CLOSE
Home Tags Sostenibilità

Tag: sostenibilità

A Safe and Sustainable Future, DNV studia il Pianeta guardando al 2050 (infografica)

Si chiama “A Safe and Sustainable Future” lo studio di DNV GL, noto ente di certificazione internazionale, per immaginare lo stato dell’arte del Pianeta nel 2050, dal punto di vista dell’economia, la società e, naturalmente, l’ambiente. In coincidenza con l’avvio dei lavori di Cop 21, la conferenza sul clima dell’ONU in corso da oggi a Parigi, DNV GL ha tracciato il profilo del mondo che ci aspetta se non invertiremo velocemente la rotta.

Nel 2050, il 70% della popolazione vivrà in aree urbane e 3 miliardi di persone saranno destinate alla povertà e a vivere nelle baraccopoli. Il 60% dei principali ecosistemi sarà a rischio; i livelli di diossido di zolfo e di diossido di azoto aumenteranno rispettivamente del 90% e del 50%, causando smog, piogge acide e fuliggine, soprattutto nei Paesi emergenti. Il livello dei mari s’innalzerà da 1 a 2 metri, con milioni di persone obbligate a lasciare le aree costiere dove vivono.

DNV GL Planet under pressure Ambiente

DNV GL - Planet under pressure Società

DNV GL - Planet under pressure Economia

La lista di situazioni ad alto rischio che ci troveremo ad affrontare è lunga. Ma secondo lo studio non è troppo tardi per intervenire. Tanto che gli esperti di DNV GL hanno individuato le 36 barriere fondamentali da aggirare; a partire dall’insufficiente consapevolezza dei singoli, passando per la debolezza dei quadri di riferimento istituzionali, sino ad arrivare alle carenze economiche e tecnologiche specifiche.
«Senza un impegno concreto, prevedere quello che ci aspetta di qui a qualche anno non è difficile. Nei prossimi decenni l’umanità si troverà ad affrontare le sfide più grandi mai incontrate. Abbiamo un’opportunità unica per plasmare un futuro prospero, dove le principali minacce per ambiente, economia e società siano state individuate e contenute, ma non possiamo più aspettare. Dobbiamo agire» ha detto Luca Crisciotti, CEO di DNV GL.
Lo studio si conclude illustrando l’insieme di cambiamenti fondamentali da attuarsi nelle sfere dell’economia, dei sistemi di governance e della società. Come riorganizzare sussidi e incentivi, incorporare le valutazioni ESG (Environmental, Social e Governance) nelle valutazioni finanziarie, rivedere l’urbanistica secondo principi di sostenibilità e definire nuove unità di misura per la crescita oltre al PIL, che non è in grado di esprimere il benessere della nazione o le condizioni dell’ambiente.

Da Molino Rossetto i grani andini che fanno bene anche in Ecuador

La gamma dei grani andini proposta da Molino Rossetto per il canale retail si arricchisce di due novità: Fiocchi di Quinoa e Fiocchi di Amaranto, due prodotti dedicati alla prima colazione. Entrambi i pack, come quelli di tutta la linea (lievito madre, lievito madre integrale, preparati per pizza, chicchi di quinoa e farina di quinoa) sono personalizzati con il logo Oxfam, a testimoniare la scelta dell’azienda padovana di sostenere l’attività della onlus impegnata in programmi di sviluppo, interventi di emergenza, campagne di opinione e iniziative educative per migliorare le condizioni di vita delle popolazioni.

In particolare Chiara Rossetto, amministratore delegato dell’azienda di famiglia, lo scorso luglio ha viaggiato in Ecuador per visitare le comunità agricole di Cotacachi, con lo scopo di conoscere meglio gli antichi grani andini (a cominciare da quinoa e amaranto) e una realtà rurale in cui le donne svolgono un ruolo essenziale. A esse Oxfam ha fornito gli strumenti per lavorazione della terra e a loro si è rivolta, istruendole sulle pratiche agronomiche, commerciali e comunitarie. Ora sta creando una cooperativa di secondo livello per aumentare la capacità di accesso diretto al mercato. «Questa esperienza – commenta Chiara Rossetto – è stata un’importante occasione di scambio di know-how tra due culture lontane, che mi ha consentito di approfondire le mie conoscenze su alcuni cereali che l’Europa sta finalmente riscoprendo. Ho incontrato donne che lavorando duramente e che grazie a Oxfam hanno acquisito le conoscenze per diventare imprenditrici di se stesse e sviluppare piccoli commerci».

