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Tech: i 10 trend del 2016 secondo Gfk. Così cambieranno i consumi

 

Tech, sempre più tech: il 2016 si prospetta sempre più connesso. Ma quali sono i trend emergenti? Ce lo racconta il report Tech Trends 2016, elaborato da GfK.

I primi, grandi protagonisti saranno gli Invisible analytics: parliamo di tutti quei dati che i consumatori si lasciano alle spalle. Tracce, anche anonime, delle loro interazioni online con le imprese: dagli acquisti (alimentari e non) all’ora in cui usano l’home banking, dagli annunci che hanno visto ai marchi che ricercano. L’analisi di questi dati raccolti in maniera passiva, in qualche modo a “invisibili”, sarà sempre più fondamentale per le aziende che vogliono comprendere a fondo il consumatore e le sue abitudini.

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E poi c’è la Realtà virtuale: negli ultimi anni si è investito molto in questa tecnologia, con lo sviluppo di display montati sulla testa (HMD) per un’esperienza di gioco “immersiva”. Secondo Gfk, il mercato dell’intrattenimento sarà un banco di prova, che consentirà di creare maggiore consapevolezza sulle potenzialità della realtà virtuale. In futuro, la RV potrà essere applicata anche in altri settori, come i viaggi, la vendita al dettaglio e l’istruzione.

Parlando poi di Tecnologie Indossabili sarà il caso di fare un debito distinguo: quelle di fascia alta (Google Glass e Apple Watch ) incuriosiscono, certo, ma non vanno bene per tutte le tasche. Diverso è invece il discorso per contapassi e fitness tracker – che rappresentano da soli circa il 58% del volume delle vendite di wearables in Europa. E che spiegano bene l’evoluzione del settore.

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Smart Home. Secondo uno studio internazionale di GfK, il 50% delle persone pensa che le tecnologie connesse alla “casa intelligente” avranno un impatto significativo sulla vita quotidiana nei prossimi cinque anni. Tuttavia, per essere davvero “smart” la casa del futuro dovrà essere anche semplice e connessa, con tutti i dispositivi in grado di comunicare tra di loro. Al momento la situazione non è così idilliaca, a causa di un mercato frammentato e di numerose criticità in tema di tutela della privacy e protezione dei dati. Per sviluppare pienamente questo settore sarà fondamentale una maggiore collaborazione.

Quanto ai droni, nonostante l’attenzione crescente dei media, essi non sono propriamente una novità. L’utilizzo dei droni a scopi commerciali è già realtà – dalle riprese aeree alla mappatura del paesaggio, dalle consegne commerciali alla distribuzione di aiuti, fino all’agricoltura meccanizzata – ma le potenzialità di questi dispositivi non sono state ancora completamente esplorate.

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Intelligenza artificiale. Home Cube, Power Badge, RankBrain, Hound: termini ancora poco noti, ma a partire dal 2016 potrebbero entrare a far parte del vocabolario della tecnologia di consumo. Secondo il Financial Times, “L’intelligenza artificiale è la tendenza più interessante negli investimenti in start-up dall’avvento dei Big Data”. Colossi come Apple, Facebook e Google stanno già investendo in maniera significativi in questo settore. E a breve potrebbe essere normale avere un assistente personale robotico basato sull’intelligenza artificiale.

Video. Il consumo di video negli ultimi anni è cresciuto oltre ogni previsione, e l’online sta rapidamente diventando il canale privilegiato per questo tipo di contenuti. Il consumatore connesso oggi può guardare contenuti video su qualsiasi piattaforma e in qualsiasi momento, dai brevi clip sui social media, allo streaming di film e alle smart TV. Secondo le ultime previsioni, entro il 2019 circa l’80% di tutto il traffico internet dei consumatori sarà costituito da contenuti video. Un mercato in costante evoluzione e con un potenziale enorme per le imprese.

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Pagamenti da mobile. I consumatori connessi sono sempre più propensi a pagare beni e servizi con il proprio smartphone. Nella realtà, però, la situazione è ancora frammentata: nei mercati maturi permane una certa resistenza, mentre in Asia e Africa c’è molta apertura nei confronti dei pagamenti da mobile. Nel corso del 2016, produttori e rivenditori dovranno 3 confrontarsi sempre di più con questo tema, per riuscire a far fronte alle nuove abitudini di pagamento dei consumatori.

Automobili connesse. L’idea della vettura connessa non è nuova, ma è solo negli ultimi cinque anni – con la diffusione capillare degli smartphone – che è diventata parte dell’esperienza quotidiana. Quasi tutti i produttori di apparecchiature e accessori hanno nel proprio listino dispositivi in grado di connettersi e offrire un’esperienza sempre più ricca per il guidatore.

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Stampa 3D. Anche se non è ancora entrata a far parte della vita quotidiana, la stampa 3D sta diventando una tecnologia sempre più accessibile per consumatori e imprese, grazie anche ai costi sempre più ridotti. Un mercato dal potenziale enorme, che nessuna azienda può permettersi di ignorare.

Westfield identifica i cinque desideri dei consumatori che cambieranno il retail

Come si farà la spesa in futuro, e cosa cerca il consumatore nel terzo millennio quando si decide ad entrare in un negozio “reale”? Come cambieranno quindi i punti vendita per incontrare i nuovi desiderata dei consumatori? A queste domande ha cercato di rispondere, How We Shop Now: What’s Next, un’indagine effettuata da Westfield, primaria società che opera nello sviluppo e gestione di centri commerciali a livello internazionale. La ricerca, che ha intervistato oltre 13mila persone tra cui esperti del settore in USA e UK, ha individuato cinque tendenze chiave. Eccole.

