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Ioleggoletichetta.it sostiene la petizione di Conad per liberalizzare i farmaci di fascia C

Alla raccolta di firme finalizzata a sollecitare il Parlamento a estendere la vendita di farmaci di fascia C a tutte le parafarmacie, comprese quelle della Gdo, partecipa Ioleggoletichetta.it, che in questo modo intende sostenere la campagna lanciata da Conad, Federazione Nazionale Parafarmacie Italiane e Altroconsumo. Una campagna che nelle prime tre settimane ha raggiunto 80mila firme.
La raccolta di firme è finalizzata all’estensione della vendita anche ai farmaci di fascia C, ovvero quei 3.800 farmaci utilizzati per patologie di lieve entità, quali, ad esempio, antidolorifici, antinfiammatori, ansiolitici, antidepressivi e anticoncezionali. Farmaci che valgono, da soli, 2.937 milioni di euro, l’11% della spesa farmaceutica nazionale (fonte: Rapporto Osmed 2014). E a questo scopo Conad ha realizzato il sito www.liberalizziamoci.it in cui i cittadini possono trovare la petizione da firmare. La raccolta delle firme è in atto anche nelle parafarmacie e nei punti di vendita Conad, oltre che in molte parafarmacie private.

In termini di risparmio per i cittadini la competizione sui prezzi garantirebbe un beneficio stimato tra i 500 e i 900 milioni di euro all’anno (vedi Dalle liberalizzazioni dei farmaci di fascia C 600 milioni per le famiglie). La stessa dinamica si è verificata con la liberalizzazione nel 2006 dei farmaci senza obbligo di prescrizione medica (Sop) e dei farmaci da banco (Otc). Con la concorrenza i prezzi dei farmaci sono risultati infatti più contenuti, per un valore medio di 8,1 euro in farmacia, 7,4 euro in parafarmacia e 6 euro nella grande distribuzione (fonte: Assosalute, 2015).
«Preoccupa l’orientamento del Parlamento, che sul ddl concorrenza continua a tenere i farmaci di fascia C fuori dalle parafarmacie ignorando le raccomandazioni dell’Antitrust – sottolinea l’amministratore delegato di Conad Francesco Pugliese -. In questo modo si nega a tante famiglie la possibilità di risparmiare sul costo dei medicinali, per valori che vanno mediamente dal 10% delle parafarmacie private al 20% di quelle della Gdo. Invece oggi, per effetto della crisi, gli italiani trascurano la propria salute, e lo Stato pagherà sui lunghi tempi nella cura delle malattie».

Conad ha in funzione 97 parafarmacie su tutto il territorio nazionale, di cui la prima è stata inaugurata nell’ipermercato di Modena, a ottobre 2006. Il fatturato 2014 ha superato i 50 milioni di euro e i 3,7 milioni di clienti che le frequentano annualmente hanno risparmiato il 20% rispetto ai prezzi della farmacia tradizionale, per un importo complessivo di 10 milioni all’anno. Nelle parafarmacie Conad i farmaci senza obbligo di prescrizione medica e i farmaci da banco valgono il 30% del fatturato. Seguono gli integratori alimentari, i prodotti per la cura del viso e gli articoli sanitari.

Arese Shopping Center, un progetto ambizioso che si ispira alla metropoli newyorkese

Arese Shopping Center: il più grande shopping center mai realizzato in Italia in una sola fase e in soli due anni debutterà il prossimo aprile. Ben 92.000 mq di GLA su cui graviteranno 200 negozi, ristoranti e caffè, oltre a un polo sportivo sia indoor che outdoor.

Il progetto è stato realizzato dagli architetti di fama mondiale: Davide Padoa, CEO Design International, Michele De Lucchi e Arnaldo Zappa.

Arese Shopping Center nasce nell’area dell’ex fabbrica Alfa Romeo, grazie alla volontà di riqualificare il territorio da parte di Marco Brunelli, patron di Finiper. Itinera SpA è il General Contract, Moretti S.p.A. è subcontractor.

