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Largo consumo: 2024 con volumi in ripresa, crescita di mdd e assortimenti

Buone notizie per il settore del largo consumo: nel 2024 si è riaccesa la domanda che ha determinato la ripartenza delle vendite non più solo a valore ma anche a volume. Un trend frutto di molteplici fattori come l’aumento della pressione promozionale, la crescita della profondità degli assortimenti, e la maggior efficienza a scaffale, testimoniata dalla diminuzione del tasso di out-of-stock e della quota di vendite perse. Questo lo scenario delineato e approfondito durante il webinar “Navigare il futuro tra inflazione e cambiamenti nei consumi”, organizzato da GS1 Italy in ambito ECR e in collaborazione con Circana.

“Come ogni anno vogliamo fornire il nostro contributo di analisi e interpretazione dei fenomeni che stanno caratterizzando il largo consumo in Italia – commenta Carolina Gomez, ECR Project Manager di GS1 Italy –. In questo modo ci proponiamo di aiutare le imprese a conoscere meglio il contesto in cui operano, il livello di servizio che offrono e la capacità di soddisfare il consumatore finale, fornendo loro informazioni di valore che li aiutino nelle loro decisioni strategiche”.

Durante il webinar, con Carolina Gomez, Corinna Passaro, retail director di Circana, e Alex Chiesa, retail account executive di Circana, hanno illustrato i tre fenomeni più rilevanti che caratterizzano lo scenario attuale, evidenziando gli aspetti cruciali del 2024 in confronto con gli anni precedenti.

1. Volumi di vendita in ripresa, trainati dalla ricerca di benessere
Il primo bilancio del 2024 mostra segnali di ripresa della domanda. L’analisi di GS1 Italy e Circana evidenzia una lieve, ma significativa, ripresa dei volumi dall’inizio dell’anno (+1,8%), soprattutto nelle ultime settimane: un trend comune a tutti i canali distributivi della Gdo (ad eccezione di ipermercati e piccole superfici), anche a parità di rete, che si ripercuote anche sull’aumento delle vendite in valore (+2,3%). Buone notizie arrivano poi dal rallentamento dell’inflazione (+0,3%) che si accompagna con il ritorno all’attività promozionale, riscontrato in tutti i canali (+1,7 punti percentuali). Cambia però il vissuto delle promozioni presso gli shopper: non più occasioni per fare scorta, quanto opportunità di contenere lo scontrino della spesa senza rinunciare alle proprie esigenze, a partire da quelle incentrate sullo star bene. Salute, benessere, forma fisica e cura di sé sono infatti i valori su cui gli italiani si stanno concentrando nel 2024, come confermano i trend positivi delle vendite dei prodotti dell’area benessere, in crescita di +33,7% a volume e di +44,7% a valore nell’anno terminante a settembre 2024 rispetto all’anno solare 2019. Al suo interno, il carrello salutistico ha migliorato il giro d’affari di +41,5% e i volumi di +54,7%, mentre quello dell’alimentazione sportiva ha messo a segno +73,7% a volume e +80,5% a valore.

2. Crescita delle private label e dei primi prezzi
Il 2024 vede il consolidamento della crescita della marca privata, arrivata al 30,1% di quota nel mercato totale del largo consumo confezionato. Rispetto al 27,1% del 2019, le private label di strada ne hanno fatta, ma sono ancora distanti dal 38,9% di quota media europea, per cui hanno ancora un buon potenziale di crescita. Lo spostamento dei consumi verso la marca privata penalizza soprattutto i fornitori maggiori (i top 25) e premia la fascia di primo prezzo, la cui quota di mercato è aumentata di +2,8% in 12 mesi, arrivando al 20,1% del giro d’affari del largo consumo confezionato in Gdo.

3. Più scelta e più efficienza a scaffale
Gli assortimenti nei punti vendita sono tornati ad ampliarsi (+0,8% annui) arrivando a una media di 9.428 referenze. La crescita assortimentale è guidata da superstore, supermercati e discount. Unico canale in negativo sono i petshop (-1,1%). Di pari passo è migliorato anche il livello di efficienza dello scaffale: il tasso di out-of-stock è sceso rispetto al 2023 (da 3,6% a 3,5%), mentre l’incidenza delle vendite perse è diminuita di -0,2 p.p., fermandosi a quota 4,8%. L’analisi dei trend mensili, però, rivela andamenti disomogenei, con un picco di criticità nel mese di agosto. La diminuzione del tasso di out-of-stock è maggiore nelle superfici più grandi (-0,1% in ipermercati e grandi supermercati) e accomuna tutti i reparti, con performance sopra media per bevande, fresco e ortofrutta. Si conferma la situazione per le categorie drogheria e fresco, mentre le bevande sono l’unico reparto a peggiorare l’incidenza dell’out-of-stock (+0,1%). Rispetto invece alla diminuzione della percentuale delle vendite perse dovute alla mancanza di prodotti, i più virtuosi sono stati cura persona, ortofrutta e fresco. Guardando i trend nel complesso, è però l’ortofrutta a confermarsi il reparto con il più alto tasso di out-of-stock (10,3%) e di vendite perse (7,3%). Infine, l’analisi per tipologia di fornitore ha fatto emergere il miglioramento dell’industria di marca in termini di out-of-stock (-0,1%), confermandone la maggiore efficienza rispetto alle private label (rispettivamente 3,4% e 3,7% di tasso di out-of-stock).

PAC 2000A Conad: uno studio evidenzia il ruolo centrale della cooperativa

PAC 2000A Conad è un attore fondamentale per lo sviluppo economico, sociale e occupazionale del Paese e del tessuto produttivo locale delle cinque regioni in cui opera, ovvero Umbria (dove la Cooperativa è nata oltre cinquant’anni fa), Lazio, Campania, Calabria e Sicilia. A dirlo lo studio realizzato da The European House – Ambrosetti, recentemente presentato a Roma nella Sala Capitolare del Senato della Repubblica e dibattuto in panel e tavole rotonde di discussione da vari relatori.

Nel 2023, PAC 2000A Conad ha raggiunto un fatturato alle casse di oltre €7 miliardi, frutto di un tasso di crescita medio annuo pari al +11,6% nell’ultimo quinquennio, sovraperformando tutti i benchmark di settore e territoriali. Grazie a questo percorso di crescita, negli ultimi anni la cooperativa ha scalato posizioni nella classifica delle principali aziende italiane industriali e di servizi per dimensione economica, attestandosi oggi al 37° posto per fatturato a livello nazionale e nella top-ten delle aziende con sede legale nelle cinque regioni in cui opera.

“Il nostro successo nasce dall’essenza cooperativa e dal legame profondo con i nostri 1.083 soci. Siamo partiti in pochi, con grandi sogni e risorse limitate, ma il vero segreto è sempre stato credere nelle persone e nel loro potenziale. In questi cinquant’anni, grazie alla dedizione e al senso di appartenenza di tutti, siamo riusciti a crescere costantemente. Puntando su innovazione e formazione, abbiamo creato valore per i territori, rimanendo fedeli alla nostra missione di crescita condivisa e sostenibile” ha dichiarato Danilo Toppetti, Amministratore Delegato di PAC 2000A Conad.

