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Carmela Ignaccolo

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Conad Nord Ovest: nasce una nuova piattaforma territoriale che vale 4 miliardi

Nasce Conad Nord Ovest, frutto della fusione tra Conad del Tirreno e Nordiconad, votata dalle rispettive assemblee dei soci. L’obiettivo dell’operazione? Razionalizzare il sistema Conad per affrontare il mercato, sempre più complesso e competitivo, forti di nuove scelte strategiche capaci di portare efficienza al modello imprenditoriale. 

La piattaforma territoriale vale circa 4 miliardi di euro di giro d’affari e può contare su un patrimonio netto di 628 milioni di euro, una fonte di finanziamento interna che testimonia le alte potenzialità di sviluppo della struttura.

I territori in cui opererà con 381 soci e oltre 16 mila addetti sono Piemonte e Valle d’Aosta, Liguria, Emilia (province di Modena, Bologna e Ferrara), Toscana, Lazio (province di Roma, Viterbo), Lombardia (provincia di Mantova) e Sardegna. A Pistoia la sede sociale, a Modena quella secondaria. 

La nuova cooperativa, che sarà operativa dal prossimo 1 ottobre, conta 587 punti di vendita per 435 mila mq di superficie di vendita, in cui sono presenti tutti gli attuali format, dall’ipermercato al superstore, dal supermercato ai negozi di prossimità. Ad essi si aggiungono concept in grado di fornire servizi ricercati dai clienti e graditi ormai da anni: le parafarmacie (51), i distributori di carburanti (21), i PetStore (9) e l’Ottico (7).

«Una fusione partecipata – tra due realtà culturalmente vicine – con cui rafforzeremo il nostro modello imprenditoriale», sottolinea l’amministratore delegato di Conad del Tirreno Ugo Baldi. «Crescita è una parola chiave di Conad Nord Ovest e dei suoi soci uniti da profonde affinità valoriali e commerciali. Una grande cooperativa per affrontare al meglio le sfide future attraverso il rafforzamento competitivo, nuove sinergie e investimenti. Una realtà ancora più vicina a persone e territori, attiva e protagonista nel valorizzare e sostenere il benessere della comunità, un arcipelago per continuare a crescere insieme».

 «Conad Nord Ovest affronterà le sfide commerciali imposte dal mercato con una strategia distintiva orientata alla competitività, alla persona, all’impresa familiare associata, al dipendente di oggi che potrà essere il socio di domani», aggiunge il direttore generale di Nordiconad Alessandro Beretta. «Una forte identità cooperativa che va oltre il concetto di isole concentrate nella gestione dei luoghi-punti di vendita, per essere parte  integrante del territorio e del sistema Conad.  Per gestire e intercettare in modo coerente ed efficiente i flussi dei prodotti presenti sugli scaffali, ovvero valorizzare le filiere locali e le catene di fornitura rispondendo ai nuovi modelli di consumo».

 «Conad Nord Ovest è la prima di quattro fusioni nel nostro sistema», annota l’amministratore delegato di Conad Francesco Pugliese. «Vogliamo razionalizzare e creare sinergie per rendere ancora più affidabile il tipico modello imprenditoriale Conad in una fase in cui quello centralizzato è in forte difficoltà, in Italia come all’estero. La nostra forza sono il legame con il territorio e i punti di vendita in cui ci sono soci imprenditori in grado di capire, assimilare e portare avanti il nostro modello, sempre più un arcipelago in cui operare con uno spirito di forte comunità e che servirà per rafforzare il posizionamento di Conad a livello nazionale».

