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Carmela Ignaccolo

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Debutta in Italia Hydraqua, l’acqua in alluminio 100% riciclabile

HYDRAQUA, la prima acqua alcalina ionizzata con pack in alluminio 100% riciclabile all’infinito, debutta sul mercato italiano. Presentata in anteprima mondiale al Gran Galà del Calcio AIC, trasmesso in diretta su Sky Sport, HYDRAQUA è un’acqua con pH alcalino 9+ intendendo il pH come misura dell’acidità e della basicità di una soluzione acquosa – che le conferisce un’elevata capacità idratante. 

“HYDRAQUA è la risposta alle esigenze di un’epoca sempre più uomo-centrica, nella quale l’individuo deve idratarsi in profondità per performare al meglio in ogni settore, dal lavoro allo sport alla vita personale”, spiega Jules-Arthur Sastre, Founder & CEO di HYDRAQUA, l’azienda che cura l’imbottigliamento e la distribuzione di HYDRAQUA in Italia e all’estero. 

HYDRAQUA – a metà strada tra un energy drink e un’acqua tradizionale  – nasce da un’intuizione di Jules-Arthur Sastre, giovanissimo imprenditore italo francese e inaugura un nuovo mercato nel settore del beverage. Massima attenzione per l’eco-sostenibilità, che si traduce nella scelta dell’alluminio 100% riciclabile all’infinito per la bottiglia che garantisce un impatto ambientale ridotto e un risparmio energetico del 95% rispetto ai processi tradizionali di riciclo. “Al giorno d’oggi l’innovazione non può più prescindere dal concetto di eco-sostenibilità” afferma Jules-Arthur Sastre “Basti pensare che, a differenza di quanto avviene con la plastica, in Italia viene riciclato l’80% dell’alluminio immesso sul mercato ed è un dato in continua crescita”.

Il Pack

HYDRAQUA non passa inosservata: la sua bottiglia super cool, dal design compatto ed elegante, ed il blu del suo pack, la rendono un vero must-have da tenere in borsa o nello zaino per non farsi mai mancare la giusta idratazione e affrontare al meglio le sfide di ogni giorno.

Molecole ionizzate

L’acqua minerale Filette, riconosciuta scientificamente come una delle più pure al mondo, viene sottoposta a un processo di elettrolisi tramite uno ionizzatore, nel quale le molecole d’acqua vengono riorganizzate in base alla loro carica elettrica. L’acqua viene così “separata” in questo modo: l’elettrodo negativo dello ionizzatore attira gli ioni positivi (minerali alcalini), mentre l’elettrodo positivo richiamerà a sé gli ioni negativi (radicali acidi). Questo processo conferisce all’acqua il pH alcalino superiore a 9 senza additivi aggiunti.

“Affinché il nostro corpo sia in salute è necessario mantenere un equilibrio acido-alcalino, quindi un pH ideale. Quando questo non avviene, il nostro organismo sviluppa il fenomeno dell’acidosi metabolica. Un’acqua alcalina ionizzata con un pH 9+ può aiutare a riequilibrare il metabolismo e contrastare l’acidosi”, spiega la nutrizionista Elena Paglia.

La distribuzione

Da dicembre sarà possibile acquistare online HYDRAQUA sul portale Acquedilusso.it. È previsto, invece, per i primi mesi del nuovo anno l’arrivo sui principali canali Ho.Re.Ca e GDO italiani. La confezione da 44 cl sarà in vendita online a partire da 1,80 euro. Nel marzo 2020 HYDRAQUA verrà distribuita nel resto d’Europa, a partire da Francia, Belgio e Lussemburgo.

 

 

Giopescal: riapre lo storico punto vendita in Via Galata a Genova

Riapre lo storico punto vendita di Giopescal, in Via Galata a Genova.
Il negozio, che si estende su120 mq, rappresenta oggi il flagship store della catena distributiva di surgelati, acquisita nell’agosto 2018 da Verrini Holding, storica azienda genovese di distribuzione di prodotti ittici freschi, conservati e surgelati.
Nuovo layout e format, un doppio ingresso su Via Galata, tanta luce e schermi interattivi con tutte le promozioni giornaliere.
L’accurato restyling è partito a inizio anno con la finalità di ammodernare il punto vendita, alla ricerca di un posizionamento più attuale. Grazie alle sinergie con la Antonio Verrini & Figli, oltre al surgelato ittico, il portfolio di prodotti di Giopescal è stato rivisto e valorizzato per arricchire la gamma secondo le nuove tendenze che il mercato sta via via richiedendo. Inoltre il nuovo piano commerciale della catena punta a un progetto di rinnovamento della catena e delle attività dei punti vendita.
Più in particolare i colori degli interni sono stati scelti in base allo storico del marchio (blue navy) insieme a nuovi vivaci colori che richiamano il settore ittico in particolare: l’arancio corallo, l’azzurro e il beige. Un grande e luminoso banco frigo accoglie la clientela che può accedere al negozio attraverso due porte a scorrimento in Via Galata (in precedenza una sola era la porta di ingresso). Lo spazio è accogliente e ampio, una cassa e due bilance di ultima generazione. I monitor alle pareti saranno attivi tutti i giorni con video di pesca e scene di mare, segnaleranno le migliori offerte giornaliere. L’intero impianto di illuminazione sfrutta lampadine a basso impatto ambientale.
La zona di Piazza Colombo, sempre più orientata alle attività legate al food, torna ad avere attivo uno dei negozi più storici e la cui riapertura era molto attesa da parte dell’affezionata clientela del centro, in un periodo nevralgico per l’acquisto alimentare, in vista delle festività natalizie.

