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2023 nero per l’export di vino italiano: -4,4% a volume e -7,3% a valore

Un 2023 col freno a mano tirato per l’export di vino italiano nelle cinque principali piazze mondiali: è così che si può sintetizzare la lettura dell’Osservatorio di Unione Italiana Vini (Uiv) dei dati finali relativi alle importazioni da Stati Uniti, Germania, Regno Unito, Canada e Giappone, che insieme valgono il 56% dell’export complessivo del Belpaese. Per il vino made in Italy quindi il 2023 si è chiuso con un calo tendenziale del 4,4% nei volumi e del 7,3% nei valori, a 4,45 miliardi di euro. L’analisi, realizzata da Uiv su base doganale, vede decrementi nei volumi in tutti i Paesi della domanda a eccezione della Germania, che chiude l’anno a +7% per effetto del boom di ordini di vino sfuso (+16%).

Particolarmente negativo, anche a causa di un eccesso di scorte detenute dai distributori che hanno condizionato gli ordini di tutto il 2023, il mercato negli Stati Uniti, che totalizzano un -13% a volume, ma anche in Canada e Giappone, entrambe a -11% e in Uk (-9%). In contrazione, nonostante il surplus di costi produttivi per le imprese, il prezzo medio (-3%), per effetto della crescita import di sfusi (+9%, dove però i listini crollano a -11%) e grandi formati (+6%) e al contestuale minore impatto di prodotti imbottigliati (-7%) e spumanti, giù dell’11% nei volumi ma unica tipologia a crescere nel prezzo medio (+5%).

“È innegabile che il 2023 abbia sofferto di fenomeni congiunturali, soprattutto il destocking di prodotto accumulato in eccesso in Nordamerica, ma è altrettanto vero che il nostro Paese ha l’esigenza primaria e non più rinviabile di allargare la propria base clienti: questi cinque Paesi rappresentano quasi il 60% del valore delle esportazioni italiane, contro il 50% della Francia e il 40% della Spagna” ha detto Lamberto Frescobaldi, Presidente UIV, che aggiunge: “Il 2024 si annuncia molto complesso e sfidante: con una produzione italiana ai minimi storici, le nostre imprese avranno l’esigenza vitale di alzare il valore unitario dei propri prodotti, in un contesto macroeconomico che non è dei più favorevoli. Si è visto già l’anno passato, con le difficoltà patite nei circuiti retail dei principali Paesi, dove ad aumenti di prezzo anche limitati sono corrisposti in maniera quasi automatica cali degli acquisti a volume”.

Secondo l’Osservatorio Uiv, l’anno si è però rivelato negativo per tutti i Paesi produttori, complice l’obiettivo destocking degli importatori unitamente alla crisi inflattiva e al conseguente minor potere di acquisto. L’import globale di vino dei 5 top buyer ha chiuso infatti a 16,9 miliardi di euro, il 7,5% in meno sull’anno precedente, con i volumi a -6,7%. Il principale Paese esportatore, la Francia, si è attestata su un trend volumico ancora peggiore rispetto all’Italia (-10%), ma meno deficitario in termini valoriali (-5%).

Festività: immancabili le bollicine italiane ma le Doc frenano a favore delle economiche

Le stime conclusive del 2023 confermano una sostanziale tenuta dei consumi di bollicine made in Italy, a quota 936 milioni di bottiglie. In linea coi volumi dello scorso anno – ma a +24% rispetto al 2019 – si annunciano anche gli acquisti per le prossime feste, durante le quali salteranno circa 333 milioni di tappi tricolori, con oltre 95 milioni di bottiglie consumate solo nel Belpaese. Alle celebrazioni di Natale e Capodanno si aggiungeranno poi gli sparkling esteri, con circa 6 milioni di bottiglie.