L’obiettivo della partnership con Oxfam è quello di realizzare un progetto di filiera per commercializzare in Italia – in edizione limitata – i raccolti delle donne coinvolte nel progetto Oxfam, un risultato di lungo periodo che prevede che la produzione sia tale da rendere l’importazione sostenibile anche economicamente, dopo aver soddisfatto il fabbisogno locale.

Responsabilità sociale: a Pedon il premio “non sprecare” 2015

Save the Waste, l’innovativo progetto di responsabilità sociale realizzato da Pedon, si è aggiudicato il premio “Non Sprecare” 2015, iniziativa promossa dal sito nonsprecare.it volta a riconoscere le buone pratiche economiche e sociali che mettono in discussione il paradigma contemporaneo dello spreco.

Save the Waste è un progetto ad ampio respiro che promuove un modello economico virtuoso: coinvolge e sostiene le comunità agricole, riutilizza gli scarti vegetali, produce nel rispetto dell’ambiente e destina risorse a sostegno di progetti etici e sociali con vantaggi lungo tutta la filiera, dal produttore fino al consumatore. Proprio da Save the Waste inoltre nasce la prima carta destinata al packaging alimentare, 100% riciclabile, certificata FSC, OGM free ed ottenuta dagli scarti di lavorazione dei fagioli, l’unica a essere certificata per il contatto diretto con gli alimenti e che in futuro potrà trovare nuove applicazioni nel settore dell’editoria e della cartotecnica.

«Siamo orgogliosi di questo progetto che segna il passaggio da un modello lineare ad una economia circolare – dichiara Luca Zocca, Marketing Manager del Gruppo –. Concepire l’intera produzione in modo sostenibile è un importante driver di successo con vantaggi economici, sociali e non da ultimo ambientali. Save the Waste è la conferma che la responsabilità sociale e l’impegno etico permettono alle aziende di crescere e di trarre vantaggi competitivi ripensando le logiche nella gestione d’impresa».

«Questo premio è un vero termometro di una rivoluzione in atto nell’economia italiana e nei nostri stili di vita. Io la chiamo la “rivoluzione non sprecare” – incalza Antonio Galdo, giornalista, scrittore e direttore del sito nonsprecare.it – abbiamo ricevuto oltre 100 candidature da tutta Italia e tutte orientate a una forte spinta al cambiamento, della quale la lotta allo spreco può essere un perno. Ridurre gli sprechi è un’opportunità, come dimostra anche il progetto presentato da Pedon, di innovazione, crescita economica e di lavoro. Quello che serve a rilanciare l’Italia».

Luca Zocca.

Il premio Non Sprecare 2015 per la categoria Aziende è stato consegnato al direttore marketing Luca Zocca durante la cerimonia che ha avuto luogo presso la rinomata università LUISS “Guido Carli” di Roma, uno degli atenei più green d’Italia.

Il premio, giunto alla sua sesta edizione, vede come partner dell’iniziativa insieme al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, il WWF, il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e le Università La Sapienza e la LUISS “Guido Carli” di Roma.

La valenza del progetto Save the Waste è stata riconosciuta anche nella tredicesima edizione di Aretè dalla Comunicazione Responsabile di Nuvolaverde con Confindustria e Abi. La scorsa settimana il progetto di Pedon si è infatti classificato terzo nella categoria Comunicazione d’Impresa del premio Aretè assegnato dal Sole 24 ore per il coinvolgimento e il sostegno delle comunità agricole.

Al Centro Sarca Le Biosfere invitano a scoprire l’ecosistema italiano

Inaugurata qualche giorno fa al Centro Sarca di Milano (Sesto San Giovanni) rinnovato, prosegue fino al 31 gennaio l’iniziativa Le Biosfere, tre padiglioni tematici per consentire ai visitatori di seguire e vivere tre percorsi esperienziali: BioSfera Alpi, BioSfera Mediterraneo e BioSfera Nutrizione.

