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Lotta allo spreco: Tesco parte in Uk e si fa aiutare da un’App

Anche Tesco si impegna per lottare contro lo spreco alimentare: è partito in dieci pdv del Regno Unito il programma FareShare FoodCloud per recuperare il cibo scaduto o prossimo alla scadenza che non può più essere venduto, ma è ancora buono e può essere utilizzato da persone in difficoltà. L’accordo è stato messo in atto con le associazioni di volontariato FareShare e FoodCloud che si occupano di povertà e indigenza. Grazie a un’apposita App, i manager dei negozi avvisano gli enti benefici indicando precisamente il tipo e la quantità di alimenti disponibili, così da poterne organizzare facilmente ritiro e ridistribuzione.

Sebbene Tesco “elimini” solo l’1% di alimenti, stiamo comunque parlando di cifre importanti: nei pdv Tesco britannici l’anno scorso sono stati eliminati 55.400 tonnellate di cibo, 35mila tonnellate delle quali erano ancora commestibili. Il reparto più interessato è la panetteria, seguito da frutta e verdura e alimenti pronti quali sandwich e insalate.

Dopo la legge passata in Francia (vedi In Francia una legge contro lo spreco alimentare nel retail), anche il parlamento britannico sta pensando di introdurre norme che obblighino la Grande distribuzione a prendere misure concrete per arginare il problema. I numeri sono sconfortanti: 1,3 miliardi di tonnellate di cibo buttato ogni anno, sufficiente per sfamare quattro volte gli oltre 800 milioni di persone che muoiono di fame ogni anno.

La GDO è responsabile dell’1% dello spreco alimentare totale, che avviene in gran parte alla fonte (agricoltura e distribuzione) e presso l’utente finale. Per questo Tesco già in passato ha deciso di eliminare le promozioni “2 per uno” e ha inserito nei packaging della propria private label informazioni e consigli su come sprecare di meno in modo da sensibilizzare il consumatore. In Italia Coop, firmataria del Protocollo di Milano che ha tra i suoi obiettivi proprio la riduzione dello spreco (con l’abbattimento del 50% entro il 2020), segue il programma “Buon fine” e “Brutti ma buoni” in 544 punti vendita che ha donato ad enti benefici 4.604 tonnellate di alimenti (dati 2012). Ma chi più chi meno, tutte le grandi catene hanno programmi di riutilizzo, che spesso passando per associazioni quali Banco Alimentare, Croce Rossa o anche la parrocchia più vicina: mancano per lo più dei programmi centralizzati e monitorati. Ultimamente poi molte insegne hanno deciso di mettere in vendita a prezzo fortemente scontato i prodotti prossimi alla scadenza, e a livello europeo si sta ragionando su come eliminare o prolungare la dicitura Termine minimo di conservazione (TMC) dagli alimenti a lunga conservazione.

Sostenibilità: continuano a Expo gli incontri sul senso ritrovato organizzati da Plef

 

Prosegue il programma di incontri organizzati da Plef (Planet life economy foundation) sotto l’unico cappello de Il senso ritrovato alla Cascina Triulza all’interno di Expo 2015. L’iniziativa, che ha ricevuto gli elogi anche dal Presidente Emerito Giorgio Napolitano, in visita allo stand di Plef, si articola in dodici eventi tra convegni, seminari, laboratori, performance teatrali e concerti, coniugati all’insegna dell’unico denominatore comune della ricerca di un nuovo più ragionato, etico e sostenibile stile di vita. Ogni volta, una organizzazione no profit aderente a Plef, secondo la propria esperienza e la propria visione di sostenibilità affronterà un tema fra  economia, comunità, salute, ambiente, lavoro, città, pace, filatelia, turismo, arte, micro finanza e  nuova imprenditoria, in una cornice di culture provenienti da tutto il mondo, dall’Europa, all’Oriente, all’Africa, ma con un’attenzione speciale al nostro territorio.

Plef in quanto Onlus promuove la realizzazione di un nuovo modello economico e sociale (Renaissance Capitalism), evoluzione dell’attuale (Financial Capitalism) in via di degenerazione. Il modello di PLEF è in grado di creare vero “Valore“ (economico, sociale, ambientale, umano) e occupazione, superando le tesi contrapposte della “Crescita” o della “Decrescita”.