Il progetto

Lo studio DI, convocato in una seconda fase grazie alla comprovata expertise nel mondo Retail, ha caratterizzato il progetto realizzando un building unico e iconico, con l’imprinting dei grandi mall internazionali, creando una “storia” e un “percorso” che si accompagnano al design di De Lucchi con il progetto delle due aree Fashion Court e Ipermercato. Davide Padoa, CEO di Design International che annovera decine di progetti internazionali del calibro di “Morocco Mall” e ha firmato alcune delle pietre miliari della “retail architecture” degli ultimi anni, ha commentato: “Arese Shopping Centre è una nuova esperienza di shopping & dining che trova le sue radici 500 anni fa, quando la strada diventò un luogo di incontro. Infatti, non ha negozi lungo una galleria commerciale ma veri e propri palazzi e piazze lungo una strada.”

AerialView

La Fashion Court, ispirata a Covent Garden, è strutturata secondo l’innovativa tecnica del “sistema di piazze” per creare punti di aggregazione, sulle quali si affacciano importanti brand, tra cui Primark, il noto brand inglese, per la prima volta in assoluto in Italia.

Il concept architettonico si contraddistingue per il sistema di piazze, ognuna con una propria identità, e per la rampa interna che ricorda inequivocabilmente il Museo Guggenheim di New York; particolarmente innovativa è la metodologia utilizzata nella progettazione del tetto, mai applicata ad un centro commerciale: la struttura della copertura è in “Glulam” (legno lamellare strutturale realizzato con materiali sostenibili) ed è tra le più grandi mai realizzate in Europa. L’intero complesso è stato progettato secondo rigidi criteri di risparmio energetico e bio-sostenibilità, in linea con gli standard promossi dal U.S. Green Building Council per ottenere la prestigiosa certificazione LEED® di livello Gold.

L’ipermercato

Anche all’Ipermercato è stata data una particolare connotazione: l’architetto Davide Padoa ha fortemente voluto realizzare una sorta di estensione dell’ipermercato anche all’esterno dello stesso. Infatti ha creato un’area dedicata ai prodotti “al fresco” all’interno della Food Court offrendo ai visitatori l’opportunità di acquistare i prodotti da consumare anche in loco.

Sostenibilità degli allevamenti: Waitrose, M&S, Noble Foods e Coop CH le insegne più virtuose

La nuova edizione del The Business Benchmark on Farm Animal Welfare, il rapporto nato con lo scopo di incentivare un trattamento più equo degli animali negli allevamenti e giunto alla quarta edizione, ha dato le pagelle valutando 90 aziende del settore alimentare. Noble Foods, Marks & Spencer, Waitrose e Coop Group (Svizzera) sono le insegne della GDO che hanno ottenuto il punteggio più alto.
Una problematica sempre più sentita questa delle condizioni estreme in cui versano gli allevamenti di bestiame, che suscitano questioni etiche ma anche sanitarie, tanto da far nascere una nuova categoria di “dietisti etici”, i flexitarians, che scelgono se mangiare o meno carne a seconda della provenienza e delle condizioni cui sono sottoposti gli animali.
Un tema che non sfugge alle aziende, tanto che il rapporto rileva come il 69% di quelle prese in considerazione hanno pubblicato delle linee guida che riguardano il benessere degli animali (erano solo il 46% nel 2012) e il 54% si è posta degli obiettivi che riguardano il benessere animale (il 26% nel 2012). Tra gli aspetti presi in considerazione c’è la reclusione in gabbie, la clonazione o modificazione genetica, l’uso di sostanze che promuovono la crescita e di antibiotici, le mutilazioni, lo stordimento prima della macellazione e i trasporti su lunghe distanze.

Le aziende sul podio
Il direttore esecutivo di BBFAW, Nicky Amos, ha commentato: «I risultati dimostrano come sia realistico per le aziende in tutto il mondo e in tutta la filiera (distributori, grossisti, ristoranti, bar e produttori) aspirare a raggiungere alti voti nel Benchmark e riconoscere la responsabilità che hanno nel benessere degli animali nella loro supply chain».
Sono 11 le aziende che occupano la testa della classifica, avendo dimostrato l’impegno più forte verso il benessere degli animali negli allevamenti. Le 90 aziende sono divise in livelli: piazzarsi nei primi significa avere sviluppato sistemi e processi per gestire la questione.
Al primo livello troviamo le più virtuose, tre insegne britanniche (Marks & Spencer, Waitrose e Noble Foods) e la svizzera, Coop Group.
Al secondo livello ancora UK in primo piano con The Cooperative Food (UK), J Sainsbury e Cranswick, la svizzera Migros ma anche multinazionali come Unilever, Marfrig, McDonald’s (che ha registrato nel quarto trimestre 2015 il miglior risultato trimestrale in quasi quattro anni, anche, secondo gli analisti grazie al “restyling green” cui è stata sottoposta).
Nel terzo livello stazionano Ahold, FrieslandCampina, Danone, JBS, Nestlé, Subway, Tesco e Tyson Foods. Raggiunti quest’anno da Barilla, la prima italiana delle sei prese in esame, BRF, Sodexo, Walmart, Compass Group, Greggs, Kaufland e Whitbread.
La direttrice esecutiva di BBFAW, Nicky Amos, ha commentato: «I risultati dimostrano come sia realistico per le aziende in tutto il mondo e in tutta la filiera (distributori, grossisti, ristoranti, bar e produttori) aspirare a raggiungere alti voti nel Benchmark e riconoscere la responsabilità che hanno nel benessere degli animali nella loro supply chain».

