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Anna Muzio

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Esselunga, chiude la supermostra con 67mila visitatori all’attivo

Sono stati oltre 67mila i visitatori della “Supermostra” promossa da Esselunga in occasione dei 60 anni dalla sua fondazione presso il The Mall nel quartiere di Porta Nuova a Milano, che ha chiuso i battenti, come previsto, il 7 gennaio. Nei 38 giorni di apertura non sono mancati gli eventi organizzati al suo interno, come una tavola rotonda sull’educazione alimentare a cui hanno partecipato più di 160 persone e gli incontri riservati alle scuole che hanno visto il coinvolgimento di oltre 530 studenti.

Con la Supermostra Esselunga ha ripercorso 60 anni della sua storia, legata a doppio filo con l’evoluzione e i cambiamenti che hanno attraversato il Paese, la storia di milioni di persone, delle loro abitudini e della loro quotidianità. 

A coinvolgere il “visitatore-spettatore”, in particolare, sono stati l’installazione di carrelli “volanti” e la “stanza delle meraviglie” con gli oggetti iconici esposti per ricostruire le tendenze e l’atmosfera del passato, lo zootropio che riproduceva la preparazione delle lasagne, il trono a forma di fragola dove adulti e bambini si sono divertiti a scattare foto e selfie, la stanza caleidoscopica che dava la possibilità di immergersi nel mondo delle produzioni. Vedi la fotogallery di Instoremag.

Ma non è finita qui: mercoledì 31 gennaio infatti si terrà l’estrazione del concorso legato alla mostra, e i clienti che hanno partecipato con la propria Carta Fìdaty, scopriranno se hanno vinto il carrello d’oro in miniatura, del valore di 25.000 euro, o uno dei 60 buoni spesa di 2.000 euro ciascuno, per un montepremi complessivo di 145.000 euro.

 

Pesce, cresce il consumo ma il futuro è l’acquacultura, una fiera a febbraio

Sano, buono, parte della tradizione mediterranea: piace il pesce agli italiani, sempre di più: ne consumano secondo la Fao quasi 26 chilogrammi annui a persona, in crescita del 2% tra il 2015 ed il 2016. Siamo dunque ampiamente sopra la media mondiale di 20,3 chilogrammi, e anche di quella europea (UE28) di 22,5. E la crescita è ormai più che triennale, dopo la flessione corrispondente agli anni peggiori della crisi.

 

AquaFarm, a Pordenone la fiera dell’acquacultura

Cresce insomma il consumo, ma aumenta la dipendenza dalle importazioni. Il WWF calcola il momento in cui ogni ogni anno un Paese europeo smette di essere autosufficiente per i propri consumi ittici. Nel 2017 il gong ha suonato il 1 aprile, nel 2016 lo aveva fatto tre giorni più tardi. Nel complesso la UE28 ha esaurito la produzione interna il 6 luglio (il 13 luglio un anno prima). La produzione da pesca continua a scendere nel Vecchio Continente, con le diverse specie di tonno e le sardine che crollano a due cifre. L’unica alternativa sostenibile e possibile sembra dunque ormai essere l’acquacoltura, un settore che cresce, anche se per ora non riesce a compensare. In Italia (dati Confagricoltura) il settore incrementa il numero di aziende, che sono ormai 3007, il 2,7% in più rispetto al 2016. Ma la produzione si è stabilizzata negli ultimi due anni tra le 140mila e le 150mila tonnellate, e all’inizio degli anni Duemila era molto più alta.

Se ne parlerà diffusamente ad AquaFarm, unico appuntamento di riferimento per la filiera. In cui si discuterà anche delle frontiere più avanzate del vertical farming, dell’algacultura e della pesca sostenibile. La seconda edizione si terrà il 15 e 16 febbraio alla Fiera di Pordenone: appuntamento importante per conoscere le tendenze del settore, le ricerche più innovative e le politiche attive per un comparto strategico.

Ci sarebbe quindi spazio per diminuire la dipendenza dall’estero, almeno per le specie allevabili nelle nostre acque. La chiave per una crescita decisa sta nella domanda interna, che per i prodotti da acquacoltura nazionale ha sempre avuto un andamento erratico. Ci hanno guadagnato le importazioni da Paesi dove l’allevamento di specie ittiche non è sottoposto agli stessi controlli vigenti da noi, ma che costano decisamente meno all’importatore (ma non sempre al cittadino).

