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E-commerce: prodotti healthy e superfood tra i prediletti nel carrello online

Supermercati, ipermercati ed e-commerce: a metterli a confronto l’Osservatorio Immagino di GS1 Italy in un dossier dedicato all’analisi della penetrazione del canale web sull’ampio paniere rilevato dal servizio Immagino di GS1 Italy Servizi e della sua presenza all’interno dei dieci principali fenomeni di consumo analizzati.

Da quest’indagine è emerso che i prodotti monitorati da Immagino presenti anche sulle piattaforme di vendita online delle catene della Gdo e su Amazon sono 102.567 e che, nell’anno finito a giugno 2024, nel canale e-commerce hanno realizzato 1,2 miliardi di euro di vendite contro i 47,7 miliardi di euro incassati nei supermercati e negli ipermercati fisici. Se l’assortimento proposto sul web nei dieci panieri presenta un’incidenza numerica delle referenze simile a quella rilevata nei negozi fisici, invece il valore del carrello online in alcuni casi si differenzia notevolmente, per effetto del peso di scelte d’acquisto differenti e più eterogenee. 

In particolare: nei prodotti del paniere rich-in (come quelli segnalati come ricchi in proteine o fibre) e in quelli per chi soffre di intolleranze alimentari (come quelli senza lattosio o gluten free) il giro d’affari sviluppato online raggiunge una quota maggiore del 28% rispetto a quella degli incassi realizzati in supermercati e ipermercati fisici. Su una percentuale analoga (27%) si collocano le referenze legate ai lifestyle (come quelle biologiche o vegane) e quelle collocate nell’area della Corporate Social Responsibility (CSR), come i prodotti certificati FSC o Sustainable Cleaning. Indice leggermente sopra media (+3%) anche per i prodotti che richiamano l’italianità, in particolare per i Dop, a conferma di come l’e-commerce possa essere un canale importante per tutte le realtà che vogliono commercializzare prodotti legati al territorio e alla tradizione. Nell’area del free from l’e-commerce ha un indice di allocazione lievemente sotto media (99%) con alcune eccezioni, come i prodotti presentati come privi di aspartame o con assenza/limitata presenza di pesticidi o di residui. Tra gli ingredienti benefici l’e-commerce mostra il maggior indice di penetrazione tra i superfood (indice di allocazione 134%), le spezie (133%) e i dolcificanti (127%), in virtù della sua capacità di diffondere e intercettare i fenomeni di consumo più trendy.

Furti e perdite: tecnologia e AI in soccorso dei retailer

La maggior parte dei retailer (76% in Europa, 78% a livello globale) è sotto pressione per ridurre al minimo furti e perdite. Le organizzazioni stanno investendo in strumenti tecnologici per supportare sia gli operatori in prima linea sia coloro che monitorano le attività a livello operativo. Le tecnologie basate sull’intelligenza artificiale (AI) sono attualmente considerate le più utili per prevenire le perdite, seguite da telecamere, sensori e soluzioni RFID. Sono alcune delle evidenze emerse dal 17° Annual Global Shopper Study di Zebra Technologies Corporation, ricerca che mostra come non siano sono i consumatori a essere preoccupati per l’impatto di furti e crimini sull’esperienza in negozio.

Attualmente, solo il 38% dei retailer in Europa e a livello globale utilizza analisi prescrittive basate sull’AI per la prevenzione delle perdite, ma il 51% degli intervistati in Europa (50% a livello globale) dichiara di voler adottare queste tecnologie nei prossimi 1-3 anni. Più di quattro retailer su 10 affermano inoltre di prevedere l’utilizzo di telecamere e sensori per il self-checkout (51% in Europa, 45% a livello globale), computer vision (43% in Europa, 46% a livello globale) tag e lettori RFID (43% in Europa, 42% a livello globale) entro i prossimi tre anni, specificamente per la prevenzione di furti e perdite. Questo dovrebbe rassicurare i consumatori, dato che il 70% in Europa (78% a livello globale) dichiara di non apprezzare quando i prodotti sono sigillati o chiusi in teche di sicurezza. A questa frustrazione si aggiunge il fatto che, secondo il 69% dei consumatori in Europa (70% a livello globale), è difficile trovare un addetto disponibile mentre si fa shopping nei negozi al giorno d’oggi. Un consumatore su cinque (19% in Europa, 21% a livello globale) che ha lasciato un negozio senza acquistare ciò di cui aveva bisogno afferma che la causa è stata la mancanza di supporto da parte di un operatore: un dato in aumento rispetto agli ultimi due anni.

Sebbene i consumatori siano ancora generalmente soddisfatti della loro esperienza di acquisto e la spesa globale dei consumatori rimanga stabile, quest’anno il numero complessivo di clienti soddisfatti è diminuito. Nel 2023, l’85% era soddisfatto sia dell’esperienza in negozio che di quella online. Quest’anno, solo il 76% in Europa (81% a livello globale) si dichiara soddisfatto dell’esperienza in negozio e il 76% (79% a livello globale) di quella online. I consumatori si aspettano che i negozi offrano opzioni semplici per il click-and-collect e i resi, ma sia i retailer che gli operatori ammettono di incontrare difficoltà con entrambi. La maggior parte dei rivenditori dichiara inoltre che è una sfida tenere aggiornato l’inventario e i prezzi. Inoltre, con un numero crescente di consumatori che torna nei negozi fisici, le persistenti carenze di personale e l’aumento degli episodi di furto stanno avendo un impatto maggiore sulla qualità del servizio.

CLIENTI SCONTENTI: LE RAGIONI
Il 73% dei consumatori in Europa (78% a livello globale) afferma che le opzioni di self-checkout migliorano l’esperienza di acquisto; tuttavia, il 67% (68% a livello globale) sostiene che le corsie di self-checkout (SCO) offrono una esperienza non soddisfacente, e alcuni riferiscono di aver lasciato il negozio senza fare acquisti perché in quel punto vendita non erano disponibili opzioni di Self Check Out o di pagamento contactless. Il 69% dei consumatori in Europa (71% a livello globale) è preoccupato per la mancanza di supporto da parte degli assistenti alla vendita, mentre l’84% degli assistenti alla vendita in Europa (82% a livello globale) dichiara che è persino difficile per loro trovare aiuto o ricevere supporto tempestivo quando necessario. Quasi il 90% dei retailer ritiene di poter offrire una migliore esperienza al cliente quando dispone di strumenti tecnologici mobile che semplificano la comunicazione in tempo reale, aiutano a dare priorità e consentono di verificare prezzi e inventario. La maggior parte di loro concorda sul fatto che la tecnologia permette agli assistenti alla vendita di svolgere meglio il proprio lavoro e, di conseguenza, il 77% dei retailer in Europa (75% a livello globale) dichiara di pianificare un aumento degli investimenti tecnologici nel 2025.

“Molti retailer stanno gettando le basi per creare un’esperienza vincente in un ‘Modern Store’ – ha dichiarato Matt Guiste, Global Retail Technology Strategist di Zebra Technologies -. Stanno investendo in tecnologie mobile e in automazione intelligente per supportare le decisioni operative e consentire agli operatori di fare ciò che è necessario per avere consumatori soddisfatti”.