I percorsi si sviluppano su due canali: attraverso la biodiversità italiana e alla scoperta della salutare dieta mediterranea. In ogni biosfera si entra in un habitat specifico, curato anche dal punto di vista tecnologico per consentire una esperienza sensoriale e interattiva, con monitor touch, proiezioni immersive grazie a video proiettori che animeranno a 180 gradi gli spazi e area lab dotata di moduli sensoriali.

Nelle Biosfere Alpi e Mediterraneo si possono sentire i profumi e le essenze, ascoltare i suoni, vedere e toccare gli ambienti tipici delle montagne alpine o della macchia mediterranea. Le scenografie nelle biosfere sono infatti composte da vere piante e display interattivi che raccontano caratteristiche, differenze e storie dei rispettivi habitat. Anche temperatura e umidità percepite sono quelli propri dei diversi territori. Nella BioSfera Nutrizione i display mostrano in cosa consiste la dieta mediterranea, che dal 2010 è patrimonio dell’umanità per l’Unesco, quali sono le regole di una corretta alimentazione e il giusto stile di vita con consigli e trucchi dal mondo della gastronomia.

Copia di Biosfere_CentroSarca4

Oltre che all’interno delle biosfere, questi contenuti possono essere scoperti attraverso il Sentiero della conoscenza, un percorso che permette, con l’app Biosfere creata per l’occasione, di approfondire i temi della manifestazione. C’è anche un luogo ludico: La valle dei selfie, dove i visitatori immersi in paesaggi tipici delle Alpi e del Mediterraneo possono scattarsi delle foto, che verranno pubblicate sulla pagina Facebook di Centro Sarca.

Il progetto Le BioSfere, ideato dall’agenzia di pubblicità Amikaj di Milano, lancia un nuovo concetto di Mall Experience, che Igd Spa sta proponendo all’interno dei centri commerciali di sua proprietà, ed in modo particolare il Centro Sarca, uno dei suoi fiori all’occhiello ed oggetto di recente restyling.

Convegno GS1 Italy: soluzioni Ecr e approcci di filiera contro lo spreco alimentare

Ogni anno 1/3 della produzione mondiale (1,3 mld di tonnellate) di cibo finisce nella spazzatura. In Italia lo spreco almentare è quantificato in 4 milioni di tonnellate, vale a dire 8,1 miliardi di euro, pari allo 0,5% del Pil.

Le cause che determinano eccedenze, rimanenze o sprechi sono molteplici e variano a seconda delle fasi della filiera agro-alimentare. Nei Paesi industrializzati la quota maggiore degli sprechi avviene nelle fasi finali (consumo domestico e ristorazione); tuttavia l’entità del fenomeno non è trascurabile anche a monte.

Nella fase di trasformazione e distribuzione, le eccedenze nascono principalmente da difficoltà di previsione della domanda, danneggiamenti riportati sul prodotto e sul packaging degli alimenti in fase di trasporto e stoccaggio, errori nelle procedure di stock rotation, …

Ottimizzare la gestione dell’eccedenza alimentare significa lavorare in un’ottica collaborativa in azienda e su tutta la filiera.

A partire dal 2013, le aziende industriali e distributive hanno costituito un tavolo di lavoro in ECR Italia per affrontare il tema, focalizzandosi sugli aspetti che toccano i processi di interfaccia e ricercando soluzioni e percorsi attivabili per ridurre l’incidenza degli sprechi.

Quali sono le strategie per la prevenzione delle eccedenze e i modelli per una gestione strutturata delle eccedenze?

Quali sono le implicazioni concrete per le aziende?

Quali le principali barriere alla riduzione dello spreco alimentare?

Esistono aree di collaborazione e soluzioni di filiera che permettono di incidere positivamente nella gestione dell’eccedenza?

