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Anna Muzio

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Alfredo Ghirarduzzi nuovo Direttore Finance di Gruppo VéGé

Alfredo Ghirarduzzi.

Rafforza la squadra ai vertici del management Gruppo VéGé con l’ingresso di Alfredo Ghirarduzzi che ricoprirà il ruolo di Direttore Amministrazione, Finanza, Controllo e IT.

Nato a Genova, 54 anni, Alfredo Ghirarduzzi arriva in Gruppo VéGé con un curriculum dirigenziale di tutto rispetto, maturato svolgendo funzioni di crescente responsabilità nel settore amministrazione, finanza e controllo di aziende internazionali con business, dimensioni e strutture organizzative fortemente differenziate.

Infatti, dopo la laurea summa cum laude in Economia e Commercio e una prima esperienza in Arthur Andersen come revisore contabile, Ghirarduzzi ha operato a lungo all’interno del Gruppo Carrefour, raggiungendo la posizione di Direttore Amministrativo dell’intero Gruppo.

Approdato nel 2011 in Qui Group SpA, leader italiano nel settore dei buoni pasto, come CFO, nel 2015 assume le mansioni di Direttore Amministrativo in Esaote SpA, azienda italiana che è tra i principali produttori mondiali di sistemi diagnostici medicali.

Con l’ingresso di Alfredo Ghirarduzzi, Gruppo VéGé potenzia il suo organigramma di Sede, affidando a un manager di provata esperienza una posizione di grande responsabilità.

Lo shopping online? Le italiane partono da scarpe e borse la mattina, col caffè

Lo shopping online? Alle donne italiane piace a ogni ora e in ogni modo, ma soprattutto la mattina davanti a un caffè. Lo rivela una ricerca commissionata da Privalia, l’outlet online leader in Italia, che a giugno 2017 festeggia i suoi primi dieci anni. Ricorrenza che l’azienda celebra con il concorso Privalia 4 you per le sue clienti (per 10 giorni dal 20 al 30 giugno ogni giorno tra coloro che faranno un acquisto saranno sorteggiati dieci buoni spesa fino a 500 euro) ma anche esplorando le abitudini delle sue clienti con l’intervista condotta su un campione di età compresa tra i 25 e i 45 anni.

Un po’ a sorpresa l’orario preferito per lo shopping online risulta essere la mattina, con un 42% di clienti che fa acquisti con il caffè in mano. Al secondo posto le ore serali tra le 21 e le 23, predilette dal 34% delle fashion addicted. Poi la pausa pranzo con il 24% del campione che, piluccando dalla schiscetta, si ritaglia un momento per sé navigando per gli scaffali virtuali sullo smartphone. Insomma, a parte l’orario di lavoro vero e proprio, tutti i momenti liberi sembrano buoni per fare acquisti comodamente sedute. Anche se sembrano esserci differenze in funzione della categoria merceologica. Le scarpe e le borse sembrano particolarmente gettonate nella prima parte della giornata (il 65% le acquista la mattina o al massimo in pausa pranzo), mentre la sera è il momento di abiti formali e di lingerie, che evidentemente richiedono più concentrazione. Il jeans appare invece il capo più trasversale, acquistato com’è in ogni momento della giornata.

E se il 33% delle intervistate fa acquisti dall’ufficio e il 28% da casa, il 39% non ha preferenze e approfitta di ogni luogo, fosse anche un autobus o la posta, per acquistare quel vestitino irresistibile. Anche grazie al fatto che ormai il 70% delle transazioni su Privalia avvengono tramite smartphone, mentre perde terreno il personal computer. Smartphone vuol dire libertà: e in casa il luogo preferito per dedicarsi allo shopping online è il divano (39% delle scelte) che precede di poco il letto (35%), il tavolo della zona giorno (21%) e perfino la vasca da bagno (5%).

Quello che alle clienti Privalia non sembra interessare è il giorno. Alla domanda “acquisti di più nei giorni feriali o nel weekend?”, il 92% ha risposto che “è indifferente”. Del resto, le offerte nei negozi virtuali cambiano in continuazione ed è bene visitarli di frequente per cogliere le occasioni migliori. Anche perché lo shopping online non sacrifica le altre attività. Il 47% del campione assicura di riuscire a cercare un paio di scarpe mentre si sposta, mentre cucina, mentre aspetta i figli fuori da scuola. Anzi, sbirciare le vetrine online rappresenta una breve “evasione” dalla routine.

Un anno senza palma, Coop conferma la sua scelta per “il principio di precauzione”

Il tribunale di Bruxelles avrà anche dato ragione a Ferrero nella querelle con Delhaize stabilendo che l’assenza di olio di palma non può essere utilizzata come leva pubblicitaria perché i suoi danni per la salute non sono provati, e Coop, che aveva deciso a stretto giro delle dichiarazioni negative dell’EFSA di rendere i suoi prodotti a marchio “palm oil free” conferma la sua scelta che circostanzia in un comunicato ad hoc. Una decisione costata all’insegna 10 milioni di euro.

