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MDD: offerta, upgrade e pricing, le leve del successo secondo IRI

Come ogni buon marinaio sa, prima di tracciare una rotta, occorre fissare bene le coordinate. Le cose non cambiano quando si procede nei (più o meno) procellosi mari del mercato: servono punti di riferimento per capire in che acque si navighi.
Trend dei prezzi, clima di fiducia e attività promozionale diventano quindi parametri indispensabili per decifrare il contesto e interpretare una realtà in evoluzione come quella della marca del distributore. “Il mercato ha ricominciato a crescere, segnando un significativo +2,5% – ci spiega infatti Gianmaria Marzoli, Direttore Commerciale Retail di IRI –. E anche l’inflazione, da maggio, ha invertito la sua tendenza con effetto migliorativo su prezzi.
A guidare questo sprint sono stati essenzialmente i volumi (per il 2%) ma molto è dipeso anche dal miglioramento dell’economia (nonostante l’ancora elevatissima disoccupazione), dal clima di fiducia (nuovamente decollato) e dalla stagionalità particolarmente propizia, cui può essere attribuito un contributo alla una crescita dei volumi pari allo 0,5%.

 

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A questo contesto, già di per sé dinamico, si aggiunge un ulteriore tassello: la contrazione della pressione promozionale, che nel 2015 si è attestata al 27,7%, in calo dello 0,6% rispetto al 2014.
Si tratta di un fatto importante: è la prima volta che se ne registra una riduzione dell’incidenza mentre al contrario continua la costante erosione dell’efficacia di questa leva. È evidentemente in atto un cambio di passo che coinvolge anche la Marca del Distributore.
Da maggio, infatti, la marca commerciale ha ripreso a cavalcare un trend positivo: dopo un anno e mezzo caratterizzato da un pervasivo segno meno (che nel 2014 si è concretizzato in un pesante -2,5%), oggi si può finalmente constatare l’inversione di tendenza testimoniata da un timido ma pur sempre importante + 0,7%”.

Quindi si sta recuperando il terreno perduto…
Sarei cauto. Certamente il trend è ritornato in territorio positivo, ma i valori raggiunti due anni fa sono ancora lontani. Non dimentichiamo che la MdD continua a perdere quota di mercato: oggi si attesta al 18,2%, con una contrazione dello 0,4%. Anche se vi è da osservare che quest’anno come mai prima è netta la differenza di performance fra insegne che incrementano vendite e volumi e insegne che al contrario mostrano risultati negativi.

In termini di offerta come ci si sta orientando?
Direi che si tende a mantenerla stabile, ma operando una razionalizzazione che spinge a disinvestire sui primi prezzi e a puntare, invece, sul premium e sul biologico. Di fatto l’esperienza di questi anni ha fatto comprendere come inseguire i discount su un’offerta molto basica , non possa portare risultati concreti.
Così si è scelto di ridurre del 30-40% l’assortimento di primo prezzo, aumentando, invece, il numero di referenza alto di gamma. Un’operazione di trade up, insomma, che mira comunque a garantire  convenienza ai clienti: parliamo infatti di un premium price del 25% a fronte di uno del 70% per i brand industriali.

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Questo per quanto attiene all’alto di gamma. E il main stream?
È ancora lo zoccolo duro dell’offerta che vale tra l’80 e l’85% e a cui si sta cercando di dare un posizionamento più conveniente (oggi l’indice di prezzo è 84, mentre nel 2014 era 85).
Tuttavia è un posizionamento “facilmente insidiabile”: basta infatti che l’industria con i suoi brand lanci una promo del 30% ed ecco che la palla della convenienza passa nella sua metà campo: a questo punto non c’è più partita.
Anche perché la Marca Industriale, oggi, ha ridotto l’incidenza promozionale solo dello 0,5% a fronte di un ben più elevato 1,4% della Md.

Che strategia adottare allora?
Non smettere di affinare l’upgrade, da una parte. E dall’altra lavorare a un posizionamento di prezzo più continuativo e competitivo, rispetto a quello high low adottato dall’industria. E alcune Insegne stanno già da qualche tempo adottando questa strategia.
D’altro canto, se si vuole superare il 30% di quota di mercato, si tratta di un percorso pressoché obbligato.

Ma non si rischia di intaccare i margini?
Ritengo che ci siano ancora molte aree di efficienza e che discutere con i copacker non solo potrebbe aiutare ad aumentare i volumi, ma garantirebbe anche da perdite economiche. Ovviamente affinare la scala prezzo, in nome di una maggiore competitività, richiede un’operazione chirurgica e non certo un intervento lineare: bisogna cioè focalizzarsi su specifiche categorie e su prodotti di maggior valore. E tutto, mai dimenticarlo, senza andare a discapito della qualità.