La filiera nazionale è pronta però alla sfida, e ha scelto anche quest’anno AquaFarm come suo appuntamento di riferimento. La manifestazione è organizzata con le partnership, rinnovate ed estese, di API (Associazione Piscicoltori Italiani) e AMA (Associazione Mediterranea Acquacoltori). Maggiori dettagli e il programma delle conferenze sono disponibili su www.aquafarm.show.

La “torre” di Asda consegna lo shopping online in un minuto e contiene 500 pacchi

Una torre che è un gigantesco locker in grado di contenere fino a 500 buste, e distribuire i prodotti ordinati online nel giro di 60 secondi: l’ha installata l’insegna britannica Asda, sussidiaria Walmart, nel punto vendita di Trafford Park a Manchester.

L’unità è pensata per consegnare le spese ordinate online con ritiro in negozio (click and collect) ed è predisposta anche per ricevere resi. Il sistema, primo nel Regno Unito e immaginiamo anche in Europa, è stata testato negli USA da Walmart, che ne ha installate un centinaio negli Stati Uniti.
Gli ordini sono quelli del sito per abbigliamento di Asda George.com e di aziende partner quali Asos, Missguided e Decathlon.

L’unità di distribuzione dei pacchi è alta 4,8 metri e larga 1,4.

Una volta in negozio i clienti che hanno ordinato online passano il codice Qr inviato sul telefono nella torre, detta Parcel Tower, e ricevono il pacco.

Neil Drake, Systems and Innovation Manager di Asda, ha commentato: «Sappiamo  «Sappiamo che la velocità e la convenienza sono fattori importanti per i clienti e per i partner del nostro servizio toyou [il sistema di consegne in negozio di ordini online anche da retailer terzi con ritiro nella rete di 600 punti vendita  Asda, ndr], e pensiamo sempre a nuovi modi per soddisfarli. Le Parcel Towers sono solo l’esempio più recente di come, usando le nuove tecnologie, cerchiamo di far risparmoare tempi e soldi ai clienti».

Nei primi giorni dall’installazione la risposta è stata “fantastica”, secondo Stephen Clinton, Store Manager del punto vendita Asda di Trafford Park, e in meno di una settimana ha già servito 1500 clienti.

Ahold-Delhaize testa la spesa senza cassa

Ahold-Delhaize come Amazon Go: nel punto vendita di prossimità di Zaandam sta testando la spesa senza cassa, con scansione di codice NFC e pagamento via carta, e presto anche via smartphone. Il sistema, dopo il test che ha preso il via a dicembre in un punto vendita Albert Heijn olandese, potrebbe essere attivato in altri tra i 76 store dell’insegna già dal giugno prossimo.

Dice Jan-Willem Dockheer, amministratore delegato di Albert Heijn: «Gli sviluppi tecnici sono rapidi e possiamo iniziare ora [il test era stato annunciato per il 2018 ma è già partito, ndr], quindi perché aspettare? Prima partiamo, più velocemente impariamo. Il sistema “Tap to go” risponde alle esigenze di velocità e convenienza dei nostri clienti».

Il punto vendita di Zaandam, dove si trova la sede di Ahold Delhaize, è dotato di schede di scaffali elettronici che possono essere scansionati con una carta contactless, e presto con uno smartphone. Dopo una registrazione una tantum tramite un’app, i partecipanti al test possono prendere il caffè o il pranzo ancora più velocemente. Tutto quello che devono fare è toccare l’etichetta elettronica con la carta e prendere il prodotto. Dopo di che, il cliente può uscire dal negozio senza dover passare per le casse e continuare per la sua strada. Entro 10 minuti l’importo viene automaticamente addebitato sul suo account, grazie all’accordo con una banca.

La scelta dei punti vendita di prossimità si spiega con le ridotte dimensioni numero di referenze e con la facilità di acceso a tutte le etichette. Il futuro però sta nella localizzazione del cliente all’interno del punto vendita e nella individuazione automatica di ciò che acquista, senza necessità da parte del cliente di fare altra azione oltre quella di prendere i prodotti dallo scaffale. Un come in Amazon Go, il cui sistema di Seattle non è però ancora stato replicato.

