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Convegno GS1 Italy: soluzioni Ecr e approcci di filiera contro lo spreco alimentare

Ogni anno 1/3 della produzione mondiale (1,3 mld di tonnellate) di cibo finisce nella spazzatura. In Italia lo spreco almentare è quantificato in 4 milioni di tonnellate, vale a dire 8,1 miliardi di euro, pari allo 0,5% del Pil.

Le cause che determinano eccedenze, rimanenze o sprechi sono molteplici e variano a seconda delle fasi della filiera agro-alimentare. Nei Paesi industrializzati la quota maggiore degli sprechi avviene nelle fasi finali (consumo domestico e ristorazione); tuttavia l’entità del fenomeno non è trascurabile anche a monte.

Nella fase di trasformazione e distribuzione, le eccedenze nascono principalmente da difficoltà di previsione della domanda, danneggiamenti riportati sul prodotto e sul packaging degli alimenti in fase di trasporto e stoccaggio, errori nelle procedure di stock rotation, …

Ottimizzare la gestione dell’eccedenza alimentare significa lavorare in un’ottica collaborativa in azienda e su tutta la filiera.

A partire dal 2013, le aziende industriali e distributive hanno costituito un tavolo di lavoro in ECR Italia per affrontare il tema, focalizzandosi sugli aspetti che toccano i processi di interfaccia e ricercando soluzioni e percorsi attivabili per ridurre l’incidenza degli sprechi.

Quali sono le strategie per la prevenzione delle eccedenze e i modelli per una gestione strutturata delle eccedenze?

Quali sono le implicazioni concrete per le aziende?

Quali le principali barriere alla riduzione dello spreco alimentare?

Esistono aree di collaborazione e soluzioni di filiera che permettono di incidere positivamente nella gestione dell’eccedenza?

Questi i temi al centro dei lavori e che saranno discussi al convegno: La lotta allo spreco alimentare: soluzioni e approcci di filiera che GS1 Italy | Indicod-Ecr organizza a Milano Fondazione Stelline – Sala Volta il 17 novembre prossimo

ISCRIVITI QUI

L’incontro consentirà di comprendere quali sono le modalità più efficaci per la gestione delle eccedenze, le best practice di filiera e le soluzioni abilitate dagli standard GS1 e di approfondire il tema attraverso le testimonianze dirette delle imprese impegnate su questo fronte.

La spinta gentile di #ogilvychange aiuta le persone a prendere decisioni (e le imprese a comunicare)

Come può una campagna di comunicazione stimolare e favorire cambiamenti positivi nelle abitudini delle persone? È per rispondere a questa domanda che nasce #ogilvychange, la unit italiana di Ogilvy & Mather presentata ieri, che si propone di integrare i più recenti studi di psicologia cognitiva e sociale e di economia comportamentale con le competenze in comunicazione del Gruppo.

Nata nel 2012 nel Regno Unito per iniziativa di Rory Sutherland, Vice Chairman di Ogilvy & Mather UK, #ogilvychange opera anche in Italia per realizzare progetti di comunicazione con forte impatto culturale e sociale partendo dalle conoscenze sui principi teorici che condizionano il comportamento individuale all’atto di qualsiasi scelta e che in genere non sono considerati dalle comuni analisi di mercato.

«Nei momenti decisivi, le persone compiono scelte economiche che riguardano cibo, salute, investimenti o viaggi sull’onda di percezioni, sentimenti e condizionamenti sociali che spesso scavalcano la logica e che, perciò, tendono a sfuggire agli studiosi di economia», dichiara Guerino Delfino, CEO & Chairman di Ogilvy & Mather Italia. «Per questo, ancora una volta, abbiamo voluto rompere gli schemi e inaugurare un innovativo approccio di comunicazione in Italia, integrando nei nostri progetti competenze provenienti dall’ambito delle Behavioural Sciences, per metterle al servizio di quanti vogliono promuovere cambiamenti positivi nei comportamenti sociali».

Le conoscenze messe in luce dalla Behavioural Economics vengono oggi applicate efficacemente anche in ambiti non strettamente economici, ma legati alla vita di tutti i giorni. Questo ambito di applicazione è stato definito Architettura delle scelte (Thaler & Sunstein, 2008) e spazia dalle politiche sociali alla comunicazione pubblicitaria.

Particolare rilievo ha assunto, negli ultimi anni, la pratica del Nudging, intesa come un’applicazione dell’Architettura delle scelte a temi di forte rilievo sociale e con un approccio etico, rispettoso delle libertà di scelta e dei valori dell’individuo (Thaler & Sunstein, 2008).