Secondo l’analisi di fine anno sui consumi a cura dell’Osservatorio Uiv-ISMEA, durante le feste i consumatori di tutto il mondo non saranno quindi disposti a rinunciare alle bollicine tricolori. A cambiare, piuttosto, sarà la scelta di un prodotto in alcuni casi più accessibile per le tasche di consumatori italiani ed esteri alle prese con un carovita che non allenta la morsa. Da qui, secondo elaborazioni su dati Nielsen, ISMEA e Uiv registrano l’incremento degli acquisti di spumanti più economici come metodo charmat anche varietali e di annata (+7,5% a 206 milioni di bottiglie la stima a tutto il 2023) rispetto a denominazioni “bandiera” italiane come Prosecco (Doc, Conegliano Valdobbiadene, Colli Asolani) e Asti Spumante o ai metodo classico (Trento Doc, Franciacorta, Oltrepò Pavese, Alta Langa, Lessini Durello) che chiudono la stagione con una contrazione del 3% (727 milioni di pezzi). Con un paniere dell’offerta aggiustato quindi grazie all’incremento delle produzioni di spumante non Dop, il computo totale previsto da ISMEA e Unione Italiana Vini (Uiv) a fine 2023 è pari a 936 milioni di bottiglie di spumante italiano, in 7 casi su 10 commercializzate all’estero.

Sotto l’albero le bollicine si presentano quest’anno con un prezzo medio più alto, con i listini cresciuti di oltre il 5% a causa di inflazione e surplus di costi produttivi. In totale produttori e imprese spumantistiche italiane incasseranno durante le festività circa 1 miliardo di euro. Negli ultimi 10 anni le vendite di spumante italiano nel mondo sono praticamente triplicate, con crescite in valore del 351% negli Usa (top buyer), ma anche in altre destinazioni di sbocco come Regno Unito (+350%), Germania, (+42%), Francia (+416%) o nell’emergente Est Europa, con la Polonia a +983%.

Le esportazioni
Le esportazioni nei primi 9 mesi di quest’anno segnano un calo tendenziale del 3,1% per gli spumanti che in valore, per gli effetti inflattivi, virano invece in positivo (+2,5%). A livello complessivo, l’export al terzo trimestre 2023 si ferma a -0,2% nei volumi, mentre il saldo sui valori indica una decrescita, in peggioramento, dell’1,9% (5,65 miliardi di euro). In difficoltà le Dop (volumi a -3,8%), mentre salgono le vendite degli sfusi (+18,9% volume) che, in seguito al calo dei prezzi alla produzione, hanno abbassato il valore medio di circa il 14%. Tra i top mercati, proseguono le difficoltà negli Stati Uniti (volumi a -12,8%, valori a -9,5%), mentre la Germania chiude il periodo a +12,4% nei volumi grazie a maxi-ordini di vino sfuso. Stazionario il Regno Unito e in leggera contrazione la Svizzera. Nel complesso, si allarga la forbice tra domanda Ue (volumi a +9,3%) ed extra-Ue (-9,2%).

Vino Gdo: volano gli spumanti low cost a scapito di Chianti e Prosecco Docg

Si registra un lieve miglioramento delle vendite di vino nella grande distribuzione nei mesi estivi che portano il cumulato dei primi nove mesi di quest’anno, con un tendenziale in volume a -3,4% (nel semestre la perdita era del -3,9%) per un controvalore, sospinto dal caro prezzi, di 2,1 miliardi di euro che lascia la variazione a +3,4%. I vini fermi, rileva l’Osservatorio Uiv-ISMEA su base Ismea-NielsenIQ, segnano un -3,9% nei volumi (+2,6% i valori) mentre risale la tipologia spumanti, a +0,6% nelle quantità e a +6,2% nei valori (a 455 milioni di euro).

Secondo l’analisi dell’Osservatorio, permane un atteggiamento prudente dei consumatori tra gli scaffali, con acquisti “difensivi” che privilegiano i prodotti in promozione o alcune tipologie più convenienti a scapito di altre. È il caso degli spumanti low cost (“Charmat non Prosecco”, con 25 milioni di litri acquistate), che hanno ormai superato nelle vendite in volume anche il Prosecco Doc (24,8 milioni, comunque in risalita) e che si stanno sempre più affermando non più solo nei discount ma anche nei canali iper e super. Oppure denominazioni importanti come il Chianti Classico (volumi a -13,2%), o ancora il Prosecco Docg (-14,5%) che cedono quote a indicazioni geografiche o vini comuni che propongono prezzi più accessibili.

