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Digitale e tecnologica debutta la Serie e-post 10 di DominoDisplay.com

Digitale e tecnologico: è questo ormai il linguaggio che piace ai clienti, sempre più spesso in cerca di messaggi mirati che aumentano il livello di servizio e migliorano la shopping experience.

Per questo totem, monitor e videowall sono sempre più presenti nel mondo del retail, coniugando massimo impatto visivo, estrema versatilità, facilità di gestione e ottimizzazione degli spazi all’interno di negozi e showroom, spesso ridotti.

Per rispondere a queste esigenze il team di architetti e designer di DominoDisplay.com, primo shop on line di soluzioni multimediali per la visual communication, ha progettato l’esclusiva Serie e-post 10. Si tratta di innovativi di veri e propri minitotem da banco, che non superano i 2 kg di peso, realizzati con un particolare materiale dalla finitura opaca anti-impronta studiata appositamente dal reparto R&D di DominoSistemi – società del Gruppo Masserdotti. Al suo interno il monitor integrato Samsung SMART Signage professionale da 10’’, ideale per la trasmissione di qualsiasi tipologia di contenuto multimediale.

Tutti i prodotti della Serie e-post 10 sono inoltre dotati di un mini PC NUC, privo di sistema operativo, che consente l’utilizzo di Palinsesto, esclusivo software proprietario firmato Masserdotti per la gestione, la programmazione e il controllo di contenuti via Internet.

I totem Serie e-post 10 possono essere acquistati in kit e sono disponibili in versione “expo”, arricchita con un pannello per l’esposizione dei prodotti.

Come tutte le soluzioni multimediali proposte da DominoDisplay.com, anche i minitotem e-post 10 e e-post 10 expo si avvalgono dell’assistenza del customer service E-Lab, il 2.0.

Waitrose punta al supermercato aziendale con il primo punto vendita senza casse

Un rendering del nuovo polo di Sky previsto per l'estate.

Se la montagna non va a Maometto… il supermercato va ai consumatori, meglio se alto spendenti, entrando nel posto di lavoro e dunque Waitrose torna a puntare sulle aziende dopo 20 anni ma con una novità assicurata dalle nuove tecnologie: un punto vendita senza casse. I pagamenti avverranno unicamente tramite smartphone o carta ai cinque punti di check-out.

La location, la cui apertura è prevista per la prossima estate, è il nuovo quartier generale di Sky nel Regno Unito a Osterley presso Londra.

Situato all’interno del palazzo degli uffici, dove lavoreranno 3.500 persone, il punto vendita di 130 mq venderà una serie di prodotti che sono stati selezionati tramite un “sondaggio” effettuato tra alcuni dipendenti Sky. Pasti serali e cibo da asporto (panini piadine e sushi), prodotti freschi, torte per feste, fiori recisi, ma anche pane e croissant preparati nel punto vendita. Inoltre, accessori per il viaggio e prodotti per la bellezza e l’igiene per chi deve partire all’improvviso per lavoro o utilizza la palestra interna.

«L’apertura nel campus di Sky è un’opportunità per rispondere ai desideri dei clienti di questo posto di lavoro. Il nostro modello di convenience è più flessibile che mai oggi, specialmente nel momento in cui i metodi di pagamento e le categorie continuano ad evolvere e dunque in futuro esploreremo altre opportunità di questo tipo» ha detto Jackie Wharton, Director, Convenience Waitrose.

 

Waitrose ha 346 pdv nel Regno Unito, tra cui 60 convenience (minimarket).

Una tendenza, quella del punto vendita all’intreni delle grandi aziende, che sta ornando anche in Italia. In Italia Coop ha pensato di utilizzare una vending machine. mentre Eataly ha piazzato un “wall” per l’e-commerce nel campus di Vodafone a Milano. La storia dirà quale sarà il format più efficiente e funzionale.

