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Nielsen: cesce la fiducia degli italiani, ma 1 su 4 risparmierà ancora sulla spesa

Mandano segnali incoraggianti i dati dell’ultima Global Consumer Confidence Survey di Nielsen: l’indice di fiducia degli italiani cresce infatti di 4 punti rispetto al trimestre precedente e di ben 10 punti se raffrontato al dato di un anno fa, attestandosi a quota 57. Diminuisce nettamente poi chi ritiene che il Paese sia ancora in crisi (89% vs.96% nel terzo trimestre 2014). Un italiano su quattro (26%) è propenso a spendere per viaggi e vacanze dopo aver coperto le spese essenziali.

«Il livello di fiducia degli italiani è tornato a quello registrato nel primo trimestre dell’anno, al valore più alto dal 2011 – ha dichiarato l’amministratore delegato di Nielsen Italia Giovanni Fantasia –. Variazioni positive si sono osservate sia nella visione della propria situazione lavorativa che nello stato finanziario personale. Nel complesso le vendite dei beni di largo consumo hanno riscontrato un incremento dell’1.5% nei primi 8 mesi del 2015, incremento trainato dalla spesa delle famiglie a reddito elevato localizzate soprattutto al Nord. Segnali di debolezza nei consumi provengono, invece, dalle famiglie più povere nel Sud del Paese. Si può affermare che l’Italia, come i due terzi dei Paesi europei, ha imboccato la strada della ripresa, anche in presenza di segnali altalenanti. Nel terzo trimestre la nostra economia ha confermato le indicazioni di crescita emerse a inizio anno nonostante la decelerazione delle esportazioni, condizionate dal rallentamento delle economie dei mercati emergenti. L’inversione di tendenza del trend occupazionale può essere indicata come la chiave di volta del miglioramento della fiducia del consumatore italiano. In sintesi, le
famiglie stanno di nuovo diventando, seppure moderatamente, centri di produzione di reddito e non solo di spesa».

Il 13% degli italiani rivela una visione positiva della propria situazione lavorativa, valore in crescita di 6 punti percentuali rispetto al 7% dello scorso anno. La percezione dello stato delle finanze personali è buona per il 21% degli intervistati (+6 punti percentuali vs. terzo trimestre 2014). Diminuiscono al 56% (vs. 60% tendenziale) coloro che dichiarano che il tunnel della crisi durerà per altri 12 mesi.
Continua però l’apprensione per lo stato occupazionale (22%), per l’economia generale (8%), per la salute (9%), per il fenomeno immigratorio (8%, +3 punti percentuali vs terzo trimestre 2014).
L’Italia poi è ancora un Paese di risparmiatori: il 40% è propenso a gestire in forma conservativa e prudenziale le somme di denaro che rimangono dopo aver coperto le spese essenziali.Tra coloro che, invece, evidenziano un maggiore orientamento agli acquisti, il 29% preferisce spendere per nuovi vestiti, il 20% per svaghi fuori casa. Mentre il 23% degli italiani dichiara di non riuscire a risparmiare nulla alla fine del mese.
Sul tema delle azioni di “spending review” messe in campo dagli italiani, è in sensibile contrazione la quota di quanti intendono controllare la spesa (64% vs 72% dell’anno precedente). Il 54% controlla gli acquisti per risparmiare sui vestiti (11 punti percentuali in meno rispetto al 65% di un anno fa). Diminuisce la percentuale degli intervistati decisi a non spendere per piatti pronti e take away (-9 punti rispetto al 65% del terzo trimestre 2014). Il 56% intende tagliare sui divertimenti fuori casa (valore stabile rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente, al 57%). In calo la quota del campione che applica risparmi sulle vacanze (41% vs 44%).
In merito ai comportamenti d’acquisto che gli italiani dichiarano di voler mantenere anche in caso di miglioramento delle proprie condizioni economiche, un italiano su 4 continuerà
a risparmiare sulle bollette di luce e gas e sulla spesa al supermercato orientandosi verso brand economici. Il 23% si manterrà cauto nei pranzi fuori casa, mentre è il 21% la quota di quanti continueranno a risparmiare sulle spese per l’auto.