“Coop ritorna sulla decisione presa più di un anno fa di sostituire l’olio di palma nei prodotti a marchio con olii monosemi, olio d’oliva o burro. La decisione annunciata a maggio 2016 è scaturita da quanto affermato nel dossier EFSA, tuttora riportato sul sito ufficiale, che ha evidenziato l’alta presenza nell’olio di palma di alcuni composti contaminanti, il cui consumo in dosi eccessive viene sconsigliato (soprattutto a bambini e adolescenti).

… in coerenza con il principio di precauzione che orienta le azioni di Coop a tutela dei soci e dei consumatori da maggio a novembre 2016 è stata completata la sostituzione del palma su oltre 200 prodotti grazie ad una loro completa riformulazione nutrizionale. Altri grandi e medi produttori hanno seguito la scelta di Coop. Questo processo ha comportato per Coop anche delle rinunce perché non è stato possibile riformulare qualche prodotto (come nel caso di alcuni gelati) utilizzando altri olii o grassi che garantissero analoghe caratteristiche organolettiche e di durata.

Nessuna demonizzazione del palma, dunque, ma una scelta ragionata che si colloca all’interno di una politica sulla corretta alimentazione. Politica che Coop ha sempre suggerito, promuovendo la riduzione di tutte quelle sostanze, come i grassi, il sale e gli zuccheri che, se assunte in quantità elevate, possono causare problemi alla salute. Non fa differenza in questo l’olio di palma. Tra la vecchia e la nuova ricetta, nella maggior parte dei casi, la percentuale di grassi saturi è stata drasticamente ridotta, in altri casi pur non riducendo questa percentuale si sono ottenuti risultati migliorativi sulla riduzione di quegli specifici contaminanti che nell’olio di palma comunemente diffuso sul mercato sono mediamente più alti rispetto agli altri olii (dato EFSA). Così Coop continua ad operare affinché questi contaminanti siano ridotti al minimo in tutti gli olii e conseguentemente in tutti i prodotti a marchio, grazie ad interventi sulle filiere produttive e a trattamenti che riducano le temperature di lavorazione dei prodotti.

Accanto agli aspetti salutistici connessi al tema olio di palma si sommano poi le questioni ambientali; molte compagnie della palma da olio hanno acquisito certificazioni di sostenibilità, ma diverse organizzazioni sociali e ambientali contestano l’utilizzo di tali certificazioni considerate portatrici di interessi lesivi dei diritti delle popolazioni locali. Il tema palma  – conclude la nota – resta un argomento estremamente controverso anche dal punto di vista ambientale e sociale. Del resto, la stessa dichiarazione del Ministro dell’Ambiente Galletti che indica l’obiettivo di rendere sostenibile l’olio di palma al 2020 non suona esattamente come una difesa del palma, ma piuttosto come la conferma che fino ad oggi non sarebbe stato sostenibile.”

 

 

Conad Adriatico cresce del 4,8% e investe per 126 milioni di euro

Il 2016 si è chiuso positivamente anche per Conad Adriatico che ha registrato un fatturato di 1.009 milioni di euro, 46,4 milioni in più rispetto al 2015 (+4,8%), con un utile del gruppo di 32,1 milioni di euro. Il patrimonio netto consolidato è aumentato di 32,5 milioni di euro, ora a 150,6 milioni di euro.

Consolidata anche la quota di mercato, che vede la cooperativa leader in Abruzzo (con il 24,9%) e nel Molise (20,6%); nelle Marche è attestata al 7,9%, in Basilicata al 7,5% e in Puglia all’8% (fonte: GNLC – II° semestre 2016).

Conad Adriatico ha in attività 377 punti di vendita su una superficie di 230.698 metri quadri (6 Conad Ipermercato, 4 Conad Superstore, 143 Conad, 119 Conad City, 34 Margherita Conad, 49 Todis, 19 L’Alimentare, 1 Petstore, 2 distributori di carburanti) nelle Marche, Abruzzo, Molise, Basilicata, Puglia, Albania e Kosovo. Nei due Paesi al di là del Mare Adriatico, sono in attività 41 punti di vendita, per una superficie di 20.574 mq e un fatturato di 42 milioni di euro. I soci imprenditori sono 255 e 4.806 i collaboratori, di cui 259 nella sede centrale a Monsampolo del Tronto (AP) e 4.547 nella rete di vendita.

«I risultati ottenuti nel 2016 sono un buon viatico per l’anno in corso – ha commentato il direttore generale di Conad Adriatico Antonio Di Ferdinando -. Stiamo investendo su ciò che sappiamo fare meglio, sulla marca Conad e sui nostri soci imprenditori, ai quali mettiamo a disposizione tutti gli strumenti più innovativi per fare nuovo sviluppo e dare risposte convenienti ad un numero crescente di persone. Il punto di vendita è un luogo di relazione e un’opportunità per fare conoscere a fondo la qualità e la convenienza del prodotto Conad. E, soprattutto, per creare una relazione emotiva tra la marca e il cliente».

