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Il libro, sorpresa, si vende ancora. Ma nella Gdo è in caduta libera

Cinque anni fa al supermercato si vendeva un libro su quattro, il 25%. Un’altra epoca, a giudicare dai numeri dello studio realizzato da GFK e presentato a Bologna alla Children’s Book Fair 2017. Sui circa 18 milioni gli italiani che hanno acquistato libri nel corso del 2016, meno di 3 milioni (uno su sei) li hanno comprati nella grande distribuzione e solo un milione utilizza esclusivamente questo canale. Sul totale di coloro che entrano nelle catene della Gdo, solo 3 su 50 frequentano il reparto libri, ma sono anche molto pochi gli acquirenti della categoria che scelgono il canale.

In questo scenario le vendite di libri nella grande distribuzione calano nel 2016 a doppia cifra percentuale, per il quinto anno consecutivo, diminuzione confermata anche nel primo trimestre 2017. Eppure negli altri canali le vendite di libri tengono, per la prima volta nel quinquennio, sebbene con performance diverse a seconda dei segmenti, con un’importante (quanto scontata) crescita dell’e-commerce.

La Gdo sta avviando da tempo una profonda riduzione degli spazi riservati al libro ed in generale al non-food. Si rende pertanto necessario per gli operatori della filiera del libro aggiornare le modalità operative con le quali presidiare questo canale.

«Il mercato del libro è sempre stato, anche nel canale GDO, dominato dalla logica dell’offerta. Fin quando il canale è riuscito ad assorbire l’eccesso di offerta non ci sono stati problemi. Da alcuni anni a questa parte però la crisi economica, la crisi del format ipermercato, i limiti imposti dalla legge Levi hanno cambiato lo scenario e la filiera distributiva del libro in GDO non si è adeguata. Bisogna ripartire dal consumatore, dai suoi bisogni e dai suoi comportamenti – ha detto Stefano Giubertoni, Direttore generale Mach 2 Libri, azienda leader in Italia nella vendita di libri nel canale  -. Da qui bisogna costruire un’offerta molto più centrata con i moderni strumenti di category management, di trade marketing, di visual merchandising, di cross category, che si applicano nel canale da parte delle categorie più dinamiche del mass market. Editori e distributori dovranno investire su questo nuovo approccio e Mach 2 Libri, intermediario leader in questo settore, porterà il suo know how nel collegare i due estremi della filiera in questo canale. Canale che non solo può arrestare la caduta, ma può tornare a crescere, offrendo opportunità di crescita per il libro e di traffico per la GDO. In questo senso anche un cambiamento della legge in vigore sul libro, che magari riduca anche lo sconto praticabile, ma che liberi il mercato in più momenti e stimoli quegli acquisti di impulso che sono il motore del comportamento di acquisto del consumatore, potrebbe essere il benvenuto».

Secondo Filippo Gugliemone, Direttore commerciale trade di Mondadori Libri «In un Paese dove in gran parte dei comuni non sono presenti librerie, spesso la grande distribuzione assume un ruolo chiave nella promozione della lettura, essendo il luogo dove può avvenire la scoperta di nuovi autori e libri.  Oggi solo tre milioni di persone acquistano libri nella grande distribuzione: partendo da questo dato credo si renda necessario rilanciare la relazione tra editori e insegne, lavorando per intercettare gli altri 47 milioni di potenziali lettori che oggi non trovano un’offerta in linea con le loro aspettative nei punti vendita. L’esposizione ad un pubblico più ampio non può che essere un bene per tutto il sistema della lettura in Italia».

 

Acquisti d’impulso di un cliente opportunista

La ricerca di Gfk ha tracciato anche un profilo del consumatore nella GDO, che è risultato essere anche in questa categoria opportunista e non esclusivista: compra dove capita tra i vari canali a disposizione, dove l’offerta è chiara e la shopping experience positiva. In GDO oltre il 60% degli acquisti nasce da stimoli ricevuti sul punto vendita e dunque è assimilabile all’acquisto di impulso: tra le motivazioni più importanti non compare il prezzo, mentre oltre un terzo degli acquisti nel canale è di prodotti di cui viene a conoscenza nel punto vendita stesso. La legge che limita le promozioni sul libro potrebbe avere influito sul trend di mercato, in un canale nel quale il consumatore è abituato a trovare pressione promozionale oltre il 30%.

