CLOSE
Home Authors Posts by Anna Muzio

Anna Muzio

Anna Muzio
2122 POSTS 0 COMMENTS

Tesco per incentivare i prodotti private label propone l’assaggio

Si chiama “Try before you Buy” il progetto pilota ideato da Tesco, la maggiore insegna britannica, in sei pdv del Regno Unito. Obiettivo: far assaggiare il prodotto private label per incentivarne le vendite. Si tratta di prodotti freschi pronti, in particolare quelli che si acquistano di solito per pranzo, come sandwich, insalate e torte. Un modo per migliorare l’immagine della marca commerciale, un po’ offuscata. La prima insegna del Regno Unito si trova in difficoltà nella “guerra dei supermercati” che imperversa ormai da tempo sul suolo di Albione, con i due discount tedeschi, Lidl e Aldi, che guadagnano quote di mercato anno su anno, grazie a prezzi aggressivi ma anche a campagne pubblicitarie a tappeto e a volte assai creative dove si tolgono gli abiti un po’ dimessi del discount, e si propongono come retailer capaci di proporre prodotti (anche) di qualità.

Ecco quindi Tesco passare al contrattacco. “Siamo veramente orgogliosi dei nostri prodotti e vogliamo aiutare i nostri clienti a comprarli con fiducia” ha detto un portavoce della compagnia.

 

Private label e scelte salutiste
Tesca mira a incentivare tutte le referenze a marchio commerciale, anche tramite una politica di selezione delle marche che potrebbe portare al “taglio” di un terzo delle referenze sugli scaffali, a favore della private label. Un modo per calmierare i prezzi e aumentare i margini.
È una strategia che punta, quanto meno nelle intenzioni dichiarate, anche a “educare” il consumatore a un’alimentazione più sana e sostenibile. In questo senso possono essere lette le innovative referenze veggie come gli spaghetti di verdure (Tesco Pam e le altre: le private label puntano sul vegetariano), la scelta di togliere gli snack e le bevande dolci dall’area casse (Tesco toglie i dolci dalle casse, decisione presa anche in alcuni U2 in Italia) e di ridurre lo zucchero dalle bevande Pl (Tesco ridurrà lo zucchero del 5% ogni anno nelle sue bevande gassate), e che ha già visto cadere “teste” importanti dall’assortimento, come i succhi zuccherati di Ribena e Capri Sun.

Carrefour punta su online e non-food acquisendo il sito Rue du Commerce

Si approfondisce la strategia multicanale di Carrefour Francia, che ha annunciato di essere in “trattative esclusive” con Altarea Cogedim per l’acquisizione del 100% della società Rue du Commerce. Il sito www.rueducommerce.fr, specializzato in elettronica di consumo, ha 5 milioni di visitatori unici al mese e un giro d’affari di 317 milioni di euro nel 2014, e consentirebbe anche all’insegna francese di “rafforzarsi sull’e-commerce non alimentare grazie al supporto di competenze complementari alle sue” come si legge in un comunicato.
Il non alimentare conta a tutt’oggi per Carrefour il 20% delle vendite. La volontà è di potenziare il settore sviluppando il sito che ospita aziende manifatturiere terze e percepisce una percentuale sulle vendite.
L’acquisizione, soggetta all’approvazione dell’autorità della concorrenza e previa consultazione con i sindacati, dovrebbe avere luogo agli inizi del 2016.

Alimentazione domestica -14% in 20 anni per Confcommercio, e ora cresce il fuori casa

Si è alleggerito il carrello degli italiani negli ultimi 20 anni, con un calo a due cifre (-14%) degli acquisti di beni alimentari e un incremento di telecomunicazioni, tempo libero e vacanze, voci passate nel paniere di spesa delle famiglie italiane da una quota del 23,7% del 1995 al 28% del 2007. Lo rivela un’analisi dell’Ufficio Studi ConfcommercioIn particolare, l’andamento degli acquisti per i pasti domestici ha subito un’andamento altalenante con un crollo recente: -2,5% medio annuo nel periodo 2008-2012, -4,5% nel 2013, -0,9% nel 2014.