Il maxistore InGrande apre il primo negozio di Roma

InGrande porta nella Capitale (presso il Parco Commerciale Torre Spaccata) il suo format dedicato alla maxi scelta 2.500 mq dedicati alla spesa e al risparmio di tempo e denaro. Si tratta del primo maxistore dell’insegna ad aprire a Roma dopo il rinnovo del brand. Un risultato che rappresenta il coronamento degli obiettivi del 2019, dopo un rilancio di  successo con un taglio più moderno e funzionale ai trend del mercato attuale e cinque nuove aperture tra Lazio e Toscana negli ultimi sei mesi. Il negozio InGrande che aprirà a Torre Spaccata è grande occupa una superficie di 2.500 mq e si rivolge sia ai privati che ai professionisti del settore Ho.Re.Ca, offrendo la possibilità di spaziare tra più di 6000 prodotti tra marchi esclusivi e marchi noti e soprattutto tra i reparti dei freschi. Il reparto ortofrutta si estende su una superficie di circa 400 mq , con referenze provenienti da filiere corte e consegnate quotidianamente, per offrire sempre la massima freschezza e la qualità dei prodotti locali. Il reparto panetteria offre la panificazione interna e garantisce l’utilizzo di materie prime di provenienza italiana. Anche il reparto macelleria, avrà il laboratorio interno dedicato alla lavorazione della carne, e offrirà prodotti provenienti da allevamenti controllati di partner selezionati, mettendo al servizio del cliente la professionalità di personale specializzato per venire incontro alle diverse esigenze.
Importantissima novità del punto vendita romano è il reparto pescheria, con pescato  per la maggior parte, proveniente da flotte di Anzio e Nettuno e da imbarcazioni esclusive.
Fiore all’occhiello dello store InGrande è il reparto enoteca : 2.000 prodotti a scaffale con una selezione di 1.300 etichette italiane e 700 etichette di spirits di provenienza nazionale e internazionale accuratamente selezionate da esperti.

FaBì: apre ad Oristano l’insegna dedicata ai prodotti biologici

Apre a Oristano il primo punto vendita FaBì, insegna esclusivamente dedicata ai prodotti biologici. Questo è il nuovo progetto della famiglia Frongia, titolare dei supermercati “Vicino a Te” e socio del Consorzio Coralis.

Coerentemente con la mission degli store di prossimità, impegnati ogni giorno a soddisfare le richieste di consumatori sempre più consapevoli, la famiglia Frongia ha inaugurato, nel 2015, un punto vendita completamente dedicato ai prodotti biologici: FaBì, che oggi si sposta oggi nei locali che hanno visto nascere il primissimo punto vendita “Vicino a te”, nel cuore di Oristano.

FAre BIo – questo il significato per esteso – oltre che un’insegna vuole essere una promessa e un impegno nei confronti dei clienti sull’assoluta qualità biologica dei prodotti presenti nel punto vendita.

Il negozio FaBì si presenta con un layout lineare ma ugualmente caldo e accogliente, dove predomina il legno. Vasto l’assortimento food (rigorosamente bio e certificato) che spazia dalle paste alle farine, dai succhi di frutta alle passate di pomodoro, passando per tutti i legumi, spezie, aromi, scatolame. Anche nel reparto fresco si possono trovare prodotti dell’orto-frutta a km. Zero e provenienti da colture biologiche. Anche il pane, sfornato ogni giorno, è prodotto con farine antiche e rigorosamente bio.

Oltre, alla vasta e golosa area food, FaBì mette a disposizione dei propri clienti, attenti al proprio benessere psico-fisico e a quello delle persone della propria famiglia, uno spazio salutista dedicato agli integratori naturali, ai rimedi fitoterapici, alla cosmetica naturale e a oggetti che aiutano il benessere quotidiano all’interno della propria casa, come le lampade di sale dell’Himalaya, consigliate per rendere più salubre l’ambiente in cui viviamo.

Sempre in coerenza con una filosofia bio-sostenibile, nello store è presente una postazione per la vendita di detersivi alla spina.

“La somministrazione di detersivi alla spina che riduce l’utilizzo di contenitori di plastica e gli sprechi e stimola il riciclo, è una delle azioni eco-friendly che credo sia giusto e responsabile che un negozio di vicinato proponga ai propri clienti, specialmente un negozio con le caratteristiche di FaBì” commenta Marco Frongia, uno dei titolari del gruppo Vicino a Te. “Ci piace proporre soluzioni innovative: abbiamo infatti in programma di organizzare all’interno di FaBì degli incontri all’insegna del benessere con una nutrizionista e un’erborista per parlare di buone pratiche per una vita sana, di alimentazione, di rimedi fitoterapici per un buon sonno o una buona digestione o la dieta ideale per l’infanzia”.

