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Ikea, il pop-up store funziona e prolunga l’apertura al 6 gennaio

Oltre 60mila visitatori e 66mila prodotti venduti in due mesi e mezzo. Sono i numeri che testimoniano il buon successo del pop-up store aperto da Ikea a Roma lo scorso 27 aprile nella centralissima piazza San Silvestro. E che hanno convinto l’azienda svedese a prolungare l’apertura fino al 6 gennaio.

L’apertura del negozio di piazza San Silvestro è un segnale dell’attenzione che la clientela riserva alla multicanalità: il pubblico sembra interessato ai nuovi format di vendita che si affiancano a quelli tradizionali. In questo caso si tratta di un negozio di dimensioni molto ridotte rispetto ai tradizionali store Ikea (appena 400 metri quadri), specializzato in un settore merceologico (la cucina, con idee e accessori per l’arredamento e la mise-en-place), con un assortimento selezionato e con una fruizione rapida e agile, che non sostituisce la messa cantata della visita al tradizionale negozio Ikea (a Roma ce ne sono due: uno all’Anagnina aperto nel 2000 e uno a Porta di Roma inaugurato nel 2005), ma vi si affianca. In questo modo, ai clienti viene offerto un bouquet di servizi tra cui scegliere sulla base delle loro esigenze. In questa direzione nella capitale Ikea ha aperto nel 2016 il Pick-up & Order Point, un punto vendita di prossimità nel quartiere Collatino in cui alcuni aspetti del negozio classico si uniscono alla comodità dell’acquisto online da pc, tablet e smartphone.

«L’entusiasmo con cui Roma ha accolto il pop-up store – dice Belén Frau, amministratore delegato di Ikea Italia – testimonia quanto sia strategico sviluppare progetti innovativi che avvicinano l’azienda al centro della città e alle persone. È nel Dna di Ikea rendere l’assortimento più accessibile a un numero sempre maggiore di persone, attraverso modalità che sappiano andare incontro alle esigenze dei nostri clienti».

Carrefour Italia premia Orogel per il miglior progetto su alimentazione e benessere

Il progetto la “Grande sfida dei fornitori per l’alimentazione e il benessere”, realizzato da Carrefour e rivolto agli oltre 600 produttori di prodotti a marchio, si è concluso con la proclamazione, all’interno di una rosa di sette finalisti, dell’azienda che sarà ambasciatrice, il prossimo autunno, di un analogo evento di confronto a livello internazionale.

L’onore di rappresentare l’Italia è andato quest’anno a Orogel SOC. COOP. AGRICOLA, cui è stato riconosciuto, per il progetto “Linea Benessere”, il merito di aver realizzato un progetto di comunicazione ad ampio raggio (dall’etichettatura agli eventi, dall’educazione scolastica alla presenza social, dalla sinergia con istituti scientifici fino al sito arricchito dall’interazione in diretta con esperti di alimentazione) in grado di coinvolgere i consumatori a più livelli.

La sfida

Il concorso lanciato da Carrefour tra i suoi fornitori, si è sviluppato in varie fasi: dopo una prima scrematura tra i numerosissimi progetti inviati, ha portato a una valutazione intermedia e, poi, alla scelta dei sette finalisti in altrettante categorie. Nella fase di selezione, curata da LAEMMEGROUP S.r.l., (società indipendente leader nelle soluzioni per la sicurezza alimentare) sono stati valutati di ogni progetto i punti di forza, quelli di debolezza, il grado di innovazione, la tipologia e l’entità delle risorse (umane, economiche ecc) impiegate, i risultati ottenuti o potenzialmente ottenibili, la consistenza e la ripetibilità dell’iniziativa.

L’approccio è consistito nell’identificare sette categorie in cui inserire le proposte dei concorrenti:

  1. buone pratiche agronomiche
  2. buone pratiche di allevamento
  3. promozione di stili di vita
  4. formulazioni per esigenze specifiche
  5. educazione alimentare
  6. informazione al consumatore
  7. profilo nutrizionale

 

I sette finalisti

Le aziende arrivate in finale e che sono state insignite ciascuna di un riconoscimento per la propria categoria, sono:

AMADORI (GESCO s.c.a.) vincitrice del premio “BUONE PRATICHE D’ALLEVAMENTO” con il progetto “Pollo Campese Amadori, allevato all’aperto senza uso di antibiotici”. Il progetto, che prevede l’eliminazione totale dell’uso di antibiotici nell’allevamento di pollo Campese, è un progetto pilota poiché l’azienda sta cercando di eliminare l’uso di antibiotici anche su altre filiere avicole. Ecco i risultati ad oggi: nella filiera pollo l’80% di riduzione di antibiotici dal 2011 al 2016, e il 50% solo nell’ultimo anno; nella filiera tacchini -60% dal 2011 al 2016 e -30% solo nell’ultimo anno. Negli ultimi 2 anni tutti i dati di consumo di antibiotici sono validati da un ente esterno accreditato (CSQA).

