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Salame, crudo e cotto sempre al top. Cresce l’attenzione per i più leggeri

In varie lingue straniere il termine “salumi” identifica insaccati e prosciutti prodotti in Italia; i salumi sono uno dei prodotti che connotano il Made in Italy e il mercato estero continua a premiarli, mentre nel mercato domestico, a causa della crisi economica e della conseguente riduzione della spesa alimentare, gli ultimi anni hanno fatto registrare una contrazione delle vendite.

 

Wikipedia.it elenca ben 311 differenti tipi di salumi italiani così ripartiti:

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Vediamo ora quanto emerso dalla nostra web research di sentiment analysys, riguardo a salumi e prosciutti della tradizione italiana, lasciati nella rete domestica da privati che scrivono in social, blog e forum.

I più menzionati

Quando i naviganti scrivono nella rete domestica pareri e commenti sui salumi menzionano (citazioni multiple):

Tipologie

tipologie

Gli “arrosti affettati da carni bianche” e la bresaola, vengono spesso accomunati in quanto rappresentano un sotto segmento che potremo definire “dietetico”, o “salute/benessere” e complessivamente totalizzano il 40% dei pareri intercettati, se considerati come un unico segmento scalzerebbero dal primato della popolarità il cotto (31%).

A sua volta, se considerassimo l’accoppiata “cotto + crudo” come un unico segmento totalizzerebbe il 56%.

Infine, se considerassimo la terna “storica” della tradizione dei salumi “cotto, crudo, salame” come un unico segmento, totalizzerebbe il 78%.

A titolo di curiosità segnaliamo alcune citazioni, statisticamente irrilevanti, riguardanti salame di selvaggina e di pesce sia di mare sia di acqua dolce.

Pur riguardando i salumi della tradizione italiana è stato inevitabile intercettare anche citazioni su salumi di produzione straniera: nel 6% dei pareri della categoria “altri”, tra i salumi d’importazione primeggiano gli spagnoli serrano e pata negra e nella categoria “esotici” quelli di struzzo (sebbene molti prosciutti di struzzo siano prodotti domestici).

 

Formati distributivi

Stando ai pareri (multipli) intercettati, questa la ripartizione delle tipologie di store dove vengono maggiormente acquistati salumi e prosciutti:

Formati distributivi

formati distributivi

Il mercato domestico dei salumi è estremamente segmentato per brand, linee e referenze, stilare una classifica per singolo prodotto menzionato avrebbe avuto una significatività estremamente ridotta anche a causa delle citazioni multiple. Abbiamo così optato per una riclassificazione delle referenze menzionate, accorpandole secondo le holding di appartenenza.

 

La top ten dei produttori

Questa la classifica per produttore (primi dieci, citazioni multiple):

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Tale classifica può essere interpretata come una web brand awaraness.

Le citazioni per i salumi a marca privata (del distributore, non del produttore) sono il 20%

I momenti di consumo sono equamente distribuiti e trasversali a tutta la giornata e a tutte le occasioni (menzioni multiple):

Momenti di consumo

momenti di consumo

 

Sottolineiamo che in quasi un caso su tre (18% + 12%) i salumi vengono acquistati per essere consumati fuori casa ; in quasi un caso su due sono consumati come ingredienti del classico “panino”.

Abitudini di consumo

Dal punto di vista delle abitudini di consumo è da segnalare che quando si hanno ospiti sia per pranzo che per cena e/o aperitivo gli affettati non mancano (quasi) mai: sono presenti nel 90% dei pareri riguardanti il menù degli inviti.

I temi più trattati in rete, quando i netsurfer nazionali scrivono riguardo l’argomento salumi, sono (citazioni multiple):

  • dietetico / salute e benessere (46%)
  • naturale (preparazione) (38%)
  • italianità (del prodotto) (32%)
  • territorialità (specialità regionale; produzione locale) (27%)
  • formati / packaging (24%)
  • DOP & IGP (21%)

Questa classifica può essere interpretata anche come quella dei principali driver di acquisto da parte del popolo della rete nazionale.

Ci ha stupito trovare con bassa frequenza pareri su:

  • fresco (8%)
  • prezzo (7%)
  • gastronomia (4%)

I pareri negativi

I pareri negativi, fatto 100 il numero delle opinioni intercettate ed analizzate, sono il 19% e sono ripartiti in tre argomenti :

  • conservanti (9%)
  • allevamento intensivo (5%)
  • componenti e valori nutrizionali (4%)
  • altro (1%)

Analizziamo ora il profilo socio demografico di chi ha lasciato i propri mood riguardo salumi e prosciutti nel web domestico.

Più uomini: 54%, di età compresa tra i 35 ed i 55 anni (51%), di cultura media (58%).

Distribuita uniformemente la provenienza dei pareri in base all’area geografica: Nord (35%), seguiti da quelli provenienti dal Centro (33%), quindi quelli digitati dal Sud e Isole (32).SALUMI 1

Questa la provenienza delle opinioni rispetto all’urbanizzazione: da aree metropolitane nel 31%, da zone urbane nel 30%, da aree suburbane nel 28%, da piccoli insediamenti / zone rurali 11%.

Utilizzo uniforme degli ambienti web : Social Media (51%), seguiti da Blog e Forum (49%).

Ricordiamo che i pareri lasciati in ambiti dedicati come Blog e Forum sono maggiormente approfonditi e competenti, mentre quelli provenienti dai Social sono più superficiali.

Provengono da influencer il 26% delle opinioni intercettate.