Sacchetti di plastica, è possibile portarli da casa? I dubbi di Federdistribuzione

Federdistribuzione prende posizione sulla querelle d’inizio anno scatenata dalla legge che impone di far pagare all’utente finale i sacchetti di plastica – bio o non – per la spesa. E lo fa commentando l’invito del ministero della Salute di portare da casa i sacchetti per riporre i freschi a peso, a patto che siano monouso e idonei per gli alimenti.

‘«Il fatto che si possano portare da casa sacchetti nuovi per la spesa di frutta e verdura è pura teoria, perché il consumatore per essere in regola dovrà trovare esattamente quelli che si usano nei punti vendita, dello stesso peso, biodegradabili e biocompostabili» ha spiegato all’ANSA è il presidente Giovanni Cobolli Gigli -. Quello che chiediamo ai tre ministeri coinvolti è più semplificazione e più chiarezza per non creare confusione nel consumatore e nei punti vendita».

Il Ministero dell’Ambiente ha inviato agli operatori della Gdo una circolare esplicativa delle norme previste in materia, ma secondo Federdistribuzione sono ancora tanti i nodi da scogliere, dai controlli al costo dello shopper ultraleggero.

I post di indignata protesta sono rimbalzati su Facebook e Instagram.

«Portando il sacchetto da casa – spiega infatti Cobolli Gigli – c’è il problema di verificare che sia integro e conforme a quelli distribuiti nei punti vendita, una cosa che ovviamente non possiamo fare noi; si andrebbe a creare un problema organizzativo incredibile e mille difficoltà per tutti».
Tra i lati non ancora chiariti della vicenda ci sarebbe anche quello del prezzo del sacchetto, dove ogni azienda può applicare il costo a patto che sia compreso nel range indicato dalla legge. A questo proposito Cobolli Gigli ricorda che il Mise, ministero dello Sviluppo Economico, ha permesso alle imprese di vendere il sacchetto sotto costo, e quindi chi compra maggiore quantità può spuntare un prezzo migliore, da qui le possibili differenze di prezzo che si possono trovare alle casse. E ancora sul prezzo il presidente precisa che ”le bilance da sempre sono tarate per pesare al netto la frutta e la verdura, con l’unica differenza che oggi il sacchetto si paga alla cassa”.

Considera “non praticabile” la possibilità di portare il sacchetto da casa anche Coop, che in un comunicato dichiara: “Siamo stati contrari a far pagare i nuovi sacchetti e ora siamo impegnati a contenerne il prezzo vendendoli sottocosto. Quello che è necessario è fare chiarezza: le ultime interpretazioni ministeriali sui sacchetti monouso rendono ancora più complicata la gestione dell’intera situazione. Coop presenterà a breve soluzioni effettivamente praticabili di riuso dei materiali di confezionamento dell’ortofrutta a minor costo per i consumatori e più sostenibili per l’ambiente.

Una soluzione è stata già escogitata dalla Coop svizzera che da qualche mese propone in vendita sacchetti di rete riutilizzabile. Come ricorda Legambiente, basterebbe una circolare ministeriale che permetta in modo chiaro, a chi vende frutta e verdura, di far usare sacchetti riutilizzabili. “In questo modo si garantirebbe una riduzione auspicabile dell’uso dei sacchetti di plastica, anche se compostabile, come già fatto coi sacchetti per l’asporto merci che grazie al bando entrato in vigore nel 2012 in cinque anni sono stati ridotti del 55%” ricorda l’associazione ambientalista. Guardando sempre all’Europa, Aldi, dal canto suo, ha bandito ogni tipo di sacchetto monouso dalla vendita.

E dalla protesta si è passati all’ironia.

