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Farina di grillo negli alimenti, gli scettici dovranno ricredersi

Come annunciato pochi giorni fa, l’Unione Europea ha dato il via libera all’uso della polvere sgrassata di acheta domesticus (il comune grillo) che potrà essere utilizzata nei prodotti alimentari e arriverà sugli scaffali dei nostri supermercati.

Cinque anni fa solo in pochi si sarebbero immaginati che questo potesse succedere per davvero: come confermava una ricerca BVA Doxa per Rentokil, azienda specializzata nel monitoraggio e controllo degli infestanti, quasi il 60% degli italiani pensava che gli insetti non sarebbero mai stati accettati come alimenti in Italia.

Il novel food, che porta sulle nostre tavole nuovi alimenti tra cui insetti e aracnidi come cavallette, grilli, coleotteri, bruchi e scorpioni, era visto come un’ipotesi non percorribile sulle nostre tavole e il pensiero di trovare su uno scaffale o nel banco frigo un prodotto a base di insetti suscitava una reazione di disgusto nel 63% degli intervistati. Percentuale in linea anche nel caso dei ristoranti: trovare un piatto nel menù a base d’insetti non sarebbe stato gradito al 60% dei rispondenti.

La tanto discussa sicurezza alimentare era un elemento che già preoccupava gli italiani cinque anni fa. Il 73% degli italiani infatti pensava che la produzione degli stessi richiederebbe maggiori attenzioni in termini di sicurezza alimentare e pratiche igieniche, e il 55% era molto preoccupato dal punto di vista sanitario per le pratiche che possano essere utilizzate o meno nella lavorazione degli insetti ad uso alimentare.

Quello che era considerato il cibo del futuro è ormai diventato realtà e la rivoluzione nel piatto ha decisamente avuto una spinta importante. Sarà il tempo a dire se gli italiani si ricrederanno e come risponderanno a questi nuovi trend alimentari.

Snack, lo studio di Mondelēz evidenzia un ruolo in costante espansione

Mondelēz International ha pubblicato il quarto rapporto annuale State Of Snacking, uno studio che esamina i comportamenti dei consumatori a livello globale e investiga i driver di scelta degli snack da parte dei consumatori. Il rapporto analizza gli atteggiamenti e i comportamenti in materia di snack di migliaia di consumatori intervistati in 12 Paesi. I risultati illustrano l’espansione del ruolo degli snack, che sempre più spesso sostituiscono i pasti tradizionali nella vita dei consumatori.

I principali risultati mostrano che i consumatori di tutto il mondo consumano snack:

Quotidianamente – Lo snack è un punto fermo – il 71% dei consumatori fa uno spuntino almeno due volte al giorno.

Consapevolmente – il 78% dei consumatori dichiara di prendersi più tempo per assaporare gli snack e il 61% afferma di dedicare del tempo a porzionare gli snack prima di mangiarli.

Frequentemente – I consumatori sostituiscono sempre più spesso i pasti con gli spuntini, con il 55% che dichiara una maggiore propensione a consumare uno snack tra i tre pasti principali.

In modo sostenibile – La riduzione degli sprechi è una priorità assoluta, con 7 consumatori su 10 che dichiarano di privilegiare gli snack con meno imballaggi e il 72% che dichiara di riciclarli.

“Il nostro rapporto State Of Snacking conferma che, in questi tempi difficili, i consumatori di tutto il mondo considerano i loro snack preferiti come un piacere accessibile e necessario”, dichiara Dirk Van de Put, Chairman e CEO di Mondelēz International. “Gli snack continuano ad essere un modo per i consumatori di relazionarsi con gli altri o di godersi un momento di piacere durante la loro giornata, dimostrando ulteriormente la nostra convinzione che ogni snack può essere consumato in modo consapevole”.

L’indagine dimostra che i consumatori cercano snack per soddisfare diverse esigenze nella loro vita. La maggioranza ha dichiarato di consumare regolarmente uno snack per premiarsi (78%) e per un senso di comfort (77%), risultati condivisi dall’85% dei millennial per entrambi i motivi. Il contesto attuale sottolinea anche l’importanza della riconoscibilità del marchio, con il 67% che dichiara che preferirebbe comprare una minore quantità della sua marca preferita di snack, piuttosto che acquistare una generica alternativa meno costosa.

“I consumatori di oggi sono più consapevoli che mai dei loro consumi e questo include la salute e il benessere, nonché l’impatto sul pianeta”, ha aggiunto Martin Renaud, Chief Marketing and Sales Officer di Mondelēz International. “I risultati di questo rapporto continuano a contribuire alla nostra strategia di leader globale nel settore degli snack, con un’attenzione particolare al cioccolato e ai biscotti e un impegno per uno snack consapevole e sostenibile”.

Il rapporto State Of Snacking 2022 è scaricabile qui

Packaging nel largo consumo, italiani sempre più attenti a sostenibilità

Pochi giorni fa, a Marca 2023, è stato presentato l’ultimo aggiornamento dell’Osservatorio Packaging del Largo Consumo curato da Nomisma. Al centro del focus – condotto su un campione rappresentativo di oltre 1.000 responsabili di acquisto tra i 18 e i 65 anni – una riflessione sul ruolo che il packaging sostenibile ricopre nei modelli d’acquisto alimentare degli italiani in uno scenario caratterizzato da scenari inflattivi e da una congiuntura economica non favorevole.

