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Unieuro potrebbe diventare francese: Fnac Darty offre 249 milioni di euro

Il gruppo francese Fnac Darty intende consolidare la leadership europea nel retail specializzato con l’acquisizione, attraverso un’Offerta Pubblica di Acquisto e Scambio, di Unieuro, tra i leader italiani nel settore dell’elettronica di consumo e degli elettrodomestici con una quota di mercato pari al 17%. Nel 2023, Unieuro ha raggiunto un fatturato di 2,6 miliardi di euro, con un tasso di crescita annuale composto dell’8% nel periodo 2016/2017 – 2023/20247. Conta su una fitta rete di negozi integrati e affiliati in tutta Italia, con una presenza significativa nel Nord e nel Centro del Paese (71% dei negozi). Inoltre Unieuro sta sviluppando le proprie attività di servizi, tra cui l’integrazione di Covercare, specializzata in servizi di riparazione e assistenza per la casa.

La prevista combinazione tra Fnac Darty e Unieuro è in linea con il piano Everyday. Le due società condividono ambizioni strategiche comuni incentrate sull’omnicanalità, sullo sviluppo di servizi di assistenza per la casa e sull’affiancamento dei clienti nell’adozione di comportamenti più sostenibili e responsabili. La combinazione creerebbe altresì un leader dell’Europa meridionale e occidentale nei settori dell’elettronica di consumo, degli elettrodomestici, dei prodotti editoriali e dei servizi, con oltre 10 miliardi di euro di fatturato, 30.000 dipendenti e più di 1.500 negozi. L’entità combinata avrebbe un solido posizionamento ai primi e ai secondi posti dei suoi mercati principali. La combinazione presenta un potenziale di sinergie operative attese di oltre 20 milioni di euro ante imposte, grazie soprattutto a migliori condizioni di acquisto e all’integrazione delle attività di private label. Dal canto suo, Unieuro potrebbe beneficiare dell’esperienza di Fnac Darty in termini di efficienza operativa.

“Per Fnac Darty questo progetto rappresenta un’opportunità unica per proseguire nella sua ambizione a lungo termine di consolidare i propri mercati e rafforzare il proprio modello di business a livello europeo” afferma Enrique Martinez, CEO di Fnac Darty. “La nostra presenza geografica verrebbe significativamente ampliata e sosterremmo Unieuro nel proseguimento del suo processo di digitalizzazione e trasformazione volto ad ampliare il bacino di servizi offerti, in linea con il nostro piano strategico Everyday. In definitiva, un’operazione che ci permette di perseguire l’ambizione collettiva di essere un alleato fondamentale per i consumatori europei”.

La struttura dell’operazione
L’offerta pubblica includerebbe per ogni azione Unieuro: 9,0 di euro in denaro e 0,10 azioni di nuova emissione di Fnac Darty. L’offerta valuta ogni azione Unieuro a 12,0 euro per azione, presentando quindi un premio del 42% sulla base del prezzo medio ponderato con i volumi al 15 luglio 2024 e un premio del 34% rispetto al prezzo medio di chiusura ponderato con i volumi degli ultimi 3 mesi. Ciò implica un valore del capitale per Unieuro di circa 249 milioni di euro, dei quali Fnac Darty possiede già il 4,4% del capitale di Unieuro. L’offerta consentirebbe agli azionisti di Unieuro di incassare la loro quota e di diventare azionisti dell’entità combinata, con l’opportunità di beneficiare della potenziale creazione di valore.

L’offerta verrebbe finanziata come segue:
Fnac Darty e Ruby Equity Investment intendono creare un veicolo di investimento congiunto (detenuto rispettivamente al 51% e al 49%) che deterrà la partecipazione in Unieuro. Questa società sarà controllata e consolidata dal Gruppo Fnac Darty. La componente in denaro, che rappresenta circa il 75% dell’importo dell’offerta, verrebbe finanziata da Ruby Equity Investment e Fnac Darty nelle proporzioni rispettivamente di circa 2/3 e circa 1/3. La componente azionaria rappresenta circa il 25% dell’offerta totale e sarebbe finanziata da Fnac Darty attraverso un’emissione azionaria di circa 2,0 milioni di azioni, nei limiti delle attuali autorizzazioni, che rappresenterebbe circa il 6,6% del capitale sociale di Fnac Darty dopo la transazione. L’aumento dell’indebitamento netto del Gruppo sarebbe limitato a circa 56 milioni di euro, consentendo a Fnac Darty di proteggere la sua flessibilità finanziaria e di continuare a perseguire la sua politica di allocazione del capitale.