 

Dolcitalia entra in Gruppo VéGé

È partito il 1 gennaio 2016 l’accordo di collaborazione tra Gruppo Végé e Svive Spa, più conosciuta come Dolcitalia, gruppo attivo nella distribuzione dolciaria (rappresenta circa il 30% dell’intero comparto) con un fatturato aggregato di 290 milioni di euro.
La centrale d’acquisto rivolta al mondo della distribuzione all’ingrosso di prodotti dolciari, articoli d’impulso e beverage per il canale tradizionale è nata nel 1993 da un gruppo di imprenditori grossisti. Dal 2000 Dolcitalia diventa società di servizi che offre consulenza commerciale e di marketing ed è specializzata negli acquisti d’impulso, con una rete di 170 affiliati che serve circa 151.500 punti vendita tradizionali, tra cui 89mila bar e tabacchi, e poi rivendite alimentari, minimarket, dettaglio specializzato e convenience store, ma anche centri sportivi, palestre, catene di distribuzione carburanti, cinema e parchi tematici.
Definito alla vigilia di Natale, l’accordo mette al centro la condivisione e lo scambio di competenze in tutti i settori, dall’informatica alla gestione dati, dagli strumenti di gestione interna ai servizi avanzati di marketingtra le due realtà distributive attive a livello nazionale.

«Siamo entrati a far parte di Gruppo VéGé nella piena convinzione di poter sviluppare una collaborazione a tutto tondo che sia mutualmente vantaggiosa, ma soprattutto orientata alla costruzione di valore aggiunto per la distribuzione dolciaria all’ingrosso” – ha dichiarato Marino Lazzarini, Presidente di Svive -. Intendiamo arricchire la già forte rete di relazioni di Gruppo VéGé con la nostra solida esperienza e know how in un settore strategico come quello dolciario».

Nicola Mastromartino
Nicola Mastromartino

A Gruppo VéGé la partnership avviata da quest’anno con Dolcitalia assicura una visione privilegiata sul mondo del dolciario, ma consente anche l’accesso al know-how specifico e alla rete relazionale sviluppata di quello che può essere considerato a tutti gli effetti un leader di settore.

«L’accordo con Dolcitalia è un risultato eccellente e di straordinaria portata non solo perché si tratta del gruppo di riferimento nella distribuzione dolciaria, ma soprattutto perché questa partnership rende possibili sinergie e vantaggi reciproci di estremo valore, non riducibili alla pur importante sfera delle posizioni contrattuali – ha commentato Nicola Mastromartino, Presidente di Gruppo VéGé -. Siamo già al lavoro per integrare competenze, sistemi e servizi in una prospettiva di crescita armonica e di lungo periodo».

Peroni potrebbe diventare giapponese: Asahi interessata all’acquisto da SabMiller

Potrebbe esserci un altro cambio di proprietà per Peroni: lo storico marchio italiano infatti avrebbe risvegliato l’attenzione del produttore di birre giapponese Asahi Group Holdings, che sarebbe interessato ad acquistare il marchio dal colosso sudafricano SabMiller, pronto a vendere alcune operazioni per facilitare la fusione con Anheuser-Busch InBev NV superando gli ostacoli dell’antitrust europeo. Secondo quanto riporta il quotidiano giapponese “Yomiuri”, l’offerta, che riguarda oltre a Peroni il marchio olandese Grolsch sempre di proprietà di SabMiller, ammonterebbe a 3,12 miliardi di euro e potrebbe venire fatta già questa settimana.

Secondo Bloomberg, a cui Asahi non ha voluto confermare la notizia, altri acquirenti interessati ai marchi sarebbero KKR & Co., Mahou-San Miguel Group e Cinven.

Ancora aperta invece la “storia infinita” della fusione tra i due più grandi produttori di birra mondiali, SabMiller e AB InBev appunto, di cui si parla da mesi (vedi il nostro articolo Risiko birra: AB InBev verso il matrimonio con Sab Miller).

 

Fiducia in calo a dicembre secondo Istat per consumatori e imprese

Sarà l’avvicinarsi delle feste più consumiste dell’anno, la paura del terrorismo e l’instabilità geopolitica o forse il blues di fine anno, tant’è, la fiducia dei consumatori e delle imprese cala in questo dicembre 2015. Lo rivela l’Istat che segnala come l’indice del clima di fiducia dei consumatori (espresso in base 2010=100) è calato a 117,6 da 118,4 del mese precedente. Quanto alle imprese l’Iesi, Istat economic sentiment indicator scende a 105,8 da 107,1 di novembre. Resta dunque la flessione, anche se entrambi gli indici confermano i livelli elevati registrati nei mesi precedenti.