Per recuperare gli effetti dell’inflazione sul budget familiare l’88% degli italiani sta adottando strategie di risparmio che vanno dal ridurre gli sprechi (nel 58% dei casi), all’acquisto di prodotti e servizi in offerta o promozione (51%) fino alla rinuncia all’acquisto di prodotti/servizi superflui (45%).

In questo scenario non semplice, la sostenibilità continua a rivestire per gli italiani un ruolo importante. Per il 35% dei rispondenti, questa, unita all’attenzione all’ambiente rappresenta un fattore determinante per le scelte future, mentre il 57% dichiara di tenerne conto. Nello specifico, quello energetico e idrico è l’ambito in cui l’80% delle famiglie presta più attenzione, seguito dall’acquisto di prodotti alimentari e bevande (77%), e mobilità e spostamenti (56%). Per gli italiani sostenibilità significa anche fare scelte di acquisto che prendono in considerazione le caratteristiche del packaging, veicolo di valori e informazioni diventato sempre più importante per il 92% degli intervistati.

In tale contesto, il green packaging definisce sempre di più le scelte di acquisto food tanto che negli ultimi 12 mesi il 65% delle famiglie italiane ha inserito nel proprio carrello un prodotto perché aveva una confezione più sostenibile rispetto a quella di altre marche. Al contempo, il 19% ha smesso di acquistare un prodotto perché il packaging non era considerato sostenibile.

Un prodotto senza overpacking (58%), interamente riciclabile (56%), con ridotte quantità di plastica (47%) contiene le tre caratteristiche di sostenibilità più ricercate nel food packaging. Considerando i materiali maggiormente impiegati nel packaging, il cartone per bevande risulta essere maggiormente percepito come sostenibile nelle bevande (59%). Quando si tratta di prodotti confezionati è invece il vetro il materiale ritenuto più green (67%), seguito dal cartone per bevande.

Anche l’etichetta riveste un ruolo importante nei confronti di un consumatore che nel tempo è diventato sempre più esigente e attento. Le informazioni presenti in etichetta che influenzano maggiormente le scelte di acquisto alimentari sono l’origine delle materie prime, nel 54% dei casi, le modalità di riciclo della confezione (48%), i metodi di produzione del prodotto (40%), l’impatto ambientale della confezione (38%), la catena di fornitura e filiera (36%).

1 italiano su 5, però, non è soddisfatto delle informazioni a disposizione per valutare la sostenibilità di prodotti alimentari e bevande e del packaging alimentare. In particolare, il 76% degli italiani vorrebbe trovare in etichetta immagini o punteggi che indichino il livello di sostenibilità dei prodotti alimentari e delle loro confezioni.

“Il 67% degli italiani è convinto che, anche se ci sarà un rientro dell’inflazione, i prezzi non torneranno ai normali livelli degli ultimi anni con conseguenze dirette sul carrello della spesa. Malgrado un’erosione del potere di acquisto e il ricorso a inevitabili strategie di risparmio, sta crescendo in modo significativo la sensibilità degli italiani verso l’acquisto di prodotti caratterizzati da un packaging che non solo deve presentare caratteristiche di sostenibilità, ma che dovrebbe anche essere un veicolo per trasmettere valori e informazioni utili a supportare la decisione di acquisto” – commenta Silvia Zucconi, responsabile market intelligence & business information di Nomisma.

Spumanti low cost, unica categoria tra i vini in crescita nella Gdo nel 2022

Si chiude un anno di riposizionamento per le vendite dei vini in grande distribuzione (e retail) in Italia. Nel 2022, l’unica voce chiaramente positiva – rileva l’Osservatorio Uiv-Ismea su base Osservatorio Ismea-Nielsen IQ – è relativa alla categoria “Altri spumanti Charmat” (diversi dal Prosecco), che ha archiviato il 2022 con una crescita tendenziale in volume del 13% (+22% nei discount), a fronte di un calo generale degli acquisti allo scaffale che supera il 6% con perdite sopra la media per la tipologia dei vini fermi (-7%) e in particolare per le Doc rosse che scendono in doppia cifra (-11%).

L’exploit degli spumanti low cost – il cui prezzo medio a 4,4 euro/litro registra un aumento molto più contenuto dei listini rispetto ai competitor – è lo specchio del limitato potere di acquisto degli italiani nell’ultimo anno (i più costosi spumanti a Metodo classico chiudono – dopo un 2021 da incorniciare – a -9%, gli Champagne a -25%, anche per effetto delle limitate disponibilità) ma allo stesso tempo evidenzia tutta l’ormai irrinunciabile centralità raggiunta dalle bollicine anche tra le mura domestiche. Il saldo 2022 delle vendite in grande distribuzione chiude in passivo anche sul fronte dei valori (-2%, a 2,94 miliardi di euro).