Da sempre i cittadini pagano in modo invisibile gli imballaggi che acquistano con i prodotti alimentari ogni giorno, la differenza è che dal 1 gennaio, con la nuova normativa sui bioshopper, il prezzo di vendita del sacchetto è visibile e presente sullo scontrino. «Le polemiche di questi giorni – ha detto Stefano Ciafani, direttore generale di Legambiente – sono davvero incomprensibili: non è corretto parlare di caro spesa né di tassa occulta o di qualche forma di monopolio aziendale. Sarebbe utile che ci si preoccupasse dei cambiamenti climatici e dell’inquinamento causato dalle plastiche non gestite correttamente, e che si accettassero soluzioni tecnologiche e produttive che contribuiscono a risolvere questi problemi,  senza lasciarsi andare a polemiche da campagna elettorale di cui non se ne sente il bisogno. È ora di sostenere e promuovere l’innovazione che fa bene all’ambiente, senza dimenticare di contrastare il problema dei sacchetti di plastica illegali. Circa la metà di quelli in circolazione sono infatti fuorilegge, un volume pari a circa 40 mila tonnellate di plastica, e una perdita per la filiera legale dei veri shopper bio pari a 160 milioni di euro, 30 solo per evasione fiscale».

Il problema dei sacchetti bio coinvolge sia i grandi punti vendita, sia 200 mila ambulanti e i dettaglianti che complessivamente, tra alimentari e non, sono quasi 700 mila.

Leggi anche: 

Obiettivo meno plastica, una delle sfide future. Le iniziative della Gdo

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Porta il tuo contenitore da casa: l’invito di Carrefour Belgio per ridurre i rifiuti

 

L’articolo è stato aggiornato alle ore 17:28 per inserire un estratto del comunicato di Coop.

Saldi invernali al via, un business complessivo, stabile, da 5,2 miliardi di euro

Foto Daniel von Appen / Unsplash.

Sono già iniziati nelle piccole Valle d’Aosta e Basilicata, mentre nel resto d’Italia bisognerà aspettare domani, 5 gennaio, e in Sicilia addirittura il giorno dell’Epifania. Poi si chiuderanno quasi ovunque a fine febbraio o ai primi di marzo, ma a quel punto i giochi saranno fatti da tempo. Sono i saldi invernali, primo grande appuntamento commerciale del 2018, a cui come ogni anno gli Italiani arrivano con i portafogli vuoti dopo le feste natalizie, ma comunque con la voglia di fare qualche affare.

 

Quest’anno budget medio di 331 euro per 15,6 milioni di famiglie

Gli esperti prevedono che la spesa sarà più o meno quella dell’anno scorso. In base a uno studio di Confcommercio il business complessivo sarà di 5,2 miliardi di euro, e saranno 15,6 milioni le famiglie che approfitteranno delle svendite di fine stagione. Il budget a persona sarà di 143 euro per abbigliamento, calzature e accessori, e di 331 euro per ogni famiglia. Più o meno uguali le previsioni di Confesercenti, secondo cui – la fonte è una ricerca commissionata a Swg e condotta su 600 commercianti e 1500 consumatori – l’investimento sui saldi sarà di 150 euro a persona. Più o meno un italiano su due (il 47%, mentre il 41% deciderà all’ultimo momento a seconda delle occasioni) sarà interessato e i commerciati coinvolti saranno 280mila (circa un terzo delle 800mila attività commerciali italiane), con uno sconto medio tra il 30 e il 40%. Sempre secondo l’indagine di Confesercenti-Swg gli italiani andranno in cerca soprattutto di scarpe (28%), prodotti di maglieria (22%) e pantaloni (14%), mentre solo il 7% punta ad acquistare i capi spalla (cappotti e giacconi), un tempo tradizionale bene da svendita a causa dell’alto costo.

«Dopo un Natale ancora sospeso tra una crisi che sembra volgere al termine ed una ripresa ancora debole almeno nel fashion retail – nota Renato Borghi, presidente di Federazione Moda Italia e vicepresidente di Confcommercio – la buona notizia è l’incremento di due punti della fiducia dei consumatori, tornato ai livelli del gennaio 2016. Un ingrediente, questo, imprescindibile, oltre al potere di acquisto degli Italiani, per sostenere i consumi in questo periodo dei saldi di fine stagione, che per meteo e calendario è appena iniziata. La spesa per gli acquisti in saldo per valore, secondo le nostre stime, sarà leggermente inferiore a quella dell’anno scorso, ma in linea con il momento. Il vero vantaggio sarà per i consumatori non vedere i prezzi dei negozi, dal primo gennaio, con l’Iva al 25%. Il Governo ha fatto bene ad ascoltarci, sterilizzando le clausole di salvaguardia, ma se vogliamo veramente uscire dal tunnel, occorre un maggior sforzo, coraggio e determinazione per ridurre la pressione fiscale, ancora troppo elevata per imprese e famiglie».