A diminuire però sono tutte le stime delle componenti del clima di fiducia dei consumatori, con un calo maggiore per le componenti economica e corrente che passano, rispettivamente, a 152,9 da 157,9 e a 109,1 da 111,6; meglio va invece la componente personale (a 104,5 da 105,0) e quella futura (a 127,3 da 128,0). Per contro però peggiorano le aspettative sull’attuale situazione economica del Paese (a -24 da -20 e a 25 da 31). Insoddisfazione anche sull’andamento dei prezzi nei passati 12 mesi, con un saldo che aumenta a -16 da -19. Quanto alle attese sui prezzi nei prossimi 12 mesi, il saldo passa a -11 da -20. Aumenta il saldo delle attese di disoccupazione (a 2 da -8).

Riguardo le imprese, il clima di fiducia nel commercio al dettaglio cala (a 109,1 da 115,0) ma migliorano le attese sulle vendite future (a 29 da 24) ma peggiorano sensibilmente i giudizi sulle vendite correnti (a 13 da 32).

Conad a 12,2 miliardi di vendite nel segno di convenienza, assortimento e vicinanza a casa

Nella consueta conferenza stampa di fine anno, Conad h tracciato il bilancio di un 2015 all’insegna della crescita e indicato i programmi per il 2016. «Il clima di fiducia delle famiglie si è raffreddato – afferma l’amministratore delegato Francesco Pugliwese – lentamente abbiamo imboccato la via d’uscita dalla crisi. Due consumatori su tre dichiarano di avere modificato le proprie abitudini di spesa per poter risparmiare: la nostra risposta è una rete multicanale e multifunzionale, con layout specifici, assortimenti ampi di specialità e eccellenze di ogni territorio. Investiamo in servizi e nel futuro con soluzioni più vicine possibile alle attese di quanti scelgono le nostre insegne per la qualità e la convenienza che siamo in grado di garantire».

I risultati
Nonostante nel terzo trimestre dell’anno il trend dei consumi sia attestato al 2 per cento), Conad stima di chiudere il 2015 con un giro d’affari di 12,2 miliardi di euro, in crescita di 500 milioni (+4,2 per cento) rispetto all’anno precedente. «Per avee un’idea – puntualizza Pugliese – la crescita avuta da Conad è pari al fatturato complessivo di Eataly, una realtà che fa certamente il bene dei prodotti italiani e dell’immagine dell’Italia all’estero, ma che realizza l’80% del fatturato con la ristorazione».

Un risultato che nasce da un piano strategico di sviluppo che ha portato la quota di mercato all’11,8 per cento (0,4 punti percentuali in più nel corso dell’anno) e al rafforzamento della leadership nei supermercati, con una quota del 19,8 per cento (1,2 punti percentuali in più rispetto al 2014). La crescita di Conad è trainata dal trend di ipermercati e supermercati, superiore di più del doppio a quello del mercato.

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La marca del distributore
Un altro elemento di traino è la marca commerciale. Nel complesso la quota della Mdd in Italia ha subito anche nel 2015 un lieve rallentamento, passando dal 18,4% al 18,3%, ma registrando anche incementi sostanziali nei segmenti premium e green (+11,8% e +9% rispettivamente) e un crollo del 40% del segmento primi prezzi. La Mdd Conad, al contrario ha una quota del 27%: «È un elemento che fidelizza i clienti offrendo un posizionamento differenziante all’insegna». E che assegna ai prodotti Conad la leaderchip inel 40% delle categorie.

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Secondo una rilevazione di Iri, a fine anno la convenienza offerta da Conad ha generato più di 673 milioni di risparmio per i clienti nel solo largo consumo confezionato: alimentari, prodotti per la pulizia della persona e della casa, prodotti di consumo non durevoli.

La rete
La rete di vendita conta 3.062 punti di vendita – 25 Conad Ipermercato, 215 Conad Superstore, 1.039 Conad, 989 Conad City, 518 Margherita Conad, 197 discount Todis, 13 Sapori&Dintorni e 66 altre insegne e cash&carry –, comprensivi dell’acquisizione di 45 ex Billa nel Nord-Est (Veneto e Friuli-Venezia Giulia) e delle nuove aperture con la creazione di 4.174 nuovi posti di lavoro.

Si tratta in una rete multicanale capace di dare risposte a modalità di spesa sempre più articolate e a nuovi consumi: carburanti, farmaci, ottico, gelaterie. Sempre con una forte attenzione all’italianità dei prodotti e fornendo, al contempo, un sostegno a quel tessuto imprenditoriale fatto di piccoli e medi produttori locali che rappresentano l’eccellenza tipica regionale e una componente fondamentale dell’economia nazionale. Ne trae beneficio la produttività di Conad (5.980 euro/mq), tra le più alte del mercato, pur con una dimensione media del punto di vendita più piccola (623 mq) rispetto a quella di altre catene, e una punta di eccellenza con Sapori&Dintorni.

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E la frequentazione: sono 7,8 milioni gli acquirenti non occasionali (31,7 per cento delle famiglie italiane) che ogni settimana fanno la spesa nei punti di vendita di Conad staccando oltre 45 scontrini all’anno.