Sharing economy anche nel punto vendita: Uber e Airbnb sono solo la punta dell’iceberg e hanno di fatto cambiato il modo di percepire alcuni prodotti e servizi. I consumatori chiederanno di affittare alcuni articoli, costosi o di uso non frequente, che non desiderano acquistare. Lo richiede il 20% dei britannici  e il 46% dei Millennials (25-34enni). Tra i prodotti più richiesti ci sono le attrezzature per il fitness (19%), le automobili (16%), l’elettronica di consumo (15%), le biciclette (14%) e l’abbigliamento (10%). Ad esempio, un britannico su cinque spenderebbe fino a 200 sterline (260 euro) al mese per un abbonamento che gli permettesse di affittare un numero illimitato di vestiti.

Corsi e incontri sociali: Il punto vendita è il luogo dove fare corsi di approfondimento e incontrare persone. In particolare, ai clienti piacerebbe avere a disposizione corsi di fitness e salute (27%), cucina creativa (25%), incontri con esperti (20%), club (19%) e anche corsi di informatica.

Incentivi per le scelte di vita: Il consumatore del Terzo Millennio amerebbe essere premiato con programmi di fidelizzazione che tengano conto non tanto di quanti soldi ha speso, ma delle sue scelte di vita etiche e salutiste. Già lo chiede il 20% dei britannici, che vorrebbero essere “premiati” (e, dunque, incentivati) per il riciclo dei rifiuti (29%), l’esercizio fisico (20%), il tempo speso in famiglia (19%), le giuste ore di sonno (14%) e il volontariato (10%).

Assistenza “aumentata” (e digital): Secondo il rapporto di Westfield la realtà virtuale nei prossimi anni si diffonderà ovunque. I consumatori già la vorrebbero per “ambientare” i prodotti che vedono in negozio nella loro vita quotidiana o nelle loro case (lo desidera il 41% dei britannici). Il 33% desidera invece degli ausili digitali per vedere come gli sta un vestito (senza indossarlo, ovviamente).

Esperienza sensoriale: Per ottenere una shopping experience realmente emozionante e coinvolgente, i “nuovi” consumatori si aspettano che il punto vendita coinvolga tutti e cinque i sensi. Vista e tatto (soprattutto) ma anche olfatto, udito e gusto, devono essere stimolati e “risvegliati” dopo ore trascorse davanti a uno schermo, grande o piccolo. Già oggi il 73% giudica la degustazione di un prodotto come uno dei maggiori vantaggi del punto vendita fisico rispetto all’on-line.

Lavazza punta al mercato francese: accordo con Carte Noire entro fine mese

Secondo l’agenzia stampa Reuters, Lavazza sarebbe pronta ad acquisire entro fine mese, per 750 milioni di euro, l’azienda di caffè francese Carte Noire, diventando così il primo operatore di caffè in Francia, secondo mercato europeo. Lavazza già lo scorso luglio aveva presentato un’offerta vincolante sul marchio francese, e ora, secondo fonti dell’agenzia, l’acquisizione sarebbe dunque imminente.

A febbraio 2015 Carte Noire è stata messa in vendita dal gruppo Mondelez International per cercare di evitare le leggi europee antitrust: era infatti diventato il maggiore marchio mondiale di caffè dopo aver rilevato D.E Master Blenders 1753.

L’acquisizione di Carte Noire, leader nel mercato francese del caffè con circa il 20% di quota nel canale retail, riguarda il mercato europeo che comprende 31 Paesi. La transazione proposta riguarda il canale retail (caffè macinato, cialde filtro e capsule compatibili Nespresso) e l’acquisizione dell’impianto produttivo di Laverune, situato nella regione del Languedoc-Roussillon, che continuerebbe a realizzare i prodotti Carte Noire inclusi nella transazione.

Con questa operazione, “un raro caso in cui – come scrive Reuters – un’azienda italiana è il compratore e non la preda”, Lavazza, settimo produttore di caffè al mondo, intende proporsi con forza sul mercato internazionale anche per evitare di finire assorbito da qualche multinazionale.

«La nostra prima presenza all’estero è stata proprio in Francia, nel 1982. Da allora, quello francese ha rappresentato un mercato molto importante per Lavazza e ci aspettiamo che lo sia sempre di più in futuro – aveva affermato in luglio Alberto Lavazza, presidente dell’azienda-. Con Carte Noire, un’icona francese del caffè con un posizionamento premium unico, un marchio forte e molto noto, la Francia diventerebbe il nostro secondo mercato per dimensioni e importanza».

Lavazza, presente oggi in 90 Paesi nel mondo, ha una quota del 45% nel mercato italiano retail. «L’Italia continuerà a essere il nostro mercato chiave, quartier generale dell’azienda, centro di innovazione e delle nostre produzioni. In Francia, quarto Paese consumatore di caffè a livello globale e secondo a livello europeo, Lavazza ha l’opportunità di raggiungere una posizione di leadership» aveva assicurato, sempre lo scorso luglio, l’amministratore delegato di Lavazza Antonio Baravalle.

Per ora Lavazza non ha commentato l’accordo, che dovrebbe avvenire per metà cash e per metà a debito coinvolgendo probabilmente banche come Intesa Sanpaolo, Bnp Paribas, Rabobank e UniCredit.