Top Twitter Campaigns: a febbraio trionfa Ceres, cavalcando Sanremo

Top Twitter Campaigns: a febbraio trionfa Ceres, come emerge dall’Osservatorio di Blogmeter che ogni mese svela le campagne hashtag più twittate. Il brand danese, infatti, ha saputo ben sfruttare le potenzialità del real-time marketing, invitando gli utenti – tramite l’iniziativa #SanremoCeres – a “farsi sentire” durante il Festival canoro, promettendo di stendere i tweet più divertenti sul balcone di fianco al Teatro Ariston. Il risultato sono stati 36.600 tweet pubblicati da parte di quasi 10.000 autori unici, senza contare che l’account Twitter di Ceres è risultato il più ritwittato del mese.

Segue in seconda posizione la campagna #FordSocialR del brand Ford, che  a febbraio ha fatto il pieno con 20.600 tweet e un numero esorbitante di total impression (quasi 122 mln), grazie soprattutto alla grande visibilità dei giudici di Masterchef sul social dei 140 caratteri. Terzo posto invece per #MilluminoDiMeno, la campagna di sensibilizzazione al risparmio energetico lanciata dal programma di Radio 2 Caterpillar, che ha prodotto 11.000 tweet, la maggior parte dei quali pubblicati il 19 febbraio, in occasione della Giornata del risparmio energetico.

San Valentino, Amnesty e Unicef
Al quarto e quinto posto della Top 10 troviamo due campagne di San Valentino:  #BacioDautore, la campagna social con cui Libreriamo ha chiesto agli utenti di esprimere il proprio amore per la cultura attraverso opere d’arte, fotografie d’autore, libri e scene cinematografiche (8.500 tweet e 3.200 autori unici) e #UnBacioMagnifico, l’iniziativa di Baci Perugina per celebrare San Valentino attraverso la limited edition di cartigli contenenti frasi di canzoni e tatuaggi di Fedez (7.000 tweet e 3.500 autori unici) che ha pubblicato anche il tweet più ritwittato di questa edizione di Top Twitter Campaigns. Spazio in classifica anche per le campagne sociali: Unicef con il suo appello #TuttiGiùPerTerra (6.500 tweet  e 2.000 autori unici) e Amnesty International che, in collaborazione con la Repubblica, ha lanciato la campagna #VeritàPerGiulio, per chiedere chiarezza sull’omicidio di Giulio Regeni. La maggior parte dei (5.100 tweet).

Nella top ten anche la Lombardia
E nella classifica ci sono anche delle new entry:  all’ottavo posto (dopo il successo estivo di #WeAreInPuglia) un’altra campagna turistica, #InLombardia (5.000 tweet). Segue  l’hashtag con il quale Nutella ha celebrato i suoi primi 10 anni: #WorldNutellaDay con 4.400 tweet. Chiude il rating #ReadySetRed di Ferrari con 4.200 tweet che conferma il successo già ottenuto lo scorso mese e che in questa occasione ha prodotto il boom di messaggi grazie alla presentazione della nuova vettura di Formula1.

I pagamenti via smartphone con Jiffy raggiungono i 300mila utenti

Solo un anno fa sembravano un po’ fantascientifici i pagamenti person-to-person, ovvero l’invio di denaro tra conoscenti via smartphone, o i piccoli acquisti effettuati con un tap dello schermo: oggi Jiffy, il servizio sviluppato da SIA per inviare e ricevere denaro in tempo reale dallo smartphone, ha superato i 300mila utenti registrati. Il valore medio per transazione è pari a 44 euro, mentre circa il 50% dei trasferimenti è al di sotto dei 25 euro.

Per trasferire denaro, basta selezionare il destinatario dalla rubrica personale dello smartphone, inserire l’importo, un eventuale messaggio e con un click il denaro viene immediatamente inviato e può essere subito utilizzato dal beneficiario. Per attivare Jiffy bisogna registrarsi sul sito della propria Banca e scaricare l’App fornita dalla Banca stessa.