La collaborazione con Finiper
Quanto all’accordo con Finiper-Unes, Pugliese specifica che la collaborazione procede in maniera importante, che l’accordo è quinquennale automaticamente rinnovabile e che sono in via di attuazione delle attività comuni, tra cui uno stabilimento per la sfilettatura e il confezonamentod el pesce fresco ed è stato già varato un investimento di 25 milioni per la realizzazione di una nuova azienda per l’industrializzazione del take away.

I progetti per il futuro
Ma l’investimento più significativo, in quanto punto di riferimento di ogni settore di attività per lo sviluppo nei territori, è nella multicanalità, perché finalizzato a rafforzare il concetto di vicinanza al territorio e di partecipazione; dunque il rapporto con il cliente. Non solo spazi fisici, ma anche un’offerta di prodotti ben ponderata e attenzioni continue alle esigenze delle comunità. Con un occhio di riguardo alla prossimità: format nuovi e rinnovati per soluzioni al passo con i tempi e innovazioni in aree chiamate a rispondere sempre più e sempre meglio alle esigenze di un cliente che è radicalmente cambiato.

Nel 2016 Conad investirà quindi 188 milioni di euro per potenziare e ampliare la rete con 88 nuovi punti di vendita per una superficie complessiva di 78.800 mq e la creazione di 1.300 posti di lavoro, 880 dei quali rappresentati da nuove assunzioni.

«Si tratta di una crescita organica – sottolinea Pugliese – che non prende in considerazione eventuali acquisizioni. Noi non abbiamo problemi a investire: con oltre 2 miliardi di patrimonio siamo nelle condizioni di fare acquisizioni. E di farle bene».

Sono previsti anche 8 milioni di investimento nel mondo digitale a tutto tondo, nel quadro del miglioramento del rapporto con il cliente. Quanto all’e-commerce, Pugliese ha un’idea precisa: «L’e-comemrce è in perdita. Valuteremo se pur in perdita si tratta di un servizio a sostegno del punto vendita fisico. In ogni caso il nostro obiettivo è di partire con una sperimentazione in una grande città nel 2016».

Le liberalizzazioni
L’impegno di Conad nella battaglia per le liberalizzazioni (farmaci di fasci C, carburanti in prima battuta) è stato ulteriormente ribadito da Pugliese. «Il nostro impegno per le liberalizzazioni non è determinato da un interesse economico. Voglio ribadirlo alla d.ssa Racca preseidente di Federfarma. Lo facciamo come cittadini, perché da sempre Conad si è battuto per la ricerca di un paese migliore. Liberalizzazione significa mercato più libero e più competitivo. Bisogna finirla di bloccare l’ammodermnamento del Paese per tutelare gli inetressi di pochi».

A fine 2015 le parafarmacie Conad in attività sono 100, con una convenienza che ha prodotto un risparmio per i clienti di 12 milioni di euro. Nella ricerca che Altroconsumo conduce ogni anno su un ampio campione di farmacie e parafarmacie, Conad risulta la catena della grande distribuzione più competitiva d’Italia, con un risparmio medio di oltre il 20 per cento sui prezzi di vendita dei farmaci rispetto a quelli delle farmacie.

Nel 2015 i distributori di carburanti Conad hanno raggiunto quota 35, con un erogato medio di 8,3 milioni di litri all’anno e un risparmio di 21 milioni di euro per gli automobilisti. Con un media di due rifornimenti al mese (da 50 litri cd), in un anno il risparmio per ogni automobilista ammonta a 105 euro. Il che equivale a dire che Conad ha erogato un proprio personale “bonus” vendendo i carburanti ad un prezzo mediamente inferiore di 8,8 centesimi di euro al litro rispetto ai prezzi medi nazionali delle compagnie petrolifere comunicati dal ministero dello Sviluppo economico.

Lo stesso discorso, ha aggiunto Pugliese, riguarda i libri e i libri di testo in particolare: «Se c’è la possibilità di offrire i libri di testo a prezzi più competitivi perché si vuole impedirlo? Perché c’è la lobby dei librai da tutelare». E lo stesso vale anche per gli orari di apertura festivi. «Noi siamo favorevoli alle aperture per garantire un certo livello di servizio, anche se comportano un aumento dei costi e non necessariamente un aumento delle vendite. Ma pensiamo che debbano essere le imprese a scegliere se tenere aperto o chiudere nelle festività o la domenica. Non può essee una scelta dei comuni. L’eccesso di regolamentazione sta portando il Paese alla paralisi e alla crescita di un sistema burocratico che aumenta i costi per tutta la collettività».

