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LCC: quanta plastica c’è a scaffale? Lo studio di IRI

Forse ci si sarebbe dovuti svegliare prima. Ad ogni modo, meglio tardi che mai. Il vento ambientalista, infatti, si sta rapidamente diffondendo. Non possiamo che augurarci che duri.

Tra i principali nemici  contro cui si è intrapresa battaglia, c’è la plastica. L’obiettivo è ridurne nel medio-lungo periodo sia la produzione che l’utilizzo e  (soprattutto) la dispersione nell’ambiente. Dalla UE un importante assist: la direttiva 2019/904 che ha stabilito come, a partire dal 2021, non potranno più essere immessi sul mercato posate, piatti, cannucce, aste per palloncini, recipienti per alimenti e per bevande in plastica. Al loro posto dovranno essere usati oggetti compostabili. Sulle bottiglie di plastica la Direttiva ha previsto una regolamentazione diversa, fissando un obiettivo di raccolta del 90% entro il 2029 e l’utilizzo di materiali riciclati al 30% entro il 2030.
Al di là della parte strettamente normativa, l’UE, ha attivato iniziative sotenibili come il progetto «Bio-plastics Europe» che per 4 anni vedrà coinvolti 10
pesi dell’Unione, tra cui l’ Italia, nella progettazione di prodotti innovativi e nello
sviluppo di modelli di business che facilitino efficienza, riutilizzo e riciclo,  compresa la garanzia della sicurezza dei materiali riciclati quando utilizzati per la realizzazione di giocattoli o imballi per alimenti.
In questo scenario viene da chiedersi, però, quale sia lo stato dell’arte in termini di volumi di plastica in circolazione e in vendita in GDO.

Dallo studio di IRI, effettuato tramite IRI Liquid Data®, integrando le  informazioni di vendita con i dati Immagino GS1 Italy, è emerso che circa il 33% dei prodotti confezionati di Largo Consumo venduti in Ipermercati, Supermercati e Libero Servizio è offerto in confezioni di plastica rigida o a base di materiale plastico rigido. Se nel computo si volessero includere anche i filler o le buste di plastica, le percentuali crescerebbero sicuramente, in particolare nel reparto del Fresco Confezionato.
Questo dato, tradotto in denaro, indica che per ogni 100 euro spesi in media dalle
famiglie per la spesa di tutti giorni, 28 sono destinati a comprare prodotti  confezionati con la plastica.

Comparto che vai plastica che trovi

L’incidenza varia però molto a seconda dei reparti di consumo. Infatti al primo posto troviamo Detersivi e Detergenti (90% dei prodotti pari al 94% della spesa) e i Freschi Confezionati (69% delle referenze che raccolgono il 46% della spesa), mentre fanalino di coda è il mondo delle Bevande Alcoliche (1% dei prodotti, trascurabile la quota di spesa).

Ma veniamo alla nota (più) dolente: quanta di questa plastica è riciclabile?

Stando a quanto dichiarato (scritto) dai produttori sulle confezioni, solo il 4% dei plastic-packs segnala al consumatore che l’involucro è riciclabile. Una  comunicazione purtroppo ancora carente, ma che però ha una sua efficacia nei confronti degli acquirenti. Infatti questa piccola percentuale di prodotti sugli scaffali cattura ben il 14% della spesa per prodotti con confezioni di plastica.
Questo atteggiamento è più evidente nelle Bevande Analcoliche dove il 49% degli
acquisti (a valore) di prodotti confezionati in plastica è costituito da referenze che
comunicano la riciclabilità della plastica in cui sono contenuti.

Conclusioni
Da un lato, la quota parte di plastica riciclabile è più ampia di quanto viene
comunicato e sarebbe quindi necessario migliorare l’aspetto della comunicazione
delle aziende produttrici. Dall’altro lato però, sul mercato ci sono ancora molti pack non riciclabili e spesso per le aziende cambiare le modalità produttive e reinventarsi non è semplice. Alcune realtà aziendali hanno iniziato a seguire processi di diversificazione utilizzando altri materiali come le bioplastiche (le più affini alle plastiche tradizionali per lavorabilità), oppure, in alcuni casi, le fibre vegetali. Si tratta però di processi industriali molto diversi che presuppongono forti investimenti e lunghi tempi di realizzazione. Inoltre, convertirsi al compostabile significa andare a competere su terreni già presidiati, non tanto da produttori nazionali ed europei, quanto piuttosto da importatori dall’estremo oriente, dato che molti prodotti in fibra naturale e in bioplastica sono oggi di loro produzione.

