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La tecnologia è amica o nemica del lavoro? Italiani ottimisti, manager e giovani preoccupati

Che le tecnologie stiano trasformando il mondo del lavoro è cosa evidente: macchine sempre più intelligenti e precise, veloci e in grado di eseguire ogni genere di compiti sono pronte a sostituire cuochi e cassieri, autisti e infermieri (anche nel retail, vedi I robot prenderanno il controllo del supermercato del futuro?). Per contro, la tecnologia rende più semplice svolgere varie mansioni, evitare di recarsi i ufficio ma lavorare da casa, analizzare i Big Data, organizzare il lavoro e programmarlo per prendersi spazi di vita, in tutti i settori. Ma qual è la percezione “sul campo”, delle persone, a proposito? Lo ha indagato uno studio condotto da Epson su oltre 7.000 lavoratori nei cinque principali Paesi europei (Francia, Germania, Italia, Regno Unito e Spagna). Anche perché il mondo del lavoro sarà trasformato dalle nuove tecnologie in tempi più brevi di quanto si pensasse: molti infatti ritengono che non sia così lontano un mondo dove la produzione di massa appartiene al passato.

 

Il 64% di posti in meno, il 63% disposto a cambiare

Eppure, c’è poco spazio per l’ottimismo. Oltre la metà (57%) dei dipendenti europei – ma ben il 62% di quelli italiani – che lavorano nella sanità, formazione, retail e produzione ritiene che la tecnologia rivoluzionerà settori e modelli aziendali. Soprattutto, il 6% degli intervistati in Europa (e il 4% in Italia) crede che nel futuro la propria mansione non esisterà più: una previsione addirittura al ribasso, visto che stando ai modelli attuali si parla di una possibile riduzione dei livelli di occupazione in Europa al 64%, un valore inferiore a quello registrato nel 2005. Ciò nonostante, chi lavora mostra di essere cittadino a pieno titolo della learning society e gli italiani (86%) si dichiarano ancora una volta più ottimisti degli europei (72%), con il 63% disposto ad aggiornare le proprie conoscenze per poter svolgere nuove mansioni.

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Tuttavia, questo ottimismo potrebbe essere vanificato dal fatto che, nelle opinioni dei dipendenti, le aziende sembrano non voler trarre il massimo vantaggio dalle nuove tecnologie: infatti solo il 15% dei lavoratori italiani considera la propria organizzazione “eccellente” nel monitorare i nuovi sviluppi tecnologici e meno di un terzo (27%) la ritiene particolarmente abile quando si tratta di implementare nuove tecnologie. In questo scenario, sostanzialmente allineato ai valori europei, rimane quindi una certa sfiducia da parte dei lavoratori sulla capacità o volontà delle organizzazioni circa l’implementazione e l’utilizzo delle nuove tecnologie.

Lo studio che ha messo a confronto le opinioni fornite da 17 esperti di vari settori con quelle di oltre 7.000 dipendenti e manager, evidenzia come singoli individui, datori di lavoro e istituzioni debbano affrontare scelte non facili circa l’adozione delle nuove tecnologie. Le opinioni siano contrastanti sia sui potenziali vantaggi che sulle possibili minacce circa l’avvento dell’innovazione tecnologica nei vari settori e nelle diverse economie.

In ogni caso, il 75% dei lavoratori europei (e il 78% degli italiani) ritiene che l’utilizzo di nuove tecnologie potrebbe comportare una riduzione del numero di dipendenti nell’azienda. A tale riguardo, i più preoccupati sono gli spagnoli (80%) seguiti a ruota dagli italiani (78%), mentre i tedeschi (67%) lo sono molto meno.

Il settore manifatturiero, probabilmente perché già ampiamente colpito in passato dalla “caduta di teste” risultato della robotizzazione della produzione, si è rivelato particolarmente ottimista: qui il 75% prevede il passaggio a un modello di produzione più localizzato, con il 55% degli intervistati (57% in Italia) concorde sul fatto che i livelli di occupazione rimarranno invariati o aumenteranno.