L’attività è finalizzata allo sviluppo e all’applicazione di strumenti utili a indirizzare le persone verso comportamenti orientati al benessere individuale e sociale. Il nostro lavoro si ispira ai principi del Nudging, in italiano “spinta gentile”.

Il Nudging nasce da un assunto di base: molti comportamenti dannosi sono messi in atto e/o mantenuti da scelte irrazionali. Spesso infatti siamo influenzati da elementi contestuali di cui non siamo consapevoli e che tuttavia ci conducono a commettere errori di valutazione (es. mangiare cibo spazzatura, guidare sotto l’effetto d’alcool, fare poca attività fisica, ecc…). Per questo motivo, l’utilizzo di una “buona” architettura delle scelte, ovvero un’impalcatura contestuale che faciliti comportamenti virtuosi, è spesso sufficiente per permettere alle persone di comportarsi in maniera più funzionale, in linea con i valori in cui credono.

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Le aree in cui #ogilvychange opera

Coordinata da Filippo Ferraro, Head of Planning, la nuova unit #ogilvychange si avvale della collaborazione e contributo scientifico di IESCUM – Istituto Europeo per lo Studio del Comportamento Umano. Grazie a questa partnership, il team italiano di #ogilvychange lavora già da tempo al fianco di esperti italiani e internazionali con una vera e propria unit deputata a sviluppare idee e progettualità che stimolino e favoriscano cambiamenti positivi nelle attitudini dei consumatori. Tra gli esperti, Francesco Pozzi, Psicologo e Analista del Comportamento e docente a contratto di Behavioral Economics all’Università IULM.

«Negli ultimi anni, gli studi scientifici sui fattori psicologici, cognitivi ed emozionali che impattano sulle scelte economiche dei singoli ci hanno lasciato in eredità conoscenze e tecniche che hanno amplificato in modo incredibile le capacità predittive e di comprensione del marketing», sottolinea Rory Sutherland, Vice Chairman Ogilvy & Mather Group UK. «La conoscenza delle piccole sfumature che modificano il modo in cui la gente reagisce in ambito locale, regionale o nazionale fa realmente la differenza nel portare il cambiamento desiderato nella società, vincendo inerzie che altrimenti richiederebbero un lentissimo lavoro di sensibilizzazione e persuasione».

Previsioni Iri: il largo consumo torna a sorridere. E nel 2016 si recupera il calo 2013-14

Iri ha diffuso le nuove previsioni sui consumi, che confermano un andamento positivo per il largo consumo confezionato.

Siamo di fronte a una ripresa economica fragile e tutt’altro che consolidate – si legge nella nota – però sia i dati macroeconomici che le misurazioni censuarie di IRI documentano che stiamo assistendo ad una rinnovata fiducia sui mercati che stanno reagendo positivamente. IRI osserva anche con una crescente predisposizione agli acquisti dei prodotti di primaria necessità, fra cui il Largo Consumo Confezionato.

Se come auspichiamo, l’inversione del ciclo negativo si confermerà i consumi di prodotti di base (di cui il Largo Consumo è icona) continueranno a crescere.

2015 a +1,7% in volume. Le previsioni di IRI indicano una chiusura del 2015 con un andamento dei volumi pari al +1,7% (Vendite a valore a prezzi costanti) per il 2015 ed un ulteriore +1,1% per il 2016. Per quanto concerne l’andamento della spesa monetaria IRI prevede una chiusura d’anno con un andamento delle vendite a valore pari al +2,5%. Nel 2016 resterà un andamento positivo ma leggermente più ridotto: +1,9% (non dimentichiamo che il 2015 ha beneficiato di una stagione estiva eccezionalmente favorevole per i prodotti stagionali, ad esempio gelati, bevande, ecc.).

I freni alla crescita. La crescita non sarà tumultuosa a causa di tre fattori principali.

  • Il primo è che la rinnovata fiducia sul potere di acquisto di medio periodo delle famiglie italiane si riverserà (e si sta già verificando) soprattutto verso l’acquisto di beni durevoli.
  • In secondo luogo la crescente multicanalità (strutture specializzate, e- commerce, ecc.) che il “nuovo consumatore” ha sperimentato durante gli anni difficoltosi della crisi si andrà ulteriormente a consolidare attraendo ancora parte degli acquist
  • Infine, i forti cambiamenti nei comportamenti di consumo sviluppati dalle famiglie italiane nel corso della crisi permangono determinando un approccio più consapevole e attento agli sprechi.