Analizzando i dati di vendita appare anche chiaro come l’offerta sia eccessiva per il canale GDO: 1.500 titoli all’anno (un quinto di quelli realmente trattati) basterebbe a coprire oltre il 90% dei bisogni. Questo eccesso di offerta porta ad un’esposizione poco funzionale e chiara e a un eccesso di stock sul punto vendita. Le modalità gestionali del libro nella GDO risultano anacronistiche per le esigenze di marketing e di profilazione dei consumatori: ancora metà della distribuzione, per semplificare la gestione dei codici, tratta il libro a punto prezzo e non a titolo, rendendo illeggibili i dati di sell out, le vendite e le abitudini del consumatore.

Lo studio è stato presentato in occasione del convegno “Il libro in grande distribuzione: un approccio diverso che parta dal consumatore”, organizzato da Mach 2 Libri.

Made in Italy sotto attacco, i dazi di Trump mettono a rischio 3,8 mld di export USA

L’ascesa sembrava inarrestabile per i prodotti agroalimentari italiani che hanno vissuto un 2016 eccezionale (vedi Meraviglioso Made in Italy, nel 2016 export alimentare a 38 mld e siamo primi nel vino), e invece no: la politica proibizionistica del neopresidente degli Stati Uniti Donald Trump ci ha messo lo zampino. Ed ora non è solo la Vespa, icona dell’Italian way of life, ma piuttosto sono 3,8 miliardi di esportazioni di made in Italy agroalimentari, che nel 2016 hanno segnato un +6%. È quanto emerge da uno studio della Coldiretti in occasione della diffusione delle indiscrezioni sulla lista di prodotti italiani ed europei sui quali l’amministrazione statunitense sta valutando di imporre dazi punitivi del 100%, E le esportazioni verso gli USA pesano parecchio: il 10% del totale dell ‘agroalimentari italiane nel mondo (38,4 miliardi) con il terzo posto tra i principali italian food buyer dopo Germania e Francia, ma prima della Gran Bretagna. Il vino risulta essere il prodotto più gettonato dagli statunitensi con 1,35 miliardi (+5% nel 2016), davanti a olio (499 milioni +10% nel 2016), formaggi (289 milioni, +2% nel 2016) e pasta (271 milioni, +4% nel 2016) secondo le analisi della Coldiretti: che ora rischieranno un crollo nelle vendite.

 

La lotta si gioca sulla sicurezza alimentare

Secondo Coldiretti un tale success sarebbe frutto anche dei primati qualitativi e di sicurezza alimentare dell’Italia, l’unico Paese al mondo con 4.965 prodotti alimentari tradizionali censiti, 289 specialità Dop/Igp riconosciute a livello comunitario e 415 vini Doc/Docg, e il divieto verso le coltivazioni Ogm e la carne agli ormoni.

Sullo sfondo, la presunzione statunitense di imporre ai cittadini europei la carne trattata con ormoni, che peraltro trova contrari il 98% degli italiani i quali non vogliono correre il rischio di consumarla secondo una indagine Coldiretti/IprMarketing.

Il divieto europeo di far entrare sul proprio mercato carne trattata con ormoni risale agli anni 80 ma nel 1996 gli Stati Uniti e il Canada hanno presentato il ricorso al Wto con il quale è iniziata una lunga battaglia con alti e bassi che sta portando ora gli Usa a definire una lista di prodotti da colpire. L’obiettivo  è individuare particolari prodotti e Stati membri dell’UE da assoggettare all’imposizione di dazi supplementari fino al 100% del loro valore come era già avvenuto in passato, dal 1999 al 2011, quando a farne le spese erano state conserve di pomodoro, carne suina, il formaggio francese Roquefort, acqua minerale, cioccolato e succhi di frutta.