 

Fiducia globale mai così alta dal 2006

La Global Consumer Confidence Survey è realizzata da Nielsen su un campione di 30.000 individui in 60 Paesi, tra i quali l’Italia. Anche a livello globale si riscontra un generalizzato incremento dell’indice di fiducia che, con un incremento di 3 punti vs trimestre precedente, fa segnare il livello più alto dal 2006 (quota 99). Il risultato è da ricondurre soprattutto alle performance dei Paesi occidentali. In particolare, gli Stati Uniti fanno registrare un incremento mai verificatosi nella misurazione del proprio indice di fiducia (+ 18 punti, raggiungendo quota 119). Si posizionano in questo modo al secondo posto nel Mondo dopo l’India, che fa osservare il punteggio più alto (131, pur rimanendo stabile sul trimestre precedente). In declino, invece, Asia Pacifico (- 1, totale 106) e America Latina, che scende di 2 punti (81). Stabili, a 94 punti, Africa e Medio Oriente. Da segnalare anche che in Cina l’indice ha subito un declino di un punto (106) e di tre punti in Giappone (80).
I 10 Paesi che hanno riportato gli indici di fiducia migliori sono dunque: India 131, Usa 119, Filippine 117, Indonesia 116, Thailandia 111, Danimarca 109, Arabia Saudita 109, Emirati Arabi 107, Cina 106, Vietnam 105.
L’Europa cresce complessivamente di 2 punti sul trimestre (a 81 punti), raggiungendo il livello più elevato dal 2008, grazie ai valori positivi registrati in 21 nazioni su 32 (66%) e nonostante la decrescita di 9 paesi e la stabilità di due. Da sottolineare il dato della Germania (+3 punti, totale a 100) e della Gran Bretagna (+4 punti, totale 103, punta record), le due economie forti del Vecchio Continente. Polonia e Portogallo hanno rispettivamente incrementato di 10 e 9 punti (a 80 e 66), le variazioni positive più alte in Europa. Il mercato russo è ancora in crisi, tanto che fa rilevare un calo dell’indice pari a 4 punti (74).

La PL Consilia cresce anche ad agosto, trainata da freddo e ortofrutta

L’estate non ha fermato gli acquisti e anche ad agosto le vendite dei prodotti a marchio Consilia aumentano a valore del +4,3%. Una tendenza che risulta essere di gran lunga superiore alla media degli altri prodotti a Marchio del Distributore. La rilevazione periodicamente effettuata dalla Business Intelligence del Consorzio SUN – Supermercati Uniti Nazionali è frutto di un’analisi dei dati IRI relativi al totale Italia Iper e Super. L’incremento maggiore si è avuto per le Private Label dell’ortofrutta +13,6%, del freddo +9,9% e delle bevande +8,7%. Più contenuto l’incremento delle vendite dei prodotti a Marchio del Distributore del fresco +4,1%, della cura della persona +3,9% e della drogheria alimentare +1,9%. Non mancano ancora i prodotti delle Private Label che hanno fatto registrare ad agosto una flessione nelle vendite e sono: pet care -2,4% e cura casa -0,4%.

Per quanto riguarda i prodotti a marchio Consilia si registra quasi per tutti un incremento delle vendite a doppia cifra e l’aumento più consistente è stato per le referenze del freddo +52,9%, a seguire: ortofrutta +18,9%, fresco +13,7%, pet care +13,2%, bevande 12,2%, cura casa +10,3%, drogheria alimentare +10,2%, mentre hanno subito una flessione le vendite dei prodotti della cura della persona pari a -11,5%. “

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«L’andamento delle vendite del brand Consilia – ha detto il Direttore Generale del SUN – Supermercati Uniti Nazionali Dott. Stefano Rango – sta rispettando le nostre previsioni. Le strategie decise dal Consiglio di Amministrazione si stanno rivelando efficaci. Un altro dato di periodo che è particolarmente importante per il nostro Consorzio è quello relativo al fatturato del Gruppo. Secondo i dati diffusi dalla rilevazione Nielsen Like4Like10000, riferito a Iper, Super e Libero Servizio, il progressivo tra gennaio e luglio mostra per il gruppo SUN un aumento del +5,9% il più alto in assoluto tra tutti i player italiani. Un risultato che trova conferma anche nell’incremento del fatturato relativo al solo mese di luglio che segna un aumento del +4,7%. Dati che confermano come i prodotti con il brand Consilia siano sempre più presenti nei carrelli della spesa dei consumatori».