CONCLUSIONI  

Le maggiori menzioni sono per la terna “cotto, crudo, salame”, da tenere sotto controllo “arrosti affettati da carni bianche, bresaola” per la connotazione light e fitness; in 3 casi su 4 salumi e prosciutti vengono acquistati presso i supermercati; in un terzo dei casi vengono consumati a cena ed in un altro terzo “fuori casa” come colazione “al sacco”; gli argomenti maggiormente trattati sono ascrivibili alla sfera della salute e del benessere; i pareri negativi, meno di uno ogni 5, si concentrano principalmente sui conservanti.

 

di Gian Marco Stefanini

WWW.WEB-RESEARCH.IT Srl

È un istituto di ricerche di mercato e consulenze di marketing che offre servizi rivolti ad aziende e multinazionali presenti nel mercato domestico.

Ha portato tra i primi in Italia una nuova metodologia di ricerche ed analisi di mercato: Web listening – Web research – Web monitoring. Utilizzando software di intelligenza artificiale che emulano il funzionamento delle reti neurali effettua un’analisi semantica e psicometrica dei testi presenti nel Web attribuendo loro personalità e punteggi. www.web-research.it ascolta il Web per scoprire, analizzare, razionalizzare cosa i clienti reali e potenziali pensano e dicono oggi e indietro nel tempo fino agli ultimi tre anni. E’ il partner ideale di aziende, marchi, prodotti, servizi e personaggi pubblici con esposizione mediatica significativa.

www.web-research.it – Tel. 02.89367297 – Fax 02.89367298 – P.zza Castello 26 – 20121 Milano info@web-research.itgianmarco.stefanini@web-research.it

Robot fattorini: presto la spesa la porteranno a domicilio. E anche la pizza

Se vi doveste recare a Londra oppure a Brisbane, in Australia, e vi ritrovaste a passeggiare sul marciapiede accanto a uno strano veicolo semovente poco più grande di un tagliaerba, non vi allarmate: potreste esservi imbattuti nei primi esperimenti di “delivery robotizzato”. Che nei prossimi anni potrebbe rivoluzionare il settore delle consegne porta a porta al servizio di negozi, GDO, aziende di ecommerce e società di spedizioni espresse. L’idea è “semplicemente” quella di sostituire – o quanto meno affiancare – gli attuali servizi di consegna tramite furgoni, auto e motorini con piccoli robot elettrici a guida autonoma, in grado di offrire la massima flessibilità e notevoli risparmi sui costi del personale.

Robot veloce, scattante ed economico

La startup britannica Starship Technologies, uffici a Londra e a Tallin in Estonia, ha da poco iniziato a sperimentare il servizio nel borgo reale di Greenwich, nella capitale britannica, con il beneplacito delle autorità locali: i suoi piccoli mezzi a sei ruote, dotati di uno scomparto interno refrigerato, consegnano alimentari, plichi e pacchi direttamente al domicilio del destinatario, muovendosi in sicurezza per le strade cittadine senza necessità di controllo da parte di un operatore umano. Anima del progetto è Ahti Heinla, già fra i co-fondatori di Skype e oggi CEO e CTO della società fondata insieme con Janus Friss con l’obiettivo di “realizzare per le consegne a domicilio ciò che Skype ha fatto nel mondo delle comunicazioni”. I suoi robot a basso costo (meno di 2mila dollari l’uno) saranno in grado – assicura – di effettuare consegne ai consumatori nel giro di 30 minuti, muovendosi sui marciapiedi a bassa velocità ed evitando ostacoli e persone senza alcun rischio per i pedoni: considerato il ciclo di vita stimato, un robot verrebbe a costare meno di un dollaro a consegna. Gli articoli da consegnare vengono chiusi all’interno dello scomparto e possono essere prelevati solo dai legittimi destinatari digitando un codice ricevuto al momento dell’invio della spedizione.

“Forse nel giro di un paio di anni, guardando fuori dalla finestra, non vedremo tante auto ma un sacco di piccoli robot che porteranno alla gente ciò che vorrà e trasporteranno ciò che le persone non avranno più bisogno di andare a prendere”, sogna a occhi aperti il numero uno di Starship, che nel frattempo intende allargare la sperimentazione ad altre zone del Regno Unito a agli Stati Unti.

Domino Pizza e il suo prototipo

Sempre sotto la corona britannica ma a migliaia di chilometri di distanza, Il colosso globale della pizza a domicilio Domino Pizza intende applicare lo stesso concetto nell’ambito del proprio business. Il DRU (Domino’s Robotic Unit) è un veicolo a quattro ruote, anch’esso driverless, progettato dal DLAB, il laboratorio innovativo di Domino Australia in collaborazione con la startup Marathon Robotics: il CEO della locale filiale del colosso globale della pizza, Don Meij, ha spiegato che il prototipo ha già condotto con successo una serie di test di consegna di pizze ai clienti in un limitato numero di strade di Brisbane grazie a una speciale autorizzazione del Dipartimento dei Trasporti del Queensland, operati in modalità semi-autonoma. Anche se lo stesso manager non si attende di poter affidare le normali consegne ai DRU in tempi brevi, sebbene ulteriori prove potrebbero essere condotte a breve in Nuova Zelanda grazie a un accordo con il governo: “E’ una lunga strada, monitoreremo costantemente ogni possibile complicazione. Il DRU dovrà essere sempre, prima di tutto, sicuro”, ha chiarito.