 

 

Un diluvio di Italian sounding, formaggi e vini in primis

Il rischio di chiusura delle frontiere potrebbe portare a una proliferazione sul mercato statunitense del fenomeno dell’Italian sounding, che vale già 20 miliardi di euro, secondo la Coldiretti. Il 99% dei formaggi di tipo italiano sono in realtà realizzati in Wisconsin, California e New York, dal Parmesan al Romano senza latte di pecora, dall’Asiago al Gorgonzola fino al Fontiago, un improbabile mix tra Asiago e Fontina. Ma c’è anche il Chianti prodotto in California, mentre sempre negli States è possibile acquistare del Marsala Wine. Il fenomeno del falso vino “Made in Italy” trova un forte impulso anche dalle opportunità di vendita attraverso la rete dove è possibile acquistare da aziende statunitensi pseudo vino ottenuto da polveri miracolose contenute in wine-kit che promettono in pochi giorni di ottenere le etichette più prestigiose come Chianti, Valpolicella, Frascati, Primitivo, Gewurztraminer, Barolo, Verdicchio, Lambrusco o Montepulciano. Soggetti al “taroccamento” però ci sono anche altri prodotti, dai pomodori san Marzano all’olio d’oliva fino ai salumi.

Allarme Ocse: 143 miliardi di fake nell’Ict, falsi un telefono su 5 e una console su 4 online

Un telefono cellulare su cinque acquistato all’estero e spedito via corriere o posta è contraffatto. La percentuale sale a livelli ancora più allarmanti per le console di videogiochi: una su quattro è un fake. Lo rivela un report dell’Ocse, l’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico che raggruppa 35 Paesi occidentali, che analizza il crescente fenomeno della contraffazione nel commercio di strumenti elettronici e di telecomunicazione.

Il report, redatto in occasione del forum 2017 sulla lotta alla corruzione e sull’integrità globale in corso in questi giorni, registra che i consumatori di batterie per lo smartphone, di caricabatterie, memory cards, carte con banda magnetica e lettori musicali sono sempre più spesso preda dei contraffattori. In base media il 6,5% del commercio globale dell’ICT (information and communication technology) riguarda prodotti “taroccati”. Un fenomeno favorito dall’insaziabile domanda di smartphone e di accessori ICT. I prodotti più contraffatti sono le console da videogiochi (quasi il 25% di quelli spediti all’estero sono falsi), telefoni e relativi accessori (poco meno del 20%) e i lettori musicali (poco meno del 10%), mentre il fenomeno riguarda molto meno strumenti per il controllo remoto, laptop, tablet e batterie.

I danni dell’elettronica taroccata sono di vario genere. Prima di tutto economico: i prodotti contraffatti infrangono i trademark e costituiscono un mancato guadagno per le aziende produttrici. Il rapporto stima che il fatturato dei prodotti ICT contraffatti ammontasse nel 2013 a 143 miliardi di dollari, con mezzo milione di sequestri fatti nel periodo 2011-13, ma il dato sarà nel frattempo certamente cresciuto. Il settore dell’ICT fattura globalmente circa 2.400 miliardi di dollari e cresce di circa il 6% all’anno. Quasi due terzi dei prodotti falsi sono spediti tramite servizi postali, ciò che complica non poco la ricerca e le indagini. Le aziende più danneggiate sono quelle statunitensi: quasi il 43% dei prodotti contraffatti sono di marchi americani, il 25% di finlandesi e il 12% di giapponesi. Il Paese da cui proviene il maggior numero di prodotti ICT contraffatti è la Cina. Inoltre beni contraffatti minano la fiducia del consumatore nei confronti di brand consolidati in un mondo in cui la reputazione dei marchi è un valore sempre più prezioso. Infine creano rischi per la salute, la sicurezza e la privacy del consumatore. Possono contenere sostanze pericolose come piombo e cadmio, i caricatori possono danneggiare gli impianti elettrici e provocare corti circuiti e incendi.

Nearly one in five mobile phones and one in four video game consoles shipped internationally is fake, as a growing trade in counterfeit IT and communications hardware weighs on consumers, manufacturers and public finances, according to a new OECD report.

Trade in Counterfeit ICT Goods finds that smartphone batteries, chargers, memory cards, magnetic stripe cards, solid state drives and music players are also increasingly falling prey to counterfeiters. On average, 6.5% of global trade in information and communication technology (ICT) goods is in counterfeit products, according to analysis of 2013 customs data. That is well above the 2.5% of overall traded goods found to be fake in a 2016 report.