Questi i temi al centro dei lavori e che saranno discussi al convegno: La lotta allo spreco alimentare: soluzioni e approcci di filiera che GS1 Italy | Indicod-Ecr organizza a Milano Fondazione Stelline – Sala Volta il 17 novembre prossimo

ISCRIVITI QUI

L’incontro consentirà di comprendere quali sono le modalità più efficaci per la gestione delle eccedenze, le best practice di filiera e le soluzioni abilitate dagli standard GS1 e di approfondire il tema attraverso le testimonianze dirette delle imprese impegnate su questo fronte.

CprSystem cresce nella GDO, con le cassette riciclabili fino al 40% in meno di CO2

Praticità, efficienza e sostenibilità, ambientale ed economica, hanno portato in anni recenti a uno spostamento delle preferenze, per gli acquisti di ortofrutta, verso le cassette in plastica riciclabile e riutilizzabile. Un packaging in forte crescita soprattutto che riguarda il numero di movimentazioni e il ventaglio di utilizzatori che hanno confermato, anche all’ultima edizione di Macfrut, un grande apprezzamento per un modello efficiente ed economico. Conferma il successo del format nella GDO CPR System che registra, ad oggi, un +2% rispetto allo scorso anno.
Al Macfrut Forum, il Congresso Internazionale di anteprima al Macfrut ha visto la partecipazione di 26 relatori provenienti da Paesi di tutto il mondo e importanti testimoni della innovazione nel settore ortofrutta. Nella sessione specifica dedicata alle tecnologie ed al packaging Riccardo Manzini dell’Università di Bologna ha illustrato i risultati di uno studio realizzato in collaborazione con Conad e CPR System al fine di rilevare, attraverso un software appositamente messo a punto, i risparmi economici ed ambientali ottenuti utilizzando il sistema a ciclo chiuso di CPR System. Attraverso appositi servizi che prevedono una razionalizzazione dei flussi di percorso tra Centri di Distribuzione e Produttori, utilizzando i pallet CPR System, si abbatte di oltre il 40% il consumo di CO2 apportando notevoli benefici all’ambiente.
Fondamentale il ruolo della logistica per raggiungere risultati ottimali in termini di razionalizzazione delle risorse economiche ed ambientali.
Matteo Benatti di Tesco (UK) ha messo in evidenza la necessità di attivare una piattaforma logistica in Inghilterra da parte dell’Italia per poter rilanciare il mercato inglese che negli ultimi anni ha perso numerose quote per l’export italiano.

Il Professor Ramudin della Hull University, considerato uno dei massimi esperti di logistica al mondo, ha evidenziato l’esigenza per il settore frutticolo di una standardizzazione creata attraverso un modello di pratiche ottimali di trasporto, distribuzione, consegna ai punti vendita che consenta di migliorare le prestazioni complessive sia economiche, sia qualitative e ambientali.
Il miglioramento logistico appare quindi oggi un fattore chiave in Italia, e CPR System è da sempre attento a questo tema, e ha messo a punto una serie di azioni studiate e basate su modelli scientifici che consentono di abbattere costi e salvaguardare l’ambiente e la freschezza dei prodotti.

Prezzi bassi dell’ortofrutta = pesticidi: guerra di Greenpeace in Francia a Leclerc (e alla GDO)

Foto: Greenpeace.

Che “il miglior prezzo” sui prodotti alimentari non sia necessariamente una cosa positiva ormai lo capiscono anche i consumatori, perché l’altra faccia della medaglia possono essere le filiere sporche, il caporalato e l’uso dei pesticidi.

Lo sa bene anche Greenpeace, che in Francia ha ingaggiato una lotta contro l’insegna della GDO E. Leclerc arrivando ad attuare settimana scorsa un picchettaggio ad opera di 40 attivisti nella centrale di acquisti regionale Socamil presso Toulouse (dopo aver organizzato proteste davanti a vari ipermercati), arrivando ad ottenere dall’insegna l’istituzione di una commissione di controllo. Come di legge nel sito “il numero 1 della grande distribuzione in Francia e campione dei prezzi bassi noto per le sue feroci negoziazioni commerciali, si guarda bene dal comunicare le conseguenze ambientali e sanitarie dei pesticidi”.

