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Anna Muzio

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Almaverde Bio Market, in Emilia-Romagna le tre nuove aperture

Bologna, Parma  e Reggio Emilia: sono le “piazze” scelte da Almaverde per aprire nel corso del mese di dicembre i punti vendita del brand Almaverde Bio Market, inaugurato a Milano in corso Sempione sei mesi fa. Positivi i risultati dello store pilota che ha registrato una crescita del 25% del fatturato dai primi mesi di attività e percentuali di crescita di oltre il 40% per l’area degustazione /bistrot.

Il progetto Almaverde Bio Market nasce da Organic Food Retail Srl, società specializzata nel retail controllata dalla KI Group SpA, azienda con oltre 40 anni di esperienza nel bio. Organic Food Retail è socia del Consorzio Almaverde Bio Italia ed è licenziataria del marchio per la realizzazione di negozi specializzati.

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Sono oltre 1200 i negozi specializzati in bio in Italia e 150 i supermercati con oltre 4500 referenze alimentari in vendita, a cui si aggiungono le 450/500 referenze biologiche presenti nella Gdo. (Fonte: Federbio e Ismea).

Gli Almaverde Bio Market sono punti vendita che intendono abbinare le caratteristiche funzionali del supermercato rigorosamente dedicato al biologico alla componente esperienziale data dalla possibilità di scoprire i valori del bio nelle sue diverse sfaccettature merceologiche e degustarne i sapori nell’accogliente area bistrot, presente all’interno del market. In questo senso vanno anche le iniziative organizzate regolarmente all’interno del supermercato con presentazioni e degustazioni a base di ricette originali,  frutto della collaborazione con la Food Genius Academy di Milano e con lo Chef stellato Luciano Monosilio

Almaverde Bio Market offre circa 3.700 articoli, dall’acqua, alle birre, ai prodotti per l’infanzia, a quelli senza glutine, all’intera gamma dei freschi, con una ampia scelta modulata anche  dall’obiettivo della convenienza.

“Dopo aver messo a punto il format a Milano – spiega Natale Mainieri, Consigliere Delegato di Organic Food Retail – già da  fine dicembre arriveranno le aperture degli Almaverde Bio Market a  Parma, Reggio Emilia e Bologna con la stessa impostazione di Milano. La scelta di queste tre location è strategica e mira a valorizzare il nostro sistema di offerta e raccogliere consensi nella ‘food valley’ italiana e nelle sue capitali dell’eccellenza gastronomica”.

Una società per la commercializzazione

Nel frattempo le imprese produttrici dei prodotti Almaverde Bio, fino ad ora autonome sul piano delle vendite ma in sinergia per la comunicazione e la politica di marca, hanno deciso di realizzare una nuova organizzazione per la commercializzazione che permetterà una distribuzione più capillare dei prodotti ed una costante ricerca di nuove proposte che sapranno accompagnare l’attenzione e l’interesse verso l’alimentazione biologica di un sempre più vasto numero di consumatori, anche con prodotti salutistici, funzionali e gluten-free. Con queste premesse Natura Nuova, Fruttagel, Molino Spadoni, Besana Group e Isalpa/Gruppo Saclà, aziende licenziatarie del marchio Almaverde Bio, hanno dato vita al ‘Almaverde Bio Ambiente Spa’, una società che gestirà la vendita e la distribuzione dei prodotti a marchio Almaverde Bio appartenenti alla cosiddetta categoria ‘ambient’, ovvero tutti i prodotti a marchio AlmaverdeBio esclusi i freschi e i surgelati, con servizi adeguati ai diversi canali commerciali, dalla Gdo al NormalTrade, all’Horeca fino alla vendita on-line.

Cpr System: anche il pallet può essere green

CPR SYSTEM, primaria azienda italiana che produce imballaggi  riutilizzabili a sponde abbattibili, conferma la sua vocazione alla sostenibilità e alla tutela dell’ambiente. I suoi pallet in legno hanno infatti ottenuto la certificazione forestale PEFC, che attesta la provenienza da aree boschive gestiste secondo criteri di sostenibilità.

Questo significa che la materia prima legnosa utilizzata deriva da foreste gestite in maniera sostenibile secondo rigorosi disciplinari che obbligano alla conservazione della foresta come habitat per animali e piante; al  mantenimento della  funzione protettiva delle foreste nei confronti dell’acqua, del terreno e del clima; alla tutela della biodiversità degli ecosistemi forestali; alla verifica dell’origine delle materie prime legnose; alla esecuzione del taglio delle piante rispettando il naturale ritmo di crescita della foresta; al rimboschimento delle aree tagliate o alla rigenerazione e rinnovo naturale e infine alla tutela dei diritti e della salute dei lavoratori e dei proprietari forestali.