 

Piano di sviluppo per 125,9 milioni di euro

Il piano strategico di sviluppo 2016-2019 è supportato da 125,9 milioni di euro di investimenti, finalizzati a nuove aperture e all’ammodernamento della rete di vendita. Nel 2017 sono previsti 22 nuovi negozi – di cui 7 in Albania – per una superficie di 10.546 metri quadri e un investimento di 41,2 milioni di euro. Nei primi giorni di giugno, con il completamento delle ristrutturazioni in atto, il cambio di insegna a Conad e il relativo riposizionamento, è diventata operativa anche l’acquisizione da concordato preventivo di 14 punti di vendita Sisa Centro Nord (13 in Abruzzo e 1 nelle Marche).

 

Risparmio e solidarietà

Nel corso del 2016, le iniziative di convenienza del gruppo hanno permesso un risparmio complessivo per i clienti di 5,4 milioni di euro. Le 11 parafarmacie in attività (a cui si sommano le 22 a libero servizio presenti nei supermercati) hanno permesso un risparmio complessivo di 1,1 milioni di euro, mentre i 2 distributori di carburanti di Avezzano e dell’Aquila hanno fatto risparmiare agli automobilisti 1,4 milioni di euro I 6 corner Ottico, i 7 self 24 su 24 Conad, i libri scolastici e i servizi assicurativi completano il quadro dei servizi a disposizione dei clienti.

Con 795 fornitori locali (725 nel 2015) Conad Adriatico ha sviluppato un fatturato di 231 milioni di euro (+2,4% rispetto al 2015), a cui si aggiunge il valore delle ricadute sull’indotto locale.

Sul fronte della solidarietà praticata, il 2016 è stato contrassegnato dalla tragedia del terremoto che ad agosto ha colpito alcune regioni del Centro Italia. Ancora una volta la cooperativa si è adoperata per riportare fiducia e normalità tra le popolazioni, per tornare a far vivere le comunità anche nelle loro tradizioni più vive e radicate. Ad oggi, l’intero sistema Conad ha messo a disposizione della Protezione Civile 2,3 milioni di euro – di cui 1,85 milioni per le Marche e l’Abruzzo – per rendere più sicuri otto edifici scolastici nelle zone colpite dal sisma, a Ascoli Piceno, Comunanza (Ascoli Piceno), Colli del Tronto (Ascoli Piceno), Macerata e Amandola (Fermo), Montorio al Vomano (Teramo), Tossicia (Teramo) e Teramo. L’impegno solidale è completato dal sostegno economico alla cooperativa sociale Primavera di Porto d’Ascoli (Ascoli Piceno) per il completamento del vivaio destinato all’avviamento al lavoro di giovani portatori di disabilità psichica. Conad Adriatico e i suoi soci hanno inoltre devoluto oltre 1,6 milioni di euro ad attività che interessano e coinvolgono le comunità locali in cui operano.

  

Conad in Puglia

A fine 2016, il fatturato di Conad Adriatico in Puglia si è attestato a 303,1 milioni di euro, in crescita del 12,9% rispetto al 2015. Dato ancor più significativo è il rafforzamento della quota di mercato all’8% (1 punto percentuale in più rispetto al dato di fine 2015. Fonte: GNLC II° semestre 2016), a conferma della validità dei piani di sviluppo in regione.

La cooperativa opera con 135 punti di vendita: 3 Conad Ipermercato, 1 Conad Superstore, 35 Conad, 64 Conad City, 6 Margherita, 24 Todis e 2 L’Alimentare, per una superficie complessiva di 74.067 mq. Il piano di sviluppo per il 2017 prevede un investimento di oltre 8 milioni di euro finalizzato all’apertura di 9 punti di vendita e al consolidamento degli attuali posti di lavoro. Il fatturato è stimato in crescita di circa 37 milioni di euro.

Significativa la ricaduta sull’economia locale pugliese: Conad Adriatico ha consolidato il rapporto con 246 fornitori agroalimentari con i quali ha sviluppato un giro d’affari di oltre 57 milioni di euro e che hanno in tal modo un’opportunità di accesso e visibilità nel mercato della grande distribuzione. Le produzioni ampliano un assortimento ricco, capace di valorizzare le produzioni tipiche locali rendendo i prodotti Conad apprezzati da un numero crescente di clienti.