Conforme agli standard dell’European Retail Payment Board (ERPB) e già predisposto per essere integrato con l’infrastruttura pan-europea di instant payments che verrà realizzata da EBA Clearing entro il 2017, oggi Jiffy è il servizio per pagamenti P2P leader nell’area euro con il maggior numero di banche aderenti. Essendo basato su bonifico SEPA, è aperto a tutti gli istituti di credito operanti nell’Area Unica dei Pagamenti in Euro, potenzialmente utilizzabile da oltre 400 milioni di correntisti europei.

Con le ultime quattro entrate nel 2016, salgono a 23 i gruppi bancari che hanno aderito al servizio per pagamenti P2P di SIA da quando è stato lanciato sul mercato italiano. Jiffy è attualmente a disposizione dei correntisti di BNL, Banca Popolare di Milano, Cariparma, Carispezia, Che Banca!, Friuladria, Gruppo Carige, Hello bank!, Intesa Sanpaolo, Banca Mediolanum, Monte dei Paschi di Siena, Banca Popolare di Vicenza, UBI Banca, UniCredit, Webank e Widiba. Prossimamente Jiffy sarà disponibile anche per Banca Popolare di Sondrio, Cassa Centrale Banca, Gruppo Poste Italiane, Raiffeisen, Veneto Banca e Volksbank Banca Popolare. Una volta attivati tutti gli istituti di credito, il servizio sarà, quindi, fruibile da oltre 32 milioni di conti correnti italiani, pari a oltre l’80% del totale.

La raccolta punti di Pampers diventa digitale e multicanale

Era ormai un classico la raccolta punti di Pampers, la nota marca di pannolini di Fater che ora, segno dei tempi, passa al digitale con strategie multicanali. Complice la partnership con Cemit del Gruppo Mondadori,  che l’ha supportata nello sviluppo della collection “Regali dei desideri 2.0” Pampers.

Cemit si occupa da oltre 20 anni di molte delle attività promozionali e di fidelizzazione di Pampers, ha sviluppato, integrando il know-how in digital engagement di Kiver (oggi parte di Cemit), un sistema multicanale che dà la possibilità di affiancare la tradizionale raccolta punti cartacea con i canali digitali web, app e mobile (via SMS). Ciò è reso possibile dalla codifica univoca di ogni singola confezione di prodotto coinvolta nell’iniziativa da parte di Fater, e dallo sviluppo di una piattaforma in grado di dialogare con i sistemi dell’azienda cliente, da parte di Cemit.

La nuova raccolta punti di Pampers introduce nel progetto di fidelizzazione una coinvolgente componente di gamification che permette di guadagnare punti aggiuntivi con le “Baby Mission”: rispondendo a sondaggi online, invitando amici a partecipare alla raccolta, condividendo sui social un contenuto, partecipando ai giochi o diventando Ambasciatrice Pampers, è possibile ricevere ulteriori punti omaggio.

Altri punti sono rilasciati semplicemente partecipando alla raccolta attraverso il sito www.pampers.it, via SMS e con la Pampers App. In seguito, una volta acquistati i prodotti, si procede con la registrazione dei codici Pampers (Pannolini, Salviette e Teli) e la collezione dei “punti digitali”. obiettivo finale: rgagiungere i clienti ovunque siano, off e online.

Iper prima insegna italiana a scegliere il Gs1 Databar

Un codice a barre di dimensioni ridotte, che offre vantaggi in termini di ottimizzazione dei processi di gestione e di quantità e qualità delle informazioni disponibili: è lo standard Gs1 Databar verso il quale Iper, La grande i, ha avviato il passaggio all’utilizzo per la codifica dei prodotti a peso variabile confezionati nei suoi ipermercati, primo retailer italiano.

Il GS1 DataBar è un codice a barre più piccolo rispetto al tradizionale EAN-13 ma capace di contenere un maggior numero di informazioni e di catturarle in una sola lettura: oltre all’identificativo del prodotto GTIN-13, può registrare anche la data di scadenza, il peso netto, il numero di lotto. È ideale per prodotti di dimensioni ridotte, per gli alimentari freschi a peso variabile e per gli articoli che richiedono la stampa di informazioni supplementari.

