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Anna Muzio

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Alimentazione e salute, gli italiani cercano lumi sul web, le aziende latitano

È sempre più il web il consigliere, confidente ed oracolo al quale rivolgersi prima di effettuare un qualsiasi acquisto, e questo è vero anche per i consumi alimentari. Lo stabilisce Bem Research in un’analisi sulle ricerche ottenuta analizzano Google, il motore di ricerca più utilizzato. Perché analizzando ciò che le persone cercano, si possono cogliere bisogni e necessità dei consumatori italiani. Magari non sempre espresse nel punto vendita.
Dalle ricerche fatte dagli internauti sul tema dell’alimentazione emerge un Paese in cambiamento, con le esigenze che evolvono in base alle diverse fasi della vita e alla maggiore diffusione di alcuni temi connessi con il cibo, tra cui anche le mode. Posto che l’alimentazione e la passione per la cucina è uno dei tratti che ha contraddistinto l’Italia degli ultimi 50 anni, vedere come le nuove generazioni italiani si interfacciano con i prodotti alimentari può fornire anche uno spaccato dell’attuale società.

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Alimentazione, la ricerca è “targhetizzata” e spazia in positivo e in negativo
Un primo elemento che emerge dall’analisi sulle tendenze di ricerca sul web è che argomenti d’interesse simili possono esprimere bisogni diversi. Questo è per esempio il caso delle ricerche relative alle parole chiave “alimentazione” e “alimenti”. Generalmente orientate a trovare informazioni utili, in primo luogo, al proprio benessere fisico. A seconda della fase di vita che si sta attraversando, o dei bisogni più avvertiti al momento, la ricerca si amplia poi di argomenti più specifici, come ad esempio “alimentazione quando si allatta”, “alimentazione quando si va in palestra”, “alimentazione quando si ha colite”, ecc…

Gli argomenti più cercati sul web
Fonte: Google Trends

1. Dieta
2. Calorie
3. Glutine
4. Colesterolo
5. Integratori
6. Valori nutrizionali
7. Yogurt
8. Proteine
9. Peso ideale
10. Celiachia
11. Tonno
12. Trigliceridi
13. Carboidrati
14. Grassi

Alimentazione, dunque, va a braccetto con tematiche quali dieta, calorie, glutine, colesterolo e integratori.
Questo è vero non solo in positivo però, con la ricerca di alimenti “buoni” (tipo lo yogurt) o miracolosi “superfoods” (una moda che però forse da noi non ha ancora preso così piede come nei Paesi anglosassoni), ma anche in negativo, con la ricerca di maggiori informazioni su prodotti alimentari “a rischio” per problematiche salutari ma anche etiche (forse in quest senso va interpretata la presenza di tonno, specie a rischio per la pesca intensiva). In questa categoria vanno inserite le ricerche di prodotti alimentari senza olio di palma. Il termine “olio di palma” infatti, inizia a far parlare di sé in modo evidente solo alcuni anni fa (intorno al 2011, anche se in alcuni forum ad esempio di mamme se ne parlava già da molto prima) e ad oggi è sempre più frequente trovare prodotti alimentari che sul proprio packaging esplicitino il “senza olio di palma” in modo chiaro ed evidente. Ivi compersi prodotti che non hanno mai utilizzato questo tipo di grasso vegetale.
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Nuovi stili di vita, frenetici e veloci ma anche gourmand
La passione per la cucina e per le ricette in generale è una caratteristica che accomuna un grande fetta di italiani. Sono innumerevoli i siti web, blog e applicazioni mobile dedicati alle ricette, segno del forte interesse sul tema, confermato anche dall’attenzione che i molti programmi televisivi dedicati alla cucina riscontrano presso il grande pubblico.
Analizzando la tipologia di ricerche correlate a “ricette”, si riscontra qualcosa di più dei semplici gusti degli italiani. Il cambiamento dello stile di vita influenza anche il rapporto con il cibo, tant’è che rispetto a pochi anni fa sono aumentate notevolmente le ricerche relative a “ricette veloci”, ad evidenziare, da un lato, come la vita frenetica abbia riflessi anche in cucina e, dall’altro, come in ogni caso non si voglia rinunciare a mangiare qualcosa di buono nel poco tempo che oramai si ha a disposizione.
Insieme alle ricerche di “ricette veloci” e sue correlate (per esempio, per citarne solo alcune più indicative e stagionali, “ricette veloci pasta”, “ricette facili e veloci”, “ricette light veloci”, “ricette veloci estive”, “ricette veloci per cena”) è in aumento anche l’interesse per un’altra modalità di cucinare in modo rapido, che implica un ulteriore uso della tecnologia rispetto alla sola consultazione del web. La diffusione dei robot da cucina, di cui il Bimby, prodotto dalla tedesca Vorwerk, è al momento lo strumento più conosciuto e apprezzato dai consumatori italiani, ha indotto molti a cercare online il termine “ricette bimby”.