Nonostante i passi avanti compiuti dal 2012, nota il report, circa il 40% delle aziende (tra cui Burger King, Domino’s Pizza Group (UK) e Starbucks) non hanno fornito alcuna informazione sulla loro strategia nei confronti del benessere animale negli allevamenti. Come ha detto Nicky Amos: «Nonostante i progressi è chiaro che c’è ancora molto da fare per mettere il benessere animale degli allevamenti nei programmi di molte grandi aziende globali del settore alimentare».
Il rapporto però sottolinea come vi sia da parte delle società di investimento un interesse crescente sul tema.
«Per la prima volta abbiamo visto investitori a livello globale che si sono impegnati attivamente con le aziende per incoraggiarle a migliorare le pratiche e la comunicazione di ciò che fanno per la sostenibilità degli allevamenti. Il Benchmark annuale fornisce alle aziende un grande incentivo per migliorare la divulgazione e rendere conto della loro prestazione. Con la crescita della consapevolezza da parte degli investitori e la comprensione dei rischi sistemici e delle opportunità posta dal benessere animale negli allevamenti ci aspettiamo di veder crescere nel tempo l’interesse e l’azione degli investitori» ha detto Rory Sullivan, BBFAW Expert Advisor.
Il rapporto è stato compilato in collaborazione con organizzazioni attive nella difesa degli animali e dell’ambiente quali Compassion in World Farming World Animal Protection e con la banca di investimenti Coller Capital.
Sul fronte della sostenibilità la multinazionale Mondelez (ex-Kraft, molto mal piazzata nel rapporto) ha da poco annunciato che entro il 2025 tutte le uova utilizzate per i suoi prodotti venduti in Europa proverranno da allevamenti a terra.

La classifica 2015 del The Business Benchmark on Farm Animal Welfare.
La classifica 2015 del The Business Benchmark on Farm Animal Welfare. Barilla è la meglio piazzata delle italiane, tra le altre Ferrero, Cremonini, Veronesi, Autogrill.

Leggi anche: Carne di maiale contaminata in UK: troppi antibiotici negli allevamenti europei

Job Day Esselunga: continua la selezione di 100 persone per il Superstore di Roma

Job Day Esselunga: continua a Roma, fino al 29 gennaio, la selezione di 100 persone che, a partire dal prossimo autunno, lavoreranno nel nuovo Superstore di via Prenestina, il primo nella capitale dell’azienda leader nella grande distribuzione, fondata nel 1957 con un fatturato di oltre 7 miliardi di euro e oltre 22.000 dipendenti.
Le candidature raccolte via web sul sito Esselungajob (www.jobday-el.it) lo scorso mese di dicembre sono state circa 13.000 e per l’evento di questi giorni sono state convocate oltre 1400 persone.
I 100 selezionati saranno inizialmente formati nei negozi Esselunga di Milano e Firenze; altre 30 risorse, assunte lo scorso anno, stanno già seguendo specifici programmi di formazione per ruoli di responsabilità nei vari reparti.
Il nuovo Superstore di Roma Prenestina, secondo negozio nella Regione Lazio dopo l’apertura nel 2014 di Aprilia (LT), avrà una superficie di 4600 mq., oltre 800 posti auto a raso e interrati, il Bar Atlantic, uno spazio nursery con educatrici e sarà aperto 7 giorni su 7.