Focus 2022 vs 2019
Secondo l’Osservatorio di Unione italiana vini e Ismea, dal 2019 al 2022 le bollicine hanno registrato un incremento nei volumi commercializzati in Gdo del 17%, con crescite ancora più nette per il Prosecco (+31%) e per gli “Altri spumanti Charmat”, che chiudono il triennio a +32% (34 milioni di bottiglie nel 2022). Per il segretario generale di Unione Italiana Vini, Paolo Castelletti: “Il divario tra le performance degli spumanti e il resto del mercato è sempre più evidente e l’effetto non è stato affatto neutro. A pagare le spese di un carrello che vede gli spumanti protagonisti dei consumi quotidiani, è probabilmente il vino fermo (-8%) e in particolare i rossi, che nel periodo considerato scontano una contrazione dell’11%”.

Per il responsabile Direzione Servizi per lo Sviluppo Rurale di Ismea, Fabio Del Bravo: “Quello che osserviamo dall’immediato pre-Covid a oggi è un cambiamento con pochi precedenti delle abitudini al consumo degli italiani, che considerano ormai gli spumanti un vino a tutto pasto, svincolato da ricorrenze e festività e a cui non si è disposti a rinunciare neanche di fronte all’erosione del potere d’acquisto”.

Le Do
Se ovviamente il saldo dell’ultimo anno delle principali denominazioni e indicazioni geografiche segue l’andamento generale negativo, uno sguardo in prospettiva di medio termine aiuta a inquadrare meglio quali sono i vini che strutturalmente hanno imboccato una fase involutiva e quali invece stanno ripiegando sui valori pre-Covid dopo la fiammata 2020/21. Fra i primi, vanno annoverati alcuni rossi Igt sia che provengano da vitigni autoctoni che da vitigni internazionali. Tra le Dop le battute d’arresto sono numerose e spaziano dal Piemonte alla Sicilia. Quelli in fase di rientro verso la “normalità” sono invece Montepulciano d’Abruzzo, Chianti, Salento (quindi Negroamaro), Lambrusco Emilia e Rubicone Trebbiano. Poi ci sono anche quelli (pochi a dir la verità fra i big seller) in fase positiva, nonostante volumi negativi nell’ultimo anno: Sangiovese Rubicone, Vermentino di Sardegna, Verdicchio, Castelli Romani, Valpolicella.

E-commerce
Il saldo negativo in volume più pesante (2022 vs 2021) lo si ritrova nell’e-commerce, con -15% cumulato tra vini e spumanti e picchi maggiori per le tipologie più pregiate, come per esempio gli spumanti metodo classico (-21%). Il canale, al contrario del retail fisico, ha sperimentato diffusi segni negativi sui prezzi, con listini in media a -10%. Dopo aver sperimentato un vero e proprio boom delle vendite nel 2020 (da 2,6 a 8 milioni di litri) e un ulteriore incremento nel 2021 (9 milioni), il segmento pare destinato ad assestarsi sui livelli dell’anno pandemico, e quindi aver interrotto la crescita.

La distribuzione moderna tutela il potere d’acquisto degli italiani

In un anno caratterizzato da molte criticità – dall’inflazione più alta degli ultimi trent’anni alla guerra in Ucraina, dal caro energia alle problematiche in alcune catene di approvvigionamento – la Distribuzione Moderna ha investito notevoli risorse per tutelare il potere d’acquisto degli italiani, trasferendo solo in parte i rincari della filiera sui consumatori. Le aziende distributive hanno assorbito una parte molto significativa di aumento dei prezzi per un valore di 3,9 miliardi di euro, consentendo un risparmio medio per famiglia fino a 77 euro al mese.

Il dato emerge dal Position Paper L’Italia di oggi e di domani: il ruolo sociale ed economico della Distribuzione Moderna, realizzato da The European House – Ambrosetti per ADM – Associazione Distribuzione Moderna, di cui è stata presentata un’anticipazione ieri a Milano nell’ambito della conferenza stampa dedicata al convegno che aprirà la fiera Marca by BolognaFiere 2023, in programma a Bologna il 18-19 gennaio. Il paper sarà presentato integralmente nel corso del convegno inaugurale di Marca mercoledì 18 gennaio a cui ha già confermato l’intervento in presenza il Ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, On. Francesco Lollobrigida, e, in videocollegamento, il Viceministro delle Imprese e del Made in Italy, On. Valentino Valentini.

L’analisi del paper delinea l’importanza fondamentale del settore distributivo italiano nella filiera agroalimentare: è responsabile dell’80% degli acquisti attraverso una rete di 25mila punti vendita e sui 600 miliardi di euro di fatturato complessivi della filiera (50 miliardi dei quali derivanti dall’export), 155 miliardi sono generati dalle aziende della Distribuzione Moderna, con un valore aggiunto diretto di 25,6 miliardi.

Nel complesso, la Distribuzione Moderna contribuisce al valore aggiunto italiano per oltre 52 miliardi di euro; questo dato include quello generato direttamente (25,6 miliardi), quello indiretto (21,3 miliardi), cioè derivante dalle filiere di fornitura e subfornitura, e il valore indotto (5,2 miliardi) generato dagli occupati nella Distribuzione Moderna e nelle filiere attivate.