Amazon torna alle origini e apre una libreria (vera) a Seattle

Ha aperto i battenti ieri (“di legno”, ci tengono a sottolineare nel “comunicato ai lettori”) la prima libreria “reale” di Amazon, all’interno dell’Università di Seattle.

3_FINAL_WTEXT._V289768024_Sembra davvero ironico che il sito online diventato onnivoro e omnicompensivo, ma nato vendendo online proprio libri di carta, apra una “vecchia” libreria, con scaffali di legno e atmosfera ovattata. Ma non si tratta certo di ritorno al passato: Amazon Books, così si chiama,  “è una estensione fisica di Amazon.com. Abbiamo applicato venti anni di vendite di libri online per costruire un negozio che integri i vantaggi delle vendite di libri offline e online”.

1_FINAL_WTEXT._V289768024_Cosa significa ciò, è presto detto: i libri sugli scaffali sono scelti basandosi sui voti dei lettori, le vendite e le prevendite di Amazon.com ma anche il giudizio dei curatori. Per avere più informazioni mentre si scorrono i titoli i libri si affacciano all’esterno e sono accompagnati da un cartoncino che mostra i voti e le recensioni dei lettori.

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I prezzi sono gli stessi del sito, il che evita la scocciatura di comparare i prezzi con l’online. L’app però resta a disposizione per fornire ulteriori informazioni o – se proprio lo si desidera – acquistare online, magari uno dei milioni di titoli che giocoforza non possono essere contenuti tutti in una libreria reale, oppure la versione digitale.

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A disposizione dei clienti per la prova ci sono poi i dispositivi Amazon, Kindle, Echo, Fire TV e Fire Tablet.

 

La spinta gentile di #ogilvychange aiuta le persone a prendere decisioni (e le imprese a comunicare)

Come può una campagna di comunicazione stimolare e favorire cambiamenti positivi nelle abitudini delle persone? È per rispondere a questa domanda che nasce #ogilvychange, la unit italiana di Ogilvy & Mather presentata ieri, che si propone di integrare i più recenti studi di psicologia cognitiva e sociale e di economia comportamentale con le competenze in comunicazione del Gruppo.

Nata nel 2012 nel Regno Unito per iniziativa di Rory Sutherland, Vice Chairman di Ogilvy & Mather UK, #ogilvychange opera anche in Italia per realizzare progetti di comunicazione con forte impatto culturale e sociale partendo dalle conoscenze sui principi teorici che condizionano il comportamento individuale all’atto di qualsiasi scelta e che in genere non sono considerati dalle comuni analisi di mercato.

«Nei momenti decisivi, le persone compiono scelte economiche che riguardano cibo, salute, investimenti o viaggi sull’onda di percezioni, sentimenti e condizionamenti sociali che spesso scavalcano la logica e che, perciò, tendono a sfuggire agli studiosi di economia», dichiara Guerino Delfino, CEO & Chairman di Ogilvy & Mather Italia. «Per questo, ancora una volta, abbiamo voluto rompere gli schemi e inaugurare un innovativo approccio di comunicazione in Italia, integrando nei nostri progetti competenze provenienti dall’ambito delle Behavioural Sciences, per metterle al servizio di quanti vogliono promuovere cambiamenti positivi nei comportamenti sociali».

Le conoscenze messe in luce dalla Behavioural Economics vengono oggi applicate efficacemente anche in ambiti non strettamente economici, ma legati alla vita di tutti i giorni. Questo ambito di applicazione è stato definito Architettura delle scelte (Thaler & Sunstein, 2008) e spazia dalle politiche sociali alla comunicazione pubblicitaria.

Particolare rilievo ha assunto, negli ultimi anni, la pratica del Nudging, intesa come un’applicazione dell’Architettura delle scelte a temi di forte rilievo sociale e con un approccio etico, rispettoso delle libertà di scelta e dei valori dell’individuo (Thaler & Sunstein, 2008).

L’attività è finalizzata allo sviluppo e all’applicazione di strumenti utili a indirizzare le persone verso comportamenti orientati al benessere individuale e sociale. Il nostro lavoro si ispira ai principi del Nudging, in italiano “spinta gentile”.

