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Rapporto Coop 2022, il largo consumo alla prova dell’inflazione

A volte un’immagine vale più di tante parole. La foto di un tornado che apre l’anteprima digitale del “Rapporto Coop 2022 – Consumi e stili di vita degli italiani di oggi e di domani”, presentata l’8 settembre a Milano, la dice lunga sulle tante criticità all’orizzonte. A cominciare dall’inflazione: il dato a doppia cifra del +7,8% nel 2022 ci fa ritornare indietro di 40 anni (era al +9,2% nel 1985) e da allora a oggi mai aveva toccato tale picco. L’effetto è presto detto: una perdita media del potere d’acquisto delle famiglie stimata in 2.300 euro per il 2022, cioè il 7,7% della spesa media annua.

Nei prodotti alimentari lavorati – ha spiegato Albino Russo, Direttore Generale Ancc-Coop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori) – la dinamica inflattiva è prossima alla doppia cifra, ma ancora inferiore rispetto ad altri Paesi europei (da noi un +10% a fronte del +13,7% della Germania o del +13,5% della Spagna, con la media Ue 27 al 12,8%). Allo stesso tempo in maniera inattesa, nonostante questa spinta dei prezzi, i volumi di vendita hanno tenuto (+7,8% primo semestre 2022 vs 2019), complice la calda e lunga estate italiana, il ritorno del turismo straniero e la capacità della distribuzione moderna di imporsi sugli altri canali di vendita specializzati. Il mercato italiano è però al momento l’unico a mantenere un trend positivo dei volumi: la variazione delle vendite a prezzi costanti di largo consumo confezionato è del +0,5% in Italia, contro -5,4% del Regno Unito, -3,7% della Germania, -2,3% della Francia e -1,3% della Spagna. Questa differenza, come il ritardo nell’incremento dei prezzi, sembra presagire ad una inversione di tendenza imminente.

Oltre al tornado, un’altra metafora utilizzata nel Rapporto redatto dall’Ufficio Studi di Ancc-Coop – con la collaborazione scientifica di Nomisma, il supporto di analisi di Nielsen e i contributi originali di Gs1-Osservatorio Immagino, Iri Information Resources, Mediobanca Ufficio Studi, Nomisma Energia, Npd – è assai indicativa: il carrello come un fortino da proteggere e non più una miniera da cui attingere per finanziare altri consumi. Cosa significa? Che gli italiani – per ora – non hanno operato il cosiddetto downgrading degli acquisti, cioè non hanno rivisto al ribasso il mix dei prodotti che comprano. Guardando ai dati dello scorso luglio, a fronte di un’inflazione del +9,4% nel largo consumo confezionato, la variazione dei prezzi medi dei prodotti acquistati è stata del +9,3% e lo 0,1% di differenza è appunto la variazione di mix.

Ma attenzione: già oggi il 57% delle famiglie in affitto dichiara di essere in difficoltà a pagare il canone, così come il 50% delle famiglie con mutuo fa fatica a pagare la rata e se restringiamo il campo a luce e gas, un italiano su 3 entro Natale potrebbe non coprire più le spese per le utenze. Mettendo a confronto il periodo ottobre 2020 – settembre 2021 e quello ottobre 2021 – settembre 2022, la spesa media delle famiglie per l’elettricità è passata da 560 euro a 1.100 euro (+91%), quella per il gas naturale da 990 euro a 1.700 euro (+70%).

Insomma, la situazione è tale da fare presumere che le conseguenze si scarichino anche sul carrello della spesa. Come? Sono 24 milioni e mezzo gli italiani che nonostante l’aumento dei prezzi non sono disposti a scendere a compromessi nelle loro scelte alimentari e nei prossimi mesi prevedono di diminuire la quantità, ma non la qualità del loro cibo. Le stesse marche leader sembrano sacrificabili, rispetto al 2019 hanno registrato una contrazione della quota di mercato passando dal 14,9% di quell’anno al 13,1% 2022 (-1,8 pp), mentre la Mdd continua la sua avanzata, con una quota di mercato che nel 2022 sfiora il 30% (+2,0 rispetto al 2019). Ma questa forse è una delle rare note positive per la Gdo, visto che il 2022 (e forse ancor di più il 2023) potrebbe essere l’anno più difficile della sua storia.

Maxi frode fiscale, ecco le accuse rivolte a Carrefour e Auchan

L’ex filiale italiana di Auchan, che adesso è confluita in Margherita Distribuzione, e la Gs del gruppo Carrefour sono al centro di un’inchiesta della procura di Milano che ipotizza una enorme frode “carosello” in grado di sottrarre all’Erario imposte per il valore aggiunto per 274 milioni di euro a partire dal 2015 fino ad arrivare in qualche caso al 2021. Le prime anomalie di quello che poi è apparso agli occhi degli inquirenti come una maxi frode fiscale sono balzate agli occhi dei funzionari dell’Agenzia dell’Entrate, che hanno subito allertato il Nucleo di polizia economica finanziaria della Guardia di Finanza che ha condotto le operazioni di verifica, dalle quali è emersa una girandola di fatture commerciali tra Italia ed estero che ha raggiunto 1,8 miliardi di euro (in parte per operazioni inesistenti) e che sarebbe cresciuta a dismisura se non si fosse messo uno stop a questo schema.