Nel lungo periodo si evidenzia un incremento dei consumi negli ultimi venti anni del 10%, con uno sviluppo complessivo tra il 1995 ed il 2007 del 19% e una flessione del 7,6% dall’inizio della crisi al 2014.

In aumento c’è la domanda di servizi, che passa come quota di spesa delle famiglie dal 43,6% del 1995 al 52,6% del 2014. Una crescita avvenuta a scapito di altri settori: oltre all’alimentare, mobili e articoli di arredamento (-28%), mezzi di trasporto (-18,2%) e abbigliamento (-8%) sono le voci di consumo che, dal 1995 ad oggi, hanno registrato le maggiori riduzioni in termini pro capite.

Nel 2015 più pasti fuori casa e tempo libero

Venendo ad oggi, nel corso del 2015 l’analisi di Confcommercio prevede, in termini pro capite, un andamento positivo in tutti i settori, con l’unica eccezione della cura del sé e della salute (-0,1%). Le funzioni di consumo più dinamiche dovrebbero essere quelle relative alle spese per viaggi e vacanze (+4%) e per la mobilità e le comunicazioni (+2%). La ripresa dei consumi sembra poi privilegiare i consumi fuori casa rispetto a quelli domestici, con una modesta diminuzione per l’alimentazione domestica (-0,1%) ed una crescita abbastanza sostenuta per i pasti fuori casa (+3,1%).

A livello delle singole voci di spesa i dati stimati per il 2015 evidanziano come tra le dieci voci più dinamiche vi siano quasi esclusivamente prodotti e servizi legati in diverso modo alla fruizione del tempo.

 

 

La previsione delle singole voci di spesa var. % in termini reali pro capite (2014-2015)

le 10 voci di consumo più dinamiche…
20142015
1Apparecchi telefonici19,71Apparecchi telefonici7,0
2Elettrodomestici bruni e IT6,22Servizi alberghieri e alloggiativi4,6
3Servizi telefonici5,43Servizi di trasporto3,7
4Gioielleria e altro2,44Servizi telefonici3,5
5Frutta1,75Pubblici esercizi3,1
6Prodotti medicinali e altro0,56Elettrodomestici bruni e IT2,7
7Assicurazioni0,57Spese esercizio mezzi di trasporto2,1
8Servizi alberghieri e alloggiativi0,48Servizi ricreativi e culturali1,8
9Vegetali incluse le patate0,29Altri articoli ricreativi1,5
10Elettricità, gas e altri combustibili0,110Vacanze tutto compreso1,3
…e le 10 voci di consumo meno dinamiche
47Servizi sociali-1,847Libri-0,2
48Mobili e articoli d’arredamento-2,248Giornali, articoli di cancelleria-0,2
49Cristalleria e utensili casa-2,449Latte, formaggi e uova-0,2
50Spese esercizio mezzi di trasporto-2,550Istruzione-0,3
51Fiori, piante, animali domestici-2,751Generi alimentari n.a.c.-0,3
52Acqua e altri servizi-2,952Servizi postali-0,3
53Acquisto mezzi di trasporto-4,153Oli e grassi-0,5
54Giornali, articoli di cancelleria-5,254Altri servizi-0,6
55Vacanze tutto compreso-6,255Zucchero e altro-0,8
56Altri durevoli per la ricreazione-6,856Tabacchi-1,8

Fonte: Elaborazioni e previsioni Ufficio Studi Confcommercio su dati Istat.

Non stupisce insomma che, dopo un arretramento e un concentrarsi delle famiglie in periodo di crisi sui beni essenziali, con l’attenuarsi della recessione e con il probabile avvio della ripresa le famiglie tornino a incrementare la quota di spesa destinata al soddisfacimento di bisogni considerati meno essenziali.

