CLOSE
Home Tags Nomisma

Tag: Nomisma

Cresce l’export per l’Italia, toccando nel 2017 la quota record di 40 mld

Come si dice? Da cosa nasce cosa. E dalla crisi dei consumi che per un decennio ha imperversato nel nostro Paese, è nata (o meglio si è fortemente rafforzata) una diversa strategia commerciale basata sull’export.

Non è un caso, infatti che dal 2007 (anno d’esordio della crisi) al 2017 il valore delle esportazioni agroalimentari italiane è passato da 22 ad oltre 40 miliardi di euro, record storico, sebbene ancora lontano dall’ambizioso traguardo che il Paese si è dato dei 50 miliardi al 2020.

Ecco una delle evidenze principali della relazione di Nomisma presentata in occasione del convegno “L’agroalimentare italiano alla prova dell’internazionalizzazione”, evento organizzato presso il Savoia Hotel di Bologna dallo studio legale LS Lexjus Sinacta e che ha visto la partecipazione, tra gli altri, di Ioanna Stavropoulou (Granarolo spa), Giordano Emo Capodilista (Confagricoltura), Massimiliano Montalti (Assologistica), Andrea Villani (A.G.E.R.), Damiano Frosi (Politecnico di Milano).

Nonostante questo l’Italia non è ancora sul podio dei paesi esportaori, ma in Europa detiene il 5° posto dietro Olanda, Germania, Francia e Spagna. Evidentemente la reputazione da sola non è in grado di sancire il successo. Servono anche organizzazione, competenza e conoscenza, caratteristiche appannaggio delle imprese più strutturate.

Il nostro Paese, ancora, sconta un po’ il vezzo del piccolo è bello: basti pensare che in Italia solamente l’1,7% delle imprese alimentari ha più di 50 addetti – contro il 10,5% della Germania o il 4,1% della Spagna – ed è in grado di esportare circa il 30% della propria produzione.

Questa peculiarità spiega anche la nostra ridotta presenza sui mercati lontani:  i due terzi dell’export agroalimentare italiano, infatti, sono ancora destinati a mercati “di prossimità”, cioè Paesi dell’Unione Europea, mentre la restante quota si distribuisce tra America (13,5%), Asia (9%), altri Paesi Europei (7,6%), Africa (2,4%), sebbene – e da qui si comprendono le ulteriori potenzialità inespresse del food&beverage italiano – nell’ultimo decennio il nostro export agroalimentare sia cresciuto del 229% verso il Medio Oriente, del 197% in Asia centrale, del 163% in Asia Orientale e del 123% nei paesi del centro-sud America.

A proposito di queste criticità, Denis Pantini, Responsabile dell’Area Agroalimentare di Nomisma ha commentato: “Affinché l’export dei prodotti agroalimentari italiani aumenti, è indispensabile che si allarghi la base delle imprese esportatrici, in larga parte riconducibili ad aziende medio-grandi e rappresentanti una quota ancora ridotta del totale, meno del 20% del settore”.

Le criticità

Sul mercato internazionale, le opportunità di crescitanon mancano: nei prossimi 5 anni, infatti, ci si attende i corrispondenza a un incremento del reddito pro capite, una ulteriore crescita dei consumi alimentari in molti dei principali mercati mondiali: Stati Uniti (+24%), Cina (+44%), India (+85%), Russia (+45%), Corea del Sud (+22%), Canada (+35%).

Il problema dell’Italia è quello della concorrenza di altri paesi agguerriti, specializzati e con condizioni fiscali ben diverse. Non dimentichiamo, infatti, che tra le difficoltà che rendono la vita difficile alle PMI italiane in questa corsa all’export, figurano dazi e barriere non tariffarie che rappresentano spesso ostacoli insormontabili. Tra il 2012 e il 2016 il numero di misure sanitarie e fitosanitarie e barriere tecniche e commerciali è aumentato rispettivamente del 43% e 99%, per non parlare dei dazi medi all’import che in alcuni casi sono superiori al 30% ad valorem. In quest’ottica, gli accordi commerciali giocano certamente un ruolo di primo piano; ne è una dimostrazione quanto sta accadendo sul mercato del vino in Cina, dove Australia e Cile, grazie ad accordi bilaterali che hanno azzerato i dazi all’importazione, insieme hanno eroso più del 10% del mercato a Francia, Italia e Spagna (che all’opposto non godono di queste agevolazioni).