Dallo studio emerge come PAC 2000A Conad svolga anche un ruolo cruciale nello sviluppo delle filiere agroalimentari nazionali e locali: gli acquisti del “sistema PAC2000A” (inteso come la somma di cooperativa e soci) hanno attivato filiere di fornitura per €5,4 miliardi nel 2023. Per effetto delle interdipendenze settoriali, tale contributo si sostanzia in un impatto diretto, indiretto e indotto della Cooperativa nel Paese in termini di valore aggiunto (misura che equivale al contributo al PIL) e occupazione. “Nel 2023, PAC 2000A ha attivato oltre 25.000 fornitori in Italia, con un focus sulle cinque regioni in cui operiamo, sostenendo le filiere del Made in Italy agroalimentare, contribuendo alla valorizzazione dell’eccellenza italiana e al rafforzamento del tessuto produttivo locale. Questo ruolo di leader nel Centro-Sud supporta concretamente le PMI, che tra il 2020 e il 2023 sono cresciute per ricavi e Valore Aggiunto in media il doppio rispetto a quelle non fornitrici, con una crescita occupazionale otto volte superiore. Questo dinamismo economico si traduce in un impatto significativo sul PIL nazionale, pari allo 0,4%, con un contributo di 7,3 miliardi di euro nel 2023, dimostrando l’importanza strategica del nostro modello di sviluppo”, ha aggiunto Francesco Cicognola, Direttore Generale di PAC 2000A Conad.

L’impatto occupazionale di PAC 2000A Conad nel Paese è altrettanto rilevante: nel 2023 ha attivato 91mila posti di lavoro diretti, indiretti e indotti, pari allo 0,4% dell’occupazione italiana. Di questi, oltre 64mila sono stati attivati nelle regioni di operatività. “Nel progetto realizzato da TEHA applicando la metodologia proprietaria dei 4 Capitali emergono una molteplicità di ricadute generate da PAC 2000A Conad, che la affermano come capo-filiera del tessuto agroalimentare locale nelle Regioni del Centro-Sud”, ha affermato Valerio De Molli, Managing Partner & CEO The European House – Ambrosetti e TEHA Group. “L’impatto diretto-indiretto-indotto generato dalla cooperativa nelle cinque regioni dove opera vale oltre lo 0,7% del PIL territoriale e quasi l’1% dell’occupazione totale attivata. Un impatto davvero significativo per un singolo operatore, che si sostanza anche attraverso costanti investimenti negli anni: dal 2018 a oggi le risorse investite da PAC 2000A Conad ammontano a circa €600 milioni”.

Mangiare in compagnia fa bene alla salute: a confermarlo è la scienza

La convivialità è l’ingrediente segreto che rafforza i legami familiari e riduce lo stress portando benessere psico-fisico: a confermarlo sono due studi scientifici presentati in occasione dell’ultimo appuntamento del ciclo di “Let’s Talk About Food & Science” promosso dal Gruppo Barilla. Il primo è una ricerca dell’Università del Minnesota pubblicata sulla rivista Family, System and Health, che fotografa l’attuale “stato di salute” della convivialità analizzando abitudini e riti quotidiani in Italia, Germania e Stati Uniti, con oltre 1.000 partecipanti per ciascun Paese; il secondo invece è uno studio italiano pubblicato sulla rivista “Nutrition Research”, che analizza la più recente letteratura per confermare quanto mangiare insieme faccia bene alla salute, renda più felici e meno stressati.

Lo studio dell’Università del Minnesota rivela che chi mangia più spesso in compagnia dichiara di essere meno stressato – specie tedeschi e italiani – e, a fine pasto, di avere un umore migliore per il resto della giornata, soprattutto americani e tedeschi. Inoltre sono state riscontrate correlazioni positive significative tra la frequenza dei pasti condivisi e il rafforzamento dei legami sociali in tutti e tre i Paesi analizzati. Un’altra notizia positiva è che la convivialità è un fenomeno globale e non solo mediterraneo, pur con qualche differenza: il 50% degli intervistati dichiara di consumare sei o più pasti a settimana in famiglia o con gli amici, con punte del 74% in Italia, dato che conferma il nostro Paese leader della convivialità. All’altro estremo di questa classifica ci sono gli Stati Uniti: un americano su 10 ammette di non mangiare mai assieme ad amici o familiari e 3 su 10 non fanno più di 2 pasti a settimana in famiglia. E la tecnologia? Le tavole sono sempre più digitali: il 20% degli italiani condivide sui social media foto del pasto, tanto quanto gli americani e più spesso dei tedeschi, un’abitudine tollerata dai commensali purché non ci si intrattenga in videocall o telefonate.

Mangiare insieme aggiunge anni felici alla vita
Condividere un pasto vuol dire farsi del bene. Un’ulteriore riprova della correlazione positiva tra convivialità e una inferiore prevalenza di malattie cronico-degenerative, e maggiore benessere psicologico e longevità arriva dalla scientific review italiana realizzata da Elisabetta Bernardi e Francesco Visioli, secondo cui l’analisi delle risposte infiammatorie, dei livelli di pressione sanguigna, della frequenza cardiaca e dei livelli di cortisolo evidenziano una relazione diretta tra felicità, salute e longevità, seppur i meccanismi che regolano una tale relazione non siano ancora del tutto chiari. Secondo Francesco Visioli, Professore Associato di Nutrizione Umana, Dipartimento di Medicina Molecolare, Università di Padova, “il modello alimentare mediterraneo, che si fonda proprio sul valore della convivialità, fa bene e lo provano numerosi studi, tra i più recenti, un’indagine condotta sulla popolazione spagnola che ha dimostrato una correlazione tra dieta mediterranea, condivisione dei pasti e minore insorgenza di malattie cardiovascolare. Il contesto sociale esercita dunque una profonda influenza sul comportamento alimentare: quando le persone condividono il past danno priorità alla salute e al benessere, prediligendo una sana alimentazione e aumentando il consumo di frutta e ortaggi”. Inoltre, stando allo studio, i nuclei familiari che consumano insieme i pasti tendono ad avere una dieta più sana e i loro membri hanno meno probabilità di essere in sovrappeso o obesi. In particolare i bambini che sin dalla tenera età sono cresciuti con genitori abituati al consumo di frutta e ortaggi saranno più propensi a integrare questi alimenti nella propria dieta quotidiana. Non solo: i due studiosi riportano evidenze secondo cui i bambini che consumano i pasti in famiglia hanno un rischio minore di obesità, migliori risultati scolastici e sono meno stressati e ansiosi. La partecipazione ai pasti con amici e familiari crea anche un ambiente favorevole allo scambio di esperienze, migliorando così la qualità della comunicazione.

La convivialità dunque, caratterizzata da interazioni sociali gioiose e armoniose, sarebbe alla base del benessere individuale e collettivo. “Queste evidenze ci ricordano l’importanza di trovare il tempo per i pasti in comune. Non serve rimpiangere modelli conviviali che fanno parte di un passato lontano: che si tratti di un piacevole brunch nel fine settimana o di una cena veloce in settimana, i benefici del riunirsi intorno alla tavola ci sono e sono innegabili. Favorendo i legami e promuovendo emozioni positive, i pasti condivisi, in particolare se ispirati alla dieta mediterranea, hanno il potenziale per migliorare la qualità della vita degli individui e rafforzare i legami all’interno delle comunità. Infine, i ricordi positivi di precedenti interazioni sociali con parenti o amici stretti influiscono sulla decisione di perseguire ulteriori legami con queste persone” conferma Elisabetta Bernardi, Nutrizionista dell’Università di Bari e divulgatrice scientifica.