Nel complesso, i listini rimangono alti (+7% sul pari periodo 2022) e non è un caso se in generale si assiste a una maggior tenuta delle vendite laddove i costi sono più limitati. Per esempio, osserva l’analisi, l’unico formato a crescere tra gli scaffali, per i vini a denominazione come per quelli comuni, è quello di plastica e bag in box che in media presentano un prezzo di 1,8 euro/litro. Tra le tipologie, in quantità fanno leggermente meglio della media (-3,9%) i vini bianchi (-3%), i rosati (-3,6%) mentre ancora in difficoltà risultano i rossi (-4,8%). Gli spumanti virano in positivo (+0,6%) ma la crescita riguarda, oltre all’Asti (+4,5%), solo i già citati “Charmat non Prosecco”, senza i quali anche il comparto bollicine pagherebbe un -3,6% nei volumi.

Nel segmento IG, ancora segni meno per le principali tipologie; tra i primi 10, solo il Vermentino di Sardegna, il Puglia Igp e il Cannonau in dinamica positiva (+4%, +2% e +3% rispettivamente in volume). Chianti in regressione (-4.4%), mentre migliora leggermente la situazione del Montepulciano d’Abruzzo, che da -14% di marzo è arrivato a -9% a giugno per risalire a -6.6% di settembre. In forte discesa il Nero d’Avola siciliano, a -12%, così come la pattuglia dei Salento Igt (-9%), i Lambruschi emiliani (-11%), le Bonarde oltrepadane (-15%) e il Verdicchio di Jesi (-18,9%). Tra i veneti, Valpolicella a -2% e Bardolino a -3.4%, mentre il Soave continua a essere positivo, chiudendo il conto dei nove mesi a +5%. Tra i canali, oltre la media il gap nei discount, specie per il segmento Dop e Igp (-6,8%), segno che le tensioni sul carrello della spesa sono maggiormente percepite dai consumatori.

A un mercato interno debole – conclude l’Osservatorio Uiv-ISMEA e ai costi produttivi ancora alti, non fanno da contraltare le esportazioni: il dato Istat di oggi sui primi 7 mesi dell’anno evidenzia infatti una contrazione tendenziale sia nei volumi (-1,5%) che nei valori (-1,2%, a 4,45 miliardi di euro). Un peggioramento anche rispetto all’export del semestre – che segnava rispettivamente -1,4% e -0,4% – per effetto delle difficoltà nell’extra-Ue (volumi a -8,5%) non del tutto controbilanciato dalla domanda comunitaria (+5,4%). Tra i prodotti, è forte la domanda di sfusi (+13,1%) mentre sono in contrazione sia gli spumanti (-3,2%) che i vini imbottigliati (-4,9%), dove pesano le forti difficoltà dei rossi (-10%).

Giacenze in cantina e calo export, momento difficile per il vino

Secondo l’analisi Uiv e Vinitaly, la vendemmia 2023 si apre con una giacenza di vino in cantina pari a 45,5 milioni di ettolitri, l’equivalente di oltre 6 miliardi di potenziali bottiglie da 0,75/litri. Il dato riflette un’eccedenza dello 4,5% rispetto al pari periodo dello scorso anno a causa in particolare di un incremento senza precedenti degli stock per i vini di maggior qualità, con le Dop a +9,9% sull’ultima rilevazione pre-vendemmiale del 2022. L’altro indicatore di mercato – aggiunge l’Osservatorio – è anch’esso complicato, con la domanda extra-europea segnalata nel primo semestre in ulteriore contrazione.

Tra i top 10 buyer – che assieme rappresentano circa l’85% del mercato extra comunitario – le esportazioni a volume sono positive solo per la destinazione russa, con cali quantitativi in doppia cifra per Stati Uniti, Canada, Giappone, Norvegia, Cina e Corea del Sud. Complessivamente la riduzione tendenziale nella prima metà dell’anno segna un -9% a volume e un -5% a valore, con gli spumanti giù del 13% e i fermi imbottigliati inchiodati a -5%. Per entrambe le tipologie, il trend a valore indica un gap del 4%, ma mentre per gli sparkling l’aumento del prezzo medio è in linea con il surplus dei costi produttivi (+10%), lo stesso non si può dire per i fermi (+1%).