Per gli inquirenti milanesi, guidati dai pm Stefano Civardi e Nicola Rossato, lo schema era rodato a tal punto da contestare il reato di associazione per delinquere finalizzata all’evasione delle imposte. Un’impostazione che ha convinto anche il giudice per le indagini preliminari, il quale ha ordinato gli arresti domiciliati per nove persone e l’interdizione dagli incarichi direttivi per altre quattro. Coinvolte anche Margherita Distribuzione e Gs, che risultano indagate ai sensi della legge 231 del 2001 che disciplina la responsabilità amministrativa degli enti per i reati commessi dai propri dipendenti.

Tra gli arrestati c’è Gianpietro Racagni, che è stato responsabile dell’Ufficio acquisti speculativi di Auchan Spa dal novembre 2014 al gennaio 2019 e successivamente si è trasferito in Apulia Distribuzione, una società della Gdo radicata nel Sud Italia che gestisce circa 300 punti di vendita, molti dei quali a insegna Carrefour di cui è una dei maggiori affiliati. Racagni è considerato uno degli ideatori e organizzatori di questa presunta frode, cui si era associato il suo diretto superiore dell’epoca Alessandro Montanari, responsabile dei programmi di import export di Auchan fino al 2019. I due risultano indagati per il reato di associazione per delinquere (insieme a un’altra decina di persone), oltre che per i reati fiscali.

Gli indagati sono 39 in totale e tra loro vi sono gli amministratori di diritto e di fatto delle tante società cosiddette “conduit” o “buffer” che si prestavano a far girare questo schema di cessioni e acquisti intracomunitari di prodotti alimentari non deperibili, oltre ai legali rappresentanti di Auchan e Gs che si sono succeduti negli anni considerati in questa indagine e che hanno firmato i documenti societari ufficiali. Per l’ex Auchan risultano iscritti nel registro delle indagini – per i soli reati fiscali – l’ex direttore finanziario Franco Castagna, manager di peso all’interno della filiale del gruppo francese. E poi capi azienda come Philippe Baroukh, Antonio Da Conceicao Ribeiro, Antonio Brianti. Per Gs Andrea Leoncelli e Julian Saez Martinez, che firmavano le dichiarazioni Iva da inviare all’Agenzia delle Entrate oltre a Eric Uzan, Stephane Coun, Gerard Lavinay, Jose Guitierrez Perez, legali rappresentanti nel tempo e i responsabili Business Unit Cash&Carry-Docksmarket Roberto Simonetto e Alberto Coldani, tutti indagati solo per reati fiscali e non per l’associazione per delinquere.

Com’era realizzata l’evasione Iva? Gli schemi fraudolenti individuati dalla Gdf sono due. Il primo schema, si legge nel provvedimento del giudice, è stato realizzato attraverso una rete di società nazionali e comunitarie e ha visto società buffer vendere merce non deperibile a imprese della grande distribuzione che, a loro volta, le hanno cedute a conduit company comunitarie riconducibili, in gran parte, ai sodali stessi per poi ritornare, dopo una serie di passaggi tra ulteriori società estere ed italiane, ai buffer italiani che avevano iniziato il ciclo di fatturazione.

“Il coinvolgimento, nel periodo dal 2017 al novembre 2019, di multinazionali della grande distribuzione come GS Spa (gruppo Carrefour) e Auchan Spa nella frode sarebbe stato finalizzato a celare l’attività fraudolenta dietro un’apparente circolazione lecita di merce” si legge nell’ordinanza di custodia cautelare.

Il secondo schema invece, si è realizzato attraverso cessioni ex art. 8 D.P.R. 633/1972 a fronte di lettere di intento mendaci da parte di società cartiere che, in un secondo momento, non esportavano la merce ma la rivendevano sottocosto a società buffer (di I e II livello), che si occupavano della successiva cessione alla Gdo o ad altri dettaglianti minori.

Cosa ci guadagnavano in concreto le due grandi catene francesi, che nello schema delineato dalla Gdf sembrano più essere un elemento del sistema che non il motore dello stesso? È sempre il giudice a spiegarlo: “le società avrebbero ottenuto il duplice vantaggio di incrementare il proprio fatturato e di ottenere una remunerazione per il passaggio formale delle merci (con margine che variava, a seconda delle società coinvolte, tra un minimo del 4% ed un massimo di circa l’11%), il tutto senza alcun concreto rischio imprenditoriale. Auchan e Gs, infatti, acquistavano (e pagavano) la merce dai buffer solo dopo che era stato effettuato un identico ordinativo dalle conduit comunitarie (e il relativo pagamento) e anche le spese di trasporto e deposito erano a carico del fornitore o dell’acquirente”.

