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Anna Muzio

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Cinque macro tendenze per l’alimentazione nel 2016

Una "creazione" della stampante 3D Foodini: i contenitori/divisori tra i cibi sono realizzati con un puré di patate viola.

Cosa comparirà nei nostri piatti nel 2016, quali sono le tendenze più “forti” che ci portiamo dietro e che evolveranno dall’anno appena passato, il 2015 di Expo e degli scandali alimentari, dei cambiamenti climatici e dei grandi chef che hanno popolato le trasmissioni tv e dei food blogger che hanno pontificato su tutto e tutti? Qui di seguito abbiamo individuato cinque macro tendenze che promettono di influenzare il nostro modo di mangiare, cucinare e naturalmente anche di fare la spesa nell’anno che si è appena aperto, ma anche gli alimenti su cui si appunterà l’attenzione di chef e nutrizionisti e che troveremo sempre più spesso negli scaffali dei supermercati.

1-SALUTISMO
IDShot_540x540Meno pasta per tutti Secondo l’analisi di Bauman & Whitman la pasta potrebbe essere una “specie in via di estinzione” in futuro, con consumi in calo dell’8% in Australia e del 13% in Europa. Anche in Italia nel 2014 secondo IRI le vendite di pasta secca sono calate del 2,5% a volume. Responsabili la fobia del glutine, le diete iperproteiche e l’avvento di cereali alternativi al grano (quinoa, farro, chia, orzo, segale) o alternative ai cereali (dai legumi alle verdure ridotte in fili o nastri, una moda che ha già investito i supermercati anglosassoni e che potrebbe presto arrivare da noi). Puré di verdure (dagli spinaci al pomodoro, dalla zucca alle carote) potranno essere trasformati in qualsiasi forma grazie alle stampanti 3D alimentari (già viste a Expo e protagoniste di numerose start-up) che come la Foodini, cavalcano il trend salutista e l’avversione verso il cibo industriale.
Vedi: Tesco, Pam e le altre: le private label puntano sul vegetarianoSemaforo verde per i vegani in Gdo

Free-from ma “naturale” Pollice verso invece per gli alimenti “senza zucchero, senza grassi, zero calorie”, sì al “senza zuccheri, grassi, additivi, conservanti, coloranti aggiunti”. Un trend colto anche dalla grandi aziende che si prodigano in informazioni su ingredienti, provenienza e ricette salutari veicolati tramite RFID o QRCode. La richiesta dei consumatori infatti è per etichette sempre più trasparenti sugli ingredienti e la loro provenienza, ma anche sull’eticità di allevamenti e coltivazioni. Sempre più diffuse le opzioni free from “naturali” come reazioni agli scandali alimentari, tanto che aumenta la disponibilità e anche le linee private label dedicate a vegetariani e vegani, intolleranti e a chi segue diete religiose (halal e kosher).
Vedi Pam Panorama amplia la linea Veg&VegNasce il primo Parmigiano Reggiano Dop kosherGluten Free Expo, la nicchia del senza glutine si espande

Cibi fermentati e probiotici Tra le tendenze 2016 rilevate dalla catena USA Whole Foods ci sono i cibi fermentati e i probiotici, che forniscono “batteri buoni” utili a migliorare il proprio microbiota, ovvero il corredo tutto personale di microrganismi che popolano il nostro intestino e che recenti studi scientifici segnalano come determinante per la nostra salute e addirittura per il nostro umore. Yogurt e kefir ma anche tempeh (soia fermentata), tè kombucha, crauti, miso, pane di pasta madre e kimchi saranno sempre più richiesti da chi è più attento alla salute.

Ortofrutta al top, carne in declino La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato l’inserimento di carni rosse e salumi da parte dell’OMS, Organizzazione mondiale della Sanità, nella “lista nera” degli alimenti cancerogeni. Poi ci sono i prezzi alti, le accuse di scarsa sostenibilità ed eticità degli allevamenti (consumano ingenti quantità di acqua e mangimi e producono CO2), l’utilizzo di ormoni e il crescente numero di vegetariani, vegani e flexitariani (vegani part time): tutto congiura verso l’allontanamento dagli alimenti di origine animale. Infine, le indicazioni di medici e dietisti e le raccomandazioni di consumare cinque porzioni di frutta e verdura al giorno, hanno fatto sì che le verdure da mesto “contorno” assurgessero a piatto principale. Nelle cucine degli chef stellati ma anche e sempre più nelle case private.

Vedi Effetto Oms sulla carne: in una settimana vendite al supermercato in calo di 16 milioni di euroOcse e Fao, prezzi dei prodotti agricoli in calo proteine e carne su..; Carne di maiale contaminata in UK: troppi antibiotici negli allevamenti europeiI consumatori e la carne in un’indagine Swg e Eurocarne

 

2- SOSTENIBILITÀ
Il prezzo è il problema? Paghe sostenibili e condizioni giuste di lavoro saranno sempre più importanti per il consumatore che si sta accorgendo come il prezzo più basso significa spesso sfruttamento dei lavoratori e pratiche agricole insane quali l’uso di pesticidi e fertilizzanti chimici e inquinanti per consentire un’agricoltura intensiva.
vedi: Made in Italy e agromafie: le filiere sono “pulite”? Caselli presenta una nuova leggeIl caporalato minaccia l’export dei pomodori Made in ItalyPrezzi bassi dell’ortofrutta=pesticidi: guerra di Greenpeace in Francia a Leclerc (e alla GDO);
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Spreco zero Ormai anche i grandi chef favoriscono l’uso di tutte le parti di un ingrediente, dal picciolo alla buccia (spesso le più ricche di nutrienti), magari ridotti tramite gli essiccatori o utilizzati per insaporire brodi o salse gentili. E dopo che in Francia una legge ha obbligato la GDO a occuparsi di riallocare gli alimenti non più vendibili, l’esigenza di sprecare meno si è diffusa in tutta Europa, cambiando l’offerta. Un esempio sono le “verdure brutte” e “deformi” un tempo escluse dagli scaffali perché “fuori standard” e che messe in vendita da Morrisons appena prima di Natale hanno registrato ottime vendite. Carrefour in Francia nel 2016 lancerà la private label a spreco zero. Il 2016 potrebbe essere finalmente l’anno in cui saranno riviste le date di scadenza di molti alimenti, in cui aumenteranno le donazioni agli enti benefici di alimenti vicini alla data si scadenza e in cui sarà finalmente accettato il fatto che gli ortaggi possono avere un aspetto poco ortodosso. Il che potrebbe essere una necessità, a seguito di stagioni colpite da grandini ed eventi climatici estremi.