“Sulla prossima vendemmia – la cui paventata forte contrazione è ancora tutta da verificare – pesa una congiuntura che si sta manifestando in tutta la sua complessità” commenta Lamberto Frescobaldi, il Presidente di Unione italiana vini (Uiv). “Comprendiamo la volontà da parte delle nostre imprese di mantenere le quote di mercato, ma abbassare i prezzi – come per esempio con i rossi sfusi in Germania, che stanno scendendo verso le quotazioni spagnole a circa 50 centesimi/litro – rischia di diventare un pericoloso boomerang una volta fuori dalla crisi di potere di acquisto che coinvolge anche i nostri competitor. A tal proposito il fenomeno crescente dei prodotti a private label e gli imbottigliamenti del nostro vino fuori dall’Italia contribuiscono all’erosione del valore aggiunto”.

“L’Osservatorio aveva previsto un 2023 difficile, ciò si sta verificando nonostante l’economia globale abbia per ora tenuto lontano buona parte delle nubi recessive. Ciò che può fare Vinitaly è intensificare la costruzione di ponti commerciali con l’estero, in particolare nelle relazioni con i mercati extra-Ue, a partire da quello americano dove saremo partner della Camera di Commercio di Chicago per l’International Wine Expo. Da settembre a dicembre abbiamo infatti in programma una nuova campagna di internazionalizzazione con 25 appuntamenti in 15 Paesi e 4 Continenti. Da una parte per rifinire ulteriormente l’incoming per la prossima edizione veronese, dall’altra per garantire b2b direttamente sulle piazze estere” aggiunge Maurizio Danese, AD di Veronafiere.

Il 12 settembre Assoenologi, Ismea e Uiv rilasceranno le proprie previsioni vendemmiali in conferenza stampa al ministero dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare.

Vino italiano all’estero, i volumi restano piatti

Nel primo semestre di quest’anno sono tornate in linea di galleggiamento le vendite del vino italiano tra gli scaffali della grande distribuzione e retail nei top 3 mercati al mondo. Secondo l’Osservatorio Uiv-Vinitaly che ha elaborato gli ultimi dati di Nielsen-IQ, le vendite tricolori in Usa, Germania e Uk chiudono il semestre con un risultato tendenziale piatto a volume (-0,2%) e con un lieve incremento a valore (+1,3%, a 2,2 miliardi di euro). La performance – rileva l’Osservatorio – è migliore rispetto al primo trimestre (-4% volume e -1% valore) ma ancora insufficiente per dare respiro alle imprese di un settore tuttora fortemente penalizzato da un surplus di costi che incide per circa il 10% sul prezzo medio.

Il totale dei volumi commercializzati di vini fermi e frizzanti segna un +0,7%, complici gli incrementi in Uk (+3,2%) e soprattutto in Germania (+4,2%), sostenuta dalla forte domanda di frizzanti “low cost” tricolori. In controtendenza i fermi negli Usa, che cedono il 7,4%. Gli spumanti accusano invece un decremento del 2,8%, con gli Usa positivi (+2%), controbilanciati in negativo da Regno Unito (-6%) e Germania (-3,8%).

“Occorre fare in modo che le difficoltà congiunturali non si trasformino in strutturali, in queste situazioni diventa fondamentale la presenza e la promozione di bandiera del brand enologico italiano. Per questo, tra settembre e dicembre di quest’anno Vinitaly attiverà una nuova campagna di internazionalizzazione attraverso 25 appuntamenti tra fiere, road show e incoming sulla prossima edizione veronese organizzati in 15 Paesi e 4 continenti” commenta Maurizio Danese, l’Ad di Veronafiere.

“Rispetto al primo trimestre riscontriamo una timida risalita, ancora però troppo debole se consideriamo le tensioni vissute dal settore. Lo scatto in avanti dei volumi commercializzati in Germania è dovuto al raffreddamento dei listini, che nell’ultimo trimestre anziché aumentare sono scesi in media del 4%, con una contrazione anche rispetto al primo semestre del 2022. Variazioni sul prezzo medio che riteniamo essere troppo deboli anche negli Usa e in Uk, rispettivamente del 4% e del 3%” aggiunge Paolo Castelletti, il Segretario generale di Unione Italiana Vini (Uiv).