Verallia: il gruppo diventa totalmente autonomo e inizia una nuova stagione

Intenso. Decisamente.
Per Marco Ravasi, dal 1° gennaio ad di Verallia, il 2015 non è certo stato di tutto riposo.
Proprio quest’anno, infatti, è stata perfezionata la vendita di Verallia ad Apollo Global Management e Bpifrance (detentori, rispettivamente, del 90% e del 10% del capitale).  E le cose da fare, i passi da compiere e le decisioni da prendere sono stati veramente tanti. E il tutto bruciando le tappe…
“Le basti sapere- ci racconta infatti Ravasi- che già il 4 aprile (a soli 3 mesi dal mio insediamento) mi sono trovato a dover presentare la società ai 5 potenziali compratori selezionati.
Dal quel fatidico 4 aprile, poi, nel giro di un mese soltanto si è arrivati all’offerta vincolante che ha condotto all’acquisizione. E a proposito di questo vorrei sottolineare come tutte le società abbiano messo sul tavolo un’offerta vincolante: evidentemente giudicando Verallia meritevole di un investimento importante…”

marco ravasiCi può raccontare la genesi di questa operazione?
Nasce da un cambio di strategia del Gruppo SG, sempre più focalizzato al business dell’edilizia, che nel 2007 aveva messo in vendita Verallia. E già allora si era profilata con chiarezza l’intenzione di Apollo di aggiudicarsi l’acquisizione.  Oggi, grazie al suo grande know how nell’ambito del packaging e del settore produttivo, e alla peculiare caratterizzazione di BPI (50% Stato Francese e per l’altro 50% cassa depositi) non solo viene garantita una continuità culturale all’interno di Verallia, ma si rafforza ulteriormente il focus nell’area industriale. E questo in virtù di un’ampia disponibilità economica, che ci consentire di impegnarci tanto nell’ambito della ricerca, quanto in quello dello sviluppo di nuove linee e di nuove tecnologie.
Criticità e soddisfazioni di questo primo anno?
Il vantaggio di essere diventato uno dei protagonisti di questa successione vorticosa di eventi, è che sono stato rapidamente messo nelle condizioni di conoscere a fondo la mia nuova azienda.  L’aspetto più problematico, sempreché tale lo si voglia e possa definire, è il ritmo serrato con cui si è dovuto lavorare. Oggi sono soddisfatto dei risultati e il mio è un bilancio positivo. Uno dei plus aziendali risiede proprio nel livello delle risorse umane, dei collaboratori con cui mi sono trovato ad operare quotidianamente. Ritengo che a fare la differenza sia l’estrema attenzione che abbiamo sempre dimostrato nei confronti dei nostri dipendenti.
Un requisito che nel 2014-2015 è valso all’azienda il riconoscimento di top employers. Ovviamente la flessibilità deve far parte di una strategia complessa e articolata che coinvolga tutte le funzioni aziendali. E questo senza ovviamente prescindere dagli aspetti prettamente industriali e da elevati standard di sicurezza e qualità, un ambito, quest’ultimo, su cui abbiamo investito 2,5 milioni di euro.

La crisi ha impattato sul vostro comparto?
L’economia globale ha segnato una battuta d’arresto, quantificabile nel biennio 2012-2013 in un –2,5% annuo. Nel 2014 finalmente il recupero. Si parla ancora di un +0,9%, ma il trend si è invertito. In questo contesto, segnato da un- 5/6%, quello del vetro si è comunque rivelato uno dei mercati più stabili, fermo al -0,5%.

Quali le principali iniziative  intraprese per il rilancio del settore?
Verallia ha deciso di muoversi su due asset: da una parte, per garantire i volumi, si è focalizzata sul mass market (va in questa direzione l’investimento di 65 milioni nello stabilimento di Gazzo Veronese). Dall’altra, per dare una valorizzazione maggiore a quei prodotti di alto livello che ne hanno bisogno, lavora costantemente sulla differenziazione, sulla personalizzazione e sul design. Un’operazione più di nicchia, insomma che si esprime al meglio nella nostra Selective Line, la linea di altissima gamma.

Quali scenari si apriranno adesso per l’azienda?  
Ritengo che questa rinnovata autonomia e la ritrovata agilità (siamo più piccoli, ma anche più smart) potranno proiettarci verso ulteriori sviluppi esterni, magari in aree ancora “vergini”. Niente di definito ancora, ma qualcosa è nell’aria.

Indice di fiducia: si ferma il trend negativo. E gli italiani ricominiano a credere nella ripresa

Indice di fiducia e ripresa economica: stando all’ultimo report di GFK, si assiste ad un’inversione di tendenza finalmente positiva. Gli italiani hanno ricominciato a crederci.

Negli ultimi mesi del 2015 i consumatori italiani sembrano avere recuperato maggiore fiducia. Questo quanto emerge dai risultati dell’indice di fiducia dei consumatori in Europa, rilevato da GfK. Se durante l’estate le aspettative economiche degli italiani erano rimaste negative – sprofondando a -31,9 punti nel mese di luglio – nel quarto trimestre del 2015 si è interrotto il trend al ribasso, con l’indicatore salito a -1,4 punti (14 punti in più rispetto al valore di settembre).