Centri commerciali, aumentano del 3,4% i visitatori nel 2014

Crisi alle spalle per i centri commerciali? Forse, quel che è certo è che nel 2014, secondo il rapporto rilasciato dall’ICSC, International Council of Shopping Centres, è aumentato il numero dei visitatori in Europa, dell’1,2%. Ed è proprio l’Europa del Sud che ha visto gli incrementi maggiori, con l’Italia, insieme a Spagna, Portogallo e Turchia, che ha segnato un +3,4% di visitatori sul 2013.

“I consumatori hanno votato con i loro piedi, dimostrando la loro preferenza verso il modello del centro commerciale – ha detto Mike Morrissey, vicepresidente esecutivo e chief global coordination officer di ICSC -. La ricerca mostra ancora una volta il desiderio delle persone di ottenere un’esperienza di acquisto e luoghi coinvolgenti, socializzanti e interessanti”. “Nonostante la crescita dell’e-commerce i centri commerciali europei stanno percorrendo la giusta via – ha aggiunto Alexander Otto, presidente del comitato esecutivo dell’ICSC -. Offrono un’esperienza unica che l’online non può dare. Dobbiamo raccogliere le sfide dei mercati odierni, coglierne i bisogni per rendere i nostri centri commerciali attraenti per i clienti di oggi e di domani”

La ricerca si basa su un campione di 400 centri che coprono una superficie di vendita di 18,6 milioni di metri quadri in tutta Europa.

 

GDO e social (Infografica), Lidl spopola Coop prima delle “italiane”

Lidl sul podio, seguito da Carrefour e Auchan, Coop prima insegna tra le “italiane”: in generale, si potrebbe fare di più e meglio. Un rapporto non facile quello tra le insegne della grande distribuzione italiana e la grande distribuzione emerge dall’infografica elaborata da Digimind, che mette a confronto le performance degli 8 grandi player del panorama distributivo, con particolare focus ai dati di Community, Interazioni e Publication sui principali social: Facebook, Twitter, Youtube, Google plus, LinkedIn e Instagram. I dati, raccolti nel periodo dall’1 luglio all’8 agosto, mostrano comunque uno scenario assai diversificato da insegna ad insegna, sia in termini di utilizzo dei vari media sia di presenza online.

Risalta il fatto che le prime tre insegne per community non sono italiane. Per quanto riguarda le menzioni, il retailer più citato sui Social Media è Lidl (5.8308), seguito da Carrefour (5467) e Auchan (2.181). Coop Italia è distanziato al quarto posto con 1560 menzioni.

Lidl come abbiamo avuto modo di sottolineare più volte ha una politica social aggressiva e creativa, in Italia (vd Lidl fa promozione social con l’app Pizza Fantastica) e all’estero (vd Lidl lancia in Francia una serie web dedicata al Bbq) che le hanno valso anche dei premi, anche se non copre uniformemente tutti i canali.

Coop con due account è il “postatore” più prolifico (386), seguito da Lidl (180) e Carrefour (99). Sul fronte dei social preferiti Twitter sembra spopolare. Secondo i dati di Digimind, il 56% delle menzioni è costituito da tweet, seguito dai post di Facebook (22%) e dalle news del Web (12%). Ma solo due insegne (Coop Italia ed Eurospin) hanno deciso di presenziare questo canale.

Emblematico il caso di Esselunga, che non ha alcuna presenza attiva sui social.

 

IT Food Retailers Infografica

Celiaci, due su tre sono donne: un convegno Aic il 2 settembre a Expo

È un mercato stimato in 237 milioni di euro con una crescita continua a due cifre quello dei prodotti gluten free, necessari per chi soffre di celiachia, l’intolleranza al glutine. Fatto poco noto però è che la celiachia, intolleranza sotto diagnosticata che, con i prodotti gluten-free, sta avendo uno spazio sempre più importante sugli scaffali dei supermercati e nei menu dei ristoranti, colpisce soprattutto le donne: due su tre casi diagnosticati. Ciò significa che nel nostro Paese 115.000 donne hanno ricevuto la diagnosi di celiachia mentre 280.000 sono celiache ma ignorano di non tollerare il glutine (il 70% dei casi su circa 400.000 pazienti infatti non è diagnosticato), e sono quindi esposte alle complicanze dell’intolleranza al glutine come osteoporosi o menopausa precoce, anemia e problemi di fertilità.