Le responsabilità delle inefficienze di filiera. La caduta del ciclo economico è stata un’importante causa del calo delle vendite del Largo Consumo durante gli scorsi anni, tuttavia sono soprattutto le concomitanti inefficienze degli operatori dell’Industria della distribuzione (produttori e distributori durante il biennio 2013-14) ad avere compresso il trend degli acquisti. È evidente che questi due fattori sono correlati fra loro: infatti, le inefficienze di filiera sono in buona parte la conseguenza dell’adozione estesa di tattiche di brevissimo periodo – principalmente attività promozionali – volte a sostenere i volumi in un contesto di oggettiva difficoltà della domanda sui mercati di consumo.

Il miglioramento del clima economico sta aiutando la filiera a rivedere le proprie strategie e ciò permette un recupero della capacità delle leve di marketing di incontrare il favore del nuovo consumatore, un’inversione di approccio che pensiamo continuerà anche nel 2016.

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I prezzi. L’aumento dei prezzi nel 2012 e 2013 (aumento dei costi delle materie prime e inasprimento della fiscalità indiretta) ha contribuito a frenare gli acquisti. Questo elemento ha ridotto la sua rilevanza nel 2014 in concomitanza con la “disinflazione” del comparto. Tuttavia i prezzi hanno ripreso ad evolversi moderatamente in positivo nel 2015 (tendenza prevista continuare anche nel 2016) rallentando in parte il rilancio dei volumi. Il fatto però è racchiuso all’interno di margini fisiologici, complessivamente coerenti con l’inflazione attesa per il sistema economico generale.

Il prezzo medio del carrello della spesa crescerà in linea con l’inflazione generale del Paese (+0,8% nel 2016).

Per quanto concerne l’andamento a volume dei differenti comparti, nel 2016 si prevede il consolidamento della fase positiva con l’eccezione dei comparti stagionali (che risentiranno di un rimbalzo sull’estate molto favorevole del 2015).

L’eCommerce B2C supera i 16 miliardi di vendite grazie a servizio e convenienza

L’e-commerce continua il suo cammino e nel 2015 i 17,7 milioni di e-shopper italiani hanno fatto acquisti per 16,6 miliardi di euro (più di 2,2 miliardi sul 2014). Sebbene i servizi siano ancora maggioritari gli acquisti di servizi con 9,89 miliardi, quelli di prodotti crescono in misura maggiore: +21% contro +12% dei servizi. Le buone notizie per le vendite online arrivano dall’annuale Osservatorio eCommerce B2c del Politecnico di Milano in collaborazione con Netcomm, presentato al convegno “Social? Mobile? Multicanalità? Sì, ma sono servizio e convenienza la linfa dell’eCommercein Italia”.

la dinamica_ ecommerceLa fotografia dello stato di salute dello shopping online si completa con altri dati: il 30% degli acquisti si effettua da siti stranieri (prevalentemente nel turismo), il 10% con lo smartphone, in crescita del 64% e l’11% con il tablet (anche se quest’ultimo è più che altro un sostituto del Pc), il 95% viene pagato direttamente online tra carta di credito e PayPal (il 29%). E i web shopper abituali sono ormai il 64% dei 17,7 milioni complessivi, in crescita dell’11%.

L’Osservatorio analizza anche il versante dell’offerta, vale a dire il valore espresso dagli operatori italiani con clienti italiani e stranieri. In questo caso le vendite ammontano a 14,939 miliardi di euro, in crescita del 15%, di cui il 21% da siti italiani a clienti esteri e vi è un riaggiustamento tra prodotti e servizi, praticamente al 50%, ma i primi crescono del 24% contro l’8% dei servizi.

Alessandro Perego
Alessandro Perego

«La penetrazione dell’eCommerce –afferma Alessandro Perego Direttore Scientifico degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano – raggiunge il 4% delle vendite retail, ma siamo ancora lontani dai principali mercati occidentali (Francia, Germania, UK e USA) dove l’eCommerce ha raggiunto livelli di diffusione fino a quattro volte più elevati. La strada per trasformare il commercio elettronico in una reale consuetudine di acquisto è tracciata dai principali player :occorre migliorare le prestazioni dei cosiddetti basics, ossia gamma, prezzo e servizio».