Corposo anche il capitolo sequestri: A Gs il giudice ha sequestrato oltre 26 milioni di euro per frodi ipotizzate dal 2015 al 2021, a Margherita Distribuzione (quale ex Auchan) quasi 34 milioni di euro per il periodo 2015-2019. Altri circa 200 milioni di euro sono stati sequestrati a 15 degli indagati in relazione ad altre nove società. Margherita Distribuzione nei mesi scorsi ha chiuso una transazione con l’Agenzia delle Entrate e questo accordo potrebbe (il condizionale è d’obbligo) portare alla restituzione delle somme sequestrate. Carrefour ha invece annunciato di aver avviato un’indagine interna.

Realco subentra con Economy a Codè Crai Ovest a Treviglio

Dopo Leader Price e Crai, ora è la volta di Economy. A Treviglio, in provincia di Bergamo, Codè Crai Ovest passa il testimone al Gruppo Realco: il retailer emiliano è subentrato nella gestione del negozio di via XX Settembre, che dunque cambia insegna per la terza volta nel giro di tre anni e mezzo. Aperto a febbraio del 2019 come Leader Price – la catena discount portata in Italia grazie a una joint venture tra Crai e il gruppo francese Geimex/Casinò – il punto vendita era diventato un supermercato Crai la scorsa primavera, nell’ambito del piano di riconversione di 7 Leader Price lombardi deciso da Codè Crai Ovest. A seguire c’è stata però la cessione al Gruppo Realco delle unità commerciali di Treviglio e Borgosatollo (Bs). Quest’ultima, estesa su 500 metri quadri, è stata riaperta lo scorso 24 agosto con insegna Sigma, mentre Treviglio da ieri, 7 settembre, è diventato l’ottavo Economy di Gruppo Realco, il secondo in Lombardia dopo quello di Ghedi (Bs), mentre tutti gli altri sono in Emilia-Romagna.

Nei 700 metri quadri di area di vendita di Treviglio, Economy propone 5.600 referenze, confermando la sua natura “ibrida”, a metà strada tra supermercato e discount. Nelle principali categorie l’assortimento comprende sempre un brand industriale noto, mentre le marche del distributore sono quelle sviluppate dalla centrale Italy Discount, a cui Gruppo Realco partecipa. Il negozio è stato oggetto di un rebranding esterno e interno, ma la collocazione dei reparti è rimasta sostanzialmente immutata. Fa eccezione la Cantina, spostata nel corridoio finale che conduce alle casse, mentre ai vini Leader Price aveva dedicato uno scaffale perimetrale più sul fondo del negozio, caratterizzando l’area con una pavimentazione diversa rispetto al resto della superficie. Dal canto suo Gruppo Realco ha inteso privilegiare l’efficienza logistica – lo spazio della vecchia enoteca è stato ora assegnato alle acque, perché accanto al magazzino – e probabilmente il contrasto delle differenze inventariali (il reparto vini è ora ben visibile dalle casse, mentre nella precedente collocazione risultava nascosto allo sguardo degli operatori) rispetto all’estetica.

L’anima da supermercato di Economy emerge nello spazio dedicato a freschi e freschissimi. L’ortofrutta proviene dalla stessa piattaforma che rifornisce i punti vendita a insegna Sigma, il reparto gastronomia è servito, mentre la panetteria a libero servizio propone sia pane surgelato e “ravvivato” in negozio, sia pane di un forno locale. La macelleria è a libero servizio, mentre l’ittico è per ora esclusivamente surgelato, ma è già previsto l’inserimento di un’isola con pesce fresco e sushi. Ovviamente determinante per la qualità complessiva della proposta commerciale è il personale, costituito da 13 unità.

Riuscirà Economy laddove Crai e soprattutto Leader Price hanno fallito? La sfida è difficile, per quanto le formule commerciali siano tra loro differenti. La piazza di Treviglio – secondo centro per importanza, dopo il capoluogo, della provincia di Bergamo – è fortemente presidiata da numerose insegne della Gdo, che si danno battaglia a suon di promozioni e offerte. Il terzetto di testa della classifica italiana del canale discount – Eurospin, Lidl e MD – è presente al completo, con l’aggiunta di Aldi, che ha aperto con buon successo a ottobre 2019. Coop Lombardia con l’insegna Ipercoop ha raccolto l’eredità dello storico ipermercato Pellicano del Gruppo Lombardini, mettendo a frutto il vantaggio di una struttura ampia e ben posizionata, per poi aprire a novembre 2019 un altro supermercato con annesso distributore di carburante. E l’elenco – che comprende anche Unes, U2, Italmark, un negozio della Cooperativa Famiglie Lavoratori aderente al Consorzio Sait – è destinato ad allungarsi con l’arrivo annunciato dalla stampa locale di Famila e soprattutto di Esselunga, assente al momento nella Bassa Bergamasca. Ce n’è abbastanza per ritenere che Treviglio sarà un banco di prova impegnativo per Economy.