Prossimo appuntamento il 13 giugno, nel padiglione della Società Civile di Expo: Sicc – Società italiana chimici e cosmetologi, realizza un percorso sensoriale, per prendere confidenza con l’universo dei sensi e la loro importanza nell’elaborazione effettuata dall’intelletto umano. Un’occasione per capire come affinare la capacità di utilizzare i sensi per scegliere in maniera più consapevole i prodotti per la cura della persona, sperimentando direttamente come gli stimoli sensoriali contribuiscono alla sostenibilità planetaria e alla tutela e ridistribuzione delle risorse.

L’evento si articola in due momenti: durante l’intera giornata nell’area workshop, si svolgono delle sessioni di analisi sensoriale discriminativa e descrittiva per valutare l’acutezza dei sensi.

Nel pomeriggio in auditorium, esperti della comunicazione e della cosmetologia, argomenteranno le esperienze vissute nel percorso sensoriale. Ad aprire i lavori Roberto Rondinelli di MPR – comunicazione integrata, sponsor del progetto di PLEF “Il Senso Ritrovato”. Barbara Colonnello di Promoest parlerà del potere dei sensi nella comunicazione; Antonio Bettero del TVS Network di Padova, Marcello Monti di MOST, ed Elio Mignini di SICC spiegheranno la centralità della cute per la conoscenza del proprio stato di benessere; il presidente dell’Ordine dei Chimici della Lombardia tratterà poi della chimica verde e di come alcuni ingredienti di sintesi abbiano profili di sostenibilità migliori dei corrispondenti prodotti di origine naturale. L’incontro ospita anche l’anteprima di uno spettacolo teatrale comico clownesco in cartellone a settembre a Broadway: VIE Silent Show.

Per informazioni e aggiornamenti su programma: www.ilsensoritrovato.com | www.plef.org

Primo trimestre buono per il sistema agroalimentare italiano (Ismea). Il caso della pasta

Partenza sprint per il settore agroalimentare italiano in questo primo scorcio di 2015, seppure in presenza di un quadro non privo di elementi di incertezza sia a livello nazionale che estero. Lo rivelano Ismea e Unioncamere nel consueto appuntamento con AgrOsserva, l’Osservatorio sull’agroalimentare italiano relativo al primo trimestre del 2015.

Particolarmente positivo il dato delle vendite all’estero di prodotti agricoli e di alimenti e bevande trasformati, con una crescita del 6,2% su base annua nel periodo gennaio-marzo 2015. La dinamica appare in forte accelerazione rispetto all’anno scorso – specie verso i mercati extra Ue – e nettamente più sostenuta se confrontata con l’andamento generale dell’export nazionale.

Confortanti segnali di ripresa, prosegue AgrOsserva, emergono anche dal lato della domanda interna dopo la fase di prolungata contrazione dei consumi alimentari delle famiglie registrata in particolare nel 2013 (-3,1%). Le rilevazioni Ismea-Nielsen indicano un incremento degli acquisti alimentari domestici dell’1,4% nel bimestre gennaio-febbraio 2015 sullo stesso periodo del 2014, dato che risulta in linea con le indicazioni Istat sulle vendite del commercio al dettaglio del settore. A influire sulla ripresa dei consumi, sottolinea l’Ismea, anche le scelte di politica fiscale finalizzate a restituire un maggiore potere d’acquisto alle famiglie italiane.

Quanto alle prospettive per il resto dell’anno, la debolezza dell’euro continuerà a giocare un ruolo determinante assieme alle ricadute positive sull’economia nazionale che ci si attende dall’Expo. Tuttavia, precisa il rapporto Agrosserva, fattori di incertezza nel quadro internazionale provengono dagli sviluppi non più scontati della politica monetaria in Usa, a seguito di una probabile revisione peggiorativa delle stime di crescita dell’economia statunitense e dalla forte decelerazione del Pil in Cina. L’evoluzione del quadro macroeconomico di breve termine potrebbe inoltre risentire degli sviluppi della vicenda greca in Europa, della forte instabilità nell’area mediorientale e nordafricana e del protrarsi dell’embargo russo.

Tornando alle dinamiche di questo primo trimestre del 2015, l’agricoltura ha contribuito a rilanciare il Pil del Paese, che in base alla stima preliminare dell’Istat ha registrato un aumento dello 0,3% su base congiunturale.