La certificazione ottenuta da CPR SYSTEM è un nuovo tassello che conferma l’attenzione dell’azienda romagnola verso le tematiche ambientali, partita con l’utilizzo di imballaggi in plastica riutilizzabili e riciclabili movimentati con il sistema a ciclo chiuso a impatto ambientale zero. Non solo. Il  Pallet di legno verde di CPR SYSTEM, grazie al sistema di gestione efficiente, ha costi di utilizzo molto competitivi rispetto ai concorrenti, oltre al nuovo, importante plus a livello ambientale.

L’utilizzo  dei pallet CPR SYSTEM non è destinato solo all’ortofrutta, è infatti attivo da qualche mese anche con il segmento deperibili a marchio Conad grazie al quale si stanno sviluppando importanti movimentazioni con potenziali di sviluppo anche nei prossimi mesi.

Il sistema Pallet di CPR SYSTEM  e’ operativo dal 1 aprile 2009 ed in cinque anni di attività è stato in grado di offrire agli oltre 1000 soci una modalità di movimentazione competitiva  che ha raggiunto oggi numeri al di sopra delle aspettative, con circa 5 milioni di movimentazioni e un trend in crescita.

L’olio Monini è sempre più green

Due tra gli oli extra vergine d’oliva più pregiati Monini, il BIOS e il D.O.P. Umbria, sono stati sottoposti a uno studio completo di LCA (Life Cycle Assessment con metodologia “dalla culla alla tomba”) per arrivare a definirne la Carbon Footprint (CFP), l’indicatore ambientale che quantifica il contributo di un singolo prodotto al riscaldamento globale, considerando l’intero ciclo di produzione. L’unità di misura è espressa in termini di kg di CO2 equivalente ai sensi della ISO/TS 14067:2013, una norma internazionale di recente emanazione che Monini è tra le prime a livello internazionale e tra le pochissime del proprio settore produttivo a utilizzare.

È stata analizzata l’intera filiera Monini: dalla fase di coltivazione e raccolta delle olive, attraverso il loro trasporto al frantoio e l’estrazione dell’olio, alla filtrazione e al confezionamento, fino alla produzione degli imballaggi, alla distribuzione del prodotto finito, all’uso e al fine vita del prodotto e del suo imballaggio. Alla luce dei dati raccolti, Monini ha individuato diverse attività per il miglioramento della carbon footprint dei due oli: contenimento dei consumi energetici e dei prodotti chimici (questi ultimi solo per il D.O.P. Umbria) per la fase di coltivazione delle olive, studio di un imballaggio a bassa impronta di carbonio e il contenimento dei consumi elettrici per le fasi di estrazione dell’olio al frantoio e di confezionamento.

Monini ha anche deciso di compensare le emissioni di gas a effetto serra del ciclo di vita degli oli extra vergine d’oliva BIOS e D.O.P. Umbria non evitabili, attraverso il finanziamento di un’attività in grado di assorbire/evitare tonnellate di CO2 in atmosfera. Per fare ciò è stato scelto il progetto China Anhui Guzhen Biomass, che consiste nella realizzazione e installazione di un boiler da 130t/h e di un generatore a turbina a vapore da 30MW nella contea di Guzhen, contea della provincia di Anhui, nella Cina orientale. Scarti della lavorazione del legno, della coltivazione del riso, del mais e delle arachidi, invece di essere gettati vengono utilizzati come combustibile per la generazione di energia elettrica. La produzione annuale di energia attesa è di 186,900 MWh, che vengono immessi nella East China Power Grid. Due gli effetti positivi sul clima: la riduzione di gas effetto serra e l’aumento dell’utilizzo di energia pulita.

La CFP si aggiunge ai progetti già portati a termine da Monini a favore dell’ambiente e della sostenibilità. Tra questi, c’è l’installazione di un impianto fotovoltaico presso lo stabilimento, l’acquisto di energia da fonti rinnovabili certificate e i packaging eco-sostenibili in vetro riciclato.