Pasta, simbolo della convivialità
Se la dieta mediterranea è il modello alimentare della convivialità, a maggior ragione il suo piatto simbolo non può essere che la pasta. Dal pranzo della domenica, alla cena della Vigilia di Natale, alla spaghettata di mezzanotte non c’è ricorrenza o occasione condivisa – canonica o improvvisata – in cui questo piatto non sia protagonista. Secondo il Prof. Vincenzo Russo, “Mangiare pasta provoca nell’individuo uno stato emotivo-cognitivo positivo con dei risultati uguali, se non addirittura superiori, rispetto a quelli registrati, con tecniche neuroscientifiche, ascoltando la musica preferita o assistendo a una manifestazione con lo sportivo che si tifa. Uno studio realizzato dal nostro Centro di Ricerca di Neuromarketing “Behavior & Brain Lab” dell’Università IULM ha dimostrato che l’esperienza emotiva vissuta durante la degustazione della pasta preferita è pari a quella generata dalla rievocazione di ricordi felici, in particolare quelli legati alla famiglia. I partecipanti al nostro test hanno infatti legato il consumo di pasta a momenti di condivisione familiare (5,10 su una scala Lickert da 1 a 6) e amicizia (5,07)”.

M&A, calano le operazioni in Italia e a livello globale

L’ultimo biennio è stato estremamente complesso per le operazioni di M&A nel Consumer Markets, con un calo a volumi di operazioni completate, rispetto al picco del 2021, del 17% a livello globale e del 4% in Italia. Come evidenziato dallo studio PwC Global & Italian M&A Trends in Consumer Markets, a valore il declino è ancora più significativo (-48% a livello globale e -51% in Italia) per la drastica riduzione delle operazioni di grande dimensione e di quelle sponsorizzate dai fondi e finanziate a leva, rispetto a quelle di middle market promosse da operatori industriali.

“Anche se ci sono segnali di calo dei tassi di inflazione e di interesse, nel Consumer Markets stimiamo sia necessario più tempo agli investitori per fare chiarezza sull’evoluzione dei prossimi mesi con riferimento in particolare alle dinamiche inflattive su costi, energia, prezzi di vendita e sulla capacità di mantenere nel medio termine i livelli di marginalità del 2023. Questa situazione di incertezza si tradurrà in un minor numero di operazioni e maggiore cautela nei multipli da applicare” ha commentato Emanuela Pettenò, Partner PwC Italia, Consumer Markets & Markets Deals Leader.

Nonostante l’inevitabile situazione di incertezza, l’attività M&A sarà comunque al centro dell’agenda strategica come leva per accelerare la crescita e il cambiamento: il 52% dei CEO delle aziende di Consumer Markets intervistate da PwC nell’ambito della 27ma PwC Global Annual CEO survey ha dichiarato di voler portare a termine almeno un’acquisizione nei prossimi tre anni. Il costo del debito rimarrà elevato anche nel 2024, per cui ci si attende che le operazioni di M&A promosse da operatori strategici continueranno ad essere guidate da razionali di crescita e cambiamento, mentre i fondi saranno maggiormente focalizzati su operazioni di middle market o strutture complesse per finanziare quelle di maggiore dimensione (continuation funds, JV, deal con forte minoranza del venditore o con formule di earn out / vendor loan, club).

Food & Beverages
Il 2023 ha continuato a risentire di significativi impatti inflattivi sul carrello (13.6% 2022, 5.9% 2023, fonte Rapporto Coop relativamente ai generi alimentari), che hanno eroso il potere d’acquisto dei consumatori e penalizzato la crescita a volume. L’attesa del 2024 è di una normalizzazione dei prezzi (attesa crescita del 3%), volumi in leggero calo ed orientamento dei consumi a livello italiano in funzione delle variabili prezzo e salute. Le aziende che producono per Private Labels della Grande Distribuzione e le marche locali saranno inoltre favorite dall’attenzione alla spesa da parte del consumatore e maggiore sensibilità su aspetti di natura territoriale come sinonimo di qualità, mentre sono previsti in difficoltà i brand sia di grandi dimensioni che minori (fonte Rapporto Coop). Le più significative operazioni del 2023 sono state guidate dal perseguimento di una strategia di crescita internazionale (nuovi mercati, nuovi brand), come l’acquisizione di Beam Holding (produttore di cognac, Francia) e di Del Professore (distilleria, UK) da parte di Campari o della divisione ingredienti di Kerry Group da parte di Irca, al fine di entrare nel mercato americano. Interessante anche l’acquisizione di Fresystem da parte di Ferrero, per mettere in sicurezza il comparto frozen bakery, anticipando il risiko di operazioni del 2024 nel comparto iniziate con Forno d’Asolo / Sammontana / Investindustrial e previste continuare con Gelit (dismissione di Progressio) e altre aziende in portafoglio di fondi di Private Equity. Nel 2024 si continua a vedere spazio per operazioni di rifocalizzazione del portafoglio dei grandi operatori industriali, sia in termini di acquisizioni, che di dismissioni selettive, oltre a investimenti in tecnologie di accesso diretto al consumatore (digital channels, etc…). Potenzialmente c’è spazio per M&A sulle aziende che lavorano per Private Label. Altro segmento interessante è quello relativo ai prodotti a base di ingredienti innovativi / plant based rispetto ai tradizionali prodotti derivati animali. Le tematiche ESG saranno centrali per la valutazione delle opportunità di investimento in questo ambito.

Fashion
In ambito moda, si registra una crescente polarizzazione tra i gruppi e brand del lusso, con alte marginalità e fatturati crescenti e tutti gli altri operatori. I brand del lusso hanno consuntivato una performance di crescita a doppia cifra nel 2023, con poche eccezioni nell’ambito delle aziende quotate. Nel 2024 ci si attende una “normalizzazione” dei tassi di crescita ad un ritmo del 5-7%, in linea con l’andamento di medio-lungo periodo degli ultimi 15 anni, con tassi più sostenuti per i top player, una crescita più moderata del previsto del mercato cinese nei primi mesi dell’anno e il mercato americano che continua a soffrire il rallentamento dei consumi e la crisi dei department stores (es Sacks Fifth avenue). Il settore sportswear è cresciuto a livello globale del 6% (fonte Euromonitor) trainato da America Latina (+22%), ma sostenuto da un buon 8% in Europa. L’outlook di settore vede una crescita più sostenuta dei player specializzati, rispetto ai colossi internazionali (Puma, Adidas, Fila). PwC stima un maggior numero di operazioni sia di consolidamento di brand ad opera dei grandi player di settore (LVMH, Kering, Richemont), che nell’ambito delle piattaforme di filiera (Florence, Minerva, Hind). Il 2023 è stato l’anno dell’acquisizione di Valentino (Kering, minoranza), Gianvito Rossi (Richemont, maggioranza) e di importanti operazioni da parte di fondi di private equity sulla filiera (Minerva/San Quirico, Florence/Permira). Il 2024 si è aperto il delisting di Tod’s ad opera di L-Catterton, l’acquisizione di Autry da parte di Style Capital e ci sono molte attese sulla quotazione di Golden Goose, ed altre operazioni nel settore calzatura / accessori, oltre ad alcuni processi in corso come la cessione di Twinset, Missoni e Arena, mentre è appena stato annunciato il salvataggio di Trussardi da parte di Miroglio. Alcuni risonanti brand ancora a proprietà famigliare e con tematiche di successione / ricambio generazionale stanno facendo riflessioni su opportunità di apertura del capitale. Inoltre si attende entro metà aprile la decisione dell’Antitrust in merito all’operazione Tapestry/Capri Holding, che potrebbe portare ad una razionalizzazione del portafoglio dei brand, inclusa anche l’italiana Versace. Nel retail fashion, gli operatori valuteranno investimenti o alleanze per sviluppare o incrementare la propria presenza online, considerando anche la dismissione di punti vendita non profittevoli. In questo ambito è stato storicamente molto attivo Oviesse sia in Italia che all’estero, Cisalfa ha fatto un’acquisizione in Germania e ci sono state dal 2023 ad oggi vari processi ancora aperti su altre catene di abbigliamento. Il comparto e-tailers, invece, vede un contesto di forte crisi con i principali players del settore oggetto di operazioni straordinarie e riorganizzazioni (es. Farfetch acquisito dal coreano Coupang a Dicembre 2023, che ha annunciato la dismissione dei brand gestiti da NGG) o andati in procedure concorsuali (es. Matches, dopo pochi mesi dall’acquisizione di Fraser).