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Opportunità per lo più sprecate: la Case history olio d’oliva

Il web insomma offre opportunità per il settore agroalimentare superiori a quelle di altri settori. Ma non sempre le aziende dell’agroalimentare e della distribuzione moderna sono pronte a coglierle.  Se in alcuni comparti produttivi è spesso necessario un forte sforzo di creatività per attirare l’interesse dei consumatori, per chi si occupa di cibo sono innumerevoli le possibilità “naturali” di fornire informazioni originali e accattivanti con sforzi sufficientemente contenuti.

Bem Reserch prende ad esempio i produttori di olio d’oliva, uno dei prodotti di punta del settore agroalimentare italiano. Quali informazioni potrebbe mettere a disposizione del consumatore un sito web di un’azienda? Numerosissime, dalle caratteristiche organolettiche, al tipo di consumo in base alle diverse esigenze e bisogni, alle ricette che valorizzino l’olio d’oliva. Ciò permetterebbe di attirare visitatori e potenziali acquirenti, sia dall’Italia che dal resto del mondo.

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Amazon e Alibaba, il rischio di lasciare i Big Data in mano ai big…

Interessanti in questo senso sono le recenti iniziative volte a favorire il commercio online dei prodotti tipici italiani da parte dei “re” dei marketplace digitali, Amazon e Alibaba. L’americana Amazon, con la sua vetrina sui prodotti italiani, e la cinese Alibaba, con il recente accordo sottoscritto con il Ministero delle Politiche Agricole nato sia per contrastare la contraffazione sia per promuovere il Made in Italy sulla piattaforma cinese che conta oltre quasi mezzo miliardo di consumatori, sono iniziative che dovrebbero indurre in qualche ulteriore riflessione. “Se da un lato queste piattaforme offrono grandi vantaggi, come quello di potersi interfacciare con milioni e milioni di potenziali acquirenti senza l’incombenza di gestire una logistica a livello planetario, dall’altro gli operatori italiani vedono sottrarsi un importante valore della compravendita – spegano da Bem Research – . Non ci riferiamo soltanto alle commissioni di vendita, alcune volte non proprio trascurabili, ma ancor più alla raccolta delle informazioni sui consumatori. I dati su chi ha acquistato sono infatti gestiti dai marketplace digitali, che poi tipicamente li utilizzano con applicazioni nel campo dei big data per profilare la clientela ed offrire in futuro altri prodotti, che non necessariamente potrebbero essere italiani. In altri termini, facendo esclusivo ricorso a questa piattaforma si rischia di barattare delle vendite aggiuntive nel breve-medio termine con la possibilità di avere prospettive di crescita più solide nel lungo termine”.

Una possibile soluzione potrebbe essere quella di realizzare un grande portale italiano dedicato alla vendita online di prodotti agroalimentari italiani, in grado di vendere in mercati stranieri, che sia quindi multilingua ma ancor più multiculturale. Il Ministero delle Politiche Agricole e quello dello Sviluppo Economico potrebbero farsi promotori di tale. L’iniziativa, coinvolgendo in particolare la grande distribuzione nazionale, potrebbe creare un fronte per promuovere l’interesse comune dell’Italia.

Le imprese italiane che potrebbero unire le forze su questo fronte non mancano, e già ad oggi dimostrano un’ottima padronanza del web.

 

A ottobre non cambia il podio delle insegne con la migliore performance online

L’analisi di ottobre  sulle aziende che hanno la migliore performance online nel settore della grande distribuzione, il BEM Rank, emerge come in testa alla classifica si attestino tre imprese italiane, ovvero Ipermercati Iper, Esselunga e Coop.