Una conferma della positiva evoluzione del settore proviene anche dall’incremento degli indici di fiducia dell’agricoltura e dell’industria alimentare elaborati da Ismea, che riflettono un maggiore ottimismo tra le imprese, eccezione fatta per il comparto della zootecnia da latte su cui pesano le incognite del post quote.

La pasta trionfa, ma…

Sempre l’Ismea rileva che le esportazioni di pasta made in Italy,  con un balzo in avanti del 4%, hanno superato nel 2014 la soglia di 2 milioni di tonnellate, per un giro d’affari complessivo di oltre 2,2 miliardi di euro.
La pasta pesa oggi il 7% circa del valore dell’export dell’intero agroalimentare, e negli ultimi 15 anni, osserva l’Ismea, ha registrato un trend delle spedizioni all’estero in continua e rapida ascesa. Nel caso della pasta di semola secca –  che rappresenta oltre l’80% dell’intero comparto –  le esportazioni sono cresciute, a partire dal 2001, mediamente ad un ritmo del 2,3% annuo in volume e del 5% in valore, con uno stop solo nel 2008, quando la fiammata dei listini del grano duro determinò una drastica riduzione dei quantitativi immessi sui circuiti internazionali (-5% circa) per via degli alti livelli di prezzo raggiunti.

Non mancano tuttavia le preoccupazioni, come ha recentemente evidenziato l’Aidepi, l’Associazione delle industrie del dolce e della pasta italiane, che sottolinea l’attacco della concorrenza sui mercati internazionali (a volte sleale) e la debolezza dei pastifici italiani, oggi ridotti a non più di 120 dagli oltre 500 negli anni Settanta. Tanto da convincere il Governo, come annunciato nelle settimane scorse a Ipack Ima, a dar vita a una Cabina di regia con il Mnistero delle politiche agricole e il Ministero dello sviluppo economico per sostenere l’export della pasta italiana.

Paolo Barilla Presidente AIDEPI
Paolo Barilla Presidente AIDEPI

Tre, essenzialmente, gli obiettivi della Cabina di regia.

1) Favorire processi di aggregazione dell’offerta della materia prima, anche al fine di aumentare le garanzie sugli stock complessivi.

2) Individuare strategie di valorizzazione della capacità produttiva inespressa del settore, di potenziamento delle esportazioni e di redistribuzione sull’intera filiera del valore aggiunto creato.
Tramite accordi di filiera, verranno previste strategie di sostegno alle coltivazioni di grano duro di qualità e di potenziamento della competitività della pasta italiana rispetto agli emergenti competitor stranieri a difesa e valorizzazione della pasta come simbolo del Made in Italy alimentare, esportabile a livello nazionale a tutti i settori.

3) Attrazione dei fondi comunitari destinati al settore nella programmazione 2014-2020 e di ulteriori fondi nazionali e comunitari per iniziative promozionali a supporto della produzione e dell’esportazione della pasta completa infine – insieme all’identificazione di progetti per l’innovazione industriale sulla Bioeconomia nell’ambito del master-plan “Agenda Italia 2015” –  il quadro degli obiettivi del progetto.

«La pasta – ha dichiarato il presidente di Aidepi Paolo Barilla – è un settore rilevante dell’economia italiana, ma rischiamo di cedere il passo ad aziende non italiane, che, supportate da politiche di governo incentivanti, hanno compresso la marginalità dei profitti e turbato la tenuta delle aziende pastarie italiane. Varie sono le concause del fenomeno, ma certamente la generalizzata crisi dei consumi, la stretta creditizia e l’elevata capacità produttiva installata inespressa, pari al 33% circa.”

Il successo della pasta all’estero, che fa da volano al consumo di prodotti tipici del primo piatto all’italiana (pomodoro, olio, formaggio) evidenzia, secondo l’Ismea,  “la dicotomia strutturalmente esistente tra la fase agricola nazionale e quella industriale”, in linea con con l’andamento generale del sistema agroindustriale nazionale, poiché l’Italia è strutturalmente dipendente dall’estero per l’approvvigionamento di materie prime agricole ma è esportatore netto per un’ampia gamma di prodotti lavorati.

La strutturale dicotomia esistente tra la fase agricola – caratterizzata da un’offerta fortemente polverizzata, da un incostante livello qualitativo e da una sempre più incerta redditività – e quella della trasformazione industriale – che, invece, necessita di un costante approvvigionamento di granella, sia in termini quantitativi sia qualitativi – può essere mitigata attivando un processo di integrazione tra le due fasi, suggerisce l’Ismea.