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Il robot di Domino Pizza è dotato di due scomparti interni, uno riscaldato per le pizze e uno refrigerato per le bibite; quando arriva al domicilio del cliente, quest’ultimo può aprire il portello e accedere ai due scomparti digitando anche in questo caso un codice fornito da Domino al momento della conferma dell’ordine telefonico, via internet o tramite app. Con un peso di 190 chili, raggiunge una velocità di 18-20 chilometri orari; il sistema di guida autonoma consente al DRU di destreggiarsi fra marciapiedi, ponti e cassonetti della spazzatura a bordo strada. L’autonomia di servizio, fra una carica della batteria e l’altra, è di circa 20 chilometri, ma i futuri sviluppi del progetto potrebbero sfruttare energia solare o altri sistemi rinnovabili. Ogni DRU ha un costo di circa 30mila dollari australiani (quasi 20mila euro), dovuto principalmente alla tecnologia sviluppata da Marathon Robotics sulla base di quelle impiegate nei robot utilizzati in ambito militare. Secondo Meij, i robot non potranno comunque eliminare totalmente il fattore umano nel delivery, soprattutto in situazioni complesse come le consegne nel traffico dell’ora di punta.

I colossi del web oltre i droni

Ai “delivery robot” pensano anche Google e Amazon, che da tempo sperimentano la possibilità di impiegare droni per le consegne a domicilio. Nel caso dei due colossi Usa, i robot consentirebbero di superare la principale problematica legata ai droni: se questi presentano indubbi vantaggi in termini di velocità e distanze copribili (il progetto Amazon Prime Air prevede un raggio d’azione di 16 km), resta da capire come far avere in sicurezza i pacchi ai destinatari evitando interferenze con cavi elettrici, lampioni e soggetti “a rischio” come bambini e animali domestici. Di qui l’idea, sviluppata da Google a margine del programma “Project Wing”, di affidare l’”ultimo miglio” ai robot a terra, ai quali i droni “passerebbero” la merce in luoghi prestabiliti, in maniera completamente automatizzata. Un sistema complesso che garantirebbe sì notevoli vantaggi economici ma che difficilmente potrà trovare applicazione in tempi brevi.

Uber: da taxi a corriere

Decisamente più vicino potrebbe essere lo sbarco in Europa (a partire dal Regno Unito) del servizio di delivery di Uber, che dopo essersi proposta come alternativa ai taxi per il traporto di persone ha lanciato in alcune città degli Stati Uniti UberRush, che si pone invece in concorrenza ai tradizionali corrieri. L’apporto della tecnologia, in questo caso, sta nell’app per smartphone che consente all’utente di mettersi in contatto con un autista per spedire o farsi recapitare merci. A questo potrebbe aggiungersi UberEats, anch’esso operativo in diverse città del Nord America, per la consegna di cibo a domicilio dal proprio ristorante preferito. Anche se al momento non c’è nulla di definito, Carlo Tursi, dallo scorso anno country manager di Uber per l’Italia, ha già detto di voler introdurre i due servizi nel nostro Paese. In attesa di droni e robot, il futuro del delivery passa da un’app.

di Stefano Fossati

Kentucky Fried Chicken: la grande sfida del pollo fritto

D’accordo, è approdata solo di recente nello Stivale, in compenso ci ha messo pochissimo ad aprire i primi sei punti vendita. L’ultimo (ovvero il sesto ristorante italiano, il secondo in Lombardia e il primo in provincia di Milano) è stato quello di Arese. “Il piano di sviluppo prevede l’inaugurazione di 100 locali in cinque anni su tutto il territorio nazionale attraverso una decina di imprenditori affiliati. Un percorso che affrontiamo forti del grande successo che fin da subito la nostra proposta alimentare ha riscosso ovunque: a Roma, Torino, Chieti, Genova, Brescia e ad Arese”, commenta Corrado Cagnola, amministratore delegato di KFC Italia.Corrado Cagnola_1_alta

Come mai KFC è arrivato in Italia solo nel 2014?
Perché solo allora si sono create le condizioni ideali per lo sviluppo del brand in Italia. Tenete presente che KFC si diffonde nel mondo attraverso il franchising. Prima di espandersi in un Paese l’azienda valuta quindi tre elementi: location, imprenditori e strategia di sviluppo.

Pensate di approdare anche a Milano? E dove saranno le prossime aperture?
Sì, senza fretta però. Aspettiamo di trovare l’occasione e le persone giuste. Milano è una città interessante, ma le location non sono così numerose e gli affitti nelle vie principali del centro sono così alti da non garantire un profitto certo, che invece è una delle condizioni imprescindibili che KFC tiene in conto per la scelta del negozio. Di certo nei prossimi mesi ci concentreremo su Lombardia, Lazio, Piemonte e su Veneto ed Emilia Romagna, due regioni dove per ora siamo assenti.

E che tipo di imprenditore cercate?
Imprenditori con una seria volontà e capacità di investimento, interessati ad aprire tra i 10 e i 30 ristoranti, anche attraverso società costituite ad hoc. L’affiliato ideale, inoltre, è un valido gestore sia a livello di dettaglio, sia a livello generale. Dal punto di vista operativo, tutti i ristoranti devono infatti essere gestiti al meglio e allo stesso modo. Ecco perché indentifichiamo un interlocutore tecnico, il principal operator. Quando l’imprenditore ha un solo punto vendita, questa figura coincide con il direttore del ristorante; mentre quando cresce il numero di ristoranti, con il direttore operativo della società.

Parliamo di investimenti e di tempi di break-even?
Aprire un KFC costa mediamente un milione di euro, ma l’investimento varia in base alle diverse tipologie: il drive è più costoso, mentre un ristorante in una food court di un centro commerciale -come quello aperto a metà aprile ad Arese- richiede un investimento minore. Il fatturato oscilla a seconda dei punti vendita, tuttavia si aggira sui due milioni all’anno. Quanto al ritorno, è legato in buona parte all’affitto della location. In questo senso è impossibile dare indicazioni, anche perché il business plan è gestito dall’imprenditore.