Quanto ai settori, il Turismo, con 7.762 milioni di euro, arriva a valere il 47% del mercato eCommerce B2c italiano, le Assicurazioni, con 1.235 milioni di euro, il 7,5%, e gli altri servizi (ticketing per eventi, ricariche telefoniche, ecc.), con 893 milioni di euro, il 5,5%.

prodotti o servizi

Tra i comparti di prodotto spiccano l’Informatica ed elettronica, che, con 2.212 milioni, vale il 13% del mercato e l’Abbigliamento che, con 1.512 milioni di euro, pesa per il 9%. Troviamo poi l’Editoria (4% del mercato, pari a 593 milioni di euro), il Food&Grocery (2% del mercato, pari a 377 milioni di euro), l’Arredamento e home living (2% del mercato, pari a 370 milioni di euro) e il Beauty (1% del mercato, pari a 190 milioni di euro). Le altre categorie di prodotto e il c2c (consumer to consumer) pesano per il 9%.

La crescita dell’eCommerce è trainata, nel Turismo (+14%), dall’acquisto di biglietti per i trasporti e dalla prenotazione di camere d’albergo; nell’Informatica ed elettronica (+21%) l’apporto arriva dagli acquisti di tv, telefonia, tablet e pc, ma anche di elettrodomestici bianchi. Nell’Abbigliamento (+19%) continuano a essere determinanti gli acquisti high fashion. Nell’Editoria (+31%), il fenomeno di maggiore rilevanza sono i libri scolastici.

riccardo Mangiaracina
Riccardo Mangiaracina

«Nel 2015 è importante anche l’apporto di Food&Grocery, Arredamento e Home living e Beauty che insieme contribuiscono alla crescita complessiva per quasi 200 milioni di euro. Gli acquirenti italiani acquistano online anche quelle categorie merceologiche, come alimentari o oggetti d’arredamento, fino a qualche tempo fa quasi assenti sul web. L’acquisto di cibi e bevande (vino compreso) rappresenta oggi il 3% circa delle vendite da siti italiani ed è uno dei settori più dinamici nel panorama dell’eCommerce B2citaliano”, spiega Riccardo Mangiaracina, Direttore dell’Osservatorio eCommerce B2c.

Tradizionali o dotcom

Secondo l’Osservatorio sono sempre più numerose le imprese che attivano strategie multicanale sia in maniera diretta, sia appoggiandosi ad agregatori o a marketplace, che costituiscono, è stato detto come una nave scuola dai retailer, ma più per un gap tecnologico di questi ultimi.

Molti retailer o produttori tradizionali, infatti, vanno online attraverso i marketplace(Amazon, eBay ma anche erpice) per affiancare un ulteriore canale al sito di eCommerce.

I marketplace inoltre sono utilizzati da chi vuole approcciare il canale online senza velleità di leadership e/o dai piccoli operatori che non hanno i mezzi per investire adeguatamente nello sviluppo di un sito proprio. Un altro vantaggio degli aggregatori è che favoriscono il cross-border eCommerce. Ad esempio per una PMI italiana che vuole vendere in USA è ragionevolmente semplice utilizzare eBay o il marketplace di Amazon piuttosto che attivarsi con un’iniziativa sviluppata in casa.

tradizionali e doto com

Secondo Marino Casucci, Director Key Account/Business Development, FACT-Finder, richiamandosi al fatto che nel Regno Unito tra i primi dieci player otto sono retailer, «alla lunga i retailer faranno la parte del leone anche in Italia. Il motivo è che nell’evoluzione della multicanalità il retailer può contare su diversi touch point che fanno la differenza rispetto ai pure player». Di diverso avviso al riguardo è Michele Raballo, Accenture Interactive eCommerce Lead, Accenture Digital: «I retailer tradizionali soffriranno sempre di più la competizione delle dotcom e degli aggregatori. L’eCommerce è più una sfida che un’opportunità, al momento». Forse la gdo nazionale è proprio ferma a questa fase, visto che la penetrazione dellle vendite online nel totale delle vendite food& grocery è ancora quasi nulla, lo 0,25%.

Le barriere allo sviluppo dell’eCommerce, non solo per il Food & Grocery, sono quelle note: velocità e semplificazione dei pagamenti, sistema di consegna più flessibile, anche se oggi il modello dei lockers e dei punti di ritiro (leggi anche L’irresistibile avanzata dei Lockers) sembra quello verso il quale ci si indirizza in misura maggiore, semplificazione delle procedure di reso del prodotto. Insomma una customer experience più semplice e attrattiva per i consumatori.

Per Riccardo Mangiaracine le sfide per l’eCommerce, sono almeno due: attrarre un maggior numero di web shopper (e in questo la messa in atto di sistemi basati sullo smartphone possono costituire la svolta) e fare diventare l’eComemrce una consuetudine: one click check out, spese di spedizione gratuite (o in abbonamento), modalità di consegna innovative e gestione snella dei resi sono le direzioni seguite dai migliori sono le innovazioni nell’esperienza d’acquisto da mettere in atto, secondo Mangiaracina.