Il Nudging nasce da un assunto di base: molti comportamenti dannosi sono messi in atto e/o mantenuti da scelte irrazionali. Spesso infatti siamo influenzati da elementi contestuali di cui non siamo consapevoli e che tuttavia ci conducono a commettere errori di valutazione (es. mangiare cibo spazzatura, guidare sotto l’effetto d’alcool, fare poca attività fisica, ecc…). Per questo motivo, l’utilizzo di una “buona” architettura delle scelte, ovvero un’impalcatura contestuale che faciliti comportamenti virtuosi, è spesso sufficiente per permettere alle persone di comportarsi in maniera più funzionale, in linea con i valori in cui credono.

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Le aree in cui #ogilvychange opera

Coordinata da Filippo Ferraro, Head of Planning, la nuova unit #ogilvychange si avvale della collaborazione e contributo scientifico di IESCUM – Istituto Europeo per lo Studio del Comportamento Umano. Grazie a questa partnership, il team italiano di #ogilvychange lavora già da tempo al fianco di esperti italiani e internazionali con una vera e propria unit deputata a sviluppare idee e progettualità che stimolino e favoriscano cambiamenti positivi nelle attitudini dei consumatori. Tra gli esperti, Francesco Pozzi, Psicologo e Analista del Comportamento e docente a contratto di Behavioral Economics all’Università IULM.

«Negli ultimi anni, gli studi scientifici sui fattori psicologici, cognitivi ed emozionali che impattano sulle scelte economiche dei singoli ci hanno lasciato in eredità conoscenze e tecniche che hanno amplificato in modo incredibile le capacità predittive e di comprensione del marketing», sottolinea Rory Sutherland, Vice Chairman Ogilvy & Mather Group UK. «La conoscenza delle piccole sfumature che modificano il modo in cui la gente reagisce in ambito locale, regionale o nazionale fa realmente la differenza nel portare il cambiamento desiderato nella società, vincendo inerzie che altrimenti richiederebbero un lentissimo lavoro di sensibilizzazione e persuasione».

Previsioni Iri: il largo consumo torna a sorridere. E nel 2016 si recupera il calo 2013-14

Iri ha diffuso le nuove previsioni sui consumi, che confermano un andamento positivo per il largo consumo confezionato.

Siamo di fronte a una ripresa economica fragile e tutt’altro che consolidate – si legge nella nota – però sia i dati macroeconomici che le misurazioni censuarie di IRI documentano che stiamo assistendo ad una rinnovata fiducia sui mercati che stanno reagendo positivamente. IRI osserva anche con una crescente predisposizione agli acquisti dei prodotti di primaria necessità, fra cui il Largo Consumo Confezionato.

Se come auspichiamo, l’inversione del ciclo negativo si confermerà i consumi di prodotti di base (di cui il Largo Consumo è icona) continueranno a crescere.

2015 a +1,7% in volume. Le previsioni di IRI indicano una chiusura del 2015 con un andamento dei volumi pari al +1,7% (Vendite a valore a prezzi costanti) per il 2015 ed un ulteriore +1,1% per il 2016. Per quanto concerne l’andamento della spesa monetaria IRI prevede una chiusura d’anno con un andamento delle vendite a valore pari al +2,5%. Nel 2016 resterà un andamento positivo ma leggermente più ridotto: +1,9% (non dimentichiamo che il 2015 ha beneficiato di una stagione estiva eccezionalmente favorevole per i prodotti stagionali, ad esempio gelati, bevande, ecc.).

I freni alla crescita. La crescita non sarà tumultuosa a causa di tre fattori principali.

  • Il primo è che la rinnovata fiducia sul potere di acquisto di medio periodo delle famiglie italiane si riverserà (e si sta già verificando) soprattutto verso l’acquisto di beni durevoli.
  • In secondo luogo la crescente multicanalità (strutture specializzate, e- commerce, ecc.) che il “nuovo consumatore” ha sperimentato durante gli anni difficoltosi della crisi si andrà ulteriormente a consolidare attraendo ancora parte degli acquist
  • Infine, i forti cambiamenti nei comportamenti di consumo sviluppati dalle famiglie italiane nel corso della crisi permangono determinando un approccio più consapevole e attento agli sprechi.

Le responsabilità delle inefficienze di filiera. La caduta del ciclo economico è stata un’importante causa del calo delle vendite del Largo Consumo durante gli scorsi anni, tuttavia sono soprattutto le concomitanti inefficienze degli operatori dell’Industria della distribuzione (produttori e distributori durante il biennio 2013-14) ad avere compresso il trend degli acquisti. È evidente che questi due fattori sono correlati fra loro: infatti, le inefficienze di filiera sono in buona parte la conseguenza dell’adozione estesa di tattiche di brevissimo periodo – principalmente attività promozionali – volte a sostenere i volumi in un contesto di oggettiva difficoltà della domanda sui mercati di consumo.