Launched just ahead of the 2017 OECD Global Anti-Corruption and Integrity Forum on March 30-31, the report says the high value of smartphones and ICT accessories and insatiable demand makes them a lucrative target for counterfeiters, and cautions that the number and range of affected products is growing.

Counterfeit ICT goods entail health and safety risks, service outages and loss of income for companies and governments. China is the primary source of fake ICT goods, and US manufacturers are the most hit by lost revenue and erosion of brand value. Almost 43% of seized fake ICT goods infringe the IP rights of US firms, followed by 25% for Finnish firms and 12% for Japanese firms.

Counterfeits are goods that infringe trademarks. In an industry that relies heavily on intellectual property rights, ICT counterfeiting preys on consumers’ trust in established brands and poses risks to their health, safety and privacy. Counterfeit phones can contain more hazardous substances like lead and cadmium than genuine ones, while fake phone chargers can mean fire and electric shock risks. Fake intermediary ICT devices and components, including transistors, printed circuits and radio masts, are also being shipped.

The report estimates the value of global trade in counterfeit ICT goods at USD 143 billion as of 2013, based on data from nearly half a million customs seizures around the world over 2011-13. Almost two-thirds of counterfeit ICT goods are shipped by express and postal services, significantly complicating the screening and detection process.

©OECD

 

The ICT sector accounted for 5.5% of total value added in the OECD area in 2013, equivalent to about USD 2.4 trillion. World exports of manufactured ICT goods grew 6% per year from 2001 to 2013 to USD 1.6 trillion, with China exporting almost a third of the total.

The report estimates the value of global trade in counterfeit ICT goods at USD 143 billion as of 2013, based on data from nearly half a million customs seizures around the world over 2011-13. Almost two-thirds of counterfeit ICT goods are shipped by express and postal services, significantly complicating the screening and detection process.

The ICT sector accounted for 5.5% of total value added in the OECD area in 2013, equivalent to about USD 2.4 trillion. World exports of manufactured ICT goods grew 6% per year from 2001 to 2013 to USD 1.6 trillion, with China exporting almost a third of the total.

Trump, Brexit? Ma no, Produit en Bretagne, il marchio regionale che salva posti di lavoro

È ormai chiaro che uno dei temi più caldi del momento è quello della perdita di occupazione in tutti i settori, dall’agricoltura al commercio all’industria, già colpita in passato. Tanto caldo da aver fato da sfondo a decisioni importanti quali la vittoria del sì al referendum sulla Brexit nel Regno Unito e all’elezione del tycoon Donald Trump negli USA. Sono milioni i posti di lavoro a rischio per una serie di motivi: dall’automazione all’ingresso delle intelligenze artificiali in tutti i campi, dalla medicina al commercio, dall’e-commerce ai mutati stili di vita. Ciò su cui più si discute è piuttosto come fare a salvare o addirittura creare nuova occupazione.

Una risposta viene – almeno nelle intenzioni – dal “marchio regionale” lanciato in Francia già da qualche anno con l’obiettivo dichiarato di promuovere le produzioni locali, spingendo i consumatori a fare acquisti a chilometro zero, o quasi. Una sorta di “spesa sociale” che dovrebbe fare da volano, o quanto meno mantenere, posti di lavoro “della porta accanto”. Si chiama “Produit en Bretagne” ed è costituito da “una rete di imprese che hanno come obiettivo la difesa del lavoro locale attraverso la promozione del know-how delle imprese bretoni”. che impiegano 110mila persone.

 

Il ruolo della Gdo

Fin dalla nascita, avvenuta in tempi non sospetti, nel lontano 1993, un ruolo determinante è stato assegnato alla distribuzione, che ha lavorato insieme alle imprese produttrici per creare forti operazioni commerciali con al centro i prodotti bretoni (oltre 4mila). I quali per poter usare il marchio, devono avere dei requisiti specifici, verificati per ogni prodotto che ne fa richiesta: utilizzo di materie prime locali se disponibili, trasformazione nel caso di materie prime esterne in loco secondo criteri specifici, relazioni con altre imprese della regione.