Italia Paese dei fiori: il 46% li compra. Coldiretti pensa di certificare la filiera italiana

Agli italiani piacciono i fiori, in vaso o recisi, e li acquistano più di ogni altro Paese europeo: secondo un’indagine Coldiretti/Censis sono nelle case del 46,2 per cento degli italiani. Una percentuale che aumenta nella fascia dei Millennials (Under 34), notoriamente interessati al naturale e al sostenibile, dove raggiunge il 50,8 per cento. L’identikit del flower lover è vario: trasversale tra uomini e donne, fasce di età e territori di residenza anche se dall’analisi emergono aspetti sorprendenti: dichiara di avere il pollice verde oltre il 47,5% degli uomini a fronte del 43% delle donne. Nove italiani su dieci sostengono che avere fiori in casa sia un piacere. Una funzione antistress peraltro confermata da studi scientifici, che si scontra però con un calo degli acquisti che anche a causa della crisi sono scesi sotto la soglia storica degli 8 milioni di acquirenti che si è registrata molto raramente negli ultimi dieci anni.

 

Coldiretti pensa di certificare la filiera

L’Italia è anche leader nella produzione di piante e fiori in Europa: il florovivaismo italiano vale oltre 2,4 miliardi di euro e conta oltre 30 mila aziende agricole che garantiscono occupazione ad oltre 100 mila persone. Ma sul settore pesa la piaga del commercio abusivo di fiori recisi e di piante in vaso: un’economia sommersa stimabile in alcune centinaia di milioni di euro, con ramificazioni legate alla criminalità che ne organizza la distribuzione in tutta Italia. Nonostante il primato italiano in Europa tra l’altro aumentano le importazioni di fiori e piante, del 7% nei primi sei mesi del 2015, anche per le triangolazioni di Stati dell’Unione Europea che li importano da Paesi extra Ue dove vengono prodotti senza rispettare le normative fitosanitarie comunitarie, e sfruttando le popolazioni locali. Rose, orchidee, ma anche piante in vaso sono i prodotti più frequentemente oggetto di questo fenomeno. «È anche per questo motivo che Coldiretti sta lanciando, attraverso la propria rete di vendita diretta, fattorie e mercati di Campagna Amica e attraverso Fai, il brand firmato dagli agricoltori italiani, il fiore e la pianta della filiera agricola tutta Italiana, per dare certezze al consumatore circa la provenienza dei prodotti florovivaistici, la loro qualità e l’adozione di processi produttivi eticamente corretti» ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo.

Integratori: aumenti a due cifre per un settore spinto dal nuovo salutismo

Un settore in crescita costante dal 2008, che ha superato indenne la crisi: è quello degli integratori alimentari. «Da settembre 2014 ad agosto 2015 sono state vendute 180 milioni di confezioni per un valore di 2,5 miliardi di euro, con una crescita anno su anno del 9,8% a valore del 9,2% a volume. Il mercato è triplicato negli ultimi 15 anni. E ha ormai superato le vendite dei farmaci senza obbligo di ricetta» ha spiegato Marco Fiorani, presidente di Federsalus, l’Associazione Nazionale Aziende Prodotti Salutistici (che comprendono integratori alimentari, alimenti arricchiti, prodotti dietetici, functional foods). Otto italiani su dieci dichiarano di aver usato un integratore nell’ultimo anno (+15% dal 2012), ed è sempre più diffuso il consiglio da parte dei medici, praticato dal 55% dei medici di medicina generale e dal 33% degli specialisti.
In quanto a canale, la stragrande maggioranza delle vendite avviene in farmacia e parafarmacia, con un valore di 2.285,3 milioni di euro e 151,6 milioni di confezioni vendute (+9,7% a valore e +9,2% a unità venduta) mentre la GDO ha movimentato 197,3 milioni di euro con un trend di crescita però superiore: +10,8% a volume e +10,4% a unità. Le tipologie più richieste nella grande distribuzione sono i prodotti a base di vitamine e minerali, i coadiuvanti del controllo di colesterolo e del peso, gli energetici, le barrette energetiche o sostitutive del pasto, e i probiotici.

Marco Fiorani, presidente Federsalus, al convegno "Gli integratori alimentari in pillole: vero o falso?".
Marco Fiorani, presidente Federsalus, al convegno “Gli integratori alimentari in pillole: vero o falso?”.