Appare auspicabile, quindi, sostenere processi di aggregazione dell’offerta attraverso l’adozione dei contratti di filiera allo scopo di conseguire una maggiore stabilità nei rapporti contrattuali e una maggiore redditività a favore di tutti gli operatori coinvolti.

Ed è proprio questo uno degli obiettivi della Cabina di regia.

L’avanzata dei delattosati: +11% a volume e +9,2% a valore. Un terzo dei prodotti TreValli è “speciale”

Le intolleranze, lo confermano i dati, sono in aumento, per una serie di cause: da diagnosi più efficaci all’inquinamento, alla presenza di elementi chimici nei prodotti industriali. Una delle intolleranze più diffuse, specie tra la popolazione adulta del mondo Occidentale, è l’intolleranza al lattosio. Non è una sorpresa dunque se, aumentando il numero degli intolleranti, cresce la produzione dei latti ‘personalizzati’ o delattosati.

Un mercato da oltre 200 mln di euro,  che copre il 14,2% del volume e 20,5% del valore complessivo (Progr. aprile 2015), in crescita dell’11% a volume e del +9,2% valore (A.T. aprile 2015).

Dai delattosati agli arricchiti, la domanda dei consumatori si fa sempre più articolata. Secondo i dati IRI, il segmento dei latti ad alta digeribilità rappresenta il motore del settore, unico in crescita con un mercato da oltre 200 mln di euro e un trend positivo che ha segnato ad aprile 2015 un +11% in volume e +9,2% in valore rispetto allo stesso periodo 2014. In espansione anche la quota di mercato che, nel mese di aprile 2015, ha raggiunto il 14,2% delle vendite per volume (contro il 12,3% del 2014) e il 20,5% per valore (18% nel 2014). Tra delattosati, arricchiti, di capra e per l’infanzia siamo quindi arrivati a guadagnare un quarto del mercato di riferimento, con i delattosati al 19%.
Tanto che “In futuro il mercato del latte sarà trainato da prodotti speciali e a elevato contenuto salutistico, che già oggi rappresentano un peso importante sul nostro fatturato. Per rispondere alla crisi dei consumi, le aziende devono quindi investire in ricerca e innovazione” come ha dichiarato Michele Falzetta, direttore generale di TreValli, terza realtà italiana del comparto lattiero caseario e cooperativa con oltre mille conferitori, in occasione della Festa del Latte di Expo.

latti tre valli“Il mercato del latte sta vivendo una fase di grande trasformazione – ha dichiarato Federico Camiciottoli, direttore Pianificazione Strategica e Business Innovation di Trevalli – ed è continuamente sollecitato da parte dei consumatori che chiedono alle aziende latti sempre più personalizzati e attenti alle loro esigenze. Per questa ragione abbiamo realizzato diverse linee di prodotto, a partire dalla soia, ogm-free e totalmente made in Italy, al latte senza lattosio (ViviDigeribile) a quello con più proteine e lo 0,1% di grassi (ViviLeggero), per finire con quello arricchito con pappa reale e vitamine del gruppo B, C e E (ViviSano)”. Diversificare quindi, per garantire soluzioni pronte e sempre più attente alla salute, mantenendo e arricchendo le proprietà nutritive della bevanda che accompagna la crescita e rappresenta uno degli alimenti più completi e nutrienti.

TreValli, che nel primo quadrimestre ha fatto segnare un +13,4% sui delattosati, è composta da 11 cooperative di base e riunisce circa 1000 produttori agricoli. Realizza quasi 200 mln di litri di latte bovino, 7 mln di ovino e 5,5 mln di litri di panna all’anno, con un fatturato da 232 mln di euro nel 2014, un terzo del quale realizzato dai prodotti speciali.

