al Parco della Biodiversità, a cura del Padiglione del Biologico NaturaSì, ecco centrifugati biologici. Conaf-WAA (World Association of Agronomists), con il supporto dei loro volontari, ha definito un itinerario di visite guidate dei padiglioni, tra Bahrain, Francia e Marocco, sul tema della Frutta e della Verdura. E poi il gelato alla frutta di Rigoletto e le creazioni dei maestri pasticceri e gelatai del Cluster del Cacao e Cioccolato.

Conserve Italia certifica la propria water footprint

Conserve Italia riduce anche il consumo di acqua, divenendo, così,  la prima azienda alimentare italiana ad aver conseguito la certificazione della propria impronta idrica (water footprint) secondo lo standard internazionale ISO14046, introdotto per la prima volta nell’agosto 2014.
La Water Footprint è stata calcolata su tre prodotti di punta del marchio Valfrutta (polpa di pomodoro, borlotto, nettare di pera), dei quali sono stati quantificati i potenziali impatti ambientali relativi all’acqua. Dopo aver identificato le fasi più significative dal punto di vista idrico lungo tutto il ciclo di vita produttivo, ora Conserve Italia sta avviando specifiche procedure interne finalizzate a ridurre l’impronta idrica.
“Anche l’agricoltura è chiamata a fare la sua parte per ridurre i consumi di acqua, che è un bene di tutti ed una risorsa da tutelare in quanto limitata” spiega il presidente di Conserve Italia Maurizio Gardini. “Il volume idrico complessivamente utilizzato in Italia è pari a 42 miliardi di m3/anno, dei quali il 60% è impiegato dal settore agricolo, contro il 25% del settore industriale e il 15% di quello civile. Di qui la necessità di un ripensamento dei modi d’utilizzo dell’acqua in agricoltura e l’impegno per individuare metodi di irrigazione e di utilizzazione che riducano gli sprechi di questa preziosa risorsa”.
Le analisi sui primi prodotti di cui è stata certificata l’impronta idrica hanno evidenziato che le aree di miglioramento sulle quali intervenire sono per lo più relative alla parte agricola e riguardano fondamentalmente la scelta e la gestione delle colture, le pratiche agronomiche, i metodi irrigui e l’uso di risorse idriche alternative.
“Abbiamo il grande vantaggio di essere una cooperativa – conclude Gardini – e di avere, attraverso i nostri 14.000 soci agricoli, il controllo di tutta la filiera a partire dal seme. Siamo quindi assolutamente in grado di migliorare la nostra efficienza sin dall’inizio del processo produttivo. Attualmente, nell’ambito di un complessivo progetto di agricoltura sostenibile, si stanno raccogliendo dati e indicatori per analizzare la gestione agronomica delle coltivazioni vegetali e individuare interventi di miglioramento: verrà successivamente realizzato un documento tecnico a supporto dei nostri agricoltori, che potranno utilizzarlo come prontuario di best practice per fare le migliori scelte dal punto di vista ambientale ed economico”.

Il 25 agosto torna Nergi, il baby kiwi con 300mila vaschette

È piccolo come un frutto di bosco i poco più, ma ha tutte le proprietà, oltre all’aspetto, del kiwi, come la miniera di vitamina C. Nergi, il baby kiwi commercializzato per la prima volta in Italia lo scorso anno, ma originario dell’Asia, dove è presente in natura da secoli, sarà commercializzato a partire dal 25 agosto, fino all’inizio di novembre. con una distribuzione concentrerà nelle maggiori insegne distributive (supermercati e ipermercati) in vaschette da 125 grammi.

NERGI_MISE-EN-SITUNel 2014, in Europa sono stati venduti ai consumatori 600 mila pezzi (vaschette da 125 gr) contro i 150 mila dell’anno precedente. Nel 2015, le previsioni di raccolta sono di circa un milione di pezzi (a livello europeo, mentre 300 mila in Italia) e di 2 milioni per il 2016 (in Europa). In  Italia, la poduzione è concentrata nell’areale cuneese.