Nel settore della formazione l’ottimismo è meno diffuso: mancanza di finanziamenti, formazione degli insegnanti e tecnologie obsolete vengono indicate come le principali minacce per il futuro della formazione. Il 61% a livello europeo (68% in Italia) degli intervistati, inoltre, ritiene che gli insegnanti non dispongano delle conoscenze necessarie per utilizzare le nuove tecnologie nei prossimi 10 anni, con conseguenti difficoltà nell’impartire lezioni agli studenti.

Oltre i tre quarti degli intervistati hanno dichiarato che la tecnologia potrebbe aumentare i profitti delle aziende e offrire nuove opportunità di crescita. Tuttavia, per le realtà che vogliono investire sulle nuove tecnologie con l’obiettivo di mantenere la loro competitività e trarre vantaggio dal cambiamento, lo studio ha evidenziato tre tendenze principali che non devono essere trascurate:

I maggiori timori di perdere il posto di lavoro provengono dai giovani e dai top manager.
Mentre in media solo il 6% dei dipendenti ha dichiarato di voler fermare o impedire di proposito l’introduzione della tecnologia qualora questa rappresentasse una minaccia per la mansione svolta, sorprendentemente questa percentuale aumenta tra i Millennials (giovani tra 18 e 29 anni) con il 12% e tra i dirigenti, con addirittura il 17%.

Le nuove tecnologie esercitano un forte fascino, ma sono poche conosciute.
In media, gli intervistati sono affascinati dalle tecnologie emergenti come l’intelligenza artificiale, la realtà` aumentata, i dispositivi indossabili, le tecnologie per la collaborazione e la robotica, ma la loro conoscenza e` piuttosto limitata.

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C’è grande disponibilità a “rimettersi in gioco” per acquisire nuove competenze.
Quasi un terzo degli intervistati ritiene che la propria azienda non comunichi in maniera efficace quale possa essere l’impatto generato dai cambiamenti tecnologici sulle varie mansioni. Inoltre, benché il 65% (63% in Italia) degli intervistati ritenga che la propria azienda abbia la possibilità di formare i dipendenti nell’utilizzo di nuove tecnologie, crede anche che i datori di lavoro siano molto più propensi ad assumere nuovo personale già competente anziché formare e riallocare i dipendenti potenzialmente in esubero. Di questi, solo il 47% valuta positivamente la capacità del proprio datore di lavoro nel ricollocare i dipendenti in esubero. Ciò nonostante, ben il 72% degli italiani (il valore più alto registrato, con una media europea del 65%) si dichiara disposto ad acquisire nuove conoscenze per poter svolgere mansioni diverse qualora il proprio ruolo fosse minacciato.

«L’attuale preoccupazione legata al progresso tecnologico è del tutto comprensibile ma la tecnologia offre enormi opportunità, se gestita in maniera corretta. Indipendentemente dalla nostra attuale situazione lavorativa, essa è destinata a cambiare in futuro e, come evidenziato anche dai risultati dello studio, occorre intensificare il dialogo tra la Pubblica Amministrazione, le aziende e la società in generale affinché tutti possano acquisire le conoscenze e le competenze necessarie per assumere nuovi ruoli e sfide. Le modalità con cui gestiremo l’evoluzione determineranno il nostro ruolo lavorativo – e non solo – per i prossimi 10 o 20 anni» ha dichiarato Minoru Usui, Presidente di Epson.