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Nonostante l’indice rimanga in area negativa, i consumatori italiani esprimono una fiducia crescente, probabilmente correlata alle previsioni di ripresa economica per i prossimi mesi. A novembre, l’indicatore ha raggiun-to il valore più alto da gennaio 2010, attestandosi a 1,9 punti. Decisamente positivo il confronto con lo stesso periodo del 2014, quando l’indice era pari a -35,4 punti.
Questo ottimismo si riflette anche nelle aspettative di reddito. Nel corso del 2015, il valore dell’indicatore corrispondente è stato rivisto al rialzo e – con una crescita di 11,8 punti nel quarto trimestre – ha raggiunto i 6,6 punti alla fine dell’anno, tornando positivo per la prima volta in sei anni.
Si intravede un calo leggero ma costante anche nel tasso di disoccupazione che, secondo ai dati della Commissione europea, a novembre si è attestato all’11,3%.

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Infine, l’indicatore della propensione all’acquisto degli italiani si è stabilizzato in area positiva durante i mesi estivi, aumentando considerevolmente nell’ultimo trimestre del 2015. A partire da settembre, il valore dell’indicato-re riguardante le intenzioni di spesa è aumentato di 18,3 punti, attestandosi a 24,4 punti nel mese di dicembre, il valore più alto da agosto 2000.

E nel resto dell’Europa?
Guardando i Paesi dell’Unione Europea, emerge una fluttuazione significativa nell’indice di fiducia dei consumatori duran-te gli ultimi mesi del 2015.
Tra i temi che hanno influenzato maggiormente questo clima di incertezza, c’è sicuramente quello della gestione del flusso dei migranti provenienti dalle zone di crisi del Medio Oriente e del Nord Africa.
Anche gli attacchi di Parigi nel mese di novembre, seguiti a breve distanza dagli allarmi terrorismo in Germania, hanno scosso notevolmente l’opinione pubblica, minando il clima di fiducia dei consumatori europei.

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Solo verso la fine dell’anno hanno ricominciato a pesare i dati economici positivi registrati in quasi tutti i Paesi dell’UE. I prezzi bassi del petrolio e dell’energia, affiancati ad un’inflazione pressoché assente, fanno sì che i consumatori abbiano più denaro da spendere per i loro acquisti. Allo stesso tempo, il calo generalizzato della disoccupazione registrato lo scorso anno ha ridotto l’incertezza correlata all’eventuale perdita del posto di lavoro.
Questi indicatori positivi hanno condotto ad un aumento generalizzato delle aspettative economiche e di reddito dei cittadini europei verso la fine del 2015. Risultati che però non bastano ancora a incrementare la propensione all’acquisto, soprattutto nei Paesi recentemente colpiti dalla crisi, dove il reddito delle famiglie continua ad essere appena sufficiente a soddisfare i bisogni primari.

Yogurt: greco e di soia, i nuovi signori del mercato

Le origini dello yogurt si perdono nella notte dei tempi: era già citato nella Bibbia, descritto da Aristotele, Senofonte, Erodoto e Plinio.
La leggenda sulla scoperta dello yogurt tramanda che l’inventore di questo prelibato alimento sia stato un pastore, che dimenticando per qualche tempo il latte in un otre di pelle, lo ritrovò trasformato più denso e più saporito. Lo yogurt, per le sue caratteristiche organolettiche, è considerato da molti buono, utile alla salute ed indicato per le diete ipocaloriche. Forse anche per questo è protagonista di diversi momenti di consumo, prevalentemente a casa, per la prima colazione, talvolta come merenda perfetta anche per i più piccoli o addirittura come «mini dessert» dopo pasto per i più grandi.
Oggi il mercato offre una grande varietà di prodotti che rimandano sempre all’idea di salute, benessere, leggerezza e gusto. Lo yogurt è consumato da 23 milioni di famiglie italiane (pari al 94,4% del totale famiglie) che durante un anno acquistano mediamente oltre 14,6 kg di prodotto (fonte dati Gfk). Purtroppo il clima economico non positivo degli scorsi anni ha impattato in modo negativo su numerose categorie di consumo, ma alcuni mercati/segmenti per fortuna non ne hanno risentito.
Questo soprattutto quando i prodotti sono stati in grado di far leva su alcuni trend emergenti che, anche in tempi di difficoltà, sono riusciti a stimolare l’interesse dei consumatori.

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Nel caso specifico del mercato dello yogurt, servizio e benessere sono state le motivazioni che hanno guidato il consumatore verso acquisti con battute di cassa anche superiori alla media del mercato di riferimento.
Alcuni segmenti del mercato dello yogurt possono infatti essere considerati a giusta ragione dei «best in class».
Il presente studio ha l’obiettivo di indagare le dinamiche di questo importante mercato all’interno del canale moderno, evidenziando problematiche ed opportunità per produttori e distributori.
Lo yogurt nel canale moderno
Durante l’ultimo anno, il mercato dello yogurt nel canale moderno ha visto un giro di affari pari a 1.386 milioni di euro (in termini di volumi parliamo di 345.738 tonnellate) con un trend positivo sia a volume che a valore del +1.5%. La performance del mercato dello yogurt è legata alla flessione dei due segmenti classici: yogurt Intero e yogurt Magro. Anche lo yogurt Funzionale ha segnato performance negative sul dato a valore (-2.3%).
Le performance negative degli yogurt classici sono state compensate dalle performance molto positive dello yogurt da Bere e di altri due segmenti che registrano performance veramente eccezionali: yogurt alla Soia ed in particolare lo yogurt Greco.
Una ricerca Shopper Insight condotta da IRI evidenzia che è cresciuto il consumo condiviso, prevalente nel segmento tradizionale, a discapito del consumo singolo, tipico del mondo salutistico.
La ricerca di leggerezza e benessere resta la principale aspettativa dei consumatori di yogurt, in particolare per quanto riguarda la prima colazione.
Mentre la ricerca di gusto è maggiormente legata ad un consumo nei fuori pasto come spuntino o “spezzafame” e perfino come mini dessert.