Il miglioramento del clima economico sta aiutando la filiera a rivedere le proprie strategie e ciò permette un recupero della capacità delle leve di marketing di incontrare il favore del nuovo consumatore, un’inversione di approccio che pensiamo continuerà anche nel 2016.

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I prezzi. L’aumento dei prezzi nel 2012 e 2013 (aumento dei costi delle materie prime e inasprimento della fiscalità indiretta) ha contribuito a frenare gli acquisti. Questo elemento ha ridotto la sua rilevanza nel 2014 in concomitanza con la “disinflazione” del comparto. Tuttavia i prezzi hanno ripreso ad evolversi moderatamente in positivo nel 2015 (tendenza prevista continuare anche nel 2016) rallentando in parte il rilancio dei volumi. Il fatto però è racchiuso all’interno di margini fisiologici, complessivamente coerenti con l’inflazione attesa per il sistema economico generale.

Il prezzo medio del carrello della spesa crescerà in linea con l’inflazione generale del Paese (+0,8% nel 2016).

Per quanto concerne l’andamento a volume dei differenti comparti, nel 2016 si prevede il consolidamento della fase positiva con l’eccezione dei comparti stagionali (che risentiranno di un rimbalzo sull’estate molto favorevole del 2015).

Con le isole Almaverde Bio, Canova testa con Conad un nuovo format di vendita per l’ortofrutta biologica

È partito da qualche settimana con un test in due reparti ortofrutta ad insegna Conad Ipermercato, nei Centri Commerciali Punta di Ferro di Forli’ e Le Befane di Rimini, un progetto innovativo di grande rilevanza per lo sviluppo dei consumi del biologico.

Si tratta di isole dedicate interamente all’ortofrutta biologica, a marchio Almaverde Bio, con vendita assistita e totalmente gestite dalla Società Canova del Gruppo Apofruit, licenziataria esclusiva del marchio Almaverde Bio per l’ortofrutta fresca.

Le isole Almaverde Bio sono aree espositive di circa 20 metri quadri a vendita assistita dei prodotti venduti sfusi in cui si può trovare: l’accoglienza del negozio specializzato, la velocità di acquisto del supermercato e soprattutto i consigli e le promozioni con assaggio dei prodotti di stagione.

isolabella«Siamo molto soddisfatti dei primi risultati – dichiara Ernesto Fornari, Direttore di Canova – le vendite sono in continuo incremento e quello che più sorprende è l’apprezzamento dei clienti per l’ampia scelta di prodotti. Le isole Almaverde Bio presentano, infatti, la più vasta gamma di offerta di ortofrutta biologica esistente sul mercato con oltre 100 referenze che vanno dai prodotti esotici, al Km 0, dalla zucca, allo zenzero, dalla prima alla quarta gamma, alla frutta secca ai legumi e cereali secchi . La scelta del prodotto sfuso inoltre – sottolinea Fornari – asseconda la crescente esigenza dei clienti di evitare gli sprechi ed eliminare, il più possibile, l’immissione di rifiuti nell’ambiente con un effetto positivo sul contenimento dei prezzi di vendita».

Una caratteristica molto apprezzata delle isole Almaverde Bio è la profondità di gamma: l’ampia scelta di prodotti e la declinazione dell’offerta in una gamma completa rendono l’atto di acquisto un piacevole viaggio di conoscenza alla scoperta di novità poco note, di curiosità, di prodotti di nicchia di non facile reperibilità.

«Oggi – conclude Fornari – il consumatore di biologico è sempre più consapevole nella scelta di prodotti che oltre al gusto gli garantiscono contenuti salutistici ed è per questo che abbiamo concentrato il nostro impegno nella offerta di una gamma che possa soddisfare appieno queste esigenze. Nelle isole Almaverde Bio è possibile trovare l’introvabile, con una attenzione speciale per il benessere e la salute dei nostri client».

Il progetto test partito, al momento in due punti vendita in Romagna si trova in sinergia con la scelta di guidare il cliente evoluto e con esigenze alimentari speciali nell’acquisto di prodotti dedicati. È il caso del Conad Ipermercato di Rimini in cui, oltre all’isola Almaverde Bio sono presenti aree ben evidenziate dedicate alla scelta bio, vegetariana, vegan, gluten free in un’ottica di attenzione ai nuovi stili di vita.