Lo studio in due fasi è stato condotto da FTI Consulting. Durante la prima fase (settembre – ottobre 2016) si sono svolte interviste telefoniche basate sul metodo qualitativo a 17 persone fra esperti di previsione di scenari futuri provenienti da vari Paesi ed esperti europei in vari settori, per ottenere informazioni e formulare ipotesi sull’ambiente di lavoro del futuro e su come cambieranno ruoli e funzioni dei dipendenti nei prossimi anni, fino al 2025. La seconda fase, che si è svolta online nel dicembre 2016, consisteva invece in un’indagine quantitativa condotta dal team Strategy Consulting &Research di FTI Consulting. All’intervista hanno partecipato i dipendenti full-time di Francia, Germania, Italia, Regno Unito e Spagna impiegati in cinque settori principali (corporate, produzione, formazione, settore sanitario e retail) per un totale di 7.016 dipendenti.

Lotta allo spreco, Froodly avvisa quando il cibo è vicino alla scadenza (e in promo)

Una delle vie maestre per combattere lo spreco alimentare è, come appare sempre più chiaro, la tecnologia e in particolare le app. Dalla Finlandia ne arriva una che incrocia consapevolezza ambientale del consumatore, voglia di risparmio ma anche interattività e coinvolgimento con l0utente finale: si chiama Froodly e, semplicemente, avvisa l’utente dentro il supermercato quando c’è un’offerta su un cibo che si avvicina alla scadenza. Non solo: l’app dà la possibilità a chiunque di segnalare un prodotto in promozione perché prossimo alla scadenza, semplicemente scattando una foto, e naturalmente promette un “premio”: un caffè o cibo gratis da uno delle insegne o locali “partner” dell’iniziativa.

Il sistema è molto semplice e immediato, e ha la doppia valenza di informare i clienti sulle offerte di prodotti scontati nel mare magnum di etichette e fogliettini e farlo sentire parte della lotta allo spreco evitando che alimenti ancora buoni vadano al macero, ma aiuta anche l’insegna a liberare gli scaffali da prodotti che “scottano” perché presto dovranno essere rimossi.

È sufficiente che il negoziante o anche un cliente facciano una foto del prodotto inseriscano l’ammontare dello sconto e chi si trova nella zona del punto vendita riceverà una notifica sul telefonino. Gli sconti tipicamente variano dal 30 al 70%.

Disponibile per Ios e Android, l’app per ora è disponibile solo per il mercato finlandese.

 

Un 2016 di crescita e un portale food innovativo per Coop svizzera

Un fatturato nel 2016 di 28,3 miliardi di franchi (26,5 miliardi di euro), con una crescita del 5,2%, e un nuovo portale, o “piattaforma gastronomica” chiamata Fooby: sono le ultime news dal Gruppo Coop svizzero.

Con un utile di 475 milioni di franchi e una crescita del 14,6% nel settore degli shop online, giunto a 1,4 miliardi di franchi, nonché l’aumento del 2,6% dei clienti nei supermercati il gruppo svizzero archivia un 2016 decisamente positivo.

A fine 2016, il Gruppo Coop impiegava 85.001 collaboratori (+5047), tra cui figuravano 3505 persone in formazione (+95), in aumento del 6,3%.  E sono 2.476 i punti di vendita sul territorio elvetico, 64 in più rispetto al 2015. Sono positivi i risultati di tutte le “anime” della cooperativa, dai carburanti all’elettronica di consumo al cash&carry (Transgourmet),  con un calo solo per i format Coop City.

 

E-commerce forte sostenuto dal nuovo portale

Andamento molto positivo anche dal commercio online del Gruppo Coop, con un ricavo netto di 1,4 miliardi di franchi e una crescita del 14,6%. Nel commercio al dettaglio online, il ricavo netto è cresciuto del 10,9% giungendo a 565 milioni di franchi. Il supermercato online Coop@home continua a conquistare quote di mercato e ha registrato una crescita del 7,2%; il ricavo netto per il 2016 è ammontato a 129 milioni di franchi. Il ricavo netto realizzato online dal settore Commercio all’ingrosso/Produzione è cresciuto del 17,2% raggiungendo 824 milioni di franchi.