Food Made in Italy, il re è il Parmigiano

Se lo aggiudica il Parmigiano Raggiano il podio di un’ideale “gara tra big”, che vede protagoniste le eccellenze culinarie Made in Italy. È il risultato di un contest promosso dal sito I Love Italian Food, realtà non- profit nata nel 2013 con la mission di difendere e diffondere la cultura del cibo italiano di qualità, tra oltre 700 mila appassionati di cibo italiano provenienti da tutto il mondo.

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I “Magnifici 12” secondo la classifica di I Love Italian Food

Chiamati a scegliere le icone della cucina tricolore tra una lista di prodotti tipici e di ricette tipiche del nostro Paese, i frequentatori del sito hanno scelto. La consultazione via Web, tenutasi nel mese di novembre, ha eletto il Parmigiano Reggiano con il 20% delle preferenze complessive. Completano il podio, nell’ordine, la pasta e il Prosciutto di Parma. Seguono l’olio extravergine di oliva e la pizza. Non mancano le sorprese. Non entrano nella top 10 ad esempio due simboli di italianità come il cappuccino e la passata di pomodoro.

E la cosa non finisce qui: i 12 prodotti e ricette più votati saranno i protagonisti del progetto: “2015: a 100per100 Italian Year”. A valorizzarli saranno altrettanti maestri della cucina italiana, tra cui Heinz Beck, Cristina Bowerman, Moreno Cedroni e Antonella Ricci. A ogni chef I Love Italian Food chiederà di interpretare, in forma di ricetta, un prodotto simbolo: ne nascerà così il visual di una campagna di comunicazione no profit, per la valorizzazione delle eccellenze enogastronomiche italiane nel mondo.

«Questo contest ci ha permesso di capire quali sono i veri ambasciatori del gusto made-in-Italy all’estero. E anche quali sono i tesori della nostra cucina che è necessario promuovere, perché ancora faticano a entrare nel cuore dei foodies stranieri – commenta Alessandro Schiatti, fondatore di I Love Italian Food -. Siamo convinti che il food rappresenti il vero petrolio d’Italia, un motore importante per la nostra economia. Questo ci motiva ogni giorno a diffondere e difendere la cultura e i valori del sistema agroalimentare italiano».

La campagna “2015: a 100per100 Italian Year” accompagnerà inoltre la nascita del progetto di I Love Italian Food, “100per100 Italian”, che intende raccontare agli stranieri i nostri prodotti, le ricette della tradizione e le aziende che oggi si impegnano a produrre cibo di filiera 100% italiana. Il progetto verrà lanciato ufficialmente a gennaio 2015.

Salmone, più sano in conserva che affumicato

Sembra una discussione un po’ capziosa quella di stabilire quali siano, durante le feste più goduriose e ipercaloriche dell’anno, gli alimenti più salutari da consumare, ma in realtà sempre più persone se ne preoccupano. Ad esempio il salmone, alimento che difficilmente manca sulle mense in questo periodo, è più sano in scatola o affumicato?

Una risposta viene da una nuova indagine nutrieconomica promossa da Nostromo, che sottolinea come le referenze di Salmone in conserva Nostromo siano migliori a livello nutrizionale e più economiche. Il motivo? Contengono molto meno sodio e sono più ricche di Omega-3, i grassi amici dell’apparato cardiocircolatorio. Lo studio condotto attraverso l’innovativo Barometro Nutrieconomico del Centro Studi Sprim, software in grado di valutare qualità nutrizionale e prezzo degli alimenti, ha confrontato le porzioni sgocciolate delle conserve di Salmone Nostromo (Filetti di Salmone all’olio di oliva, Filetti di Salmone al naturale) con una porzione di salmone affumicato da 50 grammi. I risultati evidenziano che le conserve di Salmone Nostromo non solo consentono un risparmio economico di oltre il 10%, ma garantiscono una qualità nutrizionale decisamente superiore rispetto a una porzione di salmone affumicato.

Poco sale, tanti Omega 3

Dall’analisi emerge che una porzione di Salmone Nostromo apporta circa il 20% della quantità di Omega-3 raccomandata giornalmente (LARN 2012), mentre il salmone affumicato solo il 5%. “Gli acidi grassi poliinsaturi Omega-3 hanno molteplici effetti benefici, in particolare sulla salute cardiovascolare – spiega Laura Primavesi, ricercatrice del Centro Studi Sprim -. È importante consumare spesso pesce ricco di Omega-3, come il salmone, per avere vantaggi apprezzabili per la salute”.