CasArrigoni s.r.l. – vincitrice nella categoria “PROMOZIONE STILI DI VITA”.

CasArrigoni, piccola azienda specializzata nella stagionatura e selezione, di formaggi DOP, tradizionali, Biologici, da anni cerca di valorizzare il territorio e rilanciare a livello mondiale alcune delle produzioni più caratteristiche della tradizione casearia lombarda e locale.

Il progetto ha previsto l’inserimento, nella propria gamma di referenze di due prodotti, Gorgonzola e Taleggio, derivanti da latte ottenuto in regime Biologico e Biodinamico.

C.I.C.O. SOC. COOP. AGRICOLA vincitrice nella categoria “EDUCAZIONE ALIMENTARE”

Società consorzio di cooperative fondata nel 1997, le cui aziende associate producono frutta e verdura, C.I.C.O. è sempre stata sensibile alla tematica del benessere umano e alla corretta nutrizione.

In un’ottica di comunicazione e sensibilizzazione al consumo dell’ortofrutta fra i più piccoli, ha elaborato il progetto “Frutta e verdura: un arcobaleno di salute” in collaborazione con la Presidenza e le insegnanti della Scuola per l’Infanzia “Sacra Famiglia” di Stienta ( Rovigo). Il laboratorio è stato finalizzato alla diffusione, fruizione, conoscenza nella scuola dell’infanzia dell’ortofrutta.

COMPAGNIA EUROPEA ALIMENTI E NATURA S.r.L. – vincitrice nella categoria “ESIGENZE ALIMENTARI PARTICOLARI”

Azienda produttrice di prodotti da forno, sin dalla sua nascita, ha proposto prodotti dal profilo nutrizionale equilibrato, senza zucchero e a ridotto contenuto di grassi.

Il progetto ha quindi come obbiettivo in primis il poter proporre sul mercato prodotti da forno dedicati a fasce di consumatori con patologie conclamate e/o semplicemente attenti allo stile di vita e ai profili nutrizionali dei diversi alimenti. Gli studi sperimentali sui prodotti sono stati effettuati in collaborazione con l’Università di Pavia, reparto di Farmacobiochimica e Nutrizione del Benessere e con l’Ospedale di Niguarda Milano, reparto di Diabetologia.

OROGEL SOC. COOP. AGRICOLA– vincitrice assoluta e nella categoria “INFORMAZIONE AL CONSUMATORE”

Orogel, cooperativa di agricoltori italiani che ad oggi conta più di 800 dipendenti e da 50 anni produce prodotti ortofrutticoli, con il progetto “Linea Benessere” vuole comunicare ai consumatori, attraverso i prodotti della linea omonima, il valore del cibo e dell’alimentazione sana, mirata a prevenire patologie problematiche per il mantenimento della salute.

NUOVA RUGGERI s.r.l.– vincitrice nella categoria “PROFILO NUTRIZIONALE”

Con la Linea Leggermente l’azienda ha voluto creare due brioches con un profilo nutrizionale adatto ai bambini e gli adulti, che vadano a posizionarsi vicino alle merendine tradizionali e non nel salutistico vero e proprio. Oltre alla sostituzione dell’olio di palma con olio di girasole che apporta una notevole riduzione dei grassi insaturi, si è puntato ad una forte diminuzione degli zuccheri aggiunti e dei grassi senza però utilizzare dolcificanti artificiali ma solo con l’utilizzo di frutta o prodotti naturali, tutto questo senza compromettere il profilo organolettico e soprattutto la durata del prodotto.

Sono quindi nate MusliPan e Pansoffio.

RISERIA VIGNOLA GIOVANNI S.p.A.– vincitrice nella categoria “BUONE PRATICHE AGRONOMICHE”

Riseria Vignola, da cinque generazioni lavora riso e cereali. Dal 2016 ha iniziato la coltivazione del riso con la tecnica della pacciamatura, un progetto innovativo per questo settore ma una tecnica già conosciuta per altri tipi di coltivazioni (fragole, meloni, ortofrutta in genere).

Grazie a questa tecnica è possibile ottenere una coltivazione biologica garantita (assenza di trattamenti chimici) e assolutamente sostenibile, infatti consente, tra i diversi aspetti:

  • Un minore utilizzo di fertilizzanti organici (più del 40% in meno)
  • Una forte riduzione nella quantità di seme utilizzato per ettaro (da 220 kg/ettaro a 40 kg/ettaro)
  • Una grande riduzione nell’utilizzo di acqua e un miglior controllo delle erbe infestanti
  • Una minor densità di semina che permette di avere piante più sane e vigorose.

Nel 2016 il progetto ha coinvolto 300 ettari di coltivazioni sui campi di proprietà della famiglia Vignola, nel 2017 sono stati sminati a pacciamatura 800 ettari sui 1550 di proprietà.