Siglata la partnership tra Andriani e Nuo

Andriani SpA Società Benefit, l’azienda pugliese che opera integrando innovazione e sostenibilità e che ha scalato le vette dell’Innovation food producendo pasta alternativa di alta qualità a base di materie prime naturalmente senza glutine, fatta con i migliori cereali e legumi, allargando il proprio raggio di azione nel mercato con il recente ingresso nel settore dei prodotti da forno dolci e salati, ha siglato un accordo che prevede l’ingresso come socio di minoranza con una partecipazione del 26,4% di NUO SpA.

L’accordo è frutto di un lungo processo di selezione, nel quale la comunione di aspetti valoriali e relazionali ha avuto un ruolo chiave. Ad Andriani, infatti, che mantiene maggioranza e management aziendale guidato da Michele e Francesco Andriani, l’operazione consente di accelerare il proprio piano di sviluppo industriale, declinato su diversi fronti. Rapida espansione nei mercati americano – con un nuovo stabilimento di produzione – ed asiatico; incremento degli investimenti in innovazione e in progetti di filiera per accrescere ulteriormente la qualità dei prodotti, a beneficio dei consumatori; ulteriori investimenti in progetti di sostenibilità a lungo termine, incluso il raggiungimento della neutralità carbonica dello stabilimento, previsto entro il 2025; avendo al proprio fianco un partner capace di comprenderne, rispettarne e valorizzarne i principi, il modo di operare virtuoso, la visione innovativa.

NUO, che per la prima volta fa il suo ingresso nel settore Food, sceglie di investire in un’azienda come Andriani perché rappresenta una delle realtà industriali italiane più dinamiche, innovative e impegnate in favore di uno sviluppo sostenibile. L’affiancamento è l’ideale punto di partenza di un percorso volto alla crescita di tutti i capitali in campo – finanziario, umano e sociale – contribuendo attivamente in favore di una transizione verso modelli di business più sostenibili e di valore condiviso con tutti gli stakeholder.

“Siamo felici di dare il benvenuto a NUO e alla sua straordinaria squadra, fatta di persone capaci e dai solidi principi. Il loro ingresso nel nostro Gruppo risponde al desiderio di ampliare il nostro raggio di azione, aprendoci in maniera sempre più efficace a nuovi mercati ed implementando gli investimenti in innovazione, filiere e qualità di prodotti che mantengano al centro il consumatore e che promuovano nuovi modelli alimentari sostenibili per ambiente e salute anche a livello internazionale. Un ringraziamento va a tutte le persone che hanno lavorato alla definizione di questo accordo, in particolare, oltre che ai team NUO e Andriani, ad UBS, in qualità di advisor finanziario, e ad Orrick Herrington & Sutcliffe, in qualità di advisor legale” ha dichiarato Michele Andriani, Presidente e AD di Andriani SpA Società Benefit.

“L’ambizione di NUO è creare il primo e più grande polo di Innovation food italiano da esportare nel mondo, basato su un modello di agricoltura sostenibile ed inclusiva, e sullo sviluppo di prodotti dedicati al benessere del consumatore. Andriani è un’azienda capace di interpretare i segnali e le sfide del nostro tempo attraverso un modo di fare impresa di qualità, guidata da un imprenditore visionario che vuole fare la differenza, con cui condividiamo la forte propensione a creare relazioni umane che possano lasciare il segno verso tutti i portatori di interesse. NUO metterà a disposizione i capitali, la disciplina di una buona governance, il network relazionale e le competenze di internazionalizzazione affinché Michele Andriani ed il suo team possano continuare a crescere e raggiungere le loro ambizioni di lungo periodo” gli ha fatto eco Tommaso Paoli, AD di NUO SpA.

Conad verso una logistica sempre più sostenibile

Conad prosegue il proprio impegno per rendere sempre più sostenibile ed efficiente la rete logistica, attraverso azioni concrete a beneficio dell’ambiente, delle persone e dell’intero comparto.

In virtù della capillarità sul territorio che da sempre contraddistingue Conad e del suo ruolo preminente nel settore della Grande Distribuzione Organizzata, la logistica rappresenta uno degli ambiti dove l’adozione di soluzioni orientate alla sostenibilità può contribuire in modo sostanziale: dalla tutela dell’ambiente e delle sue risorse al miglioramento delle condizioni lavorative degli operatori del settore, dall’ottimizzazione dei mezzi e dei viaggi, all’efficientamento dei tempi di trasporto e consegna.