Un altro importante punto di forza è la minor quantità di sodio: le referenze di Salmone Nostromo apportano il 14% di sodio che andrebbe consumato giornalmente, contro il 47% contenuto in una porzione di salmone affumicato. Il maggior contenuto di selenio e iodio, corrispondente rispettivamente al 20% e al 25% della quantità raccomandata giornalmente, rappresenta un ulteriore plus nutritivo (il salmone affumicato ne possiede il 17% e il 12%).

Lidl vince anche a Natale?

Tra i due litiganti spesso il terzo vince, si dice. E così nella “guerra delle pubblicità milionarie” tra le catene della Gda inglese, che ha visto un faccia a faccia tra Sainsbury’s (Grande Guerra) e John Lewis (pinguino Monty) la più efficace, anche se certamente meno spettacolare, è proprio questa di Lidl che vedete qui. La ragione? Secondo un’indagine presso i consumatori effettuata da Millward Brown, è quello che “più facilmente spingerà le persone a comprare in quella catena”.

Il messaggio della pubblicità è infatti molto semplice e diretto, ma utile per far cambiare la percezione dei consumatori circa l’offerta del (ex?) discount, che, come ci fa vedere lo spot, vende anche aragoste e prodotti locali e gadget per un Natale tradizionale.

Gruppo Cevico, fatturato più 25 milioni di euro in quattro anni

Il Gruppo Cevico ha presentato i risultati della gestione 2013/2014, tutti in positivo: il fatturato consolidato (Cevico, Le Romagnole, Cantina dei Colli Romagnoli, Le Romagnole Due, Due Tigli, Sprint Distillery, Winex e Tenuta Masselina) è risultato pari a 127,761 milioni, il patrimonio netto è salito a 66,619 milioni di euro (64,756 milioni lo scorso anno) e l’utile è stato di 1,55 milioni. Un trend di crescita di lungo periodo che in quattro anni ha visto salire il fatturato del gruppo cooperativo di 25 milioni di euro (nel 2011 era a quota 102,265 milioni).

Bene anche l’’export, che tocca quota 20,473 milioni di euro, pari al 22,3% del fatturato Cevico, confermandosi un segmento fondamentale per l’agroalimentare nazionale, anch’esso con una crescita di lungo periodo che in quattro anni l’ha visto salire di 13,7 milioni di euro.

Importanti nel 2014 la definizione di tre importanti partnership commerciali: con Medici Ermete & Figli di Reggio Emilia, Istituto Tecnico Agrario “Scarabelli” di Imola, San Patrignano di Coriano di Rimini.

Cevico associa oltre 5000 viticoltori a conduzione diretta dei vigneti ed è tra i primi dieci player del vino a livello nazionale. Gli associati nel complesso dispongono di 6.700 ettari di vigneti, con 1,3 milioni di quintali di uva lavorata. Il Gruppo Cevico opera su due stabilimenti di confezionamento (Lugo di Romagna e Forli) a conduzione diretta, con un terzo a Reggio Emilia nell’ambito della partnership con la Medici Ermete & Figli. La capacità di stoccaggio è di oltre 650.000 ettolitri di vino, le associate “Le Romagnole” e “Cantina dei Colli Romagnole” operano su 18 cantine di vinificazione ubicate in tutto l’asse Romagnolo, ben 24 i marchi gestiti, di cui uno dedicato alle produzioni biologiche.

L’Assemblea ha eletto i componenti del nuovo Consiglio di Amministrazione del Gruppo Cevico: confermata alla presidenza per il prossimo triennio Ruenza Santandrea che nel suo intervento ha evidenziato come “c’è tanto futuro nella nostra identità più classica e Cevico è pronta a narrare un territorio che in prospettiva può andare molto oltre i numeri positivi presentati oggi all’assemblea di bilancio. La comunità di questi 5000 viticoltori ha un radicamento sul territorio e un patrimonio di identità che ne fa la protagonista della storia che la Romagna deve ancora raccontare”.

Il brand Gourmet di Carrefour apre anche a Roma

Ha riaperto dopo un restyling completo il Carrefour Market “Gourmet” di piazzale Morelli 52 a Roma. Su una superficie di circa 1.400 mq, il punto vendita segue il nuovo format di supermercato, già sperimentato nel pdv di Piazza Gramsci 13 a Milano aperto a settembre scorso, che punta su un ambiente curato nei particolari, per una shopping experience innovativa, e su una selezione di prodotti italiani d’eccellenza, senza dimenticare la convenienza. Anzi, gusto, ricercatezza e convenienza si fondono in un assortimento pronto a soddisfare i “food lovers” più accaniti, e che beneficerà anche della praticità, la comodità e la convenienza di un supermercato di quartiere.