 

Il cliente Censis della Dmo: scaltro, infedele, superinformato

Il nuovo consumatore? È scaltro, infedele e superinformato. Lo rivela la ricerca del Censis «Lo sviluppo italiano e il ruolo sociale della Distribuzione moderna organizzata» presentata a Roma, che scatta la fotografia al consumatore del dopo-crisi (nel primo trimestre 2017 i consumi delle famiglie hanno registrato un aumento dell’1,3% rispetto al trimestre precedente e l’incremento annuo è il più alto dal 2011, +2,6%). Una fotografia molto diversa rispetto a dieci anni fa. L’unica cosa rimasta uguale è il favore accordato alla distribuzione moderna organizzata (supermercati, ipermercati, centri commerciali, grandi magazzini e grandi superfici specializzate) che resta il luogo d’elezione dove fare la spesa, dall’alimentare all’abbigliamento, dall’arredamento al bricolage e il giardinaggio, la profumeria e la cosmetica.

 

Infedele (sei volte su dieci)

Il nuovo consumatore è prima di tutto molto infedele al punto vendita: il 60,3% degli italiani che si rivolgono alla distribuzione moderna organizzata per fare la spesa alimentare acquista dove più conviene, senza sentimentalismi legati a un’insegna o a un punto vendita. Va dove ti porta il portafogli, insomma. La quota dei “fedifraghi” è addirittura del 74,7% nell’abbigliamento e nelle calzature, del 72,2% nell’arredamento, del 70% nell’elettronica e telefonia.

 

Informato (su sociale e web)

Naturalmente per inseguire l’affare bisogna essere molto informati. Sono ben 31,7 milioni gli italiani maggiorenni che nell’ultimo anno hanno letto i giudizi sui prodotti nei social network e nei blog per decidere se e cosa acquistare. E di questi 10,7 milioni lo fanno regolarmente. E a sua volta il consumatore diventa produttore di informazioni: 20,4 milioni di italiani (6,2 milioni regolarmente) hanno pubblicato post su siti web o social network con commenti personali o con il racconto di proprie esperienze relative a prodotti, spese, luoghi della grande distribuzione.
Altro “skill” necessario è la grande dimestichezza con i mezzi informativi sia tradizionali sia digitali: 46,8 milioni di italiani (29,7 milioni regolarmente) nell’ultimo anno sono venuti a conoscenza di promozioni e offerte dai volantini cartacei e 26,7 milioni (10,7 milioni regolarmente) da app scaricate sugli smartphone.

 

Smaliziato (e omnicanale)

Ma l’aspetto forse più interessante del consumatore evoluto è la capacità di combinare spazio fisico e spazio virtuale per massimizzare le opportunità di risparmio. Una delle tecniche maggiormente usate dal consumatore smaliziato è testare un prodotto nel negozio tradizionale per poi ordinarlo online per risparmiare: 30,5 milioni di italiani lo hanno fatto almeno una volta nell’ultimo anno e 8,8 milioni lo fanno spesso. Così come 19,6 milioni (5,4 milioni regolarmente) hanno ordinato prodotti tramite il web e poi li hanno ritirati presso il punto vendita mentre sono 14,4 milioni i nostri connazionali che si sono fatti consegnare la spesa a casa dopo averla ordinata per telefono o sul web (per 5,7 milioni è una pratica abituale). Quelli che sono rimasti ancorati allo shopping tradizionale sono ancora tantissimi: 46,6 milioni di italiani, dei quali 24,5 habituée.

 

Tutto, sempre, velocemente: il supermercato del futuro nei desiderata dei clienti

E spostandoci avanti con la fantasia, come si immaginano gli italiani il punto vendita del futuro? Un luogo versatile, in cui possano trovare dai farmaci, ai carburanti, alle polizze assicurative (43,8%). L’idea è quella di un grande magazzino con coupon personalizzati da scontare subito alla cassa (42,3%), personale preparato e disponibile che aiuti a capire e scegliere velocemente (33,3%), modalità più rapide e semplici di pagamento (29,2%), orari di apertura più flessibili e prolungati (sera tardi, domeniche, festivi: 25,9%), offerte personalizzate recapitate in tempo reale sullo smartphone (21,4%), disponibilità di servizi utili (posta, banca, lavanderia: 21,1%), e naturalmente il wi-fi (17,8%). Insomma, un negozio tailored e multiforme. Il futuro del consumo è adesso.

Istat, dall’inizio dell’anno vendite ferme e il +1% di maggio non fa cambiare rotta

Possiamo parlare di stagnazione delle vendite a questo punto: i dati Istat sul commercio al dettaglio relativi al mese di maggio 2017 registrano un aumento del +1,0% rispetto a maggio 2016 nelle vendite a valore, con l’alimentare a +1,1% e il non alimentare a +0,9%. Dall’inizio dell’anno però l’Istat evidenzia una variazione pari al +0,1% a valore e al -0,9% a volume.