 

Il decalogo per minimizzare i “pacchi”

Naturalmente la ricerca dell’affare comporta anche qualche rischio. Per questo come ogni anno le associazioni di categoria diffondono una sorta di decalogo per minimizzare il pericolo di una fregatura. Bisogna essenzialmente tenere a mente che – come fa notare Confcommercio – il commerciante non è tenuto a cambiare il capo, salvo qualora ciò non sia espressamente specificato e salvo casi di merce danneggiata o non conforme, a patto che si resti entro i due mesi dall’acquisto; che non c’è obbligo di prova dei capi; che il commerciante non è tenuto ad accettare le carte di credito, se non espressamente comunicato; che è obbligatorio da parte del commerciante indicare prezzo pieno, prezzo finale e ammontare percentuale dello sconto.

Infine va ricordato che anche i negozi online hanno i loro saldi. Amazon farà sconti sull’abbigliamento fino al 50% per cento fino al 28 febbraio, lo stesso farà Zalando e Asos, che arriverà fino a “tagli” sull’etichetta del 70%. Molti negozi online arricchiscono di prodotti la sezione outlet, dedicata agli articoli in svendita, mentre OVS propone in rete tutta la collezione con sconti fino al 70%. Per i negozi online valgono naturalmente le stesse regole dei saldi nei negozi fisici.

È benessere la parola chiave del 2018 per il sondaggio Coop: e a Natale consumi a +15,6%

Foto: Anna Dziubinska on Unsplash

Un 2018 in ripresa, in cui ripartono i consumi in settori “spenti” come arredo e casa mentre parole come benessere, novità e soddisfazione fotografano l’umore degli italiani: lo rivela il sondaggio di fine anno Coop-Nomisma insieme alle previsioni sui consumi del “Rapporto Coop” 2017.

Il sentiment insomma volge finalmente al sereno: tra le parole con cui gli italiani descrivono l’anno che è appena iniziato scendono i termini dalla connotazione negativa quali “timore” e “crisi”, due parole d’ordine del 2017 indicate rispettivamente da oltre il 10% e il 7,6% del campione, ora entrambe intorno al 4,5%. Salgono voci quali “ripresa” (15,4%), “cambiamento” (15,1%), “benessere” (10,3%), “novità” (7,9%). A crederci di più gli over 50 rispetto a generazioni più giovani. E il Mezzogiorno fa da apripista della “ripresa” (parola che qui arriva al 18%).

Un ottimismo che si riflette sulle intenzioni di spesa 2018 rispetto al 2017. Tutte le voci sono al rialzo, ma ad avanzare sono soprattutto i segmenti dedicati al tempo libero, ai viaggi, al piacere personale. Ritorna anche la vecchia passione degli italiani per la casa, accantonata co decisione negli anni della crisi: aumentano le spesa per arredamento, ristrutturazioni, grandi elettrodomestici. Consapevolmente poi gli italiani mettono tra le voci di spesa in aumento anche bollette, utenze e servizi sanitari.

Già il 2017 si era rivelato migliore rispetto alle attese sul versante consumi, sfiorando l’1,5%. Sono quindi buoni gli auspici anche per il 2018, grazie a un aumento del potere d’acquisto delle famiglie che dovrebbe raggiungere ritmi di crescita prossimi all’1%. Un bicchiere mezzo pieno che toccherà, stando alle previsioni, maggiormente i comparti dell’audiovisivo, computer e accessori (+ 8,5% nel 2018), telefoni e equipaggiamento (+7,8%) e solo in parte l’alimentare (+ 2,1%).

Andamento ancora positivo (+1%) anche per la distribuzione moderna, ma dimezzato nei ritmi di marcia rispetto al 2017, anno contrassegnato da un eccezionale effetto climatico.

Se è prevista una buona performance per il largo consumo confezionato (+1,3%) e del fresco ortofrutticolo (+ 1,6%), continua a registrare un andamento negativo il no food (-3,7%). A livello territoriale, la tendenza attesa è quella di una parziale inversione di tendenza rispetto al 2017: archiviata una fase in cui il Sud ha sovraperformato in confronto alla media nazionale, si osserva un incremento del fatturato più solido nel Nord Italia (+1,2% e +1,4% per le aree del Nord-Ovest e Nord Est).