Health & Beauty
Il mercato mondiale della cosmetica è previsto in crescita del 9% nel 2024 (fonte Euromonitor) e con tassi di crescita costanti fino al 2028, rispetto ad un 3% del 2018, trainato da Stati Uniti, Cina e Brasile. L’industria cosmetica italiana è cresciuta del 13% nel 2023 ed è prevista al 10% nel 2024 (come fatturato delle aziende del comparto), fortemente trainata dall’export (+20% nel 2023 e +12% nel 2024), ma anche sostenuta da una forte domanda interna (+8/9% in entrambi i periodi). Il settore Beauty è stato particolarmente attivo in Italia nei primi mesi del 2024 con i processi di M&A su Beautynova (cessione a PAI), Dr. Vranjes (ceduta a L’Occitane), Veralab (cessione minoranza a Peninsula) e quello annunciato e tutt’ora in corso su Kiko. Il comparto nutraceutico è atteso in fermento sulla scia della dismissione del business nutraceutico da parte di Sanofi, annunciato a ottobre 23, e Bayer (novembre 23). I fondi di private equity hanno investito storicamente nel settore (Ardian/Biofarma, Investindustrial / Procemsa, TA / Nactarome) e sono pronti a raddoppiare il carico in considerazione del fatto che il settore coniuga alcuni dei macro trend più importanti (invecchiamento, prevenzione, salute e sicurezza) con una minore esigenza di R&D e minor pressione regolatoria, rispetto ai business farmaceutici. Vediamo anche ulteriore spazio per consolidamento e aggregazione nel settore farmacie e farmacie online (nel 2023 sono state molto attive Farmacosmo, Neo-Apotek, quest’ultima a sua volta acquisita da Dr.Max)

Grocery e Non-Food Value Retail
Il consolidamento del mercato guiderà i macro-trend del retail del prossimo futuro, destinato ad avere un numero sempre minore di operatori. Il decremento dei volumi di vendita, nonostante i fatturati in crescita, dimostra le difficoltà del settore e dei consumatori post aumenti inflattivi. I principali operatori della Gdo e ovviamente i discount, sono stati in parte supportati dalla crescita dei prodotti di marca (oltre il 30% del fatturato), mentre i piccoli operatori sono sempre più in sofferenza. A livello europeo nel 2023 ci sono state importanti operazioni di aggregazione che hanno visto come protagonisti Aldi e Carrefour, mentre in Italia proseguono le crescite costanti dei principali operatori sia attraverso nuove aperture (in particolare i discount) che soprattutto tramite M&A (nel 2023 si segnala l’acquisto dei punti vendita di Distribuzione Roma da parte di Magazzini Gabrielli). Nel comparto Non- Food Value continua la crescita di Acqua & Sapone, controllata da HIG, che ha anche acquisito la catena di profumerie Pinalli. Si stimano varie operazioni M&A anche nel 2024, che porteranno ad una sempre maggiore concentrazione, spinta dalla ricerca di sinergie ed efficienze operative di scala. L’utilizzo dei canali digitali da parte degli utenti, soprattutto relativamente al canale app, è in continua crescita, di conseguenza un’altra leva per operazioni strategiche sarà l’investimento in tecnologie e forme di comunicazione che consentano di migliorare l’accesso ed il dialogo con il consumatore (loyalty, pricing/promo, AI, marketplaces, etc), oltre che nel comparto dei servizi. Sarà sempre più importante migliorare il customer engagement anche attraverso promo targettizzate su specifici prodotti / comportamenti per guidare upselling e cross-selling, con l’obiettivo di generare vendite incrementali e ridurre il churn.

Pet & Vet
Il mercato dei prodotti per l’alimentazione degli animali da compagnia in Italia valeva all’incirca €2.5 miliardi di euro nel 2022 (Rapporto Assalco-Zoomark). Rispetto alle previsioni pessimistiche per il post-pandemia, dal 2007 ad oggi il mercato del pet food continua a crescere mediamente del 5,7% (tra GDO, canali grocery, negozi specializzati tradizionali e catene petshop), toccando quota +8,4% se si considera anche l’online. I numeri della Pet Economy sono addirittura raddoppiati se si considera il comparto VET (stimato in c. €2.3 miliardi nel ’22). Il numero di proprietari di animali e la spesa relativa a beni e servizi correlate è attesa in ulteriore crescita, soprattutto nei mercati emergenti, trainata in generale dalla crescita dei consumi e dalla premiumization. I fondi di PE hanno recentemente investito sia in ambito catene retail (Cinven / Arcaplanet, Peninsula / Isola dei Tesori), pasti a domicilio (L Catterton e GA in Butternut Box in UK) e catene veterinarie (Animalia, Bluvet), credendo molto nello sviluppo del settore. Vediamo questo trend continuare anche nel 2024.

Hospitality and leisure
Il 2023 è stato l’anno della definitiva ripresa per il settore turistico, con il ritorno dei viaggiatori internazionali e quote di venduto per le imprese ricettive italiane superiori al 2019 (fonte ENIT- Unioncamere a ISNART). Le imprese ricettive italiane hanno chiuso l’anno con una quota di occupazione camere media del 51% (+3.8 p.p. rispetto al 2019, anno di picco del turismo italiano). Il settore dei viaggi è atteso in ulteriore crescita oltre i livelli pre-Covid, grazie anche alla sempre maggior attenzione del consumatore, sia delle generazioni più giovani (Millennials e Gen Z) che più maturi (silver generation), alle “esperienze” (e.g. «viaggi sostenibili», «Bucket-list travel» e «esperienze autentiche ed immersive»). Il settore del turismo, significativamente frammentato in Italia, presenta numerose opportunità di consolidamento per aumentare le quote di mercato o focalizzarsi su segmenti di business specifici o accedere a nuove tecnologie. Il settore ristorazione ha consolidato una crescita dell’8.4% nel 2023 (dati Confimprese), con +10% nel comparto delle catene, che rappresentano ancora una quota inferiore al 10% del mercato della ristorazione italiana. Questo inizia a stimolare l’interesse dei fondi che hanno in passato investito nel settore, soprattutto in ambito turismo e ristorazione, a monetizzare una volta recuperati i valori pre-covid. Alcune catene che non hanno saputo adattare il proprio modello operativo ad una forma di consumazione più veloce (asporto / delivery) rimangono tuttavia in difficoltà rispetto alle formule più innovative di ristorazione veloce con ticket medio più contenuto e minor esigenza di capex per la realizzazione di nuovi punti vendita. Il 2024 si è aperto con la cessione di Piadineria da Permira a CVC, che darà il via ad una stagione di operazioni sul settore sia per quanto riguarda add-on che cessioni di catene in mano a fondi di private equity che sono state rimandate negli scorsi anni. Lo sport e in generale il comparto media associato rimangono segmenti di mercato di attenzione e su cui i fondi di private equity sono sempre più attivi.