Oltre a migliorare l’esperienza cliente, lo studio svela che le principali priorità dei retailer includono l’efficienza e la produttività della forza lavoro mobile, oltre alla gestione dell’inventario. Più di un terzo di loro (44% in Europa, 39% a livello globale) ritiene che l’AI generativa (GenAI) avrà un impatto estremamente significativo sulla gestione dell’inventario e sulla previsione della domanda. Inoltre, prevedono di automatizzare la localizzazione dei prodotti e l’RFID per singolo articolo (52% in Europa, 46% a livello globale), il monitoraggio video (49% in Europa, 45% a livello globale) e gli avvisi di esaurimento scorte (42% in Europa, 45% a livello globale) per fornire agli operatori e ai consumatori una visibilità in tempo reale dell’inventario, che rappresenta uno dei principali fattori di redditività.

Mercato immobili logistici: Milano in testa ma crescono Roma e Napoli

Nel secondo semestre del 2024 il mercato degli immobili logistici ha confermato la solidità dei canoni di locazione, con incrementi dei prime rent nella maggior parte delle location italiane: Milano rimane stabile a 73 €/mq/anno, seguita da Roma che per la prima volta raggiunge la soglia dei 70 €/mq/anno, così come Napoli. Bologna e Padova confermano i 68 €/mq/anno, mentre solo Catania, Civitavecchia e Sassari si attestano sotto i 60 €/mq/anno. Analogamente, sul versante degli immobili usati – sempre per quanto riguarda i valori massimi – Milano rimane stabile a 70 €/mq/anno, mentre Roma, Bologna e Padova raggiungono quota 60 €/mq/anno, seguite da Napoli con 57 €/mq/anno. I dati emergono dalla trentottesima edizione del Borsino Immobiliare della Logistica (H2 2024), il report realizzato dal Dipartimento di Ricerca di WCG-World Capital Group, in collaborazione con Nomisma.

La domanda rimane alta nelle principali location del Nord Italia e in Toscana, Lazio e Campania, dove, di conseguenza, si registra una scarsa offerta. La durata delle trattative si attesta, nel 45% dei casi, tra 0-8 mesi, mentre il tasso di sconto, nel 60% dei casi, si aggira tra il 10 e il 20%. Il 45% delle richieste riguarda tagli tra i 5.000 mq e i 15.000 mq. Per quanto riguarda i rendimenti, i valori rimangono stabili con percentuali del 5,3% nelle prime location. Focalizzandoci sul take-up, nel Q4 2024 il valore è stato di 620.000 mq, che portano il secondo semestre 2024 a quota 1.170.000 mq, con un totale di 2.250.000 mq in tutto il 2024. Gli operatori logistici definiscono il 2024 come un periodo stabile (41%), e sempre meno instabile (34%) o dinamico (25%). Analogamente, gli stessi operatori prevedono che il futuro sarà in crescita (47%), mentre per il 19% ci sarà una contrazione e il 34% prevede un’ulteriore stabilità. La visione degli sviluppatori immobiliari, invece, ha definito il 2024 come un periodo stabile (75%) e solo per il 25% dinamico. Il sentiment per il futuro rimane identico.

UNO SGUARDO AI NUOVI SVILUPPI IMMOBILIARI
Per la prima volta, nel Borsino, oltre alla mappa dello stock immobiliare logistico, è presente la mappa dei nuovi sviluppi immobiliari: oltre 4.500.000 mq di nuovi progetti, di cui il 32% sorgeranno su aree brownfield. Il Borsino include anche un’analisi condotta da Nomisma sulle imprese del settore logistico nelle Primary e nelle Secondary Location. Milano, Napoli e Roma restano le province con il maggior numero di unità locali nel settore logistico, con 10.934, 9.208 e 8.857 imprese rispettivamente. Tuttavia, rispetto all’ultima rilevazione, si osservano variazioni rilevanti: Milano e Roma perdono rispettivamente 370 e 146 unità locali, mentre Napoli ne guadagna 72 rispetto al primo semestre del 2024. Il comparto del ‘Trasporto di merci su strada’ continua a essere il più rilevante in termini numerici, rappresentando quasi il 50% del totale delle imprese. Tra le Secondary Location, si distinguono le performance positive delle province del Mezzogiorno, con Caserta e Palermo che registrano i miglioramenti più significativi, con un incremento rispettivo di 35 e 46 unità locali nel settore logistico.

Le imprese del settore logistico sono per lo più micro-imprese, con meno di 9 addetti. Nella quasi totalità delle Primary e Secondary Location, la quota di micro-imprese sul totale delle imprese logistiche supera l’80%, arrivando al 95% se si considerano anche le piccole imprese (10-49 addetti). Analizzando i singoli casi, spiccano Lecce e Sassari per la loro forte microimprenditorialità, con meno di un’impresa su 10 nel settore logistico che conta più di 10 dipendenti. Solo Milano, Roma e Novara registrano più dell’1% delle unità locali con oltre 250 dipendenti. Dall’analisi dell’anzianità aziendale emerge che Milano e Roma, tra le Primary Location, e Verona e Prato, tra le Secondary Location, registrano più di un quarto delle imprese del settore logistico fondate dopo il 2020, indicatore di un significativo ricambio nel settore. Viceversa, tra le province con un’anzianità più accentuata, emergono Genova (tra le Primary) e Udine (tra le Secondary), con quasi quattro imprese su dieci avviate lo scorso millennio.

L’ATTRATTIVITÀ DEI TERRITORI
Come di consueto il Borsino della Logistica arricchisce le analisi attraverso una valutazione dell’attrattività delle Primary e Secondary Location. Nello specifico, lo score Italy2Invest di Nomisma consente di integrare le informazioni sugli immobili con quelle del contesto, permettendo di effettuare una valutazione organica di tutti gli aspetti direttamente o indirettamente collegati al mercato immobiliare di un dato territorio. L’indice fornisce per ogni provincia italiana otto punteggi specifici (da 0 a 100), ciascuno rappresentativo di un dominio di analisi – Popolazione, Ambiente, Imprese e Credito, Condizioni Socio-Economiche, Mercato immobiliare, Infrastrutture e servizi, Pubblica amministrazione e Turismo – oltre a uno score sintetico complessivo. Nel 2024, Milano si è confermata al primo posto tra le Primary Location, con un punteggio di attrattività territoriale pari a 72,5/100, trainato in particolare dai domini Mercato Immobiliare (84,2/100) e Imprese e Credito (85,5/100). Seguono, a distanza, Roma (69,3/100), Bologna (66,2/100) e Firenze (65,3/100). Tra le Secondary Location, spiccano Prato, Venezia e Trento come le province più attrattive, con punteggi rispettivamente di 65,0/100, 64,5/100 e 63,7/100. Il risultato di Prato è attribuibile in particolare alla forza del dominio Popolazione, mentre tutte e tre le province hanno beneficiato di un’elevata performance nel Mercato Immobiliare.