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I “primi della classe”
Tra i diversi segmenti con performance positive, si evidenzia la crescita dello yogurt di Soia (+30.5% a volume).
Le positività del segmento della soia sono in linea con andamenti analoghi in altre categorie del  largo consumo. Questi prodotti offrono infatti un’alternativa ai consumatori con particolari intolleranze e al contempo propongono “leggerezza e benessere” anche a chi semplicemente vuole stare in forma. Un interessante segmento, che fino a 3/4 anni fa veniva ancora considerato una «nicchia» di mercato, è quello dello yogurt Greco che incontra la ricerca di gusto dei suoi acquirenti. Questo segmento ha registrato durante l’ultimo anno una crescita significativa: +53.6% a volume.
Tra i segmenti in crescita si evidenzia anche lo yogurt da Bere con un +20.1% a volume, che raggiunge il 2.9% della quota a volume della categoria. Possiamo interpretare questi andamenti (crescita dei segmenti Soia e Greco) come una scelta da parte degli acquirenti di acquistare prodotti più adatti al mantenimento del proprio benessere ma senza rinunciare al gusto, con un prezzo medio più alto rispetto anche al segmento dei Funzionali. La marca commerciale gioca un ruolo importante nel mercato dello yogurt (quota volume del 15.5%), ma con trend decisamente negativi (-4.3%).

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Prezzi e promozioni
In un contesto difficoltoso come quello degli ultimi 2 anni, il fattore prezzo è sicuramente molto importante anche nella categoria dello yogurt. Non a caso aziende produttrici e distributori stanno pianificando attività promozionali molto intense.
Già ormai da un paio di anni la pressione promozionale della categoria si aggira intorno al 40%. Si tratta di un dato decisamente superiore alla media del comparto del largo consumo che si attesta, negli ultimi 8 mesi, intorno al 27.7%, in decremento rispetto al pari periodo del 2014. Lo yogurt è uno dei prodotti più presenti sul volantino promozionale. Questo strumento di comunicazione all’interno della categoria è molto importante.
Una ricerca sullo shopper condotta da IRI evidenzia infatti che il 61% dei consumatori dichiara di prestare attenzione al volantino rispetto al 55% del 2010. In generale, il prezzo dello yogurt è stabile (-0.1%). Un fattore calmieratore dei prezzi, come già segnalato, è sicuramente l’elevata promozionalità. Un fenomeno da evidenziare è sicuramente quello della riduzione dei prezzi dello yogurt alla Soia nel corso dell’ultimo anno(-2.4%). Nel periodo in analisi questo segmento ha raggiunto un indice di prezzo rispetto alla categoria di 147 contro il 189 dello yogurt Greco.
La pressione promozionale dello yogurt Greco e di quello di Soia è inferiore rispetto alla categoria (rispettivamente 35.9% e 31.0%).  
Innovazione
Storicamente la crescita del comparto dello yogurt è stata favorita anche da un notevole fermento in termini di novità di prodotto, gusti e formati.
Negli anni passati infatti abbiamo assistito al lancio di nuove linee di prodotto che rispondevano a bisogni specifici dei consumatori, sia di tipo funzionale (es. anticolesterolo, probiotico, ecc…), che di gusto, come mousse, piuttosto che di yogurt cremosi con frutta e cereali per colazioni sane e complete.
I nuovi prodotti lanciati negli ultimi tre anni sviluppano ad oggi quasi il 16.5% dei volumi della categoria yogurt, con tassi di crescita e successo altalenanti.
Nell’ultimo anno risulta essere molto intensa l’innovazione di gusto, necessaria per la vitalità di questo mercato; le novità di formato vengono utilizzate per stimolare nuove tendenze e modalità di consumo.
Particolarmente interessanti sono proprio i lanci nell’area del gusto, che coniugano la freschezza dello yogurt alla golosità di cioccolato, frutta secca e gusti ‘caldi’ per un momento di piacere oltre che di benessere.
Problematiche e prospettive
La segmentazione del consumo, la penetrazione nel canale moderno con promozioni e investimenti pubblicitari, il valore del brand che firma il prodotto, soprattutto nell’area di mercato più innovativa e il tasso di innovazione sono gli elementi su cui puntare per rivitalizzare anche segmenti considerati maturi o in difficoltà.
Per gli italiani lo yogurt è legato alle sensazioni di benessere, salute, dieta, come pure di distensione. Ma anche l’edonismo gioca un ruolo importante: infatti mangiare uno yogurt può diventare come concedersi un dessert.
Da un lato emerge l’esigenza di recuperare la genuinità degli alimenti: ne hanno beneficiato i player che hanno saputo meglio interpretare temi come naturalità, semplicità, salute e «bontà» (es. yogurt di soia e alla greca). Dall’altro lato, rispetto ad alcuni anni fa, lo yogurt diventa un alimento gradito e adatto per ogni momento della giornata in cui il gusto diventa un importante criterio di scelta.
Non da ultimo, la possibilità di condivisione del prodotto all’interno dell’intera famiglia, diventa un ulteriore plus che in questo momento viene apprezzato dai consumatori (anche nell’ottica di evitare sprechi).
Nei periodi di incertezza economica, anche l’attenzione verso la leva prezzo tende ad aumentare. Nonostante i segnali macroeconomici positivi, in momenti come quello attuale il consumatore continua a badare al risparmio, ma non dimentichiamoci che lo yogurt ha di per sé in valore assoluto, una battuta di cassa contenuta. Anche uno yogurt con un indice di prezzo di 189 rispetto alla categoria, se racchiude in se i valori sopra elencati, può trovare largo spazio nella lista della spesa degli shopper.
Case history
Parlando della necessità di conoscere il consumatore, un produttore ha espresso l’esigenza di comprendere meglio la segmentazione e le dinamiche che guidano all’acquisto dello yogurt e quali sono i bisogni sottesi a quest’acquisto.
IRI ha sviluppato un’analisi quali/quantitativa con la quale ha risegmentato lo scaffale dello yogurt “attraverso gli occhi del consumatore” e indicato quali sono le “nuove esigenze” che guidano gli acquisti della categoria. Ed ecco i risultati.
Il produttore ha ripensato lo scaffale dello yogurt in termini di layout e di comunicazione per guidare al meglio l’acquisto del consumatore. Inoltre ha ripensato la sua offerta in termini di formati e innovazione per rispondere ai bisogni espressi in fase di analisi.
I fattori di criticità riguardano il possibile incremento del prezzo della materia prima latte e lo sviluppo di nuovi prodotti sostitutivi: in alcune diete il latte ed i suoi derivati vengono banditi perché è in forte aumento la percezione di intolleranza: questa percezione genera «ansie» verso le categorie del latte e dei suoi derivati.
Su quest’onda, un fenomeno interessante che si sta sviluppando in altre categorie del comparto lattiero caseario, è la nascita dei prodotti senza lattosio (es. formaggio senza lattosio, latte senza lattosio…).
Questa potrebbe essere una opportunità di sviluppo anche per i produttori di yogurt.