“Siamo sempre felici quando uno dei nostri soci inaugura nuovi punti vendita, specialmente quando al loro interno non si vendono solo prodotti ma si condividono pensieri, storie, incontri, responsabilità, come nel caso di FaBì” afferma Eleonora Graffione, presidente del consorzio Coralis.

Spreco alimentare: pane, frutta e verdura gli alimenti più a rischio

Non è un mistero e gli italiani lo sanno:  lo spreco di cibo a livello domestico può avere un costo di quasi 15 miliardi di euro ogni anno. E c’è di più: il 90% dei nostri connazionali ritiene che lo spreco alimentare sia uno dei grandi problemi del nostro tempo e riconosce l’esistenza di un legame diretto con l’inquinamento ambientale. A dirlo il 1° Osservatorio social sugli sprechi alimentari, realizzato dall’app antispreco Too Good To Go e Al.ta Cucina, la più grande community di amanti del cibo italiano in tutto il mondo.

Peccato però che tale livello di consapevolezza sia troppo spesso, slegato da qualsiasi tipo di intervento: non è un caso che l’86% degli italiani ammette di sprecare del cibo.

Oltre la metà degli italiani va a fare la spesa 1 (40%) o 2 / 3 volte a settimana (42%), ma nel 18% dei casi si acquistano alimenti fino a 4 volte a settimana. In ogni caso, fare la spesa in maniera consapevole significa acquistare ciò che è realmente necessario: cosa che purtroppo  non accade per 7 italiani su 10, che ammettono di comprare alimenti che poi finiscono nella spazzatura. Tra gli alimenti più sprecati al primo posto ci sono pane (23%), verdure (19%) e frutta (13%); seguono latticini e derivati (12%), pasta (9%) e carne (7%).

Secondo lo studio, l’ostacolo più grande nella lotta agli sprechi alimentari continua ad essere quello sociale e culturale: nonostante infatti la ormai larga disponibilità dei ristoranti ad offrire doggy bag o altre soluzioni che permettano di portare a casa gli avanzi, il 56% degli italiani ammette di non pensarci mai o di vergognarsi a richiederle.

“Grazie alla forza della nostra community, che solo su Intagram conta oltre 650mila utenti, creiamo sondaggi interattivi tramite le ‘stories’, ottenendo pareri verticali al mondo della cucina di altissimo interesse e valore”, dichiarano Alessandro Tartaglia e Simone Mascagni, co-founder di Al.ta Cucina. “Le interazioni sono altissime, oltre 20.000 risposte in 24h per singola storia. L’occasione di trasformare questo strumento in Osservatorio ci è stata concessa da Too Good To Go, di cui abbiamo sposato la causa creando un’attività legata allo spreco alimentare. Siamo certi che questo importantissimo strumento possa diventare una valida alternativa ai classici sondaggi”.

“Le festività sono alle porte e con esse l’aumento esponenziale dei consumi di cibo e degli sprechi, nonostante 8 italiani su 10 promettano di evitare di buttare gli avanzi del pranzo di Natale e di mangiarli a cena”, commenta Eugenio Sapora, Country Manager per l’Italia di Too Good To Go. “Grazie al nostro primo esperimento di indagine social resa possibile dalla community di Al.ta Cucina abbiamo confermato che uno dei problemi nella lotta agli sprechi alimentari è la paura del giudizio altrui. In questo senso progetti intuitivi e smart come Too Good To Go consentono di rivoluzionare dal basso concetti ormai radicati nella nostra società e di convincere soprattutto i più giovani, principali consumatori di domani, che un mondo senza sprechi è possibile”.

A dimostrarlo l’81% degli utenti che ha confermato l’interesse a comprare l’invenduto del giorno di negozi o ristoranti ad un prezzo conveniente prima che venga sprecato. 
L’app Too Good To Go permette infatti a ristoratori e commercianti di prodotti freschi di proporre quotidianamente le Magic Box, delle “bag” con una selezione a sorpresa di deliziosi prodotti e piatti freschi, rimasti invenduti a fine giornata e che non possono essere rimessi in vendita il giorno successivo. I consumatori possono cercare i locali aderenti ed acquistare ottimi pasti a prezzi minimi, prenotare la Magic Box e ritirarla direttamente in negozio nella fascia oraria specificata. Un impegno concreto contro gli sprechi e a favore della tutela dell’ambiente, considerando che ogni Magic Box acquistata permette di evitare l’emissione di 2.5 kg di CO2.

Pausa pranzo: 40 minuti (al massimo) per un pasto leggero e preferibilmente bio

Il primo parametro essenziale è il tempo: in una società “veloce” come la nostra anche la pausa pranzo,infatti, deve fare i conti con la lancetta dell’orologio.Ecco allora che saranno al massimo 40 i minuti dedicati al pranzo. A dirlo l’indagine condotta da Nomisma per l’Osservatorio Buona Pausa Pranzo di CIRFOOD.  E questo limite temporale vale sia per gli studenti che per i lavoratori. 1 lavoratore su 5 pranza in meno di 20 minuti. Lo stesso vale per gli studenti, tanto che il 19% impiega meno di 20 minuti per la pausa pranzo fuori casa e il 52% tra i 30 e i 40 minuti. Avere un servizio di ristorazione aziendale significa concedersi più tempo per la pausa pranzo: il 59% afferma di riservare fra i 30 e i 40 minuti a questo momento della giornata.