Significativo anche il sostegno del settore all’occupazione in tutte le aree geografiche della Penisola, da Nord a Sud, dalle città ai piccoli centri, grazie alla presenza omogenea dei punti vendita su tutto il territorio nazionale. In particolare, nel Mezzogiorno il settore è al 4° posto per incidenza degli assunti, e in termini di lavoro femminile e giovanile registra rispettivamente un +32% e +67% degli occupati rispetto alla media nazionale. Complessivamente, con un aumento di oltre 58mila occupati dal 2013 al 2021 (6º settore economico su 245 in Italia per crescita occupazionale dal 2013), la Distribuzione Moderna ha circa 440mila occupati diretti (+3,1% vs 2019) e sostiene una rete di 3,3 milioni di addetti, considerando anche le filiere attivate.

“Negli ultimi anni, tra Pandemia e caro vita, la Distribuzione Moderna ha dimostrato di essere un asset strategico dell’economia del Paese, sia per il valore aggiunto che riesce a generare sia per il contributo occupazionale, in particolare di giovani e donne”, afferma Marco Pedroni, Presidente di ADM. “Ha dimostrato inoltre di essere un attore responsabile della filiera: nell’anno appena trascorso ha contribuito significativamente al contenimento della spinta inflattiva sui prodotti alimentari, assorbendo una parte dei rincari e tutelando così il potere d’acquisto delle famiglie a basso reddito, quelle su cui pesano maggiormente gli aumenti. Un ruolo di calmiere sociale che continua a svolgere per quanto possibile, ma che vista l’impennata inflattiva deve vedere l’impegno non solo di tutta le imprese del largo consumo, ma anche delle istituzioni. E’ innegabile la necessità di un’azione del Governo di sostegno dei consumi, a favore in particolare delle famiglie più fragili. Un Paese che vuole tornare a crescere è necessario adotti una adeguata politica di sostegno dei consumi che rappresentano oltre il 60% del PIL del Paese”.

Il Convegno sarà l’occasione per fare un punto sul mercato della Marca del Distributore (MDD), quest’anno anche grazie a una survey condotta tra alcuni dei principali business leader del settore e delle aziende MDD partner.

Dai dati elaborati emerge il ruolo determinante della MDD nel contenimento dei prezzi al consumo. Secondo le stime di The European House – Ambrosetti, sui dati messi a disposizione da IRI, a fine 2022 il fatturato della Marca del Distributore è pari a 12,8 miliardi di euro (+9,4% rispetto al 2021) con una quota di mercato del 20,8%, quasi raddoppiata rispetto al 2003. La MDD ha anche consentito un effetto di democratizzazione della spesa alimentare, coniugando la convenienza all’elevata qualità e a un approccio sempre più sostenibile, come confermato dal 72% dei consumatori (da survey IPSOS ai consumatori italiani, 2022).

“La MDD ha progressivamente conquistato la fiducia dei consumatori che la percepiscono come una risposta affidabile e soddisfacente alla ricerca di un buon rapporto qualità-prezzo – commenta Valerio De Molli, Managing Partner & CEO di The European House – Ambrosetti. Il progressivo apprezzamento ha favorito anche la crescita economica di molte medie e anche piccole aziende fornitrici, arrivando a determinare il 60% dell’incremento del fatturato dell’industria alimentare nel mercato domestico”.

Dall’analisi dei bilanci di 651 aziende espositrici a Marca, emerge che tra il 2013 e il 2021 le aziende MDD partner hanno avuto performance migliori rispetto alla media dell’industria alimentare e, secondo la survey realizzata da The European House – Ambrosetti e somministrata, in collaborazione con BolognaFiere, agli MDD partner espositori a Marca 2023, la tendenza si conferma per l’anno appena concluso: 7 aziende su 10 dichiarano un aumento di fatturato, di cui il 27,1% in un range tra il 10-20% e il 24,1% tra il 20-30%. Questo grazie anche alle relazioni di lungo periodo instaurate con le aziende della Distribuzione Moderna: oltre un terzo del campione dichiara di avere contratti di collaborazione superiori agli 8 anni.

La conferenza stampa è stata anche l’occasione per presentare il programma della diciannovesima edizione di Marca by BolognaFiere, organizzata in collaborazione con ADM e con il patrocinio della Regione Emilia-Romagna e della Camera di Commercio di Bologna. Marca by BolognaFiere è l’unica fiera dedicata alla marca commerciale in Italia, la grande vetrina dove si espongono i prodotti food e non food dell’eccellenza italiana a Marca del Distributore. La manifestazione è anche l’unica a livello internazionale a offrire un grande spazio espositivo alle 22 principali insegne della Distribuzione Moderna che siedono nel Comitato Tecnico Scientifico della fiera. Un’occasione importante per andare alla sostanza del business, toccare con mano i prodotti e chiudere i contratti tra aziende di qualità e i retailer interessati a proporre prodotti con il proprio marchio. La diciannovesima edizione di Marca by BolognaFiere si annuncia già in crescita, con oltre 900 espositori e centinaia di buyer di altissima qualità provenienti da tutto il mondo.

“Marca by BolognaFiere è la prima fiera dell’anno – afferma il Presidente di BolognaFiere, Gianpiero Calzolarie si sta ormai affermando come una delle fiere più importanti dell’agroalimentare. La sua formula molto smart e molto veloce, due giorni di business puro, continua a incontrare sempre più interesse nelle catene distributive e nelle aziende che producono. Siamo orgogliosi di offrire ogni anno la sede più autorevole dove stringere accordi tra chi compra e chi vende, favorire la crescita e l’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese grazie ai rapporti con le insegne della Distribuzione Moderna”.