Sia acquisisce T-Frutta, l’app che fa guadagnare sulla spesa

Un incontro del destino quello tra Sia, società europea attiva nel campo dei pagamenti digitali, e Ubiq, la start-up che nel 2012 ha lanciato T-Frutta, l’app ideata da un team dell’Università di Parma e che trasferisce al consumatore gli sconti offerti dalle marche trasformandoli in denaro che viene accreditato sul conto corrente dopo che ha effettuato l’acquisto di prodotti in promozione, presso qualsiasi negozio. Sia ha rilevato il 69% (51% acquisito più aumento di capitale) di Ubiq, ed entra dunque nel mercato del couponing. La start-up parmigiana nel 2015, dopo sette mesi di attività, ha fatturato circa 800mila euro, ha 35.000 utenti attivi, e ha gestito più di 112mila scontrini erogando un cash-back ai consumatori di oltre 300.000 euro.

 

Couponing, un mercato da 70 milioni di euro e cresce il digital

Nata nel maggio 2015 e attiva in quattro province italiane (Milano, Modena, Roma e dall’inizio del 2016 Monza-Brianza) T-Frutta è la prima app in Italia che consente ai consumatori di guadagnare denaro quando acquistano prodotti delle marche in promozione, semplicemente fotografando lo scontrino. L’App legge le informazioni contenute nella ricevuta e consente di accumulare un credito che viene versato su conto corrente bancario, PayPal o tramite assegno e può essere quindi speso liberamente, senza alcun vincolo o obbligo di nuova spesa o conversione in buoni. A seguito dell’acquisizione, il servizio sarà estesa progressivamente a tutto il territorio nazionale entro l’estate.

Grazie a questa acquisizione Sia si rivolge da un lato ai consumatori più orientati all’uso di strumenti digitali (come app, wallet e mobile payment) e interessati alle promozioni personalizzate, dall’altro alle industrie di marca che cercano nuove modalità di contatto e di fidelizzazione della clientela. Con il sistema T-Frutta infatti le aziende di marca possono raggiungere direttamente il consumatore finale, promuovendo i prodotti in modo innovativo e su target specifici di clienti.

Il mercato italiano dei coupon cartacei ammonta a circa 70 milioni di euro. Le industrie di marca stanno mostrando una crescente attenzione verso lo strumento del coupon digitale, che presenta un tasso di redemption superiore (35%) rispetto a quello cartaceo (13%).

Schermata 2016-01-26 alle 23.07.22Tra le aziende del largo consumo che hanno già inserito i loro prodotti su T-Frutta figurano Procter & Gamble, Unilever, Bolton Food, San Pellegrino, Lavazza, Ferrero, Barilla, Grandi Salumifici Italiani, Heineken, Nivea Beiersdorf, Conserve Italia, ParmaReggio, Monini, Ponti, Auricchio, Branca, Campari, Parmalat, Fater, Rana, Alpro e Auricchio.

Maiora apre un nuovo pdv Eurospar a Giovinazzo all’insegna del “green”

Ha un’anima green il nuovo Eurospar aperto a Giovinazzo (Ba) dal partner Despar Maiora. Sviluppato su una superficie di 1.400 mq, il supermercato punta su un assortimento completo con un focus sui freschi.

12417594_459694247556143_2582430754079319141_n L’edificio ha seguito nella costruzione le regole della sostenibilità ambientale: il sistema di aria condizionata e refrigerazione sono a basso consumo e l’illuminazione è a Led, mentre è già prevista l’installazione di 450 pannelli solari sul tetto su una superficie di 2000 mq.

12494954_459694244222810_5976315014297297843_nNon mancano i reparti macelleria, panetteria, l’enoteca e una gastronomia che propone anche piatti caldi, e vi è un’ampio assortimento di prodotti locali e free-from.

«Stiamo lavorando per ridurre il consumo energetico e le emissioni inquinanti – ha commentato il presidente di Maiora Pippo Cannillo – . Oltre all’Eurospar di Giovinazzo, anche gli altri nuovi punti vendita di Maiora sono stati progettati in modo da minimizzare l’impatto ambientale e promuovere la sostenibilità».

Così è stato per la recente apertura di Corato, in cui sono stati utilizzati materiali ecosostenibili e che segue una politica a “Km zero” acquistando il più possibile da produttori locali per ridurre al massimo i costi di trasporto e gli sprechi.

Da metà marzo negli ipermercati i nuovi Gift on Pack di Corvo, bianco e rosso

L'espositore legato all'iniziativa.
L’espositore legato all’iniziativa.