Lidl lancia il suo anatema sulle stoviglie monouso di plastica

Lidl Italia mette al bando le stoviglie monouso di plastica sostituendole con alternative “green” biodegradabili e compostabili, calcolando così di togliere dal mercato circa 450 milioni di unità tra piatti, bicchieri e posate in plastica che corrispondono a quasi 2.000 tonnellate annue.

Con questa scelta radicale, che coinvolge l’intera rete vendita, Lidl anticipa di due anni il recepimento della direttiva Europea sul tema. Una scelta che si inserisce nel più ampio impegno preso da Lidl lo scorso anno che si pone l’obiettivo di ridurre il consumo di plastica di almeno il 20% entro il 2025. I nuovi prodotti in fibra vegetale compostabile hanno un packaging interamente riciclabile e sono realizzati da aziende italiane.

Abbiamo deciso di muoverci in anticipo rispetto al recepimento della direttiva europea – spiega Afferma Eduardo Tursi, Amministratore delegato Acquisti e Marketing di Lidl Italia – perché l’impegno di ridurre del 20% l’impiego di plastica entro il 2025 per noi è prioritario e non può attendere. I nostri clienti troveranno piatti, bicchieri e posate di nuova generazione, biodegradabili e compostabili che, opportunamente smaltiti, si trasformeranno in nuove risorse.”

Le nuove referenze comprendono piatti piani e fondi, tre tipologie di bicchieri e posate prodotte in PLA, Mater-Bi e polpa di cellulosa. Una gamma innovativa di prodotti che porta il marchio Aromata, la private label sviluppata da Lidl grazie a una stretta collaborazione con i propri fornitori. Il risultato è una linea interamente compostabile che contribuisce a dare vita a nuove risorse, e che allo stesso tempo non rinuncia al vincente binomio qualità prezzo che contraddistingue la Catena.

Questo impegno rientra in un’ottica più ampia di responsabilità sociale: numerose sono infatti le iniziative per ridurre l’utilizzo di plastica che Lidl Italia ha già intrapreso. Un esempio virtuoso è il recupero delle plastiche da imballo che l’Azienda trasforma ogni anno in nuova materia prima da riutilizzare.

 

 

Parmalat lancia le nuove bottiglie realizzate con il 50% di plastica riciclata

Parte “bottle to bottle”, l’innovativo progetto di Parmalat destinato a dimezzare la quantità di nuova plastica immessa nell’ambiente che vede protagonisti gli storici brand Parmalat Puroblu e Parmalat Zymil microfiltrato in tutte le sue varianti in banco frigo.

Da marzo tutte le bottiglie blu di Parmalat sono realizzate con il 50% di plastica riciclata, il massimo consentito dalla legge per i prodotti alimentari, permettendo così un risparmio all’anno pari a circa 600 tonnellate di nuova plastica.

Parmalat si impegna in un processo virtuoso definito “bottle to bottle”, attraverso il quale le bottiglie usate vengono trasformate in nuove attivando un sistema di economia circolare potenzialmente ripetibile all’infinito.

L’Università di Parma, attraverso un’analisi LCA (Life Cycle Assessment)*, che valuta l’impatto ambientale di un prodotto o di un servizio, ha confermato la natura ecosostenibile delle nuove bottiglie blu realizzate da Parmalat che consentono di risparmiare in un anno circa 18 mila m3 di acqua, l’equivalente di tre volte quella presente nelle vasche dell’Acquario di Genova. L’utilizzo di materia prima riciclata riduce, inoltre, di quasi 1700 tonnellate le emissioni di CO2 prodotte in un anno, una quantità di anidride carbonica che potrebbe essere assorbita da circa 69.000 alberi in un anno.

L’azienda è impegnata nell’ambito della sostenibilità sotto diversi punti di vista, da quello dei consumi energetici alle emissioni di CO2 – ha commentato Giovanni Pomella, Direttore Generale di Parmalat Italia e una delle principali iniziative è quella di utilizzare packaging più rispettosi dell’ambiente, arrivando a ridurre di quasi 1.500 tonnellate l’utilizzo di plastica immessa nell’ambiente negli ultimi 5 anni. In questo contesto – continua Giovanni Pomella – si inserisce la produzione di bottiglie blu con il 50% di PET riciclato per i nostri brand Parmalat Puroblu e Zymil. In questo modo, l’azienda non solo risponde alla nuova Direttiva Europea sulla plastica monouso, che prevede entro il 2030 l’obbligo che tutte le bottiglie contengano il 30% di materiale riciclato, ma ne anticipa i tempi, proponendosi un impegno ben maggiore”.