Il lancio dell’Offerta Pubblica dovrebbe avvenire dopo che saranno state soddisfatte le consuete condizioni preliminari relative alle approvazioni regolamentari italiane. Inoltre l’operazione sarà soggetta a revisione nell’ambito del controllo in materia di concorrenza da parte delle autorità competenti. Il closing dell’offerta è atteso nel corso del quarto trimestre del 2024.

Energade Protein, arriva il reintegratore ready to drink con le proteine

C’è una novità nel panorama degli sport drink: Energade Protein, prodotto e distribuito per la Gdo in esclusiva in Italia dal Gruppo Acqua Minerale San Benedetto, è il nuovo reintegratore ready to drink che coniuga l’efficacia dei sali minerali col potere nutrizionale delle proteine.

Energade Protein è fonte di proteine che rappresentano il 12% del valore energetico totale del prodotto, contribuiscono alla crescita e al mantenimento della massa muscolare, nonché al mantenimento di ossa normali. Formulato con sali minerali, il nuovo sport drink si posiziona come scelta ideale non solo per gli sportivi ma anche per chi cerca un supporto durante le giornate più calde o faticose. Il packaging cattura immediatamente l’attenzione grazie al suo design innovativo e distintivo trasmettendo tecnicismo, professionalità e forza.

Disponibile nel gusto Ice Blue, caratterizzato da note di lampone e mora, il nuovo Energade Protein offre un’esperienza dissetante e rinfrescante. Una referenza progettata per accompagnare il consumatore in ogni momento della giornata grazie al formato da 0,75L Pet nella pratica bottiglia squeeze e al tappo Pull&Push, studiato per facilitare la bevuta durante l’attività fisica, rendendo ancora più comodo l’utilizzo del prodotto.

Mercato lattiero-caseario, aumentano i prezzi all’ingrosso

A partire dallo scorso mese di maggio, nel mercato lattiero-caseario italiano si sta registrando una fase di aumento dei prezzi all’ingrosso. Il dato emerge dall’analisi mensile sui prodotti lattiero-caseari condotta da Unioncamere, in collaborazione con BMTI. Nel caso specifico del latte spot (il prodotto sfuso in cisterna scambiato al di fuori dei contratti di fornitura tra allevatori e industria), si tratta di un recupero avvenuto dopo i ribassi registrati nei primi mesi dell’anno, che ha risentito anche del calo della produzione, fattore che tipicamente si registra durante la stagione estiva. I prezzi rilevati dalle Camere di commercio si sono attestati, a fine giugno, sui 0,56 €/l, in crescita del +5% rispetto allo scorso anno.

Tra i formaggi DOP, nelle ultime settimane sono aumentati i prezzi all’ingrosso del Parmigiano Reggiano e del Grana Padano, anche grazie al buon andamento della domanda estera. Nel primo trimestre dell’anno le esportazioni complessive dei due formaggi DOP, infatti, sono cresciute in volume del +15,1% rispetto allo stesso periodo del 2023 (+9,8% in valore), registrando in particolare un incremento del +23,3% sui mercati extra Ue-27, dove spiccano le maggiori quantità esportate dirette negli Stati Uniti (+28,3%) e in Canada (+54%). I prezzi all’ingrosso del Grana Padano stagionato 20 mesi rilevato nei listini delle Camere di commercio si sono attestati sugli 11,40 €/kg (+13% rispetto a dodici mesi fa). Crescita meno marcata per il Parmigiano Reggiano, con i prezzi saliti sui 12,40 €/kg (+6% su base annua).

Tra le materie grasse derivate dal latte, dopo un’ulteriore crescita nella prima parte di giugno, si sono registrati dei segnali di assestamento per i prezzi all’ingrosso del burro, sebbene le quotazioni registrate a fine mese rimangono comunque in rialzo del +45% rispetto a un anno fa, confermando il prezzo di 6,55 €/kg per il burro prodotto con crema di latte.