Il test, nel breve periodo, potrà ampliarsi sull’intero territorio nazionale offrendo ai consumatori la più vasta scelta di biologico a marchio presente oggi sul mercato, ad un prezzo contenuto.

Per le mele VIP Val Venosta La Spagna si conferma mercato strategico

In occasione di Fruit Attraction, la più importante Fiera del settore ortofrutticolo della Spagna, il Direttore Commerciale di VI.P, l’Associazione delle Cooperative Ortofrutticole della Val Venosta, Fabio Manesco (nella foto), ha commentato i dati relativi all’ultima stagione di vendita.

«Nella stagione 2014-2015 VI.P è riuscita a mantenere un sostanziale equilibrio tra le diverse destinazioni, come previsto dalla propria pianificazione. Nello specifico, il 50% del prodotto è venduto sul mercato nazionale ed il restante 50% orientato all’estero.

La Spagna continua a rappresentare il 7-8% della produzione, con volumi assoluti in aumento del 10% c.a. rispetto alla stagione precedente – afferma Zanesco – e le destinazioni europee principali, nonché mercati strategici di riferimento, si confermano Germania, Scandinavia, Penisola Iberica ed Est-Europa.

La maggior parte delle vendite è riconducibile alla varietà per eccellenza, la Golden Delicious, per seguire con gli oltre 2/3 legati al marchio proprio e il 15/20% imputabili alle rosse e bicolore come la Red Delicious, la Kanzi, la Gala e la Pinova che stiamo ulteriormente sviluppando per implementare l’intera gamma. Infine – conclude Zanesco – diventano sempre più interesanti aree come Nord-Africa e Medio Oriente, per le quali si stanno delineando strategie stabili e numerose opportunità future».

Gli standard GS1 alle Nazioni Unite per un’agricoltura sostenibile

 

La tecnologia e i big data possono essere utilizzati dai settori pubblico e privato per collaborare e promuovere pratiche di coltivazione sostenibili nel settore agricolo?

Il Ceo e presidente di Gs1 Global Miguel Lopera lo ha illustrato recentemente al Vertice Sdg (Obiettivi di sviluppo sostenibile) dell’assemblea generale delle Nazioni Unite.

Schermata 2015-10-30 alle 20.00.48«È in atto un cambiamento di mentalità a livello internazionale: le aziende focalizzano maggiormente i propri obiettivi di approvvigionamento responsabile», ha spiegato Miguel Lopera (nella foto durante il suo intervento). «Le multinazionali fanno sempre più riferimento per i propri approvvigionamenti alla supply chain alimentare globale scegliendo, al di là dei costi, la qualità e l’offerta costante. Per realizzare un approvvigionamento responsabile, stanno percorrendo la parte più a monte della supply chain alimentare globale, fino ad arrivare agli agricoltori che producono direttamente le materie prime, per selezionare i partner commerciali che operano eticamente e responsabilmente».

GS1, l’organizzazione internazionale senza scopo di lucro che sviluppa e mantiene i sistemi standard per la supply chain più utilizzati al mondo (rappresentata in Italia da GS1 Italy|Indicod-Ecr) è parte di uno sforzo collettivo volto a mappare e armonizzare le centinaia di norme e certificazioni relative all’agricoltura sostenibile.

Lo sforzo, noto come “The Blue Number Initiative, A Global Registry for Sustainable Farmers” (www.unbluenumber.org), utilizzerà il registry service di GS1. Il registry consentirà agli agricoltori, ai governi, alle imprese e alle community di comunicare tra loro lungo tutta la supply chain grazie alla definizione di un linguaggio comune e all’identificazione univoca delle aziende agricole a livello globale.

Attraverso il GS1 Global Location Number (GS1 GLN), il registry assegna un identificativo unico per ciascuna azienda – non importa quanto grande o piccola sia – e definisce la posizione della stessa azienda agricola, oltre ad elencarne le relative certificazioni di sostenibilità. Questo permette anche ai piccoli agricoltori dei paesi in via di sviluppo di essere riconosciuti per le proprie pratiche di sostenibilità, aprendo potenziali mercati e consentendo loro di diventare attori più visibili ed attivi nella supply chain alimentare globale.