Vedi: Si può vendere frutta rovinata dal maltempo?Protocollo di Milano, la Gdo e il cibo tra fame, spreco e obesitàCarrefour lancia “Tous AntiGaspi”, la private label antispreco e sostenibileLes Gueules Cassées, la lotta antispreco che arriva dalla FranciaGdo contro lo spreco 2. Pam lancia “Reimpiatta il piatto”Gdo contro lo spreco 1: parte la collaborazione tra Végé e Last minute sotto casaConvegno GS1 Italy: soluzioni Ecr e approcci di filiera contro lo spreco alimentare

Km 0 e agricoltura urbana Comprare locale significa inquinare meno e aiutare l’economia del posto. Sempre più l’origine degli alimenti viene evidenziata ma càpita anche che alimenti tradizionalmente esotici come il caviale e il salmone vengano prodotti o lavorati da noi, con ottimi esiti. E per chi ricerca il controllo completo su ciò che mangia c’è l’orto, il terrazzo o il balcone urbano e la coltivazione fai da te, fosse anche solo di sanissimi germogli bio nella propria cucina.
cibo del futuro

Proteine non animali Allevamenti sempre meno sostenibili fanno spazio all’uso di proteine di origine vegetale come i legumi: il 2016 è stato dichiarato dall’ONU Anno Internazionale dei legumi e i riflettori saranno puntati su lenticchie e piselli, soia e ceci. Piante ottime per le proprietà nutritive ma anche in grado di arricchire il suolo e aumentarne la produttività. Ma tra i candidati più accreditati ci sono anche alghe e soprattutto insetti, già entrati nei supermercati olandesi sotto forma – per evitare l’inevitabile tabù culturale – di farine, hamburger e polpette. I vantaggi? Tante proteine, pochi grassi e bassissimi costi di produzione. Il futuro dell’alimentazione umana, con 9 miliardi di persone in un pianeta surriscaldato, potrebbe passare da qui.

Vedi Coop a Expo: le parole del cibo del futuro tra timori e aspettiveResponsabilità sociale: cresce la sensibilità dei consumatori

 

3- TECNOLOGIA
77821Il mondo in un’App App per non sprecare (Tesco uk), app per pagare (Albert Heijn, Delhaize, Tesco, Sainsbury’s), per ordinare (Amazon), fare la lista automaticamente da casa ogni volta che finisce un alimento essenziale, tipo pasta o latte (Carrefour Belgio, Amazon) ma anche per individuare un articolo all’interno del punto vendita. La tecnologia – lato utente tramite smartphone, lato retailer grazie alla comunicazione personalizzata resa possibile dai beacon ma anche dal nuovo digital signage interattivo – ha già cambiato di fatto il nostro rapporto con la spesa alimentare. E promette di cambiarlo ancora di più nel 2016, quando molte di queste innovazioni si diffonderanno nella maggior parte dei punti vendita. Ma il 2016 sarà anche l’anno delle consegne alimentari a casa in una o due ore, grazie ad Amazon già attiva a Milano o a player come Instacart, la success story dell’anno scorso in USA. Un modo molto “millennial” per ottenere gli ingredienti per la cena con amici organizzata last minute quando non si ha ha tempo per la spesa.

Vedi: Giornata storica per il retail alimentare italiano. Amazon apre il suo supermercatoDetto la spesa e la ritiro al drive: l’evoluzione del click and collect di ChronodriveCarrefour testa lo scanner per la spesa (in Belgio)Tesco distribuisce il surplus di cibo nei punti vendita con una appDa Végé con i beacon il prodotto parla al clienteOggi contactless, domani via smartphone, tempo e convenienza spingono il cliente verso i pagamenti digitaliTecnologie, gli italiani sono pronti all’omnicanalità nel retail

Pinterest e Instagram come trendsetter L’età dell’immagine via social network e l’ansia di condivisione ha di fatto cambiato il mondo del food. Che siano cucinati a casa o consumati al ristorante, i piatti più fotogenici finiscono regolarmente fotografati e postati su Instagram, Facebook o Pinterest, quest’ultimo poi vera “bibbia del salutismo” con innumerevoli bacheche dedicate alla ricetta più sana e innovativa. Le conseguenze sono le mode improvvise e totalizzanti (la più recente è quella dell’avocado) che lanciano dei “superfood” panacea per tutti i mali (ricordate le bacche di Goji?). Ma Time guarda avanti e nel suo articolo di fine anno sulle “The New Food Rules” , le nuove regole dell’alimentazione, stigmatizza l’uso di “supercibi costosi” tipo il modaiolo acai a favore del più popolare mirtillo.
Altra conseguenza di questa sovraesposizione visiva è che la presentazione è sempre più importante. In futuro andranno per la maggiore i bento box, i vassoi giapponesi belli come quadri che contengono un intero pranzo, e il Poke hawaiano, mix di riso, pesce crudo, semi oleosi e spezie.
Largo anche al cibo da asporto sempre più presente negli scaffali dei supermercati, a cui si richiede di essere però più sano e, anche, bello. L’esigenza è, sulla scorta delle nuove modalità di lavoro diffuso e continuato, di mangiare quando si vuole e dove si vuole, anche disertando i pasti principali a favore di tanti piccoli spuntini.

