La “poli-crisi” del comparto alimentare, il settore necessita di essere rilanciato

The European House – Ambrosetti ha intervistato un campione di 500 aziende del comparto food&beverage per una survey che indaga sulla crisi permanente che vive l’economia da ormai un trennio. Al primo posto c’è l’inflazione energetica, seguita dagli effetti della crisi inflattiva delle materie prime e gli strascichi della pandemia, e i danni causati dalla siccità. A oggi, nonostante la pressione crescente sui costi operativi, quasi quattro imprese su dieci (39,4%) affermano di aver aumentato i propri prezzi al consumo meno di quanto sia aumentata l’inflazione e l’11,6% è stata persino in grado di non aumentare il prezzo.

“L’assorbimento di parte del peso dell’inflazione da parte degli operatori della filiera non è sufficiente: questo contributo si inserisce in un quadro che vede i consumi alimentari fermi da oltre un decennio e con una flessione del 3,4% nell’ultimo anno dovuta al momento di crisi” afferma Valerio De Molli, Managing Partner & CEO, The European House – Ambrosetti. “L’Italia è il Paese in cui il salario medio annuale è cresciuto di meno negli ultimi 30 anni tra USA, Paesi Bassi, Germania, UK, Francia e Spagna, e dal 2021 al 2022 i salari medi reali si sono ulteriormente ridotti del -3,1% contribuendo così a una sostanziale immobilità del potere d’acquisto”.

Nel 2022, la bilancia commerciale della filiera agroalimentare italiana è tornata negativa con un saldo di -2 miliardi di Euro, dopo i primi 3 anni di solidità dal 2019 al 2021. L’esposizione internazionale della filiera agroalimentare è guidata da un deficit agricolo in continuo peggioramento, che ammonta a -13,2 miliardi di Euro nel 2022. Infatti, a causa della dipendenza agricola dall’estero, il Paese ha “perso” circa 100 miliardi di Euro di PIL nel periodo 2010-2022.

“Anche il 2023 potrà essere un anno complesso, la recente alluvione in Emilia-Romagna ha aggravato la situazione ponendo sempre di più l’accento sugli impatti devastanti del cambiamento climatico” aggiunge De Molli. “Per continuare a occupare una posizione di leadership sono necessarie azioni concrete, proposte per il rilancio del settore in un momento così complesso: dal sostegno ai consumi, all’incremento delle dimensioni medie delle aziende, alla lotta all’Italian Sounding, alla riduzione della dipendenza dall’estero fino alla mitigazione degli effetti del cambiamento climatico e a nuove politiche di educazione alimentare”.