Le insegne che partecipano al progetto si impegnano a promuovere i prodotti a marchio all’interno di un progetto comune, mentre a fine maggio viene lanciata una settimana dedicata nella quale tutte le insegne propongono una stessa selezione di prodotti. 

Un modello replicabile, certamente, anche in altri Paesi e regioni d’Europa e in particolare in Italia, così ricca di specificità territoriali. Un modo chiaro e forte di promuovere non solo i prodotti del territorio, che tutte le ricerche ormai indicano come richiesti dal consumatore e sinonimo di qualità e genuinità, ma anche per sensibilizzare quest’ultimo alle tematiche sociali e fargli sentire che, con la spesa, può dare una mano. 

AD CHINI, presenta le tre nuove mousse Meli Abbraccio

AD CHINI presenta le tre nuove mousse Meli Abbraccio con l’aggiunta di frutta secca, frutta a guscio, cereali, semi e bacche del benessere​.
I Meli Abbraccio fanno parte della nuova linea Chini BenEssere che riunisce una serie di prodotti perfettamente in linea con la filosofia aziendale, particolarmente adatti ad un’alimentazione sana, leggera e bilanciata ma allo stesso tempo gustosa. Con Meli Abbraccio Chini arricchisce la sua produzione con la formulazione di una nuova ricetta della mousse di mela, che si presenta molto più ricca di fibre. Meli Abbraccio sono disponibili con 3 diversi topping composti da frutta secca, frutta a guscio, cereali, semi e bacche del benessere, da aggiungere alla mousse integrale :
– Antiossidante con bacche di Goji, mandorle, nocciole, mix di cereali e dadini di mirtillo
– Energizzante con mix di cereali, noci, nocciole, cubetti di mela disidratata velati di cioccolato bianco alla banana e cinque cereali al cioccolato fondente
– Vitalità con 5 cereali al cioccolato fondente, semi di lino, cubetti di mela disidratata velati al cioccolato fondente e velati di cioccolato bianco ai frutti di bosco
Queste  varianti possono essere mixate con la mousse o degustate da sole. 

La mousse della linea Meli Abbraccio viene realizzata al 100% con frutta fresca selezionata ed è priva di conservanti, coloranti e addensanti. Alle numerose proprietà della frutta, AD CHINI aggiunge anche le proprietà benefiche ad alto valore nutrizionale di cereali, semi, bacche del benessere e frutta secca. Una fonte inesauribile di fibre, sali minerali, enzimi, vitamine, acidi grassi essenziali (Omega 3) per il benessere dell’intero organismo.

PepsiCo e Fiera Milano: accordo esclusivo per la distribuzione nei centri fieristici

PepsiCo e Fiera Milano hanno sottoscritto un accordo in esclusiva per la distribuzione di bevande a marchio Pepsi Regular, Pepsi Max, 7Up e Gatorade, nei 78 punti ristoro dei due centri fieristici di Fiera Milano: il  complesso nel comune di Rho e il centro espositivo in città Milano City.
 
Già leader nel settore dell’entertainment, della ristorazione e dei viaggi, da oggi PepsiCo vanta una nuova partnership con il principale operatore espositivo e congressuale d’Italia, nonché uno dei più grandi al mondo e continua così il suo percorso di supporto nel settore beverage a grandi clienti.
 
“La collaborazione con Fiera Milano è un’opportunità straordinaria per PepsiCo, perché ci permette di rafforzare la visibilità dei nostri marchi attraverso una realtà che ogni anno accoglie quasi 4 milioni di visitatori professionalmente qualificati, oltre che attraverso affissioni poste all’interno del quartiere espositivo di Rho, in posizioni di grande passaggio” – afferma Marcello Pincelli, Direttore Generale e Amministratore Delegato di PepsiCo Beverages Italia “Inoltre le competenze di PepsiCo, insieme agli investimenti in attività commerciali e distributive, ci permettono di offrire a tutti nostri partner dei prodotti buoni e gustosi, insieme all’offerta di un servizio eccellente”

La linea di cioccolato Solidal Coop da ora è tutta Fairtrade (10 referenze)

Perù, Repubblica Dominicana, Madagascar (per il cacao) e Costa Rica, Mauritius e Swaziland (per lo zucchero di canna): sono tra i Paesi dai quali provengono gli oltre 12mila produttori della linea di cioccolato Coop Solidal. Come era già successo per il tè, Coop ha convertito una propria linea da filiera convenzionale a filiera certificata Fairtrade e in alcuni casi biologica. Dieci tipologie di cioccolato (al latte, fondente, bianco, senza zuccheri aggiunti, con riso soffiato, con nocciole) le cui materie prime certificate Fairtrade, dopo un’accurata selezione, arrivano in Italia per la lavorazione insieme agli altri ingredienti e la trasformazione dal cacao al cioccolato di qualità.