Forse anche per cavalcare questo successo Coop svizzera ha deciso si inaugurare il suo ambizioso portale gourmet, Fooby. Completo di app con il ricettario personalizzabile, videoricette e magazine ricco di racconti culinari, schede con le ricette da realizzare con pochi ingredienti in 20 minuti (disponibili anche nei punti vendita vicino agli articoli per facilitare gli acquisti) e l’app Mondovino per trovare gli abbinamenti più adatti. Il sito è interattivo, con lista della spesa automatica e la funzione per ordinare direttamente su coop@home. In altre parole “un nuovo mondo di idee culinarie, senza più confini tra il supermercato, i servizi online e la cucina di casa”.

Innovativa l’app Fooby che consente una completa personalizzazione dei contenuti, compresa la possibilità, con una foto dello smartphone, di aggiungere al ricettario digitale di Fooby anche contenuti provenienti da altri siti, manuali di cucina e riviste, così da avere tutto a portata di mano. Grazie alla visualizzazione chiara e immediata dell’app, è possibile realizzare le ricette nella cucina passo passo, con tanto di timer integrato. E per facilitare la spesa, l’app suddivide gli ingredienti indicati nella lista in base al reparto in cui sono collocati al supermercato.

«Con Fooby vogliamo riportare il focus sulla passione e la curiosità per la cucina, le creazioni gastronomiche e il gusto ha spiegato Philipp Wyss, Vicepresidente della Direzione generale e capo della Direzione Marketing/Acquisti -. Per molti cucinare non rappresenta più una fastidiosa incombenza, ma un’esperienza multisensoriale e un modo per distrarsi dalla routine del lavoro. Fooby non vuole cucinare per i nostri clienti, ma proporre loro idee pratiche e sfiziose».

Infine, anche nel 2016 Coop è riuscita ad aumentare il già elevato fatturato degli assortimenti sostenibili portandolo a ben 3,9 miliardi di franchi (+8,8%). Con i prodotti bio, Coop ha registrato un fatturato di 1,3 miliardi di franchi (+6,8%), confermandosi così leader incontestato del mercato.

Cliente e prodotti, una relazione sempre più multimediale

Cliente – prodotto: la relazione ideale, all’insegna della disintermediazione.

E in questo la tecnologia può essere un valido supporto.

Come i nuovi mini totem e-post Short, proposti da Domino Sistemi.

Posizionati sul bancone di una reception, sugli scaffali del punto vendita o in prossimità delle casse, i totem e-post Short offrono sia un contenuto multimediale che un design completamente customizzabile. La struttura in allumino, infatti, rifinita con due eleganti pannelli in metacrilato trasparente, è sagomabile in base al progetto che il committente richiede. Il nuovo mini totem, dunque, può prendere una forma legata al visual aziendale o a un elemento che rimanda alla campagna promozionale, oppure incorporare supporti per posizionare il prodotto fisico. Per renderlo ancora più appealing è possibile scegliere il rivestimento solo sul fronte o fronte/retro con texture e grafiche stampate su pellicole adesive.

“Stiamo lavorando intensamente per consolidare la nostra presenza nel mercato del digital signage, continuando a differenziarci con soluzioni per la comunicazione multimediale sempre più orientate alla massima personalizzazione. – afferma Alberto Masserdotti, fondatore di DominoDisplay.com. – Il nostro punto di forza è il connubio tra la pluridecennale esperienza nel mondo della visual communication e la continua ricerca in ambito tecnologico. Questa sinergia ci permette di proporre prodotti al di fuori di ogni standard: grazie al nostro know-how, ad esempio, siamo in grado di trasformare totem, come gli e-post Short, in media capaci essi stessi di veicolare messaggi, attraverso la struttura completamente realizzata in base alle specifiche esigenze dei nostri clienti”.