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Carrefour e Msc, parte la campagna “Peschiamoci Chiaro” sulla pesca sostenibile

Durerà dal  13 ottobre al 4 novembre su Facebook e Twitter la campagna di Carrefour Italia, MSC Pesca Sostenibile e i suoi partner dedicata alla tracciabilità e alla sostenibilità della pesca. L’obiettivo è quello di sensibilizzare i consumatori attraverso un video creativo che spiega agli utenti cos’è la tracciabilità e cosa vuol dire scegliere prodotti sostenibili che garantiscano mari in salute e al tempo stesso contribuiscano a tutelare l’attività della pesca per le generazioni future.
La collaborazione tra MSC Pesca Sostenibile e Carrefour Italia è attiva dal 2015 (leggi anche Carrefour Italia collabora con MSC per offrire prodotti ittici da pesca sostenibile) e crea un sistema virtuoso che spinge i propri fornitori a certificarsi ed approvvigionarsi di materie prime certificate MSC. Grazie a questa partnership, oggi Carrefour offre ai propri consumatori oltre 12 prodotti realizzati con materie prime certificate sostenibili secondo i più alti standard riconosciuti a livello mondiale come i più credibili e completi per la pesca sostenibile.

https://youtu.be/p6f5vJArIS0

La campagna social #peschiamocichiaro è stata realizzata dalla coppia creativa Melania Angeloro e Giacomo Pellizzari ispirandosi alla campagna Tracciabilità realizzata dall’headquarter di MSC. Il video è stato ideato e prodotto dall’agenzia anglossasone Nice and Serious.

 

Un marchio per comunicare la sostenibilità

Nonostante sia partito l’obbligo di indicazione dell’origine del pesce venduto e che la mggior parte dei consuamtori sia disposto a pagare di più per un prodotto derivato da pesca sostenibile, c’è ancora molta confusione (leggi Greenpeace: il 77% dei consumatori disposti a pagare di più il pesce sostenibile). Il marchio blu MSC intende appunto aiutare i consumatori ad effettuare un acquisto sostenibile in modo semplice, senza preoccuparsi di dover valutare all’atto di acquisto alcuni elementi fondamentali per la sostenibilità, ma che talvolta sono complessi per chi non ha conoscenze specifiche. Area di pesca FAO, attrezzo di pesca, taglia minima, pesca illegale, catture accessorie sono solo alcuni degli aspetti coperti dal programma MSC Pesca Sostenibile. Inoltre, in tal modo i consumatori contribuiranno, con i loro acquisti, alla salute dei nostri mari.

«È nostro compito sensibilizzare i consumatori indirizzandoli verso acquisti sempre più sostenibili. La salute degli oceani dipende da tutti noi, da ogni nostro comportamento e decisione d’acquisto. Con l’adesione alla campagna social #peschiamocichiaro vogliamo trasmettere ai nostri clienti il valore aggiunto della sostenibilità ittica e far capire loro che la salute dei mari dipende anche da ogni loro gesto quotidiano, inclusa la spesa» dichiara Flavia Mare, responsabile Qualità e CSR manager Carrefour Italia.

«La tracciabilità è un aspetto fondamentale nel Programma MSC. Infatti tutti i prodotti con il marchio blu sono tracciabili dal mare al piatto e sono sottoposti al DNA test che garantisce l’attendibilità tra specie dichiarata e offerta. Gli ultimi test hanno rilevato che il 99,6% del pescato con il marchio blu è etichettato correttamente rispetto a una media del 30% che è descritto o etichettato in maniera non corretta» spiega Francesca Oppia, direttore generale di MSC Pesca Sostenibile.

Via libera all’indicazione di origine per il latte, Coldiretti presenta l’etichetta Made in Italy

Un’etichetta per il Made in Italy anche per latte e latticini: l’ha presentata la Coldiretti stamattina al tradizionale Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione di Cernobbio, dopo il via libera dell’Unione europea alla richiesta italiana di indicazione di origine obbligatoria per il latte e i prodotti lattiero-caseari. Sono infatti scaduti senza obiezioni alle ore 24 del 13 ottobre i tre mesi dalla notifica previsti dal regolamento 1169/2011 quale termine per rispondere agli Stati membri che ritengono necessario adottare una nuova normativa in materia di informazioni sugli alimenti. Le confezioni di latte, burro e mozzarella con le nuove etichette hanno lo scopo di aiutare i consumatori a scegliere. Il provvedimento fortemente sostenuto dalla Coldiretti era stato annunciato dal premier Matteo Renzi e dal Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina in occasione della Giornata nazionale del latte Italiano a Milano, organizzata proprio dalla maggiore organizzazione degli imprenditori agricoli in Europa.