Inoltre, Parmalat è la prima azienda alimentare italiana ad ottenere il marchio “Plastica Seconda Vita Food” per la sua bottiglia blu, la certificazione ambientale che verifica tutta la filiera produttiva, dalla tracciabilità della materia prima all’imballaggio, per garantire al consumatore origine e sicurezza del packaging. Le attività per l’ottenimento del marchio “Plastica Seconda Vita”, inclusa la verifica e la dichiarazione del contenuto di Plastiche Seconda Vita, sono state effettuate da Istituto Italiano dei Plastici, primo Ente di Certificazione in Italia accreditato per tale schema.

San Benedetto, 80 opere e una mostra per “Ricicla con arte”

Con una coinvolgente cerimonia tenutasi nello stabilimento di Scorzè, si è chiuso il concorso “Ricicla con Arte”, organizzato dal Gruppo San Benedetto in collaborazione con il Cral aziendale. Grande la partecipazione all’iniziativa, che ha visto oltre 80 opere presentate e si era prefissata obiettivi importanti e assai attuali: favorire la conoscenza dei materiali impiegati nel ciclo produttivo, diffondere la cultura del rispetto per l’ambiente e – soprattutto – dare nuova vita ai materiali.

Tre le categorie di ragazzi in concorso: Scuola Primaria, Secondaria di Primo Grado e di Secondo Grado, figli o nipoti dei dipendenti. Per la prima, la giuria ha premiato come opera vincitrice “Risveglio della natura”, per il sofisticato risultato estetico e l’utilità nella sua veste di lampada; per la secondaria di Primo Grado “Cominciamo a non abbandonare”, per la sensibilità che veicola un messaggio di educazione civica; infine, per la Scuola secondaria di Secondo Grado, la giuria ha scelto “Composizione floreale in pet” per la godibilità estetica di un’opera floreale realizzata con un unico materiale di riciclo (bottiglie). Per ogni categoria sono state premiate le prime tre opere e tre premi speciali soo stati dati per la lodevole partecipazione.

Per celebrare l’impegno e la creatività dimostrata, l’azienda ha organizzato una mostra – aperta ai soli dipendenti fino al 28 dicembre – che ospita le oltre 80 opere presentate dai ragazzi.

Il concorso “Ricicla con Arte” è un’iniziativa di welfare aziendale che racchiude in sé valori quali la volontà di infondere e favorire la diffusione di una cultura del rispetto dell’ambiente sempre più consapevole e la formazione dei giovani puntabdo sul loro spirito di aggregazione, competizione e divertimento. Un modo anche per valorizzare il senso di appartenenza: chi è in San Benedetto è parte integrante di una famiglia e quindi protagonista dei successi e dei risultati raggiunti insieme, in quella che è una realtà fortemente legata al territorio. Una componente valoriale sempre molto cara all’azienda.

Il Gruppo San Benedetto – da sempre attento all’ecosostenibilità – continua a investire risorse importanti sui temi legati all’ambiente, imparando dalla natura per creare benessere. Da qui la mission “Risorse per Ia Vita”, che è il principio da sempre alla base della continua crescita del Gruppo e che ne traccia il sentiero anche per il suo sviluppo futuro. È un impegno nato per unire qualità, sicurezza e capacità innovativa con la serietà di un leader di mercato e con l’efficacia di una grande azienda.

Stop ai glitter, Waitrose li elimina perché inquinano (sono di plastica)

Negli anni ’80 si sarebbero disperati ma certamente pure ora il glitter significa festa e glamour, specie sotto Natale: ma anche tanta, inutile plastica e quindi Waitrose & Partners si è impegnata entro il 2020 a trovare una alternativa ecologica per dare “brillantezza” alle sue etichette, carte, cracker, cartellini, fiori e piante.

Quest’anno, tre quarti delle etichette, degli involucri, dei Xmas cracker [le scoppiettanti “caramelle”  contenenenti una sorpresa e una coroncina di carta e che sono una tradizione nataliza in Uk, ndr] e dei tag del rivenditore, insieme a metà dei suoi fiori e piante, saranno privi di glitter. Una quota che aumenterà entro il prossimo Natale, quando tutti i fiori e le piante saranno privi di glitter ed entro il 2020 sarà utilizzata una alternativa ecologica.