Dei 2,2 miliardi di euro commercializzati, 960 milioni (-0,3% tendenziale, -4,4% i volumi) sono frutto di acquisti di vino made in Italy nella Gdo statunitense; oltre 840 milioni provengono dalla domanda Uk (+2,4%, con i volumi -0,5%) e 400 milioni dalla Germania (+2,9%, +3,7% i volumi). Il primato dei volumi spetta ai tedeschi (84 milioni di litri venduti su un totale di 231 milioni nei 3 Paesi) ma il prezzo medio allo scaffale di 4,7 euro al litro è 3 volte inferiore a quello degli Stati Uniti (14,3 euro) e meno della metà rispetto al dato Uk (10,5 euro). In generale, è piatta la crescita dei listini per i fermi/frizzanti (+0,3%) mentre per gli spumanti l’aumento è del 4,9%. Il Prosecco, principale denominazione italiana commercializzata nel mondo, segna un -2% nei volumi (bene negli Usa, ancora negativa in Uk anche se in fase di recupero) e un +3,2% nei valori, per un corrispettivo (675 milioni di euro) che incide per il 31% su tutto il vino made in Italy commercializzato sui canali dell’off trade dei 3 Paesi.

Vino italiano ancora in difficoltà, calo nell’export e nei volumi della Gdo

L’Osservatorio Uiv-Ismea ha elaborato i nuovi dati Istat sulle esportazioni di vino nel primo quadrimestre e le vendite nella Grande distribuzione in Italia nel primo semestre, su base Osservatorio consumi ISMEA-Nielsen-IQ.

Nel primo quadrimestre, le performance del vino italiano nel mondo segnano un calo tendenziale dello 0,7% nei volumi e un +2% nei valori (export attestato a 2,36 miliardi di euro). Il semestre nella Gdo italiana si chiude invece con una contrazione del 3,9% sul fronte dei volumi accompagnato da un +3,5% nei valori (a 1,38 miliardi di euro). Entrambe le performance – rilevano ISMEA e Unione italiana vini (Uiv) – evidenziano le difficoltà di un 2023 in cui il surplus dei costi di produzione influisce in media per il 10% sul prodotto finito a fronte di incrementi dei prezzi di vendita molto più bassi, sia nelle piazze estere che interne.

L’Osservatorio rileva inoltre una tendenza al ribasso, specchio della congiuntura, dei prodotti commercializzati, sia sul mercato estero che su quello italiano. Al netto delle vendite di vino sfuso – venduto comunque a prezzi bassi –, il responso sui volumi commercializzati oltreconfine sarebbe infatti ben più negativo (-3,5%), con i vini imbottigliati a -4,2% e le Dop, in particolare, a -6,9%.

Tra gli scaffali della grande distribuzione italiana, seppur con segni di miglioramento, come il parziale recupero delle Dop che però non permette di invertire il segno negativo, la tendenza al ribasso si conferma per esempio nei trend delle bollicine, dove prosegue la corsa degli spumanti low cost (+8,6% volume) che fissano il prezzo a 4,6 euro/litro, quasi il 40% in meno della media del Prosecco. Per lo spumante del Nord-Est più venduto al mondo, che ha alzato i propri listini in coerenza con la crescita dei costi delle materie prime, il semestre si chiude con un -5,8% in termini volumici in particolare per effetto del brusco stop della Docg.

Segno rosso per l’export di vino italiano, battuta d’arresto per lo spumante

Per le vendite del vino italiano all’estero si chiude un primo trimestre complicato, con volumi piatti (+0,1%) e una performance tendenziale in valore a +3,8% (1,8 miliardi di euro). A rilevarlo è l’Osservatorio Uiv-Ismea-Vinitaly che ha elaborato gli ultimi dati Istat sul commercio estero.

I volumi commercializzati sono tenuti a galla dall’exploit di vendite di vino sfuso (+13,4%) – che registrano però una forte contrazione dei listini (-9,2%) – e dei comuni, a +12,8%. In sofferenza, sempre nei volumi, i prodotti bandiera del made in Italy, a partire dai vini fermi Dop imbottigliati, che si scendono del -5,3% (+2,5% il valore) con i rossi a -6,6%. Giù anche gli Igp (-2,5%), dove la crescita dei bianchi (+8,3%) non è bastata calmierare la perdita dei rossi (-7,5%) e dove il segno rosso si evidenzia anche nei valori. Tra le tipologie, si conferma l’avvio difficile per gli spumanti (-3,2% volume e +7,3% valore), complice la contrazione dei volumi esportati di Prosecco (-5,5%), mentre prosegue la buona stagione dell’Asti Spumante (+9,1%) e degli sparkling comuni (+4,4%).

