Effetto dazi sull’export di vino negli Usa: prezzo medio cala del 13,5%

L’Osservatorio di Unione italiana vini lancia l’ennesimo allarme: il conto dei dazi lo stanno pagando le imprese. A provarlo sarebbero i dati sulle importazioni delle dogane americane e precisamente la media a listino del vino italiano, passata dai 6,52 dollari/litro di luglio 2024 ai 5,64 dollari del pari periodo di quest’anno, quindi con un ribasso del 13,5% del prezzo medio. E questo, sottolinea l’associazione, nonostante una fase di deprezzamento del dollaro Usa che dovrebbe invece spingere gli americani a spendere mediamente di più per comprare in euro.
Secondo l’Osservatorio, dall’attivazione delle nuove tariffe a fine luglio il vino italiano ha subito tariffe aggiuntive pari a 61 milioni di dollari, circa un terzo rispetto al totale import di prodotti provenienti dall’estero. Una classifica ad handicap, che vede primeggiare di poco la Francia (62,5 milioni di dollari), seguita dall’Italia e, in lontananza, dalla Spagna.

LE IMPRESE COMPRIMONO I MARGINI PER RIMANERE COMPETITIVE
Dobbiamo evidenziare il sacrificio importante sui margini che stanno facendo le nostre imprese per fare fronte ai dazi statunitensi – dice Lamberto Frescobaldi, Presidente di Unione italiana vini –, il vino sta uscendo dalle cantine a prezzi inferiori, e questo testimonia che buona parte delle imprese si sta assumendo in toto il dazio per rimanere competitive”. Ma c’è di più: secondo Uiv si stanno paradossalmente riscontrando ingiustificati aumenti nei punti vendita americani. “Ci risulta che i prodotti allo scaffale facciano parte degli stock pre-dazi accumulati nei primi mesi dell’anno – aggiunge Frescobaldi -; dispiace, perciò, assistere ad aumenti che non hanno ragion d’essere. Speculazioni di alcuni che non aiutano le nostre imprese, ma nemmeno i partner del trade statunitense che si oppongono anch’essi alle tariffe”.
A fronte di queste difficoltà Uiv auspica l’attivazione di una promozione straordinaria per il vino proprio a partire dalla piazza a stelle e strisce già a partire dal 2026. Una reazione concepita a regia pubblico-privata e basata sull’unicità del bere italiano, che oltre agli Stati Uniti dovrebbe concentrarsi su mercati promettenti come Uk, Canada, Brasile.