I glitter sono fatti di minuscoli pezzi di plastica e, una volta lavati via, i pezzetti di plastica possono finire nell’acqua dove non si degradano mai.

La mossa del rivenditore segue quella del popolare programma della BBC1 – Strictly Come Dancing – che ha bandito l’uso del tradizionale glitter nel programma, come hanno fatto un certo numero di scuole materne e festival musicali nel Regno Unito.

Tor Harris, responsabile CSR, salute e agricoltura di Waitrose & Partners, ha dichiarato: “Ai nostri clienti interessa molto ridurre l’impatto della plastica sull’ambiente. Anche se è importante eliminare lo scintillio, troveremo altri modi per assicurarci di brillare a Natale e per tutto l’anno”.

Waitrose & Partners è stato il primo supermercato nel 2016 a eliminare la plastica nei suoi prodotti di bellezza e a passare alla carta biodegradabile per i cotton fioc. Le microsfere di plastica sono riconosciute come una seria minaccia per gli ecosistemi marini.

La catena si è anche impegnata a rendere il packaging delle sue private label completamente biodegradaibile, riutilizzabile o compostabile entro il 2025 e sostituirà circa 11.000 tonnellate di plastica non riciclata tra il 2023 e il 2025 con alternative più sostenibili.

Meno rifiuti entro il 2025, la missione Im-ballo (con tre obiettivi) di Aldi

Ridurre. Riutilizzare. Riciclare: sono i capisaldi della strategia di ALDI per ridurre e riutilizzare i rifiuti da imballaggio di plastica nominata “ALDI, MISSIONE IM-BALLO!”. L’iniziativa vede il brand coinvolto in una serie di attività volte a raggiungere importanti traguardi anche nel rispetto degli obiettivi 2030 del pacchetto di misure sull’economia circolare adottato dalla Commissione Europea. Di pari passo con il piano di espansione sul territorio italiano, l’insegna tedesca sta lavorando al suo programma pluriennale di Corporate Responsibility “Oggi per domani”, con l’obiettivo di adottare giorno dopo giorno buone pratiche attente a tutti gli attori con cui si relaziona.

La strategia ha dato vita a una serie di iniziative che coinvolgono, oltre ai propri collaboratori, anche fornitori, produttori e lo stesso cliente finale, per ridurre i materiali di imballaggio, riutilizzare tutti i tipi di pack e massimizzare la riciclabilità di ogni materiale.

Gli obiettivi della “missione” sono tre e si concentrano su direttrici ben precise:

Riduzione dei materiali di imballaggio: entro il 31 dicembre 2025 il peso totale degli imballaggi di articoli private label dovrà essere ridotto, rispetto al 2018, del 25% in relazione al fatturato.

Aumento del tasso di riciclabilità: entro il 2022 riciclabilità verificata per tutte le tipologie di pack in private label.

Eliminazione articoli in plastica usa e getta: entro il 31 dicembre 2019 ALDI sostituirà tutti i prodotti in plastica usa e getta con soluzioni più sostenibili.

Il progetto è un ulteriore esempio dell’impegno del discounter per offrire prodotti di qualità e allo stesso tempo sostenibili. In quest’ottica, il prodotto assume un ruolo centrale e il packaging ne diviene parte integrante. Ciò si traduce in un’attenzione responsabile nelle scelte commerciali, lavorando assiduamente sulla filiera, responsabilizzando fornitori e produttori, e sensibilizzando i consumatori, al fine di essere sempre in linea con gli standard fissati dall’azienda.

L’insegna tedesca sta inoltre lavorando affinché per il reparto ortofrutta vengano sviluppate soluzioni ad hoc per ridurre ulteriormente l’uso di plastica nelle confezioni.

 

Non solo plastica

A seguito delle sue linee guida per l’acquisto di legno, ALDI sta lavorando anche affinché entro il 31 dicembre 2020 tutte le confezioni in carta siano costituite da materiale riciclato in misura non inferiore al 70% del totale, ovvero siano certificate secondo la catena di custodia (CoC) da parte del Forest Stewardship Council (FSC) o alternativamente del Programme for the Endorsement of Forest Certification Schemes (PEFC).