“Il mercato immobiliare logistico si conferma stabile e orientato a seguire le esigenze degli operatori, sempre più attenti alla sostenibilità declinata nelle sue tre dimensioni: ambientale, sociale ed economica – dichiara Marco Clerici, Head of Research & Advisory -. Questo sta portando gli sviluppatori a progettare non solo semplici spazi per lo stoccaggio delle merci, ma luoghi di lavoro sempre più evoluti e integrati. Non a caso, nel biennio 2023-2024, la logistica è stata l’asset class che ha raccolto il maggior numero di investimenti, con 3,4 miliardi di euro”.

“Nel 2024 il settore logistico conferma la sua centralità in grandi città come Milano, Napoli e Roma, ma con dinamiche in evoluzione – aggiunge Enrico Marinucci, Project Manager di Nomisma -. Mentre Milano e Roma mostrano segnali di rallentamento, con un calo delle imprese dovuto principalmente a processi di fusione, è il capoluogo campano ad emergere, registrando un aumento delle unità locali non indifferente nell’ultimo semestre. Le micro-imprese restano tuttavia il motore del settore, con una spinta particolare nelle aree del Mezzogiorno”.

Mdd, Italia 11esima in Europa con 31,8% di quota

Oggi i prodotti a marchio del distributore rappresentano quasi il 32% di quelli acquistati dagli italiani tra gli scaffali della distribuzione moderna del nostro Paese, con una quota di mercato in aumento di 3,5 punti percentuali negli ultimi cinque anni (dal 2019 al 2024) e hanno generato nel 2024 un fatturato di 26 miliardi di euro, in aumento del +2,4% sul 2023 e del +35,4% rispetto al 2019. Secondo il rapporto “Il ruolo guida della Distribuzione Moderna e della Marca del Distributore per la transizione sostenibile della filiera agroalimentare” a cura di TEHA (The European House – Ambrosetti), il nostro Paese sta progressivamente riducendo la distanza con la media europea, che oggi è pari al 35,8% di prodotti mdd sul totale e in aumento dello 0,5% nell’ultimo anno.

SVIZZERA, SPAGNA E PAESI BASSI AL TOP, NORVEGIA ULTIMA
Con il 31,8% di prodotti mdd sui nostri scaffali, l’Italia si posiziona all’11° posto tra i principali Paesi europei per quota di mercato dei prodotti “a marchio” in una classifica guidata da Svizzera (52,3% di quota di mercato), Spagna (45,6%) e Paesi Bassi (45,2%). Fra gli altri Regno Unito, Portogallo e Austria si attestano al 44%, la Germania al 41% e il Belgio al 39,8%. Al di sotto della media europea, insieme all’Italia, anche Francia (34,4%), Danimarca (34%), Svezia (30%) e, a seguire, Ungheria, Polonia, Grecia, Repubblica Ceca e Norvegia che chiude la classifica con il 21,4%. “Se la quota di mercato della mdd italiana si allineasse ai primi tre paesi UE, nel 2030 il fatturato supererebbe i 50 miliardi di euro generando un fatturato aggiuntivo cumulato di 58 miliardi di euro tra il 2024 e il 2030, con un impatto significativo dal punto di vista economico, sociale e di evoluzione nelle dinamiche d’acquisto degli italiani” ha commentato Valerio De Molli, Managing Partner e CEO, TEHA.

I PRODOTTI A MARCHIO DEL DISTRIBUTORE SOSTENGONO LA CRESCITA DELLA SOSTENIBILITÀ ECONOMICA, SOCIALE E AMBIENTALE
Dalla ricerca TEHA emerge con chiarezza come la marca del distributore sia sempre più una leva fondamentale per la crescita sostenibile dell’intero settore della distribuzione moderna e delle aziende che ne fanno parte: dal 2015 al 2023, le imprese con oltre l’80% di fatturato legato all’ MDD hanno avuto un incremento medio del giro d’affari dell’8,5%, creando così più occupazione (+5,5% tra il 2015 e il 2023) e generando un valore aggiunto del 9,3%. I prodotti “a marchio” inoltre hanno contribuito a far risparmiare alle famiglie italiane quasi 20 miliardi di euro tra il 2020 e il 2024, favorendo l’accesso a prodotti alimentari sani a prezzi contenuti. Non solo: nel 2024, le aziende della distribuzione moderna hanno recuperato 14.000 tonnellate di cibo grazie alla collaborazione con Banco Alimentare. Sul fronte ambientale, per ogni euro di fatturato il settore distributivo ha ridotto le emissioni di CO2 del 30% tra il 2013 e il 2022, stimolando innovazioni nella filiera alimentare e guidando le imprese coinvolte verso una maggiore sostenibilità.

“La transizione sostenibile è il cuore della nostra visione per il futuro del Paese – ha dichiarato Mauro Lusetti, Presidente ADM. La distribuzione moderna e, in particolare, l’offerta dei prodotti a marca del distributore si affermano come una leva strategica per la crescita economica delle aziende italiane, ma contribuiscono altresì al rafforzamento del benessere sociale, promuovendo occupazione stabile e garantendo un accesso più equo ai consumi. Guardiamo al futuro con la consapevolezza che la sostenibilità, nelle sue dimensioni economica, sociale e ambientale, debba essere integrata con l’innovazione tecnologica, in un processo che continui a generare efficienza, a offrire maggiore servizio ai clienti e a generare un impatto positivo sul sistema economico e sociale. Le imprese del retail moderno, che già guidano il 58% delle aziende partner verso pratiche più sostenibili, sono sempre più impegnate a essere un modello virtuoso, capace di coniugare sviluppo, inclusione e responsabilità”.

Dry January: italiani alla ricerca della routine giornaliera

A gennaio, ritrovare l’equilibrio e riprendere la routine non è semplice per ben 4 italiani su 10 (40%), con la percentuale che sale al 55% tra i genitori di figli minorenni. La difficoltà sembra variare significativamente anche in relazione alla generazione di appartenenza: il 59% della Gen Z afferma di trovare difficile tornare alla normalità, mentre, all’opposto, solo il 28% dei Baby Boomer condivide questa percezione, con il 47% che si dichiara persino in disaccordo con l’affermazione che il rientro post-festività sia problematico. Questi sono alcuni dei dati che emergono dall’ultima ricerca di HelloFresh commissionata all’istituto di ricerca Censuswide. Lo studio analizza il rapporto degli italiani con il ritorno alla routine all’inizio dell’anno, le strategie adottate in cucina per ritrovare la giusta motivazione e le personalità con cui si identificano.