Offrite anche un servizio di formazione?
Sì. Insegniamo tutto quello che riguarda il business con il training e con l’affiancamento: dove comprare cucina e attrezzature, come gestire un ristorante, come assumere il personale, come gratificarlo, etc. Di conseguenza non è essenziale un’esperienza pregressa nel settore.

Quanto dura il periodo di training?
Dipende, anche venti settimane.

E l’affiancamento?
È molto breve: facciamo aprire il ristorante solo a chi è già in grado di gestirlo insieme al suo staff.

Uno sguardo ai fornitori.
Abbiamo una catena di fornitura unica per tutti. Gli ordini vengono effettuati su una piattaforma comune e consegnati direttamente nei punti vendita. Questa strategia alleggerisce il gestore dall’impegno di selezionare i fornitori e ci consente di controllare la qualità delle materie prime. Compito di chi gestisce il negozio è prevedere le vendite e quindi stabilire gli ordini. Che non devono essere eccessivi per contenere le spese, ma nemmeno troppo limitati per evitare di non poter adempiere alle richieste dei clienti. Il sistema informatizzato propone una soluzione per gli acquisti, ma sta al gestore decidere se seguire le indicazioni o apporre delle modifiche all’ordine.

In che modo sfruttate le opportunità offerte dalle nuove tecnologie?
Il flusso è automatizzato a livello tecnologico: i movimenti delle casse sono subito registrati dalle cucine e dal magazzino, ovvero dal back office e fanno partire gli ordini, le preparazioni e i consumi. Inoltre abbiamo menuboard totalmente digitali, animati e con offerte diverse a seconda della fascia oraria della giornata.

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Quali sono le vostre strategie di comunicazione?
In questa prima fase ci interessa comunicare innanzitutto brand, prodotto (che cosa offriamo, come lo prepariamo e le diverse occasioni di consumo) e ristoranti (dove siamo e come siamo fatti). Per diffondere il marchio puntiamo soprattutto sul mondo digital, ovvero sul sito web e sulle piattaforme social come Facebook e Instagram, senza trascurare i mezzi tradizionali come affissioni, cinema e radio. Inoltre, curiamo l’arredo e la decorazione dei locali, per esempio con un’area dedicata al colonnello che inventò la ricetta segreta per preparare il pollo e con una zona deputata al bucket, i secchielli di cartone di KFC che presuppongono la condivisione del cibo. Tenete conto, per esempio, che il Bucket Tenders Maxi Menu è composto da 22 pezzi + 4 salse + 4 contorni + 4 bibite e costa 33 €.

E la televisione?
Per il momento non abbiamo intenzione di pianificare una campagna televisiva. La verità? Non sono sicuro valga la pena investire in questa direzione nemmeno in futuro. La tv resta un mezzo efficace, ma è caro e non in linea con lo stile di vita e le abitudini del nostro target di riferimento, che è giovane e più interessato ai canali digitali.

di Nicole Cavazzuti

Beecher’s, un caseificio nel cuore della Grande Mela

Cambiare il modo in cui mangiano gli Americani non è certo una missione né facile, né modesta, ma da sempre sono gli entusiasti, per non dire i fanatici, che, nel bene e nel male, trasformano il mondo. E un pizzico di fanatismo Kurt Beecher Dammeier deve coltivarlo se, nel giugno del 2011, dopo tre anni di riflessioni, ricerche e calcoli economici decise di aprire uno dei più strani e affascinanti negozi alimentari della città; proprio nel cuore di Manhattan, nel Flatiron District, e precisamente al9 00 della Broadway, all’angolo della 20° St.

La prima volta che un turista Italiano lo scopre (ma anche molti scafati consumatori Americani) la sorpresa è certa. Anche noi non avremmo mai immaginato di trovare un piccolo caseificio nel cuore della Grande Mela, … un caseificio combinato con la vendita al dettaglio di formaggi e un’area di ristorazione. Ma tutto ciò che riguarda Kurt è curioso e singolare.Beechers - Coop Lombardia (new York City 2013) 2 23

Prima di tutto il fatto che questo gourmet (con la passione del formaggio sin dai tempi dell’infanzia) la cui educazione culinaria è frutto dell’auto-apprendimento, è cresciuto a Seattle (WA) sull’altra sponda degli USA. Quella città, peraltro è da sempre una fucina di idee per il retail; infatti, vi hanno preso l’avvio o messo la loro sede Cinnabon, Starbucks, Amazon, Costco, … Beecher’s vi ha aperto, nel 2003, la sua prima location, all’interno del Pike Place Market (lo storico mercato della città) subentrando alla vecchia gestione di un punto di vendita obsoleto.