«Il progetto pilota sviluppato con Iper rappresenta un modello per l’intero settore della Gdo italiana – spiega Massimo Bolchini, Standard Development Director di GS1 Italy. Il GS1 DataBar ha consentito al distributore di ottimizzare la codifica dei prodotti a peso variabile, che ora avviene in modo centralizzato ed univoco, e di rilevare le quantità effettivamente vendute. Può essere utile anche per gestire la tracciabilità e per la pianificazione delle promozioni relative ai prodotti in scadenza».

Il passaggio di Iper al nuovo sistema di codifica ha interessato 17mila referenze tra carne e salumi, pesce, ortofrutta, gastronomia, formaggi, pane, pasta, pasticceria, ed ha coinvolto diversi dipartimenti interni all’azienda e dei fornitori di attrezzature. Con l’obiettivo di superare le criticità dovute alla soluzione tradizionalmente diffusa in Italia e di offrire un servizio migliore al consumatore finale.

«L’adozione della simbologia GS1 DataBar – dichiara Valerio Cortese, Direttore Sistemi Informativi di Iper Montebello Spa – offre a Iper l’opportunità di migliorare i processi gestionali, ma garantisce anche una migliore sicurezza all’esperienza di acquisto del proprio cliente e introduce tecniche di tracciabilità che saranno in futuro sempre più un fattore di qualificazione e distinzione del prodotto alimentare».

Partita nel punto vendita pilota di Vittuone a metà luglio 2015, l’adozione del GS1 DataBar prosegue al ritmo di un punto vendita alla settimana: la copertura completa dei 26 ipermercati Iper è prevista nel corso del 2016. Anche il nuovo punto vendita di Arese, la cui apertura è prevista ad aprile 2016, dovrebbe partire con la nuova gestione.

Tesco combatte lo spreco in tutti i pdv con il cloud, dalla fattoria alla tavola

È realmente “from farm to fork”, dalla produzione all’utente finale, il progetto, ambizioso, di Tesco, una delle Bìg Four, le maggiori catene della Gdo britannica, per combattere lo spreco lungo tutta la filiera. Il mezzo è il cloud, una piattaforma integrata che si chiama FareShare FoodCloud e che promette di realizzare milioni di pasti con le eccedenze dei supermercati della catena e il tramite delle associazioni benefiche. Tesco pensa di mettere in rete tutti i suoi punti vendita entro la fine del 2017.

Community Food Connection with FareShare FoodCloud funziona così: alla fine della giornata i responsabili di ogni punto vendita contattano l’associazione di riferimento che conferma se e quanto cibo verrà a ritirare, per poi trasformarlo in pasti per chi ha più bisogno. Ma la novità, oltre alla copertura nazionale, è anche il fatto che con lo stesso sistema, un’app, anche il consumatore finale può abbracciare il progetto donando le proprie eccedenze (che valgono oltre la metà del cibo sprecato).

Il make-up si “indossa” nel sito e-commerce di Cargo, grazie alla realtà aumentata

Cargo Cosmetics, azienda americana, ha dotato il proprio sito di e-commerce di una funzione che promette di fare storia e incrementare le vendite online: si tratta della possibilità di indossare, virtualmente, ombretto e rossetto di varie tinte sul proprio viso. È sufficiente la normale telecamera del computer o dello smartphone.

Schermata 2016-03-07 alle 22.59.25La piattaforma che consente ciò si chiama FaceCake e permette di applicare il makeup al viso “seguendo” anche i movimenti (se non sono troppo veloci).  L’abbiamo provato e funziona. È in effetti un modo di rendere gli acquisti di make-up online più accattivanti perché, come è accaduto per anni nell’abbigliamento, la possibilità di non poter “toccare con mano” il prodotto, o meglio il risultato su se stessi, può essere respingente. Se in questo caso la texture o la brillantezza sono “fuori portata” la possibilità di testare il colore con il proprio tipo di pelle, praticamente dal vivo grazie alla realtà aumentata, può in effetti rendere più sicuro l’acquisto e aumentare le vendite.