«Il 2017 non si manifesta come un periodo di ripresa delle vendite al dettaglio – è il commento di Giovanni Cobolli Gigli, Presidente di Federdistribuzione –. Nei primi cinque mesi dell’anno i volumi sono in calo (-0,9% a livello complessivo) e la lievissima ripresa a valore (+0,1%) è frutto esclusivamente dell’aumento dei prezzi del settore alimentare. Le famiglie mantengono un atteggiamento prudente nei consumi. Preoccupate dalle incertezze del quadro politico, economico e sociale direzionano l’accresciuto potere d’acquisto degli ultimi anni verso un recupero dello stock di risparmio e un consumo di beni e servizi (auto, cultura e intrattenimento, ristorazione) alternativi ai prodotti di più generale e largo consumo. Un quadro non favorevole per le imprese del commercio, costrette ad affrontare un ulteriore periodo di domanda stagnante e una ripresa che continua ad allontanarsi nel tempo».

Secondo Federalimentare, è il mondo food che continua a destare preoccupazione, visto che la crescita (esigua) del mese (+1,0%) è attribuibile “a un “effetto trascinamento” dovuto all’aumento dei prezzi che, sebbene in riduzione, hanno avuto una forte impennata nei primi mesi dell’anno”. Il dato a volume segna infatti un calo del -1,0%. Questa tendenza si evidenzia in modo ancor più chiaro nei dati cumulati dei primi 5 mesi del 2017, che indicano una crescita del +0,6% a valore ma un calo a volume del -1,9%”. E se a maggio è andato meglio il non food, con una crescita sia a valore (+0,9%) sia a volume (+0,8%), nel periodo gennaio-maggio complessivamente abbiamo un calo, sia a valore sia a volume del -0,2%.

Il Codacons parla di un maggio “freddo” per le vendite aò dettaglio. «In realtà le vendite non stanno affatto crescendo, e rimangono stazionarie rispetto allo scorso anno – spiega il presidente Carlo Rienzi – È evidente come tali dati siano del tutto insufficienti ai fini di una ripresa dei consumi. Nonostante i numeri positivi registrati a maggio, le vendite in Italia sono sostanzialmente ferme, confermando i tanti allarmi lanciati dal Codacons e la mancanza di misure per sostenere il commercio interno».

 

Avanzano ancora i discount, soffrono i piccoli esercizi

“Un dato poco rassicurante” anche se si tratta a volume della prima variazione tendenziale positiva dell’anno emerge dalle rilevazioni Istat  secondo l’Ufficio Studi Confcommercio, visto che l’indice destagionalizzato si posiziona sui livelli più bassi degli ultimi anni. “Dalla debolezza della ripresa – fanno sapere dall’Ufficio Studi – restano più colpiti i negozi con meno di cinque addetti, che registrano una riduzione delle vendite in valore del 2,5%, mentre appare meno difficile la congiuntura delle imprese più grandi. La fiducia delle famiglie continua ad essere precaria, comprimendo la propensione al consumo”. 

Se le vendite di alimentari salgono a maggio 2017 rispetto a un anno prima in ipermercati (+0,2%) piccole botteghe alimentari (+0,3%) e supermercati (+0,4%) sono ancora i discount che fanno registrare l’incremento di gran lunga più significativo, del 3,2%.

Coldiretti evidenzia come sia proprio il settore alimentare a far registrare i risultati migliori con una media del +1,1%. “L’aumento della spesa alimentare su base annua è un segnale positivo poiché si tratta della seconda voce del budget familiare dopo l’abitazione. L’auspicio è che ora gli aumenti di spesa nella distribuzione alimentare si trasferiscano anche al settore agricolo dove – commenta Coldiretti –i compensi riconosciuti per molti prodotti non coprono neanche i costi di produzione”.

Distribuzione Italiana: Camattari è il nuovo Direttore Commerciale e Marketing

Distribuzione Italiana nomina Alessandro Camattari nuovo Direttore Commerciale e Marketing.

48 anni, una laurea in Statistiche Economiche ed una specializzazione in Marketing, Camattari vanta un’esperienza pluriennale in ambito retail maturata in aziende di rilievo come Conad, Iperal ed Unicomm, da cui proviene. Un background che fa di Camattari la figura ideale per accompagnare il lancio e lo sviluppo di D.IT e favorire il riposizionamento di Sigma e Sisa, le insegne attualmente presenti nel gruppo.

“Salutiamo con grande soddisfazione l’arrivo di Alessandro Camattari, in un momento particolarmente importante per D.IT – Distribuzione Italiana”, ha dichiarato il Presidente Francesco Del Prete. “Le esperienze che Alessandro apporta sono significative e forniranno un contributo importante per D.IT e per il suo sviluppo”.

“Il nostro impegno” – prosegue Del Prete – “è quello di favorire il dialogo costante tra centro e periferia affinché si completino e si valorizzino a vicenda, utilizzando il rapporto con il territorio come chiave per il ridisegno dei servizi intorno alle esigenze dei Clienti. La sfida di Alessandro sarà di proseguire e completare questo percorso, grazie anche a una nuova organizzazione che raccoglie e mette a fattor comune expertise e professionalità già attive da tempo nel nostro settore”.