Se ne parlerà il 2 settembre alle 11,30 a “Donna e Celiachia”, un incontro presso lo Spazio Donna del Padiglione Italia in Expo 2015 a cura dell’AIC, Associazione Italiana Celiachia. Lo Spazio Donna, uno spazio in “rosa” curato dal Ministero della Salute che prevede presentazioni, workshop, contenuti multimediali per tutta la durata dell’Esposizione Universale.

Il tema “Donna e Celiachia” è affidato al Dottor Marco Silano, membro dell’Istituto Superiore di Sanità e Coordinatore del Board Scientifico dell’Associazione Italiana Celiachia. Proprio il Board Scientifico di AIC cura da quest’anno un progetto interamente dedicato alle donne per aiutarle a riconoscersi anche in presenza di sintomi non classici della celiachia, come ad esempio la sterilità senza altra causa, l’endometriosi, un menarca tardivo o una menopausa precoce, le alterazioni del ciclo e l’amenorrea. Di divezzamento parlerà invece la Dottoressa Elena Lionetti, membro del Board Scientifico AIC e autrice di un importante studio sull’alimentazione nel primo anno di vita dei bambini a rischio di sviluppare la celiachia.

AIC ha realizzato una breve guida rivolta al grande pubblico e scaricabile gratuitamente in forma digitale dal sito istituzionale dell’Associazione www.celiachia.it.

Il pop-up Pantone Cafè trasforma caffè e panini in colore

Brandizzare il caffè o i panini, assegnando a ciascuno un colore. E non uno qualsiasi, ma una sfumatura precisa perché preso dalla palette più famosa del mondo, il catalogo di classificazione dei colori Pantone. L’ultima frontiera della store experience lato ristorazione si trova al Pantone Cafè nel Principato di Monaco. Nel pop up, aperto fino al 9 settembre presso il centro congressi Grimaldi Forum da Monaco Restaurant Group in collaborazione con Pantone, è possibile ordinare un gelato Vanilla Ice 11-0414, un pasticcino Pistachio Green 13-0221, un sandwich Tomato Red Mozza White 18-1660 o un succo Vibrant Orange 16-1364. Perché ogni voce nel menù è legata a un colore preso dai 2058 della gamma Pantone Goe System, attraverso un collegamento psicologico o intuitivo. I clienti sono invitati ad “assaggiare il colore” combinando vista, gusto e design in una sorta di “esperienza culinaria sensoriale”.
Il sistema di colori Pantone è utilizzato anche nel layout e nei complementi, dai tovaglioli ai bicchieri alle bottiglie, mentre le macchine dell’espresso riportano i tre colori fondamentali Ciano, Magenta e Giallo, sul quale si basano praticamente tutte le stampanti a colori.
Il concept sarà riprodotto in altre location come musei o luoghi legati al mondo della moda, in giro per il mondo.

[Not a valid template]

Al via le nuove regole per la IV gamma. L’UNC chiede “controlli a tappeto”

Mai più sopra gli 8°C e indicazioni chiare sulle confezioni circa conservazione, preparazione e durata: sono le nuove regole in vigore da pochi giorni sui pro​dot​ti or​tofrut​ti​col​i di IV gamma.

Ecco le principali regole, pre​vi​ste dal de​cre​to at​tua​ti​vo 20 giu​gno 2014 dell​’art. 4 della legge n. 77/2011:

1) Nei sup​er​mer​ca​ti e nei ne​go​zi i pro​dot​ti or​to​frut​ti​col​i di IV gamma do​vran​no es​se​re man​te​nu​ti ad una tem​pe​ra​tu​ra in​fe​rio​re a 8°C.