 

A CURA DI IRI

YourHR: nasce il primo network di professionisti che si propone come interlocutore delle aziende

YourHR® è il primo network italiano che aggrega professionisti di altissimo livello, con minimo 20 anni di esperienza in ruoli di vertice nelle strutture di Risorse Umane di primarie società, nazionali ed internazionali. L’obiettivo è affiancare le aziende, con servizi temporary, per ottimizzare assetti organizzativi e gestione del capitale umano, leve indispensabili per assicurare sostenibilità e successo al business.
In qualità di interlocutore delle piccole e medie imprese, YourHR® offre:

yourhrCAMBIAMENTO di visione sulle maggiori sfide che le aziende affrontano nella gestione del capitale umano, soprattutto in momenti di discontinuità legata alla crescita del business, alla necessità di estendere il proprio mercato al di fuori dei confini nazionali, o alla delicata gestione del ricambio generazionale.
SVILUPPO di soluzioni “tailor made”, per la definizione di strategie di sviluppo del Capitale Umano, interventi di riorganizzazione, analisi e ridefinizione dei processi aziendali in stretta collaborazione con le strutture IT, analisi valutativa della popolazione aziendale e creazione di strumenti di gestione. Sviluppo di programmi di formazione specifici per famiglie professionali o per strutture; definizione di politiche di remunerazione e premio, programmi di motivazione del personale e comunicazione interna, strategie di responsabilità sociale d’impresa e di gestione delle diversità.
EFFICIENZA, grazie a una rete di professionisti, capaci di coordinare l’intera area Risorse Umane in momenti critici, che prevedono la necessità di creare una struttura di Risorse Umane avanzata e adatta a supportare lo sviluppo del business, l’integrazione di aziende e culture diverse in casi di acquisizione, il varo di specifiche strategie di sviluppo o, al contrario, di forte contenimento dei costi.
“La nascita di yourHR® rappresenta un’importante novità nel panorama consulenziale italiano” afferma Dario De Gregorio, coordinatore di yourHR®. “ È il primo network italiano di professionisti dotati di un formidabile bagaglio manageriale, capaci di fare squadra ponendo a capitale le proprie competenze per creare un determinante valore aggiunto alle soluzioni proposte. Un team che, provenendo da importanti esperienze aziendali, è capace di intercettare con immediatezza le reali esigenze degli imprenditori e di fornire in tempi brevissimi risposte concrete ed efficaci. Per noi il valore del capitale umano è l’asset più importante di ogni organizzazione”.
Il modello di riferimento è quello di yourCFO®, che nell’ambito dei CFO service, ha creato un nuovo standard in Italia conclude Andrea Pietrini, managing partner di yourCFO® e membro dell’Advisory Board di yourHR®. L’obiettivo è di replicarne in fretta la crescita e i successi.

La top 10 dei retailers globali secondo Deloitte. Amazon sempre leader dell’ecommerce

Wal-Mart conferma la sua leadership con un incremento delle vendite pari al 2%, mentre Costco – che mantiene la seconda posizione  continua a crescere, riportando nel 2014 un tasso del 7,1%. A seguirli è Kroger, il quale grazie all’acquisizione dei supermercati Harris Teeter – che nel 2013 hanno registrato un fatturato di 4,7 miliardi di dollari – sale di tre posizioni, ponendosi come prossimo obiettivo il raggiungimento di un accordo per l’acquisizione di Wisconsin-based di Roundy.

Tra i colossi europei mantengono il quarto e il quinto posto nell’ordine: Schwarz Group e Tesco. Carrefour, segna un decremento dello 0,3%, passando dalla terza alla sesta posizione tra i Top 10 dei retailer globali. L’avanzamento di Tesco rispetto a Carrefour è dovuto principalmente ad un valore maggiore della sterlina britannica rispetto all’euro nel 2014.