“Comincio la mia avventura con l’entusiasmo di chi accetta una sfida sapendo di entrare in una grande squadra, costruita intorno ad un grande progetto con alla base valori estremamente solidi”, ha dichiarato Alessandro Camattari. “D.IT è una realtà unica nel panorama italiano, per approccio, dinamismo e potenzialità di crescita. Il bagaglio di esperienze e competenze che trovo qui costituisce una ricchezza rara, da mettere a frutto per proseguire sempre più speditamente nel cammino al fianco dei nostri Soci e dei loro Clienti”.

Per Oricenter un milione di visitatori in un mese, e tra i servizi parte la Smart Clinic

Un milione di ingressi in un mese: parte con il botto il “nuovo” Oriocenter, che un mese fa è stato “reinaugurato” nella sua versione gigante, con i 105mila metri quadri e le 280 insegne che ne fanno lo shopping mall più grande d’Italia e uno dei più grandi d’Europa. Ad attirare maggiormente i visitatori nel mese che, precedendo i saldi, è di solito contrassegnato da un minor traffico, sono stati quei servizi che vanno ad ampliare e trasformare il tradizionale concetto di “shopping centre”, come i ristoranti della nuova food hall (tra essi la prima apertura italiana di Wagamama, catena di cibo orientale), gli spettacoli cinematografici a tutte le ore anche sullo schermo Imax più grande d’Europa (che ha trasmesso anche in diretta il concerto record di Vasco Rossi il 1° luglio), il nuovo NH Hotel a quattro stelle e i servizi alla persona come la Smart Clinic del gruppo ospedaliero San Donato (inaugurata il 29 giugno), dotata anche di una sala operatoria per piccoli interventi. Naturalmente però la chiave del successo sta anche nei nuovi marchi del fashion come l’americano Under Armour e Thule.

Ora il grande centro commerciale che si trova davanti all’aeroporto di Orio al Serio, in provincia di Bergamo, è pronto per i saldi estivi partiti il 1° luglio con un orario prolungato fino alle 23 replicato anche il giorno dopo. Va detto che però che a Oriocenter, come in tutti i centri commerciali, non c’è stato il pienone previsto. Malgrado ciò, secondo le stime dell’Ufficio Studi di Confcommercio, ogni famiglia spenderà in media per l’acquisto di articoli di abbigliamento e calzature in saldo circa 230 euro per un valore complessivo intorno ai 3,5 miliardi di euro.

 

E nella Smart Clinic si eseguono anche operazioni chirurgiche ambulatoriali

Importante lo sbarco a Oriocenter della Smart Clinic aperta dal gruppo ospedaliero San Donato, la seconda del genere dopo la Corpore Sano Smart Clinic aperta con grande successo alle Due Torri di Stezzano. Invariato il concept, che prevede di mettere il know how del primo gruppo ospedaliero italiano alla portata di tutti, offrendo un servizio di qualità ospedaliera che sappia adattarsi alle esigenze di salute, benessere e cura dei cittadini in modo flessibile, facilmente accessibile, pratico ed economico. La Smart Clinic vanta quasi mille metri quadri di superficie, 19 ambulatori con alte tecnologie, un’area dedicata alla diagnostica per immagini, una palestra per la fisioterapia e box per le terapie fisiche. Assoluta novità per una struttura medica all’interno di un centro commerciale, un blocco chirurgico per attività operatoria ambulatoriale e un centro laser per la chirurgia refrattiva, legato al programma www.buttagliocchiali.it.

Non Food, aumentano anche se di poco (102,48 miliardi, +1%) i consumi alimentari in Italia

Marco Cuppini, research and communication director di GS1 Italy, durante la presentazione.

Aumentano anche se di poco i consumi non alimentari in Italia, che passano dai 101,47 miliardi del 2015 ai 102,48 miliardi del 2016. Una crescita dell’1,0% rispetto all’anno precedente ma inferiore rispetto alla crescita media nazionale dei consumi totali delle famiglie italiane, che è stata del +1,4%. Lo rivela l’edizione 2017 dell’Osservatorio Non Food di Gs1 Italy (associazione che riunisce 35mila imprese italiane di beni di consumo), condotto in collaborazione con TradeLab, presentato al Piccolo Teatro Grassi di Milano.

I consumi totali delle famiglie italiane sono stati nel 2016 di 1.023,6 miliardi rispetto ai 1009,9 miliardi del 2015. I servizi (che comprendono anche carburante, mezzi di trasporto e tabacchi) pesano per 694,6 miliardi (+1,5% rispetto all’anno precedente), i consumi grocery per 176,2 miliardi (155,6 miliardi ascrivibili agli alimentari e alle bevande e per 20,5 miliardi agli articoli per l’igiene della casa e della persona, complessivamente +1,1%) mentre per i consumi non alimentari secondo il paniere Istat abbiamo speso nel 2016 152,7 miliardi. Di essi 101,47 sono per le merci monitorate dall’Osservatorio GS1 Italy. “Il 2016 è stato un anno ancora di crescita per i consumi, che chiudono l’anno con un bilancio di segno positivo e con un’evidente ripresa in quasi tutti i settori, anche se a ritmo ridotto rispetto all’anno precedente”, commenta Marco Cuppini, research and communication director di GS1 Italy.