IL FASCINO DELLA ROUTINE
Durante il periodo festivo, la quotidianità viene spesso “stravolta” da una serie di attività che includono l’allestimento di decorazioni e la preparazione di menù speciali. Questo cambiamento rende il ritorno alla routine complicato: tra le difficoltà maggiormente incontrate dagli italiani al primo posto troviamo lo smontare l’albero di Natale e il riporre le decorazioni entro la metà di gennaio (26%). Seguono, a pari merito, il riordinare la casa (24%) e il resistere alla tentazione di mangiare troppi dolci la sera (24%). Altri ostacoli includono il cercare di risparmiare denaro dopo le spese natalizie (22%), riprendere regolarmente l’attività fisica (21%) e, in alcuni casi, ricordare quale giorno della settimana sia (13%). Nonostante le difficoltà, la routine viene ricercata fin da subito: il 63% degli intervistati ha infatti confermato di aver voluto riprendere le attività quotidiane già nei giorni tra Natale e Capodanno, con 1 rispondente su 3 (34%) che si è dichiarato pronto a rientrare a lavoro anche prima dell’Epifania. Diversi segnali indicano questa volontà di tornare alla routine: per il 30% dei rispondenti, il primo segno è il desiderio improvviso di riordinare la casa, iniziando con lo smontaggio delle decorazioni natalizie. A seguire a pari merito con il 24% del campione, la stanchezza verso gli avanzi delle feste e la voglia di tornare a preparare piatti fatti in casa. Inoltre, una percentuale minore (14%) non vede l’ora di tornare a mangiare a casa, preferendo i pasti domestici ai pranzi e alle cene nei ristoranti.

TREND ALIMENTARI: DIETA FLEXITARIANA, CIBI FERMENTATI E DRY JANUARY
Con l’inizio del nuovo anno, il 74% degli italiani considera una delle principali priorità consumare dei pasti fatti in casa regolarmente, percentuale che si alza fino all’87% per i rispondenti Millennial. Non solo: la preparazione casalinga di pranzi e cene è anche ritenuta una delle principali strategie psicologiche impiegate per ristabilire una routine salutare (22%), insieme alla creazione di piani o programmi dettagliati da seguire nel corso della giornata (22%). Al terzo posto si posiziona, invece, il ricorso ad una forma di dialogo interiore positivo e all’impiego di affermazioni motivazionali (19%). Per mantenere questo proposito, il 24% degli intervistati dichiara infatti di voler ricevere supporto per seguire un’alimentazione equilibrata e ripristinare orari regolari per quanto riguarda i pasti, mentre il 21% desidera supporto nelle pulizie domestiche e il 20% per la gestione degli impegni quotidiani. Tra le strategie impiegate in cucina per ristabilire un equilibrio spicca la dieta flexitariana: il 61% dei rispondenti afferma infatti di essere disposto a incorporare nella propria alimentazione quotidiana di gennaio più pasti a base vegetale insieme al consumo occasionale di carne o pesce. Non solo: circa un terzo del campione (34%) si dichiara interessato al trend dei cibi fermentati (come miso, kefir e kimchi), percentuale che si alza fino al 59% per i rispondenti Millennial. Per quanto riguarda le bevande, continua la tendenza del “Dry January” per i più giovani: il 39% della Gen Z e il 40% dei Millennial dichiara di voler ridurre il consumo di alcolici nel mese di gennaio. “Gennaio è il momento ideale per ripartire, anche se tornare alla routine può risultare impegnativo, soprattutto nella gestione dei pasti. Per questo, HelloFresh ha sviluppato ricette pensate per ridurre lo stress in cucina, offrendo un’esperienza semplice e piacevole. I nostri meal kit, composti da ingredienti freschi e istruzioni intuitive, permettono alle famiglie di godersi una cena gustosa e nutriente anche nelle serate più frenetiche, senza trascorrere ore ai fornelli” dichiara Alessa Pomerantz, Responsabile dello Sviluppo Ricette di HelloFresh.

L’IDENTIKIT DEGLI ITALIANI A INIZIO ANNO
HelloFresh ha analizzato l’identikit degli italiani al momento della ripresa dei ritmi quotidiani di gennaio, rivelando un panorama eterogeneo di atteggiamenti e sentimenti. Dall’energia degli “appassionati dei nuovi inizi” alla confusione del “confusionario di gennaio”, passando per gli ambiziosi “sovraccaricati di obiettivi” e i nostalgici “fantasmi del Natale passato”, ogni profilo rivela un modo diverso di affrontare il primo mese dell’anno. Più di un quinto si identifica nella figura de “l’appassionato dei nuovi inizi”, un profilo orientato a partire da zero con la giusta energia. A pari merito, con il 18%, troviamo anche il “confusionario di gennaio”, una tipologia particolarmente comune tra i rispondenti della Gen Z (25%), che racchiude coloro non sanno bene da dove cominciare e vorrebbero semplicemente riuscire a superare il primo mese dell’anno, considerato particolarmente impegnativo e il “sovraccaricato di obiettivi”, ossia colui che si pone fin da subito numerosi nuovi propositi da raggiungere. Infine, una piccola ma significativa percentuale di rispondenti (11%) si riconosce nel “fantasma del Natale passato”, il nostalgico che fatica a staccarsi dall’atmosfera festiva e a tornare alla routine quotidiana.

Mdd, una leva di crescita per l’Italia: raggiunti 26 miliardi nel 2024 (+2,4%)

Nel 2024 i prodotti a marchio del distributore hanno raggiunto i 26 miliardi di euro (DMO+discount) di fatturato (+2,4% rispetto al 2023 e +35,4% sul 2019) e cumulati in un’unica azienda sarebbe la quarta in Italia. I dati emergono dall’analisi “Il ruolo guida della Distribuzione Moderna e della Marca del Distributore per la transizione sostenibile della filiera agroalimentare” a cura di TEHA (The European House – Ambrosetti). La ricerca analizza il valore degli impatti economici, sociali e ambientali per il Paese della distribuzione moderna che, proprio attraverso la MDD, si dimostra sempre più guida e riferimento negli standard di sostenibilità per interi comparti e per le aziende della filiera che producono e collaborano con il settore. “La transizione sostenibile non è più una scelta, ma una responsabilità” ha dichiarato Mauro Lusetti, Presidente ADM – Associazione Distribuzione Moderna. “Il nostro settore sta dimostrando con i fatti come crescita economica, sociale e tutela ambientale possano andare di pari passo. Investiamo in innovazione, creiamo lavoro, riduciamo gli sprechi e sosteniamo il risparmio delle famiglie italiane garantendo prodotti di qualità accessibili a tutti. Questo impegno è e continuerà a essere la nostra priorità strategica per il futuro del Paese”.

OLTRE L’80% DEI CONSUMI ALIMENTARI ITALIANI PASSA DALLA DISTRIBUZIONE MODERNA.
Più di 8 italiani su 10 fanno riferimento oggi alla distribuzione moderna per la propria spesa alimentare: il 65% tra supermercati e ipermercati, mentre il 16% preferisce il discount. Il restante 20% circa di consumatori frequenta mercati rionali (6,2%), si reca direttamente dal produttore (4,8%) o fa i propri acquisti in gastronomia (4,7%). “La distribuzione moderna – ha commentato Valerio De Molli, Managing Partner e CEO, TEHA – genera in Italia 208 miliardi di euro di valore aggiunto, il 10% del PIL tra il valore diretto (oltre 27 miliardi) e la filiera indiretta (181 miliardi). Un settore chiave che da anni coniuga la sostenibilità nella sua accezione più ampia alla crescita ascoltando le esigenze del mercato: secondo una nostra ricerca recente tre quarti degli italiani intervistati sono stati disposti a spendere fino al 20% in più per un prodotto sostenibile”.