Biologico oltre la nicchia, sette famiglie italiane su dieci l’hanno acquistato

Cresce vorticosamente il biologico in Italia, in controtendenza con la stagnazione del comparto agroalimentare italiano. Il cibo bio infatti ha realizzato nel 2016 un +20% di vendite nella Gdo e un +15% di vendite nei negozi specializzati. Il numero di famiglie che ha acquistato almeno una volta in un anno è in forte aumento, dal 55% del 2013 al 74% del 2016, con un incremento di 1,2 milioni di famiglie utilizzatrici di questa categoria di prodotti. Numeri che, elaborati da Nomisma su dati Nielsen, sono stati presentati nel corso di Bioeuropa 2017, un convegno promosso dall’Alleanza delle Cooperative Agroalimentari nell’antico monastero di Montebello a Isola del Piano, nelle Marche, per fare il punto su un settore che ormai non è più di nicchia.

 

Balzo in avanti della Gdo nel bio, al 39%

I prodotti biologici generano un ricavo complessivo di più di 3 miliardi di euro sul mercato interno: la grande distribuzione organizzata registra la quota nettamente maggioritaria (1.191 milioni di euro, 39% del totale, con un balzo del 20,1% rispetto al 2015). Il secondo canale di distribuzione in termini di ricavi è costituito dai negozi specializzati bio, seguono poi i food services e i negozi tradizionali. Negli ultimi quattro anni sono aumentati anche i punti vendita e i siti internet destinati alla distribuzione di prodotti biologici: il numero dei siti per l’e-commerce bio è aumentato del 71,3%, i ristoranti del 68,5%, significativo anche l’aumento delle mense (+12%).

«In un contesto così caratterizzato – spiega Francesco Torriani, presidente del consorzio Marche Biologiche – è molto importante il ruolo svolto dalla cooperazione impegnata nel comparto dell’agricoltura biologica, poiché essa rappresenta un modello produttivo rivolto alla produzione di beni alimentari legati al territorio, in grado di generare salute, ambiente, socialità, cultura, in altre parole benessere, in un confronto costante tra la sostenibilità economica propria di un’impresa e la sostenibilità ambientale e sociale».

 

Aspettando la legge

Secondo Andrea Bertoldi, coordinatore del settore Biologico dell’Alleanza Cooperative, è “urgente fare un salto di qualità nell’organizzazione delle filiere, capaci davvero di tenere insieme la produzione con la trasformazione e la commercializzazione (dove si intercetta il valore aggiunto) e di erogare i servizi necessari alle aziende agricole che si convertono al biologico. In tal senso il testo di legge della riforma del settore attualmente in discussione al Senato contiene molti elementi che rafforzano l’organizzazione in filiera del comparto”.

Il futuro del settore dipende molto da un adeguamento legislativo reso ormai indifferibile. «In particolare il disegno di legge sull’agricoltura biologica – spiega il vicepresidente della Commissione Agricoltura della Camera dei deputati Massimo Fiorio – costituisce un importante passo avanti per la modernizzazione del sistema biologico italiano e auspichiamo che diventi al più presto legge dello Stato».

Per PAC 2000A Conad un 2016 sulla soglia dei 100 milioni di utile netto

Da Nord a Sud, le cooperative Conad danno i numeri del 2016: e anche PAC 2000A Conad ha presentato risultati positivi, a partire dall’utile netto, che nel 2016 si è attestato a 99,7 milioni di euro.
Confermata la leadership dell’insegna al Centro-Sud (fonte: GNLC II semestre 2016) con un fatturato consolidato di 2.838 milioni di euro, un patrimonio netto di 615 milioni di euro e un utile netto che scende a 75 milioni di euro, a causa di rettifiche di consolidamento dovute a operazioni di riassetto. La quota di mercato si attesta al 22,6% (+0,9 punti percentuali rispetto al 2015), a dimostrazione della capacità di conquistare la fiducia dei clienti, anche in un quadro caratterizzato da forti spinte concorrenziali. Risultati in linea con un piano triennale di investimenti ambizioso, che ha l’obiettivo di superare i 3 miliardi di euro di fatturato entro il 2018.

«Quelli che agli altri possono sembrare dei traguardi, per noi sono solo il punto di partenza – annota il direttore generale di PAC 2000A Conad Danilo Toppetti –. L’andamento positivo del Gruppo muove dalla tenacia con cui fissiamo i nostri obiettivi di crescita e la strategia per raggiungerli. Il Piano di innovazione e consolidamento competitivo avviato nel 2016, che ha già dato i primi frutti, va in questa direzione: puntiamo a migliorare l’efficienza operativa e ad accrescere competitività e quote di mercato in tutte le regioni in cui operiamo».

Il Gruppo chiude l’anno con 1.161 punti vendita, per una superficie complessiva di 679.839 mq: 7 Conad Ipermercato, 65 Conad Superstore, 432 Conad, 310 Conad City, 132 Margherita, 2 store Sapori&Dintorni Conad e 213 discount Todis. Una rete di vendita in continuo sviluppo, che conta 51 nuove aperture nel 2016, per un totale di 34.676 mq, e che ha prodotto un fatturato pari a 3.931 milioni di euro (su canali iper, super e discount), in crescita del 5,8% rispetto al 2015.