Packaging e aspetti ESG
La pressione su aspetti regolatori e ESG ha confermato l’urgenza di investimenti in materiali e processi sostenibili, con conseguente minor attrattività di aziende senza una strategia chiara sotto questo profilo. I settori Food e Cosmetics sono in più attenti su questo fronte in materia di innovazione prodotto, mentre il Fashion ha una maggiore sensibilità su aspetti collegati al riciclo e alla supply chain. Ci si aspetta un 2024 di dismissioni selettive e di investimenti in piccoli player che hanno sviluppato processi sostenibili o materiali innovativi.

L’inflazione non ferma beni di largo consumo e tecnologici: spesi 187 miliardi nel 2023

In Italia, la spesa dei consumatori per i beni di largo consumo e per i beni tecnologici e durevoli è aumentata del 5,2% rispetto al 2022, registrando un fatturato complessivo di 187 miliardi di euro. L’aumento è stato determinato in particolare dalla crescita del prezzo dei prodotti alimentari e per la cura della persona, mentre gli italiani sono rimasti più cauti nelle spese di alcuni prodotti T&D. A evidenziare i dati è il nuovo Barometro dei Consumi di NIQ, che combina i dati di NIQ e GfK per misurare il giro d’affari dei prodotti del largo consumo, dei beni tecnologici e durevoli acquistati negli store in Italia.

Nel 2023, nel settore del largo consumo, si è registrata una crescita del fatturato senza precedenti che ha superato i 134 miliardi di euro. Questo notevole incremento del 7,9% rispetto all’anno precedente è stato principalmente alimentato dall’aumento dei prezzi a doppia cifra. Nonostante l’inflazione abbia eroso il potere d’acquisto dei consumatori, i beni di prima necessità hanno mantenuto un livello stabile di vendite a volume, con una modesta flessione del -1,7% (nel perimetro dei prodotti confezionati). Secondo il Barometro dei Consumi di NIQ, le categorie che hanno mostrato le migliori performance di vendita sono state il settore alimentare, con un aumento dell’8,9% e un giro d’affari di 82 miliardi di euro nel 2023, e il fresco, con un incremento dell’8,2%. Anche i prodotti per la cura della casa e della persona hanno registrato una solida crescita, con un aumento del 7,0%.

Analizzando i dati trimestrali, emerge come l’effetto dell’inflazione, con un valore medio dell’11,3% nel 2023, sia stato più pronunciato nei primi sei mesi dell’anno. Ciò ha contribuito a spingere le vendite, in crescita rispettivamente del 9,2% nel primo trimestre e del 9,8% nei mesi di aprile, maggio e giugno. Successivamente, l’inflazione si è stabilizzata, con una crescita delle vendite più moderata del 7,8% nel terzo trimestre. Nei mesi di ottobre, novembre e dicembre, l’effetto dell’inflazione si è attenuato ulteriormente, toccando il punto più basso di crescita a valore pari al 5,1%.

“Nel corso del 2023 non solo abbiamo registrato livelli record per i fatturati del largo consumo ma anche importanti cambiamenti nei comportamenti di acquisto degli italiani. L’inflazione galoppante ha imposto a molte famiglie una continua revisione dei prodotti acquistati, riducendo gli sprechi e tagliando i prodotti troppo costosi e non più ritenuti necessari. D’altra parte, l’analisi del carrello conferma una maggiore propensione delle famiglie all’acquisto di prodotti legati al benessere e alla salute” ha commentato Romolo De Camillis, Retailer Director NIQ Italia.

Un anno di contrasti per il mercato Tech & Durable
Il mercato dei beni tecnologici e durevoli (T&D) in Italia nel 2023 ha attraversato un anno di alti e bassi e una lieve decrescita rispetto al 2022, registrando un fatturato di 53 miliardi di euro nell’anno appena concluso. Il settore dell’Home Improvement, che comprende prodotti per il miglioramento della casa e l’arredamento, ha iniziato il 2023 con una crescita solida (5,3%), tuttavia ha subito un rallentamento a partire dal secondo trimestre (1,6%). Nonostante ciò, ha chiuso l’anno con una lieve flessione del -0,2% rispetto al 2022. Stando al Barometro dei Consumi di NIQ, le spese per il miglioramento della casa sono rimaste stabili, ma la volatilità economica ha influenzato i risultati, infatti, il settore Technical Consumer Goods (TCG), che include elettronica di consumo, telefonia, IT, prodotti per l’ufficio, fotografia e altri beni tecnologici, ha sofferto un calo significativo nel 2023, con una diminuzione del -5,4% rispetto all’anno precedente. Tuttavia, alcune sottocategorie, come gli elettrodomestici, sono cresciute anche in un contesto così difficile e, nonostante le sfide, il settore ha registrato una crescita positiva nel 2023 e chiuso l’anno a 6 miliardi di euro, +3,2% (vs 2022). La domanda di elettrodomestici per la casa è aumentata poiché trainata da nuove tecnologie e da un maggiore interesse per la sostenibilità legato anche al risparmio energetico.

“La forte crescita dell’inflazione e l’aumento continuo dei tassi di interesse delle banche centrali hanno caratterizzato tutto il 2023, generando nel consumatore incertezza e una maggiore attenzione al contenimento delle spese. L’esito negativo di questi fattori, insieme alla riduzione degli incentivi e delle detrazioni fiscali per l’acquisto di determinati prodotti, hanno generato un effetto immediato su molte categorie dei beni durevoli a cui il consumatore è stato disposto a rinunciare o a posticipare l’acquisto in futuro” ha detto Ivano Garavaglia, Head of Retail di GfK.

LCC: il 2023 si chiude con la contrazione dei volumi (-1,7%). Italiani ancora cauti

Stando alle rilevazioni di NielsenIQ, il Largo Consumo Confezionato, a totale Italia per la Gdo, chiude il 2023 a valore con +8,3% (vs 2022). Esaminando il dato a volume però, dopo il boom del 2020 (+5,1% vs 2019) complice la pandemia, gli anni 2021 (-0,9% vs 2020) e 2022 (-0,3% vs 2021) sono stati caratterizzati invece da controcifre negative. Nel 2023 si ipotizzava il raggiungimento di nuovo equilibrio ma l’impatto inflattivo sui consumi ha avuto come conseguenza una contrazione dei volumi ulteriore rispetto al 2022, pari al -1,7%.