_AMP4096redPrimizie di stagione in ortofrutta, prodotti a km zero, pesce unicamente fresco al banco servito, grandi specialità della tradizione italiana in macelleria, pane caldo fino al tramonto, oltre 400 tra salumi e formaggi, una cantina ricca di vini e una speciale selezione nei reparti dell’alimentare a scaffale completano l’assortimento di prodotti di grande marca e di prodotti Carrefour.

_AMP4144redPer Stéphane Coum, Direttore Supermercati Carrefour Italia “Dopo Milano è la volta di Roma e anche in questo caso la mission di Carrefour Market è quella di soddisfare al meglio i nostri clienti in ogni luogo ove siamo presenti. Abbiamo intrapreso una sfida importante in cui crediamo fortemente: differenziare il ruolo del Supermercato, per soddisfare un cliente evoluto, informato e consapevole, che ama risposte specifiche ai propri bisogni. In questo senso la strategia dei Supermercati Carrefour, che prevede differenti modelli commerciali con un posizionamento chiaro e preciso, va in questa direzione”.

_AMP4075redPer Grégoire Kaufman, Direttore Commerciale e Marketing Carrefour Italia “La  ricerca attenta di produttori strettamente legati al territorio di Roma e del Lazio e la nostra politica di referenziamento di prodotti locali è alla base della proposta commerciale del nuovo Market di Piazzale Morelli. In questo modo crediamo di valorizzare l’enorme patrimonio di tradizione, di cultura intesa anche come cultura del cibo, di cui l’Italia è la massima espressione. Con questa apertura inoltre, siano certi di contribuire a dare impulso allo sviluppo economico delle piccole e medie imprese agroalimentari”.

Un focus, quello sulla tradizione gastronomica capitolina, che è stato ribadito fin dall’inaugurazione per la stampa, con il live show cooking dell’Oste della Bon’Ora Massimo Pulicati e la performance di Michele La Ginestra, tra i protagonisti della scena teatrale romanesca in salsa culinaria.

Visita a City, il nuovo format Simply

Debutta in via Tartini a Milano in un quartiere popolare storico della città, Bovisa, il nuovo format di Simply Simply City (che gioca con l’inglese semplicità). Niente promozioni ma prezzi bassi tutti i giorni, grande spazio al fresco, grande profondità nell’assortimento, percorsi facilitati da etichette chiare (senza glutine, senza zucchero, senza colesterolo, bio, ecc) e comunicazione pulita ed essenziale sono i cardini lungo i quali il supermercato, un Punto Simply che ha riaperto venerdì dopo dieci giorni di ristrutturazione, vuole fare la differenza presso la clientela locale. Grazie all’utilizzo di scaffalature più alte e alla riduzione del numero di facing per referenza, è stata amplificata la densità di assortimento, inserendo in 400 mq di area vendita circa 7.000 referenze. Per ora non sono previste altre aperture e via Tartini è in fase sperimentale. Siamo andati a visitare questo nuovo format ed ecco cosa abbiamo trovato.

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Anna Muzio

Protocollo di Milano, la Gdo e il cibo tra fame, spreco e obesità

Franco Sassi, OCSE, Lynn Marmer di Kruger, Richard Black di PepsiCo, Adam Drewnowski e Alex Thomson alla sesta edizione del Forum Internazionale su Alimentazione e Nutrizione.

Ciò che si mangia, l’obesità dipende dalla disponibilità economica, dal grado di istruzione ma anche dal supermercato dove si fa la spesa. Parola di Adam Drewnowski, Direttore del Center for Public Health Nutrition e Professore di Epidemiologia, School of Public Health, Università di Washington che ha partecipato al sesto International Forum on Food and Nutrition organizzato dalla Fondazione BCFN presso l’Università Bocconi di Milano. Sullo sfondo, un dato incontrovertibile; oggi l’obesità per la prima volta nella storia causa più morti della fame.

Il legame strettissimo tra alimentazione e salute è ormai di dominio pubblico e oggetto di varie campagne istituzionali, che hanno aumentato la consapevolezza di ampie frange di consumatori nei Paesi sviluppati. Ma anche il privato può fare molto, e la grande distribuzione in particolare, in positivo e in negativo. La firma di Coop del Protocollo di Milano è un passo importante in questo senso, e del resto il senso del Protocollo è proprio questo: portare tutti insieme verso l’obiettivo di un approccio più giusto, corretto e sostenibile alle riserve di cibo del pianeta, che raggiungerà nel 2050 i 9 miliardi di individui.