I luoghi della pausa pranzo

La maggior parte degli studenti (75%) mangia soprattutto a casa, ma è comunque alta la percentuale di chi afferma di consumare 2/3 volta la settimana il pasto sul luogo di studio. Per quanto riguarda i lavoratori, il 43% dichiara di pranzare in ufficio almeno 2/3 volte alla settimana, mentre il 45% rientra a casa.

I consumi degli Italiani

I dati della ricerca parlano chiaro: si consumano soprattutto pasti cucinati e portati da casa (65% dei lavoratori e 78% degli studenti) o acquistati già pronti da mangiare o solo da scaldare, come insalatone, zuppe e panini (52% dei lavoratori e 53% degli studenti). Diffuso trai i lavoratori (21%) l’abitudine ad ordinare on line e a ritirare il pasto con modalità take-away – soluzioni determinate dall’assenza di alternative di consumo, come ad esempio la presenza di un servizio di ristorazione aziendale.

Driver di scelta

Il primo fattore è la praticità: studenti (22%) e lavoratori (16%) sono concordi nel riconoscere nella vicinanza al luogo di studio/lavoro l’elemento cardine. Tra gli altri fattori presi in considerazione vi sono il tempo a disposizione e gusto/bontà dei piatti proposti; a dispetto di quanto si possa immaginare, la convenienza – intesa come la possibilità di fruire di formule vantaggiose, ad esempio il menù a prezzo fissonon rappresenta il criterio guida prioritario – interessando principalmente più gli studenti (12%) che i lavoratori (8%) – ma solo un fattore complementare.

Stili di consumo

Prevalgono quelli improntati al salutismo e al benessere con scelte che ricadono su portate light/basso contenuto di grassi, ingredienti bio, ma anche proposte ipocaloriche e iperproteiche.

Negli ultimi 6 mesi, per il pranzo fuori casa, il 32% degli studenti ha consumato portate con ingredienti bio/naturali, il 31% ha optato per piatti a basso contenuto di grassi, mentre il 23% ha preferito menù iperproteici.

Anche i lavoratori prediligono pasti leggeri (38%), naturali/bio (34%), con poche calorie (23%). Non stupisce, poi, che la cucina italiana – tradizionale o tipica regionale – resti universalmente la più apprezzata da entrambi i target (oltre il 90% del campione), anche se sta crescendo la predilezione per la cucina orientale (giapponese e cinese), al top tra le preferenze in fatto di piatti etnici, seguita dalla cucina greca e da quella latina, soprattutto messicana e brasiliana.

La ristorazione aziendale

L’indagine ha rilevato anche il livello generale di gradimento dei lavoratori che usufruiscono dei servizi di ristorazione aziendale e ben 7 intervistati su 10 si sono detti soddisfatti del servizio offerto. In particolare, gli aspetti più apprezzati riguardano il personale impiegato, del quale il 76% di chi usufruisce del servizio di ristorazione apprezza professionalità e gentilezza, oltre a gusto dei pasti e varietà e rotazione del menù (apprezzati rispettivamente dal 70% e dal 64% del target).

Voglia di sperimentare

Pur preferendo la cucina di casa nostra, i gusti degli italiani sono aperti a novità e contaminazioni.

Le spezie fanno ormai parte della quotidianità per almeno 1 italiano su 5. Oltre a curcuma, curry e cumino, tra i nuovi ingredienti si segnalano cous cous, quinoa, zenzero e avocado. Ancora poco consumati i super-foods: mirtillo rosso, semi di chia e bacche di goji sono quelli che raccolgono maggior interesse. La limitata propensione al consumo è ancora legata alla scarsa conoscenza dei prodottI e dei potenziali benefici sulla salute.

Grande interesse anche nei consumi away from home per le caratteristiche degli ingredienti: materie prime da filiere tracciate e controllate, a Km 0 o biologiche. Forte interesse anche per l’impatto ambientale collegato alla produzione delle pietanze.

 

Metodologia

L’analisi di Nomisma è stata condotta su un campione di 1.200 interviste coinvolgendo lavoratori e studenti, di età compresa tra i 18 e i 55 anni, che fanno la pausa pranzo fuori casa regolarmente almeno 2 o 3 volte alla settimana.

Milano capitale dello shopping. Abbigliamento e calzature i prodotti preferiti

E’ Milano la meta preferita dai turisti dello shopping, che acquistano soprattutto abbigliamento e calzature principalmente nei negozi del centro/vie dello shopping e negli outlet e quasi la metà di essi spende oltre 50 euro al giorno. Ecco una delle principali evidenze emrse dalla nuova edizione di Shopping Tourism Italian Monitor, il report di ricerca di Risposte Turismo presentato a Milano in apertura della terza edizione di Shopping Tourism – il forum italiano. Oltre a numeri, evidenze quali-quantitative e analisi utili per inquadrare il fenomeno su scala internazionale e a livello nazionale, il monitor contiene due indagini inedite dedicate, rispettivamente, al rapporto tra gli italiani in viaggio e lo shopping e all’offerta commerciale nelle città di Firenze, Milano e Venezia rispetto alle esigenze degli shopping tourist nazionali e internazionali.