L’offerta

La linea e-post Short completa la gamma di soluzioni compatte che comprende l’innovativa Serie e-post 10, disponibile anche nella versione “expo”, contraddistinta da dimensioni estremamente ridotte (31,5x34x28,8 cm) e design ricercato, e da e-post 22, dallo stile minimal in grado di coniugare le prestazioni della tecnologia LFD firmata Samsung alle esigenze di punti vendita e showroom di piccole dimensioni.

Come tutte le soluzioni acquistabili su DominoDisplay.com, anche i mini totem hanno un cuore tecnologico targato Samsung SMART Signage: i monitor in combinazione con il software integrato per la trasmissione dei messaggi consentono di veicolare contenuti multimediali. Soluzioni che possono essere potenziate con la release 2.0 di Palinsesto, suite proprietaria per il digital signage messa a punto da Domino Sistemi.

L’intera offerta di totem da banco è arricchita dell’assistenza a valore aggiunto di Domino E-Lab, il customer service 2.0 che fornisce formazione e consulenza in tempo reale grazie a canali e strumenti di marketing evoluti.

 

I robot prenderanno il controllo del supermercato del futuro?

Si erano già visto a Expo i bracci meccanici che raccoglievano mele da un espositore, ma ora due notizie sembrano prefigurare un futuro di automazione per il supermercato del futuro: grazie ai progressi dell’intelligenza artificiale potrebbero essere insomma delle macchine a gestire con efficienza l’intero processo della spesa, dalla distribuzione all’imbustamento (il pagamento non è già più un problema) e sostituire dunque quasi interamente gli addetti “umani”, come già avvenuto nell’industria. O perfino i clienti, invitati ad attendere fuori.

Sembra andare in questa direzione Amazon, che secondo indiscrezioni pubblicate sul New York Post starebbe progettando un supermercato su due piani tra i 1000 e i 4000 metri quadri di superficie con 4000 referenze a disposizione tra freschi e bevande, e magari anche farmaci, quasi interamente gestito da robot. Questi prenderebbero dagli scaffali i prodotti e imbusterebbero la spesa, la quale sarebbe consegnata attraverso finestre stile “drive in” ai clienti in attesa nelle loro automobili. O addirittura da droni pronti a consegnare direttamente nel parcheggio adiacente. Numero di impiegato “umani” necessario per questo “store del futuro”: tre. Sarebbe un format alternativo ad Amazon Go, aperto a Seattle su 180 metri quadri, per i 2000 punti vendita fisici che secondo il Wall Street Journal la dotcom di Jeff Bezos avrebbe intenzione di aprire solo negli USA. Con un minimo comune denominatore: ottimizzare i costi e aumentare i ricavi utilizzando meno personale possibile.

Dal Regno Unito arriva un’altra notizia, meno suggestiva ma più attuale, e che riguarda la logistica delle consegne online che ancora prima dei supermercati reali potrebbe arrivare a una quasi completa automazione: Ocado, leader nell’e-commerce sul fronte grocery, sta già testando un macchinario dotati di un braccio in grado di prendere articoli anche delicati (come frutta e verdura) senza danneggiarli e riporli in scatole pronte per la spedizione. Sviluppato dall’Università di Berlino e dal centro Disney Research di Zurigo, il robot ha mani di gomma controllate tramite getti d’aria. Il che combina la forza alla delicatezza, cosa che finora non è stata possibile e ha portato spesso nei testi alla rottura o danneggiamento degli articoli più fragili.

Ocado, che effettua 250mila consegne al giorno, ha già testato a Londra nella zona del magazzino principale consegne a casa tramite robot, sviluppati da Starship Technologies (vedi Metro Group testa i robot per le consegne a domicilio).

 

Magnifiche sorti e progressive insomma. Sul fronte dell’occupazione infatti lo scenario appare desolante. Come in un distopico futuro à la Teminator i supermercati potrebbe passare saldamente in mano alle macchine, precise, solerti, gentili, in grado di leggere i Big Data e dunque i nostri più intimi desideri arrivando a fare la spesa al posto nostro. Con buona pace di sindacati e scioperi per chiusure forzate. Dopo aver sconvolto l’industria insomma le macchine, che diventano sempre più intelligenti grazie ai progressi della IA, sembrano pronte a conquistare anche il commercio.