SOSTENIBILITÀ ECONOMICA: PIÙ PRODOTTI MDD, PIÙ FATTURATO, OCCUPAZIONE E VALORE
Secondo l’analisi TEHA per ADM (Associazione Distribuzione Moderna) le aziende il cui giro d’affari deriva per oltre l’80% dai prodotti a marchio del distributore, tra 2015 e 2023, hanno avuto un incremento medio annuo di fatturato dell’8,5%, meglio della media dell’industria alimentare (+3,9%). Analogamente chi aumenta l’offerta in MDD ha creato più occupati (+5,5% all’anno tra il 2015 e il 2023 per chi ha un’offerta di MDD oltre l’80%) e valore aggiunto (+9,3%). “La marca del distributore – ha commentato Lusetti – si dimostra, nel contesto della distribuzione moderna, una leva di crescita per il tessuto economico del Paese: è un acceleratore per i ricavi e per gli investimenti delle piccole imprese che contemporaneamente stimola le scelte sostenibili”.

SOSTENIBILITÀ SOCIALE: OLTRE 3 MILIONI DI OCCUPATI, LA MDD HA FATTO RISPARMIARE ALLE FAMIGLIE 20 MILIARDI IN 5 ANNI
La distribuzione moderna impiega direttamente 447 mila persone e considerando la filiera sostiene oltre 2,9 milioni di posti di lavoro. Secondo i dati TEHA i contratti a tempo indeterminato rappresentano l’89% dei rapporti di lavoro con un’alta incidenza di donne (65%) e under 30 (20%). Negli ultimi anni l’inflazione alimentare ha raggiunto picchi del 13,5% mettendo in sofferenza i bilanci familiari soprattutto delle famiglie a basso reddito. Grazie ai prodotti a marca del distributore, però, sono stati generati quasi 20 miliardi (19,8) di euro di risparmi complessivi per le famiglie dal 2020 al 2024, grazie a prezzi rimasti mediamente più bassi rispetto ai prodotti di marca, consentendo un accesso più democratico a stili alimentari sani e sostenibili. “Sempre nell’ottica della sostenibilità, nel 2024 – ha sottolineato il Presidente di ADM – sono state recuperate 14 mila tonnellate di cibo nel 2024 solo grazie alla collaborazione con Banco Alimentare (pari al fabbisogno annuo di 18 mila persone in difficoltà)”.

SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE: -30% EMISSIONI CO2 IN 10 ANNI
Dal 2013 alla fine del 2022 si è passati da 8,7 kg di CO2 per euro generato dalla distribuzione moderna a 6,2 kg, una diminuzione del 30%. All’aumentare del fatturato le emissioni sono calate, un obiettivo e uno stimolo per tutti gli operatori della filiera. “Secondo un sondaggio che abbiamo realizzato insieme ad ADM in questi ultimi mesi – ha concluso De Molli – oltre il 46% delle imprese dell’industria alimentare migliorerà l’efficienza dei processi produttivi, ma è la distribuzione moderna che assume il ruolo di guida per il 58% delle imprese alimentari coinvolte: oltre la metà di loro ha dovuto introdurre cambiamenti per soddisfare i requisiti di sostenibilità della distribuzione moderna con un impatto molto o abbastanza significativo”.

 

 

Largo consumo, a trainare la spesa in Italia sono gli over 55

Oltre la metà delle famiglie italiane (51%) hanno il responsabile d’acquisti di oltre 55 anni e la loro spesa di beni di largo consumo è superiore alla media: sviluppano infatti il 54% del valore del largo consumo. Lo shopper over 55 spende di più del suo omologo più giovane (4.700 euro vs 3.900 la spesa per buyer) e predilige la qualità al prezzo (52% vs 41%). Sono alcune evidenze che emergono dalla ricerca “Gli shopper 55+ e la spesa FMCG” condotta sul consumer panel di YouGov, attivo nel mercato nelle indagini rivolte ai consumatori. I dati ricavati restituiscono un quadro di riferimento piuttosto omogeneo, in cui la casa (il 91% dei rispondenti si dichiara attento a pulizia e igiene) e la famiglia (l’88% è d’accordo nell’indicare il tempo in famiglia come l’attività preferita) rivestono un ruolo fondamentale. I consumatori over 55 sono in generale persone dinamiche, che fanno vita sociale e trascorrono parte del loro tempo fuori dalle mura domestiche (l’85% incontra gli amici, il 57% mangia fuori casa, il 47% pratica attività fisica o sportiva).

Nelle loro spese gli shopper over 55 sono più orientati alla qualità (che prevale sul prezzo come criterio di scelta per il 52%, mentre il 59% degli under 55 preferisce spendere meno), all’acquisto di prodotti italiani (se possono, comprano prodotti italiani l’81% a fronte del 70% dei più giovani) e di provenienza locale (73% vs 64%). Scelte meditate anche per il tempo a disposizione (solo il 24% dichiara di averne poco da dedicare alla spesa quotidiana, contro il 38% degli under 55), con frequenze di spesa maggiori, che si riflettono anche sulla sostenibilità: i cosiddetti eco-dismissers, che dichiarano poco o nessun interesse per l’ambiente, scendono al 18,8% dal 23% della fascia 36-55 anni (20,5% il dato degli under 35).

LA SEGMENTAZIONE
La segmentazione basata sulle attitudini, gli stili di vita e i comportamenti di acquisto ha individuato cinque categorie, tre più giovani e due più mature, che si caratterizzano per comportamenti e scelte di spesa diverse tra loro. Rientrano tra i gruppi più giovani “I nuovi 40” (che rappresentano l’11% delle famiglie), con la percentuale maggiore di occupati e la vita sociale più attiva, “Risparmio e cautela” (26%), attenti ai costi, “Mi prendo cura di me” (23%) focalizzati sul benessere. I pensionati si trovano quasi totalmente rappresentati negli altri due insiemi che hanno nipoti di cui si occupano: “Nonni spesa e cucina” (18%), shopper premium con una predilezione per gli acquisti, e “Vita da nonni” (22%) dallo stile più prudente.

Tra le analogie comuni a tutti e cinque i gruppi, l’atteggiamento nei confronti della spesa, giudicata divertente o non noiosa dalla maggioranza dei rispondenti nonostante una forbice importante tra il 73% dei “Nonni spesa e cucina” e il 60% de “I nuovi 40”, una diffusa attenzione ai prezzi e alle offerte (il 31% cerca gli sconti speciali, il 29% confronta sempre i prezzi) e una maggiore inclinazione alla pianificazione (il 37% scrive la lista della spesa, il 24% verifica regolarmente le offerte prima di fare la spesa) che prevale rispetto all’acquisto d’impulso: 8 shopper su 10 si informano utilizzando soprattutto il volantino (consultato dal 45%).