Milano capitale dello shopping tourism

Dalla prima indagine, realizzata su un campione di oltre 700 italiani di diversa età, provenienti da tutte le regioni d’Italia ed esercitanti professioni variegate, emerge come siano tre su dieci i connazionali ad aver effettuato almeno un viaggio motivato dallo shopping. Per questi ultimi Milano è la destinazione più visitata al mondo (31%), davanti agli outlet (20%) e a Firenze (16,5%).

Sempre Milano risulta essere la seconda destinazione al mondo associata allo shopping tourism dal campione intervistato (48% dei rispondenti), dietro a New York (55%) e davanti a Londra (41%), Parigi (31%) e Roma (18%).

Ma perchè si viaggia per fare shopping? Tra chi ha viaggiato almeno una volta nella vita per shopping, il 39% afferma di averlo fatto per avere più scelta rispetto al luogo di residenza e un 31% per approfittare di prezzi più convenienti. inoltre emerge che gli italiani che viaggiano essenzialmente per fare acquisti si orientano in particolare verso le destinazioni che consentono di approfittare di sconti/saldi/promozioni, di visitare anche attrazioni e luoghi rilevanti e di acquistare produzioni tipiche.

Cosa si compra principalmente? E dove? I prodotti acquistati più frequentemente dai turisti italiani che hanno fatto almeno un viaggio per shopping sono l’abbigliamento, con l’82,9% delle citazioni, seguito dalle calzature (51,3%) e dai prodotti enogastronomici tipici (43,7%). I luoghi d’acquisto preferiti durante i viaggi per shopping sono i negozi del centro/vie dello shopping (76%), gli outlet (57%), i centri commerciali (47%) e i mercati cittadini (42%).

A quanto ammonta la spesa media? Per quanto riguarda il peso dello shopping sul costo totale del viaggio, per quasi la metà degli italiani che hanno viaggiato almeno una volta con questa motivazione gli acquisti hanno rappresentato, in tali occasioni, dall’11 al 30% delle spese sostenute, mentre per due rispondenti su 10 oltre il 50%. Il 46% di tale segmento del campione ha speso in media più di 50 euro al giorno. Da segnalare come per un quarto del campione la spesa media giornaliera in shopping in vacanza sia stata superiore ai 100 euro (il 16% tra 100 e 200 euro e il 7% oltre 200 euro).

Il travel retail

Infine, sono otto su dieci i turisti italiani ascoltati che hanno fatto almeno un viaggio per shopping ad aver acquistato negli aeroporti o nelle stazioni ferroviarie, a testimonianza dell’importanza del travel retail nelle valutazioni riguardanti il fenomeno. «Nella nostra indagine sul rapporto tra gli italiani e lo shopping in viaggio – ha dichiarato Francesco di Cesare, Presidente di Risposte Turismo – emerge come il 30% dei turisti italiani abbia già effettuato un viaggio all’insegna dello shopping ed esista un ulteriore 20% che affermi di volerlo effettuare in futuro. Una delle sfide da cogliere è quella di trattenere questo potenziale di domanda il più possibile all’interno dei confini nazionali, agendo su quelle leve che sembrano più di altre motivare il turista italiano orientato allo shopping: approfittare di sconti e saldi, combinare tale attività con la visita a luoghi di interesse culturale, esplorare ed acquistare produzioni tipiche». «Per cogliere il potenziale dei turisti dello shopping, italiani e internazionali – ha proseguito di Cesare – è però necessario predisporre un’offerta ampia e composita che abbia la sua base nei luoghi dello shopping e nei prodotti in essi acquistabili completandosi con tutta una serie di servizi da garantire a chi è intenzionato ad investire tempo e denaro per assecondare questa passione».

L’offerta commerciale di Firenze, Milano e Venezia

Di particolare interesse anche i risultati dell’indagine effettuata sull’offerta commerciale nel centro di Firenze, Milano e Venezia relativamente ad alcuni servizi particolarmente utili per i turisti dello shopping italiani e internazionali. Dall’analisi del campione ascoltato (complessivamente 150 negozi, 50 per città), variegato a livello di categorie merceologiche, standard di offerta, appartenenza o meno a catene e localizzazione, emerge la buona la preparazione linguistica del personale di front office, con l’inglese utilizzato dalla pressoché totalità dei negozi ascoltati ed una seconda lingua, solitamente spagnolo o francese, disponibile in più del 50% delle realtà intervistate. Non è raro (valori percentuali attorno al 10 o 15%) nei negozi di queste tre città trovare personale in grado di parlare anche russo o cinese. Particolarmente diffuso il servizio di tax refund, soprattutto nei negozi di fascia alta (94%) e in quelli appartenenti a catene (92%), così come la possibilità di spedire i prodotti acquistati (oltre tre quarti dei negozi di fascia alta e più della metà di quelli di fascia media). Un dato, quest’ultimo, che va in controtendenza rispetto a quello nazionale, che vede invece il tax refund, conosciuto – sì -, ma ancora poco uilizzato. Con riferimento alle modalità di pagamento, più di due terzi dei negozi del campione è attrezzato per accettare qualsiasi carta di pagamento e diffusa è la possibilità offerta al turista straniero di pagare in contanti con valute diverse dall’euro (in particolare in dollari statunitensi).