Gelato sempre più caro, italiani a caccia di promozioni e offerte

In questi anni il costante aumento dei prezzi del gelato sta impattando sulle abitudini di consumo degli italiani che, per contenere la spesa, ricorrono a sconti e offerte. Secondo i dati dell’Osservatorio Shopping dell’app DoveConviene, le ricerche di gelati da parte dei consumatori sono aumentate del +82% nel 2024 rispetto all’anno precedente. Una tendenza giustificata dal costante incremento dei prezzi, che solo negli ultimi due anni ha registrato una crescita complessiva del +29,5%, con un aumento del +16,4% nel 2023 e del +13,1% nel 2022.

A livello regionale, il Trentino-Alto Adige è la regione con il più alto tasso di crescita di ricerche di gelati col miglior rapporto qualità prezzo, con un boom del +194% nel 2024 rispetto al 2023. Medaglia d’argento e di bronzo, invece, per la Toscana e la Valle D’Aosta, dove le ricerche sono aumentate rispettivamente del +89% e del +25%. Chiudono la classifica, al quarto e quinto posto, il Molise e il Lazio, con un aumento del +21% e del +15%. Per quest’estate, i ghiaccioli sono la tipologia di gelato più amata dagli italiani. Disponibili in una grande varietà di gusti, gli stecchi guadagnano la vittoria da Nord a Sud in ben 7 regioni italiane: Emilia-Romagna, Lombardia, Molise, Piemonte, Puglia, Toscana e Trentino Alto-Adige.

A sua volta, il cornetto Algida difende la propria supremazia in Abruzzo, Campania, Lazio, Marche, Veneto, Sardegna e Sicilia. Anche la vaschetta Carte D’Or trova spazio sulla mappa, affermandosi come il formato preferito in Basilicata, Liguria e Umbria. Corrono invece controcorrente la Calabria e la Valle D’Aosta, dove Magnum e Coppa del Nonno si confermano rispettivamente i gelati preferiti.

IA generativa, Cina leader per utilizzo ma USA in testa per implementazione

Quali sono i Paesi leader nell’utilizzo dell’IA generativa? Secondo un recente studio condotto da Coleman Parkes Research Ltd e promosso da SAS, al primo posto c’è la Cina. I decision maker aziendali del Paese asiatico riferiscono che l’83% delle loro organizzazioni sta già impiegando la GenAI nelle loro attività. Si tratta di un dato superiore a quello del Regno Unito (70%), degli Stati Uniti (65%) e dell’Australia (63%). Le organizzazioni statunitensi però sono in vantaggio in termini di maturità e di completa implementazione, con il 24% rispetto al 19% della Cina e all’11% del Regno Unito.

Cosa significa questo in termini di impatto economico globale dell’intelligenza artificiale e della GenAI? In un report del 2023, McKinsey ha stimato che l’IA generativa potrebbe generare l’equivalente di 2,6 trilioni di dollari a 4,4 trilioni di dollari all’anno in una serie di casi d’uso. Si tratta di un valore paragonabile all’intero PIL del Regno Unito nel 2021. Questo impatto aumenterebbe l’incidenza complessiva dell’intelligenza artificiale dal 15% al 40%. “Sebbene la Cina possa essere in testa nei tassi di adozione della GenAI, una maggiore adozione non equivale necessariamente a un’implementazione efficace o a migliori ritorni”, ha dichiarato Stephen Saw, Managing Director di Coleman Parkes. “In effetti, gli Stati Uniti sono in vantaggio con il 24% delle organizzazioni che hanno implementato completamente la GenAI, rispetto al 19% della Cina.”

Tra i punti salienti dei risultati della survey globale vi sono indicatori che segnalano che le diverse region sono già pienamente convinte dell’IA generativa e stanno iniziando ad adottarla in modo significativo, ma a ritmi diversi. “Con qualsiasi nuova tecnologia, le organizzazioni devono attraversare una fase di scoperta, tenendo separata la concitazione del momento dalla realtà, per comprendere la complessità delle implementazioni in azienda. Con l’IA generativa abbiamo raggiunto questa seconda fase”, ha dichiarato Bryan Harris, Executive Vice President e CTO di SAS. “Dopo l’hype della scoperta, ora le organizzazioni devono saper implementare la GenAI in modo mirato per poi fornire risultati di business ripetibili e affidabili grazie a questa tecnologia.”