Nielsen: innovazione di successo solo nell’1% dei casi

Solo l’1% dei lanci di nuovi prodotti è riuscito a consolidarsi sul mercato nel 2015 secondo il Breakthrough Innovation Report di Nielsen. Si tratta di un’analisi di 8.650 lanci di prodotto nell’Europa Occidentale. In valori assoluti significa che solo 86 prodotti hanno raggiunto il successo. In tutta Europa. In particolare, Italia e Spagna sono i mercati che si sono maggiormente distinti per il lancio di nuovi prodotti.

Birra, Caffè e Cibo Per Animali sono le categorie con il più alto tasso di innovatività, facendo rilevare un incremento del 20% su base annua di nuovi marchi nel triennio 2011-2014. A livello europeo, le vendite annuali di nuovi prodotti nello stesso periodo hanno fatto registrare un incremento di un punto percentuale.

Schermata 2015-12-09 alle 11.48.37Tuttavia le vendite per prodotto, se nel 2012 generavano un giro d’affari pari a 323 mila euro, nel 2014 lo stesso valore era pari a 262 mila euro. In questo senso, si legge nel report, si assiste a una crescita dei nuovi tentativi di lancio, ma a una perdita di efficacia degli stessi. L’87% delle vendite di nuovi prodotti, infatti, deriva solamente dal 20% dei marchi lanciati.

Che cosa definisce un prodotto “di successo”

Sono tre i criteri in base ai quali vengono classificati come “di successo” i lanci dei nuovi prodotti all’interno dello studio:

  • alto grado di innovazione (non un semplice remake);
  • fatturato generato di almeno 10 milioni di euro nel primo anno di commercializzazione;
  • produzione del 90% delle vendite nel secondo anno, rispetto a quelle registrate nel primo.

I vincitori del Breakthrough Innovation Report per l’anno in corso sono i seguenti prodotti:
–  Ariel 3 in 1 (detergenti)
– Cadbury: Dairy Milk Marvellous Creations (cioccolato)
– Die Limo: Von Granini (bevande)
– Dompé: (analgesici)
– Garnier: Fructis Schadenloscher (cura capelli)
– Garnier: Ultimate Blends (Nuova Formula-cura capelli)
– Nivea: Cellular Anti-Age (Cellule anti rughe-creme viso)
– L’Oréal Paris: Elvive Fibrology (cura capelli)
– Lay’s: Xtra (snack salati)
– Robinsons: Squash’d (bevande)
– Scholl: Velvet Smooth Express Pedi (cura dei piedi)
– Strongbow: Dark Fruit (bevande)
– Sure: Compressed (deodoranti)
– Tchibo: Barista (caffè)
– Tropicana: in Turchia (bevande)
– Vanish: Gold Oxi Action (detergenti)
– Volvic: Juicy (bevande)
– Yatecomo: (cibo)

«Tre su quattro dei nuovi lanci non riescono a raggiungere la soglia dei 140.000 Euro (100mila sterline) di fatturato nel corso dei primi dodici mesi di commercializzazione e spesso vengono esclusi dai distributori» spiega Marcin Penconek, Vice Presidente dell’Area Innovazione di Nielsen Europa e co-autore del report. «Il successo di prodotti innovativi è estremamente raro ma, nonostante ciò che generalmente si pensa, non avviene né per caso, né per fortuna, né per magia. Alla base delle scelte dei consumatori di acquistare un nuovo prodotto ci sono modelli di comportamento individuabili all’interno di uno schema predefinito e determinato».

Fattore chiave di innovazione, l’empatia con il consumatore

Per spiegare le ragioni di successo o meno dei lanci, il report utilizza l’approccio chiamato “Jobs Theory”, vale a dire parte dall’idea che le ragioni dell’acquisto non sono legate a specifiche variabili – come quelle demografiche, né agli attributi del prodotto, bensì al processo delle attività pianificate  per implementare i requisiti innovativi.

In merito alla Jobs Theory dichiara Penconek: «Si presuppone che il consumatore sia più che altro interessato a ‘testare’ i prodotti per verificare se questi sono in grado di apportare miglioramenti alla qualità della vita. I casi di innovazioni riusciti dimostrano che l’empatia è il fattore chiave, ovvero la capacità di intercettare quei bisogni e quelle esigenze del consumatore lasciate inevase dal mercato. Le innovazioni di successo agiscono in maniera precisa ed efficace a tale livello. Al cliente si deve comunicare secondo modalità che trovano nella semplicità la propria cifra distintiva, mettendolo in grado di individuare nel prodotto una risposta al proprio bisogno. In altre parole, occorre trasmettere i contenuti innovativi in modo tale che li capisca anche un bimbo di otto anni».

Schermata 2015-12-09 alle 11.57.54Squash’d di Robinson ha identificato un’area di successo introducendo un cambiamento all’interno della categoria Squash, producendo un formato nuovo e trasportabile così da potere essere utilizzato anche fuori casa. Il prodotto ha generato un giro d’affari superiore a 15 milioni di euro.