Di particolare rilievo è il peso dei turisti sul totale della clientela: in termini di footfall (flussi all’interno dei negozi) essi rappresentano mediamente il 70% del totale ingressi, ed in termini di acquisti sono pari al 54%. Distinguendo gli esercizi commerciali indipendenti da quelli appartenenti a catene, il tasso di conversione più elevato si registra tra i primi, in cui entra mediamente un 72% di turisti che poi pesano per il 59% delle vendite totali. In generale, in termini di spesa media, il turista spende più del cliente locale in 3 su 4 dei negozi indagati.

Qualche criticità

L’indagine di Risposte Turismo mostra infine una limitata attivazione di collaborazioni tra i negozi ascoltati ed altri operatori o fornitori di servizi sul territorio, a partire dagli hotel e dalle guide (una media del 10% circa), a dimostrazione di quanto ancora si debba fare per presentare al turista un’offerta complessiva organizzata. «A fronte di un buon livello di attenzione e servizio nei confronti degli shopping tourist – ha proseguito di Cesare – la bassissima attivazione di accordi tra operatori rappresenta un freno a un ulteriore sviluppo dello shopping tourism nelle tre città analizzate. È auspicabile un’accelerazione in tal senso mediante un vero e proprio disegno strategico territoriale o anche solo attraverso una maggiore iniziativa dei singoli: ne guadagnerebbe il cliente finale e ne guadagnerebbe l’Italia in termini di attrazione e ricadute economiche».

Il largo consumo chiuderà il 2019 a +1,4%. Le stime di Nielsen

Il trend delle vendite a valore del largo consumo in Italia chiuderà il 2019 a +1,4% rispetto al 2018. A fronte di un dato progressivo che a ottobre si è attestato al +1,6%, la previsione di Nielsen, quindi,  è che l’anno si chiuda comunque in positivo nonostante un possibile rallentamento delle vendite nelle ultime settimane del 2019. Nello specifico, i reparti Food & Beverage + Pet, a quota +2,0% nel dato progressivo di ottobre 2019, chiuderanno l’anno a +1,8%, mentre i reparti del cura casa, del cura persona e del no food, in calo del -0,2% a ottobre, chiuderanno l’anno a -0,3%. Sono questi alcuni dei dati che emergono dalle rilevazioni Nielsen Total Store, e che prendono in considerazione l’andamento dei reparti alimentari (comprensivi di beverage e pet care), dei reparti dedicati alla cura della casa e della persona e del no food (bazar leggero, pesante e tessile). “I dati di ottobre sono in linea con il mercato FMCG nell’Eurozona e siamo fiduciosi che la chiusura dell’anno a +1,4% rispetto al 2018 porterà a moderata ma continua crescita nel 2020 – ha dichiarato Romolo de Camillis, Retailer Services Director di Nielsen Italia – Nell’ultimo anno, però, all’interno del mercato italiano sono emerse spiccate differenze geografiche: la GDO nelle regioni del Sud è in crescita da gennaio, contrariamente ai trend negativi del 2018. A questo ha contribuito principalmente la trasformazione dei format distributivi, unita ad una contrazione del dettaglio tradizionale nelle regioni Meridionali e ad un parziale contributo del provvedimento del reddito di cittadinanza”. Tornando al quadro generale, se in Italia nel 2018 la crescita della GDO è stata trainata principalmente dalle insegne discount, il 2019 ha visto aggiungersi tra le insegne più performanti anche alcune aziende dei supermercati. Per il canale discount si confermano performance molto positive dei reparti dedicati ai prodotti freschi, altro sintomo di profonda trasformazione dei negozi. Infatti l’offerta discount, nata con un focus sui prodotti confezionati, si sta progressivamente affermando su prodotti freschi e ad elevata frequenza d’acquisto: oggi il fresco rappresenta l’88% della crescita del canale (peso imposto e peso variabile, incl. gastronomia, salumeria e formaggi + frutta e verdura + carne, dato progressivo ottobre 2019). Tra le azioni di contrasto dei supermercati alle insegne discount, si evidenzia il ritorno dei prodotti a marchio proprio di “primo prezzo”: nel dato progressivo ad Ottobre 2019, questo segmento cresce del +20,5%, invertendo la tendenza negativa osservata nel corso del 2018.

Focus sul Sud

Il dato dell’evoluzione dei metri quadri conferma la trasformazione della rete distributiva nel Sud: con gli ipermercati e i liberi servizi che perdono terreno (rispettivamente -32mila mq e -27mila mq a settembre 2019 vs. settembre 2018) e il discount che continua ad avanzare (+38mila mq), è palese che il Meridione stia beneficiando di una rete distributiva in fase di rinnovo sia in termini di metri quadri, sia in termini di servizi offerti. Tra le diverse cause della crescita del largo consumo al Sud non va comunque escluso l’effetto positivo di maggiori consumi sostenuti dal reddito di cittadinanza, di cui le regioni meridionali sono state le principali beneficiarie. In particolare, in Campania, Calabria, Sicilia, Puglia e Sardegna, regioni dove il reddito di cittadinanza ha avuto un impatto medio-alto (inteso come medio-alta % di beneficiari sul totale popolazione, fonte: INPS, agosto 2019), si apprezza un miglioramento dei trend settimanali rilevati da Nielsen a parità di rete distributiva, dal +2,5% del primo quadrimestre al +3,1% di primavera/estate (Nielsen, Gennaio-Aprile 2019 vs Maggio-Agosto 2019).