Tra le maggiori differenze, i “Nonni spesa e cucina” sono il gruppo che si contraddistingue per la maggiore spesa per acquirente (5.061 euro), oltre il 10% in più del segmento più parsimonioso (“Risparmio e cautela”, 4.410 euro). A indirizzare gli acquisti per la famiglia convivente sono: il maggiore orientamento ai prodotti golosi e innovativi per “I nuovi 40”, le promozioni e la convenienza per i segmenti “Risparmio e cautela” e “Vita da nonni”, la fedeltà alle marche per il gruppo “Mi prendo cura di me”. Mentre per Nonni spesa e cucina resta centrale l’origine degli ingredienti e il contenuto nutrizionale. Abitudini diverse anche nella scelta dei canali, con gli ipermercati sopra media nel segmento “I nuovi 40” e i discount scelti prevalentemente dal gruppo “Risparmio e cautela”.

IL SOSTEGNO AI PIÙ GIOVANI
Le maggiori diversità tra i cluster si ravvisano – anche per ragioni anagrafiche – nell’acquisto di prodotti FMCG per le famiglie dei figli adulti non conviventi e dei nipoti. Se il dato medio attesta al 42% gli over 55 che hanno acquistato prodotti FMCG per i nipoti e le rispettive famiglie, la percentuale si impenna all’88% nel gruppo “Nonni spesa e cucina” e all’87% in quello “Vita da nonni”. Molto più bassi i numeri delle famiglie (13%) che hanno sostenuto con la spesa quelle dei figli adulti non conviventi senza figli (sopra media “Mi prendo cura di me” con il 19% e “Risparmio e cautela” con il 18%).

Numeri che testimoniano l’incidenza economica e sociale degli shopper più maturi: le famiglie 55+ che acquistano prodotti FMCG per i nipoti lo fanno circa cinque volte al mese e quattro volte per i figli adulti non conviventi. Nella scelta, le caratteristiche che contano di più sono il gradimento da parte dei nipoti, l’assenza di additivi o conservanti, la provenienza (italiana) degli ingredienti; a seguire, viene prestata attenzione alla marca, agli ingredienti biologici, al sapore goloso, al contenuto nutrizionale. Molto meno importanti rispetto alla spesa per la famiglia convivente promozioni e prezzi contenuti. Tra le categorie più acquistate per i nipoti spiccano i biscotti e la pasticceria industriale, i succhi di frutta, lo yogurt e i dessert freschi, il cioccolato, i gelati confezionati mentre per i figli non conviventi le scelte ricadono sul fresco (formaggi, salumi, ecc.) la frutta e la verdura.

Italiani e sostenibilità, una survey evidenzia progressi e ostacoli

Nel nostro Paese rimane elevata la soglia di attenzione per il tema della sostenibilità, con il 55% degli italiani che prova a fare del suo meglio per adottare comportamenti idonei, tuttavia emergono parecchi ostacoli: se da un lato chi vorrebbe essere più virtuoso non sa come fare, dall’altro molti consumatori (4 su 10) trovano sempre più difficile agire in modo sostenibile a causa della crisi economica. Sono alcune delle evidenze dell’edizione 2024 dell’indagine “Who cares? Who does? Sustainability”, realizzata su un campione di 4.382 famiglie da YouGov, leader del mercato nelle indagini rivolte ai consumatori.

Lo scenario
Il 75% degli italiani rientra o nella categoria degli eco-actives (il 23%), così vengono chiamati coloro che dimostrano una maggiore sensibilità su tematiche green e cercano allo stesso tempo di acquistare prodotti sostenibili regolarmente, oppure in quella degli eco-considerers (52%), che si dichiarano genericamente preoccupati per l’ambiente ma meno nella condizione di acquistare regolarmente prodotti green: l’interesse di tre italiani su quattro rappresenta un riscontro senz’altro positivo, soprattutto se rapportato alla media globale (64%), ma i margini di miglioramento sono ancora ampi come dimostra il 37% delle famiglie che si dichiara in difficoltà a tradurre questo impegno in azioni concrete a causa di problemi sociali e economici. I numeri mostrano come, nel nostro Paese, il riscaldamento globale costituisca ancora il problema più sentito (il 20% dei rispondenti lo include tra le tre principali preoccupazioni ambientali) seguito dall’inquinamento dell’aria (11%), che invece non rientra nella top five dei rispondenti nei 33 paesi oggetto della rilevazione. Da notare come in Italia la doppia cifra venga raggiunta inoltre da preoccupazioni relative all’acqua – sia lo spreco che l’inquinamento e la carenza si attestano al 10% – dimostrando come la gestione della risorsa idrica rappresenti sempre più un tema di rilevanza crescente. La ricerca di YouGov condotta sul Consumer Panel ha indagato anche come questo scenario si traduce nei rapporti tra i consumatori e le aziende e come impatta sui comportamenti d’acquisto dei beni di largo consumo e sul costumer journey. In generale due italiani su tre (67%, in aumento rispetto al 62% del 2023) dimostrano sfiducia nei confronti dell’effettivo valore delle azioni a favore della sostenibilità dei marchi, che giudicano interessati esclusivamente ai profitti e impegnati solamente a parole.

I consumi
Entrando nello specifico, le abitudini di consumo si declinano in modo equilibrato a favore di una sostenibilità sia economica che sociale e ambientale. Gli italiani si indirizzano infatti verso prodotti locali (81%) e di aziende del territorio (79%) mentre un importante rilievo viene attribuito al packaging, in particolare se totalmente riciclabile (75%) o ricavato da materiale riciclato (74%). Tra le priorità che rimangono non soddisfatte, circa un italiano su quattro sarebbe disposto a premiare con la propria scelta chi dona parte della sua spesa in beneficenza (29%), protegge, promuove la biodiversità (26%), riduce gli sprechi nella supply chain (25%), garantisce certificazioni ufficiali (25%) e fornisce suggerimenti per ridurre gli sprechi sulla confezione o sul sito web (25%). Viceversa, la maggioranza relativa di consumatori non prende in considerazione per i suoi acquisti alimenti totalmente vegani (44%) o sostitutivi della carne e dei latticini (22%), confermando come abitudini alimentari alternative a quelle tradizionali fatichino a fare breccia.

Il futuro
Rivolgendo uno sguardo al futuro, oltre la metà dei consumatori (55%) rivela di fare del suo meglio per adottare comportamenti sostenibili. Tuttavia gli ostacoli sono molti: il 50% del totale di coloro che si dichiarano disponibili ad acquisti ancora più virtuosi ammette di non sapere come fare, mentre sono 4 su 10 i consumatori che hanno trovato più difficile rispetto agli anni scorsi agire in modo sostenibile a causa della crisi economica. Il prezzo elevato è la prima barriera (circa il 60%) ma gli Eco-Actives sottolineano anche deficit prestazionali mentre gli Eco-Dismissers (il cluster di chi abbandona comportamenti ecologici) considerano troppo impegnativa la ricerca di soluzioni eco-compatibili. Per quello che riguarda i canali di vendita, secondo il 29% degli italiani i retailer pare favoriscano poco o per nulla uno stile di vita sostenibile, non a caso notiamo come gli Eco-Actives siano già orientati verso i negozi specializzati. Dati che fotografano una situazione critica ma che possono costituire anche un’opportunità futura di miglioramento se i retailer avranno la capacità di proporsi come abilitatori di un cambiamento.