Nel mese di giugno il brand ha lanciato anche “Io RICICLO!”, l’iniziativa di sensibilizzazione e informazione dei clienti sulla salvaguardia dell’ambiente, con lo scopo di informare sul tipo di materiale impiegato e agevolare un corretto conferimento dei rifiuti nel circuito di raccolta dei Comuni, tramite icone chiare e ben visibili sui packaging dei prodotti.

L’industria dei beni di consumo scende in campo per un’economia circolare della plastica

Al Consumer Goods Forum tenutosi a Parigi lo scorso 28 ottobre sono stati presi impegni: una dichiarazione che chiede all’industria dei beni di consumo di svolgere un ruolo di primo piano nell’eliminazione dei rifiuti di plastica su terra e mare, e approva la visione della New Plastics Economy della Ellen MacArthur Foundation, secondo la quale nessuna plastica deve essere gettata via come rifiuto.
Il Consumer Goods Forum (“CGF”) è un network industriale globale guidato dai suoi membri per incoraggiare l’adozione globale di pratiche e standard che servono l’industria dei beni di consumo in tutto il mondo. Riunisce i CEO e i dirigenti di circa 400 tra retailer, produttori, fornitori di servizi e altre parti interessate di 70 Paesi.
La dichiarazione è stata rilasciata in vista della conferenza Our Ocean che è in corso a Bali, in Indonesia, dove Emmanuel Faber, Presidente e CEO di Danone e membro del Consiglio di CGF, sottolineerà l’importante ruolo che l’industria può e dovrebbe svolgere per affrontare i rifiuti di plastica.

 

Dichiarazione per un’economia circolare

La dichiarazione completa è questa: “In qualità di Board of The Consumer Goods Forum, riconosciamo l’urgente necessità per il nostro settore di svolgere un ruolo di primo piano nell’affrontare il problema dei rifiuti di plastica. Ci impegniamo a realizzare azioni di collaborazione pre-competitiva con l’obiettivo di eliminare i rifiuti di plastica sulla terra e sul mare.

Riconosciamo che la sfida dei rifiuti di plastica sarà risolta solo dalla collaborazione globale tra aziende, governi nazionali e locali, organizzazioni multinazionali, industria del riciclaggio e consumatori. Di conseguenza, il Board of The Consumer Goods Forum (CGF) approva la visione della New Plastics Economy della Ellen MacArthur Foundation di un’economia circolare in cui nessuna plastica finisce come rifiuto.

Diversi membri del CGF stanno già compiendo sforzi in linea con gli obiettivi della New Plastics Economy, sforzandosi di ridurre gli imballaggi problematici o inutili e aumentare l’uso di imballaggi che sono riciclabili o riutilizzabili. Per integrare gli sforzi delle singole aziende associate, il CGF identificherà aree specifiche in cui possiamo lavorare in modo collaborativo e preconcorrenziale per promuovere un’economia circolare per gli imballaggi in plastica. Le aree di interesse iniziali comprenderanno l’ottimizzazione del design del packaging, il lavoro con gli altri per consentire il riciclaggio e il riutilizzo dei sistemi e lo stimolo dell’impegno dei consumatori”.

 

Ipse dixit

“Le aziende devono trovare un nuovo approccio alla plastica e semplificare l’utilizzo da parte dei consumatori e riciclare di più. Il CGF si impegna a essere in prima linea in per ridurre la quantità di plastica in uso, semplificare i materiali che usiamo, migliorare i tassi di riciclaggio e passare a nuovi modi innovativi di fare impresa “. Steve Rowe, Chief Executive di Marks and Spencer e Board Co-Sponsor del gruppo di sostenibilità di CGF.

“La sfida dei rifiuti di plastica è reale e urgente e va affrontata attraverso azioni specifiche che le aziende possono intraprendere individualmente e collettivamente, in collaborazione con governi, ONG e industria del riciclaggio. Siamo impegnati a fare la nostra parte per garantire che la plastica di cui abbiamo bisogno sia sicura ed economica, riutilizzata, riciclata o compostata”. Ian Cook, Presidente e CEO di Colgate-Palmolive e Co-Chair del Consiglio di amministrazione di CGF.

“Il sostegno del CGF dimostra che l’industria dei beni di consumo sta intensificando gli sforzi per affrontare la sfida del packaging in plastica: eliminare gli sprechi e costruire un’economia circolare della plastica. Attendo con impazienza che altri membri della CGF sottoscrivano il Global Commitment della New Plastics Economy e che lavorino con noi per guidare il cambiamento sistemico “. Emmanuel Faber, Presidente e CEO di Danone, e membro del Consiglio di Amministrazione di CGF.