Il fatto che il cibo dannoso costi molto poco è parte del problema. E in questo, è necessaria una riflessione da parte di ristorazione e distribuzione. Un attacco al consumerismo è venuto dal professor Timothy Lang, Professor of Food Policy alla City University di Londra, che propone di integrare le conoscenze ambientaliste e quella sulla salute pubblica che abbiamo sul cibo e renderle comprensibili a tutti. C’è anarchia nei consigli ai consumatori, “si spendono più soldi in UK per pubblicizzare bevande gassate che per educare alla salute: 500 milioni di sterline. Le tradizioni culinarie nel XX secolo sono state in gran parte distrutte. Credo che ogni Paese, regione, città debba inventarsi una propria dieta sostenibile. Nuove regole per mangiare nel XXI secolo, diverse a seconda dei luoghi anche se sottintendono una stessa conoscenza scientifica dell’ambiente e della salute”.

"Per la vostra salute mangiate 5 frutti o verdure brutte al giorni": la versione di Intermarché del "5 a Day".
“Per la vostra salute mangiate 5 frutti o verdure brutte al giorno”: la versione di Intermarché del “5 a Day”.

Cosa può fare la Gdo per risolvere il problema? Alcuni esempi li ha dati Alex Thomson, moderatore e giornalista di Channel 4. “Piccoli passi che per essere realmente incisivi devono essere inseriti in una struttura che comprenda i governi e le istituzioni”.

Tesco e altre catene di supermercati inglesi hanno deciso di ridurre entro il 2020 la percentuale di spazzatura mandata in discarica all’1% e hanno anche rilasciato dati sullo spreco: due terzi delle insalate e metà dei prodotti da forno vengono buttati. Le insegne francesi hanno smesso di esporre dolci e caramelle vicino alle casse. La catena francese Intermarché ha dedicato alle “verdure brutte” che non possono essere vendute nei supermercati una campagna pubblicitaria di successo. La proposta è di venderle a prezzi scontati perché, a parte l’estetica, non hanno nulla che non vada: un modo per ridurre lo spreco insensato che potrebbe, già oggi, se recuperato globalmente, nutrire il pianeta. “È giusto che il marketing, che ci ha cacciato in questa situazione assurda, ora ci aiuti ad uscirne” ha detto Thomson nella sua appassionata introduzione. Walmart non solo ha ridotto la quantità di sale e  zucchero nei suoi prodotti private label, ma ha anche deciso di acquistare da piccoli produttori indipendenti in Costa Rica.

PepsiCo si è impegnata a ridurre del 25% gli zuccheri nei soft drink entro il 2020. “È una grande opportunità – ha detto Richard Black, Global R&D Nutrition Vice President – perché se pensate che ogni giorno vengono consumati oltre un miliardo di prodotti PepsiCo nel mondo, capite quanto possiamo influenzare la salute di milioni di persone”, nel male ma anche nel bene.

“L’importante è che la gente possa scegliere. Quello che facciamo noi? Abbassare i prezzi sui prodotti freschi, frutta e verdura in particolare, la gente sta richiedendo cibi meno lavorati e più freschi, e pensiamo che parte della sfida contro l’obesità riguardi la possibilità di accesso e la disponibilità economica. Inoltre, abbiamo sensibilizzato i nostri dipendenti e le loro famiglie, che sono migliaia perché siamo il sesto gruppo degli USA per numero di impiegati, dando loro informazioni su uno stile di vita sano, spingendoli a fare screening ed esami e abbiamo dato loro incentivi nel momento in cui raggiungevano alcuni obiettivi circa la loro salute. Infine, abbiamo creato una comunità con camminate e concorsi di cucina. Credo che nel mondo del retail stiano succedendo molte cose, i prodotti stiano cambiando e anche l’attitudine dei consumatori” ha detto Lynn Marmer, Vice Presidente, Gruppo Kroger, insegna americana che ogni anno dona tonnellate di alimenti che andrebbero sprecati alle banche del cibo.

Per una volta però, non guardiamo all’estero. Come ha detto Alex Thomson, “l’Italia ha un ruolo chiave da giocare, perché la sua cultura e la sua cucina sono quelle che hanno il maggiore impatto a livello globale”.

Anna Muzio

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