«Dietro a questi numeri c’è un la progressiva evoluzione del rapporto degli italiani con la salute, non più passivo ma attivo e progettuale – ha detto ancora Fiorani -, che si traduce in un’attenzione agli ingredienti contenuti negli alimenti e al cibo in generale, e nella pratica dell’attività fisica. Secondo una ricerca Eurisko chi consuma integratori è più attento alla salute ed effettua più controlli medici della media».

Fermenti lattici, primi consumatori in Europa
In Europa il mercato degli integratori vale 11,3 miliardi di euro nel 2014. Tra le differenti categorie (esistono 8000 integratori diversi) l’Italia in UE è prima nelle vendite di fermenti lattici, mentre i botanicals (estratti vegetali) si privilegiano in Germania, seguita però da Italia e Francia. In Italia piacciono anche le combinazioni (prodotti formulati con più sostanze), nel Regno Unito i grassi essenziali. Mentre nel Nord Europa l’uso di integratori tende ad essere quotidiano, nell’Europa mediterranea è più saltuario e legato a specifiche esigenze di salute.
«Per quanto riguarda la scelta, per i due terzi è influenzata dal medico o dal farmacista e solo per un terzo dalla pubblicità» conclude Fiorani.

Insalata quarta gamma, mercato quasi saturo. Possibilità di crescita al Sud e nei discount

L’insalata di quarta gamma piace agli italiani. Anzi, negli ultimi annivi è un travaso di consumi dalle verdure sfuse a quelle già confezionate già pulite, tagliate, lavate e pronte all’uso. Lo sottolinea Nielsen che rileva che da gennaio di quest’anno per la prima volta i consumatori di insalata confezionata hanno superato quelli di insalata sfusa. E la forbice continua ad allargarsi.

nielse IV gamma 1

“L’ampliamento del parco acquirenti (+ 300 mila famiglie nell’ultimo anno) – affermano gli analisti di Nielsen – ha contribuito alla crescita dei consumi che hanno subito un’ulteriore accelerata. Ad anno terminante maggio 2015, sono state consumate 89,3 mila tonnellate di verdura IV Gamma (+ 2,7% vs AT Mag 14) per un valore totale di oltre 633 milioni di euro (+ 1,5% vs AT Mag 14). Restano stabili invece i consumi medi per famiglia con una spesa annua per nucleo che si attesta intorno ai 34 euro e una frequenza di acquisto di circa 18 atti all’anno, a dimostrazione del fatto che è principalmente la capacità del prodotto di attirare nuovi acquirenti a sostenere i consumi”.

In calo invece il consumo di verdura sfusa, con un calo di circa tra il 5% e il 7% rispettivamente proprio nei canali più tradizionalmente dedicati al suo acquisto, i negozi tradizionali e i mercati rionali (AT Mag 15 vs periodo corrispondente).

I motivi di questo switch sarebbero diversi, secondo Nielsen: in particolare la crescente importanza che gli italiani prestano alla corretta alimentazione unita all’attenzione per il contenuto di servizio dei prodotti; l’insalata confezionata soddisfa l’una e l’altra esigenza conciliando la componente salutistica con il time saving e il contenimento degli sprechi. Senza considerare le politiche commerciali degli attori del mercato che hanno contribuito a contenere lo scontrino medio.

In questo roseo scenario già compare qualche nuvola all’orizzonte. Ed è il l’approssimarsi della saturazione della domanda, tanto che la penetrazione nelle prime tre aree Nielsen è vicina all’80%. Quali i margini di crescita? Secondo l’analisi sono due le possibili opportunità da cogliere. La prima è l’Area 4, caratterizzata da un parco acquirenti ancora inferiore rispetto alle altre aree, ma in forte crescita; la seconda potrebbe arrivare dai discount, un format ancora poco performante per la quarta gamma (- 6,5% Acquisti a Valore; -3,2% Acquisti a Volume – AT Mag 15 vs corrisp.) nonostante gli acquisti di verdura in generale siano invece in forte sviluppo in questo canale (+3,6% Acquisti a Valore; + 7,6% Acquisti a Volume – AT Mag 15 vs corrisp.).

Nielsen IV gamma 2

Ma in questo secondo caso la torta difficilmente si amplierebbe, perché si tratterebbe di un passaggio da altri canali d’acquisto al discount.

Istat, vendite al dettaglio: l’alimentare consolida la crescita a luglio. Federdistribuzione: è ancora troppo debole

A luglio 2015 l’indice destagionalizzato del valore delle vendite al dettaglio (valore corrente che incorpora la dinamica sia delle quantità sia dei prezzi) aumenta dello 0,4% rispetto a giugno 2015. Nella media del trimestre maggio-luglio 2015, il valore delle vendite registra una crescita dello 0,2% rispetto al trimestre precedente.