SUPERMARKET5_iStock_17280106Medium«I consumatori – ha aggiunto Lopera – sono sempre più attenti al contenuto di cibi e bevande. Vogliono essere informati sul biologico e su cosa provenga da allevamento sostenibile. Il registry è uno strumento eccellente per fornire ai consumatori una grande visibilità sui prodotti che trovano sugli scaffali. Questo li aiuterà a prendere decisioni informate riguardo gli ingredienti certificati biologici, provenienti da allevamento sostenibile e da commercio equo-solidale».

Il registry stabilisce inoltre basi importanti affinché i decision maker nei paesi in via di sviluppo accedano a statistiche accurate su dati granulari e big data. «I governi avranno accesso a dati organizzati secondo la geolocalizzazione, per esempio la produzione per singola regione, con le relative informazioni infrastrutturali e le certificazioni. Saranno quindi in grado di fare scelte politiche più informate che facciano crescere la produzione, e di indirizzare le risorse e la formazione verso pratiche agricole sostenibili», ha concluso il Ceo di GS1 Global.

Il consorzio C3 entra nella centrale Auchan-Sma

Auchan e Sma hanno siglato un accordo di lungo periodo con il consorzio italiano C3, si legge in una nota congiunta.
L’alleanza che ha per oggetto la negoziazione all’acquisto entrerà in vigore da novembre
2015 e riguarderà gli accordi quadro di fornitura decorrenti dal 2016, portando ad acquisti
congiunti di quasi 9 miliardi di euro.
La centrale d’acquisto Auchan-Sma, in forza del mandato all’acquisto già in essere con Crai, Sisa, Coralis e i propri partner, grazie all’alleanza con C3 rafforzerà la sua posizione, affermandosi come una delle maggiori centrali di acquisto italiane.

Il gruppo C3 comprende 18 aziende con 28 centri di distribuzione, 16 cash&carry, 64 ipermercati, 190 supermercati e 164 superette. Auchan Italia è presente in 12 regioni con 60 ipermercati (49 a gestione diretta e 11 in affiliazione) e 10mila collaboratori. Nel 2014 ha registrato un fatturato alle casse di 2,9 miliardi di euro. Sma, presente sul territorio nazionale dal 1961, ha 9.000 collaboratori e 1.500 supermercati a insegna Simply, IperSimply e PuntoSimply, di cui 269 gestiti direttamente e i restanti con la formula dell’affiliazione. Nel 2014 Sma spa ha realizzato un fatturato alle casse di 4 miliardi di euro, Auchan 2,9 miliardi.

L’interscambio pallet costa 120 milioni di euro alla filiera del largo consumo

Per approfondire il costo di interscambio pallet EPAL per la filiera del largo consumo derivante dalle pratiche adottate dai suoi protagonisti, Ecr Italia ha realizzato in collaborazione con il C-Log della LIUC Università Cattaneo e il Politecnico di Milano una ricerca sul campo che ha coinvolto 12 aziende – 4 distributori (GDO), 8 produttori (PRO) – e i rispettivi operatori logistici (3PL).

I risultati sono stati illustrati ieri nel convegno Interscambio pallet. Processi e costi di interfaccia per la filiera del largo consumo organizzato da GS1 Italy | Indicod-Ecr, che dal 2005 presidia il tema. con l’analisi neutrale delle soluzioni presenti sul mercato avendo come unico obiettivo quello di consentire alle aziende scelte consapevoli attraverso la raccolta e la condivisione di informazioni di grande solidità. «Non possiamo che guardare in modo positivo all’esistenza di soluzioni concorrenti che spingono all’efficienza e alla riduzione dei costi» dichiara Bruno Aceto, Ceo dell’associazione che raccoglie 35 mila imprese industriali e distributive operanti nel settore dei beni di largo consumo.

L’indagine ha consentito di valorizzare le 6 voci di costo rilevanti e di determinare il costo complessivo di interscambio per la filiera, come somma dei costi di interfaccia PRO-GDO, focalizzandosi unicamente sul processo che ha come punto di partenza il punto di stock del PRO dal quale è evaso l’ordine ricevuto dalla GDO e, come punto di arrivo, il CeDi della GDO.

Il trasporto di ritorno dei pallet non interscambiati con interscambio immediato costituisce la seconda voce per rilevanza per il campione degli 8 produttori analizzati, con un’incidenza pari al 34% del costo totale.