 

Natale con incrementi a due cifre

Il rapporto fa anche un primo consuntivo delle vendite natalizie, che è decisamente positivo. La settimana di Natale ha fatto registrare un +15,6% (iper + super dati Nielsen per Coop) rispetto alla stessa settimana di un anno fa. Più carne che pesce, molta gastronomia e formaggi con un Centro Sud che guida ancora la classifica degli acquisti (Campania in testa con un +16,2% seguita da Molise, Umbria, Puglia). In controtendenza ma giustificato dall’effetto Natale anche il dato di un +9,7% segnato dai settori no food (che comprende giochi ed elettronica). 

La versione integrale del sondaggio “L’anno che verrà” e le Previsioni 2018 sono visionabili e scaricabili su http://www.italiani.coop

Melinda ancora sponsor della Ciaspolada il 6 gennaio

Ciaspolada 2015 Fondo Amatori.

Anche quest’anno Melinda è a fianco della Ciaspolada, tra gli appuntamenti sportivi invernali più attesi della Val di Non la cui 45a edizione prenderà il via il 6 gennaio. Nonostante la stagione particolarmente difficile per il Consorzio. Le gelate primaverili infatti hanno causato una perdita molto importante di prodotto, con gravi ripercussioni anche sul budget destinato al supporto di iniziative da sempre nel cuore di Melinda. Nonostante ciò, grazie alla forte disponibilità da parte degli organizzatori dell’evento, Melinda correrà anche quest’anno al fianco della Ciaspolada: il suo famoso bollino blu sarà così ben visibile lungo tutto il percorso, su striscioni, pettorali e gonfiabili. Durante l’intera giornata sarà inoltre presente un corner Melinda, in cui si potranno assaggiare mele e succo Melinda. Non mancherà l’animazione della simpatica mascotte, pronta a colorare le foto e i selfie di tutti i partecipanti.

Grande protagonista di questa edizione sarà anche la neve, che dopo qualche anno è scesa finalmente copiosa sulla Val di Non. Le nevicate di fine 2017 hanno reso ancora più suggestivo e fiabesco il paesaggio attraversato dalla Ciaspolada e anche per questo motivo gli organizzatori si aspettano un boom di presenze.

L’edizione numero 45 de La Ciaspolada sarà diversa e probabilmente unica, rispetto a quelle fin qui organizzate. Non tanto per quanto riguarda il percorso, che grazie alla neve ritorna sul tracciato storico dei Pradiei, ma anche perché si lega a doppia mandata al corpo degli Alpini e in particolare ad un appuntamento che ogni anno li celebra, quale l’Adunata Nazionale, che come noto nel 2018 verrà organizzata a Trento.

Anche quest’anno è stata lunga la preparazione dell’evento che ha vissto gli organizzatori promuovere la Ciaspolada nel corso di tutta la stagione attraverso numerose attività svolte nei principali centri del nord Italia.
Un rapporto che va oltre i numeri e oltre il lavoro, testimonianza del senso di coesione, cooperazione e aiuto tra le due realtà così fortemente radicate sul territorio.

Nel nome dell’omnicanalità, Walmart perde il trattino e punta sull’e-commerce

Wal-mart perde il trattino dello storico logo e diventa Walmart, ovunque: on e offline. La mossa, che sarà effettiva dal 1 febbraio 2018, si spiega in una logica di multicanalità e di servizio ai cittadini sui vari canali: dal punto vendita al mobile al servizio di click and collect.

La ragione la spiega Doug McMillon, presidente e CEO di Walmart: «I nostri clienti ci conoscono come Walmart e oggi fanno la spesa non solo nei nostri supermercati ma anche online e con la nostra app. Anche se il nostro nome legale viene usato in poche situazioni, abbiamo pensato che fosse meglio avere un nome coerente con l’idea che da noi puoi fare la spesa in qualsiasi canale». Il quale è convinto che “con il tempo i clienti ci vedranno e penseranno a noi sempre più come un unico Walmart”.

Il primo punto vendita Walmart (anzi, Wal-mart) a Rogers, Arkansas.