L’anno che verrà

Lo scenario di mercato attuale, con profonde trasformazioni in corso, lascia presagire un 2020 durante il quale la selezione degli assortimenti da proporre a scaffale giocherà un ruolo fondamentale nel mondo del largo consumo: la ricchezza assortimentale richiesta dal cliente andrà coniugata con una sempre maggiore efficienza di filiera. 

Birra: cresce del 17% il valore creato dalla filiera in Italia

Il contributo della filiera della birra italiana alla crescita della ricchezza e al benessere del nostro paese – il cosiddetto valore condiviso – è cresciuto negli ultimi 3 anni di oltre 1 miliardo di euro (+17%) passando da 7.834 milioni di euro a 9.169 milioni di euro. “Doppiando” la performance dell’economia italiana nel suo complesso (+7% dal 2015 al 2018).

Questa crescita non ha portato ricchezza solo a chi produce la birra. Anzi, ne hanno beneficiato soprattutto le fasi a valle e a monte della filiera. In percentuale sale soprattutto il valore condiviso relativo alle forniture di materie prime (+55%, da 273,3 a 423,6 milioni di euro). Mentre hanno una crescita in linea con la media della filiera (tra il +13 e il +17%) le fasi della produzione e della distribuzione e vendita, anche se più rilevante in valori assoluti (rispettivamente 1632 milioni e 7.051 milioni di euro). E in 3 anni aumenta del +19,4% il contributo fiscale della filiera della birra, che nel 2018 ha portato alle casse dello Stato ben 4,3 miliardi di euro, mentre le accise sono passate da 609 milioni di euro a 711 milioni (+16,7%).

Queste alcune delle evidenze diffuse dall’Osservatorio Birra con la presentazione del 3° Rapporto “La creazione di valore condiviso del settore della birra in Italia”, realizzato da Althesys per conto della Fondazione Birra Moretti

La ricerca si è concentrata sul triennio 2015-2018 perché coincide con il picco della “primavera della birra” e cioè con quel fenomeno gastronomico, culturale e socio-economico connesso alla nuova curiosità degli italiani verso il mondo della birra. Vediamo cosa è successo.

In termini di occupazione, la birra permette a quasi 100.000 famiglie di avere una fonte di reddito, assicurando lavoro a 92.190 dipendenti distribuiti proporzionalmente lungo l’intera filiera, distribuendo salari lordi di oltre 2,5 miliardi di euro (2.525 milioni di euro). In 3 anni la filiera della birra è stata in grado di offrire ben 4.500 posti di lavoro in più (il numero di dipendenti nel 2015 era infatti di 87.668). In particolare, nel 2018 per ogni addetto alla produzione della birra, il settore è riuscito ad assicurare ben 29,3 occupati complessivi a livello di filiera.

E le aziende? In 3 anni, i grandi gruppi hanno avuto la possibilità di investire e i piccoli imprenditori di crescere ulteriormente e ampliare la propria capacità distributiva. Gettando così le basi perché la “Primavera della Birra” possa diventare una stagione più matura.

Heineken, presente nel nostro Paese dal 1974, ha portato ricchezza e occupazione puntando sulla valorizzazione di birre locali che hanno una tradizione e un posto speciale nel cuore delle persone. Portando cioè nel bicchiere di birra un universo valoriale fatto di territori, persone, tradizioni locali. La conferma arriva da Søren Hagh, Amministratore Delegato di Heineken Italia: “Da qualche anno c’è un nuovo modo di bere birra in Italia. Il consumatore italiano cerca sempre più birre che hanno una storia da raccontare, un’esperienza in cui possano riconoscersi. Heineken Italia ha interpretato questa istanza fornendo un respiro nazionale o perfino internazionale a brand che avevano un vissuto soprattutto regionale. È una filosofia imprenditoriale, un percorso che abbiamo cominciato con Birra Moretti, passando per Ichnusa fino alla novità di quest’anno Birra Messina, un marchio fino a poco tempo fa quasi sconosciuto dagli italiani ma vero e proprio orgoglio per la Sicilia.”

ROMA E MILANO TRENDSETTER DELLA BIRRA

A proposito di consumi domestici, l’Osservatorio Birra 2019 mostra per la prima volta quanto la birra sia “di casa” nei due poli di riferimento per imprenditoria e turismo, approfondendo per la prima volta il ruolo di Roma e Milano come centri nevralgici della “Primavera della birra”. Le due città termometro delle tendenze del Paese rappresentano, assieme alla loro provincia, quasi il 20% delle vendite totali di birra nel canale moderno (Super + Iper), che nel 2018 ha toccato un valore condiviso di 1.347 milioni di euro.