Punta di diamante dell’impegno di Conad per una logistica sempre più efficiente e sostenibile è il progetto Conad Logistics, lanciato nel 2020: un innovativo modello, unico nel nostro Paese, che si basa sul trasporto “franco fabbrica”. I volumi trasportati da Conad Logistics nel 2021 sono aumentati significativamente (+98%) rispetto al 2020 anche a fronte dell’inclusione di nuovi fornitori nel corso del 2021, comportando una maggiore ottimizzazione delle ore di impiego degli autisti e mezzi, oltre al beneficio di un minore impatto ambientale. In questo senso, un altro punto importante è stato l’efficientamento della flotta con mezzi più moderni, come classe Euro 6 e mezzi LNG (gas naturale liquido), che hanno percorso circa il 3% di km in più rispetto all’anno precedente, registrando un impatto positivo sia in termini di emissioni di CO2eq che di particolato (PMx). Inoltre, un fondamentale contributo lo ha dato anche la centralizzazione e quindi ottimizzazione dei propri flussi distributivi, attraverso soluzioni intermodali con scelta di mezzi alternativi al trasporto su gomma soprattutto per le lunghe distanze.

“L’efficacia di questa innovativa gestione dei trasporti è dimostrata dal fatto che nel 2021 siamo riusciti ad aumentare del 9% le tonnellate di merci movimentate dal nostro sistema, incrementando invece del solo 3% le relative emissioni” afferma Andrea Mantelli, Direttore Supply Chain Conad. “Noi di Conad, tuttavia, pensiamo che la sostenibilità legata alla logistica non sia solamente ambientale, ma che necessariamente debba essere rivolta anche al benessere degli operatori che vi operano e ad una maggiore efficienza economica del comparto. Per questo sentiamo il dovere, come prima insegna italiana nella GDO, di individuare delle nuove aree di miglioramento e di intervento al fine di rendere ancora più sostenibile il nostro sistema di logistica”.

Questi fattori contribuiscono all’impegno concreto di Conad verso una mobilità più sostenibile e verso una collaborazione e confronto con tutti i player della filiera, con l’obiettivo di individuare soluzioni a lungo termine efficaci per tutto il comparto. Guardando alla stretta attualità, uno dei problemi maggiori riscontrati nel settore riguarda la scarsità sul mercato europeo di autisti professionisti dell’autotrasporto, imputabile a diversi fattori tra cui lo scarso ricambio generazionale, la ripresa post Covid di altri settori come l’edilizia, la forte crescita dei costi di trasporto e le condizioni di lavoro degli autisti, non sempre ottimali.

Tra le soluzioni messe in campo per affrontare le nuove sfide del settore ci sono: la riduzione del numero di viaggi attraverso l’aumento della capacità di carico degli automezzi e l’incremento del ricorso a servizi di trasporto intermodali per tratte di lunga percorrenza, riducendo il numero di viaggi e di emissioni; l’ottimizzazione dell’impiego del tempo e delle ore degli autisti con interventi concreti come la riduzione dei tempi di attesa presso i Ce.Di e l’inserimento di servizi rivolti all’autista all’interno dei Ce.Di stessi; la promozione di una sempre maggiore digitalizzazione del settore, a partire da attività ad oggi gestite manualmente (come pratiche di ordini e trasporto) fino alla promozione di un futuribile scenario di dialogo tra le piattaforme software dei diversi player.

L’impegno verso una mobilità più sostenibile rientra nella strategia di sostenibilità dell’insegna “Sosteniamo il futuro”, che riunisce le azioni concrete per la tutela dell’ambiente e delle sue risorse, per il supporto alle persone e alle Comunità, per il sostegno ai territori e alle sue imprese.

Roncadin cancella l’open-day a causa degli aumenti record

Da 2,5 milioni di euro all’anno a più di 13 milioni per l’energia elettrica, da 600.000 euro a più di 4 milioni per il gas, per non parlare poi dell’aumento della spesa su tutte le materie prime (mozzarella, pomodoro, farine…) che supera i 10 milioni di euro. Roncadin, azienda di Meduno (PN) specializzata nelle pizze surgelate per la grande distribuzione italiana e internazionale, fa i conti con i rincari folli e prende una decisione sofferta: cancellare il tanto atteso open-day annuale per le famiglie dei dipendenti per risparmiare tutto il possibile sui costi.

«È una goccia nell’oceano, ma il rammarico è tanto perché questo appuntamento è molto sentito e negli ultimi due anni era saltato causa Covid – commenta l’amministratore delegato Dario Roncadin. Un piccolo problema fra tanti ben più gravi, ma con questo cogliamo l’occasione per spiegare ai nostri dipendenti in quale situazione ci troviamo e ricordare i comportamenti individuali da mettere in atto per eliminare il più possibile gli sprechi. È certo però che tutto questo non basta: è la politica italiana ed europea che deve trovare una soluzione per questa situazione che sta mettendo in ginocchio tutte le aziende».

Nel messaggio inviato ai lavoratori, Dario Roncadin ha spiegato cosa sta succedendo e quali azioni l’azienda ha deciso di intraprendere. «Nelle ultime settimane i costi energetici sono aumentati a dismisura – spiega sempre Roncadin – senza considerare che stiamo partendo già da prezzi folli che hanno portato a chiudere temporaneamente molte aziende. Anche in Roncadin, già da nove mesi, siamo in balia dei continui aumenti dei prezzi. In questo momento dobbiamo essere tutti uniti e dobbiamo combattere insieme questa battaglia che viene determinata anche da piccoli gesti. Su due temi abbiamo segnalato alle nostre persone che possono dare una mano fin da subito. Il primo è lo spreco energetico: partendo dagli uffici, ma anche in tutte le aree produttive, siamo tutti impegnati a spegnere luci, PC e macchinari inutilizzati. Il secondo è lo spreco di materie prime in linea e nelle cucine: stiamo lavorando a nuove soluzioni per recuperare il più possibile».