“Il via libera comunitario – rileva la Coldiretti – risponde alle esigenze di trasparenza degli italiani che secondo la consultazione pubblica online del Ministero delle Politiche agricole, in più di 9 casi su 10, considerano molto importante che l’etichetta riporti il Paese d’origine del latte fresco (95%) e dei prodotti lattiero-caseari quali yogurt e formaggi (90,84%), mentre per oltre il 76% lo è per il latte a lunga conservazione”.

 

Il provvedimento riguarda l’indicazione di origine del latte o del latte usato come ingrediente nei prodotti lattiero-caseari che dovrà essere indicata in etichetta con:

a) “paese di mungitura: nome del paese nel quale è stato munto il latte”;

b) “paese di condizionamento: nome della nazione nella quale il latte è stato condizionato”

c) “paese di trasformazione: nome della nazione nella quale il latte è stato trasformato”;

Qualora il latte o il latte usato come ingrediente nei prodotti lattiero-caseari sia stato munto, condizionato e trasformato nello stesso Paese, l’indicazione di origine può essere assolta con l’utilizzo della seguente dicitura: “origine del latte: nome del paese”. Se invece le operazioni indicate avvengono nei territori di più paesi membri dell’Ue, per indicare il luogo in cui ciascuna singola operazione è stata effettuata possono essere utilizzate le seguenti diciture: “miscela di latte di Paesi UE” per l’operazione di mungitura, “latte condizionato in Paesi UE” per l’operazione di condizionamento, “latte trasformato in Paesi UE” per l’operazione di trasformazione. Infine se le operazioni avvengono nel territorio di più Paesi situati al di fuori dell’Unione Europea, possono essere utilizzate le seguenti diciture: “miscela di latte di Paesi non UE” per l’operazione di mungitura, “latte condizionato in Paesi non UE” per l’operazione di condizionamento, “latte trasformato in Paesi non UE” per l’operazione di trasformazione.

«Con l’etichettatura di origine si dice finalmente basta all’inganno del falso Made in Italy con tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro venduti in Italia che sono stranieri, così come la metà delle mozzarelle sono fatte con latte o addirittura cagliate provenienti dall’estero, ma nessuno lo sa perché non è obbligatorio riportarlo in etichetta – ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo – si tratta anche di un importante segnale di cambiamento a livello comunitario sotto la spinta dell’alleanza con la Francia che ha adottato un analogo provvedimento».

Ricchezza Made in Italy da tutelare

Le 1,7 milioni di mucche da latte presenti in Italia possono finalmente mettere la firma sulla propria produzione di latte, formaggi e yogurt. garantita a livelli di sicurezza e qualità superiore grazie al sistema di controlli realizzato dalla rete di veterinari più estesa d’Europa, ma anche ai primati conquistati a livello comunitario con la leadership europea con 49 formaggi a denominazione di origine realizzati sulla base di specifici disciplinari di produzione. Sono invece 487 i formaggi tradizionali censiti a livello regionale territoriale e tutelati perché realizzati secondo regole tramandate da generazioni che permettono anche di sostenere la biodiversità delle razza bovine allevate a livello nazionale. Sui mercati esteri i formaggi Made in Italy hanno fatturato 2,3 miliardi (+5%) nel 2015. 

Ad essere tutelati sono anche i consumatori italiani che hanno acquistato nel 2015 – secondo una analisi della Coldiretti – una media di 48 chili di latte alimentare a persona mentre si posizionano al settimo posto mondiale per i formaggi con 20,7 chilogrammi per persona all’anno dietro ai francesi con 25,9 chilogrammi a testa, ma anche a islandesi, finlandesi, tedeschi, estoni e svizzeri.  

Il provvedimento salva 120mila posti di lavoro nell’attività di allevamento da latte che generano lungo la filiera un fatturato di 28 miliardi che è la voce più importante dell’agroalimentare italiano dal punto di vista economico, ma anche da quello dell’immagine del Made in Italy. 