Nel dettaglio (dati IRI 2018), Roma rappresenta i tre quarti, a volume e valore, della birra venduta nel Lazio, con una crescita del +25% rispetto al 2015. Gli oltre 500mila ettolitri di birra venduta in iper e supermercati nel Lazio, rappresentano il 9% del totale nazionale in questo canale. Per un valore di quasi 100 milioni di euro (98,8 mln), lo 0,1% del PIL regionale. Mentre la provincia di Milano copre quasi la metà (47%) della birra venduta nei supermercati e ipermercati della Lombardia (+12% rispetto al 2015). Rappresenta, in valori assoluti, la prima città d’Italia in questa speciale classifica, forte anche della presenza di importanti aziende birrarie e del maggior numero di birrifici artigianali del paese (137).

Il Pandoro Melegatti torna on air con gli spot di Armando Testa

Ad un anno dall’acquisizione della Melagatti da parte dell’industriale Roberto Spezzapria e di suo figlio Giacomo il piano di sviluppo accelera la sua marcia: l’azienda, infatti, grazie ad un ingente investimento, torna in televisione, nel digital, nei social e con diffuse attività di sponsorizzazione nella città di Verona.

Dal primo dicembre e fino all’Epifania il Pandoro Originale Melegatti oltre ad essere il simbolo della marca e dell’azienda, sarà l’indiscusso protagonista di tutta la campagna.

Due i valori chiave veicolati: l’invenzione di Domenico Melegatti che 125 anni fa creò il pandoro e lo rese il dolce simbolo del Natale e il Lievito Madre Melegatti che dal 1894 rende soffice, leggero e gustoso ogni dolce sfornato nello stabilimento di San Giovanni Lupatoto.

In tv la campagna prevede la copertura delle principali reti nazionali, nel digital sarà presente nelle web TV e nelle principali testate d’informazione on-line mentre nei social sarà declinata in momenti di intrattenimento e di coinvolgimento dei numerosi follower che animano la community Melegatti.

Le attività di sponsorizzazione territoriale vanno dalla Maratona dei Babbi Natale, la partecipatissima Melegatti Christmas Run alla bella esposizione dei Presepi del Mondo, dai caratteristici mercatini di Natale alle deliziose vetrine del centro storico. Dal 15 novembre al 19 gennaio Melegatti sostiene gli eventi e le iniziative più belle di Verona, quelle che richiamano la maggiore attenzione dei turisti e dei residenti.  

Per la campagna di Natale oltre ai 50 dipendenti a tempo indeterminato sono stati assunti 150 lavoratori stagionali per assicurare la produzione necessaria a garantire la distribuzione in tutt’Italia dei prodotti. Per coloro che invece amano gli acquisti online sul sito aziendale è attivo il portale e-commerce che mette a disposizione tutta la vasta gamma natalizia.

Siamo molto felici di poter tornare a comunicare in maniera significativa su scala nazionale. Sfornare prodotti di qualità e creare posti di lavoro sono per noi la massima prerogativa. Siamo consci che tutto questo passa obbligatoriamente attraverso una strategia di comunicazione che continui la tradizione pubblicitaria del nostro marchio, intrattenendo i nostri consumatori e lasciando il segno come accaduto negli anni passati” dichiara Giacomo Spezzapria, presidente Melegatti 1894.

Gli ultimi mesi sono stati di grande fermento per tutti noi di Melegatti 1894. Le diverse aree aziendali hanno lavorato duramente, con un profondo senso del dovere, per non mancare all’appuntamento di Natale con i nostri affezionati consumatori. Il reparto produttivo sta ancora funzionando a pieno regime, ponendo la massima cura ed attenzione nelle lavorazioni delle materie prime per garantire l’alta qualità che da sempre ci contraddistingue. Grossi sforzi sono stati fatti anche a livello distributivo, per rendere disponibile la nostra gamma di prodotti ovunque sul territorio. Oggi è un traguardo importante, che sancisce definitivamente il ritorno di Melegatti in comunicazione e ribadisce la volontà dell’azienda di volersi affermare come uno dei principali player nel settore dei prodotti da forno” sostiene Lucia Fracassi, amministratore delegato Melegatti 1894.

È un programma di marketing molto articolato che ha visto il coinvolgimento di tante professionalità che con passione hanno lavorato per rilanciare una marca storica, amata e sostenuta da milioni di italiani. Lo spot tv è il dovuto tributo al nostro Pandoro Originale, che quest’anno compie 125 anni, è il ridare a lui la voce per farlo parlare a tutti i suoi affezionati consumatori, con il suo naturale linguaggio ironico, coinvolgente ed empatico che appartiene proprio al suo DNA. Un modo per ringraziare al contempo i milioni di consumatori italiani per la fiducia che da sempre danno all’azienda e al marchio” afferma Alessandra Tardella, direttore marketing Melegatti 1894.

Nicola Belli, consigliere delegato Armando Testa, commenta: “A Natale le marche tendono ad omologare il “cosa” mostrare. L’unico modo per distinguersi è lavorare sul “come”. Siamo emozionati di riportare Melegatti nelle case degli italiani interpretando il Natale con quel pizzico di ironia che ha sempre caratterizzato le sue campagne”.

 

 

  

 

 

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