Retail sportivo: il 2017 è stato l’anno delle grandi catene con più di 10 negozi

La gara si gioca tra pochi. Ovvero, tra quelli che possono contare su almeno 10 punti di vendita. Agli altri, il 90% degli operatori, la media matematica lascia le briciole o poco più. E’ la grande distribuzione a conquistare la maggioranza dei consumatori al momento dell’acquisto di attrezzi e abbigliamento dedicati all’attività fisica. A testimoniarlo, i dati pubblicati nello studio “La distribuzione degli articoli sportivi in Italia nel 2017”, condotto dalla società di ricerche di mercato Dimark. La survey non lascia dubbi: il settore è caratterizzato da una forte polarizzazione. Un club ristretto di 12 catene, che peraltro gestiscono solo l’11% dei pdv attivi nel settore, sviluppa ben il 48% del totale degli acquisti.

Come dire, insomma, che le grandi insegne recitano oggi la parte del leone. E questo grazie a una politica espansiva che si è focalizzata sui centri urbani di maggiori dimensioni e su assortimenti a minore tasso di specializzazione tecnica. E che ha visto una decisa e robusta accelerazione durante lo scorso anno. Anche in questo caso la conferma viene dai numeri: sempre secondo l’analisi fornita da Dimark, nel 2017 il saldo tra aperture e chiusure di negozi appartenenti alle catene risulta nettamente positivo rispetto al 2016, trainato da 49 inaugurazioni, cui si contrappongono soltanto 9 cessazioni di attività. Il che corrisponde a un’implementazione importante: negli anni più duri della crisi, dal 2013 al 2016, infatti, le insegne avevano mantenuto un atteggiamento prudenziale, non spingendosi mai oltre le 17 nuove aperture all’anno, a fronte peraltro di valori ben più alti corrispondenti alla voce “chiusure” (nel 2015 si toccò il punto più critico con 45 interruzioni).

Sport fashion e shopping experience

Ora, evidentemente, qualcosa è cambiato. Individuare che cosa, però, può non essere immediato. «Le ragioni alla base di questa ritrovata vitalità sono molteplici – spiega Manuela Viel, direttore generale di Assosport, l’associazione nazionale che, a monte della filiera, riunisce 140 aziende produttrici della sports industry, il cui fatturato aggregato raggiunge i 4,5 miliardi di euro -. Innanzitutto, si deve considerare il migliorato scenario economico complessivo. In secondo luogo, va tenuta in considerazione la sempre maggiore attenzione che a livello sociale viene riservata al wellness. Infine, occorre non dimenticare l’evoluzione del concetto di sport fashion, che ha comportato l’allargamento delle occasioni di utilizzo di capi un tempo specificamente destinati ad essere indossati durante le attività sportive. A tutto questo si deve poi aggiungere anche la capacità delle catene di creare all’interno dei punti di vendita percorsi evoluti di shopping experience, capaci di travalicare il puro acquisto per sconfinare nella sperimentazione sul campo delle referenze proposte, secondo un ricco carnet di iniziative e attività».

Solo teoria? Pare proprio di no, almeno a giudicare dalle indicazioni rilasciate dalle stesse insegne. Che, dati alla mano, confermano la crescita, come pure le motivazioni che ne sono alla base.

La strategia di Decathlon…

Così vale, ad esempio, per Decathlon. La catene francese ha visto nel 2017 il proprio fatturato italiano superare quota 1,6 miliardi di euro, grazie a un incremento del 7,2% rispetto all’esercizio precedente. Una progressione che ha trovato sostanziale riscontro anche nell’andamento quantitativo degli acquisti: gli scontrini omnicanali erogati – pari a 43.524.138 milioni – hanno infatti messo a segno una progressione del 7,4% rispetto al 2016.

La unit italiana del gruppo è così arrivata a contribuire per il 14% sul fatturato realizzato a livello globale. Un obiettivo raggiunto facendo leva principalmente su due direttrici di sviluppo. Da un lato, quella che rimanda alla rete fisica dei negozi sulla quale la catena ha continuato a scommettere e investire inaugurando nel solo 2017 6 nuovi punti di vendita, tutti nell’area del centro-nord del Paese. E su questa strada si continuerà a muovere anche nel 2018. Nei prossimi mesi – fa sapere l’azienda – saranno inaugurati altri 5 nuovi negozi che si aggiungeranno quindi ai 118 esistenti sul territorio nazionale. E che grazie a format diversi – si adotteranno perfino “taglie” piccole, da 125 mq – potranno presidiare anche i centri cittadini. La presenza sul territorio è infatti considerata dall’insegna imprescindibile, perché consente di stringere con il cliente una relazione capace di andare ben oltre la semplice, seppur basilare, transazione economica. “Nella nostra filosofia – spiegano da Decathlon – i punti di vendita sono diventati luogo di esperienza sportiva dove proporre non solo l’offerta più adatta alla pratica e il test dei prodotti prima dell’acquisto, ma anche la possibilità di praticare sport, attraverso l’organizzazione di eventi gratuiti o l’opportunità di seguire corsi. O ancora di convertire i punti della propria fidelity card in esperienze sportive in circa 1.500 strutture convenzionate per un totale di 9.500 attività prenotabili”. In una parola, i negozi diventano il canale in cui fare confluire un “mondo” di esperienze costruite intorno al brand.