L’indice grezzo del valore del totale delle vendite aumenta dell’1,7% rispetto a luglio 2014, mantenendo un ritmo di crescita analogo a quello registrato il mese precedente.

Nei primi sette mesi del 2015, il valore delle vendite segna un aumento tendenziale dello 0,7%.

Con riferimento allo stesso periodo, il valore delle vendite di prodotti alimentari e quello di prodotti non alimentari segnano aumenti, rispettivamente, dell’1,3% e dello 0,3%.

Tenendo conto della variazione dei prezzi al consumo, emergono segnali di ripresa dei consumi di beni in termini reali: a luglio 2015, l’indice in volume delle vendite al dettaglio registra variazioni positive dello 0,4% rispetto a giugno 2015 e dell’1,4% rispetto a luglio 2014. Nel trimestre maggio-luglio 2015 l’indice aumenta dello 0,1% rispetto ai tre mesi precedenti.

Nel confronto con il mese di luglio 2014 si registra una variazione positiva del 3,5% per il valore delle vendite delle imprese della grande distribuzione, mentre più contenuto è l’aumento registrato dalle imprese operanti su piccole superfici (+0,2%

Nella grande distribuzione il valore delle vendite aumenta, in termini tendenziali, del 4,3% per i prodotti alimentari e del 2,5% per quelli non alimentari. Nelle imprese operanti su piccole superfici, le vendite registrano variazioni positive dello 0,2% per i prodotti alimentari e dello 0,1% per quelli non alimentari. Riguardo alla tipologia di esercizio della grande distribuzione (Prospetto 3), a luglio 2015 si registrano aumenti del 3,7% per le vendite degli esercizi non specializzati e del 2,7% per quelle degli esercizi specializzati. Tra i primi, aumentano del 3,8% le vendite degli esercizi a prevalenza alimentare e del 2,9% quelle degli esercizi a prevalenza non alimentare. In particolare, per quanto riguarda gli esercizi non specializzati a prevalenza alimentare, si registrano aumenti per tutte le tipologie distributive: ipermercati (+3,2%), supermercati (+3,6%) e discount (+5,4%).

«La dinamica delle vendite al dettaglio – secondo il presidente di Federdistribuzione Giovanni Cobolli Gigli – presenta alcuni segnali positivi, che tuttavia sono da valutare con prudenza. La crescita dei prodotti alimentari è stata infatti influenzata da fattori climatici che hanno sostenuto le vendite dei prodotti stagionali; uno stimolo che potrebbe non ripresentarsi in futuro.  Preoccupano inoltre alcuni comparti strategici della Distribuzione Moderna Organizzata, come il settore dei mobili-arredamento e dell’abbigliamento, che segnano a luglio rispettivamente un -1,3% e un modesto +0,2%. Settori che ancora non riescono a dare incoraggianti segnali di ripresa».

La ripresa delle vendite al dettaglio di un modesto 0,7% rspetto all’anno scorso costiyuiscono per Cobolli Gigli «una variazione positiva rispetto al passato ma ancora timida per immaginare una robusta e strutturale crescita della domanda interna e certamente ancora non in grado di bilanciare le variazioni negative che le imprese del commercio hanno dovuto sopportare negli anni precedenti. Anche perché le famiglie stanno indirizzando i loro acquisti in modo significativo verso altri beni, quali le auto, come dimostrano i dati Istat degli ordinativi industriali di luglio in crescita del 61,3% per i mezzi di trasporto».

C’è atesa per un sostegno ai consumi attraverso per esempio la diminuzione della pressione fiscale. Ma dal mondo del commercio si guarda con una certa apprensione ai prossimi interventi in materia di liberalizzazioni e di aperture nei giorni festivi.

LCC torna a crescere: già +2% nel 2015 spinto da ortofrutta, bevande e pet care

Il per care è una delle categorie in crescita nel Largo consumo confezionato (+3,2).

Torna a crescere in Italia il Largo Consumo Confezionato (LCC), il settore di mercato che comprende tutti i beni di consumo primario prodotti e confezionati dall’industria. Dopo anni di decrescita, nei primi 7 mesi del 2015 è stato registrato un aumento del 2% delle vendite, in una rete distributiva al dettaglio che conta oltre 68mila punti vendita, dai grandi ipermercati e superstore fino ai piccoli negozi tradizionali. In crescita il valore del fatturato complessivo, che nel 2014 aveva raggiunto i 65 miliardi di euro e che nei primi 7 mesi di quest’anno ha già superato i 38 miliardi (+750 milioni circa rispetto allo stesso periodo del 2014). Una crescita guidata da alcune tipologie di prodotto che hanno avuto un andamento particolarmente positivo: ortofrutta (+7,2%), bevande (+4,2%), pet care (+3,2%) e drogheria/alimentare (+1,8%), con un unico segno negativo per i prodotti per la cura della casa (-1,0%). Sono questi i primi dati di uno studio realizzato da IRI, in vista di Marca 2016, la 12a edizione del Salone internazionale sui prodotti a marchio del distributore che si terrà il 13 e 14 gennaio 2016 presso il Quartiere fieristico di Bologna.