 

TDE Apartment, il negozio-appartamento

Un negozio-appartamento con opere d’arte e installazioni floreali che valorizza i prodotti in un ambiente raffinato: il ‘TDE Apartment’ (‘The Daily Edited Apartment’) è un flagship store costituito da una serie di ‘stanze’ che danno l’idea di essere un vero e proprio appartamento di una persona di stile e fascia alta. (QUI l’articolo di Fabrizio Valente di Kiki Lab)

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Granarolo amplia con due nuove gamme la sua offerta 100% Vegetale

Granarolo S.p.A. lancia due nuove gamme che ampliano l’offerta di prodotti a marchio Granarolo 100% Vegetale. Con l’occasione dei nuovi lanci, è stato realizzato anche il restyling della ricca gamma di bevande, già consolidate sul mercato, a firma di Goodmind, l’agenzia del Gruppo Pininfarina specializzata in brand strategy e design.

Il nuovo lancio della gamma Granarolo 100% Vegetale Riso Mix offre una bevanda vegetale a base di riso, con una ricca concentrazione di frutta e verdura (senza zucchero aggiunto), nelle referenze fragola, amarena, carota nera, barbabietola e arancia, pesca, zucca, carota, albicocca.

La visual identity della linea è stata sviluppata in coerenza con il mood delle bevande ma distinguendosi per la vivacità del visual e dei colori, che danno una specifica personalità al brand Risomix nell’ambito dello scaffale di categoria.

La nuova gamma Granarolo 100% Vegetale fatto con Avena consolida l’offerta delle alternative vegetali allo yogurt, con un prodotto ricco di fibre e con solo aromi naturali, nei gusti vaniglia, frutti di bosco e pesca e mandorla. La nuova confezione è in family feeling con l’offerta Granarolo yogurt vegetali a base di soia e a base di cocco.

Il design trasferisce la naturalità del colore giallo caldo che evoca i cereali, ma domina la ricchezza gustativa con il caratteristico visual che combina il prodotto finito a un gioco dinamico degli ingredienti ripresi dall’alto.

Goodmind è intervenuta realizzando anche il restyling dei packaging delle bevande 100% vegetali UHT e ESL, in un’ottica che, pur essendo conservativa (per garantire la riconoscibilità a scaffale), aggiunge valore alla ricchezza di gusto con un gioco fotografico che rende protagonisti gli ingredienti.

I prodotti Fairtrade crescono, generando una spesa di 145 milioni di euro

Con una spesa di 145 milioni di euro, crescono nel 2018 prodotti del commercio equo certificati FAIRTRADE acquistati dagli italiani. Secondo i dati emersi durante l’incontro promosso nell’ambito del Festival dello Sviluppo Sostenibile (manifestazione ideata dall’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile – ASviS) dal titolo “Filiere sempre più sostenibili” il Marchio internazionale di Certificazione, con 2000 prodotti distribuiti in 13.000 punti vendita su tutto il territorio nazionale, crea un impatto importante che permette di assicurare agli agricoltori dei Paesi in via di sviluppo migliori condizioni commerciali e di lavoro.

Dati importanti che hanno comportato due milioni di euro di ritorno per le comunità di America Latina, Africa e Asia, così distribuiti:
circa 732.000 euro per le banane, 720.800 euro per il cacao, 318.700 euro per il caffè e 212.500 euro per lo zucchero. Gli italiani che hanno acquistato prodotti Fairtrade hanno sostenuto la crescita e lo sviluppo delle comunità per una cifra superiore ai 2 milioni di euro, una cifra che testimonia la crescente diffusione del marchio e il suo apprezzamento da parte dei consumatori.

I prodotti venduti
Le banane si confermano il prodotto principale per quanto riguarda i volumi: da sole fanno più del 50% del complessivo dei prodotti e lo scorso anno si sono raggiunte quasi le 15.700 tonnellate con un aumento del 15% sul 2017. «Allargando lo sguardo e prendendo come riferimento il quinquennio 2014-2018 – spiega il direttore commerciale di Fairtrade Italia Thomas Zulian – la percentuale di crescita supera il 53% con una accelerazione negli ultimi tre esercizi caratterizzati da aumenti a due cifre (2016 +15%, 2017 +11%, 2018 +15%)».