 

 

Scholl’s Velvet Smooth Express Pedi è stato concepito dopo avere ascoltato Schermata 2015-12-09 alle 11.57.37le esigenze delle donne in merito alla cura del piede. La soluzione alla pelle secca è cambiata in 100 anni e ha condotto alla individuazione di quelli che si sono rivelati trattamenti nocivi. Scholl ha scoperto degli strumenti elettronici per ammorbidire la pelle del piede e ha implementato linee di produzione degli stessi in piccoli quantitativi che, dopo test che sono risultati positivi, ha lanciato in 48 Paesi.


Sure
ha prodotto confezioni di deodorante “compresso” utilizzando una nuova tecnologia. Il risultato è stata l’offerta sul mercato del prodotto più sostenibile all’interno della categoria Spray.
Schermata 2015-12-09 alle 11.58.13Il Vice Presidente di Unilever Mariano Sampietro ha dichiarato: «Abbiamo deciso di individuare le aree merceologiche (brand e categorie di prodotto) che da sempre hanno avuto un impatto negativo sull’ambiente e sulla società. Si è scoperto che il materiale più inquinante è l’alluminio delle confezioni, difficile da smaltire». Il nuovo prodotto contiene il 50% in meno di gas ed è stata applicata una riduzione di alluminio pari al 25%. La formula tecnologica è stata applicata a tutti i marchi di deodorante Unilever con l’obiettivo di condividere tra le aziende produttrici la scoperta, piuttosto che tenerla nascosta.

Schermata 2015-12-09 alle 11.59.49Mark Schulzig, responsabile per l’innovazione di Beiersdorf e artefice del lancio del marchio vincitore Nivea, si è espresso in questi termini: «L’elemento ‘magico’ che sta dietro ogni singola innovazione risiede prima di tutto nel bagaglio di informazioni che vengono reperite in merito al settore che si vuole esplorare. In secondo luogo la novità che viene immessa sul mercato deve comportare benefici facilmente percepibili e non semplicemente una nuova formula comunicativa. Terzo, occorre focalizzarsi su poche innovazioni per un lungo periodo, così da consolidarne le posizioni di mercato finchè non diventino un prodotto di successo. Nessun nuovo prodotto raccoglie buone posizioni nell’immediato, occorre un processo di attività a supporto distribuite nel tempo.  Infine, ciò che fa la differenza sono le persone che acquisteranno il prodotto: l’innovazione deve iniziare e finire sempre tenendo presente le esigenze del consumatore».

I quattro motivi per cui le vendite online di Natale saranno record

Nello studio “Ready to Wrap” (“Pronti a impacchettare”), Demandware prevede che il periodo compreso tra il 19 novembre e il 26 dicembre rappresenterà quest’anno il 22% del totale delle vendite online, contro il 21% dello scorso anno.

Sulla base di dati storici relativi al periodo di picco, unitamente alle tendenze del 2015, Demandware identifica quattro fattori cruciali che porteranno a visite e transazioni record durante il periodo dello shopping natalizio.

Eccoli.

Dimenticate le letterine a Babbo Natale, controllate il carrello dei ragazzi
Cambia il modo in cui i consumatori navigano online, e il carrello si trasforma in una “lista dei desideri”. Grazie soprattutto all’aumento del tasso di acquisto via smartphone, Demandware stima che quest’anno i consumatori creeranno il 25% di carrelli in più.

Promozioni di Natale: picchi nel numero di spedizioni gratuite e aumento degli sconti
Il picco della stagione dello shopping è nota per gli sconti e le spedizioni gratuite, valore aggiunto ricercato dai consumatori. Quest’anno non farà eccezione: secondo Demandware l’82% degli ordini sarà spedito gratuitamente, dato in aumento rispetto al 73% del 2014. Inoltre, l’azienda prevede che in media gli ordini saranno scontati del 18%.

Il traffico si congestiona, e non solo nei parcheggi
La combinazione di una crescita costante nel 2015 e il forte periodo di picco dello scorso anno, congiuntamente alla disponibilità di un giorno in più tra la Festa del Ringraziamento e Natale 2015, suggerisce un aumento del 31% degli ordini a livello globale. Catalizzatore sarà il traffico online: la previsione è di un aumento del 22% delle visite per questo periodo di picco rispetto allo stesso periodo del 2014. Secondo le stime, i consumatori visiteranno lo stesso sito il 6% in più; su di esso ci sarà una crescita della spesa pari al 3%. Grazie all’aumento degli acquisti effettuati tramite più dispositivi e al miglioramento nell’utilizzo di device mobili per lo shopping, è possibile che tali dispositivi saranno largamente responsabili dell’aumento delle visite.