Vedi: Sano e pronto da mangiare, ecco lo snack che piace alle donneSainsbury’s testa un format di prossimità per la “nuova spesa” veloce e frequente

 

4- GLOBALIZZAZIONE, ESOTISMO “CONTROLLATO” E CAMBIAMENTI CLIMATICI
Al recente Cop21 di Parigi la situazione del surriscaldamento globale si è svelata – per chi ancora non lo avesse capito – in tutta la sua drammaticità. E sarà l’agricoltura a pagare il prezzo più alto, tra siccità e inondazioni, perdita di biodiversità ed epidemie dovute a condizioni climatiche estreme. Basta pensare a quel che è successo l’anno scorso all’olio italiano, che ha visto la sua produzione decimata. Non solo: è chiaro come in un mondo con 2/4 gradi in più si sposteranno le aree adatte a molte coltivazioni. Lidl in UK da marzo 2016 avrà in assortimento vino inglese, coltivato nel Surrey dove una volta prosperavano solo segale e patate, mentre Waitrose già offre 100 etichette inglesi e gallesi che nel 2014 hanno aumentato le vendite del 95%. In Sicilia in compenso sono partite le coltivazioni di frutta tropicale, mango ananas e avocado, banana, papaya, litchi, maracujà ma anche Goji, Black Sapote, Feijoa, Guava, Lucuma, Pitanga e Tamarillo.
A livello globale il riscaldamento sta minacciando le coltivazioni di cacao e caffè, ironicamente nel momento in cui la loro diffusione mondiale è ai massimi storici. Ciò potrebbe portare a un innalzamento dei prezzi.
In un mondo sempre più “piccolo”, dalle altre culture si prendono ricette, cotture e ingredienti sostenibili (dal kimchi al ramen, dagli insetti al teff) ma contaminandole ed adeguandole alle nuove esigenze dei “Millennials”: salute, praticità, gusto e novità.

Vedi Annus horribilis per l’olio italiano: -35%, prezzi top, rischio frodi. Porte aperte alla TunisiaArriva dalla Sicilia l’avocado bio solidale di AltromercatoPam Panorama fa comunicazione per “difendere” il suo olio Evo private label;

5- TRADIZIONE
Si ritorna ai cibi della tradizione locale ma anche all’artigianalità e alla lentezza delle preparazioni, al pane preparato con lievito madre e alle birre artigianali. La vita e il lavoro moderni possono essere frenetici e senza orari, ma nella sfera dell’alimentazione si cerca il rito e i processi naturali, in una dimensione nostalgica e positiva di “ibridazione, riconciliazione e non più rottura con il passato” come la definisce il filosofo francese Gilles Lipovetsky. In una sorta di doppio binario si concilia la frugalità estrema e quasi ascetica degli alimenti crudi e naturali, lavorati al minimo, e la concessione al palato, il lusso alimentare, gourmand, eccessivo ma che magari ricorda il passato dell’infanzia.
Al supermercato saranno sempre più diffuse le lavorazioni in loco e a vista, come nel rinnovato Carrefour di Carugate o in quello di Mons, che contiene un birrificio artigianale.
Vedi Carrefour a Mons testa l’evoluzione dell’ipermercato: iperconnesso e con lavorazioni a vistaCarrefour apre a Carugate il primo ristorante Terre d’Italia: è giunta l’ora dei grocerant?;

 

Gli alimenti in ascesa nel 2016

  • Legumi occhi puntati su ceci, lenticchie & Co nell’anno internazionale del legume
  • Insetti almeno in un primo momento “cammuffati” sotto forma di farine e snack energetici
  • Farine alternative e senza glutine e grani antichi teff, amaranto, kamut, kaniwa, freekeh o i più nostrani farro e miglio si aggiungeranno alla quinoa come alternativa al grano
  • Vegetali “cammuffati” da piatto principale, sotto forma di nastri, spaghetti, grani. I più gettonati saranno zucchine, cavolfiore (in gran spolvero), zucca, carote, rape e broccoli.
  • Alghe nuova fonte di proteine vegetali, sostenibili e a basso impatto, ricche di minerali e nutrienti. Ce ne sono infinite varietà
  • Birre artigianali
  • Snack disidratati e chips salutari
  • Avocado già nel 2015 figurava tra i pin più postati nella sezione “food” di Pinterest, specie in “accoppiata” con le uova
  • Grassi “sani” olio Evo, Omega 3, olio di avocado e di sesamo, noci e semi saranno sempre più ricercati
  • Curcuma
  • Caffè e tè aromatizzati, nuove miscele e origini, matcha
  • Cibi fermentati e probiotici
  • Verdure “sane”, verdure “brutte” ovvero esteticamente imperfette. Cavolo rapa, pastinaca e altre radici, zucche di ogni tipo, broccoli, melanzane striate, carote nere usciranno dal ghetto dei negozi biologici e andranno ad arricchire l’offerta dei banchi del fresco, avanguardia e vetrina d’ingresso di ogni supermercato. Ma potrebbero finalmente arrivare anche in Italia le verdure “brutte”, storte, butterate dalla grandine, fuori dallo standard ma comunque sane e gustose, vendute a un prezzo scontato.

Carrefour apre a Carugate il primo ristorante Terre d’Italia: è giunta l’ora dei grocerant?