Crescono anche le persone occupate nelle attività del Gruppo, che salgono a quota 15.713 (+5,65 per cento rispetto al 2015). 840 addetti in più, dovuti in gran parte alle nuove aperture, ma anche al consolidamento della tecnostruttura nelle quattro piattaforme di Perugia, Fiano Romano (RM), Carinaro (CE) e Corigliano Calabro (CS).

«Il successo di PAC 2000A si fonda sulla capacità di essere un punto di riferimento per le comunità in seno alle quali operiamo attraverso i nostri 888 soci – fa notare il presidente di PAC 2000A Claudio Alibrandi – e di essere concittadini prima ancora che commercianti. Creare relazione significa apprendere, imparare dall’altro a rispondere ai bisogni. Una capacità che fa parte da sempre del DNA di PAC 2000A e che le consente di stare sul mercato da leader».

I risultati del Gruppo paiono ancora più significativi in uno scenario caratterizzato da segnali di ripresa timidi soprattutto nel Mezzogiorno, dove l’indice di deprivazione materiale è tre volte più elevato che nel Nord. In questo scenario, PAC 2000A si è impegnata per la difesa del potere d’acquisto delle famiglie: oltre un terzo del fatturato – il 32,7% – è riconducibile a promozioni, che hanno consentito ai clienti un risparmio complessivo di 244,2 milioni di euro.

Significativa la performance dei prodotti a marchio Conad, il cui giro d’affari nelle regioni in cui opera PAC 2000A è stato pari nel 2016 a 356,3 milioni di euro (+5,7%), con un’incidenza dei prodotti a marchio sul fatturato che arriva al 23,2%.

Non sono mancati i risultati positivi anche sul fronte dell’innovazione di servizio: sono 21 le parafarmacie attive nei territori di PAC 2000A, parte di una rete composta da 108 parafarmacie a livello nazionale, nelle quali i cittadini hanno potuto beneficiare di un risparmio medio del 20% su farmaci da banco e senza obbligo di ricetta rispetto alla farmacia tradizionale. Gli 8 distributori di carburanti Conad in attività sui territori della cooperativa hanno invece consentito agli automobilisti di risparmiare quasi 13,5 milioni di euro dalla prima apertura, mentre i due negozi di ottica hanno garantito ai clienti risparmi tra il 20 e il 30%. Nel 2016 ai format innovativi già esistenti si è aggiunto il Pet Store: una catena specializzata, che opera con un assortimento dedicato pensato per rispondere alle esigenze di quel 43,3 per cento di italiani che possiede un animale domestico. Nel 2016 sono stati aperti i primi 6 Pet Store sui territori di PAC 2000A.

Nel 2016 la cooperativa ha sottoscritto accordi con 2.433 fornitori locali. Una relazione che ha prodotto un fatturato di 845,2 milioni di euro, consentendo a tante piccole e medie realtà di eccellenza l’accesso al mercato della grande distribuzione.

Anche nel 2016 PAC 2000A ha offerto il proprio sostegno a iniziative culturali, sportive e di solidarietà, nelle quali la cooperativa ha investito 1.362.411 euro. Tra questi, circa 168 mila euro sono stati riservati al recupero e alla redistribuzione di eccedenze alimentari – grazie alla collaborazione con l’Istituto Salesiano, la Comunità di Sant’Egidio e il Banco Alimentare – e 430.000 l’investimento destinato a iniziative culturali e sportive.

Conad Centro Nord cresce (+2,1%) e investe (per 45,2 milioni di euro)

Numeri positivi nel 2016 e progetti di crescita per Conad Centro Nord, che nel 2016 ha chiuso con un fatturato di 1,24 miliardi di euro e un patrimonio netto consolidato di 246,5 milioni di euro (+20,5 milioni rispetto all’anno precedente).  Il tutto in un contesto di dinamica dei consumi assolutamente piatta che ha registrato un mero +0,1%.

 

183,3 milioni di euro di investimenti entro il 2018

Una base economica solida, su cui predisporre il piano strategico di sviluppo finalizzato ad accrescere quote di mercato ed efficienza dando risposta alle nuove esigenze dei clienti. Il piano triennale di sviluppo 2016-2018 prevede investimenti per 138,3 milioni di euro, 26 dei quali nell’anno in corso per cinque nuove aperture nelle province di Bergamo, Brescia e Milano (1 Conad Superstore, 2 Conad, 1 Conad City, 1 Sapori&Dintorni Conad) e la ristrutturazione di tre punti di vendita a Brescia, Brugherio (Milano) e Vergiate (Varese).