Non solo, l’associazione ambientalista con un vero proprio “j’accuse” denuncia a chiare lettere le responsabilità della grande distribuzione, “che incoraggia per le sue esigenze pratiche agricole che hanno conseguenza gravi per l’ambiente e la salute. I due terzi degli acquisti alimentari in Francia si fanno nelle grandi specifici e quasi il 70% dell’ortofrutta fresca passa per questo canale. La grande distribuzione, e Leclerc in particolare (unica insegna a essersi rifiutata di rispondere al questionario inviato da Greenpeace a maggio circa l’uso di pesticidi che mettono in pericolo la vita delle api, ndr), esige dei prodotti agricoli perfetti, prodotti in grandi volumi, ai prezzi più bassi possibili e tutto l’anno. Questa politica di acquisti della grande distribuzione spinge gli agricoltori a coltivare prodotti standardizzati e in grandi quantità: in queste condizioni, non hanno altra scelta che utilizzare pesticidi, che gli assicurano il raccolto. Anche se questa scelta minaccia la loro salute, inquina il terreno – e dunque lo strumento del loro lavoro – e porta i consumatori a ritrovarne tracce nei loro piatti” si legge ancora nel sito dell’associazione. Greenpeace ha rilevato pesticidi nella maggior parte di mele e patate vendute nei supermercati francesi (ma risultati analoghi sono stati trovati anche in Italia per le mele). La campagna per chiedere a Leclerc di fermare l’uso dei pesticidi ha già ottenuto oltre 68mila firme.

Un atto d’accusa preciso, che dovrebbe far riflettere anche le insegne di casa nostra. Visto che da noi, oltre ai pesticidi, c’è anche il problema gravissimo del caporalato (vd Made in Italy e agromafie). Il problema riguarda il controllo delle filiere e la comunicazione ai clienti. Sullo sfondo, una domanda: quanto sono veramente disposti i clienti a spendere di più per salvaguardare la propria salute e condizioni di lavoro dignitose?

Gli standard GS1 alle Nazioni Unite per un’agricoltura sostenibile

 

La tecnologia e i big data possono essere utilizzati dai settori pubblico e privato per collaborare e promuovere pratiche di coltivazione sostenibili nel settore agricolo?

Il Ceo e presidente di Gs1 Global Miguel Lopera lo ha illustrato recentemente al Vertice Sdg (Obiettivi di sviluppo sostenibile) dell’assemblea generale delle Nazioni Unite.

Schermata 2015-10-30 alle 20.00.48«È in atto un cambiamento di mentalità a livello internazionale: le aziende focalizzano maggiormente i propri obiettivi di approvvigionamento responsabile», ha spiegato Miguel Lopera (nella foto durante il suo intervento). «Le multinazionali fanno sempre più riferimento per i propri approvvigionamenti alla supply chain alimentare globale scegliendo, al di là dei costi, la qualità e l’offerta costante. Per realizzare un approvvigionamento responsabile, stanno percorrendo la parte più a monte della supply chain alimentare globale, fino ad arrivare agli agricoltori che producono direttamente le materie prime, per selezionare i partner commerciali che operano eticamente e responsabilmente».

GS1, l’organizzazione internazionale senza scopo di lucro che sviluppa e mantiene i sistemi standard per la supply chain più utilizzati al mondo (rappresentata in Italia da GS1 Italy|Indicod-Ecr) è parte di uno sforzo collettivo volto a mappare e armonizzare le centinaia di norme e certificazioni relative all’agricoltura sostenibile.

Lo sforzo, noto come “The Blue Number Initiative, A Global Registry for Sustainable Farmers” (www.unbluenumber.org), utilizzerà il registry service di GS1. Il registry consentirà agli agricoltori, ai governi, alle imprese e alle community di comunicare tra loro lungo tutta la supply chain grazie alla definizione di un linguaggio comune e all’identificazione univoca delle aziende agricole a livello globale.

Attraverso il GS1 Global Location Number (GS1 GLN), il registry assegna un identificativo unico per ciascuna azienda – non importa quanto grande o piccola sia – e definisce la posizione della stessa azienda agricola, oltre ad elencarne le relative certificazioni di sostenibilità. Questo permette anche ai piccoli agricoltori dei paesi in via di sviluppo di essere riconosciuti per le proprie pratiche di sostenibilità, aprendo potenziali mercati e consentendo loro di diventare attori più visibili ed attivi nella supply chain alimentare globale.