La coltivazione del cacao e la successiva lavorazione seguono i principi dell’agricoltura sostenibile che evita lo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali; a beneficiarne piccoli agricoltori dei Paesi in via di sviluppo che hanno visto migliorare le loro condizioni di lavoro e di vita. Ad esempio, la cooperativa Conacado in Repubblica Dominicana, grazie a Fairtrade, ha perfezionato la qualità del cacao prodotto migliorando la tecnica della fermentazione e, con circa 9000 membri, è diventata la principale impresa esportatrice del Paese e tra le dieci più grandi al mondo. Acopagro invece, la cooperativa che produce cacao in Perù, fa parte di quella rete di produttori precedentemente coinvolti nella coltivazione di cocaina, che, grazie ad un programma delle Nazioni Unite e all’intervento di Fairtrade, hanno convertito le produzioni illecite in coltivazioni bio e sostenibili.

Fairtrade garantisce un prezzo minimo ai produttori, oltre a un Fairtrade Premium che interviene direttamente sulla vita delle comunità.

«Con la nuova linea Cioccolato Solidal intendiamo rafforzare un modello sostenibile e cooperativo di fare impresa e dimostrare che c’è un modo per superare i confini dello sviluppo, accorciando le distanze tra chi acquista e chi produce – spiega Vladimiro Adelmi, responsabile della linea Solidal Coop -. Contiamo di trovare alleati i nostri soci e consumatori».

E i consumatori sembrano essere sempre più sensibili all’acquisto di beni equosolidali. Secondo l’ultimo report stilato da Fairtrade Italia il valore dei prodotti venduti nel nostro Paese è pari a 99 milioni di euro con un incremento del 10% sull’anno precedente; nel 2003 tale valore non raggiungeva i 30 milioni di euro. Qui Coop ha sicuramente giocato da apripista; è infatti in Coop che è stato venduto nel 1995 il primo prodotto equosolidale, il caffè per la solidarietà. Da allora, sono diventati 47 i prodotti della linea Solidal Coop. «In questo nuovo impegno di Coop – spiega Paolo Pastore, direttore di Fairtrade Italia – il valore aggiunto è dato dalla collaborazione tra organizzazioni, dei Paesi in via di sviluppo e italiane, per costruire un’economia condivisa che consenta un processo di crescita e consapevolezza dei contadini e dei coltivatori coinvolti nel Commercio Equo, con impatti positivi per tutte le comunità interessate, in termini di accesso ai servizi di base, salute e sviluppo sostenibile. Fairtrade consente un’alleanza con consumatori e cittadini, protagonisti di un consumo sostenibile e responsabile delle sorti del pianeta per tutti i popoli».

Viene dal latte la nuova fibra di Lucart Group, premio innovazione e prodotto dell’anno

È derivata dal latte la fibra naturale Qmilk utilizzata per Tenderly “Carezza di Latte” di Lucart Group: ottenuta senza l’ausilio di agenti chimici che garantiscono una formulazione 100% naturale, dermatologicamente testata, morbida e resistente. Costituita da materie prime rinnovabili e da latte non adatto all’uso alimentare, ha un livello di CO2 inferiore a qualsiasi altra fibra e sono prodotte attraverso un processo sostenibile e ad alto risparmio energetico con zero rifiuti.

Un’innovazione che guarda alla sensibilità green e che ha permesso al prodotto, eletto come “Prodotto dell’Anno” 2017 per la categoria “Carta igienica”,  di ottenere il Premio all’Innovazione nell’ambito della principale ricerca di mercato sul tema innovazione in Italia, condotta da IRI su oltre 12.000 consumatori con più di 18 anni a gennaio 2017, che hanno espresso le proprie preferenze sulla base dei criteri di innovazione e soddisfazione.