Telefoni in piena carica
Nel 2013, rispetto a computer e tablet, il 23% del traffico registrato nel periodo di picco è avvenuto tramite smartphone. Nel 2014, questa percentuale è salita al 33%. Quest’anno il tasso di crescita non si arresta: la quota prevista è al 47% a livello globale. Le previsioni per la percentuale di ordini indicano guadagni anche più alti – rispetto al 10% del 2013 e al 16% del 2014, si stima che il 23% degli ordini verrà effettuato tramite telefono. Lo smartphone sarà il dispositivo preferito per il traffico correlato al commercio digitale.

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Per Elana Anderson, Senior Vice President of Worldwide Marketing di Demandare «I consumatori sono più propensi a effettuare acquisti utilizzando dispositivi differenti, ed è compito dei retailer unificare l’esperienza di acquisto del cliente attraverso smartphone, tablet e computer. Il segreto è creare la connessione per il cliente e per ognuno attuare un’esperienza di acquisto valida e personalizzata adattando ad ognuno le attività di commercializzazione e sfruttando i nuovi modi con cui i consumatori interagiscono con i brand».

Nielsen, Q3 positivo per la GDO a +2% ma c’è sofferenza dopo l’Expo

Cresce la fiducia e con lei gli acquisti dei beni di consumo, che nel terzo trimestre 2015 (Q3) in Europa secondo i dati Nielsen sono in aumento per la sesta volta consecutiva. Nella grande distribuzione le vendite a volume hanno fatto registrare un incremento del +1,3% accompagnato da una crescita del +1,7% dei prezzi, con un aumento degli incassi del 3%. In Italia la crescita nominale registrata nel terzo trimestre 2015 è stata del +2% rispetto allo stesso trimestre del 2014 (crescita a volume pari a +0,9%, crescita a valore pari a +1,1%).

Finalmente si tira il fiato dunque? Non proprio, perché i dati, sempre di Nielsen, dell’ultima settimana, quella dal 2 all’8 novembre, segnalano una battuta d’arresto, del -4,05%, con un forte calo nel Nord-Ovest “orfano” dall’effetto “amplificatore” dell’Expo. Certo, l’autunno insolitamente mite potrebbe avere portato le persone a consumare fuoricasa ben più di quanto si faccia normalmente in questa stagione. Non solo: in tutta Italia la Grande distribuzione ha sofferto per l'”allarma Oms” sulla carne (vd nostro articolo) mentre la prossima débacle potrebbe seguire alle inchieste sugli oli di oliva Evo.

Se questi elementi saranno in grado di “bruciare” gli effetti positivi del resto dell’anno lo vedremo al prossimo consuntivo. Per ora però resta un andamento europeo positivo, con alcune differenze nazionali: continua a crescere la Turchia (valore nominale delle vendite pari a +12,4% vs Q3 2014, di gran lunga al di sopra della media UE), seguita da Austria (+5,9%) e Ungheria (+5,8%). Solamente tre dei Paesi rilevati hanno fatto segnare dati negativi a livello nominale: Svizzera (-1,5%), Finlandia (-0,9%) e Regno Unito (-0,3%). Nei cinque maggiori mercati, la Spagna fa rilevare la crescita nominale più alta (+3%), seguita da quelle della Germania (+2,3%) e dell’Italia (+2,0%).

«Anche per l’Italia – ha dichiarato Romolo de Camillis, area retail director di Nielsen Italia – nel terzo trimestre i trend sembrano muoversi nella giusta direzione con una tra le più alte crescite registrate nel corso degli ultimi trimestri. Il dato beneficia anche di effetti stagionali (estate calda) che hanno favorito le vendite di bevande e gelati. Sicuramente l’indice di fiducia che ha iniziato a crescere tra i consumatori, come rilevato dalla survey Nielsen sulla Global Consumer Confidence, è stato il fattore determinante dell’inversione di tendenza osservata nell’andamento delle vendite all’interno della grande distribuzione nel nostro Paese».

Sul fronte delle variazioni a valore (prezzo) è ancora la Turchia (+9,5%) l’unico Paese rilevato che ha prodotto variazioni al di sopra del 3% e solo altri tre mercati (Svezia, Norvegia e Austria) hanno visto i prezzi crescere al di sopra della media dei 21 Paesi oggetto dell’indagine Nielsen (+1,7%). Per contro, solo cinque Paesi hanno riportato fenomeni deflattivi.

In quanto alle variazioni a volume (quantità vendute) per la prima volta nell’anno, la Turchia non ha fatto registrare la crescita più elevata a volume ed è stata superata dalla Polonia (+5%), seguita da Ungheria (+4,3%) e Austria (+3,9%). Regno Unito e Finlandia (entrambi a -0,5%) sono state le uniche due realtà a risultare in decrescita.