L’indice di inflazione teorica nel Largo Consumo Confezionato (LCC) per il mese di dicembre, è pari al 4,4%, un dato in discesa in relazione a quello rilevato a novembre (5,8%). Per contrastare l’impatto della spesa, gli italiani continuano a ridurre il mix del carrello del -1,5%, confermando così comportamenti d’acquisto volti al risparmio. Di conseguenza, la variazione reale dei prezzi è pari al 2,9%. Nel 2023, dopo il picco registrato a febbraio con un valore del +16%, la crescita inflattiva nei mesi successivi ha gradualmente ridotto la propria cifra, mantenendo tuttavia di segno positivo la crescita dei prezzi. Secondo NIQ, a settembre 2023 l’inflazione registrava un 8,8% mentre il picco più basso si evidenzia a dicembre (+4,4%). Osservando i dati, a fronte delle analisi sull’interno anno appena concluso, l’inflazione nel 2023 si attesta ad un valore medio del +11,3%. Le famiglie italiane hanno inoltre adottato strategie per salvaguardare il proprio potere d’acquisto, portando l’indice di variazione del mix del carrello della spesa per il 2023 al -1,0% con una variazione reale del prezzo medio del +10,3%.

In merito alle vendite in promozione, prosegue l’andamento positivo con un’incidenza promozionale del 23,4% per il mese di dicembre 2023 a totale Italia (-0,5 p.p. rispetto allo stesso mese del 2022). La leva promozionale in Italia per il 2023 si attesta al 23,3%, un leggero incremento relativo all’anno precedente (2022 al 23%). La risalita è dovuta alle azioni messe in atto dai canali distributivi grazie ad importanti sconti in negozio, infatti stando ai dati di NIQ, il 16,8% delle vendite in promozione nel 2023 è stato generato grazie al taglio dei prezzi. Infine, sul fronte dei prodotti a marchio del distributore (MDD), a dicembre la quota di MDD si attesta al 21% del LCC nel perimetro iper, super e liberi servizi, mentre a Totale Italia Omnichannel – inclusi i discount – sale al 29,6%. La marca del distributore conferma anche per il 2023 la sua crescita di quota a totale Italia e si dimostra sempre più importante nel carrello dei consumatori italiani, raggiungendo il valore medio di 31,5% (vs 30,6% del 2022). Ad esserne state maggiormente penalizzate sono state le marche leader che perdono 1 punto di quota (11,3%) a valore rispetto al 2022 (12,3%).

Cosa mettono gli italiani nel carrello della spesa
All’interno del comparto grocery, considerando il rapporto tra valori e volumi a totale Italia Omnichannel, nel mese di dicembre 2023 si evidenzia un trend positivo a valore (+3,8% vs 2022), mentre a livello di volumi, NIQ registra un valore pari a +0,9%. I prodotti dedicati agli animali domestici si attestano anche a dicembre come l’area merceologica con l’incremento a valore più consistente (+9,9%), seguiti dal cibo confezionato (+5,4%) e dai prodotti per la cura della casa (+4,7%). Per quanto riguarda i volumi, invece, si rileva un trend positivo per tutti i comparti tranne per le bevande (-0,1%).

A livello di categorie merceologiche, in testa alla classifica top 10 di NIQ del mese di dicembre 2023 si classificano l’olio di oliva vergine ed extravergine (+48,8%), l’ammorbidente (+18,7%) e i detersivi lavastoviglie (+18,5%). Per quanto riguarda il fresco (peso fisso + peso variabile) risulta in crescita in tutti i canali distributivi. In particolar modo, la performance migliore si registra nei discount (+10,4%), mentre nei liberi servizi e negli iper>4.500mq si osserva l’incremento meno consistente (+1,7%). Tra le categorie merceologiche più dinamiche all’interno del comparto, frutta e verdura (+12,7%) detiene il primo posto, seguita subito dopo da pane & pasticceria & pasta (+8,1%), e gastronomia (+5,9%). La pescheria invece si attesta di nuovo la categoria con il trend di crescita più basso rispetto alle altre (+0,4%).

Made in Italy, certificazioni e sostenibilità tra le tendenze di consumo

Incrociando i dati di industria e distribuzione, GS1 Italy ha pubblicato una nuova edizione dell’Osservatorio Immagino, studio semestrale che analizza e racconta i cambiamenti della spesa fatta dagli italiani in supermercati e ipermercati su tutto il territorio nazionale.

Rilevando le indicazioni (ingredienti, tabelle nutrizionali, loghi e certificazioni, claim e indicazioni di consumo) presenti sulle etichette di oltre 136 mila prodotti, l’indagine restituisce un’immagine precisa dei trend in atto nel largo consumo e ne misura l’evoluzione e l’impatto sul mercato, tramite l’analisi di 11 panieri di consumo che, in questa edizione, si arricchisce di un nuovo approfondimento sulla sostenibilità e di un’indagine sul rapporto degli italiani con le etichette.

Gli 11 macro-fenomeni della spesa degli italiani
Questa edizione dell’Osservatorio Immagino ha monitorato l’evoluzione della composizione e delle vendite, in valore e volume, di 11 panieri, tra food e non food, che rappresentano altrettanti fenomeni e tendenze di consumo:

  • Il richiamo dell’italianità: il “made in Italy”, le Dop/Igp e le regioni in etichetta.
  • Il mondo del free from: il trend dei claim consolidati e di quelli emergenti.
  • Il mondo del rich-in: quali cibi ricchi o arricchiti guidano il mercato.
  • Il tema delle intolleranze: la dinamica del “senza glutine” e del “senza lattosio”.
  • Il cibo identitario (lifestyle): vegetariano, vegano, biologico, halal e kosher.
  • Il mondo di loghi e certificazioni: Fairtrade, Ecolabel, Cruelty free e altro ancora. I nuovi valori.
  • Gli ingredienti benefici: dall’avocado al caramello, i sapori del momento.
  • Il metodo di lavorazione: la comunicazione on-pack di procedure di lavorazione.
  • La texture dei prodotti: morbido o croccante? Le consistenze espresse on-pack.
  • Il cura persona: i claim più diffusi, con un focus sui prodotti naturali e biologici.
  • Il cura casa green: la sostenibilità sulle etichette dei prodotti per la pulizia.
    Inoltre, continua il monitoraggio del valore nutrizionale della spesa media italiana (metaprodotto Immagino).

La sostenibilità al centro
Dal 2019 l’Osservatorio Immagino ha messo la sostenibilità sotto il suo radar. Per questo dall’edizione n.6 ha introdotto un doppio approfondimento semestrale: il monitoraggio delle informazioni ambientali sul riciclo degli imballaggi e il “Barometro Sostenibilità”, che misura la diffusione e le performance di vendita dei claim, delle certificazioni e delle indicazioni “green” segnalati sulle confezioni. La crescita dell’attenzione alle tematiche ambientali ed etiche ha spinto GS1 Italy ad adottare un nuovo approccio, messo a punto dall’Istituto di Management della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, per riuscire a leggere e rappresentare in modo più ampio e completo come la sostenibilità sia entrata sulle etichette dei prodotti di largo consumo. Scoprendo che parlano di sostenibilità (ambientale, sociale e benessere animale) sulle loro confezioni oltre 8 referenze su 10 e che questi prodotti sono stati meno colpiti dalla spending review degli italiani.

Italiani ed etichette
Quanti italiani leggono le etichette dei prodotti quando fanno la spesa? Di quali referenze? Quali informazioni cercano? Per quale motivo? A queste e molte altre domande risponde l’indagine che GS1 Italy ha commissionato ad Ipsos per esplorare l’interazione tra consumatore ed etichetta, rivelando che la lettura delle informazioni on-pack è un processo tutt’altro che banale (la ricerca identifica almeno tre momenti di relazione, distinti nel tempo e nell’obiettivo conoscitivo) e una relazione che coinvolge una fetta consistente di consumatori che ricerca informazioni che ritiene utili per un acquisto e un consumo più consapevoli. A conferma che l’etichetta è un fattore strategico di relazione tra il produttore e un consumatore sempre più accorto.