Nielsen e Assobio, cresce il biologico: 3,2 mln i clienti abituali, +14,8%

Non si arresta la crescita degli acquisti di prodotti biologici, che continuano ad avanzare incuranti della contrazione dei consumi: sono ormai ben 18,4 milioni le famiglie italiane che acquistano prodotti bio. Di queste, 3,2 milioni (+14,8% sul 2013) sono clienti abituali e acquistano bio tutte le settimane; 3,2 milioni (+8,4%) acquistano bio una volta al mese e 12 milioni acquistano bio ogni tre mesi. Stiamo parlando di un settore che vale 2,5 miliardi con una crescita del fatturato del 16% nei primi 4 mesi del 2015 e del 12% nel 2014. Una crescita che non ha lasciato indietro il Sud Italia, che anzi incassa un incremento del 30%, contro il +16% del Centro, il +15% del Nord Est e il +13% del Nord Ovest.

È quanto emerge dalla ricerca Nielsen “L’alimentare e il biologico in Italia” commissionata da Assobio, l’associazione di rappresentanza delle imprese di trasformazione e distribuzione dei prodotti biologici parte di FederBio, e presentata oggi al Parco della Biodiversità, l’area tematica in EXPO realizzata da BolognaFiere e dedicata all’agricoltura biologica e all’agrobiodiversità.
Tracciata anche la fotografia della consumatrice tipo: donna, è nella fascia di età tra i 25 e i 44 anni e fra i 55 e i 64 anni. Le cinque categorie più gettonate per fatturato sono invece uova, confetture e spalmabili a base di frutta, panetti croccanti, bevande di riso, mandorla e riso, pasta di semola integrale/farro/kamut.
“La ricerca Nielsen dimostra come sempre più italiani esprimono fiducia nel bio – sottolinea Roberto Zanoni, Presidente di Assobio – La qualità degli alimenti è un fattore chiave che porta il 20% delle famiglie italiane a scegliere prodotti biologici sia nella grande distribuzione che nei negozi e nei supermercati specializzati. Molte famiglie ricercano sicurezza alimentare, molti consumatori richiedono il bio perché guidati da esperti o per una questione di intolleranze e allergie alimentari, molti altri compiono una scelta consapevole anche per tutelare l’ambiente, la biodiversità, il lavoro degli agricoltori”.

Insieme alla ricerca è stato presentato il libro bilingue “Biologico, la parola alla scienza/What science says about organics” curato da Roberto Pinton. Una selezione di oltre 70 ricerche pubblicate da una trentina delle più prestigiose riviste scientifiche internazionali, da Science al British Medical Journal, da Pediatrics a Environmental Health Perspectives, sugli aspetti nutrizionali, sull’impatto dei pesticidi sulla salute, su microtossine e contaminanti organici, su biodiversità e ambiente.

Istat: prezzi in salita, la deflazione si allontana

Nel mese di maggio 2015, secondo le stime preliminari dell’Istat, l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, aumenta dello 0,2% sia rispetto al mese precedente sia nei confronti di maggio 2014 (ad aprile il tasso tendenziale era -0,1%).

Fonte: Istat
Fonte: Istat

La ripresa dell’inflazione, dopo quattro mesi consecutivi di valori negativi, è dovuta principalmente all’ulteriore ridimensionamento della flessione su base annua dei prezzi dei Beni energetici non regolamentati (-7,2%, da -8,7% di aprile) e all’accelerazione della crescita tendenziale dei prezzi dei servizi; a quest’ultima contribuiscono in particolare l’inversione della tendenza annua dei prezzi dei Servizi relativi ai trasporti (+0,8%, da -0,6% di aprile) e l’accelerazione della crescita di quelli dei Servizi ricreativi, culturali e della cura della persona (+0,9%, da +0,7% di aprile).

Al netto degli alimentari non lavorati e dei beni energetici, l'”inflazione di fondo” mostra una risalita (+0,6%, da +0,3% di aprile); al netto dei soli beni energetici, si porta a +0,8% (era +0,6% il mese precedente).

L’aumento su base mensile dell’indice generale è da ascrivere principalmente all’aumento dei prezzi dei Beni energetici non regolamentati (+1,8%) – per effetto dei rialzi dei carburanti – e dei Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (+0,5%), con particolare riguardo a quelli ricettivi.

L’inflazione acquisita per il 2015 è quindi pari a +0,1% (era nulla ad aprile).

Rispetto a maggio 2014, i prezzi dei beni fanno registrare un ulteriore ridimensionamento della flessione (-0,3%, da -0,5% di aprile) e il tasso di crescita dei prezzi dei servizi accelera (+0,7%, da +0,3% del mese precedente). Di conseguenza, rispetto ad aprile 2015 il differenziale inflazionistico tra servizi e beni si amplia di due decimi di punto percentuale.