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Il lungo viaggio della Gdo verso l’esperienza mobile

Il 60% degli utenti naviga da smartphone, il mobile advertising aumenta del 53% in un anno, le applicazioni si moltiplicano, dalle app che monitorano la salute all’auto connessa al supermercato senza cassa di Amazon, sono oltre 830 le start-up finanziate in questo ambito a livello internazionale negli ultimi due anni ma solo il 14% delle aziende italiane ha una visione strategica sul canale mobile. Gli ostacoli sono sia tecnologici sia di ordine culturale e organizzativo secondo Marta Valsecchi che presenta le evidenze emerse dal nuovo Osservatorio Mobile B2c Strategy della School of Management del Politecnico di Milano
L’80% dei navigatori internet Mobile utilizza lo Smartphone per prendere decisioni d’acquisto o relazionarsi con i propri marchi preferiti. Il 34% lo usa anche per finalizzare la transazione. È alta la percentuale dei Mobile Surfer che non disattivano mai la connettività dei propri Smartphone: oltre due terzi (68%) ha il wi-fi sempre attivo, mentre la percentuale scende a poco più di un terzo (37%) per la geo-localizzazione e al 19% per il bluetooth.
Per quanto riguarda la tipologia di App di brand scaricate sugli Smartphone: il 72% ha installato almeno un’App di un gestore di telefonia, il 61% di una banca (valutate come le qualitativamente migliori), il 39% di un’insegna della Gdo, il 29% di un gestore utility e il 23% di un brand dell’abbigliamento. Rispetto ad altri settori è leggermente più basso il voto che gli utenti danno alle app della grande distribuzione, che sono usata in media 1,8 volte al mese: il 31% le giudica molto negativamente e il 36% pensa sia inutile. Fondamentale dunque è trovare i servizi e i contenuti che possano risultare utili ai consumatori.
Infatti, ben il 57% dei Mobile Surfer negli ultimi tre mesi ha abbandonato un sito/App perché non funzionava o non era sufficientemente veloce. Oltre all’usabilità, un tema caldo è quello della privacy: la sensazione che le aziende monitorino le ricerche personali è molto forte per tutte le fasce di età, mentre il consenso al tracciamento per ottenere offerte e messaggi mirati genera sensazioni ambivalenti, a metà tra il fastidio per l’intrusione e l’utilità percepita per possibili vantaggi che ne deriverebbero.

I “vegetali storti” di Asda votati prodotto dell’anno in Uk

Segno dei tempi, quest’anno tra i tipici prodotti confezionati, pizze in scatola e biscotti Oreo, detersivi monodose e salsicce gourmet, i consumatori britannici hanno votato come prodotto dell’anno le cassette di “Vegetali storti” (wonky in inglese o brutti, come li chiamano i francesi, noi diciamo brutti ma buoni) che da un anno Asda, insegna britannica, propone, al 30% in meno con frutta e verdura di stagione buona ma “poco presentabile”, ovvero fuori standard perché troppo piccola, bitorzoluta o, appunto, storta.

Da gennaio 2016, Asda ha venduto 120mila scatole di vegetali “fuori forma”, ovvero 10mila la mese,  “salvando” dalla discarica 600 tonnellate di ortofrutta.