Non food, e-commerce ridimensionato e spese contenute per inflazione

La spesa destinata ai prodotti non alimentari è ripartita: su base annua, è aumentata anche con incrementi a due cifre in gran parte dei comparti del non food e, complice anche un’elevata inflazione, ha superato il giro d’affari realizzato nel pre-pandemia. A rilevarlo è l’edizione 2023 dell’Osservatorio Non Food di GS1 Italy, che raccoglie, organizza e sistematizza le evoluzioni di 13 comparti non alimentari e ne mette a fuoco giro d’affari, consumi, canali di vendita, innovazioni tecnologiche e tendenze di mercato. Se il tasso di crescita resta inferiore a quello registrato nell’anno precedente (+12,0%), la tendenza positiva nel medio periodo (2018-2022) registra un aumento a valore pari a +6,0%. Si conferma quindi l’uscita dalla crisi dettata dalla pandemia, ma la ripresa rallenta a causa delle pesanti dinamiche inflattive, che impongono ai consumatori di far convivere la voglia di ritorno alla normalità dopo la pandemia con un potere d’acquisto ridotto dall’aumento generalizzato dei prezzi.

«La ripresa post-pandemica iniziata a fine 2021 è continuata anche nei 12 mesi successivi, consentendo a diversi comparti del non food italiano di tornare ai livelli di vendita che avevano nel pre-Covid» afferma Marco Cuppini, research and communication director di GS1 Italy. «Nonostante le tensioni macroeconomiche generate dal conflitto in Ucraina e l’elevata inflazione, nel 2022, e in particolare nella prima metà dell’anno, il valore della spesa delle famiglie è cresciuto e la maggior parte dei comparti stimati dall’Osservatorio Non Food ha aumentato il suo giro d’affari, anche con crescite a doppia cifra, com’è accaduto ai prodotti di automedicazione. Fanno eccezione alcuni settori, come casalinghi, giocattoli, elettronica di consumo ed edutainment, che hanno rallentato la loro crescita dopo i positivi risultati ottenuti nel 2021, rivelando l’ennesima strategia di razionalizzazione nella scelta dei prodotti da acquistare a fronte di una forte pressione inflazionistica sulla quasi totalità dei prodotti di consumo, alimentare e non, e sui servizi».

Oltre ad analizzare l’andamento dei diversi comparti merceologici, l’Osservatorio Non Food di GS1 Italy dedica un ampio approfondimento all’e-commerce e monitora l’evoluzione della rete distributiva e delle differenti tipologie di agglomerati commerciali. Sulla scelta del punto vendita dove fare gli acquisti non alimentari, un ruolo di crescente importanza, in risposta alla morsa del carovita, è giocato dal fattore convenienza, che ha spinto gli italiani ad approfittare di offerte e promozioni (in particolare in grandi superfici specializzate, grandi superfici alimentari ed e-commerce), e a cercare canali più “economici” (come i factory outlet, i discount o i mercatoni). Questa attenzione al risparmio ha comportato anche la monetizzazione dell’usato (in particolare tramite le piattaforme web), la riscoperta del fai da te e l’adesione ai diversi bonus e agevolazioni fiscali, come quelli destinati all’ambiente domestico.

I comparti del non food tra conferme e sorprese
Con oltre 22 miliardi di euro annui di sell-out, l’elettronica di consumo mantiene, per il terzo anno consecutivo, la leadership tra i 13 comparti analizzati dell’Osservatorio Non Food di GS1 Italy, pur avendo registrato un calo di -1,5% del fatturato a valori correnti rispetto al 2021. Trend analogo di contrazione del giro d’affari per i casalinghi (-4,0%), i giocattoli (-2,4%) e l’edutainment (-1,1%), che mostra un andamento negativo per la prima volta dal 2018. Vendite in robusta crescita, invece, per il secondo comparto a valore, quello di abbigliamento e calzature (+9,2%, per un totale di 21,8 miliardi di euro) che si sta avvicinando ai valori pre-Covid, così come sta accadendo agli articoli per lo sport (+4,5%). È andata meglio al tessile che ha aumentato il sell-out di +7,3%, riuscendo a superare i livelli pre-pandemici. Il 2022 ha confermato la ripresa della cancelleria (+6,0%) e registrato il boom dei prodotti di automedicazione, leader per tasso di crescita del giro d’affari (+11,5%). La maggior attenzione ai consumi legati alla salute e al benessere ha trainato anche la ripresa della spesa nei comparti profumeria (+6,5%) e ottica (+5,6%), che ha beneficiato anche del bonus vista. L’effetto dei bonus statali si è fatto sentire anche in altri comparti. A partire da mobili e arredamento, terzo settore per entità del giro d’affari generato, che ha chiuso il 2022 con vendite in crescita di +4,6%, arrivando a superare i livelli di fatturato del 2019. Gli incentivi dedicati agli ambienti domestici hanno sostenuto pure la crescita del bricolage (+6,6%), trainato anche dalla maggior propensione dei consumatori al fai-da-te, scelto in un’ottica di risparmio e personalizzazione. Nel 2022 le quote di mercato dei 13 comparti analizzati dall’Osservatorio Non Food di GS1 Italy risultano per la maggior parte confermate, con scostamenti annui non superiori allo 0,5%. I due principali settori per giro d’affari sono gli unici ad aver visto variazioni più consistenti della loro quota di mercato: -1,2 p.ti % per l’elettronica di consumo e +0,9 p.ti % per abbigliamento e calzature.

I canali di vendita tra radicamento sul territorio, servizi e innovazione
Nel 2022, con la completa riapertura dei punti vendita fisici, lo scenario del commercio Non Food è nuovamente cambiato. I retailer hanno ricominciato a investire sia in nuove aperture sia in restyling dei negozi esistenti (ma anche nella razionalizzazione della rete vendita), mentre i clienti hanno ripreso a frequentare i negozi fisici e hanno rallentato la corsa all’e-commerce, che aveva caratterizzato gli ultimi tre anni. Anche la geografia distributiva si ridisegna: il numero dei punti vendita del commercio urbano centrale (il principale, con il 43,7% del totale) e dei centri commerciali (al secondo posto con il 38,9% di quota) è rimasto stabile mentre è aumentato il numero delle attività presenti nelle aree periferiche (+4,6%) e delle agglomerazioni commerciali all’aperto, in particolare dei factory outlet (+10,4%).