Riapre totalmente rinnovato e ripensato l’ipermercato Carrefour di Carugate, con tante novità, tra cui la più “succulenta” è senz’altro il primo ristorante targato “Terre d’Italia”, la private label del gruppo francese dedicata ai prodotti del territorio, selezionati e d’alta gamma. Una piccola anteprima in questo senso si era avuta quest’estate a Genova con il bistrot del Carrefour Market di via XX Settembre. Esselunga dal canto suo sembra puntare molto anche nelle nuove aperture sui bar Atlantic, nati un po’ in sordina e che ormai hanno superato la soglia delle 80 unità. La possibilità di mangiare o rifocillarsi nel punto dove si fa la spesa (la logica del “grocerant”, ibrido tra supermercato e ristorante) del resto rientra nell’ottica di invitare un cliente sempre più frettoloso a passare più tempo all’interno del punto vendita dandogli più motivi per “attardarsi” (vd L’avanzata dei “Grocerant”: John Lewis apre altri ristoranti Rossopomodoro).

Ma non è solo il ristorante la novità del punto vendita, che si trova all’interno del centro commerciale Il Carosello in un’area di 12.000 mq, e che ha segnato l’ingresso della catena francese in Italia nel 1972. Il completo restyling, che promette di rinnovare la shopping experience un po’ appannata del formato ipermercato, segue in molto punti il modello recentemente presentato a Mons. Freschi, tessile casa e mondo digitale sono i tre punti focali su cui si basa il nuovo layout.

Cinque sensi allertati: stimolati tutti i sensi a partire dalla vista, grazie ai colori che si alternano lungo tutta la barriera delle casse e che compaiono in ogni reparto; dall’olfatto, inondato dai profumi del pane e dei dolci preparati sul posto; al tatto, stimolato dall’ampia selezione di prodotti touch screen a libero servizio nel reparto tecnologia; al gusto, stuzzicato dalle degustazioni di prodotti artigianali oltre che dal ristorante; e infine l’udito con la diffusione di musica rilassante a creare un ambiente sereno.

Quattro macro aree: “Moda” e “Novità” sono animate da dispositivi tecnologici e digital (tra cui sono presenti il gaming e il chiosco editoriale), mentre “Mercato” e della “Spesa Quotidiana” presentano varie offerte di prodotti che ricordano per tradizione e genuinità il tradizionale mercato di provincia. Un nuovo corner propone frutta e verdura di alta gamma mentre un mercato che richiama il suq medio-orientale offre spezie e aromi. Il pesce trova spazio nel “Sushi Daily”, nel corner e ne banco pescheria con preparati di pesce fresco secondo ricette create ad hoc. I salutisti apprezzeranno il Juice point e l’ampio reparto di prodotti biologici e dedicati alle intolleranze alimentari.

Tecnologia in vendita e in negozio: sono 42 i monitor presenti un po’ ovunque nell’ipermercato dedicati alle novità di prodotto e offerte speciali, ma c’è anche il Digital Mirror nel reparto Moda. AI Grandi Elettrodomestici è possibile testare le ultime frontiere della cucina creativa (Master Chef docet) con gli estrattori di succo e gli slow cooker, e non mancano le novità mobile e wearable e neppure i droni e le applicazioni della domotica.

Tutto per la casa: rinnovati l’offerta dedicata alla casa, che comprende un ferramenta auto con un tintometro per creare la propria tintura ecosostenibile personalizzata. Nel reparto libri, DVD, CD, edicola e carta regalo presenta un’area relax per adulti e bambini che include un corner Lego, sorta di “shop in shop”, e un ampio gamma di giocattoli.

Fatto sul posto. Dal pane cotto a legna, alla mozzarella fatta al momento al corner “Cake design”, largo all’artigianalità alimentare secondo i dettami dalla genuinità e della trasparenza degli alimenti. E per dare un servizio in più anche il reparto macelleria propone prodotti marinati preparati su richiesta.

Un format che sarà replicato? Così sembra a sentire le parole di Grégoire Kaufman, direttore commerciale e marketing Carrefour Italia: «Siamo fiduciosi del successo che avrà nei prossimi mesi [il nuovo ipermercato] perché l’Italia è uno dei mercati ad avere clienti tra più esigenti in Europa. La combinazione di innovazione e tradizione, oltre che di forte coinvolgimento del cliente, offerte per la prima volta in Italia da questo nuovo ipermercato, ci permetteranno di segnare un importante traguardo in termini di mercato e creare un interessante precedente anche per futuri punti vendita sul territorio italiano».

A Natale spese per alimentari su, regali in promozione, l’e-commerce avanza ancora

È stato un Natale post-crisi e gourmand quello appena passato, con spese sostenute sui beni alimentari “tradizionali” e decisioni oculate sugli altri generi dove si sono concentrati i regali, quali elettronica o abbigliamento, giocattoli e articoli per la casa, dove si è preferito cercare le promozioni e si è fatto ampio uso dell’e-commerce.

Secondo Coldiretti per il cenone (“praticato” dall’82% degli italiani) sono stati spesi quest’anno 2,2 miliardi di euro, mentre Codacons stima una cifra ancora più alta, 2,8 miliardi, il 5% in più del Natale 2014. La spesa generale si aggirerebbe invece intorno ai 10,1 miliardi, +3% sull’anno scorso e in crescita per la prima volta dopo otto anni. A tavola si è cercata la tradizione rifuggendo esotismi e delikatessen fuori stagione: largo dunque a pollame, bolliti, cappelletti in brodo e dolci fatti in casa. Un megapaniere Made in Italy che Coldiretti ha così diviso: 850 milioni di euro sarebbero stati spesi per il pesce e le carni (compresi i contestatissimi salumi), 400 milioni di euro per spumante, vino e bevande, 350 milioni di euro per i dolci (panettone e pandoro con il primo scelto dal 76% degli italiani che “batte” il secondo di quasi dieci punti, tranne al Sud), 300 milioni di euro per verdure, frutta fresca e secca e conserve, 200 per pane e pasta e 100 milioni per formaggi e uova.

Se solo nove italiani su cento hanno trascorso il 25 dicembre al ristorante, è stato boom per gli agriturismi, complice il bel tempo e la voglia di prodotti del territorio e genuini: una scelta attuata da 750mila italiani, il 15% in più dell’anno scorso.