Metro, con un calo delle vendite pari al 4%, scende di una posizione a favore di Aldi (+6,6%), al nono posto invece permane Home Depot. In decima posizione, con una crescita del 5,8% entra l’americana Walgreen Co., superando Target Corporation, crescita sostenuta dall’acquisizione nel gruppo salute e bellezza Alliance Boots e che potrebbe incrementarsi ulteriormente con l’incorporazione del competitor Rite Aid nel Gruppo.

Ecco alcune delle evidenze che emergono dalla diciannovesima edizione dello studio Global Powers of Retailing di Deloitte.

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E in termini di fatturato?

Secondo lo studio ci sono buone notizie:  il fatturato globale dei 250 più grandi retailer mondiali, infatti, ha raggiunto i 4.477 miliardi di dollari. Al rallentamento registrato nell’anno 2013, ha fatto seguito una seppur lieve ripresa l’anno successivo, che si è confermata anche per questo ultimo anno fiscale (periodo compreso tra giugno 2014 e giugno 2015), con un tasso di crescita aggregato che passa dal 4,1% al 4,3%.

Il Vecchio Continente

Cresce il divario tra il tasso di crescita annuo dei rivenditori europei (2,1%) e il trend degli ultimi 5 anni (4,1%), il più lento dal 2009 e il più basso tra le 5 regioni del mondo. La concorrenza molto forte ha spinto spesso le aziende europee a ridimensionarsi, chiudendo negozi, ritirandosi dai mercati esteri più difficili e abbandonando talvolta le attività subordinate rispetto al core business. Tuttavia solo il 10% di esse ha riportato una perdita netta e un ulteriore 43% delle società europee ha registrato un diminuzione nel margine di profitto netto.

Tra le maggiori economie europee la Germania è quella che evidenzia una crescita più elevata, seguita dalla Francia e da UK.

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L’Italia

Piuttosto flat la situazione nel nostro Paese: secondo un’indagine di Deloitte Italia è infatti emerso un ulteriore rallentamento della crescita del fatturato totale nell’ultimo esercizio (+0,6%) rispetto al 2013 ed al 2012 (pari nell’ordine a +0,7% e +2,6%). La crescita contenuta del fatturato nominale è stata influenzata maggiormente dalla componente inflattiva, mentre risultano sostanzialmente invariati i volumi.

Nel periodo 2010-2014 la redditività dei Retailer italiani è sostanzialmente rimasta invariata e anche l’incidenza sul fatturato del margine commerciale della GDO.

Analizzando i trend si può notare come anche nell’ultimo anno in analisi aumenti il divario di efficienza tra il campione internazionale e quello nazionale. Maggiore infatti risulta nel campione nazionale l’incidenza dei costi operativi sul fatturato soprattutto con riferimento ad utenze, trasporti e personale, che fanno perdere efficienza”, spiega Dario Righetti, Partner Deloitte responsabile del settore Consumer Business.

In termini di analisi operativa (EBIT), nel 2014 si è registrata un’erosione del vantaggio sul margine commerciale poiché è risultata inferiore di quasi due punti percentuali rispetto al campione internazionale (1% rispetto al 2,8%). Ritengo che questo divario confermi una certa inefficienza operativa del sistema distributivo italiano” – continua il Partner di Deloitte – “Si tratta di criticità dovute ad aspetti di varia natura, che vanno dalla conformazione geografica del Paese a problematiche più strettamente legate all’organizzazione e all’efficienza dei processi”.

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Amazon e l’e-commerce

Le vendite online, anche quest’anno, hanno rappresentato una quota significativa dei ricavi totali di vendita al dettaglio. Si attesta una crescita del 20,3% nel 2014 per le 140 aziende con siti web abilitati all’e-commerce (delle Top 250) dovuta ad operazioni di vendita online, ciò a fronte di una crescita complessiva dei ricavi di vendita al dettaglio di appena il 3,5% per tale gruppo di società.

Le società multi-channel dominano il mondo dell’e-retailing, tra i 50 maggiori retailer di tutto il mondo 39 sono multi-channel, ovvero si avvalgono di punti vendita tradizionali oltre che del canale online.

È ancora una volta Amazon a registrare i risultati migliori, con vendite di prodotti per 70 miliardi di dollari, seguita da Apple con 21 miliardi di dollari. Wal-Mart, leader globale della Top 250 guadagna una posizione di tutto rispetto anche tra i migliori e-retailer, con un quarto posto e relative vendite per 12 miliardi di dollari.

Tra le top 50 e-retailer, oltre metà sono statunitensi (26 società), 18 sono europee e solo 6 provengono da Paesi emergenti (4 dalla Cina, 1 dal Brasile e 1 dalla Russia).

 

Selex inaugura un nuovo piano di comunicazione. Il pay off? “Ottima scelta”

Selex e le sue linee specialistiche inaugurano un nuovo, importante piano di comunicazione. Due gli obiettivi principali: rafforzare l’immagine distintiva del brand e aumentarne la notorietà presso i consumatori.
Il piano si declinerà su tre tipi di campagne, previste in differenti momenti dell’anno e  su vari mezzi e supporti. La campagna istituzionale, che racconta i valori del marchio e il modo in cui i prodotti Selex entrano nella vita delle famiglie che li scelgono. Quella dedicata alle linee specialistiche (Natura Chiama Selex, Vivi Bene Selex, Primi Anni Selex e Saper di Sapori) che crea una connessione tra i diversi brand e le occasioni d’uso. E la campagna di prodotto, che suggerisce ai clienti abituali, in maniera simpatica e accattivante, di provare anche altri prodotti Selex. Trait d’union delle campagne, il claim “Noi scegliamo i prodotti migliori. Tu scegli di aggiungerli alla spesa”. E il pay off: “Selex: ottima scelta”.