“Sono orgoglioso del fatto che Nestlé sia ​​tra i firmatari del New Global Plastics Economy Commitment. Rappresenta una struttura potente per guidare l’azione collettiva. Ogni sforzo conta”. Mark Schneider, Amministratore delegato di Nestlé S.A., e membro del consiglio di amministrazione di CGF.

“È chiaro che l’ardua sfida dei rifiuti di plastica può essere affrontata solo se lavoriamo tutti insieme – aziende, governi, comunità e consumatori in tutto il mondo. Il CGF è stato creato per guidare esattamente questo tipo di collaborazione su larga scala. Nello specifico, i nostri membri si impegnano a lavorare insieme nelle tre aree in cui riteniamo che l’industria possa dare un contributo unico: progettazione del packaging, coinvolgimento dei consumatori e sistemi di riciclaggio. Non vediamo l’ora di lavorare anche con gli altri stakeholder che svolgono ruoli di primo piano in queste aree e che condividono il nostro obiettivo a lungo termine di eliminare i rifiuti di plastica sulla terra e sul mare”. Peter Freedman, Managing Director del Consumer Goods Forum, ha dichiarato: “

Allarme Greenpeace, oltre a pesce e acqua le microplastiche inquinano il sale da cucina

L’inquinamento dei mari arriva sulle nostre tavole: lo rivela Greenpeace che ha analizzato 39 campioni di sale da cucina riscontrando che 36 di questi, provenienti da diverse nazioni inclusa l’Italia, contenevano frammenti di plastica inferiori ai 5 millimetri, meglio noti come microplastiche. La ricerca scientifica, pubblicata sulla rivista internazionale Environmental Science & Technology, è nata dalla collaborazione tra Greenpeace e l’Università di Incheon in Corea del Sud. Dall’indagine, che ha preso in esame campioni di sale marino, di miniera e di lago, risulta che 36 campioni erano contaminati da microplastica costituita da Polietilene, Polipropilene e Polietilene Tereftalato (PET), ovvero le tipologie di plastica più comunemente utilizzate per produrre imballaggi usa e getta.

“Numerosi studi hanno già dimostrato la presenza di plastica in pesci e frutti di mare, acqua di rubinetto e adesso anche nel sale da cucina. Questa ricerca conferma la gravità dell’inquinamento da plastica e come per noi sia ormai impossibile sfuggire a tale contaminazione – ha detto Giuseppe Ungherese, responsabile Campagna Inquinamento di Greenpeace Italia -. È necessario fermare l’inquinamento alla radice ed è fondamentale che le grandi aziende facciano la loro parte riducendo drasticamente l’impiego della plastica usa e getta per confezionare i loro prodotti”.

Questa ricerca, la prima condotta su vasta scala e tale da permettere un’analisi comparata della presenza di microplastiche in campioni di sale da cucina provenienti da numerose aree geografiche, ha consentito anche di correlare i livelli di inquinamento riscontrati nel sale con l’immissione e il rilascio di plastica nell’ambiente. Infatti, di tutti i campioni analizzati quelli provenienti dall’Asia hanno registrato i livelli medi di contaminazione più elevati con picchi fino a 13 mila microplastiche in un campione proveniente dall’Indonesia che, secondo studi recenti, è seconda per l’apporto globale di plastica nei mari.

I tre campioni di sale provenienti dall’Italia, due di tipo marino e uno di miniera, sono risultati contaminati dalle microplastiche con un numero di particelle compreso tra 4 e 30 unità per chilogrammo. In generale nei campioni di sale marino è stata osservata una maggiore presenza di microplastiche (compresi tra 0 e 1674 microplastiche per chilo, escludendo il campione indonesiano), seguiti dai campioni provenienti da laghi salati (compresi tra 28 e 462 microplastiche per chilo) e dalle miniere (compresi tra 0 e 148 microplastiche per chilo).

In base ai risultati della ricerca e, considerando l’assunzione media giornaliera di 10 grammi, un adulto potrebbe ingerire, solo attraverso il consumo di sale da cucina, circa 2 mila pezzi di microplastiche all’anno considerando la concentrazione media di microplastiche in tutti i sali analizzati e fino a 110 sulla base del dato italiano peggiore.