L’azienda, da parte sua, non rimane immobile: Roncadin è già al lavoro per potenziare il proprio impianto fotovoltaico in modo da arrivare a coprire il 30% del fabbisogno energetico. A giorni comincerà l’installazione di 5.000 pannelli fotovoltaici (già previsti da tempo, ma che tardano ad arrivare per via dei problemi attuali di carenza di materie prime), ai quali successivamente se ne aggiungeranno altri 6.200.

L’intervento dell’AD si conclude con un ringraziamento e un appello: «Ringrazio tutti coloro che, con spirito costruttivo, possano aiutarci ad uscire anche da questa situazione. Come dico sempre, mai mollare! Sono certo che ne usciremo, ma non è pensabile farcela da soli: per questo rinnovo il mio appello affinché la politica e le istituzioni italiane ed europee facciano qualcosa al più presto per risolvere questa situazione insostenibile».

Carrefour Italia trasferisce la sede a Milano Bisceglie

Carrefour Italia annuncia il trasferimento della propria sede nel complesso immobiliare di nuova costruzione PARK WEST a Bisceglie, di proprietà di DeA Capital Real Estate SGR S.p.A per il tramite del Fondo gestito Park West avente come unico quotista Orion European Real Estate Fund V slp.

Integrato nel tessuto urbano e direttamente collegato alla linea metropolitana M1, il nuovo headquarter ospiterà i collaboratori attualmente basati nella sede di via Caldera. Gli uffici saranno collocati all’interno di una delle tre torri che compongono il complesso PARK WEST. Il trasferimento è previsto entro il primo semestre del 2023. L’armonia con l’ambiente e la presenza di grandi spazi verdi caratterizzeranno fortemente la nuova sede. L’edificio sarà un vero e proprio “green building”, certificato con il rinomato protocollo LEED Platinum, oltre alle altre certificazioni di sostenibilità ambientale previste – Fitwel, Wired e WELL. Sarà inoltre circondato da quello che diventerà uno dei parchi più grandi di Milano, con oltre 160.000 mq di verde.

Gli spazi di lavoro della nuova sede di Carrefour Italia saranno disegnati per stimolare l’innovazione, la creatività e favorire il benessere dei collaboratori. L’ampio uso della tecnologia e il design orientato al co-working daranno alle persone maggiore flessibilità, per gestire al meglio i tempi di vita e di lavoro. Questo approccio di lavoro ibrido faciliterà anche una più efficace collaborazione tra i team e una migliore integrazione tra le operazioni di sede con quelle dei punti vendita. La struttura sarà inoltre dotata di servizi moderni e funzionali per il business e lo svago.

Carrefour Italia, primo tenant della struttura, sarà così protagonista del progetto di rigenerazione urbana che sta interessando l’intera area e che porterà alla realizzazione di un quartiere moderno, integrato e multifunzionale.

“Si tratta di un cambiamento molto importante per la nostra azienda, la cui sede è sempre stata in via Caldera. Questi nuovi uffici saranno essenziali per la grande trasformazione di Carrefour Italia, che si sta convertendo in un’azienda sempre più sostenibile e digitale – afferma Christophe Rabatel, CEO di Carrefour Italia. Siamo felici di poter offrire ai nostri collaboratori spazi e modalità di lavoro moderne, che daranno nuovo dinamismo a tutta la nostra organizzazione. Siamo inoltre orgogliosi di partecipare attivamente al rinnovamento di questa importante area della città di Milano, e di contribuire a un modello di sviluppo sostenibile di un territorio nel quale siamo profondamente radicati”.

Questa nuova sede rappresenta inoltre il perno centrale di un modello “multi-hub” che Carrefour sta introducendo e che vedrà la presenza di nuovi uffici anche all’interno di spazi riconvertiti di alcuni punti vendita sul territorio milanese.

Il complesso architettonico è stato progettato dallo Studio Mario Cucinella Architects (MC A) – lo stesso che ha disegnato la nuova stazione metropolitana di Bisceglie. Carrefour Italia si è avvalsa della consulenza e dei servizi professionali di JLL, che ha inoltre agito in qualità di advisor per conto della proprietà.

Nuovo record per il carrello della spesa green

La sostenibilità si fa strada sulle etichette dei prodotti di largo consumo venduti in supermercati e ipermercati e a misurarne la crescita è l’Osservatorio Immagino di GS1 Italy, il monitoraggio semestrale che racconta l’evoluzione del carrello della spesa incrociando le informazioni presenti sulle etichette e sulle confezioni dei prodotti digitalizzate dal servizio Immagino di GS1 Italy con i dati elaborati da NielsenIQ su venduto nella GDO, consumo e fruizione dei media.