La nuova comunicazione, curata dall’agenzia DLV BBDO, è stata sviluppata sui principali mezzi: da quelli più tradizionali, con una significativa presenza delle radio nazionali come Radio Rai, RISMI, RTL, ai più innovativi, come i social media. Per gli annunci radio (per cui sono previsti circa 250 comunicati alla settimana) è stato ideato un “tema musicale” che sarà sempre presente e declinato su ogni formato, per rendere coerenti e familiari i diversi messaggi trasmessi. Inoltre un “sound logo”, breve sequenza di note che accompagna il pay off  “Ottima scelta”, per dare a tutta la comunicazione audio una firma ancora più chiara e subito riconoscibile. Massima visibilità alla campagna sarà data anche all’interno di oltre 1.500 supermercati del Gruppo, con allestimenti ad hoc di grande effetto e di sicuro coinvolgimento per la clientela.

Ad arricchire il già corposo piano di comunicazione, anche il debutto del nuovo sito www.prodottiselex.it dove i consumatori troveranno tutte le informazioni sulle Marche del Distributore Selex, suggerimenti, ricette e tante interessanti opportunità.

«L’obiettivo di questa campagna è aiutare il marchio Selex a diventare sempre di più una Marca – sottolinea Maniele Tasca, Direttore Generale di Selex -. Parleremo prima di tutto ai clienti dei nostri supermercati e contiamo di stimolare la prova di nuovi prodotti e fidelizzarli ancora di più».

Selex Gruppo Commerciale è la terza realtà distributiva del Paese, con circa 5.000 prodotti a Marca del Distributore (comprendendo, oltre al brand Selex, tutti i marchi del Gruppo) presenti in oltre 2.000 supermercati di tutta Italia.
L’obiettivo della comunicazione e del nuovo sito è proprio quello di raccontare la storia e i valori del Gruppo e dei suoi brand.

«L’approccio moderno e il tono divertente e leggero della campagna contribuiranno sicuramente a raggiungere gli scopi prefissati – aggiunge Luca Vaccaro, Direttore Marche del Distributore di Selex -. Pensiamo però che sia altrettanto importante trasmettere a tutti i nostri collaboratori, di sede e dei punti di vendita, e agli stessi fornitori, la passione per il nostro lavoro, che ci ha permesso di diventare l'”Ottima scelta” di chi è attento alla convenienza senza rinunciare alla qualità».

 

Inalca del Gruppo Cremonini acquisisce il marchio Manzotin

Generale Conserve S.p.A., azienda italiana specializzata in conserve alimentari, e Inalca S.p.A., società del Gruppo Cremonini leader in Europa nella produzione di carni bovine, hanno siglato un accordo che regola la cessione a Inalca dello storico marchio di carni in scatola Manzotin.

Manzotin è un marchio con oltre 50 anni di storia nelle carni in scatola italiane, lanciato negli anni ‘60. Grazie alla decisione delle due aziende, l’acquisizione garantisce che il marchio Manzotin continui ad essere un brand Made In Italy a tutti gli effetti. Infatti, da un punto di vista produttivo, le due aziende confermano che il passaggio rappresenta la valorizzazione e l’ottimizzazione della concentrazione delle rispettive filiere verticali.

L’esecuzione finale dell’accordo, che non ha richiesto approfondimenti da parte dell’Antitrust, è prevista entro il mese di marzo.

 

Inalca S.p.A.
La società del Gruppo Cremonini leader europeo nella produzione di carni bovine, è una delle poche aziende italiane a presidiare l’intera filiera produttiva. L’azienda nel 2014 ha realizzato ricavi per 1,49 miliardi di Euro, di cui il 50% realizzato all’estero. Vanta una presenza internazionale con 11 impianti produttivi (di cui 6 in Italia, 2 in Russia, 2 in Angola, 1 in Algeria) e 21 piattaforme logistiche di distribuzione (6 in Russia, 4 in Angola, 3 in Algeria, 3 in Congo, 3 nella Repubblica Democratica del Congo, 1 in Mozambico, 1 in Costa d’Avorio). Inalca commercializza ogni anno oltre 500.000 ton di carne, produce 100.000 ton di hamburger, 200 milioni di scatolette, con 7.200 referenze di prodotto e 3.000 dipendenti.

Generale Conserve S.p.A.
Seconda azienda del mercato tonno olio con quasi il 17% di quota in valore, chiude il 2015 con un fatturato netto di 187 milioni di euro in continuo incremento verso gli anni precedenti. Il fatturato dell’azienda è sviluppato per il 60% circa da marchi propri (ASDOMAR, indiscusso leader nel mercato premium, detiene una quota in valore nel mercato tonno olio totale di circa il 7%), per il restante 40% il da Private Label. A dicembre 2013 il marchio storico della tradizione agro-alimentare italiana, DE RICA è entrato a far parte del portafoglio di Generale Conserve, con l’obiettivo di gestirne l’intera filiera produttiva, così come realizzato per il marchio ASDOMAR.

 

L’articolo è stato pubblicato sul sito www.mixerplanet.com

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