Mondo che trova poi un fondamentale completamento nell’offerta digitale, ovvero nell’altro asset di crescita dell’insegna, capace di regalare anche nel nostro Paese non poche soddisfazioni a Decathlon: grazie ai 26,4 milioni di utenti unici registrati dal sito, la cifra d’affari digitale ha infatti raggiunto il 3,5% del fatturato generato dalla catena in Italia, in buona crescita rispetto al 3,25% registrato nel 2016.

… e quella di Cisalfa

A correre sul doppio binario rappresentato da negozi e web è anche la strategia adottata da Cisalfa Sport, catena specializzata presente in Italia con 143 punti di vendita, che ha archiviato il 2017 con un giro d’affari di 460 milioni di euro, di cui 380 fatturati da Cisalfa e 80 dal gruppo d’acquisto internazionale Intersport. Un risultato frutto di una crescita del 12% rispetto al 2016, che apre le porte alla possibilità della quotazione in Borsa.

«Sul fronte del retail – anticipa il direttore vendite di Cisalfa Sport, Boris Zanoletti – pensiamo, tra nuove aperture e chiusure, di arrivare a fine 2018 con un saldo attivo di 2 o 3 negozi. La nostra attenzione non è infatti focalizzata tanto sul mero sviluppo quantitativo, quanto sulla capacità di dare qualità alla nostra crescita».

E proprio in questa logica si colloca l’introduzione del nuovo format 3.0, al momento utilizzato per i negozi di grande metratura, che rappresentano circa il 10% della rete. «Si tratta di un layout basato sull’utilizzo di materiali ecologici e illuminazione led a basso consumo, che permette di fare dello shopping un’esperienza emozionale, ma al contempo virtuosa sotto il profilo dei prezzi – spiega Zanoletti -. Intendiamo così intercettare un pubblico diversificato, non più composto dal solo nucleo familiare, ma ormai allargato anche al target dei giovani, che trovano nella forza numerica e qualitativa delle nostre referenze un valido spunto d’acquisto».

Nuove mosse sono poi attese anche nell’ambito del presidio della Rete. L’azienda ha infatti messo sul piatto 5 milioni di euro per potenziare lo sviluppo del canale e-commerce che già oggi conta 5 milioni di visitatori l’anno capaci di generare una spesa media di 100 euro, e che proprio entro il 2018, è destinato a diventare un asset molto importante. «Gli investimenti digitali – afferma Zanoletti – ci stanno aprendo nuovi orizzonti, complicati e affascinanti al tempo stesso». Orizzonti che si inseriscono in un solco ben definito: offrire servizi declinabili sia nel virtuale sia nel negozio fisico. «Il cliente può acquistare online con consegna a domicilio, oppure scegliere il ritiro, senza spese di spedizione, in qualsiasi negozio sul territorio. E in caso di restituzione, si ha a disposizione l’opzione di reso gratuito online – un servizio non sempre usuale -, oppure la possibilità di rivolgersi direttamente in store», precisa Zanoletti.

Il vantaggio del web

Le indicazioni raccolte sul campo sembrano insomma andare nella stessa direzione: il web rappresenta oggi un canale più che significativo per il settore, destinato peraltro a mettere a segno ulteriori crescite. A patto però di saperne sfruttare appieno le caratteristiche. La seppure recente storia del canale digitale insegna, infatti, che il giusto approccio al mezzo e la capacità di recepirne con anticipo gli sviluppo futuri possono fare la differenza. Lo dimostra il caso di Maxi Sport, network lombardo che conta 3 punti di vendita nell’hinterland milanese e che in tempi non sospetti ha creduto nell’ecommerce facendone uno dei propri principali cavalli di battaglia. «Abbiamo inaugurato il nostro presidio di vendita online nel lontanissimo 2002 – ricorda Emanuele Sala, titolare e responsabile commerciale dell’insegna -, in largo anticipo quindi rispetto alla maggior parte dei player del settore. Un’intuizione che ha impresso un importante impulso al nostro giro d’affari: il web ci ha consentito infatti di ampliare il bacino di utenza all’intero territorio nazionale, con riflessi importanti sul fatturato, tanto che oggi le vendite digitali rappresentano il 30% dei 40 milioni di euro registrati nel 2017. Ma non è tutto. Sono proprio gli scontrini digitali ad apportare il principale contributo al tasso di crescita dell’azienda, che sempre nello scorso anno si è assestato in media al 20%».

Attenzione però a non cadere in facili entusiasmi: la rete è – e sarà – uno strumento irrinunciabile, ma altrettanto saranno i negozi fisici. Lo confermano le prossime mosse della stessa Maxi Sport «Abbiamo in programma nuove aperture di punti di vendita sempre nell’hinterland milanese – anticipa Sala -, che si affiancheranno a quelli già attivi in Lombardia, più precisamente a Lissone, Merate e Sesto San Giovanni».

Come dire, insomma, che la strada per la crescita passerà dalla capacità di trovare il giusto equilibrio tra le due anime: brick and mortar e digital.

 

 

 

 

di Chiara Bandini