 

Il 2023 sarà l’anno della rivoluzione digitale, GS1 Italy presenta il nuovo monitoraggio

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) prima e la Finanziaria poi si sono focalizzati sulla digitalizzazione del sistema-Italia. Così, il 2023 si apre con molte opportunità per le imprese che vogliono partecipare alla transizione digitale. Ma com’è al momento la situazione in Italia? A fotografarla è l’edizione 2022 del “Monitoraggio dell’uso dell’EDI nel largo consumo in Italia”, lo studio che GS1 Italy realizza ogni anno in collaborazione con la School of Management del Politecnico di Milano per raccontare l’evoluzione della digitalizzazione dei processi di scambio di informazioni e documenti attraverso l’adozione dell’EDI (Electronic Data Interchange).

Un report fondamentale per tastare il polso della digitalizzazione in Italia, visto che il largo consumo è il settore in cui l’EDI è adottato dal maggior numero di imprese (il 65% delle 21 mila aziende attive) per un totale di 262 milioni di documenti scambiati su base annua, come rileva l’Osservatorio Digital B2b del Politecnico di Milano.

L’EDI a standard GS1 nel largo consumo
Nel 2021 in Italia le aziende del largo consumo che hanno scambiato almeno un messaggio via EDI secondo gli standard globali GS1 sono state 7.472, di cui il 47% è stata parte dell’ecosistema Euritmo, la soluzione web-EDI ideata da GS1 Italy per le aziende italiane (e in particolare per le PMI) del largo consumo che resta la più diffusa a livello nazionale. Ad utilizzare Euritmo sono state, infatti, 3.514 imprese (3.217 produttori, 296 retailer e un operatore logistico) per un totale di 13.808 relazioni.

Nel 2021 è cresciuta in modo significativo la fedeltà degli utenti a Euritmo: il numero delle aziende rimaste attive dall’anno precedente – 3.221 – è cresciuto al 92% del totale (nel 2020 erano state il 72%), a conferma del fatto che, una volta familiarizzato con gli standard GS1, le imprese ne comprendono i vantaggi e diventano più propense ad estenderne l’impiego. La conferma viene da un altro aspetto emerso da questo Monitoraggio: la crescita delle tipologie di messaggi scambiati, che mostra come le relazioni tra gli utilizzatori di Euritmo siano diventate più articolate e complete. Delle 13.808 relazioni interne all’ecosistema Euritmo quelle che in cui è stato scambiato un solo tipo di documento sono state 9.010 e hanno riguardato soprattutto la fattura (56% dei casi), seguita dall’ordine (29%), dall’avviso di spedizione (7%) e da altri documenti (8%).

Ma le relazioni che afferiscono allo scambio da un minimo di due a un massimo di cinque documenti sono state 4.798, pari al 35% del totale (l’anno precedente erano il 31%). Tra queste ve ne sono 3.215 definite elementari, che scambiano, cioè, almeno ordine e fattura (ORDERS & INVOIC) oppure ordine e avviso di spedizione (ORDERS & DESADV), le coppie di messaggi convenzionalmente assunte come “base”. Di queste, 660 sono identificate come mature, perché la coppia di attori si scambia almeno tre documenti, cioè ordine e avviso di spedizione e fattura (ORDERS & DESADV & INVOIC), che costituiscono quelli fondamentali per il ciclo dell’ordine in EDI. Le complete, con più di tre documenti scambiati, sono 367, contro le 313 dell’anno precedente.

Rispetto al 2020, poi, tutte le relazioni sono in aumento. Le elementari di +5%, quelle che scambiano almeno ordine e fattura oppure ordine e avviso di spedizione di +2%; +25% il balzo che hanno fatto le relazioni che scambiano solo ordine e fattura e avviso di spedizione e le complete sono cresciute di +17%.

Un altro aspetto rilevante emerso nell’edizione 2022 del “Monitoraggio dell’uso dell’EDI nel largo consumo in Italia” è che il numero delle aziende coinvolte aumenta man mano che le relazioni diventano più complete: nelle relazioni elementari sono state coinvolte 1.285 aziende (+1% rispetto all’anno precedente), in quelle complete 286 aziende (+12%). E più aumenta il numero dei documenti scambiati nella singola relazione, più l’incremento è sensibile: quelle che scambiano quattro documenti sono state 333, crescendo di +16%, le relazioni con cinque documenti sono state 32, +33%, due quelle con sei documenti, raddoppiando il dato del 2020.

Dall’edizione 2022 del “Monitoraggio dell’uso dell’EDI nel largo consumo in Italia” emerge che chi resta all’interno di Euritmo lo fa con crescente fiducia perché ne testa i benefici in termini di velocità e di precisione, di riduzione degli errori e di maggiore trasparenza. E più le relazioni si intensificano, più questi benefici aiutano a ridurre drasticamente le inefficienze e a migliorare la qualità dell’ordine.