“Aver ottenuto questo prestigioso riconoscimento è per noi un motivo di grande orgoglio” – ha dichiarato Massimo Gai, Direttore Marketing & Sales della Divisione Consumer – “Penso che i consumatori abbiano saputo apprezzare le caratteristiche di forte innovazione del prodotto unite alla straordinaria qualità ottenuta. Una conferma dell’attenzione che poniamo nello sviluppo di prodotti che utilizzino fibre alternative ma che siano in grado di collocarsi nella fascia premium dell’offerta, per soddisfare le aspettative di tutti i consumatori, anche dei più esigenti”.

Per tutto il 2017 il prodotto del brand Tenderly potrà usufruire del logo “Eletto Prodotto dell’Anno” nelle attività di comunicazione e presso i punti vendita: una grande opportunità per le aziende, data l’alta riconoscibilità e reputazione di questo riconoscimento.

A Modena apre la “Casa dei valori”, il negozio che favorisce l’inclusione

All’ipercoop Grandemilia di Modena  ha inaugurato la prima “Casa dei valori” in un negozio di Coop Alleanza 3.0: un nuovo angolo che ospita i prodotti di associazioni e realtà del territorio impegnate per favorire l’inclusione sociale e lavorativa di persone con disabilità e per creare nuove opportunità di sviluppo, verso un’economia sostenibile rivolta al bene comune.

Il progetto

L’inaugurazione della “Casa dei valori” si inserisce nell’ambito di un progetto di riorganizzazione dei punti vendita di Coop Alleanza 3.0, che mette in gioco tutte le leve della Cooperativa: l’impegno per la convenienza e l’ampliamento dei servizi, l’attenzione per il territorio e le sue istanze sociali e culturali, la formazione e il coinvolgimento dei lavoratori. La collaborazione tra la Cooperativa e la rete Valemour è iniziata nel 2015 a Rimini, con la riqualificazione della piazza antistante il supermercato Coop Celle, affidato all’associazione Crescere insieme.

La “Casa dei valori”
Il nuovo spazio, di circa 30 metri quadrati, è un luogo di incontro tra diverse realtà che operano nel segno della solidarietà e dell’inclusione. Nella “Casa dei valori”, infatti, si possono acquistare articoli unici, originali, colorati e fatti a mano, frutto del riuso e del recupero dei materiali, prodotti all’insegna della creatività e della collaborazione di più saperi. Pezzi unici come le storie delle persone che li hanno creati, grazie alla connessione delle abilità di cui sono dotate. Si va da accessori moda, come sciarpe e borse, a prodotti per l’arredo della casa e della cucina, con grembiuli e cestini, fino alle essenze profumate per gli ambienti e ai manufatti in legno, cotone e seta. Tra gli articoli, anche le shopping bag Coop Alleanza 3.0 for Valemour, tre borse da collezione – nei colori rosso (Vento d’estate), sabbia (Sabbia bollente), blu (Oniric frozen) – ideate da Fulvio Luparia insieme al figlio Mattia (MAT), che dipinge usando una sedia a rotelle attrezzata con rulli e pennelli con la quale si sposta, gira, sgomma, volteggia sulla tela. Le shopping bag sono in vendita in tutte le Coop di Modena, Reggio Emilia, Rimini e delle rispettive province.

Il progetto

“ValemOur Unique world” è nato per far incontrare persone, organizzazioni, idee e progettualità del mondo profit e non profit: Laboratorio Luparia di Torino, cooperativa sociale Madre Teresa di Reggio Emilia con il progetto Filo Rosa, cooperativa Amici di Gigi di San Mauro Pascoli con il marchio Belforte Fragranze Italiane, cooperativa sociale Monteverde di Verona e associazione Crescere insieme di Rimini.

Le realtà che partecipano al progetto

Valemour con Laboratorio Luparia presenta una collezione di accessori moda e di arredo casa disegnati e dipinti artigianalmente tra Verona e Torino grazie alla collaborazione tra i giovani con disabilità intellettiva in formazione al lavoro e gli artisti coordinati da Fulvio Luparia.

