Più sportiva, multietnica e un po’ meno in crisi: l’Italia che cambia nel Rapporto Coop

La ripresa c’è, il Pil è il più alto dal 2010, le famiglie stanno investendo, ma il Paese emerge dalla crisi con tante cicatrici sul corpo sociale, con i nuovi gap (ad esempio quelli generazionali) che si aggiungono a quelli “storici”, come il divario tra Nord e Sud. Questo (e molto altro) emerge dal mastodontico Rapporto Coop 2017, redatto dall’Ufficio Studi di Ancc-Coop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori) con la collaborazione scientifica di REF Ricerche, il supporto d’analisi di Nielsen, e i contributi originali di Iri Information Resources, GFK, Demos, Nomisma e Pwc, Ufficio Studi Mediobanca, Crif e BeMyEye. 

Una vera e propria fotografia degli italiani, dei loro consumi ma anche delle loro attività quotidiane, aspettative, desideri e paure. In chiaroscuro, spesso in contraddizione, tra miseria e nobiltà,  curiosità vero il nuovo (siamo il Paese che più interessato in Europa all’innovazione, con una vera fascinazione per robotica, intelligenza artificiale e automazione) e paure (verso l’immigrazione,  siamo i fan numero 1 in Europa di Donald Trump, il terrorismo, ma anche l’inquinamento). Siamo i più sani al mondo ma restiamo ossessionati dalla salute e dalla rincorsa al benessere.

 

Consumi avanti piano, meno edonismo più sostanza

Se i consumi continuano il loro trend positivo (l’anno in corso si chiuderà con un + 1,2%) lo fanno a patto di una diminuzione del tasso di risparmio e del nuovo incremento dei prestiti. E poi i consumi sono cambiati, certamente. Ad esempio, solo per la cura del corpo spendiamo circa 10 miliardi di euro all’anno (e quando la cosmesi non basta si ricorre alla chirurgia estetica tanto da figurare nella top 10 mondiale), abbandoniamo la religione tradizionale per una spiritualità più soft (buddismo, yoga, vegan). Soprattutto, siamo meno interessati al consumo ostentato e ipertrofico e utilizziamo il budget familiare in investimenti oculati e fruizione di nuove esperienze: auto e lavatrice, la casa e l’istruzione dei figli sono prioritari, ma rinunciamo a tutto per viaggiare. In questa nuova dimensione ascetica gli italiani 2017 sembrano aver perso per strada molti desideri. Fumano di meno, bevono di meno e amano di meno (-10% il calo del desiderio sessuale negli ultimi 15 anni e conseguentemente -6% la diminuzione registrata nell’ultimo anno nella spesa per profilattici). Resta la passione per il gioco d’azzardo (a tentare la sorte in vario modo sono quasi in 30 milioni).

Oramai padroni di internet e consapevoli del lato oscuro del web e soprattutto dei social, i nuovi italiani attendono impazienti l’arrivo delle tecnologie di prossima generazione. Primi in Europa per la voglia di provare l’auto a guida autonoma (il 49% non avrebbe problemi a viaggiarci), il 68% sarebbe disposto a farsi curare da un robot piuttosto che da un medico. I rischi per l’occupazione che sorgono dall’industria 4.0 e l’on demand economy, preoccupano, ultimi in Europa, solo il 70% a fronte di un ben più consapevole 90% di spagnoli, di un 74% di tedeschi e di un 73% di francesi. Ciò a cui aspirano è un lavoro più smart, con maggiore flessibilità oraria, che consenta di lavorare da casa e lasci spazio alla partecipazione e a nuove forme di welfare aziendale. La “gig economy” se opportunamente regolamentata può diventare un’utile integrazione al reddito per le famiglie. E se si teme la disoccupazione, le paure degli italiani sono sempre più legate all’ambiente, alla minaccia terroristica e all’immigrazione. Da qui il massiccio ricorso agli antidepressivi (+ 18% negli ultimi dieci anni) e persino alle armi (12 italiani su 100 ne possiedono una).

Eppure gli italiani mantengono anche primati assolutamente positivi: sono filantropi e generosi (ammonta a 4,5 miliardi di euro il monte delle donazioni) e continuano ad essere il popolo più sano al mondo (dopo di noi sull’ambito podio gli islandesi e gli svizzeri), anche se scende la percentuale di coloro che si sentono in buona salute (dal 66,7% del 2010 all’attuale 65,8%). A aiutarci è la ripresa della pratica sportiva arrivata al suo massimo storico: complessivamente oltre il 25% pratica sport con continuità, e sono stati oltre 39.000 coloro che hanno partecipato nell’ultimo anno a almeno una maratona.