Dall’ultima edizione di questo studio emerge che il 25,6% dei prodotti a scaffale presenta on-pack uno dei 35 claim sulla sostenibilità rilevati: nel 2021 queste 32.787 referenze (tra food, bevande, cura casa, cura persona e prodotti per animali domestici) hanno realizzato 12,5 miliardi di euro di vendite, in crescita annua di +1,2%.

«La sostenibilità, in tutte le sue tante sfaccettature, si conferma uno dei temi più significativi e pervasivi nel mondo del largo consumo in Italia» spiega Marco Cuppini, research and communication director di GS1 Italy. «Siamo di fronte a un universo di valori in veloce evoluzione e ampliamento, che coinvolge un numero crescente di prodotti. L’offerta di prodotti con almeno un claim sulla sostenibilità in etichetta è aumentato di +5,3%, mostrando come le aziende siano impegnate su questo fronte e come scelgano di comunicarlo sempre più spesso ai consumatori utilizzando quel potente touchpoint che è la confezione dei prodotti di largo consumo».

Anche in questa edizione, come fa dal 2020, l’Osservatorio Immagino ha suddiviso i 35 claim del mondo della sostenibilità rilevati in quattro cluster tematici:

• Management sostenibile delle risorse: i 15 claim rilevati in quest’area (come “riciclabile”, “meno plastica” e la certificazione Ecolabel) sono stati individuati sull’11,8% dei prodotti. Il loro apporto al sell-out complessivo è del 19,2% e il loro giro d’affari è aumentato di +3,0% rispetto al 2020.

• Agricoltura e allevamento sostenibili: il 10,5% dei prodotti rilevati presenta in etichetta uno dei nove claim di quest’area (ad esempio, “senza antibiotici” o “filiera”). La quota sulle vendite totali è del 7,8% e la crescita annua del sell-out è stata di +1,1%.

• Responsabilità sociale: le cinque certificazioni di questo paniere (come FSC, Rainforest Alliance e Fairtrade) accomunano il 6,5% delle referenze, che contribuiscono per il 10,6% alle vendite complessive. Il trend annuo a valore è di +3,5%.

• Rispetto degli animali: il 2,4% dei prodotti presenti in supermercati e ipermercati dichiara esplicitamente sulle confezioni l’impegno a tutela degli animali, utilizzando almeno uno dei sei claim rilevati (come “benessere animale”, “no cruelty” o la certificazione “Friend of the Sea”). Complessivamente il loro apporto al sell-out totale è del 4,4% e la crescita ottenuta in un anno è stata di +1,6%.

Nel corso del 2021 i panieri più dinamici nel mondo della sostenibilità sono stati quello della responsabilità sociale e quello del management sostenibile delle risorse, le cui vendite sono cresciute a un tasso triplo rispetto alla media di quest’universo. Sopra media anche l’andamento annuo del paniere della responsabilità sociale, mentre di poco sotto media è stato il cluster di agricoltura e allevamento sostenibili.

In termini di numero di prodotti a scaffale l’indicazione “green” più presente in etichetta si conferma Biologico/EU Organic (10,1% delle referenze), seguita dalla certificazione FSC (5,2%) e dai claim “sostenibilità” e “riciclabile” (entrambi 2,9%). Il mondo della sostenibilità si conferma molto segmentato e frammentato: 23 dei 35 claim rilevati compaiono su meno dell’1% delle referenze rilevate.

Quanto all’andamento delle vendite, i claim che hanno registrato i maggiori aumenti rispetto al 2020 sono stati le certificazioni Ok-Compost (+35,3%) e Rainforest Alliance (+16,3%) e le indicazioni “Mater-Bi” (+19,4%) e “compostabile” (+16,6%).

Foodu debutta al Sana di Bologna

Ogni anno l’80% di nuovi prodotti alimentari lanciati sul mercato fallisce perché non vengono fatti testare prima dai clienti e non vengono svolte ricerche di mercato, per lo stesso motivo, il 45%* degli stessi non risulta profittevole per le aziende. Sugli scaffali di punti vendita e supermercati spesso si trovano prodotti selezionati sulla base di criteri che non sempre tengono conto a sufficienza della qualità e del gusto ricercati dai consumatori più attenti.

Al fine di coinvolgere i consumatori nella filiera agroalimentare per aiutare le aziende ad aumentare le vendite, a migliorare la qualità dei propri prodotti, la strategia di marketing, ideare il packaging perfetto e ridurre gli sprechi, nel giugno 2020 due ingegneri pugliesi hanno sviluppato e lanciato Foodu, il primo supermercato online partecipativo dove le aziende non solo possono vendere i propri prodotti, ma anche dialogare con i clienti stessi, tutti consumatori attenti all’alimentazione. Grazie alla digitalizzazione delle metodologie di ricerca di mercato e alla Tribù di Foodu, le aziende possono finalmente raccogliere driver e spunti decisionali per comprendere come aumentare le vendite.