Ma quali sono i settori che pesano di più nella spesa non alimentare? In testa l’abbigliamento e le calzature, che “fatturano” 24.850 milioni nel 2016, perdendo il 2,6% rispetto al 2015 e oltre 4 miliardi rispetto al 2012. Al secondo posto l’elettronica di consumo, che con 20.166 milioni annui è cresciuta sia rispetto al 2015 (+3,4%) sia in termini assoluti rispetto al 2012 (+943 milioni). Seguono i mobili e l’arredamento (13.895 milioni, +1,1% rispetto al 2015), il bricolage (11.965 milioni, +0,9%), i prodotti per automedicazione (6241 milioni, +3,1%), gli articoli sportivi (5779, +1,9%), i prodotti di profumeria (5471, +1,8%), i casalinghi (4457, +1,0%), l’edutainment (3291, +4,3%), i prodotti ottici (2470, +2,1%), il tessile (1381, -0,8%), la cancelleria (1325, +0,9%) e i giocattoli (1180, +4,7%).

 

Razionalizzazione dei punti vendita fisici

Quanto ai canali di vendita, i dati dell’Osservatorio Non Food di GS1 Italy evidenziano chiaramente una razionalizzazione in atto: nel 2016 hanno chiuso 4.600 punti vendita, con un saldo negativo tra aperture e chiusure del -0,1%. Nel 2016 in Italia c’erano 117.844 punti vendita di abbigliamento e accessori (-0,8%), 40.764 di ferramenta, costruzioni e giardinaggio (-1,3%), 40.806 di mobili, casalinghi e illuminazione (-1,6%), 38.829 di libri, giornali e cartoleria (-2,8%), 25.656 di calzature e articoli in cuoio (-2,1%), 22.288 di cosmetici, articoli di profumeria ed erboristerie (+0,4%), 19.892 di elettrodomestici, informatica, audio-video e telefonia (+2,2%), 17.174 di prodotti tessili e biancheria per la casa (-4,2%) e 132.298 di altri esercizi specializzati (-0,4%). Negli ultimi quattro anni a crescere di più in percentuale sono stati i negozi di elettronica (+10,7% e a diminuire si più quelli di prodotti tessili (-12,2%)

La presentazione milanese è stata anche l’occasione per fare un punto sui fenomeni che hanno caratterizzato gli ultimi dieci anni dei consumi in Italia, quelli caratterizzati dall’avvento della digitalizzazione anche in questo universo e dalla crisi che ha portato i consumi non food in Italia a contrarsi di circa il 10%, da 114,0 a 102,5 miliardi.

Sono stati gli anni dell’imporsi di nuovi modelli di vendita, come l’omnichannel, che integra in un’unica esperienza i canali fisico e online. Sono stati gli anni in cui il web si è dimostrato fondamentale sia come canale di comunicazione sia come canale di vendita. Sono stati gli anni in cui i GSS (grandi superfici e catene) hanno continuato ad allargarsi conquistando o rafforzando la leadership in particolare nei settori dell’abbigliamento, delle calzature, dello sport e degli elettrodomestici, portando con sé l’affermarsi del valore della polarità commerciale, che concentra le realtà distributive in luoghi aggregativi anche si servizi molto differenti. In dieci anni i centri commerciali sono aumentati dell’11,3%, ma soprattutto hanno raggiunto il 36,8% della rete (nel 2007 il loro peso si fermava al 30,0%) a scapito dei negozi dei centri storici e delle strade principali delle città (46,6% rispetto al 54,9% di dieci anni fa) e dei negozi periferici (passati dall’11,4% al 6,7%). Crescono anche i factory outlet center, che oggi sono 27 e dieci anni fa 19 e aumentano anche l’area commerciale, passata da 21,2mila a 25,6mila metri quadri. Infine negli ultimi dieci anni si sono sviluppate le reti di vendita anche in luoghi un tempo insoliti come le stazioni ferroviarie e gli aeroporti.

Per Costco, supermercati all’ingrosso, in Francia esordio con il botto: aspettando l’Italia?

Sbarca in Francia e pensa all’Italia Costco, la grande catena americana di supermercati all’ingrosso, che ha aperto il suo primo magazzino oltralpe allargando così la sua presenza in Europa dopo i 28 store in Gran Bretagna, i due in Spagna e quello aperto a maggio in Islanda. Un’espansione che secondo voci piuttosto insistenti presto potrebbe interessare anche il nostro Paese, considerato molto interessante per il colosso di Issaquah, nello stato Usa di Washington, a causa dei grandi margini di espansione individuati nel nostro Paese. Del resto, spesso nel mondo della grande distribuzione la Francia anticipa di poco quello che accade in Italia.