Dall’estero poi arrivano i primi dati sull’ormai giornaliera lotta tra retail tradizionale ed e-commerce, con quest’ultimo che anche quest’anno avanza. Nel Regno Unito le visite in negozio sono diminuite del 9% nei giorni precedenti il Natale, disertati a favore di pub e ristoranti (dati Springboard). Per Barclaycard (che effettua metà delle transazioni via carta di credito) le vendite in negozio nei primi dieci giorni di dicembre sono calate del 2,3% mentre l’e-commerce ha registrato un +9,4%.

Anche il fattore meteo, con temperature ben sopra la media stagionale, non ha aiutato le vendite di articoli prettamente invernali quali cappotti, stivali e maglioni.

L’emorragia di visite (e vendite) nei negozi fisici sarebbe però dovuta anche all’usanza esportata dagli USA e sempre più diffusa (quest’anno è partita anche da noi, anche se ancora in tono minore) delle promozioni del Black Friday/Cyber Monday, appuntamento ormai atteso per concentrare gli acquisti spendendo meno. E chi non ci ha pensato, prosaicamente e laicamente ha pensato di rimandare gli acquisti all’appuntamento successivo, che nei Paesi anglosassoni è il Boxing Day, il 26 dicembre, avvio dei saldi. Anche qui però una larga fetta andrà alle vendite online che si prevede cresceranno del 22%. Da noi per i saldi si dovrà invece aspettare fino al 2 gennaio in Sicilia e al 5 gennaio nel resto d’Italia.

Negli USA le vendite natalizie online secondo Forrester aumentaranno ancora quest’anno di un ulteriore 11% raggiungendo i 95,5 miliardi di dollari. Il successo dell’e-commerce è stato, secondo alcuni analisti, spinto anche dall’uso sempre più diffuso di effettuare ricerche e compere via smartphone, con la possibilità di fare acquisiti in pochi minuti e in qualsiasi momento, approfittando delle promozioni e scegliendo i prezzi più bassi.

I commercianti bocciano la Roma del Giubileo: servizi disastrosi e scarse aspettative

Lo stato delle strade, la gestione dei rifiuti, il decoro urbano e la criminalità: sono queste secondo i commercianti romani le aree di interventi più urgenti per ridare smalto a una città in decadenza che, in controtendenza con il resto del Paese, non dà segni di ripresa. Anzi, negli ultimi due anni sembra aver peggiorato i servizi. È quanto emerge da un’indagine di Confcommercio Roma appena presentata ed effettuata dal 18 al 24 dicembre intervistando le imprese del commercio al dettaglio e del turismo di Roma nelle aree presso Città del Vaticano e i percorsi giubilari.

Oltre sette commercianti su 10 infatti (il 73%) ritengono che lo stato generale dei servizi della città di Roma sia peggiorato negli ultimi due anni (autunno 2013 – autunno 2015). Per il 68,6% delle imprese lo stato del proprio quartiere è peggiorato rispetto ai due anni precedenti (autunno 2011 – autunno 2013). Il dato è accentuato presso le imprese del commercio al dettaglio, presso quelle residenti nell’area limitrofa Città del Vaticano e presso quelle con oltre 9 addetti. Occorre intervenire, indipendentemente dal Giubileo, perché ne hanno bisogno la città, i cittadini, le imprese, i turisti: a pensarla così è praticamente la totalità delle imprese romane intervistate.

Dall’Anno Santo non ci si aspetta molto, e quasi nessuno parla di “effetto Giubileo” come si parlava l’anno scorso di “effetto Expo”: per circa sei imprese su 10 i ricavi delle imprese nel 2016 rispetto al 2015 rimarranno invariati, mentre per quasi 9 imprese su 10 resteranno invariati i livelli di occupazione. Solamente il 13,2% pensa che l’opportunità del Giubileo, così come è stata gestita, porterà un qualche genere di miglioramento dell’andamento della propria impresa. I benefici più rilevanti riguarderanno la sicurezza (54,9%) e forse il decoro urbano (42,6%) e i trasporti pubblici, ma non la situazione delle periferie. Solo il 36,7% delle imprese ritiene che il Giubileo si concluderà con un successo per lo meno dal punto di vista commerciale e dell’immagine della città. Non solo: gli intervistati pensano che sia anche peggiorata l’appeal della città sui turisti stranieri.

Secondo il presidente di Confcommercio Roma, Rosario Cerra: “Il tema centrale e’ una caduta di fiducia: siamo partiti con un annuncio del Giubileo che aveva creato molte aspettative ma più passa il tempo più le imprese stanno perdendo la speranza. Roma sta andando in controtendenza rispetto ai dati a livello nazionale che stanno andando verso una lieve ripresa. Il mio omologo di Milano, ad esempio, pochi giorni fa ha illustrato una prospettiva di rimessa in moto della città ma io a Roma non posso dire lo stesso. Roma e’ una eccezione a livello nazionale rispetto alla crescita. Le imprese danno un quadro preoccupante della gestione della città negli ultimi anni e non si tratta di un giudizio politico ma registriamo i dati su ciò che va e su ciò che non va. L’immagine della città si sta piegando su se stessa, non ha uno sguardo positivo. Rispetto al Giubileo, le imprese stanno percependo difficoltà a ottimizzarlo, in particolare per quelle più prossime delle aree giubilari. L’unico vero tema che viene percepito è che aumenterà il livello di sicurezza per l’Anno Santo”.

Shopping natalizio a +10% nella prima settimana per Visa, il picco il 23 dicembre

Potrebbe essere mercoledì 23 dicembre, dalle ore 13 alle 14, il picco delle transazioni via carta di credito per lo shopping natalizio: lo prevede Visa Europe basandosi sugli andamenti degli anni passati. Sarà comunque un Natale “ricco” per i possessori di carta di credito, che già nella prima settimana, quello che dal Black Friday del 27 novembre è terminata il 3 dicembre, hanno effettuato 420 milioni di transazioni in Europa, rispetto all’anno scorso il 14% in più. In Italia si è registrato un aumento di oltre 10 punti percentuali rispetto allo stesso periodo del 2014 e del 22% in confronto alla settimana precedente (20-26 novembre 2015). E gli italiani che hanno fatto acquisti online con carat Visa sono aumentati del 6%, con un incremento del 28% rispetto alla settimana precedente il Black Friday.