Seguono il cacao con 4.353 tonnellate di fave di cacao (+101%), lo zucchero (sia granulare sia utilizzato per i prodotti composti) con 3.623 tonnellate (+7%) e il caffè con 852 tonnellate di caffè verde (+5%). Anche Fairtrade Italia, dunque, seguendo i trend indicati a livello internazionale, punta ad un significativo incremento dei prodotti core che hanno il maggiore impatto per i produttori. «La scelta di alcuni partner di convertire intere linee di cioccolato a Fairtrade ha influito in modo determinante su questo sviluppo consistente – conclude Zulian – ma anche l’introduzione del modello commerciale d’ingrediente (Fairtrade Sourced Ingredient) ha creato grandi opportunità di mercato che preannunciano prospettive interessanti anche per il futuro».

 

Serravalle Outlet apre il 2019 con +12% sulle vendite tax free

Tax free a gonfie vele per gli outlet. E l’esempio di Serravalle, che ha visto il 2019 apririsi con incrementi nelle vendite tax free superiori alla media nazionale (+12%), lo dimostra chiaramente.

Ad ogni modo – spiega Sabina Piacenti, Tourism Manager and New Business Development Serravalle Designer Outlet (McArthurGlen Group) – questo andamento positivo ha riguardato anche gli altri punti vendita italiani del gruppo: Noventa di Piave, Barberino, Castel Romano e La Reggia. Tale successo è frutto di una strategia che ha saputo cogliere i segnali del fenomeno turistico fin dalle sue origini. Oggi, il nostro gruppo opera lungo tutta la filera, sia nei principali mercati di origine, creando consapevolezza del Brand a livello B2C e B2B, sia agendo tatticamente nei principali touch-point toccati dal turisti nel loro viaggio in Italia: aeroporti, stazioni, hotel, mezzi di trasporto locali, monumenti e luoghi di attrazione. La creazione di una ‘esperienza di shopping completa ed appagante è cruciale nella proposizione della nostra offerta”.

Tornando a Serravalle, il primo dato che balza agli ochi è la quota relativa al tax free che nel primo quadrimestre si attesta al 37% del totale.

Quanto al mix di nazionalità dei clienti tax free, emerge una certa staticità, rispetto allo scorso anno, di Cinesi e Russi: sono i clienti di oggi, ancora molto presenti, ma cui si affinacano (magari pronti al sorpasso) i clienti di domani. Che provengono essenzialmente dal Sud Est asiatico e dal Golfo.

“Quello che emerge – commenta Piacenti – è uno scenario sempre più variegato, non più polarizzato tra poche nazionalità, e – pertanto – ricco di stimoli e di sfide per noi operatori.”

 

 

 

 

 

Tax free: prosegue la crescita. Forte il ruolo della Cina come source market

La crescita del settore tax free in Italia prosegue anche nel 2019, con un volume di affari che ormai supera di poco i 3 miliardi di euro l’anno. E se il primo trimestre di quest’anno, il nostro Paese si è attestato al 4% (posizionandosi insieme alla Francia in testa ai top 5 mercati di destinazione), nel mese di aprile ha addirittura raddoppiato, segnando un interessantissimo +8%.

Quanto ai source market, nel corso del primo trimestre si nota un exploit di USA, Taiwan e Korea del Sud, rimangono flat, invece, il mercato cinese e quello russo. Cambiano invece le cose ad aprile: la Cina riprende infatti quota con una crescita a valore dell’11% dello scontrino medio, ma anche la Russia sembra risalire la china, seppure in forma più contenuta.

All’interno dello scenario tax free, sottolinea Sara Bernabè, General Manager di Planet, sono gli outlet a rivelarsi i più dinamici. Mentre infatti i full price store perdono un po’ rispetto al 2018 (7,7 vs 7,5), cresce invece il sales mix degli outlet (dal 4,2 al 4,4).

Clienti “vecchi” e nuovi

I cinesi, nonostante il rallentamento registrato, nei primi tre mesi dell’anno  hanno rappresentato il 24% dell’intero mercato outlet, con uno scontrino medio di circa 606 euro.