A due anni dal lancio di questo nuovo modello di supermercato partecipativo, dove i decisori finali sono i clienti stessi, Foodu ha creato una community di oltre 3.000 clienti assaggiatori da tutta Italia per ben 56 categorie alimentari. La Tribù di Foodu è disponibile sia per test di prodotti già esistenti che per effettuare indagini su prodotti non ancora preseti sul mercato. Foodu ha già riscosso molto interesse nell’ecosistema delle Startup italiane, tanto da attrarre numerosi capitali privati attraverso una campagna di equity crowdfunding, investitori istituzionali e fondi di investimento.

Chiunque può unirsi alla community di Foodu: esperti indipendenti che valutano la qualità dei prodotti, mentre un gruppo di consumatori, veri e propri “clienti speciali” chiamati Approver, testano in anteprima i prodotti a prezzi scontati valutandone il gusto e il prezzo. Solo se il prodotto è sano e anche buono, allora viene messo in vendita per tutti su Foodu.

Nato come il primo modello di filiera agroalimentare partecipativa in Italia in cui è la community dei clienti che propone e decide cosa mettere in vendita, Foodu ha raccolto finora un ricco database sulle abitudini di consumo, utili alla piattaforma per ottimizzare il catalogo, ma anche alle aziende per comprendere opinioni e comportamenti dei consumatori e individuare gli interventi necessari per migliorare le vendite dei loro prodotti.

Il team della Startup food-tech pugliese oggi conta su 10 risorse altamente qualificate su Market Research, Quality Control, Category Management, Digital Marketing e Software Development e adesso intendono espandere la propria presenza nel mercato della spesa online, coinvolgere nuovi soci e accompagnare anche i produttori in un processo di trasformazione “consumer centric”.

“Tutto nasce da una visione: democratizzare la filiera agroalimentare e rimettere al centro il consumatore – commenta Antonella Fasano, Founder e CEO di Foodu. Le persone partecipano perché, da un lato, la spesa in Foodu è garanzia di qualità e, dall’altro lato, ritengono fondamentale che le aziende ascoltino i loro bisogni. E’ ingiusto parlare solo di consumatori consapevoli, bisogna iniziare a parlare anche di produttori consapevoli: consapevoli dei bisogni dei clienti e consapevoli della reale qualità percepita dal mercato. Foodu è il mercato!”.

“Attraverso le ricerche di mercato svolte da Foodu – spiega Maria Bordoni, Foodu Angel Investor e Metron Market Research President– le PMI hanno la possibilità di comprendere più a fondo le esigenze dei consumatori e di migliorare le loro decisioni, con positivi effetti sulle vendite e sulla redditività”.

Foodu sarà presente alla 34esima edizione di SANA, il salone internazionale del biologico e del naturale in programma a Bologna dall’8 all’11 settembre (Pad 30, Stand B/26).

Dal 2023 sarà Valsoia a distribuire in Italia i gelati Häagen-Dazs

Valsoia ha perfezionato un accordo con General Mills International S.a.r.l., società con sede legale in Svizzera e controllata dalla multinazionale americana General Mills Inc., avente ad oggetto la distribuzione in esclusiva sul territorio italiano dei gelati a marca Häagen-Dazs. I gelati a marca Häagen-Dazs, secondo le rilevazioni di mercato Nielsen, sono il marchio di gelato da asporto numero uno al mondo, presente in più di 80 Paesi.

L’ingresso di Häagen-Dazs nel portafoglio di Valsoia S.p.A. costituisce un ulteriore avanzamento nel percorso di crescita e consolidamento del gruppo Valsoia che già gestisce note marche leader di Proprietà (Valsoia Bontà e Salute, Santa Rosa, Diete.tic, Piadina Loriana) e prestigiose marche in distribuzione (Vallè, Weetabix, Oreo o’ s Cereali).

In particolare, la marca di gelato tradizionale Häagen-Dazs rappresenta per Valsoia S.p.A. una importante sinergia, sul mercato italiano, affiancando la marca Valsoia già leader nel settore dei gelati vegetali con una presenza capillare in tutta la distribuzione moderna nazionale ed una quota di mercato superiore al 70%.

Le marche Valsoia e Häagen-Dazs si rivolgono a target di consumatori diversi e complementari: l’alta qualità 100% vegetale e l’alta qualità tradizionale. Gli obiettivi condivisi tra Valsoia S.p.A. e General Mills prevedono uno sfidante piano di crescita per Häagen-Dazs, in Italia, sostenuto da importanti investimenti di consumer marketing finalizzati a portare la marca ai livelli di eccellenza raggiunti in tutti i paesi europei ed extraeuropei.

L’ accordo di distribuzione in esclusiva per l’Italia avrà efficacia dal 1° gennaio 2023. Sino a tale data la distribuzione dei gelati Häagen-Dazs proseguirà in capo all’attuale distributore.

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