Per recuperare risorse finanziarie da destinare allo sviluppo, lo scorso anno Conad Centro Nord, Conad del Tirreno e Conad Adriatico hanno costituito con Cattolica Assicurazioni il fondo di investimento immobiliare Mercury del valore di 300 milioni di euro. Sottoscritto in maggioranza dalla compagnia assicurativa, il fondo corrisponde al valore degli immobili – in prevalenza punti di vendita – conferito dalle tre cooperative. Gli immobili di proprietà del fondo, gestito per legge da un soggetto terzo, la società di gestione del risparmio Savills Investment Management, rimangono nella disponibilità di ciascuna cooperativa in virtù di contratti di locazione di lunga durata.

 

Crescita uniforme

Conad Centro Nord registra una crescita costante in tutti i territori – le province emiliane di Reggio Emilia, dove ha sede, Parma e Piacenza e la Lombardia – in cui è presente con 238 punti di vendita per una superficie complessiva di 191.073 mq: 36 Conad Superstore, 99 Conad, 42 Conad City, 52 Margherita Conad, 3 Sapori&Dintorni, 2 PetStore, 4 Todis. A questi si aggiungono un distributore di carburanti, 12 parafarmacie e due Ottico a marchio Conad.

La quota di mercato nei territori di competenza si è attestata al 5,5%: 26,2% in Emilia e 3,1% in Lombardia (fonte: GNLC, II semestre 2016).

«I risultati del 2016 sono frutto di scelte strategiche ben ponderate nell’attuale contesto economico e sociale e di punti di vendita che danno risposte ai clienti con un carrello della spesa in cui la qualità e la convenienza sono determinanti – ha deto il direttore generale di Conad Centro Nord Ivano Ferrarini –. Un ruolo decisivo è svolto dalla continua evoluzione del punto di vendita e dall’offerta di prodotti e servizi, attentamente valorizzati nella nostra multicanalità: supporto decisivo nell’impegno di accrescere esperienza, informazione, qualità, certificazione e, dunque, rassicurare il nostro cliente. In sintesi, un’offerta che coniuga innovazione al gusto e alla tradizione, capace di offrire risposte di qualità ai trend di consumo emergenti: un’attenta specializzazione nei reparti freschi, nel salutistico, nel benessere e nei prodotti del territorio, premium e biologici».

Sono state sei nel 2016 le nuove aperture, nelle province di Reggio Emilia, Parma, Piacenza, Bergamo, Milano e Brescia (3 Conad Superstore, 1 Conad e 2 PetStore) per 7.887 mq complessivi di superficie, 124 nuove assunzioni su 215 totali e un investimento complessivo di 51,3 milioni di euro, di cui 3,3 sono stati destinati a 7 ristrutturazioni nelle province di Parma (3), Piacenza (1), Bergamo (1), Milano (1) e Lecco (1). Al debutto il PetStore Conad, il nuovo format di vendita dedicato agli amici animali, pensato per due tipologie dimensionali, da 250 e 500 mq, con tutti i prodotti dell’industria di marca venduti all’interno delle catene specializzate, oltre ai prodotti a marca Conad (in tutto, 4 mila per il format più piccolo e oltre 5 mila per quello più grande), attività promozionali e servizi specifici. Due le aperture, a Rubiera (Reggio Emilia) e Langhirano (Parma).

L’intensa attività che fa riferimento alla convenienza durante tutto l’arco dell’anno dei 300 prodotti presenti, a rotazione, nel paniere di Bassi&Fissi, nei programmi di risparmio per i possessori Carta Insieme e nelle 27 iniziative promozionali ha avuto un’incidenza del 34% sul fatturato della cooperativa.

I prodotti Conad rappresentano ormai il 27,9% degli acquisti (in crescita di oltre 3 punti percentuali rispetto al 2015).

Il distributore di Bibbiano (Reggio Emilia) ha prodotto benefici per gli automobilisti pari a 359 mila euro (4,5 milioni dall’apertura, nel 2010). Le parafarmacie registrano un incremento del 26,7% delle vendite, portando anch’esse risparmio ai clienti.

Conad Centro Nord con 660 fornitori locali ha sviluppato nel 2016 un fatturato di 283,7 milioni di euro, pari al 22,9% del proprio fatturato, a cui va aggiunto il valore della ricaduta sull’indotto locale. L’impegno per la valorizzazione del territorio rappresenta un tratto distintivo della cooperativa e dei suoi 379 soci, coadiuvati da 4.577 collaboratori nella rete di vendita.

Lo scorso anno la cooperativa e i soci hanno devoluto 1,4 milioni di euro in iniziative di responsabilità sociale, nel campo dello sport – soprattutto volley, calcio, rugby e a sostegno dei settori giovanili delle squadre – della cultura, del tempo libero.

Non siamo un Paese di veggie, il 95% consuma carne purché sia poca, buona e italiana

Carnivori alla riscossa in Italia.: malgrado le fake news, le campagne diffamatorie, gli allarmismi e l’affermarsi di stili di vita che escludono il consumo di carne, gli Italiani non rinunciano alle proteine animali fondamentali nella nostra dieta. Il 95% continua a consumarle, ma lo fa rispettando tre regole di massima: sì alla carne purché poca, buona e italiana.