“In questo primo trimestre la coperta troppo corta è sempre più evidente: la crescita in valore è infatti insufficiente per far fronte al surplus di costi dettato da materie prime ed energetici, che influisce per circa il 12% su un prezzo medio aumentato di appena il 3,7%” ha detto il segretario generale di Unione Italiana Vini (Uiv), Paolo Castelletti. “Permangono le notevoli difficoltà dei rossi, in particolare quelli Dop e Igp, a cui si aggiunge la battuta d’arresto dello spumante. Più in generale, l’attuale congiuntura impone alla domanda scelte low cost, e per questo in termini volumici fanno meglio prodotti base che hanno ritoccato poco i listini. Ma a che prezzo?”.

“Il mercato mondiale del vino sta mandando segnali di cambiamento che sembrano favorire al momento i vini di fascia più bassa” ha aggiunto Fabio Del Bravo, responsabile della Direzione Servizi per lo Sviluppo Rurale di ISMEA. “Guardando alle dinamiche dell’export dei nostri principali competitor, la Francia appare particolarmente penalizzata dall’attuale orientamento del mercato, e registra una riduzione dei flussi in quantità del 7,5% (+3,4% gli incassi). I vini spagnoli, al contrario, sono favoriti da un prezzo più competitivo e spuntano delle progressioni sia in volume (+3,8%) che in valore (+11,4%). Per quanto riguarda il nostro export, siamo lontani dai tassi di crescita a cui settore ci aveva abituati negli ultimi anni. A complicare il quadro anche l’evidente rallentamento delle vendite alla distribuzione sul mercato interno e i quasi 53 milioni di ettolitri di vino stoccati negli stabilimenti che, sebbene in riduzione sui valori record dei mesi scorsi, fanno registrare una crescita di oltre il 4% sullo scorso anno”.

Sul fronte dei mercati, cresce in volume la piazza Ue (+7,3%) e si contrae quella extra-Ue (-7,7%); tra i top buyer gli Usa rimangono in terreno positivo (+0,4% volume, +10,8% valore) cresce, grazie agli sfusi, la Germania (+6,2% in volume e +5,6 in valore) mentre il Regno Unito cede il 13,5% (-7% il valore). In contrazione, nei volumi, mercati di sbocco ed emergenti come Canada (-24%), Svizzera (-8,4%), Giappone (-22,9%) e si conferma in caduta libera il mercato cinese (-43,7%). Volano gli ordini dalla Russia: +33,0%. Tra le regioni, rallentano i valori export per le top 3, con il Veneto a +3%, il Piemonte a +0,2% e la Toscana a +0,6%. Sopra la media gli incrementi di importanti regioni produttrici, come il Trentino-Alto Adige, l’Emilia-Romagna, la Lombardia.

Vino italiano, Uiv: i ritardi delle amministrazioni fanno crescere lo svantaggio competitivo

Ocm vino-Promozione e dealcolati sono stati i temi oggetto delle principali preoccupazioni di Unione Italiana Vini (Uiv), riunitasi pochi giorni fa in Consiglio nazionale.

Si allungano i tempi di approvazione della misura relativa alla promozione 2022-2023 del vino italiano nei Paesi terzi. Ora l’ok alla misura è ulteriormente rinviato al 21 giugno, con il competitor francese ha già emanato il bando da quasi 2 mesi e ora ha tutto il tempo per organizzare al meglio i programmi il cui avvio è previsto il prossimo 16 ottobre. Contestualmente Uiv rileva il permanere della situazione di impasse sul fronte della produzione e commercializzazione dei prodotti dealcolati, che in Italia restano ancora inibite nonostante il via libera da parte dell’Unione Europea (Regolamento 1308/2013) e le reiterate sollecitazioni dell’associazione imprese italiane del vino presso il ministero dell’Agricoltura per risolvere uno stallo che di fatto genera un evidente svantaggio competitivo. Per Unione Italiana Vini la situazione di stallo su questi due aspetti strategici risulta ancora più pesante nel contesto di brusco rallentamento dei mercati internazionali registrato in questi primi mesi dell’anno.