 

Prezzi stracciati anche per prodotti di alta gamma, layout spartano

L’arrivo di Costco con il suo modello inedito di vendita sarebbe rivoluzionario: si tratta infatti di un ipermercato assolutamente peculiare, una sorta di club (secondo il modello del “wholesale club”) con una tessera d’iscrizione di 36 euro l’anno (in Francia) che vende all’ingrosso prodotti di marca (oppure della private label Kirkland) a prezzi bassi e in grandi quantitativi, ciò che rende l’acquisto interessante soprattutto per ristoranti, alberghi, comunità, aziende e per famiglie molto grandi.

Costco riesce a tenere i prezzi bassi (il margine in Europa è del 14%, negli Usa ancora meno) grazie a politiche di contrattazione con i fornitori molto aggressive, evitando spese di imballaggio (i clienti devono portarsi le buste da casa) e disponendo gli articoli direttamente sui pallet, risparmiando sull’illuminazione artificiale grazie allo sfruttamento al massimo di quella naturale, riducendo al minimo il décor dei punti vendita. Altra caratteristica, il rimborso totale delle merci che non hanno soddisfatto il cliente. Anni fa Costco fece notizia per il rifiuto di vendere prodotti della Coca-Cola a causa del rifiuto della multinazionale di Atlanta di abbassare i prezzi.

Nel suo primo giorno di apertura a Villebon-sur-Yvette, alla periferia di Parigi, lo scorso 22 giugno, il nuovo negozio Costco ha fatto registrare quasi 2mila nuove iscrizioni e oltre 6500 scontrini.

«È stata una giornata magnifica. Abbiamo raggiunto il nostro obiettivo in termini di giro d’affari. Siamo molto soddisfatti» ha detto ha caldo Gary Swindells, presidente di Costco Francia. Molto felici anche i clienti, che in molti casi hanno fatto anche un’ora di viaggio per raggiungere l’ipermercato, venendo ripagati da un’accoglienza particolarmente calorosa da parte del personale. In molti hanno mostrato di conoscere già l’insegna, che sorprendentemente poteva vantare già una comunità di fan in Francia.

Grande anche l’afflusso di giornalisti ansiosi di raccontare questa nuova realtà del commercio all’ingrosso che ha grandi numeri sin dalla carta d’identità: 13.750 metri quadri di superficie, 3.880 referenze di assortimento quasi tutte in formato XXL, alcune offerte ancora più esagerate. Quello che però ha colpito i primi testimoni è che tutte le merci sono esposte in modo “democratico”, ovvero con la stessa visibilità, senza favorire un marchio piuttosto che un altro, e che malgrado il motivo per cui si va da Costco è il risparmio c’è anche un’offerta di alta gamma. Nel negozio parigino, ad esempio, quasi tutte le carni sono “label rouge”, tra i prosciutti è ben rappresentato l’”iberico bellota”, il top del mondo, e ci sono 24 varietà di caviale.

 

Crai, per il 2017, punta su clienti, negozi e servizi

Fatturato per il 2016: 5.800.000.000 euro (+9%), in 2 anni 332 nuovi punti di vendita nel canale food e 293 nel canale drug, più di 1000 imprenditori e oltre 3.400 pdv: con questi numeri Marco Bordoli, amministratore delegato CRAI SECOM, ha aperto il trade media briefing, occasione per fare il punto sui risultati raggiunti dal gruppo CRAI e presentare i progetti futuri dell’insegna. Le prospettive per il 2017 sono buone, con un andamento a rete corrente del +2,77 (fonte Qlik) per il canale food (78 nuovi punti vendita) e del +12,05% nel canale drug (+ 19 pdv). Si conferma il primato nel format di prossimità, con quasi il 12% di quota. Sul totale dello scenario distributivo Crai si colloca al 9° posto, con una quota di mercato del 3.46%.

Una crescita che è frutto anche dei progetti per l’anno in corso, basati su tre pilastri: i clienti, i negozi, i servizi/l’innovazione. «Sui clienti – ha raccontato Mario La Viola, Direttore Marketing e Format CRAI – abbiamo svolto una indagine, dalla quale abbiamo capito che il prezzo (seppure importante) non è il primo motivo per cui si compera in un negozio Crai: vengono prima valori come l’accoglienza e la vicinanza».

Marco Bordoli

Sui negozi si sta portando avanti il rilancio delle piccole superfici di ultra prossimità, anche nei centri storici cittadini. «Il nostro obiettivo – ha sottolineato Bordoli – non è avere negozi più belli, ma più profittevoli». Novità anche per le superfici sopra gli 800 mq, i Crai Extra, con una revisione degli assortimenti e il prolungamento degli orari di apertura. Giangiacomo Ibba, Presidente CRAI COOP ha raccontato gli effetti di tali esperienze nei punti di vendita Crai in Sardegna.

Sul fronte dei servizi, si segnalano le operazioni di CRM e Loyalty, la nascita di due piattaforme centralizzate una dedicata all’ortofrutta e una ai surgelati, e l’ingresso nell’e-commerce.