Quello che si individua, nel loro modo di fare i turisti dello shopping, è un’evoluzione: non più viaggiatori di gruppo, ma sempre più full indipendent driver, consapevoli e selettivi. Proprio questa loro connotazione, spiega Andrea Dacò Marketin Manager di Planet Italia, rende necessario per gli operatori del settore approcciarli (e intercettarli) in tutti gli step del customer journey. E non più solo a monte come per i viaggiatori “in comitiva”.

In generale possiamo dire che  tutto l’Oriente è in fermento: tanto è vero che i viaggiatori dalla Corea del Sud, con il 18% di market share (+49% vs Q1 2018) e uno scontrino medio di 643 euro, scalzano dalla seconda posizione i turisti russi, stabili intorno al 13% di quota di mercato. Al quarto posto troviamo Taiwan, che con circa il 5%, precede gli Stati Uniti  che comunque crescono  del 3,5% sempre più attratti dai mall di lusso, dove si sono registrati i livelli di crescita più alti, tanto in termini di volumi (+55%) che di scontrino medio (+15%), rispetto allo scorso anno.

“La costante crescita del settore tax free anche in un periodo in cui gli arrivi internazionali sono rimasti pressoché invariati (+1% vs Q1 2018) significa che la capacità di attrarre il turista internazionale da parte degli operatori del segmento lusso sta aumentando in modo importante”, commenta Sara Bernabè.

Naturalmente potrebbe incentivare ulteriormente il business, una riduzione della soglia di spesa del tax free. “Scendere dagli attuali 155 euro – spiega infatti Bernabè – consentirebbe a molte realtà più piccole di beneficiare del regime esentasse e avrebbe un ruolo positivo anche per l’immagine dei nostri brand nei confronti degli stranieri”. Tanto più che in Europa tanti Paesi si sono mossi (come La Spagna e la Grecia) o si stanno muovendo (è il caso della Francia) in questa direzione.

 

 

 

 

 

HUMANA e Carrefour: insieme a sostegno della cooperazione internazionale

Ben 207.902 chili di abiti (oltre all’inevitabile corollario di impatti positivi dal punto di vista sociale, economico e ambientale). A tanto ammontano nel 2018 i risultati della raccolta organizzata da  HUMANA People to People Italia, in collaborazione con Carrefour. Un risultato davvero positivo, riconosciuto con il Premio HUMANA Eco-Solidarity Award 2019.

Grazie alla donazione degli abiti a HUMANA, Carrefour ha contribuito a sostenere i progetti di cooperazione internazionale che l’organizzazione realizza. Per esempio, uno dei programmi prevede l’aiuto a donne in difficoltà in un Paese con alti tassi di povertà come l’India. HUMANA, infatti, nel Paese asiatico realizza un programma di microcredito che prevede corsi di formazione sulla gestione finanziaria di base e il supporto nell’avviamento di piccole iniziative economiche legate all’agricoltura, all’allevamento, all’artigianato e al commercio al dettaglio. In particolare la raccolta di indumenti e accessori usati da parte di Carrefour ha permesso a 41 donne indiane di entrare a far parte del programma.

Un progetto di ampio respiro, rivolto in particolar modo alle donne delle comunità locali indiane, allo scopo di promuoverne l’indipendenza e l’emancipazione economica, che ha interessato finora oltre 71 mila persone.

HUMANA ha voluto premiare Carrefour con l“HUMANA Eco-Solidarity Award 2019” come terzo nella categoria nazionale GDO/quantità assoluta di abiti raccolti.

La raccolta abiti ha prodotto anche effetti positivi per l’ambiente. Infatti, i 207.902 Kg raccolti hanno permesso di risparmiare oltre 99 milioni di litri di acqua e di evitare l’emissione di oltre 59 mila chili di anidride carbonica in atmosfera. Inoltre, ha consentito un risparmio di oltre 37 mila euro che sarebbero invece serviti per affrontare i costi di smaltimento degli abiti usati.