«Nel corso degli anni abbiamo rilevato come lo sviluppo dell’EDI, nonostante non abbia seguito un percorso lineare, si sia consolidato come il valore aggiunto per le imprese che lo adottano. Chi fa EDI, cioè, lo fa sempre più con maggiore convinzione e con un utilizzo più intenso e profondo» osserva Andrea Ausili, standard and innovation manager di GS1 Italy.

Dei 58,53 milioni di messaggi scambiati in EDI secondo gli standard globali GS1 dalle quasi 7.500 aziende coinvolte, la fattura resta il documento più frequente, con oltre 15,5 milioni di unità. Insieme a ordine e avviso di spedizione, la triade principale del ciclo dell’ordine (ORDERS & DESADV & INVOIC) rappresenta il 63% del totale dei documenti gestiti secondo gli standard globali GS1. Altro pilastro dello scambio di documenti via EDI è l’inventario
(INVRPT) che supera i 12 milioni di unità.


I produttori gestiscono 42,36 milioni di messaggi contro i 37,23 milioni dei distributori. Per quasi tutti i tipi di messaggio il numero di aziende è decisamente in crescita rispetto al 2020, mentre occorre ancora lavorare sull’avviso di spedizione (bolla di consegna, DESADV) ancora poco utilizzato. Ed altrettanto vale per l’inventario che, nonostante sia il secondo documento gestito, è appannaggio di poche aziende che devono crescere di numero anche per quanto riguarda i documenti che completano il ciclo dell’ordine come l’avviso di ricezione (RECADV), l’informazione di pagamento (REMADV) e il catalogo prodotti (PRICAT).

I progetti 2023 di GS1 Italy per la digitalizzazione della comunicazione B2B nel largo consumo
Sono le stesse imprese a richiedere uno sforzo ulteriore per la più ampia diffusione dell’EDI a supporto delle relazioni commerciali e per questo GS1 Italy sta lavorando a tre progetti:
L’EDI nel Foodservice: un progetto pilota che coinvolge quattro fornitori e quattro distributori per lo scambio automatico dei dati relativi ai tre messaggi principali: ordine (ORDERS), risposta all’ordine (ORDRSP) e avviso di spedizione (DESADV).

Il Solution partner program: un percorso di certificazione dei diversi provider sull’uso degli standard, tra cui l’EDI, per fare aderire al circuito Euritmo i provider EDI certificati che utilizzano gli standard globali e ampliare in questo modo la base dati per le prossime edizioni del Monitoraggio.

L’EDI nella logistica: un progetto per supportare l’utilizzo dell’EDI nei processi logistici, che si confermano il fulcro centrale per lo sviluppo dell’EDI nel largo consumo. Sono già stati attivati tavoli di discussione con le aziende per comprendere quali criticità stanno bloccando il coinvolgimento degli operatori logistici e come ottimizzare i messaggi EDI per l’attività logistica. A tutto ciò si aggiunge un intenso programma di formazione e informazione rivolto alle PMI, con i corsi Academy e con l’apporto fattivo di Interno 1, il concept center di GS1 Italy, per incoraggiarle a orientarsi sempre più numerose allo scambio del documento in EDI.

«GS1 Italy mantiene un filo diretto con le aziende dalle quali recepisce le esigenze, le trasferisce e le trasforma in azioni sistemiche, divulgando e promuovendo la diffusione degli standard come GS1 EDI ed Euritmo» conclude Ausili. «È un circolo virtuoso che si realizza tra le sollecitazioni provenienti dalle aziende, l’attività di facilitatore svolta da GS1 Italy e la restituzione sotto forma di modelli di processo, di servizi e di soluzioni alle imprese affinché possano migliorare le loro relazioni collaborative».

Consumi, nel 2023 per Federdistribuzione occorre un argine a inflazione e incertezza

I dati diffusi da Istat relativi alle vendite al dettaglio del mese di novembre segnano un lieve incremento sul mese precedente (+0,8%) sia per i beni alimentari (+0,6%) che per quelli non alimentari (+1,0%).

Il 2022 è stato un anno segnato da un livello di inflazione che non si registrava, nel nostro Paese, da diversi decenni. Nel corso dell’anno concluso, lo sforzo delle imprese della Distribuzione Moderna è stato ingente e orientato a gradualizzare l’impatto derivanti dagli extra costi e dagli aumenti sui beni in acquisto, con l’obiettivo di tutelare il potere d’acquisto delle famiglie e salvaguardare i consumi. L’effetto è stato un importante impegno di risorse economiche, con un investimento rilevante di margine e un impatto significativo sui conti economici delle aziende.

L’andamento dei consumi, come evidenziato già nei mesi scorsi da Federdistribuzione, risulta particolarmente preoccupante, in considerazione della crescente apprensione delle famiglie rispetto alla propria situazione economica. Nel mese di novembre, le vendite a volume, nel settore alimentare, hanno infatti registrato un dato su base annua del -6,3%.

Il 2023 si apre in continuità con l’anno precedente, all’insegna dell’incertezza e con un’inflazione acquisita che, come stima l’Istat, si attesta intorno al +5,1%. Secondo le previsioni dell’Ufficio Studi di Federdistribuzione se la spinta inflazionistica registrata finora dovesse ulteriormente proseguire nei prossimi mesi, si rischierebbe un’ulteriore frenata nei consumi.