2) È cons​en​tit​a l’ag​giun​ta di in​gre​dien​ti di ori​gi​ne ve​ge​tal​e non fre​schi o secchi, ma in quan​ti​tà non supe​rio​re al 40% del pro​dot​to fi​ni​to.

3) Sulla con​fez​io​ne do​vran​no es​se​re ri​por​ta​te,“in un punto evi​den​te dell​’e​ti​chetta, in modo da es​se​re fa​cil​men​te vi​si​bil​i e chia​ra​men​te leg​gi​bi​li“:

a) “pro​dot​to (op​pu​re il tipo di pro​dot​to, ad es. in​sal​a​ta) la​va​to e pron​to per il con​sumo“, o “pro​dot​to lava​to e pron​to da cuo​ce​re“;
b) le istru​zio​ni per l’uso per i pro​dot​ti da cuo​ce​re;
c) la di​ci​tu​ra: “con​ser​va​re in fri​go​ri​fe​ro a tem​pe​ra​tu​ra in​fe​rio​re agli 8°C“;
d) la di​ci​tu​ra: “con​su​ma​re entro due gior​ni dall​’a​per​tu​ra della con​fe​zio​ne e co​mun​que non oltre la data di sca​den​za”, a meno che il pro​dot​to non sia da cuo​ce​re nella con​fe​zio​ne in​te​gra.

In questo modo, non sarà più possibile farintendere tra prodotti lavati e pronti all’uso con quelli da cuocere. Inoltre, l’obbligo di mantenere il prodotto a una temperatura inferirore agli 8°C vale lungo tutta la filiera, carico/scarico, stoccaggio in magazzino e trasporto inclusi.

 

Controlli a tappeto

L’UNC, Unione Nazionale Consumatori, chie​de alle au​to​ri​tà com​pe​ten​ti di effettuare con​trol​li a tappeto per ac​cer​ta​re eventuali vio​la​zio​ni ed in​vi​ta il con​su​ma​to​re a se​gna​la​re inos​ser​van​ze. Tra i nuovi obb​li​ghi, sotto la lente c’è quello di manten​e​re i pro​dot​ti or​to​frut​ti​col​i ad una tem​pe​ra​tu​ra inferio​re a 8°C, e non tutti i punti vendita sono at​trez​za​ti con fri​go​ri​fe​ri adat​ti. “Sono prod​ott​i che si sono af​fer​ma​ti sul mer​ca​to per la loro como​di​tà e pra​ti​ci​tà, anche se, ov​via​mente, que​ste qual​i​tà si paga​no. Le nuove dis​po​si​zioni sono un passo avan​ti in ma​te​ria di si​cu​rez​za ali​men​ta​re e verso la traspa​ren​za e la cor​ret​ta in​for​ma​zione del con​su​ma​to​re. Un raff​or​za​men​to delle sue tu​tel​e, anche se alcune pre​vi​sio​ni po​tran​no com​por​ta​re un au​men​to dei costi” ha di​chia​ra​to Ago​sti​no Macrì, responsabile dell’A​rea si​cu​rez​za ali​men​ta​re dell​’Unione Na​zio​nal​e Con​su​ma​to​ri.

In ogni caso,  i pro​dot​ti eti​chet​ta​ti o im​mes​si in com​mer​cio non con​for​mi alle nuove di​spo​si​zio​ni potran​no es​se​re com​mer​cial​iz​za​ti fino a esau​ri​men​to delle scor​te e, quin​di, al​me​no per al​cu​ne di queste re​gol​e, come per l’e​ti​chet​ta​tu​ra (ma non per la con​ser​vaz​io​ne a -8°C), po​treb​be es​ser​ci qualche gior​no di tol​le​ran​za prima che scat​ti​no le san​zio​ni, ma trattandosi di prodotti freschi, l’UNC giudica che questo si proprogherà “al mas​si​mo fino al 20 ago​sto”.