Nello specifico dei prezzi dei beni alimentari, il lieve rialzo su base mensile degli alimentari non lavorati è principalmente dovuto all’aumento – su cui incidono in parte fattori stagionali – dei prezzi della frutta fresca (+6,4%; in crescita del 3,6% in termini tendenziali, dal +1,3% del mese precedente). Per quasi tutti gli altri prodotti del comparto si registrano diminuzioni congiunturali dei prezzi; tra questi si segnalano i cali – anch’essi condizionati in parte da fattori stagionali – dei prezzi dei vegetali freschi (-4,2%; +10,9% in termini tendenziali, in rallentamento dal +12,1% di aprile) e della carne ovina e caprina (-1,1%, -0,2% su base annua).

I prezzi dei beni alimentari,  per la cura della casa e della persona aumentano dello 0,1% su base mensile e registrano una crescita su base annua stabile allo 0,8%.

I prezzi dei prodotti ad alta frequenza di acquisto aumentano dello 0,3% in termini sia congiunturali sia tendenziali (ad aprile il tasso annuo era nullo).

Secondo le stime preliminari, l’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) aumenta dello 0,2% sia su base mensile sia rispetto a maggio 2014 (il mese precedente il tasso tendenziale era -0,1%).

 

La ripresa c’è: anche i panieri anti crisi di Nielsen rallentano

La domanda che gli uomini d’impresa si pongono, alla ricerca di una lettura degli andamenti futuri della propria attività, è se la ripresa ci sia, sia solida, oppure sia ancora in una zona rossa.

L’odierno intervento del governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco sulle “Considerazioni finali” conferma che i miglioramenti dell’economia, anche se la crisi greca è sempre pronta a riattizzare tensioni e rischi di contagio. La notizia, sembra questa volta in via definitiva, è che “il 90% circa del bonus fiscale sarebbe stato speso e che, nei primi mesi del 2015, la quota delle famiglie che segnala di arrivare con difficoltà alla fine del mese si sarebbe lievemente ridotta rispetto a un anno prima”. Altro segnale positivo: ”nella media dell’anno scorso la spesa per consumi delle famiglie è aumentata per la prima volta dal 2010, ma rimane inferiore ai livelli del 2007 di circa l’8%”.

Insomma in prospettiva Bankitalia si attende un consolidamento della ripresa.

Più pragmaticamente e da un punto di vista di attenzione alle spese quotidiane, la rilevazione dei sei panieri del largo consumo elaborati da Nielsen, conferma questa evoluzione positiva.

In particolare l’andamento dei panieri che, nei periodi finanziariamente più difficili, salvavano il portafoglio dei consumatori dal collasso, a marzo mostra un significativo rallentament. Si tratta dei panieri Chef a casa, composto da materie prime e semilavorati per la cucina casalinga, e Basici, quest’ultimo composto da Ingredienti per la preparazione di primi piatti e Prodotti per la colazione.panieri nielsen marzo 2015

“Se Chef a casa continua a tenere un segno positivo – afferma Nielsen – sebbene non cresca più ai tassi degli anni passati, il paniere dei Basici risulta più in sofferenza, con un sotto paniere dei Primi piatti ancora in crescita e un sotto paniere Prima Colazione negativo sia a valore che a volume.  In particolare l’andamento del paniere Prima Colazione, e in generale la tendenza di tutti i restanti, ci lascia ben sperare di essere finalmente giunti ad un giro di boa: i numeri del primo trimestre di quest’anno ci dicono che i consumatori si stanno spostando su panieri più a valore aggiunto, che quindi comportano una maggiore spesa e che alcune abitudini si stanno di nuovo modificando, come quella della colazione a casa. Bisognerà sicuramente attendere il consolidarsi di queste tendenze prima di trarre la tanto sperata conclusione, di essere finalmente di fronte a un periodo di crescita e di ripresa dei consumi”.

Per quanto riguarda gli altri panieri considerati da Nielsen, sono tutti in crescita a marzo, tranne i fori pasto/gratificazione (forse non ce n’è più così bisogno?). Significativo l’incremento dei sottopanieri Secondi pronti (+17,7% a volume e +14,5% a valore) e l’area salutistica con +29,7% a volume e +27,2% a valore.