L’ entrata in vigore e fissata 60 giorni dopo la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale e potrebbe partire dal primo gennaio 2017, come è stato previsto per un testo analogo in Francia.

Retail food: debutta “La Friggitoria”, nuovo concept per Iper la grande I

Debutterà sabato 14 ottobre, all’ingresso dell’ipermercato Iper La Grande I del Centro Commerciale Fiordaliso di Rozzano (Mi), “La Friggitoria”, il nuovo corner e shop-in-shop firmato Officina 16.

In vendita nel corner, sotto il comune denominatore del metodo di cottura, si troveranno specialità di pesce, carne e verdure, fritte rigorosamente senza additivi, coloranti e conservanti.

L’area di circa 25 metri quadri è caratterizzata da una struttura con finte gambe tornite in legno massello su fondali neri opachi, mentre tavoli anteriori espositivi in frassino naturale con lavagne pendinate dedicate alla comunicazione di prodotto completano il perimetro.

Sgabelli e mensole di appoggio permettono alla clientela di poter degustare i prodotti de “La Friggitoria” stando comodamente seduti e, grazie ad ampie vetrate temperate, avendo la possibilità di guardare la preparazione delle specialità in vendita.

Il cappello superiore è caratterizzato da un ring in travi di frassino naturale con tendalini in tessuto marrone, che rendono il chiosco accogliente e nello stesso tempo molto street. Un misto di semplicità e stile classico, con un’anima vintage ma dal sapore contemporaneo.

PetHit, gruppo Végé, apre a Chiavari uno store nell’ex-cinema

Ha aperto a Chiavari un supermercato di articoli per animali da compagnia dell’insegna PetHit, catena ligure specializzata in PetCare dell’impresa GFE. che fa capo a Gruppo VéGé.  Lo store, che da qualche mese occupa gli spazi appartenuti al cinema-teatro Cantero, è stato promosso tramite un “PetHit Day” nella centralissima galleria di Corso Garibaldi. Un’intera giornata dedicata agli animali e ai loro amici con un evento non-stop a base di musica, intrattenimento per tutte le età e buoni acquisto con sconti del 20% su tutti i prodotti in assortimento.

Nel corso del PetHit Day si sono alternate le esibizioni dal vivo dell’attore e performer Raffaello Zanieri, del musicista, compositore e regista Corrado Neri al pianoforte a coda e dell’imprenditore-showman David Valeriani. Per l’occasione, inoltre, il punto vendita è tornato a essere cinematografo con la proiezione in continuo del capolavoro Disney “Lily e il Vagabondo”.

«Con questo evento speciale abbiamo voluto offrire ai chiavaresi un assaggio della passione che mettiamo ogni giorno nell’accogliere i clienti e nel prenderci cura dei loro amici a due o quattro zampe» ha dichiarato Federico Massari, Amministratore Delegato e Presidente della catena PetHit.

Pet Hit, progetto ideato ideato nel 2012, ha punti vendita a Sarzana, La Spezia, Lavagna e Albenga.

Dalla Liguria, la catena specializzata in Pet Care intende espandersi in altre regioni, esportando il proprio modello di market, innovativo per il settore e incentrato sul concetto di vendita assistita. Nella filosofia PetHit, infatti, ha un ruolo centrale la capacità e la professionalità del personale del punto vendita nell’accogliere, assistere e, se necessario, consigliare il cliente nella scelta dei prodotti per l’alimentazione, la bellezza, il benessere e il gioco degli animali da compagnia.

Nel suo progetto di espansione, PetHit può contare sul supporto di Gruppo VéGé, presente nel Pet Care anche con la rete di punti vendita a insegna Ayoka che fanno capo all’impresa Multicedi.

«Il dinamismo e gli eccellenti risultati raggiunti in pochi anni da PetHit e da Ayoka, testimoniano in modo eloquente le non comuni doti imprenditoriali dei nostro soci – ha detto Nicola Mastromartino, Presidente di Gruppo VéGé -. Il comparto del pet care e pet food, dopo un biennio di crescite marginali, sta avendo un nuovo rigoglio e come Gruppo VéGé investiremo molto anche in questa area».

Pam Panorama lancia Semplici e buoni, linea benessere con 60 referenze

Buoni ma anche sani e nutrenti: sono queste le caratteristiche che accomunano non solo le esigenze di una fascia sempre più ampia di consumatori, ma anche le quasi 60 referenze della linea Pam Panorama “Semplici e buoni”.