L’inflazione non ferma i beni durevoli: il mercato cresce di 10 miliardi in 5 anni

Nel contesto di stagnazione pressoché generalizzata dei consumi fanno eccezione i beni durevoli, che crescono più degli altri mercati e chiuderanno il 2024 a quota +4,2%, raggiungendo il valore record di 78,33 miliardi. Questa la stima dell’Osservatorio annuale dei consumi di Findomestic, realizzato dalla società di credito al consumo del Gruppo BNP Paribas in collaborazione con Prometeia. La performance è trainata dai risultati del comparto mobilità, in espansione del 7,6% nonostante il raffreddamento dei prezzi: il fatturato toccherà i 45,2 miliardi soprattutto grazie all’incremento del 9,6% in valore delle auto usate. Il settore dei beni per la casa, invece, dopo la flessione del 2023, rimarrà sostanzialmente invariato (-0,1%), attestandosi a 33,1 miliardi con il rialzo del 6,5% dei piccoli elettrodomestici e il consolidamento dell’1,6% dei grandi elettrodomestici che fanno da contrappeso ai lievi cali previsti nei mobili (-0,2%) e nella telefonia (-0,6%) e alle perdite più consistenti nell’elettronica di consumo (-4,1%) e nell’information technology (-4,4%). 

Volumi in espansione
“Alla buona progressione che i durevoli hanno evidenziato negli ultimi due anni, in un contesto di incertezza e tensioni inflazionistiche, ha contribuito anche l’azione condotta dai player della grande distribuzione che hanno saputo intercettare le esigenze delle famiglie italiane accompagnandole nella fase di consulenza e di acquisto – commenta Marco Tarantola, Amministratore Delegato e Direttore Generale di Findomestic Banca –. Il Responsabile dell’Osservatorio Findomestic, Claudio Bardazzi, aggiunge: “In cinque anni, dal 2019 a oggi, il mercato dei durevoli vale quasi 10 miliardi di euro in più. I volumi non sono ancora tornati ai livelli pre-Covid ma si spende di più e questo è dovuto in gran parte all’inflazione, in piccola parte al crescente orientamento delle famiglie ad acquistare beni di maggiore qualità. La crescita degli ultimi dodici mesi beneficia della spinta degli incentivi statali, pur con effetti limitati dal clima di incertezza economica che colpisce le famiglie italiane, come evidenziano le nostre rilevazioni mensili: per oltre il 60% di loro l’inflazione resta oggi la prima preoccupazione, il 55% non riesce a risparmiare nulla a fine mese e oltre 4 nuclei familiari su 10 lamentano una situazione economica molto o abbastanza problematica. In questo clima di incertezza i consumatori restano prudenti e orientati al rinvio degli acquisti importanti”. 

La classifica delle regioni
Le regioni in cui si rilevano gli incrementi più marcati della spesa in durevoli sono Umbria (+6,6% per 1,3 miliardi totali), Valle d’Aosta (+6,4% per 200 milioni) e Abruzzo (+6% per 1,6 miliardi), mentre le crescite più contenute si registrano in Liguria (+1,2% per 2,1 miliardi), Piemonte (+3,3% per 6,7 miliardi) e Campania (+3,4% per 4,8 miliardi). Guardando ai dati in valore assoluto, la Lombardia vale il 20% del mercato complessivo dei beni durevoli con un giro d’affari di 15,7 miliardi (+3,8%), oltre il doppio rispetto a quelli del Lazio, secondo con 7,7 miliardi (+4,2%), e del Veneto, terzo con 7,3 miliardi (+5,1%). La spesa media per famiglia calcolata dall’Osservatorio Findomestic, giunto alla trentunesima edizione, è di 2.955 euro, in aumento del 3,8% rispetto al 2023. Il valore più elevato si registra in Piemonte con 3.601 euro; al secondo e terzo posto si collocano le famiglie di Valle d’Aosta e Lombardia rispettivamente con 3.558 e 3.536 euro. In coda alla graduatoria, invece, la Sardegna con 2.138 euro, preceduta dalla Sicilia con 2.142 euro e dalla Calabria con 2.150 euro.

La mobilità
La spesa delle famiglie in auto nuove, in base alle stime dell’Osservatorio annuale Findomestic, a fine anno salirà a 18,1 miliardi, in accelerazione di un ulteriore 5,7% dopo l’incremento vicino al 20% del 2023. Un risultato che consente al mercato di portarsi quasi (-1,1%) al livello 2019 anche se le immatricolazioni, con la crescita stimata del 4,1%, si manterranno a -16% dal pre-Covid. “In sintesi, nel 2024 si è speso quasi quanto nel 2019 ma sono state acquistate molte meno auto” sottolinea Bardazzi. Il mercato dell’usato ‘allunga’ su quello del nuovo con un giro d’affari di 24,3 miliardi, frutto di un aumento del 7,9% dei volumi, che tornano sui livelli pre-pandemici (-0,2%), e del 9,6% in valore, che si porta a +23,9% rispetto al 2019. Il comparto delle due ruote sperimenta ancora una crescita in valore del 3,9% arrivando a sfiorare i 2,8 miliardi e portandosi addirittura a +55,7% rispetto al pre-Covid. “Le performance di auto usate e motoveicoli – sottolinea ancora Bardazzi – restituiscono la misura del crescente bisogno di mobilità, orientato però da una evidente propensione al risparmio”. Nel complesso, dopo i primi 10 mesi dell’anno, le immatricolazioni di automobili con alimentazioni alternative aumentano di 3 punti percentuali rispetto al 2023 in termini di rappresentatività sul totale, passando dal 53,6% al 56,7%. Tra queste le vetture elettrificate costituiscono oltre l’83% dell’immatricolato, mantenendo praticamente invariata la quota registrata nel 2023.
 
La casa
Secondo i dati dell’Osservatorio Findomestic per il settore casa, il fatturato dei mobili nel 2024 si mantiene sostanzialmente stabile a 17 miliardi (-0.2%), confermando una tendenza all’attenuazione dopo il rimbalzo del biennio 2021-22. Gli incentivi fiscali legati alle ristrutturazioni non bastano, dunque, ad allentare la cautela dei consumatori verso gli acquisti di importo elevato. Sul fronte dei canali distributivi, le vendite online di arredamento e home living mostrano un’evoluzione positiva del 12%: l’e-commerce tocca i 4,4 miliardi e arriva a rappresentare il 19% del fatturato retail del settore.  Per i grandi elettrodomestici, la crescita dei volumi di vendita, a dispetto del calo dei prezzi, consente al mercato di registrare un incremento dell’1,6% con un consolidamento su livelli elevati, superiori ai 4,1 miliardi; a livello di prodotti, i risultati migliori riguardano le lavastoviglie (+4.1%), i piani cottura (+1.2%) e le asciugatrici (+1%). I piccoli elettrodomestici, dopo il calo del 2023, recuperano un trend di crescita (+6,5%) e sfiorano i 2,1 miliardi di euro. Rilevante il contributo di friggitrici (+30.2%), robot da cucina (+25.5%), mini-aspirapolvere (+16,6%), macchine per il caffè (+9%) e prodotti per la cura dei capelli (+7.8%). L’online evidenzia performance sostanzialmente allineate al canale fisico con una penetrazione del 36,6% del fatturato. L’elettronica di consumo, mercato rappresentato per l’84% dalle Tv, chiuderà il 2024 con un ulteriore calo del giro d’affari: la perdita del 4,1% stimata dall’Osservatorio Findomestic fa scivolare il mercato a 1,65 miliardi. “Dopo il forte deterioramento del 2023, la dinamica negativa è in fase di attenuazione. Sull’evoluzione del comparto continua a pesare il rimbalzo delle vendite del comparto video, dopo i picchi di crescita sostenuti dal passaggio al digitale e dai bonus tv/decoder conseguenti” osserva Bardazzi. Tra i prodotti spiccano per crescita gli amplificatori (+15.9%) e i ricevitori (+17.5%), segnalando un interesse in aumento delle famiglie verso la realizzazione di sistemi home theater.