Un tappo in silicone con quattro segnabicchieri colorati a forma di animali (farfalle, uccelli, gufi) a chi acquisterà una bottiglia di Corvo Bianco o di Corvo Rosso: è l’iniziativa di Consumer Marketing negli ipermercati di tutta Italia di Gruppo Duca di Salaparuta al via da metà marzo. I gift on pack sono ideati in partnership con Brandani, azienda di articoli da regalo e per la casa contraddistinti dal caratteristico Italian Style.

Con questa iniziativa Corvo sottolinea l’importanza data alle attività strategiche di Consumer Marketing nel punto vendita, che nel corso degli ultimi anni si sono andate a sostituire alle tradizionali attività promozionali. Non più quindi una logica basata esclusivamente sul prezzo ma sulla costruzione di una Brand Identity forte e distintiva e sul desiderio di creare un rapporto solido con il consumatore.

 

DeltaPo Outlet: il nuovo concept dove il consumo è esperienza a 360 gradi

DeltaPo Outlet: debutta il nuovo concept del “RETAILTAINMENT” una innovativa filosofia di commercio in cui il consumo diventa esperienza da vivere a 360 gradi. Si tratta del primo “destination outlet” ovvero un luogo pensato non solo per la visita ma soprattutto per la permanenza, che dedica ampio spazio a intrattenimento, ristorazione e ospitalità, inserito in un contesto di intrattenimento volto a valorizzare le risorse territoriali; in questo caso la vicinanza al Grande Fiume Po. Tutto il fascino del territorio viene proposto in una destinazione “slow” e alternativa, in cui lo shopping si coniuga con attività culturali e a contatto con la natura.

Contaminazioni storiche, naturalistiche e geografiche ben rappresentate dall’operazione di rebranding, che valorizzano il Grande Fiume Po anche nel nuovo naming e logo del polo commerciale.

L’outlet, inoltre, è inserito in un contesto dinamico e di forte appeal, consolidato dalla presenza delle “brand extension” DeltaPo: Museum, Wellness, Entertainment, Hotel, Arena, Festival, Fitness, Cinema ed Educational, per sviluppare un’offerta unica nel suo genere, un’esperienza di consumo senza precedenti.

Il concept architettonico si ispira alla tradizione urbanistica dei centri storici delle province di Rovigo e Ferrara: lunghi viali pedonali e ampi porticati che valorizzano i 74 store di innovativa funzionalità. La progettazione del nuovo polo commerciale è stata pensata per rispettare proprio l’habitat naturale e l’identità storica dell’area geografica del Delta del grande fiume, in modo da essere facilmente riconoscibile non solo dai residenti, ma anche a livello nazionale e internazionale. Grazie all’utilizzo di tecnologie ecocompatibili come l’energia fotovoltaica e un design ispirato all’architettura del territorio, l’ambiente risulta accogliente e raffinato.

Master plan

Particolare attenzione è stata rivolta alla ristorazione, con proposte attente alle specialità enogastronomiche tipiche del territorio. Competano l’offerta un’area giochi attrezzata, con uno spazio a misura di bambino con servizi di intrattenimento, 3.100 mq di ampi porticati lungo i negozi e aree verdi attrezzate, un centro espositivo di promozione e valorizzazione del territorio. E ancora: una pista ciclabile – DeltaPo Outlet sarà una delle tappe principali della pista di 80 km che va da Melara a Papozze; noleggio bici con ampio parco e fruizione gratuita riservata a quanti effettuino acquisti all’interno dell’Outlet. L’immediata adiacenza al fiume Po permette l’utilizzo dell’attracco di battelli, con ingresso immediato al centro Outlet per il collegamento navale diretto con il Parco del Delta. Nel contempo consentirà l’approdo delle imbarcazioni provenienti da Locarno a Venezia.

DeltaPo Outlet mira a diventare il punto di riferimento per il territorio non solo per le nuove opportunità di shopping e di servizi offerti alla cittadinanza, ma anche per l’occupazione e lo sviluppo economico. Infatti la struttura garantirà oltre 300 nuovi posti di lavoro nell’anno e ulteriori incrementi nel futuro prossimo.

Bio in Gdo, un mercato da 860 milioni (+20%): e le più vendute sono le uova

Quanto vale il biologico nella grande distribuzione? Domanda di non poco conto, dato che bio e premium sono i comparti in crescita, anche nella Mdd. Secondo i dati Nielsen, presentati a Marca da Assobio, il biologico è un mercato che vale 863,8 milioni di euro in termini di vendite con un aumento nell’ultimo anno (novembre 2014 – novembre 2015) pari al 20%.