 

Consumi ai minimi europei

Lo rivela un’indagine Ixè commissionata da Coldiretti, secondo cui il 18% degli italiani porta in tavola meno di 100 grammi di carne alla settimana, il 45% dai 100 ai 200 grammi e il 24% tra i 200 ed i 400 grammi. Insomma molto meno del limite di 500 grammi alla settimana consigliato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) come ideale. Il consumo medio annuo in Italia di carne (pollo, suino, bovino, ovino) è di 79 chilogrammi pro-capite, inferiore a quello dei danesi (109,8 kg), dei portoghesi (101), degli spagnoli (99,5), dei tedeschi (86) e dei francesi (85,8). Addirittura, gli statunitensi mangiano il 60% di carne in più rispetto a noi. E i consumi nel nostro Paese continuano a calare: nel primo trimestre del 2017 sono calati del 3,9% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (dati Ismea elaborati da Coldiretti). Frutto certamente anche della diffidenza che gli allarmismi vari alimentano, malgrado nessuno studio scientifico metta in correlazione il consumo di carne in ragionevoli quantità a danni per la salute. Anzi, la comunità scientifica è concorde nel tessere le lodi di una dieta completa che includa anche le proteine animali.

 

Per le razze storiche italiane + 52%

Quella che non sembra soffrire delle campagne di diffamazione è la carne di qualità, ad esempio quella da razze storiche italiane, che anzi stanno vivendo un vero e proprio boom. Sono 415mila i capi da cui arrivano le bistecche top, con un aumento del 52% negli ultimi anni. La più diffusa è la razza piemontese che conta su 276mila capi, oltre 51mila quelli di razza marchigiana, quasi 45mila di chianina, 12mila di romagnola, 10mila di maremmana e 32mila di podolica.

La conoscenza delle caratteristiche specifiche dei diversi tipi di carne è diventato un valore aggiunto che arricchisce l’offerta enogastronomica nei ristoranti, nelle hamburgerie ma anche nelle case. Il 45% degli italiani afferma di preferire la carne proveniente da allevamenti italiani, il 29% sceglie carni locali e il 20% quella con marchio Dop, Igp o con altre certificazioni di origine. «Una domanda di trasparenza – dice il presidente di Coldiretti Roberto Moncalvo – che occorre estendere dagli scaffali dei supermercato, dove vige l’obbligo di indicare in etichetta la provenienza per la carne bovina, alle tavole della diverse forme della ristorazione fuori casa dove ormai si concentra oltre 1/3 dei consumi alimentari. Viene dall’estero infatti il 40% della carne bovina consumata senza il valore aggiunto di sicurezza e sostenibilità garantita dall’italianità».

Le carni nazionali sono generalmente più sane, perché magre, non trattate con ormoni (a differenza di quelle americane) e ottenute spesso nel rispetto di rigidi disciplinari di produzione che assicurano il benessere e la qualità dell’alimentazione degli animali. Ultima arrivata tra le carni tutelate quella dello storico Vitellone Piemontese della Coscia a Indicazione Geografica Protetta (Igp).

Wycon lancia ANDROGYNY, linea di make up “no gender”

Cavalca i trend del rimescolamento o superamento tra i generi tanto caro specie alle generazioni under 35 Wycon cosmetics, che lancia una linea di make up no gender, ANDROGYNY, e utilizza nella campagna Adv, primo marchio italiano, un volto maschile. Un mood androgino per raccontare che la bellezza non conosce genere. 
La nuova collezione, disponibile nei punti vendita e sull’e-commerce ufficiale dal 15 giugno, è presentata sulla pelle di un modello dai tratti androgeni, senza genere, rappresentato come una figura racchiusa in un limbo tra una realtà eterea, celeste e trascendentale e una quotidianità moderna, che lo trattiene a terra costringendolo in una gabbia di stereotipi che richiedono la classificazione in categorie ormai sorpassate.

Del resto, il noto claim del marchio “Show the world who you are!” (mostra al mondo chi sei) da sempre invita a usare il make up non come una maschera per farsi accettare dalla società, ma come uno strumento che veicola la vera personalità dell’individuo, liberando la sua espressività. Lo step successivo per portare avanti questa filosofia, che del resto segue ben precisi mutamenti negli stili di vita e negli atteggiamenti (vedi lo spazio Agender lanciato tempo fa da Selfridges), è proprio il make up con ANDROGYNY, nel quale i limiti tra ciò che è maschile e femminile vengono abbattuti, i pregiudizi superati e i canoni annullati.