Ha concluso l’incontro Piero Boccalatte, Presidente CRAI SECOM, con parole di ottimismo sulle prospettive future.

di Elena Consonni

Business ibrido: il retail tradizionale vira verso l’online, a partire dall’USA

Business sempre più ibrido? Pare proprio di sì. Stando infatti a un recente studio BDO (BDO’s 2017 Retail Compass Survey of CFOs) , risulta chiara la svolta decisiva verso il digitale dei retailer negli USA.
Secondo l’approfondimento BDO-PitchBook, già nel 2016, infatti, le fusioni e acquisizioni dei Retail tradizionali statunitensi si sono attestate intorno ai 17 miliardi di dollari (il valore più alto registrato negli ultimi cinque anni pari al +60% rispetto al 2015 ) e hanno interessato 105 operazioni.

Ottima pure la crescita degli investimenti di private equity (PE) nel settore che hanno raggiunto,  l’anno scorso, $6,1 miliardi di buy-out completati, contro i 2,2 miliardi registrati nel 2015 e 300 milioni di dollari rilevati nel 2014.

Notizie altrettanto buone per il mero segmento Internet Retail, che fa registare 155 operazioni portate a segno nel 2016 per un controvalore di oltre 13 miliardi di dollari e un +22% di crescita dei volumi rispetto al 2015. È ormai palese che il consumatore preferisca sempre più muoversi online e il modello di business al dettaglio si sta modificando di conseguenza.

Una  conferma di questa più che rapida evoluzione verso il digitale arriva da La National Retail Federation statunitense che prevede in crescita le vendite retail online per l’anno in corso con una quota compresa tra 8 e 12%, e un tasso di crescita tre volte più veloce che nel settore retail in generale.

Le previsioni della NRF per gli store tradizionali fisici attestano invece la quota di crescita a circa il 3%, mostrando così quanto sia rilevante un’offerta multicanale osservando quanto l’ecommerce sia sempre più alla guida della crescita del settore Retail. 

Il caso WalMart

La sfida è stata colta da WalMart, la più grande catena di megastore americana, che, con l’acquisizione della piattaforma di commercio online Jet.com per 3 miliardi di dollari l’anno scorso, ha lanciato la sfida ad Amazon sulle vendite online. Il colosso USA della grande distribuzione ha portato a termine una delle più grandi acquisizioni nell’e-commerce, in particolare per una startup che è partita ufficialmente nel 2015.

“Jet.com è stata acquisita l’estate scorsa con offerta ’premium’ di $3,3 miliardi rispetto alla sua effettiva valutazione di $1,35 miliardi, ma WalMart ha visto giusto, al punto che, alla fine dell’anno scorso, le vendite a livello globale nell’e-commerce sono incrementate a doppia cifra, con +15% rispetto il 2015, e quelle autoctone U.S.A. sono salite di ben il 36%” ha commentato Simone Del Bianco, managing partner di BDO Italia.

Il retail tradizionale: la scommessa di Macy’s e Target

I rivenditori tradizionali stanno facendo grandi investimenti in tecnologia, sia negli store fisici sia nell’e-commerce non solo per offrire un’esperienza multi-canale, ma anche per consentire al consumatore un approccio più olistico al brand. Macy’s e Target, per esempio, hanno stretto una partnership con la startup e-retail ThredUp, consentendo ai consumatori di donare abbigliamento usato alla piattaforma ThredUp in cambio di credito presso i propri store fisici. Alcuni retailer dell’abbigliamento, come Urban Outfitters, stanno collaborando con startup tecnologiche per utilizzare la tecnologia dei beacon in-store raccogliendo informazioni in tempo reale sulle preferenze di acquisto e sul flusso dei propri clienti.

E l’e-commerce puro?

Allo stesso tempo, gli e-retailer puri si stanno espandendo in controtendenza nel mondo fisico. Nel 2017, la Unicorno Warby Parker – startup di eyewear design che prima di aprire il suo store nel cuore di SoHo, ha iniziato online il proprio business vendendo occhialeria originale e di qualità a prezzi estremamente competitivi rispetto alla media – prevede di portare a 70 i propri punti vendita nel mondo. Quanto ad Amazon, la storia è nota…

E’ interessante notare – è il commento di Simone Del Bianco – come i grandi retailer USA, la cui presenza nei mercati europei è sempre più significativa, stiano valutando di portare l’esperienza in-store al livello successivo. Secondo le analisi BDO, 1 retailer su 2 prevede di investire nella riqualificazione e/o nel rimodellamento dei propri store. Allo stesso tempo, la maggioranza, il 70%, si sta concentrando sull’online, investendo più capitale nel commercio elettronico e nei canali mobile. Per aiutare questi canali a comunicare tra di loro e migliorare l’efficienza operativa, il 74% dei dettaglianti USA investirà nell’innovazione tecnologica dei sistemi IT. Anche in Europa e in particolare in Italia la ricerca di nuovi modelli di business, l’innovazione tecnologica e la spinta al digitale sono sfide che le imprese devono e dovranno necessariamente affrontare per raggiungere e/o mantenere una posizione competitiva di mercato e aspirare ad adeguati livelli di margine”.

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