Da una delle recenti rilevazioni Ipsos condotte per Federdistribuzione emerge che 8 italiani su 10 si dichiarano preoccupati per l’impatto dell’inflazione sul proprio bilancio familiare e per fronteggiarlo stanno cambiando le proprie abitudini d’acquisto. Per quanto riguarda il food, 4 italiani su 10 sono più attenti a limitare gli sprechi e comprano solo lo stretto necessario, oltre un terzo ha ridotto i consumi o cerca soluzioni più economiche a parità di prodotti. Anche per quanto riguarda il comparto dell’abbigliamento e delle calzature quasi 4 italiani su 10 hanno ridotto gli acquisti.

In questo scenario le analisi dell’Ufficio Studi di Federdistribuzione, già da qualche settimana registrano sui mercati i primi segnali di un rallentamento delle quotazioni delle materie prime e dei beni energetici. E in questa prospettiva, lo sforzo delle imprese della Distribuzione Moderna necessita di una condivisione da parte di tutti gli attori lungo la filiera, affinché si possano trovare tutte le soluzioni possibili per mettere un freno alla corsa dei prezzi a difesa del potere d’acquisto delle famiglie ed evitare fenomeni recessivi dovuti al crollo dei consumi interni.

Settore tech, le previsioni per il 2023 di Dynabook

Le conseguenze della pandemia, la situazione macroeconomica e l’aumento dei prezzi dell’energia rendono difficile prevedere cosa riserverà il 2023 in ambito tech. Ad ogni modo, nonostante l’attuale mercato rimanga incerto in alcuni settori, le aziende devono ancora effettuare investimenti tecnologici consapevoli per garantire la propria crescita, successo e resilienza. Dynabook presenta una serie di previsioni su quali saranno le tecnologie e le soluzioni a crescere più rapidamente il prossimo anno.

L’aggiornamento dei vecchi dispositivi sarà fondamentale per il risparmio energetico
La sostenibilità è tra i principali trend del 2023. Nonostante se ne parli da molti anni, la necessità di adottare comportamenti sostenibili rimane tra gli obiettivi aziendali, visto che le questioni ambientali, sociali e di governance (ESG) sono sempre più importanti, in particolare a causa del recente aumento dei prezzi dell’energia che ha colpito le aziende di tutti i settori. L’anno prossimo, le imprese si impegneranno nel compiere scelte più sostenibili: una delle aree in cui probabilmente si presterà maggiore attenzione è l’aggiornamento alle tecnologie più recenti, con l’obiettivo di risparmiare energia e di rispettare dl’ambiente.

La ricerca Dynabook ha rilevato che il 64% delle piccole e medie imprese europee (PMI) ritiene che le decisioni di acquisto dei notebook siano più importanti oggi rispetto a prima della pandemia e che il modello di lavoro ibrido continui a restare. La durata della batteria tende a diminuire nei dispositivi più vecchi e, di conseguenza, è sempre più importante il ruolo dell’energia per alimentare i device. Questo, unito all’aumento dei costi dell’energia, porta le aziende a cercare di adottare tecnologie più recenti, in grado di migliorare le prestazioni dei dispositivi. Inoltre, dato che gli obiettivi di sostenibilità globale sono sempre più al centro dell’attenzione per molte aziende, anche le tecnologie a minor impatto ambientale e sociale saranno un’area di interesse per i nuovi acquisti. Le aziende dovranno anche avere una maggiore sensibilità etica verso lo smaltimento dei vecchi dispositivi attraverso iniziative come la rivendita e il riciclo, che consentiranno di ridurre le emissioni di CO2.

Le iniziative per fronteggiare la carenza di competenze digitali
A seguito della pandemia da Covid-19, le aziende si stanno trovando ad affrontare la mancanza di professionisti IT qualificati con competenze digitali rilevanti. Un metodo efficace dal punto di vista dei costi per trovare nuovi talenti nel settore tecnologico è quello di investire maggiormente nella formazione di competenze digitali e nei programmi di assunzione. Sia che i nuovi talenti provengano dall’università, da tirocini, da programmi di assunzione per laureati o da cambi di carriera, le aziende che offrono i programmi di formazione saranno in grado di far acquisire al personale le competenze necessarie. Un altro modo per ovviare alla carenza di competenze è consentire ai dipendenti altamente qualificati di svolgere un ruolo centrale nella gestione e nel supporto del personale che lavora da remoto. Dal momento che la comunicazione di presenza favorisce un forte coinvolgimento dei dipendenti, le aziende che implementano un modello di lavoro ibrido di successo possono migliorare le competenze dei loro team attraverso l’uso di soluzioni basate sul cloud. Grazie alla costante evoluzione della tecnologia e dei modelli di business, a partire dal 2023 le aziende avranno sempre più bisogno di implementare programmi di formazione e di specializzazione per migliorare le competenze dei futuri dipendenti e prepararli ad affrontare il mondo digitale ibrido.