Le region che utilizzano e implementano pienamente l’IA generativa nei processi della loro organizzazione a che punto sono? (Percentuale relativa all’implementazione GenAI nei processi aziendali)
Nord America: 20%
APAC: 10%
LATAM: 8%
Europa: 7%

Quali region hanno implementato policy in ambito GenAI? (Percentuale in riferimento alle aziende con policy)
APAC: 71%
Nord America: 63%
Europa: 59%
LATAM: 52%

In che misura le aziende che hanno previsto un investimento nella GenAI nel prossimo esercizio finanziario dispongono di un budget dedicato?
APAC: 94%
Europa: 91%
Nord America: 89%
LATAM: 84%

Come si posizionano i settori specifici in termini di piena implementazione della GenAI e nei processi aziendali?
Settore bancario: 17%
Telco: 15%
Assicurazioni: 11%
Life science: 11%
Servizi professionali: 11%
Retail: 10%
Settore pubblico: 9%
Healthcare: 9%
Manufacturing: 7%
Energia e utility: 6%

Quali settori hanno indicato di utilizzare già l’IA generativa quotidianamente?
Telco: 29%
Retail: 27%
Banche: 23%
Servizi professionali: 23%
Assicurazioni: 22%
Life science: 19%
Assistenza sanitaria: 17%
Energia e utility: 17%
Manufacturing: 16%
Settore pubblico: 13%

Quali dipartimenti all’interno delle organizzazioni stanno utilizzando o pianificando di utilizzare la GenAI?
Sales: 86%
Marketing: 85%
IT: 81%
Finanza: 75%
Produzione: 75%

Solo il 9% dei partecipanti al sondaggio indica di essere estremamente familiare con l’adozione di GenAI da parte della propria organizzazione. Tra gli intervistati le cui organizzazioni hanno implementato pienamente l’IA generativa, solo il 25% dichiara di essere estremamente familiare con la strategia di adozione della GenAI della propria organizzazione. Anche i decision maker responsabili dell’investimento tecnologico non hanno familiarità con l’IA, compresi quelli delle organizzazioni che sono più avanti nella curva di adozione. Nove senior decision maker su 10 del mondo tecnologico ammettono di non comprendere appieno la GenAI e il suo potenziale impatto sui processi aziendali. I CIO, con il 45%, sono in testa alla classifica dei dirigenti che comprendono la strategia di adozione dell’IA della loro organizzazione. Tuttavia, solo il 36% dei Chief Technology Officer (CTO) afferma di essere pienamente aggiornato. Tuttavia, nonostante questo gap di comprensione, la maggior parte delle organizzazioni (75%) dichiara di aver stanziato dei budget da investire nella GenAI per il prossimo anno finanziario.

Le difficoltà non piegano Apofruit, bilancio 2023 a 274 milioni di euro

Per Apofruit il 2023 si chiude positivamente, sia per i soci produttori sia per la cooperativa. A fronte di un’annata contraddistinta da imprevisti e grandi difficoltà – in primis l’alluvione in Romagna, ma non solo -, i numeri a consuntivo risultano soddisfacenti e premianti: il valore della produzione è pari a 274 milioni di euro, rispetto ai 268 milioni del 2022. A livello di Gruppo, quindi comprendendo anche Canova, Canova France, Canova Spagna, Piraccini, Mediterraneo Group e Vivitoscano, sono stati raggiunti i 351 milioni di euro rispetto ai 340 milioni dello scorso anno. In ragione di questi risultati, dove tutte le società del gruppo hanno ottimamente performato, l’utile netto del Gruppo, post-imposte, si attesta a 884.000 euro, rispetto ai 331.000 euro del 2022. Il patrimonio netto di Gruppo infine è di € 108.536.000.

“Il 2023 è stato un anno profondamente controverso, che in campagna ha visto tantissimi problemi. A tutta la drammaticità dell’alluvione in Romagna, si sono infatti aggiunte le conseguenze di gelate, grandinate e siccità. Insomma, una vera e propria tempesta perfetta, che ha fatto crollare i quantitativi conferiti. Abbiamo infatti toccato il minimo storico di 1.356.000 quintali di ortofrutta conferiti, con una riduzione del 19,5% rispetto al 2022” spiega Mirco Zanotti, Presidente di Apofruit.