La Cooperativa Sociale Madre Teresa di Reggio Emilia presenta una collezione foodwear realizzata all’interno del progetto Filo Rosa, laboratorio sartoriale dove donne in situazioni di difficoltà, affiancate da esperti nel settore della moda, sviluppano la propria crescita personale e professionale.

La Cooperativa Monteverde di Verona presenta la collezione Smile, prodotti in legno di faggio realizzati unendo le competenze di tre laboratori, la falegnameria, la carta riciclata e l’artigianato.

Belforte Fragranze Italiane è un marchio della Cooperativa Amici di Gigi di San Mauro Pascoli (Fc) e la sua è una storia di passione, cultura e ricerca.

Asiago DOP, al via il nuovo piano che regola l’offerta

Asiago Dop:  diventa operativo – grazie al decreto 1574/2017 del Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali – il Piano di Regolazione dell’Offerta del formaggio Asiago, approvato all’unanimità dai caseifici produttori soci per il triennio 2017-2019.

Gli obiettivi

Preservare e, ove possibile, generare nuovo valore per la filiera dell’Asiago DOP garantendo ai produttori un’adeguata remunerazione con una crescente attenzione alla qualità. Sono questi gli obiettivi del nuovo piano di crescita programmata che, partendo dall’adeguamento dell’offerta alla domanda, prosegue nel mantenimento e miglioramento della qualità, a vantaggio dei consumatori. Un impegno che vede il piano triennale 2017-2019 agire in sinergia con gli strumenti di valutazione qualitativa già inseriti nel “piano dei controlli” dell’Asiago DOP ed in particolare con l’analisi sensoriale, diventata, dal 2012, elemento di valutazione cogente per tutti i produttori.

I punti

Il consorzio, che ha avuto modo di sperimentare i vantaggi della programamzione che regola i flussi di domanda e offerta, si trova oggi davanti a importanti novità.

Il nuovo piano, infatti:

  • semplifica il meccanismo di regolazione dell’offerta limitando gli eccessi di stock,
  • valorizza la denominazione “prodotto della montagna” ed ulteriori nicchie, come l’Asiago biologico,
  • punta a rafforzare l’orientamento al mercato con un approccio che premia i produttori impegnati ad esportare Asiago DOP nel mondo.

Più nel dettaglio: il piano triennale si basa su una programmazione trimestrale per Asiago Fresco e semestrale per Asiago Stagionato. Per il primo trimestre 2017, il punto di equilibrio dell’Asiago Fresco sarà di 348.248 forme (peso medio unitario di 14,2 kg); per il primo semestre 2017, per l’Asiago Stagionato, sono previste 135.688 forme dal peso medio di 9,65 kg, ad esclusione del Prodotto della Montagna per il quale è definita, per entrambe le tipologie, un’assegnazione annua simbolica.

“La regolazione dell’offerta ha mostrato, in questo triennio, i suoi effetti positivi; per Asiago Fresco, ad esempio, i margini medi al litro rispetto al prezzo del latte registrati nel triennio del piano produttivo sono stati del 64% superiori rispetto al triennio precedente” – afferma Fiorenzo Rigoni, Presidente del Consorzio di Tutela. “Il nuovo piano -prosegue Rigoni – si limita a creare le condizioni per evitare eccedenze di stock, che avrebbero ripercussioni negative per la filiera produttiva ed i consumatori. Una proficua ed efficace valorizzazione commerciale, atta a non svilire il prezzo del prodotto è, invece, responsabilità delle aziende che, a vario titolo, lo commercializzano.”

I vantaggi per l’export

Il piano 2017-2019 impatta anche sulle esportazioni. Tra il 2009 e il 2016, il fatturato export del formaggio Asiago è cresciuto di oltre il 60%. Una crescita che il Consorzio di Tutela intende continuare ad incentivare attraverso l’azione congiunta con le aziende esportatrici. Da un lato, dunque, un apposito capitolo del piano di programmazione dell’offerta prevede, per i caseifici impegnati a diffondere il prodotto all’estero, un “Bonus Export”, dall’altro il Consorzio di Tutela conferma e rafforza le sue attività all’estero con una particolare attenzione agli USA, al Canada e ai paesi emergenti dell’Asia e dell’America Latina.

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