Nata per soddisfare le esigenze di un’alimentazione equilibrata, senza rinunciare al gusto, la linea si compone di cinque famiglie di prodotti, pensate per tutti i momenti della giornata (colazione, spuntini, pranzo e cena), in grado di soddisfare bisogni specifici:

– “Senza glutine”, adatta alle esigenze dei celiaci, degli intolleranti e di tutti coloro che vogliono escludere il glutine dalla propria alimentazione, propone un ampio assortimento che comprende frollini per la prima colazione, pasta in diversi formati, gnocchi, farine, merende e tanto altro;

– “Ricchi di fibre”, una gamma di prodotti che offre tutte le fibre necessarie a favorire una naturale regolarità intestinale, per colazioni e spuntini gustosi ma, al tempo stesso, equilibrati;

– “Meno grassi”, per un’alimentazione dal corretto apporto di grassi, senza pensieri e rinunce. Si può infatti scegliere tra yogurt, snack, wurstel, petto di pollo e tacchino e tanti altri prodotti;

– “Funzionali”, latte e mozzarella senza lattosio, yogurt e drink probiotici con fermenti lattici, drink anticolesterolo con steroli vegetali, un’ampia scelta di prodotti per specifiche esigenze, utili al benessere quotidiano del proprio corpo.

– “Senza zuccheri aggiunti”, per scoprire il piacere di una colazione o di una piccola pausa che, senza rinunce al gusto, riducano l’apporto di zuccheri dannosi per la salute.

Panettone bio e gluten free questo Natale con Fraccaro Spumadoro

Segue la tradizionale ricetta del classico dolce natalizio, ma è prodotto solo con ingredienti biologici, è realizzato con lievito naturale e pensato per tutte le persone intolleranti al glutine o celiache il Panettone Bio Senza Glutine dell’azienda artigianale Fraccaro Spumadoro. È prodotto con farina di riso, fecola di patate e amido di mais, burro, uova, uvetta e frutta candita, tutto da agricoltura bio.

«In Italia sono sempre più le persone affette da celiachia o coloro che soffrono di intolleranza al glutine – afferma Luca Fraccaro, Ceo dell’azienda – ed è proprio per loro che, con l’avvicinarsi delle festività, abbiamo voluto realizzare il tradizionale dolce natalizio, ma senza glutine: un panettone prodotto artigianalmente con lievito naturale ed ingredienti gluten free di prima qualità e biologici certificati».

Il Panettone Bio Senza Glutine Fraccaro è disponibile nelle pasticcerie di tutta Italia ed è acquistabile dalle persone affette da celiachia con i ticket mensili rilasciati dal Servizio Sanitario Nazionale. È infatti certificato Bio da Icea ed è inserito nel registro dei prodotti senza glutine rilasciato dal Ministero della Salute, in quanto per la sua produzione l’azienda dolciaria veneta si è dotata di un laboratorio a parte e di un forno apposito, al fine di evitare qualsiasi tipo di contaminazione con prodotti e farine contenenti glutine.

La novità realizzata dai Pastry Chef Fraccaro sarà presentata agli operatori di settore e ai buyer mondiali in anteprima alla fiera Sial di Parigi dal 16 al 20 ottobre.

Meglio aggiustare che buttare, gli elettrodomestici del Gruppo Seb riparabili per 10 anni

Si chiama “Riparare piuttosto che buttare” la politica abbracciata da Groupe Seb, marchio francese presente sul mercato con i marchi Moulinex, Rowenta, Tefal e Krups, che guarda ai trend di consumo futuri, rivolti all’economia circolare e alla lotta allo spreco, con una scelta altamente innovativa. Se aggiustare è più semplice di sostituire ci guadagnano tutti: il consumatore, che risparmia, ma anche l’ambiente grazie alla riduzione dei rifiuti elettrici e infine il produttore che fidelizza il cliente.

Dopo una iniziale fase di test, Groupe Seb, ha annunciato l’espansione della sua politica di riparabilità a tutti i suoi marchi e in tutti i Paesi in cui è presente, per almeno 10 anni. Una scelta che ha richiesto investimenti ed una riorganizzazione della produzione per consentire una conservazione a lungo termine dei componenti da sostituire. In Italia la riparabilità garantita 10 anni viene applicata al 95% dei prodotti del Gruppo.