I risultati positivi, però, sono stati determinati dal mercato. “A fronte di una situazione così complessa a livello produttivo, la campagna commerciale si è rivelata molto soddisfacente durante tutto l’anno, per cui abbiamo chiuso il bilancio 2023 con un totale di liquidato di 127.148.000 euro, ovvero un +8,6% rispetto al 2022. Un dato niente affatto scontato, visto appunto che è venuto a mancare praticamente quasi il 20% dei quantitativi di ortofrutta. Le ragioni di questa performance sono da ricercare, in gran parte, nei prezzi mediamente sostenuti che hanno avuto costantemente le diverse referenze ortofrutticole, dai kiwi verdi ai kiwi gialli, dalle patate alle cipolle, solo per fare alcuni esempi dei prodotti che hanno registrato alcune tra le migliori performance. Del resto, nel caso di kiwi, cipolle e patate, ci siamo trovati di fronte a una carenza a livello globale, il che ha contribuito a mantenere elevate le quotazioni” aggiunge Ernesto Fornari, Direttore Generale di Apofruit.

ESW: cresce l’attenzione degli italiani per la sostenibilità

Secondo un recente report di ESW, azienda che si occupa di e-commerce direct to consumer (DTC), i consumatori italiani dimostrano un’attenzione alla sostenibilità paragonabile alla media globale. Con un punteggio di 58 quest’anno rispetto al 57 del 2023, l’Italia si colloca nella media globale di 55 sull’indice della sostenibilità. Lo studio mette in luce anche che alcuni mercati emergenti sono più attenti alla sostenibilità rispetto a quelli economicamente più sviluppati. Paesi come India (75), Emirati Arabi Uniti (74), Cina (70) e Messico (67) si distinguono per la loro forte attenzione alla sostenibilità, mentre Giappone (32), Germania (46), Svizzera (48) e Canada (48) registrano i punteggi più bassi.

Lo studio ha coinvolto più di 18.000 consumatori in 18 mercati e i punteggi sono stati attribuiti in base alle loro risposte a 14 affermazioni riguardanti la sostenibilità, come: “Cerco di essere più sostenibile nella mia vita quotidiana” e “Cerco di fare acquisti più sostenibili”. I partecipanti che hanno risposto “d’accordo” o “fortemente d’accordo” hanno ottenuto punteggi più alti.

“I dati mostrano che l’attenzione dei consumatori alla sostenibilità e la preferenza per determinati brand variano notevolmente in base alla loro posizione geografica. Di fronte a queste differenze, i retailer e i brand devono impegnarsi a soddisfare il desiderio di maggiore sostenibilità dei consumatori, mantenendo al contempo competitivi i costi. È essenziale per le aziende trovare un equilibrio tra questi due aspetti per rispondere alle aspettative dei consumatori e garantire il successo a lungo termine” afferma Martim Avillez Oliveira, Chief Revenue Officer di ESW.

Dal report emergono altri risultati significativi come la maggior attenzione mostrata dai giovani per la sostenibilità rispetto alle generazioni precedenti, la consapevolezza del greenwashing e la propensione alla sostenibilità degli acquirenti del lusso. Il report evidenzia infine che, nonostante l’incertezza sulla definizione di “sostenibilità” tra i consumatori, ci sono azioni concrete che i brand possono adottare per attrarre e mantenere i clienti sensibili alle tematiche ambientali. Tra queste, la scelta di soluzioni di imballaggio e spedizione ecosostenibili per gli acquisti online.

Bennet, completato il restyling di 5 supermercati tra Lombardia e Piemonte

Bennet ha completato i lavori di rinnovamento dei supermercati di Brugherio (Monza), Casatenovo (Lecco), Parona (Pavia), Pieve Fassiraga (Lodi) e Castellamonte (Torino), con l’intento di soddisfare una clientela sempre più esigente e attenta non solo alla qualità e alla convenienza dei prodotti che acquista, ma anche a vivere un’esperienza di spesa completa in ogni aspetto, in modo pratico, facile e veloce.