Spiega Ian Harrison, direttore tecnico della produzione Asda: «Siamo fieri di essere stati dei pionieri nella rivoluzione dei vegetali brutti e la vittoria come prodotto dell’anno lo testimonia, soprattutto perché è votata dai consumatori. La risposta del pubblico alle nostre scatole di vegetali brutti è stata incredibile. La lotta allo spreco è una priorità per noi e abbiamo lavorato con i nostri fornitori e rivisto le specifiche in modo che finisca sugli scaffali la maggior quantità di prodotto possibile. Il feedback dei nostri clienti da quando vendiamo le scatole è prezioso, soprattutto quando ci sono problemi di approvvigionamento come in questo momento [le condizioni meteo avverse hanno causato grossi problemi nei supermercati inglesi con tagli delle consegne specie dalla Spagna, tanto che insegne come Tesco e Asda hanno messo un “tetto” all’acquisto da parte di una singola persona di melanzane, zucchine e peperoni, ad esempio non è possibile comperare più di tre insalate iceberg, ndr]. Le nostre specifiche flessibili consentono ai nostri fornitori di vendere i loro prodotti e mantenere la disponibilità per i nostri clienti senza compromettere la qualità».

Vero o falso? Certilogo certifica tutti i denim Diesel

Entro fine anno saranno tutti certificati: stiamo parlando dei capi di abbigliamento Diesel, che non dovranno più temere l’attacco dei contraffattori grazie a un’etichetta termostampata posizionata nella cintura dei jeans insieme alla Call to Action “Scan for Authenticity”. Ideata da Certilogo, lo strumento consente facilmente al consumatore di verificare l’autenticità del capo ch sta acquistando in tre modi: scansionando il Codice CLG con un lettore di codici QR standard sul proprio smartphone, inserendo il Codice CLG e rispondendo a poche semplici domande tramite l’apposita Certilogo App personalizzata Diesel, o andando sul sito certilogo.com.

«Nel nuovo panorama dei consumatori, alimentato dall’apprezzamento per l’alta qualità, stiamo adottando un approccio mirato a potenziare la fiducia dei consumatori Diesel, creando un dialogo diretto con loro”, spiega il Ceo di Diesel Alessandro Bogliolo.

«I rapporti fra i brand e i consumatori sono cambiati nell’era digitale. Non è più accettabile limitarsi all’approccio “Invitiamo i consumatori a prestare attenzione e buona fortuna” riguardo ai prodotti contraffatti, quando ognuno di noi ha in tasca la tecnologia necessaria a far cessare questo fenomeno» sottolinea Michele Casucci, Ceo di Certilogo.

Il tema del resto non è di poco conto: l’International Chamber of Commerce calcola che la contraffazione e la pirateria delle merci sottraggano ai consumatori, ai legittimi produttori e al fisco ricavi per 1,8 trilioni di USD all’anno e dia luogo alla perdita di 25 milioni di posti di lavoro in tutto il mondo.

La richiesta da parte dei consumatori di uno strumento semplice e affidabile per riconoscere ed evitare i prodotti contraffatti ha generato una crescita di oltre il 100% delle autenticazioni su certilogo.com dal 2013.
I consumatori sembrano apprezzare e, soprattutto, utilizzare questa tecnologia. Da quando il denim 5 tasche codificato Certilogo ha fatto la sua comparsa nei negozi, i consumatori di oltre 70 Paesi si sono collegati alla piattaforma Certilogo per verificare che il loro acquisto fosse autentico. Il 20% delle autenticazioni è stato eseguito da consumatori che valutavano un possibile acquisto; il 64% è stato effettuato dopo l’acquisto in un negozio fisico, mentre il 16% dopo l’acquisto in uno store o centro commerciale online.

 

 

La spesa si pagherà dall’automobile connessa: Auchan testa in Francia

Auchan testa in Francia un sistema, chiamato Automatric, per pagare senza scendere dalla propria automobile, tramite il riconoscimento della targa e il collegamento al computer di bordo, ormai nemmeno più un optional. Il sistema non è nuovo, è già utilizzato da oltre 60mila persone in Spagna e Portogallo presso un centinaio tra stazioni di rifornimento e parcheggi. Ma potrebbe essere utilizzato ad esempio per pagare la spesa al drive, un sistema molto diffuso (vedi Click and drive: da noi all’alba, in Francia da 15 anni. L’evoluzione in un’infografica).