«Ogni riparazione è una potenziale vendita in meno per i nostri concorrenti e una fidelizzazione futura del cliente che si sente garantito dell’investimento» spiega Alain Pautrot, Vice Presidente del Gruppo.

 

Il magazzino dei ricambi è in Francia

Nel 2008, Groupe Seb ha trasformato uno dei suoi vecchi stabilimenti situati in Faucogney-et-la-Mer (Franche-Comté) nel centro nevralgico per la sua politica di riparabilità. Il sito, con un magazzino di 15.000 metri quadri, è dedicato alla conservazione di quasi 5,7 milioni di pezzi di ricambio, in rappresentanza di 40mila referenze la cui riparabilità viene garantita per 10 anni. Più della metà deve contribuire a soddisfare le esigenze di riparazione dei prodotti la cui fabbricazione terminerà nei prossimi anni. Da qui ogni giorno partono 1.500 pacchetti verso 60 Paesi per la rete di 6.500 riparatori professionali. Questi, regolarmente addestrati e controllati, possono in qualsiasi momento risolvere gli errori che si verificano su un dispositivo al di là del periodo di garanzia. Un processo che orienta fin dalla progettazione la creazione di prodotti pensati per essere facilmente smontati e rimontati. Ad oggi il 97% dei prodotti di Groupe Seb sono riparabili (67% completamente e 30% per la maggior parte dei possibili guasti).

Per aiutare i consumatori ad adottare il riflesso di riparare piuttosto che gettare, Groupe Seb ha stabilito una politica tariffaria trasparente sui pezzi di ricambio: nessuna riparazione può superare il 50% del prodotto nuovo, e la maggior parte dei pezzi sono venduti a prezzo di costo.

Del resto, lato cliente la sensibilità al tema cresce, in ottica ambientalista, di sostenibilità e di riduzione dei rifiuti, ma anche di risparmio e praticità. «Il cliente è disposto a spendere fino al 30% del prezzo di acquisto per riparare il prodotto – dice Pautrot -. Vendiamo al prezzo minimo e lasciamo il resto del compenso ai 6.500 partner riparatori che abbiamo nel mondo».

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Un futuro in 3D

Il futuro per le piccole riparazioni si personalizza grazie alle stampanti 3D, in grado di riprodurre qualsiasi pezzo anche uscito di produzione, teoricamente, da anni. In questo modo c’è il grande vantaggio di limitare, o addirittura annullare, il magazzino.

Già si prevede che, una volta che il magazzino esaurirà i pezzi di ricambio venduti, le parti richieste saranno stampate in 3D rendendo la logistica molto più semplice, con una limitazione dei costi fissi per l’azienda, che non dovrebbe pregiudicare la promessa fatta ai consumatori sul logo delle confezioni: “prodotto utile di 10 anni”.

A quando la stampa a casa propria? «È un passo ancora lontano – spiega Pautrot – perché ci sono questioni non tanto di costi ma di affidabilità. Noi in Francia usiamo stampanti 3D industriali e abbiamo il pieno controllo del processo, in modo che il ricambio incontri determinati requisiti. Se il pezzo di ricambio venisse stampato a casa dal cliente, cosa teoricamente possibile nel momento in cui inviamo il file CAD, non avremmo alcun controllo sulla sua conformità agli standard». Più facile immaginare una stampa che salta i costi della logistica e viene effettuata in negozio, ma i numeri ancora non lo consentono.

 

Nel video di Seb, come avviene la stampa 3D dei ricambi in funzione della “lotta all’obsolescenza programmata”:

Peroni diventa giapponese, concluso il passaggio da SabMiller ad Ashai

Peroni esce da SabMiller ed entra a far parte del gruppo Ashai Europe. I rumors si rincorrevano da mesi Peroni potrebbe diventare giapponese: Asahi interessata all’acquisto da SabMiller, e del resto le autorità europee avevano assoggettato la fusione dei due colossi della birra, InBev e SabMiller, alla vendita dei marchi europei, per questioni di antitrust Sab Miller e Ab InBev possono unirsi ma l’Ue impone a Sab Miller di vendere le europee. Alla fine l’ha spuntata la giapponese Ashai.