HUMANA ha stabilito nel corso degli anni un rapporto di fiducia con le Amministrazioni comunali. Un rapporto che si rinnova ancora quest’anno e che ci vede impegnati a favore delle persone più in difficoltà con progetti che mirano a migliorare le condizioni di vita di migliaia di abitanti in Paesi in via di sviluppo e a realizzare azioni sociali in Italia. Attività che ci è possibile condurre anche grazie al contributo di tanti cittadini che donando i propri abiti usati dimostrano ogni giorno grande generosità” sostiene Ulla Carina Bolin, Presidente di HUMANA People to People Italia ONLUS.

“Carrefour Italia è orgogliosa di salire sul podio della solidarietà, per il secondo anno consecutivo, a supporto di un progetto valoroso e concreto come quello di Humana. Il riconoscimento “Humana Eco-solidarity Award 2019” premia soprattutto la generosità dei nostri clienti che, come Carrefour Italia, prendono a cuore i valori dell’inclusione, della solidarietà e della sostenibilità ambientale.” – afferma Alfio Fontana, Responsabile CSR Carrefour Italia – “Sostenere 41 donne indiane in difficoltà nell’accesso al programma di supporto nell’avviamento di piccole iniziative economiche legate all’agricoltura, all’allevamento e all’artigianato, significa collaborare allo sviluppo professionale ed al riscatto sociale della popolazione locale.”

Arcaplanet acquisisce i 15 punti vendita di Zoodom Italia

Arcaplanet, cresce ancora grazie all’acquisizione di  Zoodom Italia srl, catena italiana specializzata nel pet care & comfort con 15 punti vendita e circa 60 dipendenti diretti che andranno aggiungersi al patrimonio originario di 302 punti vendta (di cui 2 in Svizzera).

In particolare, i negozi Zoodom Italia sono collocati principalmente al nord tra Veneto, Marche, Lombardia e Piemonte, per una superficie totale di vendita di oltre 5.600 mq.
L’operazione prevede da subito l’adeguamento delle strutture esterne con le nuove insegne Arcaplanet mentre successivamente partirà un piano di refurbishment per adeguare i punti vendita al lay out tipico dei pet store Arcaplanet oltre all’implementazione degli standard qualitativi, dell’assortimento e alcuni servizi che caratterizzano da sempre la catena nata in Liguria oltre 20 anni fa.
Inoltre, i 60 dipendenti sono stati tutti confermati nelle loro mansioni e verranno via via avviati ai corsi di formazione che periodicamente Arcaplanet organizza tramite la propria Academy per adeguare le conoscenze, l’organizzazione e le metodologie applicate all’interno della catena leader in Italia nel proprio settore.
Con questa ulteriore acquisizione – la 4° da quando i Fondi Permira hanno acquisito la maggioranza di Arcaplanet nel 2016 – la catena conta di arrivare a 360 punti vendita entro la fine dell’anno considerando anche le nuove aperture da piano 2019 e con una forza lavoro in totale di oltre 2000 dipendenti diretti.Per Michele Foppiani AD fondatore, azionista e AD di Arcaplanet: “L’acquisizione rientra nella strategia dell’azienda di cogliere opportunità di crescita sul mercato domestico sia per linee interne che esterne in modo da consolidare ulteriormente la propria leadership nel pet care con la ricerca costante di prodotti e servizi sempre più dedicati al benessere degli animali e alla felicità dei loro proprietari”.
L’azienda continua infatti a investire anche in marketing e comunicazione sia sul brand che sulle promozioni e sui prodotti con campagne Tv e stampa che fino a fine luglio saranno on air per un investimento complessivo di oltre 3,5 milioni di euro.
Arcaplanet

Latte senza lattosio, le mamme ne vanno “pazze”

Cresce il consumo di latte senza lattosio (+6%) e di bevande alternative (+9%) mentre si prevede un arresto per il latte vaccino fresco (-4%) e latte vaccino UHT (-5%). Il dato emerge dalle dichiarazione delle mamme, influenzate in primis dai siti web (54% delle mamme con figli piccoli e 53% delle mamme con figli adolescenti) e dai social network (42% delle mamme con figli piccoli e 34% per le mamme con figli adolescenti). Queste tra le evidenze più significative che sono state presentante a Cremona al convegno “Aspettando la Giornata Mondiale del Latte”, promosso dal Comitato italiano della Federazione Internazionale del Latte – FIL/IDF, con il supporto della Fondazione Invernizzi e la collaborazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