Al centro del concept i prodotti freschi e freschissimi, banchi di frutta e verdura, con tanti prodotti di qualità. In questa area si possono poi trovare la panetteria dove vengono sfornati giornalmente pane e prodotti da forno, la pasticceria con un’ampia offerta di prodotti dolciari come torte artigianali e pasticceria assortita, la cucina con una scelta di piatti caldi e freddi, la pescheria che offre anche la possibilità di prenotare specialità per cene o eventi, la macelleria e la gastronomia. Vasta scelta di prodotti anche nei reparti dei freschi confezionati e dei surgelati, della dispensa e della cantina, della profumeria e della parafarmacia.

All’interno degli ipermercati sono disponibili anche le numerose linee di prodotto a marchio Bennet che rispondono a molteplici esigenze. Dedicati alla parte alimentare si possono trovare il marchio Filiera Valore Bennet, che garantisce al consumatore finale il controllo puntuale e rigoroso di filiera dall’origine sino al cliente finale, la linea ViviSì, dedicata ad una dieta equilibrata e di gusto, Selezione Gourmet con le eccellenze regionali, Bennet Bio per i prodotti ottenuti con tecniche agronomiche naturali. Il non alimentare è presente con i marchi Bennet Cosmesi Naturale Bio per i prodotti di igiene e cura della persona ottenuti con ingredienti di origine naturale e Bennet Eco per i prodotti che rispettano la natura e l’ambiente.

Affiancate alle casse tradizionali, nei punti vendita sono disponibili le Casse Self, ossia casse Fai-da-Te automatiche che consentono di fare in autonomia il conto della spesa per poi pagare in contanti o con carte di credito. Sempre attivo il programma fedeltà Bennet Club, il quale dà accesso a una Raccolta Punti ricca di premi. È sufficiente registrarsi per ricevere subito la carta Bennet Club e godere di tanti vantaggi come buoni sconto personalizzati, convenzioni speciali e iniziative. Un ulteriore servizio sempre operativo è bennetdrive attraverso la formula click&collect – drive, il sistema di spesa veloce che permette ai clienti di ordinare i prodotti online usando qualunque dispositivo 24 ore su 24, per poi passare a ritirarli dopo poche ore dall’invio dell’ordine. E con l’App Bennet spesa online, scaricabile da App Store e Google Play, è possibile fare la spesa anche dal proprio smartphone.

Tutti gli interventi svolti per il restyling dei punti vendita e delle gallerie hanno visto l’impiego di soluzioni tecniche all’avanguardia che dimostrano l’attenzione di Bennet verso il tema della sostenibilità. Ormai da vent’anni l’integrazione verticale, tra scelte progettuali, gestionali e manutentive, permette all’Azienda di ridurre i consumi di energia e le emissioni di Co2, contribuendo alla diminuzione dell’inquinamento e al miglior utilizzo delle energie rinnovabili. Bennet aiuta anche l’ambiente: grazie alla nuova installazione dell’ecocompattatore Coripet, è possibile conferire e riciclare le bottiglie in PET vuote. Inoltre, presentando la carta fedeltà Bennet Club, verrà emesso un buono sconto sulla spesa da utilizzare all’interno dell’ipermercato.

Amadori chiude il 2023 a 1.780 milioni di euro (+2,5%). Tiene la Gdo

Amadori ha chiuso il 2023 con buone performance e risultati economico-finanziari che confermano la solidità del gruppo: ricavi per 1.780 milioni di euro, Ebitda a 126 milioni di euro, risultato netto di 28,5 milioni di euro e patrimonio netto pari a 377 milioni di euro. Complessivamente la crescita del fatturato aziendale si è attestata al +2,5%, grazie all’aumento dei volumi e dei prezzi di vendita dei prodotti a valore, oltre agli importanti investimenti sulla filiera integrata italiana, che si conferma la principale risposta strategica per garantire competitività. Tra le azioni volte allo sviluppo e alla valorizzazione delle filiere si colloca la partnership strategica, a ottobre 2023, con Forno d’Oro – azienda specializzata nella produzione di affettati avicoli ad alto contenuto di servizio – che ha portato il gruppo ad aumentare la flessibilità operativa e a rafforzare ulteriormente la propria supply chain.