“I risultati suggeriscono che l’ingestione di microplastiche da parte dell’uomo può avvenire anche attraverso prodotti di origine marina e l’esposizione umana può dipendere dai livelli di contaminazione nelle differenti aree geografiche – spiega Kim Seung-Kyu, professore dell’Università di Incheon e autore dell’articolo -. Per limitare la nostra esposizione alle microplastiche sono necessarie misure preventive riguardo l’immissione di plastica in mare, una migliore gestione dei rifiuti in ambiente terrestre e, soprattutto, la riduzione della produzione di rifiuti in plastica”.

Nei mesi scorsi Greenpeace ha lanciato una petizione (no-plastica.greenpeace.it), sottoscritta da quasi due milioni di persone in tutto il mondo, con cui chiede ai grandi marchi come Coca-Cola, Pepsi, Nestlé, Ferrero, Unilever, San Benedetto, Procter & Gamble e McDonald’s di assumersi le proprie responsabilità, partendo dalla riduzione di contenitori e imballaggi in plastica monouso immessi sul mercato.

La Gdo si + impgnata a vari livelli per limitare l’uso delle plastiche e la vendita di prodotti contententi microplastiche (dentifrici, scrub e consmetici).

vedi Al via il bando alle microplastiche nel Regno Unito, in Italia stop dal 2020

PepsiCo annuncia che la metà delle bottiglie in Europa sarà riciclata entro il 2030

PepsiCo intende raggiungere l’uso del 50% di plastica riciclata (rPET) nelle sue bottiglie entro il 2030 in tutta l’Unione Europea, con uno step intermedio del 45% entro il 2025. Così facendo, l’azienda aumenterà di oltre tre volte la quantità di plastica riciclata utilizzata, che equivale a più di 50.000 tonnellate di rPET.

L’annuncio arriva a supporto della campagna di impegni su base volontaria lanciata dalla Commissione Europea che promuove il riutilizzo della plastica, per assicurare che entro il 2025 nel mercato dell’Unione Europea vengano usate almeno 10 milioni di tonnellate di plastica riciclata per realizzare nuovi prodotti. L’impegno coprirà tutti i Paesi che dovrebbero essere membri dell’Unione Europea entro il 2025, coinvolgendo tutti i brand di bevande in PET del gruppo (il materiale più usato nella realizzazione delle bottiglie), inclusi Pepsi, Pepsi MAX, 7Up, Tropicana e Naked. L’obiettivo si applicherà alle operazioni di Beverage di PepsiCo, incluse le società di proprietà e quelle in franchising.

L’obiettivo rientra nella più ampia visione globale di “Performance with Purpose” di PepsiCo, che tende a progettare il 100% delle sue confezioni in modo tale da essere riciclabili, compostabili o biodegradabili e ridurre l’impatto di carbonio entro il 2025. La società stima che attualmente il 90% delle sue confezioni di bevande in tutto il mondo sia completamente riciclabile.

PepsiCo è già un fondamentale utilizzatore di plastica riciclata per uso alimentare (rPET) nell’UE, avendo fatto ricorso a circa il 13% di rPET per le sue attività nel settore delle bevande in Europa nell’arco del 2017.

“In PepsiCo prendiamo la responsabilità di proteggere l’ambiente seriamente e siamo determinati nel nostro impegno a trovare soluzioni sostenibili per creare i nostri prodotti – ha detto Silviu Popovici, Presidente di PepsiCo Europa & Africa Sub-Sahariana -. Ci siamo prodigati in Unione Europea per promuovere una cultura che incoraggi e sostenga imballaggi di recupero e riciclati. Oggi sono molto felice di annunciare che d’ora in poi ci spingeremo ancora oltre nell’utilizzo della plastica riciclata nelle nostre confezioni, poiché lavoriamo per soddisfare e superare questo nuovo obiettivo negli anni a venire.”

“Sviluppare un approccio efficace e a lungo termine per packaging sostenibili richiede uno sforzo multiforme e PepsiCo è impegnato a collaborare con i numerosi interlocutori coinvolti per assicurare che nel futuro si riesca a sviluppare un’economia circolare per le materie plastiche. Considerata la grave carenza nell’offerta di materie plastiche riciclate a prezzi accessibili adatte per il confezionamento degli alimenti, chiediamo agli stakeholder pubblici e privati del sistema di riciclaggio, compresa la Commissione Europea, di unirsi a noi e fare gli investimenti necessari per espandere la capacità di riciclaggio. A patto che vengano compiuti i giusti progressi nell’aumentare i tassi di recupero degli imballaggi e nel migliorare la tecnologia di ritrattamento, punteremo ad andare addirittura oltre il nostro attuale impegno.”