“Le istituzioni ci stimolano a una ulteriore crescita con l’obiettivo di superare il competitor francese nella leadership mondiale del mercato del vino” ha detto il presidente Uiv, Lamberto Frescobaldi. “Un obiettivo giusto, che le imprese italiane del vino sono consapevoli di poter raggiungere, a patto però che ognuno faccia la propria parte. Lo svantaggio competitivo generato dai ritardi delle amministrazioni nelle scelte non aiuta lo sviluppo del mercato, tra l’altro in un periodo di forte incertezza con un livello di giacenze ben oltre la soglia di sicurezza In diverse aree strategiche del Paese”.

L’analisi del mercato emersa in Consiglio, a cui hanno partecipato il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso (in collegamento), e il presidente dell’Ice, Matteo Zoppas, acuisce l’apprensione degli imprenditori. Secondo l’Osservatorio Uiv, ad aprile il livello delle giacenze ha superato il +5% rispetto al pari periodo dello scorso anno, nonostante una campagna vendemmiale 2022 chiusa con volumi in contrazione dell’1%. In forte crescita gli stock delle Dop (+9%). Una situazione che comincia a riverberarsi sui prezzi dello sfuso – in discesa soprattutto al Sud – con la Germania che sta acquistando in regime di low cost. Anche le vendite all’estero evidenziate nell’anteprima export primo trimestre presso le principali piazze extra Ue, registrano la fatica di mercati importanti, in particolare in Uk, Canada, Giappone, Cina e Corea del Sud. In forte rallentamento, per la prima volta dopo anni di crescita, anche gli spumanti.

Vino italiano nella morsa inflazionistica, calano le vendite anche nel retail estero

Per il vino italiano il primo trimestre del 2023 sui canali retail di Usa, UK e Germania si chiude con saldi negativi: volumi in calo del 4% e valori a -1%. Uno stop che fa il paio con il risultato a marzo delle vendite allo scaffale in Italia (-6,1%) e che appesantisce le cantine italiane anche sul fronte delle giacenze, a +5,1%, con le Dop a +8,6%.

Secondo l’Osservatorio del Vino Uiv-Vinitaly su base NielsenIQ, sui tre principali mercati di esportazione a soffrire maggiormente sono, a sorpresa, i vini spumanti: a fronte di volumi in calo del 3% per i vini fermi (814.000 ettolitri), gli sparkling arrivano a -5% (245.000 ettolitri), con picchi negativi in UK (-10%) e Germania (-6%), mentre negli Usa per ora si viaggia ancora in terreno moderatamente positivo (+1%). Sui vini fermi, invece, il calo più vistoso viene marcato proprio dagli Stati Uniti (-9%), mentre Londra limita le perdite a -1% e Berlino segna stallo. A valore, complici i listini in aumento a causa del surplus dei costi produttivi, il saldo generale dice -1% (1 miliardo di euro).

Per il segretario generale di Unione italiana vini (Uiv), Paolo Castelletti: “In questo periodo il comparto è doppiamente frustrato: da una parte la sempre maggiore difficoltà dei consumatori alle prese con la pressione inflazionistica, dall’altra l’impossibilità per le imprese di rientrare da un surplus di costi produttivi senza precedenti a partire da quelli del vetro, a +70% in 12 mesi. Le imprese italiane del vino sono convinte che serva un’analisi approfondita con proposte migliorative delle dinamiche di filiera prima ancora di soluzioni tampone che si ripropongono a ogni crisi”.

Guardando i dati di vendita delle principali tipologie di vino, in molti casi è sempre più evidente il segno della crisi del potere di acquisto. Ad aumenti di prezzo – anche non eclatanti – viene infatti associata quasi automaticamente una decrescita delle vendite, con la ricerca di prodotti alternativi/similari e più economici: sul mercato tedesco questa equazione vale per esempio per Chianti Classico e Chianti o per il Primitivo, oltre che per gli spumanti italiani dove al Prosecco viene preferito lo sparkling tedesco o altri prodotti italiani a costo contenuto. Sul mercato americano, i dati negativi abbracciano tutte le principali produzioni italiane: dal Pinot grigio al Lambrusco, dal Chianti ai rossi piemontesi e toscani. In UK, precipitano le vendite di vini – perlopiù toscani – a base Sangiovese e quelle di Pinot grigio private label, arrivato a costare più della versione a marchio aziendale, ma sono in forte calo anche quelle di Prosecco, sia marchio proprio che del distributore, mentre tengono quelle del Rosé.