L’Osservatorio Non Food di GS1 Italy ha analizzato poi l’evoluzione della rete commerciale nei 13 comparti merceologici rilevati. Ne è emerso che le grandi superfici specializzate (GSS), con i loro 27.711 negozi, mantengono la leadership totale, nonostante il calo della numerica dei punti vendita dettato dalla razionalizzazione della rete (-1,1% rispetto al 2021). Apprezzati per l’ampiezza e la profondità dell’offerta, ma anche per i servizi di consulenza pre-vendita e il radicamento sul territorio, convogliano oltre il 50% delle vendite di elettrodomestici bruni, articoli sportivi, abbigliamento e calzature e sono leader anche in elettronica di consumo e tessile casa. Le grandi superfici alimentari hanno chiuso il 2022 con una leggera crescita numerica (+0,6%), per un totale di oltre 21 mila punti vendita tra ipermercati, supermercati, superstore, superette e discount. Nell’universo del non food hanno un ruolo sempre più risicato, salvo nei periodi dell’anno caratterizzati dalle promozioni (come il back to school e il Natale) e per comparti come la cancelleria, i giocattoli e il tessile, dove hanno una quota superiore al 10% ma tendenzialmente in calo o stabile. Le grandi superfici non specializzate (come cash & carry, grandi magazzini e mercatoni) hanno registrato un aumento del numero di punti vendita e restano importanti soprattutto per profumeria, abbigliamento e calzature, tessile; in quest’ultimo comparto i grandi magazzini hanno colto il primo risultato positivo dal 2016. I negozi specializzati restano leader in molti comparti, soprattutto in virtù del know-how, della personalizzazione e del servizio che assicurano. La quota di mercato più alta si rileva nei casalinghi (91,0% a valore), mentre in ottica, cancelleria e bricolage supera il 60% a valore. Anche nella profumeria i negozi specializzati, in catena o indipendenti, hanno visto ripartire le vendite (+18,3%) avviandosi così a recuperare la leadership persa durante la pandemia. Infine, l’e-commerce: nel 2022, per la prima volta dalla sua nascita, ha dovuto affrontare l’inflazione e ha registrato un generale rallentamento dei trend di crescita: in alcuni comparti ha visto diminuire il giro d’affari (edutainment, articoli per lo sport ed elettrodomestici bruni) e in altri ha ridotto la quota di mercato (abbigliamento e calzature, fotografia ed elettrodomestici bianchi). Edutainment (55,6% di incidenza a valore, ma 83,9% nei videogiochi) ed elettronica di consumo (28,1%, ma 48,7% in multimedia storage) sono i comparti dove le vendite online hanno un ruolo maggiore, mentre quello dei prodotti di automedicazione è quello con la maggior crescita annua del giro d’affari (+25,6%).

Boom dei cibi healthy, italiani innamorati degli ingredienti salutari

Quasi un prodotto su sei venduto in supermercati e ipermercati italiani mostra in etichetta la presenza di un ingrediente healthy e il panorama di questi “superfood” continua ad allargarsi anche grazie all’impatto delle mode alimentari del momento. A rilevare la tendenza è la nuova edizione dell’Osservatorio Immagino di GS1 Italy, studio semestrale che monitora i fenomeni di consumo nella GDO incrociando le informazioni sulle etichette dei prodotti digitalizzati dal servizio Immagino di GS1 Italy Servizi e i dati di NielsenIQ di venduto e consumo.

L’Osservatorio Immagino ha individuato oltre 13 mila prodotti sulle cui confezioni è segnalata la presenza di almeno uno dei 36 ingredienti healthy rilevati, suddivisi tra superfruit, spezie, semi, cereali speciali/farine, superfood, dolcificanti e traditional (come pistacchio e nocciola). Complessivamente quest’ampio paniere di prodotti speciali ha generato oltre 4 miliardi di euro di vendite, in aumento di +7,8% rispetto al 2021. Tra gli ingredienti benefici il principale per giro d’affari è cacao (3,2% di quota sulle vendite in valore), le cui vendite sono aumentate in un anno di +10,2%, seguito da nocciola (2,0%) e limone (1,7%). A mettere a segno i maggiori tassi di crescita annui a valore sono stati la spirulina (+30,3%) e l’avocado (+29,4%), che proseguono il trend espansivo degli ultimi anni. Si conferma, inoltre, il boom del caramello, che in 12 mesi ha accelerato la crescita di +29,7% del giro d’affari in supermercati e ipermercati.

La tredicesima edizione dell’Osservatorio Immagino ha introdotto anche l’analisi dei trend di vendita a volume. Ne emerge che, a fronte di una generale contrazione delle quantità di prodotti messi nel carrello della spesa, alcuni ingredienti benefici sono comunque riusciti a registrare volumi in aumento: è il caso di spirulina (+14,1%), avocado (+13,2%), semi di lino (+8,1%) e stevia (+7,5%).

Stop ai commenti falsi, la Direttiva Omnibus regolamenta le recensioni online

Le recensioni degli utenti rappresentano ormai una componente sempre più decisiva nel processo d’acquisto e uno strumento di grande valore per i rivenditori. Secondo un’indagine dello Spiegel Research Center della Northwestern University, la quasi totalità dei consumatori – il 95% – consulta le recensioni prima di concludere un acquisto online, o in un negozio. Il rischio però è leggere commenti non verificati che potrebbero persino rivelarsi falsi.

La situazione è destinata a cambiare a breve, con l’entrata in vigore della Direttiva Omnibus dal prossimo 3 luglio. Tra meno di 7 giorni nel nostro Paese sarà applicato il Decreto Legislativo 26/2023, che recepisce la Direttiva 2019/2161 “per una migliore applicazione e una modernizzazione delle norme dell’Unione relative alla protezione dei consumatori”. La Direttiva comunitaria è frutto di un percorso articolato e approfondito del legislatore per tutelare maggiormente i consumatori e il valore che le recensioni rappresentano ai loro occhi.

Prima dell’entrata in vigore della Direttiva Omnibus non esisteva alcun obbligo inerente la verifica dell’autenticità delle recensioni. Chi faceva della trasparenza e della tutela dei consumatori il focus della propria offerta applicava volontariamente le norme tecniche individuate dall’ISO 20488. Nel suo insieme, l’adozione della Direttiva Omnibus introduce una riforma del Diritto al consumo in Italia, originata anche dalle nuove dinamiche di mercato e di marketing online, che impatta l’attività delle piattaforme di rivendita b2c: recensioni online, offerte e prezzi ribassati, trasparenza nei risultati di ricerca e clausole vessatorie inserite nei contratti. In particolare, la maggior parte delle novità riguarda le recensioni, poiché introduce il concetto di obbligatorietà abbinato alle procedure per garantire la veridicità delle recensioni pubblicate online. Infatti i brand non potranno più classificarle come “recensioni clienti”, se non solo dopo che siano state sottoposte a un processo di verifica e di controllo. Tale processo deve attestare la provenienza da consumatori che, realmente, hanno acquistato o utilizzato il prodotto.

L’obiettivo è tutelare i consumatori, prevenendo la diffusione di recensioni fraudolente e migliorando la loro affidabilità a livello europeo. Ma, nello specifico cosa dovranno fare le aziende che vendono prodotti e servizi online?

-Rendere pubblico il procedimento di autentificazione delle recensioni adottato.
-Riportare chiare indicazioni sul metodo di verifica implementato.
-Dichiarare e provare che le recensioni siano state inviate da chi ha utilizzato/acquistato un prodotto.
-Accertare l’intero processo di raccolta, che comprende anche la moderazione e la pubblicazione delle recensioni.

Le recensioni giocano un ruolo fondamentale nel rapporto con i propri clienti, perché garantiscono un maggior engagement e possono trainare le vendite di un prodotto, sono un driver rilevante del business come sottolinea Elisa Sorrentino, ecommerce Specialist di Carrefour Italia: “Le recensioni clienti sono per Carrefour un ‘mai più senza’! Raccoglierle proattivamente, insieme a un partner di fiducia come Recensioni Verificate influenza positivamente la percezione del nostro brand e la sua credibilità, con conseguente aumento della fiducia e delle vendite”.

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