A Brooklyn Nike “localizza” il pdv con il Community Store

Il punto vendita non è solo, non può più essere solo un luogo puramente commerciale se vuole sopravvivere all’e-commerce. Deve dare servizi, deve intrattenere, ma tutto questo a volte non basta. Nike sta sperimentando nuovi formati come i Community Stores, fortemente integrati con le comunità locali per le quali ambiscono a diventare centri di aggregazione, proponendo attività ma anche “pescando” almeno l’80% del personale (gli “store athlets”) nel raggio di cinque miglia dal negozio.

“I Nike Community Stores hanno a che fare con le radici del vicinato e le connessioni della comunità” ha detto Dennis van Oossanen, Vice Presidente di Nike North America Direct to Consumer business. “Abbiamo cercato una location che fosse istantaneamente riconoscibile e che esprimesse lo spirito unico di Flatbush e di Brooklyn, amplificando i valori del brand Nike.”

La mission dei negozi Community è quella di costruire e potenziare una comunità locale sana attraverso il potere unificante dello sport e da servire come un catalizzatore per una scelta positiva attraverso la partnership con associazioni locali. Il negozio di Brooklyn è il quinto Community Store Nike aperto negli Stati Uniti.

[Not a valid template]

Divisioni per genere, è ora di finirla? Target pensa di sì

Foto dal blog "Let Toys Be Toys".

Dividere gli articoli per genere, maschile o femminile, può avere un senso per alcuni prodotti, come la biancheria intima o alcuni prodotti di igiene personale. Ma quando si passa a considerare i giocattoli o i vestiti, specie per bambini ma non solo, o magari anche gli snack e i prodotti per il fitness ha sempre lo stesso senso? Probabilmente no, anzi sono sempre di più le associazioni, come la britannica PinkStinks, che lottano per liberare ad esempio i giocattoli dalle rigide divisioni di genere: bambole per le bambine, giochi da costruzione per i maschi.

Il tema è molto dibattuto nei Paesi anglosassoni tanto che alcuni retailer stanno “correndo ai ripari”. Abbiamo già parlato di Selfridges che ha dedicato un piano ad Agender, la moda “senza genere”, ed ora arriva l’annuncio di Target, catena americana che vende di tutto un po’, dall’abbigliamento ai giocattoli agli alimentari al grocery, che ha deciso di togliere, dove possibile, ogni riferimento al genere.

Come si legge in una nota “Non vorremmo mai che i nostri clienti o le loro famiglie si sentano frustrati o limitati dal modo in cui presentiamo le cose. Negli anni scorsi alcuni clienti hanno avuto da ridire su alcuni cartelli che offrono suggerimenti sui prodotti basati sul genere. In alcuni casi come l’abbigliamento in cui ci sono differenze di taglia e indossabilità, questo ha un senso. Da sempre i clienti ci hanno detto che quando comprano qualcosa, specie se non è per se stessi, i suggerimenti basati su età, sesso e marca aiutano a trovare le cose più facilmente. Ma sappiamo che i bisogni e le preferenze cambiano e, come hanno rilevato alcuni clienti, in alcuni dipartimenti come Giocattoli, Casa o Intrattenimento, dividere i prodotti per genere non è necessario. Al momento il nostro staff sta lavorando nei punti vendita per identificare le aree in cui possiamo rimuovere gradualmente la segnaletica basata sul genere. Ad esempio nell’area delle lenzuola per bambini non ci saranno più cartelli che fanno riferimento a bambini o bambine, così come nell’area dei giocattoli, dove toglieremo anche l’uso di colori come rosa o azzurro dietro agli scaffali. Questi cambiamenti saranno evidenti nei prossimi mesi”.

BrandContent

Fotogallery

Il database online della Business Community italiana

Cerca con whoswho.it

Diritto alimentare