Flette la vendita di vino in Gdo (-6,1%), crolla anche l’e-commerce

L’aumento dei prezzi ha inevitabilmente innescato il calo dei consumi di vino nella grande distribuzione italiana. Le elaborazioni dell’Osservatorio Uiv-ismea su base NielsenIQ relative al primo trimestre di quest’anno registrano i livelli più bassi di vendite allo scaffale anche rispetto al pre-Covid (2019), con i volumi di vino acquistati in calo tendenziale del 6,1% e con i valori, spinti dall’effetto inflattivo dei prezzi, a +2% (673 milioni di euro).

Una partenza ad handicap che si riflette in particolare nei volumi commercializzati di vino fermo (-7,3%) e ancora di più per i prodotti Dop, a -9,2% e con i rossi a -10,5%, a riprova del fatto che il rialzo dei valori non è legato a una domanda maggiormente orientata verso il segmento premium (i vini comuni perdono la metà rispetto alla media) ma a un surplus di costi produttivi che ha generato un rincaro medio dei prezzi allo scaffale del +8,7%. In controtendenza la tipologia spumanti, che cresce in volume del 3,9% (+9,8% i valori), ma l’incremento è interamente generato dall’exploit degli spumanti low cost (+15,6%), segmento che presenta un prezzo medio allo scaffale di appena 4,47 euro/litro e che oggi vale quasi il 40% dei volumi venduti in Gdo tra le bollicine italiane. Giù il prosecco (-2,8% volume) e lo champagne (-5,8%), mentre salgono l’Asti spumante (+11,8%) e i metodo classico (+4% volume), da confrontare però con il -35% registrato nell’omologo periodo del 2022.

“Come previsto, non sarà un anno facile per il vino italiano, che anche nelle esportazioni registra a gennaio un calo del 4,3% su pari periodo del 2022, con variazioni fortemente negative nella domanda extra-Ue. Il limitato potere di acquisto in Italia e nel mondo, assieme a un surplus dei costi delle materie prime secche, impongono la massima attenzione e concertazione da parte di una filiera le cui imprese stanno assorbendo direttamente parte dei rincari alla produzione. Ma evidentemente non basta” ha detto Paolo Castelletti, il Segretario Generale di Unione Italiana Vini.

La dinamica più sfavorevole coinvolge anche gli Igp (volumi a -8,4%), mentre i vini comuni si fermano a -4,6%. Più pesanti le perdite per i vini rossi che cedono l’8,2% volumico contro il -5,6% dei bianchi e il -11,2% dei rosati. Sopra la media la contrazione dei vini bio (-8,6%). A livello di canali, i più in sofferenza sui volumi risultano i discount (-10%), a fronte di iper e super che chiudono il trimestre rispettivamente a -4% e -5%. Profondo rosso per l’e-commerce: nonostante il sostanzioso taglio dei prezzi, le vendite online segnano a marzo -19,6%.

Andando nel dettaglio dei vini IG più venduti in Gdo, troviamo picchi negativi del -9% per il Chianti, -14% per il Montepulciano d’Abruzzo, -20% per la tipologia Salento, -18% per il Nero d’Avola Sicilia, -20% per la Bonarda oltrepadana, -13% per la Barbera piemontese e -9% per il Lambrusco Emilia e il Cannonau di Sardegna. Stabili – tra i top seller – le Igt Terre siciliane e Puglia, in leggera contrazione Valpolicella e Dolcetto piemontese (-5%), mentre l’unico tra i big che si conferma in buona salute, anzi in costante crescita è il Vermentino di Sardegna, con +1% in volume. Molte le denominazioni che registrano aumenti di listino sopra la media nazionale: Montepulciano +13%, Barbera piemontese +11%, Nero d’Avola a +13%, Bonarda a +12%, Verdicchio a +20%.

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