 

Fonte: Nomisma Agrifood Monitor

Ripresa alimentare: confezionato a 18 miliardi, trainato da bevande, caffè e prodotti vegetali

Cambia il consumatore, che esce sì dalla crisi ma trasformato nelle sue abitudini di acquisto, e cambiano i consumi. Una conferma viene dai dati appena rilasciati da Aiipa, Associazione Italiana Industrie Prodotti Alimentari: nel 2015 ha superato i 18 miliardi di euro di fatturato, in aumento del 2,7% sul 2014, l’alimentare confezionato italiano, riunito nelle imprese associate. I settori interessati sono caffè, nutrizione e salute (alimenti per l’infanzia e integratori), surgelati, prodotti vegetali (succhi, conserve, confetture, IV gamma) e alimentari (tè, spezie, snack) e preparazioni alimentari (brodi, salse, preparati per dolci e gelati e per panificazione). Cresce la loro incidenza (pari al 14%) sul giro d’affari sviluppato dall’industria alimentare italiana, fermo a quota 132 miliardi di euro come l’anno precedente.
In aumento anche le esportazioni, che hanno sfiorato i 5 miliardi di euro, con un incremento del +6,3% sull’anno precedente, in linea con gli ottimi risultati registrati dall’industria alimentare nel suo totale che ha toccato quota 29 miliardi.

 

Ripresa sì, ma moderata e “mirata”

Dove vanno i consumi alimentari degli italiani? Un quadro lo dà la ricerca di Nomisma “Prospettive di breve e medio termine per l’industria alimentare italiana” presentata all’assemblea Aiipa da Alessandra Lanza. Che ha parlato di “nuova normalità”, con consumi in ripresa ma una crescita più moderata rispetto al decennio pre-crisi. Bene in particolare si muovo alcuni settori come quello delle bevande.

ricerca nomisma 1

Nonostante ciò, “per arrivare ai valori pre-crisi sarebbero necessarie crescite a due cifre per anni, e questo non sta accadendo”.

Schermata 2016-06-07 alle 08.16.31

Cambiano i comportamenti di spesa e diminuiscono le quantità di alimentari per la grande maggioranza della popolazione, perché si assottiglia il ceto medio.

Schermata 2016-06-07 alle 08.18.53

Cambia anche il paniere, spinto in avanti dalla richiesta dei freschi e degli referenze più sofisticate, che combinano prodotto e servizio, in particolare dalla fascia dei consumatori alto spendenti.

Schermata 2016-06-07 alle 08.19.17

 

Va detto comunque che il settore alimentare è ben posizionato verso il consolidamento della ripresa, grazie anche alla ripresa della domanda interna.

Schermata 2016-06-07 alle 08.17.12

«Le specializzazioni produttive delle aziende associate AIIPA rappresentano una peculiarità nel panorama nazionale – ha sottolineato Marco Lavazza, Presidente di AIIPA – le capacità di affermarsi all’estero e la propensione agli investimenti in Ricerca e Sviluppo ne fanno un paradigma della migliore manifattura italiana. Occorre valorizzare ancora meglio le nostre produzioni e saper sfruttare l’opportunità che ci offre la richiesta crescente nel mondo di prodotti italiani di qualità. Se il commercio internazionale è fra le principali vie di crescita che dobbiamo seguire, è necessario ridare ossigeno alla domanda interna che stenta a ripartire».

 

Obiettivo: 50 miliardi di export entro il 2020

Sul fronte dell’export, l’obiettivo ambizioso, tracciato e condiviso con le Istituzioni, + di arrivare a 50 miliardi di valore di esportazione di prodotti agroalimentari italiani nel mondo, entro il 2020. Determinante sarà la capacità di contrastare fenomeni come la contraffazione e l’italian sounding, stimato ancora in crescita sui mercati internazionali per un valore che oltrepassa i 60 miliardi di euro. L’Unione Europea in questo contesto dovrà giocare un ruolo chiave dettando regole chiare e univoche valide per l’intero mercato unico.

Quanto al TTIP, il Partenariato trans-atlantico per il commercio e gli investimenti, l’accordo in fase di negoziato tra Europa e Stati Uniti oggetto di numerose polemiche, secondo Lavazza “è un’opportunità, a patto di salvaguardare le specificità italiane ed europee e di non svendere il nostro patrimonio”. Paolo de Castro, parlamentare europeo nella Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale “nonostante il quadro apocalittico gli USA sono per l’Ue un polmone enorme, con un saldo positivo import export di 100 miliardi di euro, di cui 6 miliardi per l’Italia,ma ormai sarà quasi impossibile cogliere la ‘finestra’ dell’amministrazione Obama, e presumibilmente se ne riparlerà nel 2020. E magari capiremo di aver person un’opportunità”.

BrandContent

Fotogallery

Il database online della Business Community italiana

Cerca con whoswho.it

Diritto alimentare