 

Campagna pubblicitaria

La “campagna 2015” prevede un ampio dispiego di forze: comunicazione online con banner su siti gourmet e campagna social su facebook, oltre a un evento a Parigi a settembre, l’animazione di un canale YouTube in Italia, un account Instagram in Germania e la partecipazione a importanti kermesse locali sia in Italia, sia in Germania, oltre all’organizzazione di eventi ed happening inediti. Regista è l’azienda francese SOFRUILEG (con sede a Labatut) che dal 2005 commercializza il frutto in Europa.

Apo Conerpo, più di un milione di tonnellate di ortofrutta fresca

Maltempo estivo, contrazione dei consumi, embargo russo. Il 2014 è stato un anno particolarmente difficile per l’ortofrutta italiana. Ciononostante il Gruppo Apo Conerpo ha registrato un netto incremento (+12,7% sul 2013) dei volumi conferiti dai produttori delle cooperative socie. Particolarmente consistente l’aumento degli ortaggi, cresciuti del 15,4% rispetto al 2013, con indice però negativo per asparagi, carote, cipolle, meloni e fagioli, condizionati dalla scarsa allegagione nei mesi primaverili. Leggermente più contenuto l’incremento dei conferimenti di frutta (+7,9%) con indice negativo per pesche, uva da tavola e castagne.

«Complessivamente – sottolinea il presidente, Davide Vernocchi – Apo Conerpo, insieme alle sue filiali Alegra, Brio, Naturitalia e Valfrutta Fresco, ha collocato sul mercato più di 1 milione di tonnellate di ortofrutta fresca, di cui oltre 630.000 di ortaggi e quasi 406.000 di frutta, sviluppando un fatturato superiore ai 670 milioni di euro, stabile sui livelli del 2013».

Questi i prodotti di punta di Apo Conero: le pere con un’offerta di quasi 166.000 tonnellate, le pesche e nettarine con oltre 92.000 tonnellate, le mele con circa 55.000 tonnellate, i kiwi con più di 43.000 tonnellate, le susine con circa 22.500 tonnellate.

Per quanto concerne le orticole, i prodotti più importanti per Apo Conerpo sono i pomodori con quasi 430.000 tonnellate, seguiti dalle patate con 43.000 tonnellate, dalle cipolle con 20.000 tonnellate, dai piselli con oltre 19.000 tonnellate, dalle carote con circa 13.300 tonnellate, dai fagiolini con quasi 8.900 tonnellate, dai cocomeri con 6.600 tonnellate e dai meloni con circa 5.000 tonnellate.

Le destinazioni e i canali. Particolarmente dinamico il mercato estero, dove sono set collocate 130 mila tonnellate di ortofrutta fresca (+11,3%) per 115 milioni di euro, con risultati interessanti in Nord Africa, Nord America e Asia

In Italia, presso la Gdo sono state commercializzate 163.500 tonnellate (+5,5%) per un valore di quasi 120 milioni di euro, mentre al mercato tradizionale sono state indirizzate più di 144.000 tonnellate di prodotto (+6,44%) per un valore di oltre 90 milioni di euro (+0,89%). All’industria di trasformazione infine sono state destinate più di 560.000 tonnellate per un valore di 83 milioni; il plusvalore del trasformato ha sfiorato i 270 milioni di euro.

Gli investimenti. Consistente il capitolo investimenti, ammontati a 41,5 milioni di euro così suddivisi: «più di 13,5 milioni di euro – afferma il vice presidente Roberto Cera – indirizzati al miglioramento della qualità dei prodotti, 11,8 milioni per le misure ambientali, oltre 5,3 milioni per la pianificazione della produzione e dell’offerta, 5 milioni per la promozione dei prodotti freschi e trasformati, oltre 3,7 milioni destinati alla prevenzione e alla gestione delle crisi, 1,8 milioni indirizzati all’incremento del valore commerciale dei prodotti».