Torna l’Osservatorio Non Food. Appuntamento il 29 giugno

La tredicesima edizione dell’Osservatorio Non Food di Gs1 Italy | Indicod-Ecr viene presentato al Piccolo Teatro Grassi di Milano il 29 giugno. Si ripete quindi un appuntamento che negli anni è diventato un must per la business community poiché, ogni anno, riesce a dare una lettura approfondita dell’evoluzione e delle trasformazioni dei canali distributivi e delle modalità di acquisto per i prodotti non food.

Nella passata edizione l’indagine condotta da Gfk Eurisko  si è concentrata sugli orientamenti e le attese dei consumatori nei confronti del processo di acquisto nei diversi settori che costituiscono il non food.

Un comparto che negli ultimi anni ha subito profondamente i colpi della riduzione degli acquisti da parte dei consumatori e, contemporaneamente, della crescita del canale online, anche se, è stata poi la conclusione della ricerca “se l’acquisto finale avviene ancora prevalentemente nei punti vendita fisici, in realtà digitale e fisico, combinati in diverse soluzioni, permeano l’intero processo d’acquisto del consumatore: uno completa l’altro”.

Quest’anno, oltre alla presentazione dei risultati dell’Osservatorio,  tradizionalmente affidati a Trade Lab, sono previsti interventi di esperti sui trend del settore non food, come Fabrizio Valente di Kiki lab, e case history raccontate da esponenti di aziende leader: Carrefour, Ikea, Leroy Merlin, Kiki-Lab.

Paradosso ortofrutta: ne mangiamo meno di quanto pensiamo, ma il trend è in crescita

Tutti pazzi per frutta e verdura? Fa bene, lo dicono tutte le ricerche, protegge da tumori e malattie cardiovascolari. Gli chef stellati l’hanno ormai rivalutata e la propongono come il nuovo caviale. Eppure, ne consumiamo meno di 15 anni fa. Lo hanno rivelato a un convegno Sg Marketing a Fruit Innovation.

Eppure, secondo Claudio Scalise di Sg Marketing “se l’intento è quello di creare valore all’ortofrutta non dobbiamo pensare di rincorrere i volumi che si sviluppavano 10-15 anni fa. Negli ultimi anni i componenti delle famiglie sono calati, abbiamo assistito ad una destrutturazione dei pasti e un cambiamento di consumo con una progressiva razionalizzazione delle quantità e una riduzione degli sprechi, dovute principalmente alla crisi. Il cibo è tornato al centro delle relazioni attraverso programmi tv dedicati e al successo degli chef, a cui si aggiunge un numero crescente di community dedicate al food”. Senza dimenticare il boom del vegetarianesimo, che in Italia conta oggi 8 milioni di seguaci. Un panorama che consente di guardare al futuro dell’ortofrutta con ottimismo.

La conferma viene da un’analisi consumer condotta da Sg Marketing sul comportamento del consumatore nei confronti dell’ortofrutta nel punto vendita. Che rileva un ruolo dell’ortofrutta sempre più importante nel pasto del futuro. I numeri parlano di una progressiva riduzione del consumo di carne a favore dei legumi, e della sostituzione dei carboidrati con frutta e ortaggi. La percezione dei consumatori ad un aumento degli acquisti ortofrutticoli e ad un riavvicinamento alla categoria è dovuto, secondo lo studio, all’accresciuta attenzione a temi quali il salutismo e il benessere, al “fattore vegan” e alla consapevolezza che il consumo quotidiano di ortofrutta sia insufficiente. Prezioso il contributo fornito da un panel di insegne nazionali che hanno portato la loro testimonianza sul lavoro effettuato nella valorizzazione dell’ortofrutta nei loro punti vendita, una categoria strategica per la grande distribuzione, dove avviene il 66% degli acquisti di frutta e verdura.