Il primo store

La novità consistette nel materializzare un concetto semplice, ma difficile: A) proporre un’offerta di formaggi assolutamente genuini e della massima qualità sia come lavorazione, sia come materia prima: soluzione resa possibile accordandosi con un agricoltore-allevatore locale che fornì a Kurt le partite di latte prive di additivi e di residui chimici tipici degli allevamenti intensivi, necessarie a qualificare la sua missione. B) unire gli aspetti dell’esperienza che nasce dall’informazione e dalla degustazione del prodotto, a quelli più specifici della scelta e dell’acquisto dello stesso. Dunque, adottando la moda dei lunghi tavoli conviviali che caratterizzano molti odierni casual restaurant e proponendo un insieme di ricette che si possono trovare anche nel libro di Kurt: “Pure Flavor: 125 Fresh All-American Recipes from the Pacific Northwest”, il nuovissimo Beecher’s conquistò i primi clienti con snack, lunch e dinner a base di formaggio, arricchiti dai giusti accoppiamenti con frutta, mieli e salse e vino e birra. Certamente aprire un secondo punto di vendita di così complessa e difficile gestione, a Manhattan, dove templi della gastronomia come Dean & DeLuca, Balducci, Di Palo, Citarella, Zabar, … vantavano da lungo tempo la propria fama di qualità e varietà eccelse, sembrava nel 2011 un’idea bislacca, per non dire folle. La New York dell’euforia finanziaria evaporata nel nulla, che ancora tremava al ricordo dei rischi paurosi corsi con il crollo del 2008, non sembrava proprio il luogo in cui proporre soluzioni così curiose, insolite e non proprio competitive in fatto di prezzi. Un sandwich Big Deal nello store di New York costa 10$, il formaggio Flagship 22 $ alla libbra, tanto per dare un’idea. Noi stessi visitando questo Beecher’s, poco dopo la sua apertura, pensammo quindi che sarebbe stato un tentativo effimero, che non avrebbe avuto futuro, L’ennesimo progetto tra i tanti ispirati dalle follie della Grande Mela e … ci sbagliammo.Beecher's - Broadway 900 - NYC-38

I casari

Infatti, oggi, l’azienda necessita di una produzione supplementare per tenere il passo con le vendite e questa produzione dove potrebbe aver luogo se non nel Wisconsin? In questo stato, i cui cittadini vanno fieri del nome affibbiato loro di Cheeseheads, stanno accadendo cose interessanti. I suoi formaggi stanno seguendo il percorso dei vini della California (un tempo ridicolizzati, oggi apprezzati e rispettati nei più reputati concorsi enologici). Nel Wisconsin stanno imparando a produrre ottimi formaggi, che hanno il solo difetto: imitare, nel nome, quelli Italiani e Francesi. Dunque Beecher’s attualmente integra la sua offerta con una produzione del Wisconsin, rendendola complementare a quella realizzata in loco nei suoi due store. Tuttavia, non commette l’errore menzionato, di adottare l’“Italian o il French sounding”. Offre propri formaggi dai nomi fantasiosi: No Woman, Just Jack, Marco Polo, Flagship, ecc. unici, nel bene e nel male.

Beechers - Coop Lombardia (new York City 2013) 2 16Ma cerchiamo di descrivere l’ambiente alla luce della (da noi tanto citata) “consumer experience”, peraltro (da noi) assai poco praticata. Innanzitutto si enfatizza il fattore “vista”. Transitando dalla 20° strada, il passante può gettare lo sguardo all’interno e osservare i cheesemonger (o casari) che raccolgono o rompono la cagliata prima di darle una forma. Ancor meglio si può osservare il tutto dal salotto ricavato dal sovrastante mezzanino, magari concedendosi una bella porzione di Mac&Cheese (the Best of the World! È il claim dell’insegna). In effetti i maccheroni non sono così scotti come in tanti altri luoghi e le due varietà di formaggi stagionati Flagship e Just Jack convergono nel produrre una mantecatura molto più godereccia nei nostri (più dietetici) 4 formaggi. Ovviamente le varianti smoked o tex-mex, che sono parte di un menu piacevole pur nella sua sinteticità, consentono anche qualche deviazione moderatamente esotica.

Gli spazi interni

Una seconda caratteristica è il visual merchandising del luogo. Grazie alle “diaboliche” arti dello store design di impronta Americana, il luogo ha comunicato da subito l’idea del vissuto, pur senza calcare quel falso shabby chic che è dilagato ovunque in America e che oggi sembra mostrare segni di stanchezza, puntando su una palesemente falsa, esagerata e ostentata vecchiezza artificiosa. I materiali utilizzati da Beecher’s, ovvero legni e metalli industriali sono combinati così da creare un ambiente caldo e pulito (nel senso delle geometrie, ma anche in quello igienico, spesso discutibile nei locali della Grande Mela, che pur è adusa ad atmosfere hard-boiled!). Le esposizioni sono essenziali e leggibili. D’altronde essendo un negozio monomarca la logica dell’assortimento poco profondo è del tutto compatibile con la promessa fatta al cliente.Beechers - Coop Lombardia (new York City 2013) 2 27

Non va dimenticata poi la notevole importanza assunta dal servizio di catering e di gift, anche in questo caso a prezzi non esattamente bassi: 8 pezzi da 200 gr costano 89$!

Molto interessante è poi lo spazio ricavato nell’interrato e chiamato The Cellar. Lo stile archeo-industriale dei suoi interior è riuscito a trasformare la cantina di un edificio di 135 anni in un casual restaurant d’atmosfera. Infatti, nell’ambiente raccolto dello scantinato è possibile gustare un menu che prevede una bella serie di piatti semplici, tra cui ovviamente assaggi di charcuterie e formaggi in vari abbinamenti. Nello stesso luogo si svolge poi con grande successo l’attività di education al pairing con vini, birre, whisky. In conclusione, vige ancora una volta, come sempre il sacro principio del retail specializzato americano: eccellere indiscutibilmente in UNA cosa, distintiva, memorabile, inimitabile, da completare poi con i necessari servizi aggiuntivi. E, da questo punto di vista, l’intuizione imprenditoriale di Kurt Beecher’s può dirsi certamente riuscita.

di Daniele Tirelli e Marco Tirelli

Coralis: 3 nuove aperture che hanno in assortimento i prodotti Etichètto

Coralis continua la sua strategia di espansione con nuove aperture che mettono in assortimento prodotti Etichètto e “conquistano” Puglia e Calabria.