Se questa è l’era dell’estetica e dell’aspetto esteriore, da apparente perdita di valori,
WYCON ne fa una chiave di forza, che permette a tutti di creare il proprio sé, seguendo sogni e fantasie, accantonando dubbi e rigide organizzazioni che ci difendono dall’ignoto, dal non definito.
«Non dobbiamo considerare la campagna di ANDROGYNY come una mossa scandalistica per attirare i riflettori – chiarisce Fabio Formisano, Head of Marketing & Communication -.
Il mood e la storia che vogliamo raccontare sono un elemento di rottura, per l’approccio e il tema nel settore della cosmetica, meno abituata a esperienze di questo tipo, se non di recente e a livello internazionale».

 

WYCON in passato si è già speso su temi cruciali con progetti beneficienza contro la violenza sulle donne o per supportare la ricerca contro il tumore al seno, e iniziative speciali e i diversi contenitori che ci permettono di veicolare realtà sulle quali vogliamo focalizzare l’attenzione.
«Abbiamo sempre dato al nostro pubblico e ai nostri consumatori delle figure forti che fossero d’ispirazione, anche per indagare attraverso i nostri prodotti una panoramica umana che vuole raccontarsi, e sceglie il make up come mezzo d’espressione» conclude.

Nova Coop abbraccia il progetto Piemunto, al via in 62 punti vendita i latticini a Km zero

La presentazione dell'accordo a Fiorfood, in Galleria San Federico a Torino. Erano presenti Giorgio Ferrero, Assessore all’Agricoltura della Regione Piemonte, Giancarlo Gonella, Presidente Legacoop Piemonte, Antonio Piscitelli, Responsabile Sviluppo vendite freschi Nova Coop, Enrico Ottobrini, Responsabile Sviluppo vendite freschissimi Nova Coop e alcuni fornitori presenti che partecipano al progetto.

Uno strumento di promozione che possa aiutare nel concreto il mercato lattiero-caseario del Piemonte e un aiuto a un consumatore sempre più interessato all’origine dei prodotti che consuma, meglio se a chilometro zero: è questo il senso del marchio “Piemunto” promosso dalla regione Piemonte e ora adottato anche in 62 punti vendita di Nova Coop.

I prodotti sono facilmente identificabili a scaffale grazie alla presenza del logo “Piemunto” adottato dai fornitori che aderiscono all’iniziativa della Regione Piemonte. I tutto 15 di cui 9 presenti in tutti i punti vendita, con 261 prodotti, di cui 137 confezionati e 124 al banco taglio, comprese alcune proposte già presenti nella selezione d’eccellenza Fiorfiore di Coop, come la Toma di Maccagno. Il consumatore può quindi scegliere fra 88 formaggi stagionati e 43 tipi di yogurt prodotti a partire da 40 diverse derivazioni di latte.

In Piemonte, il 35 % del latte è raccolto e in buona parte lavorato dalle cooperative agroalimentari. La scelta di aderire al progetto “Piemunto” del resto è in linea con l’attenzione di Coop per i prodotti autoctoni, basti pensare al successo del progetto “Ortoqui”, dedicato invece alle produzioni ortofrutticole tipiche e locali dell’area del Nord Ovest. 

«La cooperazione piemontese lavora per filiere alimentari di eccellenza, in questo caso il latte e i latticini – afferma il Presidente di Legacoop Piemonte Giancarlo Gonella – e per la valorizzazione del patrimonio zootecnico e gli allevamenti della nostra Regione».

«L’adesione di Nova Coop, per la sua vocazione specifica all’interno della Gdo – dice l’assessore regionale all’agricoltura Giorgio Ferrero – rappresenta un ulteriore elemento di valorizzazione di Piemunto e, al suo interno, dei prodotti che vengono dall’agricoltura sociale o da allevamenti di montagna, realtà che meritano di essere maggiormente conosciute e promosse».

Il progetto “Piemunto” nasce su proposta dell’Assessore regionale all’Agricoltura, Giorgio Ferrero, e costituisce il primo esempio di marchio finalizzato alla valorizzazione del latte piemontese e dei suoi derivati di origine regionale; il logo “Piemunto” contraddistingue infatti il latte alimentare, lo yogurt, i formaggi e, in generale, i prodotti lattiero-caseari realizzati solo ed esclusivamente con latte di allevamenti piemontesi. Allo scopo quindi di ampliare le attività di verifica sul corretto utilizzo del marchio e sull’origine del prodotto, la Regione Piemonte ha sottoscritto un accordo di collaborazione con le strutture di controllo del Ministero Agricoltura operanti in Piemonte. L’obiettivo dell’iniziativa “Piemunto” è quindi offrire al consumatore interessato all’origine locale dei prodotti la possibilità di effettuare una scelta consapevole nell’acquisto di latte, yogurt e formaggi; questa scelta si accompagna ad una condivisibile fiducia nei confronti di un sistema regionale pubblico di controlli sulla qualità igienico sanitaria dei prodotti lattiero caseari nonché a una riconosciuta esperienza degli operatori privati regionali del settore lattiero caseario.

I prodotti Piemunto saranno disponibili in Piemonte e nei punti vendita lombardi di Castano, Luino e Tradate.

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