La tecnologia
La telefonia si conferma il principale comparto della tecnologia consumer, mantenendosi su livelli stabili: nel 2024, in base alle proiezioni dell’Osservatorio Findomestic, il fatturato resta sopra quota 6 miliardi con uno slittamento dello 0,6%. L’evoluzione del mercato è condizionata dalla contrazione dell’1,4% della performance degli smartphone, che rappresentano circa l’84% del giro d’affari della telefonia; la riduzione dei prezzi (-3,9%) sta comunque sostenendo una progressiva ripresa dei volumi di vendita. In media nel 2024 il canale online incide per il 21,7% sul valore del comparto. L’information technology continua a far registrare una flessione marcata dopo il boom del biennio 2020-21: la spesa delle famiglie retrocede a 2,15 miliardi con un calo del 4,4%. “La pesante perdita dell’8,4% nelle vendite di pc, segmento che vale il 36% del mercato, spinge al ribasso la traiettoria dell’IT – commenta Bardazzi. Riprendono quota, al contrario, gli acquisiti di tablet (+3,6%) e di monitor (+5.3%), mentre prosegue la crescita di prodotti di nicchia come le visual cam (+4.6%) e soprattutto gli assistenti vocali (+15.4%)”. L’on line, infine, conferma un ruolo rilevante nel mercato mostrando un consolidamento sui livelli raggiunti (oltre il 30%).

Black Friday, tecnologia di nuovo in cima agli acquisti degli italiani

Anche nel 2024 il Black Friday si è confermato come evento promozionale molto amato dagli italiani. Secondo i dati di Foxintelligence – società di NielsenIQ che opera nell’e-commerce measurement in Europa – l’high-tech si conferma come la categoria più acquistata in Italia, mentre sono cresciute rispetto allo scorso anno le vendite dell’home & kitchen (mobili, arredamento, elettronica per la casa) che si posiziona al secondo posto. Sul gradino più basso del podio troviamo l’abbigliamento (in calo rispetto al 2023), seguito da beauty e food, entrambi in crescita.

Tecnologia di consumo di nuovo positiva dopo due anni
Dopo due edizioni caratterizzate da un trend negativo (-2,3% nel 2022 e -11% nel 2023) quest’anno il Black Friday torna a essere positivo per il mercato italiano della tecnologia di consumo. Le rilevazioni effettuate da GfK per la settimana del Black Friday (dal 25 novembre al 1° dicembre 2024) mostrano infatti una solida crescita del fatturato del +4,9% a valore per le categorie più importanti del mercato della tecnologia di consumo (tra cui tv, pc, smartphone, tablet, wearable, frigoriferi, lavatrici, aspirapolvere, stampanti, ecc…). Per questo perimetro di prodotti, durante la settimana del Black Friday 2024 è stato generato un controvalore pari a 472 milioni di euro. La tendenza positiva ha interessato soprattutto i punti vendita tradizionali, che hanno registrato una crescita del +7,2% rispetto al 2023, mentre il canale online ha visto un incremento più ridotto (+1,1%). Durante la settimana del Black Friday, le vendite tramite internet hanno contribuito al 36% del fatturato totale.

Questo trend si inserisce in un contesto di generale ripresa del settore tech & durable, iniziata a luglio 2024. Dopo un periodo prolungato di contrazione, la domanda è tornata a crescere e le prospettive per novembre confermano questa tendenza. Infatti, anche le settimane antecedenti al Black Friday hanno registrato crescite a doppia cifra. La diffusione sempre più precoce delle promozioni, a partire da inizio novembre, ha distribuito le vendite su un arco temporale più ampio, con un impatto particolarmente evidente sulle categorie smartphone e tv che sono cresciute molto nelle prime settimane di novembre. Questo fenomeno suggerisce che i consumatori sono sempre più informati e reattivi alle offerte e che i retailer anticipano le loro strategie promozionali per intercettare la domanda. La settimana del Black Friday si conferma la più importante del 2024 per giro d’affari: rispetto al fatturato della settimana media riferita all’ultimo anno, si è registrato infatti un incremento del +132%.

I comparti e i prodotti tech più acquistati durante il Black Friday
I settori che hanno registrato i risultati migliori sono stati il piccolo elettrodomestico (+15,7%), l’home comfort (+10%) e l’informatica e office (+10%). Quest’ultimo ha vissuto un vero e proprio rimbalzo dopo le performance negative degli ultimi due anni. I primi segnali di ripresa si erano già visti durante l’estate e sono stati ulteriormente consolidati dai risultati positivi del Black Friday. Sicuramente le promozioni hanno dato un impulso alle vendite – soprattutto per quanto riguarda desktop pc e tablet – contribuendo alla crescita complessiva del settore. Positivo anche l’andamento del grande elettrodomestico (+5,4%) mentre registrano un trend stabile rispetto al 2023 l’elettronica di consumo (-0,4%) e la telefonia (-0,3%). Guardando alle tre categorie più importanti in termini di fatturato, registrano una performance stabile gli smartphone (+0,2%) e i tv (-0,6%) mentre crescono in maniera significativa rispetto allo scorso anno i pc portatili (+8,4%). I prodotti che hanno registrato le crescite più rilevanti – rispetto alla settimana del Black Friday 2023 – sono stati i dispositivi per la preparazione del cibo (quali ad esempio robot da cucina, frullatori a immersione, tritatutto, ecc…) che sono cresciuti del +52% a valore. Molto positive anche le vendite di friggitrici ad aria (+30%), tablet (+27%), condizionatori fissi (+22,5%) e spazzolini elettrici (+18,7%). L’impatto delle attività promozionali nella settimana del Black Friday 2024 è aumentato rispetto agli ultimi anni e si assesta al 33% dei volumi venduti con una riduzione di prezzo di almeno il 15%. I desktop pc sono stati il prodotto con la percentuale più alta di vendite promozionali (50%).

La chiusura dell’anno si preannuncia decisiva per il settore della tecnologia di consumo. Le festività natalizie rappresenteranno un test importante per capire se la ripresa degli ultimi mesi è destinata a proseguire. Sarà quindi fondamentale monitorare attentamente i dati di vendita per avere un quadro sull’effettiva salute del mercato e anticipare le dinamiche del mercato nel nuovo anno.

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