Una funzione dunque, quella della realtà aumentata, che immaginiamo si diffonderà sempre più in futuro nei siti di e-commerce, come nei camerini dei negozi d’abbigliamento.

Marketing, la strada giusta passa dalle interazioni virtuali?

La realtà aumentata a fini promozionali, per condurre strategie di marketing e affinare il contatto personalizzato con i clienti è oggi uno strumento valido a 360 gradi?

In altri termini, le interazioni virtuali possono sostituirsi a quelle reali con il medesimo successo?

È questo il quesito che ha guidato una recente indagine Gfk, coinvolgendo 27.000 persone di 22 paesi. In quanto rispondere a questo dilemma potrebbe essere un valido assist per le aziende che abbiano in mente di mutare l’approccio verso i propri clienti.

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Ne è emerso un quadro piuttosto variegato, in base all’età, al sesso e alla nazionalità del campione.

A livello italiano il 20% degli intervistati si dichiara d accordo con l affermazione secondo la quale le interazioni virtuali valgono tanto quanto le interazioni reali. Ma le donne sembrano essere più aperte nei confronti di questo tema, con il 25% di risposte favorevoli, contro il 16% registrato dagli uomini. Dal punto di vista dell’età, i più positivi nei confronti delle interazioni virtuali sono gli intervistati appartenenti alla fascia tra i 30-39 anni (27% di risposte favorevoli), seguiti quasi a pari merito dalle fasce 15-19 anni (21%) e 20-29 anni (20%). Tra le persone con più di 60 anni, al contrario, solo il 14% degli intervistati pensa che interagire a distanza utilizzando dispositivi tecnologici abbia lo stesso valore di conoscere qualcuno o qualcosa di persona.

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Nel resto del mondo

A livello internazionale, sono soprattutto le persone appartenenti alle fasce di età 20-29 anni e 30-39 anni a pensare che le interazioni virtuali valgano quanto la vita reale, rispettivamente con il 28% e il 27% delle risposte favorevoli. Seguono in classifica gli adolescenti (15-19 anni), che nel 22% dei casi si dimostrano positivi nei confronti delle interazioni virtuali.

Anche fuori dai nostri confini nazionali le fasce di età più anziane sono quelle meno propense ad equiparare vita reale e vita virtuale: tra i 50 e i 59 anni solo il 15% degli intervistati è d accordo con questa affermazione, mentre una persona su cinque (20%) si dichiara fortemente in disaccordo. Salendo ancora con l età, tra le persone con più di 60 anni quasi un terzo si dichiara in disaccordo (27%) mentre solo uno su dieci si dichiara d accordo (11%).

interazioni virtualiLe discrepanze, poi, sono notevoli anche da un Paese all’altro: Brasile e Turchia, infatti, guidano la classifica delle nazioni più aperte nei confronti del virtuale, con circa un terzo (34%) dei consumatori convinto che le interazioni virtuali possano essere tanto valide quanto quelle di persona.

Seguono a breve distanza Messico (28%), Cina (27%) e Russia (24%).

All’estremo opposto della classifica si trova la Germania, con quasi un terzo delle persone (32%) che si dichiara in disaccordo con l’equiparazione reale- virtuale nell’ambito delle interazioni umane. Ancora più in fondo alla classifica ci sono Svezia al 29%, Repubblica Ceca e Belgio con poco più di un quarto (26%) e Paesi Bassi e Regno Unito con circa il 23%.

Pagamenti con carta l’Italia si muove: +5,6% nel 2015, guidati da digital e smartphone

I pagamenti digitali avanzano finalmente anche in Italia, fanalino di coda con oltre la metà delle transazioni, caso unico nei Paesi avanzati, ancora ferma sul contante. Oggi solo un acquisto su 5 delle famiglie italiane è fatto in digitale e la gestione del contante costa all’Italia 9,5 miliardi di euro l’anno. Eppure, il ricorso a forme di acquisto diverse da quelle tradizionali sta diventando il motore del cambiamento dell’esperienza di pagamento degli italiani. È cio che è emerso dall’Osservatorio Mobile Payment & Commerce della School of Management del Politecnico di Milano.