Sono tre gli ultimi nati: Pascar, Zumbo srl e Gruppo TRE P.
È di sabato 23 luglio l’apertura del nuovo punto vendita di Pascar a San Giorgio Jonico. 1.000 mq. di spazio sapientemente suddiviso per dare il miglior servizio possibile al cliente e la massima visibilità ai prodotti. All’interno del punto vendita è stata data particolare attenzione ai reparti del fresco e alla selezione di prodotti Etichètto, vero protagonista di questo nuovo mercato.
“ Ho scelto di inserire i prodotti Etichètto perché ho potuto constatare, vivendo all’interno dei nostri punti vendita, quanto l’attenzione delle persone sia sempre più rivolta alla qualità, alla trasparenza” commenta Carmine Passarelli, titolare di Pascar, “ I clienti leggono le etichette e vogliono sapere cosa mangiano, ecco perché scelgono i prodotti Etichètto.” Sotto l’insegna Pascar, oltre a questo punto vendita, ce ne sono altri 13 più un Cash&Carry tutti nella provincia di Taranto.
Sempre affacciato sul mare Jonio, ma in Calabria questa volta, a Lazzaro di Motta San Giovanni, si è aperto il 30 luglio, un nuovo punto vendita sotto l’insegna Verdeblu di Zumbo srl. : il settimo nella provincia di Reggio Calabria. Il punto vendita ha una superficie di 800 mq. suddivisi tra i reparti di ortofrutta, macelleria, salumeria, gastronomia e pescheria. Anche la famiglia Zumbo, per il suo nuovo punto vendita, ha scelto una vasta selezione di prodotti Etichètto.
“È diventato importante per le persone sapere cosa mangiano. Sono attenti compratori i più giovani che amano anche scoprire nuovi marchi” dichiara Giovanni Zumbo, “ Per noi mettere in assortimento i prodotti Etichètto significa dare un servizio in più ai nostri clienti in tema di qualità, salubrità e provenienza di ciò che vendiamo. E siamo sicuri che questo sarà apprezzato.”
Ed infine, il Gruppo TRE P ha riaperto, dopo una completa ristrutturazione, il punto vendita a Montalbano Jonico e aprirà alla fine di agosto un nuovo negozio a Laterza in provincia di Taranto. Entrambi hanno una superficie di circa 400 mq. in cui sono inseriti 80 metri lineari di scaffali e i tre reparti di macelleria, ortofrutta e, per la prima volta, gastronomia che offre un assortimento di “solo prodotti Etichetto” integrato da alcune “eccellenze territoriali” selezionate con criteri analoghi. All’interno è possibile trovare anche un forno in cui vengono cotti prodotti panificati freschi come focacce e pizze.
“ Per noi la presenza del reparto gastronomia è una novità assoluta e un traguardo raggiunto” dichiara Onofrio Petruzzi titolare del Gruppo TRE P, “ Poter offrire ai nostri clienti un assortimento di prodotti di così alta qualità e con la garanzia del marchio Etichètto ci mette nella condizione di poter soddisfare le esigenze di tutte quelle persone, che sono in continuo aumento, che prestano attenzione a ciò che comprano e a ciò
che mangiano. Inoltre, il nuovo layout dei punti vendita crea un’atmosfera di maggiore accoglienza e si distingue dal format classico dei supermercati”.
Grande soddisfazione è stata manifestata anche da Eleonora Graffione, Presidente del Gruppo Coralis: “È davvero bello vedere che i progetti messi in campo dal consorzio prendono sempre più forma e si realizzano in punti vendita che tendono a cambiare le abitudini di acquisto degli italiani in un’ottica di maggiore sicurezza alimentare. Un grande in bocca al lupo ai nostri due soci!”

Spreco alimentare: Carrefour promuove la nuova legge

Anche Carrefour esprime il suo plauso per la legge contro lo spreco alimenatre, giudica grande alto di civiltrà e valido contributo in un percorso virtuoso che l’insegna ha da tempo intrapreso.
“Accogliamo con favore e soddisfazione – puntualizza infatti Flavia Marè, Responsabile Assicurazione qualità e coordinatrice CSR Carrefour Italia – l’approvazione della legge sugli sprechi alimentari che regolamenta e incentiva le buone pratiche relative alla gestione delle eccedenze. Riteniamo infatti la legge, così come strutturata in Italia, sia ad oggi il migliore esempio a livello europeo. Quella italiana infatti, rispetto a quella francese, è una legge basata sugli incentivi e sulla valorizzazione delle buone pratiche, sulla capacità di creare relazioni durature tra i soggetti coinvolti che tengono conto delle esigenze e capacità reciproche. In questo modo sarà sempre più possibile sviluppare reti virtuose di raccolta ed utilizzo delle eccedenze evitando obblighi e costrizioni formali che rischiano di creare flussi totali di difficile gestione di eccedenze alimentari verso le Onlus. Un tema, quello al centro della nuova legge, che da sempre coinvolge attivamente il Gruppo Carrefour nella continua ricerca di ridurre tutte le forme di spreco di risorse al fine di ottenere la massima efficienza con la minor influenza sull’ambiente. Carrefour Italia, in particolare, è proattivamente coinvolta in iniziative per combattere lo spreco del cibo attraverso attività di prevenzione alla creazione di eccedenze, attraverso un gruppo di lavoro espressamente dedicato alla revisione e miglioramento dei flussi aziendali, e di valorizzazione dei prodotti a rischio con attività quali il taglio prezzo dei prodotti prossimi alla scadenza o la la vendita della frutta matura per macedonie. Inoltre,  già da diversi anni ha attivato importanti partnership, prima tra tutte quelle con il Banco Alimentare, per consentire la raccolta delle eccedenze e la loro distribuzione alle persone in difficoltà economiche tramite enti presenti sul territorio dei punti di vendita”.
Il Gruppo Carrefour ha deciso di dedicare al tema della lotta allo spreco alimentare l’annuale iniziativa “La Grande Sfida dei Fornitori” che coinvolge i 650 fornitori di prodotti a marchio aziendale valorizzand le loro iniziative e buone pratiche su questo importante aspetto.