Il record di transazioni è stato realizzato invece venerdì 27 novembre, il cosiddetto “Black Friday”, con un nuovo record sui sistemi Visa: 1.793 operazioni al secondo, oltre il doppio di quanto elaborato nel 2009 nell’intera settimana d’inaugurazione dello shopping natalizio. Segno che le tradizionali promozioni a pochi giorni dalle festività, usanza “importata” dagli States, sia nei negozi fisici sia negli store online, hanno funzionato. Segnando volumi di spesa su prodotti Visa del +16% per gli acquisti con Visa nei negozi fisici, e del 29% negli acquisti online rispetto al 2014. Ormai sdoganati dalla paura di frodi online.

Del resto, “Il livello di frodi su carte di pagamento elettroniche che non è mai stato così basso –  ha detto Davide Steffanini, Direttore Generale di Visa Europe in Italia. Parliamo di meno di 5 centesimi ogni 100 euro spesi, cioè circa lo 0,044%, dato peraltro in diminuzione rispetto al 2014, quando il rapporto era allo 0,06%. Al contrario gli ultimi dati relativi alle azioni fraudolente con i contanti dimostrano che queste si aggirano intorno allo 0,1%, più del doppio delle frodi su carte“.

Visa prevede che il record toccato del 27 novembre sarà superato il prossimo 23 dicembre, giornata in cui storicamente si registra il picco delle compere di Natale sui sistemi Visa. Durante tutto il corso della giornata in Europa è prevista una forte crescita delle transazioni al secondo, in tendenza con il costante incremento registrato in questo giorno anno dopo anno. L’anno scorso, ad esempio, il 23 dicembre sono state elaborate da Visa 1.622 transazioni al secondo. Il picco di flusso delle operazioni è avvenuto tra le 13.00 e le 14.00 quando in media sono stati spesi 87.800 euro al secondo su carte Visa.

Il caporalato minaccia l’export dei pomodori Made in Italy

Un’ombra si allunga sull’industria del pomodoro italiana. Da noi non è una novità, ma ora, che la filiera del pomodoro sia fortemente segnata da episodi di caporalato e toccata dalle agromafie lo denuncia anche uno studio dell’Ethical Trading Initiative, associazione che raccoglie aziende, sindacati e Ong con lo scopo di promuovere il rispetto dei diritti dei lavoratori nel mondo. Nel loro ultimo rapporto sotto il mirino è finita la raccolta e l’imballaggio dei pomodori in Italia, che risulta in un “colossale e sistematico” sfruttamento del lavoro dei migranti. I quali guadagnano secondo ETI il 40% meno del salario minimo. Non solo: mentre i lavoratori agricoli “ufficiali” nel nostro Paese sono 116mila, l’Asgi, Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione, valuta che tra legali e illegali a lavorare nei campi italiani siano in 500mila. L’Osservatorio Placido Rizzotto stima che siano 400mila i lavoratori agricoli a rischio caporalato, l’80% immigrati, e che 100mila lavoratori migranti illegali da Paesi non UE abbiano subito un duro sfruttamento e condizioni di vita spaventose. Lo scopo di ETI è chiaro: spingere i distributori a mappare i fornitori delle aree più a rischio e valutare i salari e le ore di lavoro. Non solo: devono anche valutare se le loro condizioni di acquisto influenzino in qualche modo le condizioni cui sono sottoposti i lavoratori.

«Il pomodoro è il gioiello della corona dell’agricoltura italiana. È il prodotto maggiormente esportato e l’Italia è il terzo produttore mondiale di pomodori lavorati. Il lavoro degli stranieri è considerato fondamentale per consentire all’agricoltura italiana di competere sui mercati globali, ma nella corsa al profitto le leggi del lavoro sono costantemente ignorate» ha detto Nick Kightley, consigliere ETI per l’alimentazione e l’agricoltura.

Il messaggio alla GDO britannica è diretto: “se vogliono che la loro catena di distribuzione sia pulita, possono e dovrebbero agire”. Il BRC, British Retail Consortium, l’associazione dei retailer britannici che importano dall’Italia il 60% dei pomodori lavorati, ha già preso posizione: «Prendiamo molto sul serio ogni accusa di trasgressioni all’eticità del lavoro da parte dei nostri fornitori. Il benessere dei lavoratori è di capitale importanza per i retailer membri del British Retail Consortium che stanno lavorando molto per migliorare le pratiche nella loro catena di produzione e distribuzione nel mondo. I membri della BRC studieranno il rapporto di ETI e prenderanno le azioni che riterranno appropriate. Ci auguriamo che le autorità facciano in modo di assicurare che le leggi per il lavoro etico vengano rispettate».

Nomi per ora non ne sono stai fatti ma la questione, se non è proprio un fulmine a ciel sereno, è sicuramente una campanello d’allarme per i produttori italiani, che rischia di minacciare seriamente una parte importante, nonché simbolica, della nostra industria agroalimentare.

 

Bollino etico arma spuntata

Una soluzione avrebbe dovuto venire dal “bollino etico”, il sistema pubblico di certificazione etica del lavoro che fa capo all’Inps, nato nel settembre scorso. In tre mesi però solo 207 aziende hanno ottenuto il riconoscimento su 669 domande presentate e un potenziale di 200mila imprese interessate.