Sullo sfondo, l’impegno crescente dell’insegna, numero uno della Gdo mondiale, nell’e-Commerce partita con l’acquisizione di jet.com e la sfida ad Amazon. Una strategia che nel 2017 sembra aver funzionato: se i risultati del 2017 compariranno solo a febbraio, nei primi nove mesi le azioni sono aumentate del 42%, le vendite sono cresciute sia nei punti vendita (oltre 11.600 sotto 59 insegne in 28 Paesi) e l’e-Commerce è schizzato alle stelle, e nel terzo trimestre dell’anno è cresciuto ancora del 50%.

 

Addio trattino, il web cambia la spesa ma anche la lingua

Il cambiamento in effetti è anche sociologico e culturale, e pure linguistico. Il trattino che fa tanto anni ’50 del secolo scorso, con quelle belle insegne da drive-in che costellavano le highway nel periodo del grande boom economico e delle magnifiche sorti e progressive, oggi è d’impiccio

Già nell’edizione 2007 del Shorter Oxford English Dictionary circa 16.000 parole avevano perso il trattino “soccombendo alle pressioni dell’era di Internet”. E così ice-cream è diventato ice cream, pin-money pin money,  water-bed water bed. Mentre si sono unificati bumblebee (da bumble-bee, bombo), chickpea (chick-pea, cece) e pigeonhole (precedentemente pigeon-hole, casella per la posta).

Il trattino sarebbe considerato troppo “vecchio stile” e indurrebbe in errori e dubbi ortografici per i quali evidentemente non c’è più tempo. Inoltre, impedisce gli hashtag, e questo potrebbe mettere una definitiva lapide sul segno di punteggiatura. In fondo, è il segno dei tempi.

 

A questo punto, attendiamo la perdita del trattino anche nel logo più noto al mondo, quello della Coca-Cola. Quanto tempo ci vorrà?

Il centro commerciale svedese che vende solo prodotti riciclati e a impatto zero

Un inno alla seconda mano, al prodotto riciclato e all’economica circolare: è il centro commerciale ReTuna Återbruksgalleria di Eskilstuna, città svedese a un centinaio di chilometri da Stoccolma. Il primo dedicato esclusivamente al riciclo, in cui tutti i prodotti venduti sono a impatto zero: ovvero, sono usati e vivono una nuova vita dopo essere stati riparati o riutilizzati per produrre qualcosa di nuovo (il cosiddetto upcycling), oppure sono stati prodotti in maniera sostenibile.
Il centro ha aperto le porte nell’agosto 2015 e sorge accanto al centro di riciclo Retuna Återvinningscentral di Eskilstuna. Così risulta facile recarsi al centro per lasciare materiali da buttare negli appositi container e poi lasciare giocattoli, mobili, dispositivi elettronici e vestiti riutilizzabili al deposito del centro chiamato “Returen”. Qui lo staff del comune di Eskilstuna fa una prima selezione, stabilendo ciò che può essere riutilizzato, che viene distribuito tra i negozi di seconda mano. in una seconda selezione viene stabilito ciò che può essere riparato o convertito e trasformato prima di essere messo in vendita, in modo che possa avere una seconda vita. E l’idea sta funzionando: nel 2016, ReTuna Återbruksgalleria ha fatturato con i prodotti riciclati 8,1 milioni di corone svedesi (823mila euro).

Le ambizioni di ReTuna vanno però oltre il commercio e si spingono a un’opera di educazione tramite l’organizzazione di eventi, workshop, conferenze, giornate a tema, tutte focalizzate sulla sostenibilità. Ci sono sale conferenze dove tenere incontri “amici del clima” e una caffetteria che dove consumare pasti biologici con un panificio interno.

Il centro è gestito da EMM, una società che fa capo al comune di Eskilstuna che opera nel settore energetico e ambientale e del riciclo. La città ha deciso di impegnarsi e diventare un modello di buone pratiche ecologiche e in questo contesto è nata l’idea del centro commerciale del riciclo, che ha creato 50 posti di lavoro ed è pure diventato una attrazione turistica per la cittadina, che ha 60mila abitanti. Ora si vorrebbe espandere il concept in altri contesti.

Ecco alcuni dei punti vendita all’interno del centro: si va dall’abbigliamento all’arredo, dall’oggettistica per animali all’elettronica ai fiori. Tutto a impatto zero.

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