Con riferimento alle performance di vendita, il canale Gdo ha fatto registrare una sostanziale tenuta (+0,7% a valore), il canale normal trade è cresciuto del +2,3% a valore e il canale del fuori casa ha continuato la sua crescita, con il consumo italiano OOH che nel 2023 ha superato i livelli pre-Covid in valore assoluto, rappresentando così uno dei principali canali di sviluppo per Amadori. Nel corso dell’anno sono stati confermati e incrementati gli investimenti, portando a circa 70 milioni di euro l’impegno per potenziare il presidio lungo tutta la filiera integrata, che a fine 2023 occupa complessivamente oltre 9.300 addetti ed è formata da 19 siti produttivi (tra stabilimenti di trasformazione alimentari, piattaforme logistiche primarie, mangimifici e incubatoi), a cui aggiungono 16 centri di distribuzione tra filiali e agenzie e circa 800 allevamenti, sia a gestione diretta che in convenzione.

Grazie alle proprie filiere italiane, integrate e attente alla sostenibilità, Amadori punta a proporre un’alimentazione proteica variegata, di qualità e caratterizzata da diversi “colori”: dalle carni avicole (proteine “bianche”), alle uova e ovoprodotti (“gialle”), dalle carni di suino (proteine “rosa”, commercializzate attraverso il brand Lenti, acquisito nel 2022) alla linea “Veggy” Amadori (proteine “verdi”, a base di legumi). Un’ampia gamma di prodotti che testimonia il percorso intrapreso dal gruppo, per evolvere la sua offerta di proteine “naturali” e diventare la Protein Company italiana più sostenibile e innovativa, come sintetizzato dal nuovo corporate brand “Amadori – The Italian Protein Company”, attraverso un’offerta adatta a tutti i consumatori. In linea con questa visione, è stato varato il nuovo Piano Strategico 2024-2028, che prefissa gli obiettivi di medio-lungo termine e delinea il percorso che guiderà l’azienda nell’evoluzione a leader culturale e di mercato. Tra i diversi ambiti di crescita è incluso, fra l’altro, lo sviluppo della presenza nell’“Out of Home”: nel 2023 le catene di ristorazione in Italia hanno registrato una crescita annua a doppia cifra (circa l’11%) e rappresentano un’importante opportunità per sostenere la crescita aziendale.

“Il Piano Strategico 2024-2028 sarà un percorso in cui i nostri sforzi si concentreranno verso le direttrici principali di rafforzamento della brand reputation, la ricerca delle efficienze operative e la valorizzazione delle risorse interne, oltre alla riduzione della dipendenza da fattori esogeni, attraverso significativi investimenti. Questi obiettivi convergono verso un unico paradigma: concentrare le risorse nella creazione di valore” dichiara Denis Amadori, Amministratore Delegato del gruppo.

Cresce il commercio globale ma serve colmare il divario nei Paesi in via di sviluppo

Nel quarto trimestre del 2023 il volume del commercio internazionale a livello globale è aumentato del 6,3% rispetto al picco pre-pandemico del terzo trimestre del 2019 e del 19,1% rispetto al livello medio del 2015. Si prevede che il volume cresca del 2,6% nel 2024 e del 3,3% nel 2025, dopo un calo maggiore del previsto del -1,2% nel 2023. In vista dei prossimi anni la sfida chiave è quella di trovare un equilibrio sostenibile tra il rafforzamento della resilienza e della sicurezza economica e la preservazione dei principi liberali e dei mercati aperti. Sono solo alcune delle evidenze principali contenute nel B7 Flash, l’approfondimento di Confindustria e Deloitte elaborata in occasione della “G7 – Industry Stakeholders Conference: Reversing the Global Protectionist Drift”, organizzata a margine della riunione dei Ministri del Commercio del G7 in calendario a Villa San Giovanni e Reggio Calabria il 16 e 17 luglio.

“Rilanciare un sistema commerciale multilaterale efficiente e basato su regole con l’Organizzazione Mondiale del Commercio garante di esse, sostenere gli investimenti esteri internazionali e rafforzare la resilienza delle Catene Globali del Valore sono le principali priorità delle raccomandazioni politiche del B7 a beneficio di tutte le economie avanzate e in via di sviluppo. Per raggiungere questi obiettivi è fondamentale creare condizioni di parità migliorando al contempo la sicurezza economica all’interno di un solido quadro multilaterale” dichiara Barbara Cimmino, Vice Presidente per Export e l’Attrazione degli investimenti Confindustria.