«L’ultimo anno è stato caratterizzato – ha detto Jean-Jacques Vandenheede, area retail director di Nielsen Europa – da una costante evoluzione positiva dei prezzi e da volumi in sensibile crescita, quindi le cose stanno procedendo nel senso giusto nella maggior parte dei Paesi. L’unico segnale allarmante, al contrario, è quello proveniente dal Regno Unito, dove i supermercati hanno condotto una pesante guerra dei prezzi per controbilanciare l’ascesa dei discount. Questa situazione ha avuto come conseguenza quella di una contrazione degli incassi. Il fenomeno tuttavia mostra segnali di contenimento, così che ci sono buone prospettive per il 2016».

 

Effetto Oms sulla carne: in una settimana vendite al supermercato in calo di 16 milioni di euro

Si sono fatti subito sentire gli effetti sui mercati dell’allarme lanciato dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) sui danni alla salute provocati dalle carni rosse ed elaborate.

Iri ha rilevato una contrazione di 16 milioni euro delle vendite nel canale modern. Quello delle carni – segnala Iri – è uno dei mercati più importanti all’interno del Largo Consumo che vale nel periodo gennaio- ottobre di quest’anno ben 8 miliardi di Euro. In una sola settimana il mercato ha bruciato quindi lo 0,2% dei ricavi complessivi.

Come illustrato dalla tabella, tutti i segmenti del mercato sono stati interessati. Fa eccezione la carne bianca fresca che, a due settimane dalla comunicazione dell’Oms, registra una crescita del 3%. Al contrario, tutti i prodotti elaborati, sia che si tratti di carne rossa sia che si tratti di carne bianca, segnano cali importanti.

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Tra i segmenti più critici sicuramente vi è quello dei Wurstel e altri Precotti che registra addirittura un calo delle vendite del 17,1%. “Dopo un periodo di difficoltà dell’intero comparto di carni e salumi, si stavano intravedendo segnali di ripresa – commenta Marco Limonta, Business Insights Director di IRI- Purtroppo questo avvenimento ha portato una forte battuta di arresto in tutta la filiera”.

Come illustrato dal grafico a seguire ad una settimana dalla comunicazione divulgata dall’Oms il comparto di carni e salumi nei canali di supermercati e ipermercati segna un -8,7% rispetto all’analogo periodo precedente.

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«Confidiamo che le ampie rassicurazioni pervenuti da parte di medici, oncologi, istituzioni, esperti e dalla stessa IARC – ha commentato Aldo Radice, Codirettore di Assica, Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi – favoriscano il rapido ritorno alla normalità. Come abbiamo più volte sottolineato, questa ricerca “non parla italiano”: si riferisce a consumi che son completamente diversi di nostri, sia per le quantità (oltre il doppio) sia per la qualità dei nostri prodotti. Rimane il fatto che i 16 milioni di euro di mancate vendite nella prima settimana sono una perdita netta per il settore, proprio in un momento in cui finalmente il comparto della carne e dei salumi iniziava a uscire da un quadriennio molto difficile».

Crai continua la crescita: aumentano fatturato e punti vendita

L'interno di un puntovendita Crai F.lli Ibba

Continua la crescita del Gruppo Crai, che nel primo semestre registra +15% di fatturato, rispetto al 2014, chiuso con un +24%. Anche la rete di negozi si intensifica: nel primo semestre si sono aggiunti 154 nuovi punti vendita in ambito alimentare. CRAI è quindi fortemente impegnata nella caratterizzazione dei negozi aderenti all’insegna in modo da assumere un’identità distintiva verso la concorrenza e offrire ai clienti la medesima shopper experience.

Gli oltre 2.000 punti vendita alimentari rappresentano infatti un vero e proprio osservatorio in cui si rilevano i cambiamenti nelle tendenze di consumo e nel modo di fare la spesa: qualità dei prodotti ed eccellenza nel servizio sono oggi prioritari, anche rispetto alle vendite promozionali.

Oltre il 70% dei negozi CRAI è rappresentato da punti vendita di prossimità generalmente caratterizzati da superfici che rientrano nel canale del libero servizio (metrature comprese tra 100 e 399 mq) all’interno del quale è diventata addirittura la seconda insegna, con una quota di mercato del 10,09%.

Copia di MarcoBordoli_AmDel_CRAI_Secom«L’ultima edizione della Guida Nielsen Largo Consumo (fine settembre 2015), strumento che indica gli indici di potenzialità dei maggiori punti vendita del paese e le quote di mercato delle insegne nel canale alimentare, evidenzia come la nostra quota di mercato nel canale alimentare sia cresciuta dello 0,3% – spiega Marco Bordoli, amministratore delegato del Gruppo CRAI Seco (nella foto) – diventando così il terzo gruppo in Italia per velocità di crescita della quota. Si tratta di un risultato conferma che il lavoro svolto dalla Sede Centrale, dai Cedi e dai suoi associati è fondamentale per la crescita e il raggiungimento degli obiettivi del gruppo».

Crai sta sviluppando un piano strategico di medio termine che non solo intende consolidare la posizione raggiunta nel mercato, ma si pone come obiettivo un’ulteriore accelerazione della crescita già in atto.

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