In aggiunta all’impegno annunciato oggi da PepsiCo, l’azienda collabora già con diversi soggetti a supporto della sostenibilità degli imballaggi, incluso l’essere membro della New Plastics Economy, un’iniziativa su base triennale guidata dalla Fondazione Ellen MacArthur per dare avvio a un sistema di materie plastiche che funzioni.

Una parte cruciale nell’aumentare la disponibilità di plastica riciclata adatta per il riutilizzo negli imballaggi, è garantire che le bottiglie vengano collocate nel sistema di riciclaggio, e non finiscano a inquinare l’ambiente. Oltre a partecipare agli schemi di Responsabilità Estesa del Produttore (PER) in tutta l’UE, PepsiCo collabora a programmi per aumentare i tassi di recupero e riciclaggio e ad iniziative per promuovere ed educare i consumatori al riciclaggio.

Lotta alla plastica: Tesco crea un parcheggio con 225mila sacchetti riciclati

Un parcheggio Tesco, il Tesco Extra Cuckoo Bridge, Dumfries in Scozia, è stato ricoperto utilizzando il peso equivalente di 225.000 sacchetti di plastica, e salvando dunque dalla discarica oltre 900 chilogrammi di plastica.

In partnership con MacRebur, azienda che realizza ricoperture di strade, Tesco è il primo supermercato del Regno Unito ad utilizzare questa tecnologia.  Il manto stradale del parcheggio del supermercato è stato ricoperto utilizzando plastica di scarto che sarebbe stata destinata alla discarica o all’incenerimento, aggiunta a un mix di asfalto senza la necessità di modificare l’attrezzatura esistente utilizzata per realizzare e installarlo. Usando la plastica dei rifiuti, l’impronta di carbonio è stata ridotta di oltre una tonnellata (1.044 chilogrammi).

“Con questo merodo siamo in grado di prendere i rifiuti di plastica che sono altrimenti destinati alla discarica e aggiungerli in un mix di asfalto per creare una superficie stradale più robusta, più duratura e senza buche” ha spiegato Toby McCartney della MacRebur Plastics Road Company.

“Stiamo lavorando duramente per ridurre la plastica e riutilizzarla e riciclarla ovunque possibile.
Riutilizzare la plastica di scarto in questo modo è un altro esempio di come Tesco sta innovando nella guerra contro lo spreco” ha detto Kene Umeasiegbu, Tesco Head of Environment.

Tesco testerà questo nuovo manto stradale presso il negozio Cuckoo Bridge durante l’inverno, e spera di lavorare con MacRebur su progetti futuri.

Le materie plastiche, ricavate da rifiuti, vengono aggiunte per migliorare la resistenza e la durata delle strade,  e allo stesso tempo riducono la quantità di bitume a base di olio utilizzata in un tradizionale asfalto stradale. Per ogni dieci tonnellate di asfalto,  viene utilizzato l’equivalente di 71.432 bottiglie di plastica o 435.592 sacchetti di plastica monouso o 32.399 pannolini usati. Dieci tonnellate di asfalto ricoprono una superficie di circa 90 metri quadrati. L’area del parcheggio ricoperta a Dumfries  richiedeva circa 300 tonnellate di asfalto di mastice di pietra. L’aggiunta di materiale plastico non ha modificato la produzione di asfalto quanto a tempo di miscelazione, temperature o controllo di qualità, e la posa non ha richiesto ulteriori macchinari, manodopera, tempo o controllo di qualità.

 

Obiettivi per il 2025

La mossa va inserita nella strategia del supermercato che ricerca sempre nuovi modi per riutilizzare i rifiuti plastici, ridurre il carbonio e promuovere un sistema a ciclo chiuso sostenibile. Tra le iniziative realizzate c’è stata la rimozione dai punti vendita dei sacchetti da 5p, che ha portato a ridurre della metà la vendita di sacchetti monouso nell’ultimo anno.

Oggi, oltre l’84% della confezione di tutti i prodotti Tesco private label è riciclabile. Tesco si è impegnata entro il 2025 a rendere tutti gli imballaggi completamente riciclabili o compostabili, a garantire che tutta la carta e il cartone utilizzati saranno sostenibili al 100% e a dimezzare rispetto ai livelli del 2007 il peso degli imballaggi.

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