In Francia la filiale bancaria d’Auchan, Oney, per sviluppare il progetto presso gli ipermercati ha scelto di lavorare con PSA (gruppo che riunisce Peugeot e Citroen) per sviluppare il sistema, che in una prima fase richiederà di inserire nel computer di bordo un codice. Ma teoricamente, anche senza carta di credito o smartphone, ormai basta un clic dalla propria auto e il pagamento è effettuato.

«Siamo molto fieri di associarci con il grippo OSA per questa anteprima mondiale, La nascita della automobile connessa che apre delle nuove vie e delle belle opportunità per i servizi a bordo, coincide con l’innegabile decollo del settore dei pagamenti. Automatric è la conseguenza logica per dei consumatori che desiderano più fluidità. facilità d’uso e un percorso di acquisto che si adatti ai loo stil di vita» ha detto Jean-Pierre Viboud, Ad di Oney

Del resto il futuro dell’automobile è fatto di multiproprietà magari, ma senz’altro di connessione con i dispositivi del guidatore. Al Ces di Las Vegas si sono visti oltre ad auto self-drive, a quelle in grado di rivelare un parcheggio libero nelle vicinanze o determinare la presenza di biciclette, bizzarrie come il sistemi che riconoscono l’umore di chi guida e propongono una musica adatta. Il pagamento dunque è solo uno dei tanti servizi che promettono di rivoluzionare il rapporto con la nostra auto.

Le etichette anti-spreco? Si “tatuano” col laser su frutta e verdura

Sono avocado e patate dolci i primi prodotti venduti sfusi che sfoggeranno, al posto delle tradizionali etichette adesive o dell’imballaggio di plastica, etichette “tatuate” sulla pelle con un raggio di luce. Il progetto, che vede l’alleanza tra il distributore olandese di ortofrutta bio Nature & More e la catena di supermercati svedese ICA, potrebbe aprire la strada a una tecnologia disponibile da qualche anno, per niente invasiva e che consente enormi risparmi sul packaging.

Il sistema si chiama Natural Branding ed è una sorta di versione organica della marcatura laser. Le cellule trattate con fasci laser, eliminano una parte superficiale di pigmento nelle aree del marchio ma a livello molto superficiale, senza alterare in alcun modo le caratteristiche del prodotto o alterarne la shelf life, tanto che il sistema è stato approvato dagli organismi di certificazione biologica. 

Un sistema che garantisce tracciabilità evitando errori o scambi di ref tra prodotto biologici e non in fase di peso, dovuti ad esempio alla perdita delle etichette (che tra l’altro su alcune “bucce” fanno fatica ad attaccarsi: non a caso l’unico altro sperimentazione è stata fatta da M&S in Uk con delle noci di cocco). Non a caso sono utilizzate per identificare le referenze biologiche, più care delle altre. Ma soprattutto che consente risparmi di packaging evitando l’uso di materiali dannosi per l’ambiente come la plastica, che è una delle sfide future che inizia ad essere abbracciata da alcune insegne della Gdo.

Nature & More ha calcolato che il nuovo sistema di packaging solo per gli avocado permetterà di risparmiare 725mila confezioni quest’anno. Del resto ICA ha calcolato che nel 2015, per le 725.380 di avocado venduti sono stati usati 217 km di pellicola di plastica alta 30 cm ovvero 2.042 kg di plastica. L’equivalente dell’anidride carbonica prodotta da un’automobile che ha fatto 1,3 volte il giro del mondo.

«Il modo più sostenibile di confezionare è non confezionare. Pensiamo che i consumatori con una consapevolezza ecologica saranno soddisfatti, perché tutte le ricerche dimostrano che non amano le confezioni di plastica» ha detto Paul Hendriks, esperto di packaging di Nature & More. Tra l’altro il sistema permette di risparmiare non solo le singole confezioni ma anche le scatole di cartone e pallets.

 

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