Asahi Europe detiene anche i marchi Royal Grolsch e Meantime Breweries. Dopo quasi un anno di trattative, la bionda tricolore viene quindi ceduta alla compagnia giapponese da parte di Ab InBev, che potrà così completare l’acquisizione di SABMiller.

La produzione proseguirà negli stabilimenti di Roma, Padova e Bari, con rifornimento del malto italiano dalla sua Malteria Saplo di Pomezia.

«Continueremo ad investire nella nostra filiera per fornire ai nostri consumatori prodotti di qualità, collaborando con i nostri clienti per rispondere alle sfide del mercato e sviluppare insieme la categoria– ha detto Neil Kiely, Managing Director di Birra Peroni –. Birra Peroni è parte integrante della tradizione e della cultura industriale di questo Paese. Il nostro legame con l’Italia è indissolubile. Per questo rimane vivo il nostro impegno a operare su questo mercato in maniera responsabile e sempre più sostenibile».

«Oggi è un giorno memorabile per la nostra azienda. Siamo orgogliosi di essere diventati un Gruppo attrattivo grazie a marchi prestigiosi ed al talento delle nostre persone. Sono convinto che lavorando insieme, saremo in grado di far crescere il nostro business servendo sempre meglio i nostri clienti ed i nostri consumatori» ha dichiarato Akiyoshi Koji, Presidente del gruppo Asahi.

Birra Peroni ha chiuso il bilancio al 31 marzo 2016 con 360 milioni di ricavi ed un utile di 21,5 milioni.

Franchising: riprende l’abbigliamento (+9%), crescono food e telefonia

La scorsa edizione del Salone del Franchising.

Dopo anni di crisi, torna a crescere l’abbigliamento, si conferma il buon momento del food, crescono telefonia e elettronica: è questa la fotografia del franchising in Italia che analizza dati provenienti dagli oltre 50mila negozi che nel nostro Paese seguono questa formula.

La crescita di abbigliamento e moda è del 9% Nel primo semestre 2016 rispetto allo stesso periodo del 2015, mentre il food cresce del 7%, gli articoli per la persona dell’6% e telefonia/elettronica del 5% (dati ). Il comparto dell’affiliazione fattura 23 miliardi di euro l’anno e sono 500mila gli italiani che ogni anno si avvicinano al franchising, valutando la possibilità di aprire un negozio. I dati sono stati diffusi dal Centro Studi Rds-Salone Franchising Milano. La 31 edizione del Salone del Franchising si terrà a Milano dal 3 al 5 novembre presso Fieramilanocity.

«La ripresa dell’abbigliamento è sorprendente – ha dichiarato Antonio Fossati, Presidente di RDS, che organizza con Fiera Milano il Salone – ma non vuol dire che questa ripresa si estenda poi a tutto il commercio tradizionale. Nella affiliazione vanno bene negozi molto specializzati come quelli di camicie e intimo, comunque capaci di proporre qualità a prezzi contenuti».

Al Salone saranno numerose le nuove proposte, anche nel campo del food come Isola Celiaca, specializzata in prodotti gluten free,  Fassoneria, hamburgeria piemontese oGreen & Go, Alimentazione sana made in Italy. Ma non mancheranno i grandi marchi dell’affiliazione: Yamamay, Piazza Italia, Fratelli La Bufala, Rosso Pomodoro, Kasanova, Mondadori, Tata Italia, Coincasa, Silvian Heach, Carpisa, Jacked. Dall’estero: Top Queens, Equivalenza, 100 Montaditos, dalla Spagna; Wikane, La Cure Gourmande, la French Tech Ovh, Splio dalla Francia; Anytime Fitness dagli Usa; Parfen dalla Bulgaria.

Gli espositori potranno avere incontri riservati con oltre 90 tra i principali centri commerciali italiani alla ricerca di nuovi format da inserire, in un evento riservato che si terrà il 3 Novembre all’interno del Salone grazie al supporto del CNCC Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali.

La novità di questa edizione è la presentazione di un e-book con tutte le possibile informazioni per scegliere in tranquillità un buon franchisor, firmare un buon contratto ed evitare ogni pericolo di franchising pirata. E poi ci saranno l’area F-talk con workshop e conferenze; la F-school con corsi e seminari su tutte le tematiche del franchising; l’area F-foryou per incontri one to one con esperti di business, finanza e psicologia.

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