Ortofrutta in Gdo tra mercato, comunicazione e territorio

Come gestisce la Gdo il reparto ortofrutta? Nadia Caraffi, category ortofrutta di Coop Centrale Adriatica, parla delle politiche adottate dalla catena incentrate su territorio, tradizione, lavoro e gusto per dare valore al comparto ortofrutticolo, anche attraverso la formazione ad hoc di addetti al reparto. A livello commerciale Caraffi sottolinea l’assenza di offerte a volantino per l’ortofrutta (a parte IV gamma e prodotti trasformati) mentre si preferisce puntare su prezzi convenienti tutti i giorni. Massimo Silvestrini, direttore sviluppo vendite e formazione PFT Market di Carrefour, ha presentato il format studiato per valorizzare l’ortofrutta, “reparto di benvenuto” all’interno dei punti vendita del retailer, puntando su differenziazione dalla concorrenza (con fornitori locali, servizio ad hoc per le eccellenze, qualità, ricerca delle eccellenze ortofrutticole, esposizione valorizzante) e la modernità (strutture innovative). Gian Marco Guernelli, category manager ortofrutta di Conad, ha parlato delle linea Sapori&Dintorni che, attraverso il legame con la territorialità e l’attenzione alla qualità, punta a rappresentare sul punto vendita la regione, il territorio e la tradizione. Gabriele Nicotra, direttore acquisti di Unes Supermercati, ha raccontato come la catena distributiva organizza nei punti vendita gli spazi del reparto ortofrutta, luogo di commercio e comunicazione di progetto e allestito come un mercato con l’obiettivo di soddisfare le esigenze del cliente.

Segnali di tenuta per gli alimenti surgelati. Bene carne, pizza e secondi pronti

Dal consuntivo 2014 gli alimenti surgelati mostrano segnali di tenuta. Lo afferma l’Istituto italiano alimenti surgelati, rilevando che i surgelati si mantengono stabili grazie a innovazione di prodotto, contenuto di servizio e qualità dell’offerta.

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“Si avverte una leggera ripresa – afferma il Presidente dell’Iias Vittorio Gagliardi – sulla spinta delle azioni del leader di mercato, non solo a livello pubblicitario ma anche nel campo dell’innovazione di prodotto, facendo da traino a tutto il settore. Il consumatore risente indubbiamente della crisi, ma si osserva comunque una crescita dopo un biennio negativo che aveva interrotto una serie positiva, anche a doppia cifra, durata più di vent’anni”.

“La maggior novità del settore – prosegue Gagliardi – riguarda il boom dell’utilizzo del forno a microonde: se negli anni ’80 la penetrazione di questo elettrodomestico era del 4 – 5%, nell’ultimo quinquennio è salita al 30%, a dimostrazione che i nuovi comportamenti alimentari vedono nel surgelato un indispensabile alleato.
Un certo favore da parte dell’acquirente deriva anche dalla pressoché totale eliminazione di scarti e sprechi. Merito anche questo dell’innovazione, sia nei prodotti che nei metodi di conservazione, nel packaging e nei sistemi di refrigerazione, apportati dalle aziende del settore, in un continuo sforzo di sviluppare soluzioni in linea con i principi stessi espressi da Expo, ovvero la riduzione dello scarto e l’energy saving. È premiante – conclude Gagliardi – l’innovazione funzionale, ovvero volta al soddisfacimento delle nuove esigenze di consumo, trainando investimenti e obiettivi delle aziende del comparto, alimentando contestualmente aspettative positive per il futuro, pur con una giusta dose di moderazione e senza credere ad un repentino e miracoloso slancio, quanto piuttosto e più concretamente ad una graduale ripresa di un settore alimentare così importante quale quello degli alimenti surgelati”.

Tra i plus riconosciuti dai consumatori ai surgelati, che hanno da poco compiuto 50 anni di presenza sul mercato italiano, vi sono la componenti di servizio e di praticità, l’assenza di conservanti, la velocità e facilità di preparazione, l’offerta di prodotti destagionalizzati e delocalizzati, lo stoccaggio domestico nel freezer.

Quanto alle tipologie di prodotto, i vegetali preparati hanno ripreso quota, spinti dai loro valori nutrizionali e salutistici. I prodotti ittici panati, dal canto loro, sono in progressiva crescita, a riprova del fatto che i consumatori cercano proposte accattivanti e veloci da cucinare. Anche le pizze confermano il trend in rialzo e sono sempre più considerate come piatto unico, personalizzabile e a buon prezzo. In questa generale tendenza alla rivalutazione dei prodotti a più alto contenuto di servizio, va segnalata la performance dei piatti ricettati, o meglio dei secondi; ciò segnala un insopprimibile bisogno del consumatore moderno a ricercare prodotti salva tempo, dal profilo moderno e gustoso in grado di offrire una buona qualità globale. E tale tendenza è in costante crescita nell’intero continente europeo.

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