Secondo IRI, la crescita del fatturato del LCC nel 2015 è stata spinta in parte da motivi climatici (il bel tempo e il caldo dell’estate scorsa hanno favorito i consumi), ma è anche legata ad una ripresa più strutturale delle vendite in tutte le aree del Paese. La ricerca ha anche messo in luce le trasformazioni in corso nei vari canali di distribuzione. Diminuiscono i punti vendita, che a gennaio erano 68.828, 1.056 in meno rispetto al gennaio 2014. Chiudono in particolare i piccoli negozi tradizionali e diminuiscono anche gli ipermercati, mentre sono in netta espansione superstore e drugstore.

Marca è l’unica fiera italiana sui prodotti a marchio del distributore ed è organizzata da BolognaFiere in collaborazione con ADM, Associazione Distribuzione Moderna nata con lo scopo di rappresentare la distribuzione nei confronti della produzione industriale e agricola..

Nel bio-retail la Gdo guida le vendite, ma gli specializzati stanno crescendo bene

Il biologico, è ormai un dato consolidato, è il settore che, a dispetto degli anni di crisi e della caduta dei consumi, ha sempre mantenuto un trend in crescita. Nel 2014, secondo i dati dell’Osservatorio Sana 2015, diffusi nel giorno di apertura della manifestazione a Bologna in corso in questi giorni, il 2014 si è chiuso con un valore delle vendite di 2,1 miliardo di euro (che cresce a 2,5 miliardi con la ristorazione) registrando un incremento del 12,6%. E anche nel primo semestre del 2015 le vendite nella sola Gdo fanno registrare un balzo del 18% per i prodotti a peso imposto (fontr: Nielsen).

È proprio la Gdo è ormai protagonista del biologico in Italia. Secondo i dati della ricerca Ismea Bio-Retail, la distribuzione moderna registra un fatturato nel segmento di circa 855 milioni (il 40% del valore del bio-retail), mentre le superfici specializzate nella vendita di prodotti biologici muovono più di 760 milioni di euro (equivalenti al 35% del totale). Tra specializzato e Gdo, afferma l’Ismea, lo spread dei prezzi è del 10%-20%, a fonte di un plus di servizio offerto dai punti vendita specializzati come l’assortimento, l’informazione e la capacità di creare engagement anche attraverso i social network. L’aumento delle vendite nel canale specializzato – sottlinea sempre Ismea- è risultato più accentuato rispetto a quello riscontrato nei punti vendita della Distribuzione moderna. Si stimano 1-2 punti percentuali in più, nei ritmi di crescita medio annui, rispetto alle pur rilevanti performance registrate dagli Iper e Super, dai discount e dal libero servizio.

Più precisamente lo specializzato ha registrato, nell’ultimo quinquennio, tassi di crescita del 12-15% nella media di ciascun anno. È prevedibile nei prossimi anni una sostanziale equiparazione dei ritmi di espansione delle vendite tra i due canali considerati.

Il restante 25% è appannaggio degli altri canali rappresentati per il 10% da mercatini, vendite dirette, gruppi di acquisto solidali (Gas) ed e- commerce, per l’8,9% dai negozi tradizionali e per il 5,1% dalle farmacie. Quasi trascurabile, pari allo 0,6%, la quota complessiva riconducibile ad erboristerie e parafarmacie.

In crescita anche l’export. Nel 2014 le vendite di prodotti agroalimentari italiani certificati bio all’estero – afferma l’Osservatorio Sana 2015 – sono state pari a 1,4 miliardi di euro (4% sull’export agroalimentare italiano totale). Forte è la propensione all’export agroalimentare delle imprese del bio: il fatturato che raggiunge i mercati internazionali rappresenta il 24% (a fronte del 18% registrato dalle imprese agroalimentari italiane nel complesso). Ricordiamo però che il mercato mondiale del biologico esprime un fatturato complessivo di 72 miliardi di dollari, secondo l’Ifoam (International foundation for organic agriculture)

Presentata Biofach, la fiera mondiale del biologico

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