Il 60% dei derivati da pomodori italiani è destinato ai mercati internazionali. La produzione totale italiana nel 2015 secondo Coldiretti sarà di 5,2 milioni di tonnellate di pomodoro fresco (+ 7% sul 2014) con un fatturato di 3 miliardi di euro, 8mila produttori agricoli e 10mila addetti nell’industriale in 110 aziende e 54 Organizzazioni dei Produttori.

Forse, oltre a denunciare il pomodoro contraffatto cinese, sarebbe il momento di guardare nei campi di casa nostra… in un periodo peraltro “d’oro” che ha visto un aumento delle esportazioni per le conserve di pomodoro italiane del 20% delle vendite in valore negli USA, nel 2015 primo Paese di destinazione fuori dall’Ue. Ma ancora per quanto?

Walmart lancia Walmart Pay, pagamenti tramite smartphone nel pdv

Non a caso viene lanciato durante il periodo trafelato delle spese natalizie Walmart Pay, la nuova funzione dell’app di Walmart, prima catena degli Stati Uniti, che consente di pagare dal proprio smartphone alla cassa del supermercato.

Semplice nell’uso – apri, scannerizza e vai – la funzionalità è attiva in qualsiasi cassa e consente di risparmiare tempo. Inizialmente introdotta in alcuni punti vendita selezionati, sarò estesa a tutti i 4.665 supermercati americani entro la prima metà del 2016. L’App già oggi è utilizzata da 22 milioni di clienti e consente, oltre alle funzioni ormai tipiche come la lista della spesa, di accordarsi sulle modalità del ritiro in negozio del proprio ordine click and collect, localizzare un articolo nel punto vendita e riordinare i farmaci di una ricetta.

«L’App di Walmart è stata concepita per rendere la spesa più facile e veloce – ha detto Neil Ashe, presidente and CEO di Walmart Global eCommerce -. Walmart Pay è l’ultimo esempio di come stiamo trasformando la shopping experience dei 140 milioni di clienti che fanno la spesa da noi tutte le settimane collegando senza soluzione di continuità l’online, il mobile e i negozi».

Walmart Pay funziona con i sistemi Android e iOs e con praticamente tutte le soluzioni di pagamento.

Carrefour a Mons testa l’evoluzione dell’ipermercato: iperconnesso e con lavorazioni a vista

Sembra essere la shopping experience completamente rivisitata la ratio che guida il nuovissimo ipermercato che Carrefour ha aperto a Mons, in Belgio. Un po’ piazza del mercato, un po’ libreria, sala giochi e pizzeria, concepito per aree o “universi”, è un ambiente allo stesso tempo sociale ma iperconnesso. Inoltre, propone prodotti e servizi completamente nuovi, che non si trovano in nessun’altra grande superficie in Belgio.

https://youtu.be/PzVF5OhZoNo

La novità più d’impatto sono senz’altro i prodotti preparati, come vuole lo spirito dei tempi, davanti ai clienti, al momento, sul posto e in piena trasparenza, da “dipendenti (in tutto sono 270)-artigiani”. Novità assoluta è la preparazione nel pdv della birra, ma ci sono anche la pizza, la pasta fresca, il pane e il cioccolato, pasticceria, gastronomia (240 ricette preparate in una cucina a vista che focalizza lo sguardo al centro dello spazio). Altre originalità sono il salmone affumicato e il caffè torrefatto sul posto.

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Pantagruelico l’assortimento dell’ipermercato di Mons les Grands Prés, che, su un’area di vendita di 11.700 mq, presenta 600 tipi di birra e 1000 etichette di vino, tra cui 150 grand cru. Sul fronte etnico, 2000 referenze specie di prodotti italiani e americani, scelti pensando al tipo di utenza del punto vendita. Grande la varietà anche dei prodotti senza glutine (210), biologici (600), senza zucchero (120) o dietetici.

Nonostante ciò, il cliente non ha l’impressione di essere intruppato nelle corsie di un gigantesco e freddo ipermercato, ma piuttosto di passeggiare da un negozietto all’altro. E questo anche grazie all’uso dei colori e dei materiali naturali e di scaffali bassi che consentono di abbracciare lo spazio con uno sguardo. Ma anche grazie al fatto che i prodotti sono raggruppati per genere (nello spazio infanzia si trova ad esempio dal biberon all’abbigliamento).

 

Le ultime novità del digitale sono qua
Tutto ciò si accompagna alle più avanzate dotazioni tecnologiche. All’entrata ad esempio un muro digitale consente di ordinare gli articoli pesanti (come l’acqua) per farseli spedire a casa. Ma il negozio è disseminato di terminali dove è possibile ordinare tutto ciò che al momento non si trova nel punto vendita, sia esso un libro o un grande elettrodomestico, un giochi elettronico o un dvd/blu ray. Ma dove si possono anche ottenere informazioni sui vini e gli accostamenti. O creare poster o asciugamani di carta con le proprie foto inviate dal cellulare. Non poteva mancare lo specchio digitale, per guardarsi da tutti i lati e chiedere parere agli amici sui social. Gli spazi dedicati alla ristorazione e i bar sono dotati di wi-fi gratis e di postazioni per la ricarica di cellulari e tablet.

 

Toccare con mano
Il cliente è continuamente invitato ad assaggiare, provare, giocare: in una parola a vivere lo spazio e divertirsi. Numerose le aree dedicate, dallo spazio bimbi con le costruzioni alla sala giochi e video, dall’area lettura in libreria al corner per degustare whisky ai due caffè e due spazi per la ristorazione.

La ristrutturazione di Mons segue il rinnovo dei 44 ipermercati Carrefour belgi che in quattro anni ha portato a un investimento di 150 milioni di euro.