Proprio l’alta rilevanza di questa componente di costo deve spingere le aziende alla pratica dell’interscambio immediato, che oggi si attesta tra il 65% e l’85%.

La pratica di interscambio differita che dovrebbe essere considerata come straordinaria, è sempre più diffusa. «L’incremento dei buoni pallet aumenta la dispersione del parco pallet e attiva contrattazioni basate sul potere contrattuale di ogni azienda piuttosto che sul valore effettivo del bene», afferma Gino Marchet, Professore di Logistica del Politecnico di Milano.

L’indagine presso i PRO conferma che il livello qualitativo del parco pallet EPAL circolante si è abbassato negli anni, determinando un’incidenza crescente di pallet scartati presso i punti di consegna.

«Uno dei principali punti critici nel modello dell’interscambio EPAL è quello relativo alla qualità dei pallet» afferma Fabrizio Dallari, Direttore del Centro di Ricerca sulla Logistica LIUC Università Cattaneo. «Nonostante ci siano delle linee guida molto precise emanate dal Comitato Tecnico EPAL di Conlegno, accade che la percentuale dei pallet scartati in banchina presso i CeDi sia molto variabile da azienda ad azienda».

Sommando i valori medi stimati nelle due indagini separate (4 aziende GDO e 8 aziende PRO) emerge un costo medio unitario di gestione dell’interscambio pallet per la filiera di poco superiore ai 2 euro/pallet.

In conclusione è possibile affermare che esiste un costo per l’interscambio dei pallet che, se moltiplicato per il numero di pallet inviati dai produttori nel settore (circa 60 milioni di pallet, quasi uno per abitante) crea un costo annuo di 120 milioni di euro/anno per la filiera. Questo dato rappresenta un ulteriore stimolo per sviluppare iniziative di miglioramento da perseguire attraverso percorsi collaborativi tra PRO, GDO e 3PL che da sempre contraddistinguono i progetti di ECR.

Ecr Italia, infatti, nel suo ruolo di sede di confronto e di elaborazione di best practice, si occupa da tempo di facilitare la discussione aperta fra le aziende, elaborando e diffondendo le migliori prassi operative. «Il mondo dell’interscambio pallet EPAL basa la sua efficienza e la sua economicità sul rispetto del sistema di regole su cui è costruito» commenta Giuseppe Luscia, Responsabile progetti ECR Supply di GS1 Italy | Indicod-Ecr. «Per questo Ecr Italia promuove due concetti chiave: la certezza dell’impianto di regole e la profonda conoscenza del sistema».

In questa ottica vanno lette le attività presentate ieri e le Raccomandazione ECR per l’interscambio del pallet EPAL (documento nato nel 2005 e più volte sottoposto alla verifica delle aziende) e le attività legate all’Osservatorio sul Valore del Pallet Interscambiabile, attività che Ecr Italia, in collaborazione con Conlegno – il Consorzio Servizi Legni Sughero – mantiene dal 2005 e che fornisce un importante riferimento per tutte le operazioni di “monetizzazione” del pallet legate all’applicazione della Raccomandazione.

Ecr Italia ha realizzato ora l’analisi sul costo della gestione del pallet, la cui sintesi è contenuta all’interno del volume Blue Book “La gestione dei pallet nella filiera del largo consumo” che rende disponibili alle aziende importanti riferimenti sul costo delle operazioni di interscambio con cui confrontare le proprie performance e valutare al meglio processi e servizi. Il Blue Book è scaricabile qui.

Reverse charge e normativa sulla gestione ambientale

Sulle novità e i punti di attenzione per le imprese si è concentrato l’intervento di Mara Chilosi, esperto legale di Conlegno: «Le nuove Linee guida per la gestione del parco pallet, sotto il profilo ambientale, individuano le diverse casistiche e le soluzioni operative, chiarendo quando i pallet devono essere gestiti come rifiuti e quando invece possono essere considerati imballaggi riutilizzabili. È essenziale che gli operatori abbiano chiari questi concetti al fine di evitare rischi sanzionatori e gestire il parco pallet in modo legale».

L’intervento di Marcello Del Prete, esperto fiscale di Conlegno, ha chiarito le modalità di applicazione dell’inversione contabile ai fini IVA (“reverse charge”), attiva dal 1 gennaio 2015 sui trasferimenti di pallet per cicli di utilizzo successivi al primo.

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