I prodotti più “gettonati”? Forse un po’ a sorpresa sono le uova (con un fatturato di oltre 61 milioni, +8,4% sull’anno precedente), al secondo posto le composte di frutta (oltre 60 milioni, +8,2%), alternativa “light” a confetture e marmellate. Al terzo posto le gallette di riso (sfiorano i 50 milioni, +21,4%) seguiti dalla frutta fresca (42 milioni, +12,4%). Oltre 37 milioni per i brick di bevande alla soia (+25,2%), 37 milioni per la pasta di semola (+29%), 35 per gli alimenti a base di soia (+37,3%), oltre 30 milioni di ortaggi (+8,3%), 29 milioni di latte fresco (+4,3%).

«In Gdo l’incremento medio in valore per le prime 15 categorie è del 18,6%, con un mimino del +4,3% per il latte e un massimo del +47,7% per l’olio extravergine d’oliva – dice Roberto Zanoni, presidente di AssoBio -. Dati molto positivi, certo, ma c’è ancora molto da fare. Il bio non deve rappresentare la nuova frontiera delle vendite; il bio è un sistema anche di valori, rappresenta un’agricoltura in grado di preservare l’ambiente, la biodiversità, capace di rispondere alle sfide globali e in questo modo deve essere considerato anche dalla Gdo. L’obiettivo è far comprendere agli operatori e ai consumatori il vero valore del bio, al di là del tema volumi e prezzi».

La Gdo è diventata dunque un canale importante. «Il mercato è in crescita e va tutelato – spiega Zanoni -. Riteniamo che tutti gli attori debbano confrontarsi, condividendo informazioni sulle criticità e utilizzando al meglio gli strumenti di cui noi ci siamo giù dotati, come i gruppi di lavoro tecnici sulle diverse produzioni, le piattaforme per la tracciabilità dei cereali e dell’olio sviluppate dalla nostra federazione interprofessionale FederBio per blindare qualità e integrità delle produzioni, linee guida e iniziative».

AssoBio chiede inoltre al ministero azioni volte all’informazione al pubblico che uniscano produttori e grande distribuzione. «In qualche Paese estero è già una realtà di estrema efficacia: una o più giornate nazionali del biologico in cui coinvolgere tutti gli operatori del settore, dagli agricoltori agli ipermercati, raccontando gli aspetti positivi della produzione biologica. Contiamo che il ministro Martina, da cui sono giunte parole di apprezzamento anche per la nostra presenza in Expo (sei impegnativi mesi di padiglione biologico) e Olivero, viceministro con delega all’agricoltura biologica ci diano una mano» conclude Roberto Pinton, segretario di AssoBio.

Walmart chiude 269 punti vendita, la maggioranza negli USA

Anche i grandi soffrono: Walmart, la più grande insegna della grande distribuzione al mondo, ha deciso la chiusura di 269 punti vendita. Un passo necessario, secondo l’Ad Doug McMillon, per “mantenere forte la società”.

Oltre la metà delle chiusure (154) riguarderà la casa madre ovvero gli Stati Uniti, con 10mila posti di lavoro a rischio (ma che dovrebbero venire ricollocati in altri negozi), e un’altra grossa fetta di chiusure (60) spetterà al Brasile e il resto in Sud America.

La compagnia ha assai sofferto non solo la crisi, ma anche l’agguerritissima concorrenza di Amazon, e non a caso l’anno scorso è avvenuto il grande sorpasso nella valutazione finanziaria dei due “big” del retail americano, che è stato visto da molti come una sorta di “passaggio di consegne” dal retail “reale” all’online.

Walmart possiede quasi 11.600 punti vendita in tutto il mondo e 4500 nei soli Stati Uniti, e gli store che chiuderanno, a partire da fine mese, rispondono per meno dell’1% del fatturato e della superficie di vendita globali. Sono dunque, i più piccoli e meno produttivi, oltre un centinaio appartenenti a Walmart Express, l’insegna di prossimità sorta nel 2011 e che non è mai veramente decollata.

McMillon ha anche ricordato che l’anno prossimo la società aprirà 300 nuovi pdv “il che significa che vogliamo crescere, ma vogliamo farlo in maniera disciplinata”. Gli investimenti maggiori per il futuro sono previsti nell’e-commerce e nel servizio di click and collect, ma anche nei formati più grandi o in quelli di vicinato.

 

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