 

Lush fa restyling in Buenos Aires a Milano: più ordine e focus sul prodotto

Scaffali in legno riciclato realizzato da artigiani locali tra Brescia e Bergamo, scuri per dare più risalto al prodotto, piastrelle bianche e fasce nere da cui risaltano i colori sgargianti dei saponi e delle confezioni, aria vintage, che richiama gli anni ’50 inglesi ma anche le vecchie cucine di campagna e il mondo del circo; esposizione “verticale” per categoria (prima era tutto un po’ mischiato); migliore utilizzo dello spazio e più chiarezza espositiva dovuta anche all’aumento delle referenze (200 nuove quest’anno su un totale di 300): sono queste le novità del nuovo corso di Lush, azienda inglese specializzata in cosmesi naturale che in Italia ha 30 pdv diretti e 6 in franchising.

Abbiamo visitato il punto vendita di corso Buenos Aires, il primo a Milano a “cambiare pelle”. In 35 mq tante sono le novità rispetto al passato. I primi negozi già vent’anni fa esibivano quel look shabby chic, legno chiaro riciclato, ceste, scritte a mano su lavagna che ormai vanno per la maggiore un po’ ovunque. Forse per questo l’azienda guidata da Mark Constatine ha deciso di differenziarsi e guardare avanti. Partito dal flagship di Oxford Street inaugurato lo scorso aprile, il restyling interesserà per ora la parte europea degli oltre 900 pdv Lush in 50 Paesi.

Alessandro Andreanelli, Amministratore Delegato di Lush Italia, ci ha spiegato il senso dell’operazione.
«Nel 2015 Lush ha celebrato il suo 20° anniversario e per festeggiare al meglio questa ricorrenza abbiamo inaugurato un imponente flagship store a Londra, nella centralissima Oxford Street. È il negozio Lush più grande al mondo, si sviluppa su tre piani e su una superficie di quasi 1.000 mq, e rappresenta l’emblema dell’innovazione del brand. A seguito dell’apertura di Oxford Street abbiamo avviato un progetto di restyling dei punti vendita in tutta Europa. Anche l’Italia si è allineata a questo progetto, che segue in tutto e per tutto il concept inaugurato con Oxford Street, a partire dal restyling del punto di vendita di Padova a settembre. Il nostro progetto accoglie in pieno la rinnovata filosofia del brand che si propone di coinvolgere sempre più il cliente anche a livello emotivo, accogliendolo in ambienti capaci di regalare una shopping experience unica e avvolgente».

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Nei negozi rinnovati, oltre all’estetica, i clienti troveranno altre novità e di che genere?
«Grazie al progetto di restyling ci poniamo l’obiettivo di comunicare, attraverso ogni più piccolo dettaglio nel punto vendita, i valori chiave che da 20 anni contraddistinguono Lush: lo spirito innovativo che si fonde alla forte artigianalità e alla costante attenzione all’ambiente, l’offerta di prodotti freschi, fatti a mano, 100% vegetariani, realizzati utilizzando materie prime equosolidali e rigorosamente non testati sugli animali. I nostri punti vendita vogliono coinvolgere i clienti in una shopping experience distintiva e si propongono di rappresentare e raccontare al meglio le peculiarità del brand: abbiamo inventato i nostri prodotti in maniera non tradizionale e offriamo ai clienti prodotti freschi e auto-conservanti in un’industria orientata a far durare i prodotti anni e anni. Con l’apertura di Oxford Street inoltre abbiamo introdotto quasi 60 nuovi prodotti, da rivisitazioni di prodotti iconici a vere e proprie innovazioni di settore, come ad esempio i dentifrici solidi e le gelatine da doccia».

Carrefour lancia “Tous AntiGaspi”, la private label antispreco e sostenibile

Prodotti che andrebbero altrimenti gettati perché di forma o aspetto difettoso, riutilizzati e immessi sul mercato: da gennaio faranno parte di una private label dedicata allo spreco zero di Carrefour in Francia, battezzata “Tous AntiGaspi”.
L’iniziativa, in collaborazione con il collettivo Les Gueules cassées già protagonista di varie azioni in passato con la GDO francese (vd il nostro articolo) è stata anticipata da “Le Figaro” che ha indicato come i primi prodotti del nuovo marchio, dei cereali per la colazione, saranno messi i vendita in 228 ipermercati Carrefour del Nord-Ovest della Francia. Ma l’insegna francese già quest’anno aveva commercializzato dei camambert invendibili perché “fuori taglia” rispetto allo standard, sempre in collaborazione con la “mela che ride” simbolo di Les Gueules cassées.
«Per essere venduti nei nostri supermercati sotto questo marchio un prodotto dovrà seguire alcuni criteri» ha chiarito a “Le Figaro” Bertrand Swiderski, direttore responsabilità sociale e ambientale Carrefour – deve essere stato prodotto seguendo la stessa ricetta e avere le stesse garanzie di sicurezza alimentare del suo equivalente “bello” (ovvero non alterato); essere venduto in un pdv che si trovi nella stessa regione della fabbrica; costare circa il 30% meno dell’”originale». Infine, non ci sarà alcuna garanzia sulla disponibilità del prodotto “perché per definizione questi prodotti sono scarti di produzione; non ci pensiamo nemmeno a produrre sistematicamente partite difettose!” Un centesimo di ogni prodotto venduto della nuova linea andrà inoltre a fondi e iniziative per la lotta contro la fame nel mondo.
Carrefour non è nuovo ad iniziative anti-speco: ad esempio ha già tolto o prolungato la data di scadenza da tutta una serie di prodotti a marchio (vd il nostro articolo).

Che la lotta allo spreco sia una questione reale sul banco di istituzioni e aziende in vari Paesi lo dimostra anche l’attenzione suscitata dal progetto Les Gueules cassées, pronto a sbarcare in altri Paesi tra cui USA (con il nome Ugly Mugs), Inghilterra, Giappone e Germania. E che ha appena attirato 6 milioni dal fondo di investimento americano Global Emerging Markets per lo sviluppo del concept in America del Nord e del Sud e in Medio Oriente. Affascinati anche loro, evidentemente, da questa “buona idea di buon senso” come la sintetizza il fondatore Nicolas Chabanne.

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