SUPERMARKET5_iStock_17280106Medium«I consumatori – ha aggiunto Lopera – sono sempre più attenti al contenuto di cibi e bevande. Vogliono essere informati sul biologico e su cosa provenga da allevamento sostenibile. Il registry è uno strumento eccellente per fornire ai consumatori una grande visibilità sui prodotti che trovano sugli scaffali. Questo li aiuterà a prendere decisioni informate riguardo gli ingredienti certificati biologici, provenienti da allevamento sostenibile e da commercio equo-solidale».

Il registry stabilisce inoltre basi importanti affinché i decision maker nei paesi in via di sviluppo accedano a statistiche accurate su dati granulari e big data. «I governi avranno accesso a dati organizzati secondo la geolocalizzazione, per esempio la produzione per singola regione, con le relative informazioni infrastrutturali e le certificazioni. Saranno quindi in grado di fare scelte politiche più informate che facciano crescere la produzione, e di indirizzare le risorse e la formazione verso pratiche agricole sostenibili», ha concluso il Ceo di GS1 Global.

La Passata Altromercato, con pomodori liberi da mafie e caporalato

Le ricerche lo confermano, la sostenibilità sociale è ormai richiesta e ricercata dai consumatori, e i recenti fatti di cronaca confermano come il pomodoro, non c’è Made in Italy che tenga, sia uno dei prodotti più a rischio di “contaminazione” mafiosa e utilizzo di mano d’opera in condizioni di lavoro al limite dello schiavismo. Per questo giunge a proposito l’arrivo nella famiglia del Solidale Italiano Altromercato della nuova passata di pomodoro bio Solidale Italiano, nata dalla collaborazione tra il Consorzio fair trade e NCO – Nuova Cooperazione Organizzata. Coltivati in Campania su terreni sottratti alla criminalità organizzata, i pomodori utilizzati per la passata vengono raccolti, nel rispetto del lavoro e dell’ambiente, contro ogni forma di sfruttamento e caporalato. Costituito nel 2012, il Consorzio NCO – Nuova Cooperazione Organizzata parte dalla coltivazione dei terreni confiscati alla camorra per realizzare un modello di agricoltura biologica e sociale, che coinvolge lavoratori svantaggiati e guarda a garanzie di tracciabilità, sostenibilità, filiera corta ed etica.

Il progetto Solidale Italiano Altromercato ha l’obiettivo di valorizzare i prodotti fatti in Italia da realtà produttive di qualità, ecologicamente e socialmente responsabili. Prodotti biologici e d’eccellenza, che tutelano la biodiversità e le tipicità del territorio. Un valore che va oltre la produzione, portando con sé libertà, rispetto dei diritti, della terra e di chi la coltiva, secondo i princìpi del Commercio Equo e Solidale.

I pomodori del Consorzio NCO si affiancano a quelli della Cooperativa sociale Pietra di Scarto di Cerignola, in Puglia, coltivati su terreni liberi dalle mafie e dal caporalato e già utilizzati per i pelati bio Solidale Italiano Altromercato. Questa nuova collaborazione ha quasi raddoppiato la produzione di Solidale Italiano Altromercato nel comparto e segna un ulteriore passo avanti per realizzare una visione della coltivazione del pomodoro, che passi dalla riaffermazione dei diritti dei lavoratori.

Il caporalato è una piaga che coinvolge in Italia oltre 400.000 persone (Fonte: Secondo Rapporto Agromafie e Caporalato/ Flai Cgil), che lavorano in condizioni al limite della dignità. «Un’iniziativa come quella del Solidale Italiano Altromercato è molto importante come risposta concreta al fenomeno, soprattutto per quanto riguarda un’agricoltura etica” – ha commentato Yvan Sagnet, Coordinatore Regionale per l’Immigrazione della Flai Cgil Puglia e autore del libro “Ama il tuo sogno. Vita e rivolta nella terra dell’oro rosso” (Fandango Libri, 2012). – I consumatori hanno preso ormai coscienza del fenomeno e ci chiedono dove possono trovare prodotti di qualità. Noi indichiamo Altromercato: un soggetto credibile che può portare una risposta in tal senso, anche perché è una realtà diffusa sul territorio grazie alle sue Botteghe, e questo agevola il nostro lavoro perché possiamo raggiungere i consumatori in tutte le parti d’Italia».