La nostra ricerca ha fotografato in primis il consumo di latte nelle famiglie italiane – dichiara la Prof.ssa Guendalina Graffigna, Direttore di EngageMinds HUB – Consumer & Health Research Center del Dipartimento di Psicologia della Facoltà di Scienze Agrarie, Alimentari, Ambientali, dell’Università Cattolica del Sacro – evidenziando che  il 44% degli italiani intervistati beve tutti i giorni latte vaccino UHT e il 30% il latte vaccino fresco, in particolare le mamme con figli fino ai 13 anni. Nonostante ciò registriamo l’intenzione per il futuro di diminuirne il consumo, rispettivamente -5% per il primo e -4% per il secondo,  a favore del latte senza lattosio (+6%) e di bevande alternative (+9%)”.

Il dato che colpisce maggiormente è che il latte senza lattosio fa gola anche a chi non soffre di allergia o intolleranza (75%). “Questo dimostra come le riflessioni di natura psico-sociale – continua la Graffignasono molto importanti, nonostante spesso in passato hanno avuto un ruolo marginale rispetto ad altre scienze come la medicina, la farmacologia e la biochimica nelle quali, invece, notiamo una leggera crescita. La nostra ricerca, nell’ambito del progetto Cremona Food Lab, ha l’obiettivo proprio di fotografare il consumo di latte e bevande alternative in Italia, in generale e in relazione agli atteggiamenti, le motivazioni e le percezioni dei consumatori, con un focus specifico sul target delle mamme”.

I canali informativi

I canali di riferimento sono, rispettivamente, i siti web (50%), seguiti dalla televisione (40%) e dai social network (32%), quest’ultimo in particolare per le mamme con figli fino ai 13 anni d’età (42%), mentre solo il 19% delle stesse mamme dichiara di documentarsi leggendo le riviste scientifiche. Su dove viene riposta la fiducia per reperire le informazioni, però, i dottori e i nutrizionisti restano al primo posto (58%) per gli italiani, seguiti dai familiari e gli amici (51%) e dai gruppi di difesa dei consumatori (41%), dati che rimangono sostanzialmente stabili anche per le mamme. Si confermano poco credibili i politici, per il 64% degli cittadini intervistati, sia italiani che internazionali. Nucleo familiare e gruppo di amici sembrano essere decisivi (51%) anche per i consigli per l’acquisto di prodotti.

 

SCA: 3 PMI su 5 non la conoscono bene. In Europa a rischio 57 miliardi di transazioni

Foto di ar130405 da Pixabay

Si avvicina l’ora X: il prossimo 14 settembre. Giorno in cui per moltissimi pagamenti online effettuati in Europa sarà necessaria la Strong Customer Authentication (SCA). Un’ulteriore forma di tutela prevista dalla seconda direttiva sui servizi di pagamento (PSD2), che prevede una doppia autenticazione.

Principali preoccupazioni relative alla SCA

Il punto è che non tutte le aziende sembrano pronte e attrezzate ad accogliere la novità. Stando infatti a uno studio di Stripe in collaborazione con 451 Research*, l’Europa potrebbe arrivare a perdere fino a 57 miliardi di € nei primi 12 mesi successivi all’attivazione della SCA. E la cosa non stupisce visto chee solo  il 40% di chi è al corrente delle nuove regole è soddisfatto di come intente implementarle, mentre il 44% ritiene che riuscirà a fronteggiarle solo il fatidico giorno dell’entrata in vigore.

E c’è di più, la situazione infatti è ancora meno rosea per le aziende più piccole: tre aziende su cinque con meno di 100 dipendenti non hanno familiarità con la SCA, non prevedono di essere conformi prima di settembre o non sono sicure di quando saranno pronte.