“Profondi cambiamenti stanno influenzando significativamente le catene del valore globali, sottolineandone la vulnerabilità con importanti ripercussioni sulle economie dei paesi del G7. Tuttavia, il commercio internazionale ha dimostrato notevole resilienza, crescendo nel 2023 di oltre il 6% rispetto al 2019 e con un’ulteriore crescita annua attesa di circa il 3% per il 2024 e il 2025. Al fine di dare nuovo impulso alla competitività delle loro imprese, i G7 sono chiamati a ricoprire una posizione di leadership nel garantire un commercio globale, libero e sicuro, che includa attivamente i Paesi in via di sviluppo. In questo contesto, è di notevole importanza il rinnovato impegno del G7 nella Partnership for Global Infrastructure and Investment (PGII), che prevede un investimento di 600 miliardi di dollari entro il 2027, con l’obiettivo di colmare il divario infrastrutturale nei Paesi in via di sviluppo e sostenere la loro integrazione nell’economia globale. Solo attraverso una forte collaborazione internazionale sarà possibile realizzare un commercio libero capace di catalizzare le molteplici transizioni in corso, amplificandone i benefici e promuovendo un futuro di prosperità condivisa e crescita inclusiva”, aggiunge Andrea Poggi, Innovation Leader per Deloitte Italia e capo delegazione B7 per Deloitte.

Nel 2023 gli investimenti diretti esteri globali sono diminuiti del 2%, raggiungendo quota 1,3 trilioni di dollari, ma escludendo l’effetto di forti oscillazioni di flussi transitori in piccole economie europee gli investimenti diretti esteri globali sono diminuiti di oltre il 10%. Gli afflussi di investimenti diretti esteri verso le economie in via di sviluppo sono diminuiti del 7% nel 2023 mentre quelli verso le economie sviluppate, esclusi i Paesi di transito, sono calati del 15%, influenzati principalmente da riconfigurazioni finanziarie aziendali e da un forte calo del valore delle fusioni e acquisizioni transfrontaliere. Nonostante si stimi che siano necessari circa 40 trilioni di dollari in investimenti infrastrutturali per i Paesi in via di sviluppo entro il 2035, per sostenere le transizioni verdi e digitali, la situazione globale per gli investimenti diretti esteri rimane complessa a causa di minori prospettive di crescita, tensioni commerciali e geopolitiche e per via della diversificazione delle catene di approvvigionamento. Nel B7 Flash si evidenzia, inoltre, quanto sia fondamentale il ruolo degli investimenti diretti esteri in quanto non solo forniscono capitale, ma anche tecnologia e know-how. Nonostante un trend decennale crescente di flussi di investimenti dai Paesi in via di sviluppo verso i Paesi meno sviluppati e l’intervento pubblico negli investimenti diretti esteri come la Partnership for Global Infrastructure and Investment (PGII), tali investimenti nei Paesi in via di sviluppo non stanno raggiungendo la crescita sperata, confermando un trend globale di rallentamento rispetto al commercio globale e al PIL.

Nel 2023 inoltre la domanda di importazioni è stata debole in quasi tutte le aree geografiche, specialmente in Europa, ma anche in Nord America e Asia. A livello globale, la crescita del PIL reale, a tassi di cambio di mercato, è rallentata dal 3,1% nel 2022 al 2,7% nel 2023, e si prevede che rimanga sostanzialmente stabile nei prossimi due anni, al 2,6% nel 2024 e al 2,7% nel 2025. Il contrasto tra la crescita costante del PIL e il rallentamento del volume dell’interscambio di merci è anche legato a diverse dinamiche settoriali e pressioni inflazionistiche, che hanno avuto un effetto negativo sul consumo di beni ad alto scambio commerciale. Nel complesso la pandemia e gli altri shock sopra richiamati hanno evidenziato le vulnerabilità nelle catene globali del valore, l’importanza della resilienza economica e la persistente concentrazione del mercato in alcune industrie strategiche. In particolare, nell’estrazione di elementi delle terre rare, semiconduttori, ingredienti farmaceutici attivi e batterie, con la produzione concentrata in uno o pochissimi Paesi. Di conseguenza i collegamenti nelle catene di approvvigionamento globali hanno aggravato l’impatto di shock localizzati nei Paesi produttori, influenzando la disponibilità di materie prime, beni e tecnologie a livello mondiale.

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