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Lavazza apre un terzo flagship negli USA, insieme a Eataly

Lavazza, dopo i successi dei negozi aperti nei flagship store di Eataly a New York (Flatiron) e Chicago, apre un nuovo punto vendita anche nel terzo Eataly statunitense, il NYC Downtown.  Sito nella Torre 4 del World Trade Center, con ampie vedute su New York e 5.000 m2 di spazio interamente dedicato alla gastronomia italiana, Eataly NYC Downtown è la location perfetta per Lavazza, un luogo ideale dove diffondere la passione per la qualità e l’autenticità, e sostenere i valori della cultura italiana legati al cibo e alle sue origini.

La popolarità delle caffetterie Lavazza all’interno degli store Eataly a San Paolo in Brasile, a Milano, New York e Chicago, ha portato alla decisione di aprirne un’ulteriore a Eataly NYC Downtown, che proporrà un’offerta completa di bevande a base espresso e caffè di alta qualità, incluso un ampio assortimento di ricette originali e innovative, preparate da uno staff competente formato presso il Training Center dell’azienda. All’interno di questa nuova caffetteria sarà inoltre possibile acquistare i prodotti Lavazza per il consumo domestico, incluse le Single Origin per il mercato statunitense Santa Marta e Kilimanjaro.

_MG_1779Giuseppe Lavazza, Vice Presidente del Gruppo, ha dichiarato: “La nostra presenza a Eataly NYC Downtown segna l’inizio di un nuovo capitolo della partnership consolidata tra Lavazza e Eataly: due aziende piemontesi che perseguono una visione condivisa, consapevoli del fatto che una parte rilevante del futuro economico dell’Italia ruota attorno alla produzione di cibo di alta qualità”.

Giuseppe Lavazza ha aggiunto: “La nuova location di Eataly NYC Downtown è unica: è stato luogo di uno degli avvenimenti più tragici degli ultimi decenni, ma è anche simbolo di speranza e ottimismo verso un futuro che presenta grande potenziale di crescita sociale ed economica, supportato dall’impegno a favore della sostenibilità e della protezione ambientale, che sono anche valori fondamentali per Lavazza. Siamo molto orgogliosi della nostra lunga partnership con Eataly e di esserne il caffè ufficiale negli Stati Uniti. Questo Paese è senza dubbio uno dei mercati internazionali strategici per Lavazza, dove intendiamo continuare ad investire e crescere sensibilmente nei prossimi anni”.

Il design della caffetteria Lavazza rispecchia i valori condivisi dalle due aziende, con un’atmosfera confortevole e accogliente, colori caldi e naturali. Le fotografie dietro al bancone principale sono dedicate al progetto di sostenibilità Lavazza ¡Tierra! con gli scatti del celebre fotografo Steve McCurry. Saranno inoltre proposte le pregiate miscele per il settore fuori casa ¡Tierra! Origins, certificate Rainforest Alliance, in diverse preparazioni.

L’anno scorso 5 milioni di persone hanno visitato la sede newyorkese di Eataly a Flatiron, all’interno della quale Lavazza ha servito circa 1.2 milioni di tazze di caffè. Per il secondo store di New York è previsto un incremento in termini di traffico e coinvolgimento dei consumatori.

Ulteriori caffetterie Lavazza, all’interno dei punti vendita Eataly, verranno inaugurate prossimamente a Boston, Mosca, Los Angeles e Bologna.

Legge antispreco: l’opinione di Federdistribuzione

Legge antispreco: a un giorno dalla sua approvazione in Senato, ferve già il dibattito e l’opinione pubblica è concorde nel plauso. Visto che il tema è uno di quelli caldi, sentiti e dibattuti e a cui già da tempo si cerca di trovare una soluzione. Secondo, infatti, uno studio del Politecnico di Milano (Surplus Food Management – Against food waste) la distribuzione ogni anno dona prodotti alimentari per 65.000 tonnellate (pari a oltre 220.000 pasti al giorno). Una quantità che sta crescendo nel tempo e che ora potrebbe essere ulteriormente aumentare grazie al provvedimento approvato ieri.

“Questa legge – commenta infatti Giovanni Cobolli Gigli, Presidente di Federdistribuzione – rappresenta un importante passo per semplificare il processo di donazione delle rimanenze alimentari, un’attività nella quale le nostre imprese sono impegnate già da molto tempo nonostante le numerose difficoltà. Prima di questa norma assistevamo al paradosso che destinare i prodotti a rifiuto costava più che donarli. Questo a causa dei pesanti adempimenti burocratici necessari per fare le donazioni. Ora si sono invece create migliori condizioni per raggiungere l’obiettivo più volte indicato dal Ministro Martina, cioè raddoppiare le attuali 480.000 tonnellate di donazioni da parte dell’intera filiera, raggiungendo il milione di tonnellate annue”.

“Apprezziamo il lavoro svolto dall’Onorevole Gadda, impegnata in prima linea nell’intero percorso parlamentare della legge e sempre disponibile al confronto. Una disponibilità importante, che ha consentito di giungere a una formulazione finale ampiamente condivisa da tutti gli operatori coinvolti. Stesso apprezzamento per il Senato, che ha saputo accelerare i tempi per l’approvazione di un provvedimento da tutti ritenuto efficace”.