Poca certezza anche sulle varie tecnologie: la versione più recente di 3D Secure, conosciuta come Verified by Visa e Mastercard Secure Code, sta emergendo come un popolare metodo compatibile con la SCA per accettare i pagamenti online. Tuttavia, un business online su quattro non è ancora a conoscenza di questa modalità. Inoltre, per quanto riguarda le imprese che vi hanno familiarità, il 24% crede che lo implementerà solo dopo la scadenza di settembre.

Preferenze sul processo di autentificazione

La strategia delle esenzioni

Per bypassare il problema c’è chi pensa di puntare sulle esenzioni, ovvero su quella pletora di transazioni che esulano dalla doppia autenticazione, perché di importo inferiore al tetto dei 30 euro, per esempio, o perché pagamenti ricorrenti.

La questione vera però è che gestire le esenzioni è meno semplice di quanto si possa pensare, specialmente per le piccole imprese, e si richiede sufficiente consapevolezza su come le reti di carte di credito e le banche applicheranno le esenzioni in tutta Europa. Ad esempio, se è vero che gli acquisti inferiori a €30 sono esenti dalla SCA, è vero pure che la conformità con la SCA sarà richiesta dalla banca del cliente una volta effettuate cinque transazioni inferiori a €30 o quando il valore totale di tali transazioni raggiungerà €100.

 

“La SCA decreterà il successo o il fallimento delle imprese online. La necessità di prepararsi per questa nuova procedura di autenticazione non può essere sopravvalutata,” ha commentato Guillaume Princen, manager a capo dell’Europa continentale per Stripe. 

Rischio carrelli abbandonati

Gia oggi solo il 47% dei consumatori europei ritiene che i procedimenti di pagamento online di oggi siano “molto semplici” ed è frequente che i clienti più attraenti per le aziende online spesso abbandonino gli acquisti quando si verifica un’esperienza di pagamento non soddisfacente. Ad esempio, il 74% dei clienti di Gen Z ha rinunciato a completare una transazione a causa di un’esperienza di pagamento negativa. Ed è un dato acquisito che oltre la metà degli acquirenti online (52%) che abbandonano un acquisto finiscono per completare la transazione con un commerciante concorrente.

Se già adesso le cose stanno così è facile dedurre che una SCA attivata male potrebbe essere un ulteriore deterrente. Anche perché risulta che il 73% degli acquirenti è ancora all’oscuro della “rivoluzione di settembre” e la sorpresa potrebbe non essere gradita…

In questo contesto di bassa tolleranza del consumatore per una procedura di pagamento scadente, la SCA potrebbe peggiorare le cose. Il 73% degli acquirenti non è a conoscenza dei nuovi requisiti di autenticazione che saranno introdotti per i pagamenti online a settembre. La SCA aumenta la probabilità che gli acquirenti abbandonino i carrelli più spesso a partire da settembre, quando incontreranno ostacoli imprevisti per i loro acquisti di tutti i giorni, come pagare i taxi, ordinare la consegna di cibo e abbonarsi a servizi TV e musicali.

SCA: la conoscenza dei consumatori

Codici di accesso o biometria?

In risposta al quesito sulla migliore esperienza di autenticazione, il 54% dei consumatori ha dichiarato di utilizzare i codici d’accesso, mentre il 26% ha dichiarato di utilizzare la biometria delle impronte digitali, nonostante quest’ultima sia ritenuta il metodo di autenticazione “più sicuro.” Questo indica la necessità di aiutare i consumatori a sentirsi più a proprio agio con i portafogli mobili come Apple Pay e Google Pay, come modalità sicura e semplice per effettuare i pagamenti online.

  •      Metodologia della ricerca

Lo studio, condotto in collaborazione con 451 Research si basa su sondaggi condotti con 500 professionisti qualificati del settore dei pagamenti presso varie aziende online e 1000 consumatori tra Regno Unito, Francia, Germania, Paesi Bassi e Spagna.

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