La passata di pomodoro bio Solidale Italiano Altromercato, prodotta dalle cooperative Un fiore per la vita e Al di là dei sogni, socie di NCO, sarà tra i protagonisti delle due settimane dedicate da Altromercato al Solidale Italiano, fino al 7 novembre, nelle Botteghe Altromercato aderenti e nella Bottega Online. Per invitare ad assaggiare i prodotti del Solidale Italiano, con una spesa minima di 10 euro di prodotti a marchio Solidale Italiano Altromercato regala la pasta di farro bio e, su una spesa di almeno 25 euro, aggiunge anche la passata di pomodoro bio.

 

Greenpeace dà i voti al tonno sostenibile. Promossa ASdoMAR

La quarta edizione della classifica “Rompiscatole” di Greenpeace, che valuta la sostenibilità del tonno in scatola venduto in Italia non lesina sorprese. Greenpeace ha analizzato gli 11 marchi di tonno più diffusi sugli scaffali, che rappresentano circa l’80% del mercato italiano, in base alle loro politiche di sostenibilità e equità, le specie catturate, i metodi di pesca usati e le informazioni che forniscono ai consumatori. A due anni dall’ultimo ranking – illustra una nota dell’organizzazione ambientalista – c’è chi scende e c’è chi sale.

ASdoMAR è l’unico produttore che si posiziona in fascia verde, con il prodotto più sostenibile: “Sempre attento alle tematiche ambientali, AsdoMar offre un’ampia gamma di prodotti sostenibili: manca poco per essere 100% sostenibile!” è il verdetto finale.

infografica_TONNO_IN_TRAPPOLA

In fascia gialla, si classificano i prodotti di Esselunga, Conad, Rio Mare, Coop, Nostromo e Carrefour perché, secondo Greenpeace mancano ancora dei passi per essere sostenibili (alcuni marchi hanno però gdelle referenze sostenibili, altri sono impegnati per inserirle). Rio Mare, leader del mercato italiano, resta al quarto posto perché dimostra di voler mantenere gli impegni, ma non ha fatto ancora abbastanza.

Infine nella fascia rossa, i bocciati, vi sono i prodotti MareBlu, Auchan, Lidl e Mareaperto. “Mareblu – si legge – nonostante le promesse di bandire i metodi di pesca distruttivi, usando solo tonno da pesca a canna o senza FAD entro il 2016, oggi non arriva neanche allo 0,2% di prodotti sostenibili e finisce sul fondo. Nella maggior parte delle sue scatolette finisce infatti tonno pescato con reti a circuizione usate con sistemi di aggregazione per pesci (FAD), che svuotano i nostri mari uccidendo ogni anno migliaia di giovani esemplari di tonno (baby-tuna) e numerosi animali marini, tra cui squali e tartarughe. Non è l’unico neo: Thai Union, l’azienda che dal 2010 è proprietaria del marchio Mareblu, è stata recentemente coinvolta in uno scandalo internazionale che riguarda la violazione dei diritti umani lungo le sue filiere di produzione”.

La classifica di Greenpeace è stilata tenendo conto di una serie di parametri: tracciabilità, politica per un approvvigionamento sostenibile, metodi di pesca, stato di salute delle specie di tonno usate, etichettatura del prodotto e informazioni ai consumatori, responsabilità e impegni per una pesca equa e giusta, supporto alla creazione di Riserve Marine e promozione di un cambiamento dell’industria del tonno, impegni precisi per evitare tonno che proviene pesca illegale, non documentata e non regolamentata (IUU).

BrandContent

Fotogallery

Il database online della Business Community italiana

Cerca con whoswho.it

Diritto alimentare