Per aumentare sempre più il livello qualitativo delle produzioni è stata ulteriormente rafforzata la diffusione dell’assistenza tecnica in campagna ed è stato aumentato il numero dei controlli lungo l’intera filiera.

Prosegue poi l’attività di ricerca e sperimentazione sviluppando temi come i nuovi sistemi di impianto e gestione agronomica dei frutteti, la difesa, la valutazione qualitativa in post-raccolta, la verifica di nuovi formulati e tecniche di conservazione, gli studi sulle minori emissioni di CO2 e le risposte produttive e qualitative delle nuove selezioni e varietà frutticole. Negli ultimi 5 anni, più del 70% delle nuove varietà introdotte negli impianti di pesco e susino è rappresentato da cultivar studiate dai Comitati tecnici di Apo Conerpo in ambito New Plant; questa percentuale supera il 90% considerando altre specie come le pomacee, l’albicocco, il ciliegio, l’actinidia e le colture industriali.

Ricco il programma di sviluppo per il prossimo triennio, che si articolerà nel supporto alla ricerca e sperimentazione per migliorare le produzioni ed aumentare la difesa dalle fitopatie, nell’innovazione di prodotto, nella valorizzazione delle produzioni dei soci con azioni mirate di supporto alle vendite utilizzando la grande notorietà dei marchi del Gruppo anche per l’ortofrutta fresca, nell’internazionalizzazione delle vendite cercando di rimuovere gli ostacoli che in alcuni paesi impediscono l’ingresso ai prodotti dei soci Apo Conerpo, nella concreta attuazione di aggregazioni e collaborazioni produttive e commerciali. «La solidità patrimoniale di Apo Conerpo – hanno concluso Vernocchi e Cera – consentirà di potenziare anche nel 2015 gli investimenti in questi campi e di continuare a dar pieno supporto finanziario ed operativo alle società del Gruppo, favorendo un ulteriore rafforzamento delle cooperative socie».

Nel 2014 sono poi aumentati gli interventi di mercato, destinati quasi esclusivamente alla distribuzione gratuita per beneficenza, che per Apo Conerpo ha interessato oltre 3.000 tonnellate per un controvalore di 1,2 milioni di euro. La crisi della frutta estiva e l’embargo russo hanno inoltre reso necessari ritiri straordinari che hanno riguardato 8.800 tonnellate per quasi 3 milioni.

Sipo valorizza l’agricoltura locale con le Verdure di Romagna

FIORI-DI-ZUCCA-OKCon il logo Verdure di Romagna, Sipo (azienda di produzione, lavorazione e commercializzazione di prodotti ortofrutticoli freschi di I e IV gamma) lancia nei supermercati eipermercati italiani una linea di ortaggi coltivati nelle Province di Rimini, Forlì-Cesena e Ravenna. L’assortimento iniziale, che verrà ampliato alla prossima stagione produttiva, è formato da cuori di sedano, carote, cardo, fiori di zucca, cavolo riccio, cavolo nero e coste di sedano verde.

I nuovi prodotti sono contraddistinti da un packaging distintivo con un’etichetta che riporta l’immagine della Regione Emilia Romagna e sono disponibili sia in vassoio che in busta (in formati che vanno da 80 grammi per i fiori di zucchina a 600 grammi per le carote). La commercializzazione nei punti vendita avviene solamente nella stagione vocata, secondo il calendario produttivo, preservando l’ecosistema e la filiera agricola.

«Siamo convinti – sottolinea Massimiliano Ceccarini, General Manager SIPO Group – che le Verdure di Romagna saranno apprezzate dai consumatori delle nostre zone e di altre Regioni, proprio per la peculiare storia agricola delle terre di Romagna. Il nostro obiettivo è di valorizzare non solo gli ortaggi freschi del territorio ma anche la sua cultura e la grande tradizione eno-gastronomica».

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