“Per dare impulso alle donazioni sarà importante che gli enti locali recepiscano l’invito contenuto nella norma, riducendo la tassa sui rifiuti per i soggetti che donano. Più donazioni significa meno rifiuti e meno costi per il sistema, e noi auspichiamo che almeno una parte di questi risparmi possano essere distribuiti a chi alimenta questo percorso virtuoso”.

“Diffondere il messaggio positivo delle donazioni è fondamentale per alimentare un senso di responsabilità nelle imprese e nei cittadini. Per questo Federdistribuzione, insieme a Federalimentare, Fondazione Banco Alimentare e Unione Nazionale Consumatori partecipa al progetto “LIFE-Food Waste Stand up”, proprio con l’obiettivo di sensibilizzare al contenimento dello spreco e di educare al recupero delle eccedenze”.

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Gruppo MD arriva a quota 730 con il nuovo pdv di Fuorigrotta

Gruppo MD inaugura in Campania il suo 80° punto vendita, il 13° nel napoletano, nel cuore di Fuorigrotta, a pochi passi dallo Stadio San Paolo.

Salgono così a 730 i negozi sul territorio nazionale.

“La Campania e Napoli in particolare – commenta il patron Patrizio Podini – rimangono centrali nelle strategie di crescita del Gruppo. MD è un marchio che ha saputo diventare famigliare al Sud dove conta schiere di fedelissimi. Non potevamo “non premiare” i nostri clienti con un punto vendita particolarmente bello e funzionale.”

Il punto vendita di via Diocleziano, infatti, esprime il nuovo format di vendita adottato di recente dal Gruppo, basato su grandi superfici, di grande luminosità e caratterizzate da reparti “serviti” che non hanno nulla da invidiare a negozi di vicinato della migliore qualità: il fresco è infatti il tratto identitario dell’azienda.

Il nuovo format MD si presenta con il reparto ortofrutta di 100 mq, che introduce i clienti verso qualcosa di unico nel panorama del discount: il laboratorio del pane in doratura, al quale si affiancano i curatissimi reparti gastronomia e macelleria assistiti, oltre a un corner per la vendita di pesce fresco confezionato di nuova concezione.

Il tutto esposto in modo chiaro e lineare, tra ampi corridoi dove lo sguardo spazia da un versante all’altro su corsie simmetriche e perfettamente illuminate da impianti LED di ultima generazione e a basso impatto ambientale. Il punto vendita inoltre è dotato di un impianto fotovoltaico che fornisce energia pulita e sostenibile a tutto lo store.

Anche il “non food” riveste un ruolo importante nel punto vendita di Napoli via Diocleziano dove sono esposte tipologie di elettrodomestici che abitualmente si trovano solo dagli specialisti di settore e tecnologia innovativa con un prezzo competitivo.

 

Pam Panorama: le Olimpiadi giocate dai bambini. Anche nei centri estivi

Pam Panorama prosegue il suo impegno nel campo dell’educazione alimentare, con le “Olimpiadi della sana alimentazione”, un progetto didattico rivolto ai centri estivi, con l’obiettivo di condurre i più piccoli alla scoperta dei segreti del cibo e dei prodotti freschi, anche a scuola conclusa.

25 gli appuntamenti in programma che, durante i mesi di luglio e agosto, stanno coinvolgendo i centri estivi sparsi sul territorio nazionale, con l’obiettivo di trasmettere l’importanza di un’alimentazione sana ed equilibrata.

Per raggiungere l’obiettivo, Pam Panorama si affida all’ormai consolidato metodo del progetto “Nutri il sapere”, di cui le “Olimpiadi della sana alimentazione” rappresentano il naturale proseguimento estivo: il gioco, la pratica, l’interattività e la manipolazione sono gli ingredienti fondamentali per veicolare concetti talvolta difficili, ma che diventano di immediata e concreta comprensione anche per i più piccoli, se trasmessi in modo pratico e sperimentale.

Le sfide

Le attività, distinte per fascia d’età, consistono in un insieme di gare e sfide che mettono a confronto le squadre di bambini, coordinate da operatori specializzati.

Come si fa la spesa perfetta? Per saperlo bisogna conoscere i principali pasti della giornata e gli alimenti più sani di cui riempire la nostra dispensa.

Cosa sappiamo della piramide alimentare? I bambini si sfidano per costruire la propria piramide conquistandone i pezzi in un gioco a “rubabandiera”.

Non manca poi lo spazio dedicato all’agricoltura biologica, i cui prodotti sono sempre più diffusi tra gli scaffali del supermercato: con materiali semplici e di recupero, i ragazzi sono chiamati a difendere il proprio orto biologico dagli sfidanti in modo del tutto naturale, costruendo il miglior spaventapasseri.

Al termine delle gare, come in ogni Olimpiade che si rispetti, si svolge la cerimonia di premiazione: i partecipanti ricevono l’attestato di partecipazione personalizzato ma, soprattutto, le squadre vincitrici ricevono la medaglia delle “Olimpiadi della sana alimentazione”!

L’esperienza si chiude infine con la consegna di un piccolo sussidiario educativo sulla Matematica e del nuovo fumetto “Pam Up, sulle tracce dello Yeti”, a ricordo dell’esperienza.

I primi appuntamenti si sono tenuti a Pontedera, Pistoia, Parma, Sassuolo, Cassino e Latina, con grande entusiasmo dei partecipanti e degli operatori locali. Le prossime tappe coinvolgeranno Roma e tante altre città di Toscana, Piemonte, Veneto, Lombardia e Friuli Venezia Giulia.

Le attività delle Olimpiadi della sana alimentazione sono curate per Pam Panorama da Pleiadi, società di divulgazione scientifica attiva con la sua rete sul territorio nazionale.

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