Se le stime per il 2015 sui pagamenti via carta di credito è di 164 miliardi di euro (+5,6%), i New Digital Payment complessivamente hanno raggiunto i 21 miliardi di euro (+22% rispetto al 2014). L’apporto decisivo viene proprio, per l’81%, dall’acquisto di beni e servizi e dai pagamenti da PC e tablet e per il 13% da acquisti e pagamenti via Smartphone, che registrano un balzo in avanti del 48% (2,8 miliardi di euro nel 2015). «Ma occorre che i principali protagonisti dell’offerta attivino un sano confronto con il mercato per rendere più attraente l’esperienza d’uso per i clienti» dice Valeria Portale, Direttore dell’Osservatorio Mobile Payment & Commerce.

L’acquisto di beni e servizi via Smartphone (Mobile Remote Commerce di beni e servizi) traina il settore: cresce del 71% e vale 1,7 miliardi. Crescono anche i pagamenti di bollette via Smartphone (+172%) e gli acquisti e prenotazioni nei trasporti: nel 2015 sono state vendute 6 milioni di corse in bus e 6 milioni di corse in car sharing.

Lo smartphone in effetti, in quanto strumento sempre in tasca e interattivo, può avere un ruolo determinante nella diffusione dei pagamenti digitali. Se i servizi Remote sono stati individuati chiaramente e gli attori italiani li stanno già inserendo nei loro wallet (ad esempio pagamento di bollettini, ricariche, pagamento del biglietto del trasporto, trasferimenti p2p), c’è ancora molto lavoro da fare sul fronte delle soluzioni di pagamento Proximity e ancor più sulle funzionalità da utilizzare all’interno del negozio (coupon o programmi fedeltà).
Spunti e idee interessanti sulle funzionalità da inserire nel wallet possono venire dal mondo delle startup: nel 2015 ne state censite 328.

 

Nel punto vendita avanza il contactless

In avanzata anche i pagamenti contacless. Nei negozi, il transato dei Contactless payment e Mobile POS (ovvero i pagamenti mediante carta o telefono contactless) si attesta rispettivamente sui 700
milioni (3%) e 500 milioni (2%) di euro.

pagamenti contactless

Anche l’infrastruttura contactless è pronta: i POS sono raddoppiati (500.000 a fine 2015) e le carte abilitate passano da 12 a 20 milioni: nel 2018 transeranno tra i 6 e gli 8 miliardi di euro. Alle porte anche il Mobile Proximity Payment che ha un potenziale elevatissimo e consentirebbe di avvicinare gli italiani sempre più ai pagamenti elettronici.

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Incentivi pubblici e privati per colmare il divario

«Per colmare il ritardo nella diffusione dei pagamenti digitali in Italia rispetto alla media europea, è a nostro avviso necessario muoversi in due direzioni: consolidare l’offerta di servizi innovativi che facciano davvero leva sull’attrattività del Mobile e mettere in atto un piano di incentivi promosso dal soggetto pubblico – ha spiegato Valeria Portale -. L’Italia gode di un’ottima base infrastrutturale per l’accettazione di pagamenti digitali e di una buona diffusione di carte di pagamento tra la popolazione, in linea o superiore ai paesi europei più sviluppati, segno che il sistema finanziario ha lavorato bene per creare le condizioni necessarie allo sviluppo dei pagamenti digitali. I dati di effettivo utilizzo, tuttavia, collocano il nostro paese agli ultimi posti in Europa. Secondo le nostre stime, la gestione del contante costa all’Italia circa 9,5 miliardi di euro, costi ai quali aggiungere il gettito perso per l’erario – circa 27 miliardi di euro ogni anno – derivante dalla fascia di economia sommersa legata all’utilizzo di contante, in quanto non tracciabile».

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