 

Cibo nuovo piacere, e la Gdo vince con l’assortimento

La salute prima di tutto e il cibo come elisir e terapia oltre che come piacere: il nuovo mantra degli italiani a tavola tra superfood, diete del proprio medico (o dal naturopata), “cibi terapeutici” che valgono oramai il 10% dei consumi alimentari e crescono il doppio della media (+5% l’ultimo anno, i superfood l’8%).
Cambia il borsino dei cibi preferiti: salgono la polvere di maca (il 100% ritiene che abbia proprietà salutistiche, i semi di chia (75%), le bacche di acaj (69%) e di goji (68%), scendono le vendite di aglio nero (-37%), kamut (-24%), soia (-3%) a riprova della progressiva fluidità delle scelte di consumo. Analizzando i top e i bottom delle vendite nella Gdo si nota l’effetto sostituzione a vantaggio delle varianti più salutari. Anche quando si ha a che fare con i prodotti della tradizione: così cede terreno il latte uht (-4,6%) in favore di quello ad alta digeribilità (+174,4%) o le uova di galline allevate in batteria (-8,2%) a favore di quelle allevate a terra (+15%). Crescono gli integrali, i senza glutine, i senza lattosio. Se consideriamo solo il “senza olio di palma”, diventato anche un caso mediatico, il giro d’affari registra un più che promettente +13,5%, mentre siamo arrivati a mangiare la stessa quantità di carni rosse e bianche chiudendo un divario fino ad oggi storico: 19 chilogrammi procapite annui.

Anche grazie a queste nuove tendenze che torna maggior valore nel carrello della spesa degli italiani. Il 2017 è l’anno della fine del downgrading della spesa e la maggioranza degli italiani si è lasciata alle spalle il tempo delle rinunce alimentari e della caccia alle promozioni; torna la voglia di qualità e la sperimentazione. Il 70% degli italiani, primi in Europa, dichiara di essere disposto a pagare di più per avere più qualità e il carrello del lusso, forte dei suoi filetti di pesce, funghi, caffè in capsule e vini doc, supera l’8% di crescita nel primo semestre dell’anno. Nelle fasi più recenti qualità è poi diventata sinonimo di sicurezza, oltre che di proprietà organolettiche e di gusto. Si spiega così quel 56,4% di consumatori che legge in modo quasi maniacale le etichette dei cibi.

Ma se il cibo torna di moda mutua proprio dal fashion altre caratteristiche. Diventa così esperienza da vivere, estetica da condividere (130 milioni i risultati indicizzati su Instagram alla parola #foodporn), rappresentazione della propria identità individuale (vegan e non solo….) e sperimentazione. Le scelte alimentari sono sempre più fluide e stagionali: il positivo andamento delle vendite food della grande distribuzione (sfiora il 3% nel primo semestre) è concentrato proprio nei settori che hanno subito le temperature estreme sia della stagione calda che di quella fredda e potrebbero ridurre la loro esuberanza con un (auspicabile) ritorno alla normalità “metereologica” .

«Gli elementi di ripresa dei consumi sono evidenti anche nella nostra rete di vendita; nei primi sei mesi dell’anno miglioriamo le vendite (nel Grocery +1,2% a valore e +2,1% a volume). Inoltre, di fronte a qualche risveglio dell’inflazione alimentare, continuiamo a frenare i prezzi di vendita e a difendere il potere di acquisto dei nostri soci e consumatori; il delta inflattivo tra Coop e la media del mercato sfiora il -2% – spiega Marco Pedroni, Presidente Coop Italia -. In linea con i cambiamenti importanti nella composizione del carrello degli acquisti degli italiani descritti nel Rapporto abbiamo assortimenti più ampi della media del mercato nei segmenti free from, rich-in, vegan, etico-sostenibile e non a caso le vendite di queste categorie di prodotti in Coop sono in crescita significativa. Il nostro impegno si è focalizzato sullo sviluppo della MDD, il Prodotto a Marchio Coop. Oltre a 200 nuovi prodotti nel 2017 e ad altri 200 nel 2018, stiamo lanciando nuove linee e continuando ad ampliare i contenuti di distintività valoriale. Nel 2017 proseguiamo il lavoro di rafforzamento della rete di vendita con 10 nuove aperture e 90 ristrutturazioni importanti (oltre 300 milioni di investimenti), con lo sviluppo dei distributori Coop (31 stazioni con oltre 400 milioni di litri erogati) e con nuove iniziative imprenditoriali tra cui i negozi specializzati per animali (Amici di Casa), l’online Food (EasyCoop) e l’esperienza virtuale-fisico dei CoopDrive».

 

Il discount resta il modello più produttivo, crescita spinta dai freschi

Il Rapporto presenta anche il quadro di una Gdo in affanno, che ha sofferto più che nel resto d’Europa, avendo aumentato meno i prezzi. Schiacciata al momento tra l’aumento anche rilevante dei prezzi di alcune materie prime (caffè, grano, olio EVO in primis) e le richieste di convenienza del cliente finale,  che però è sempre più volubile nella scelta del punto vendita e richiede assortimenti centrati sui suoi cangevoli desiderata.

E tra in formati vince il più snello e produttivo, e che evidentemente ha saputo cavalcare lo spirit dei tempi e capitalizzare dalla crisi, il discount.

Anche se poi la ripresa ha premiato, soprattutto grazie ai freschi.

Guarda anche il video con l’intervista a Marco Pedroni: Rapporto Coop 2017: gli italiani, il cibo, il web e il punto vendita.