La sicurezza al centro dell’attenzione del lavoro ibrido
Il lavoro ibrido ha portato una serie di vantaggi ad aziende e dipendenti. Tuttavia, ha anche aumentato notevolmente i rischi per la sicurezza dei dati, che deve rimanere di primaria importanza e centrale nelle strategie aziendali di tutti i settori. Nonostante le grandi aziende si stanno impegnando per aumentare le proprie misure di sicurezza, la ricerca Dynabook ha rivelato che solo il 46% delle PMI europee considera il miglioramento della sicurezza informatica una priorità di investimento per i prossimi 12 mesi. Questo dato dimostra che non si stanno intraprendendo le misure necessarie per prevenire gli attacchi informatici ai dati sensibili delle aziende.

Nel 2023, le PMI dovranno considerare questo aspetto come un punto centrale delle loro strategie e cercare di rafforzare le misure di sicurezza, assicurandosi che i dipendenti che lavorano da remoto utilizzino soluzioni basate sul cloud per proteggere i dati. Inoltre, fornire ai dipendenti dispositivi sicuri che includano funzioni come l’autenticazione a due fattori e Windows 11 può contribuire a ridurre questi rischi.

Le difficoltà della supply chain restano ma si attenueranno
A seguito della pandemia, le difficoltà della supply chain sono ancora presenti e continueranno ad esserlo l’anno prossimo: quasi un quarto delle aziende prevede, infatti, che si tratti di una sfida almeno fino all’estate prossima. Inoltre, i recenti problemi economici globali non hanno aiutato, provocando un calo delle spedizioni di dispositivi tecnologici in tutta Europa. Tuttavia, nel 2023 inizia a intravedersi una luce in fondo al tunnel e, con la normalizzazione delle supply chain, il mercato potrà passare a un’offerta in grado di tenere il passo con la domanda e tornare ai tempi di consegna previsti, facilitando l’intera supply chain dei dispositivi tecnologici. È anche probabile che un maggior numero di aziende apra nuovi impianti di produzione accessibili in luoghi diversi per aumentare la produzione ed evitare che i problemi globali influiscano nuovamente in modo così importante.

Le tecnologie per aumentare la produttività dei dipendenti delle PMI
Secondo la ricerca Dynabook, per il 19% delle PMI europee la produttività dei dipendenti rappresenta la principale preoccupazione ed è importante che le aziende cerchino di risolvere il problema, supportando i propri dipendenti. Per le aziende di tutte le dimensioni, ma soprattutto per le PMI, qualsiasi perdita di produttività può rappresentare un costo. Per superare questi ostacoli, le PMI dovranno acquisire dispositivi, accessori e strumenti di comunicazione sicuri, nel tentativo di migliorare la produttività e di coinvolgere maggiormente il personale da remoto. Per agevolare questo processo, nel 2023 è probabile che i budget IT saranno orientati verso soluzioni tecnologiche più affidabili e un maggiore supporto IT per i dipendenti, indipendentemente dal luogo in cui lavorano.

La situazione macroeconomica, associata alla crisi energetica globale in corso, ha causato un effetto a catena in quasi tutti i settori lo scorso anno. Con l’arrivo del 2023, e mentre le aziende cercano di affermarsi in un panorama ibrido in continua evoluzione, è fondamentale che continuino a dare priorità ai loro budget IT per assicurarsi di essere in grado di restare competitive.

Retailer online, i rischi dei bot nelle vacanze natalizie

Le vacanze sono motivo di buon umore per i venditori retailer online. Il Black Friday e il Cyber Monday appena passati, così come gli acquisti natalizi, spesso rappresentano un’occasione per incrementare le vendite, magari dopo un anno di magra. Tuttavia, la concentrazione dei ricavi dell’e-commerce durante le festività può creare un notevole rischio: se qualcosa infatti va storto, tanto da condizionare le entrate durante queste settimane, c’è poco tempo per recuperarle. Nella gestione del rischio per le attività festive, c’è una potenziale minaccia che può essere ben considerata, quantificata e mitigata: il rischio dei bot.

I bot sono programmi software o script che eseguono compiti automatizzati e ripetitivi e sono onnipresenti sul web. Si stima che fino al 50% del traffico internet provenga da utenti non umani. Sebbene alcuni bot siano utili alle aziende, come i crawler di ricerca, i bot potenzialmente dannosi causano notevoli danni economici alle aziende di e-commerce, rallentando le prestazioni sul web e delle app, sottraendo merci, accaparrando scorte ed effettuando appropriazioni di account attraverso il cosiddetto “credential stuffing”, che comporta frodi e furti di identità.

Secondo il rapporto 2022 Holiday Season Cyber Threat Trends pubblicato dal Retail and Hospitality Information Sharing and Analysis Center (ISAC), “le vacanze sono il periodo dell’anno più intenso per i consumatori e per i professionisti della sicurezza informatica che devono affrontare minacce persistenti. Dall’inizio di ottobre alla fine di dicembre, le minacce informatiche alle organizzazioni si espandono sia in termini di scala che di intensità, in linea con l’aumento del traffico dei consumatori”. Questo perché i cybercriminali che utilizzano i bot sono alla ricerca di denaro e, durante le festività, può accadere che prendano di mira il vostro sito di e-commerce e le applicazioni che presentano problemi di protezione.

Come i bot possono incidere sui vostri profitti durante le vacanze
Gli attacchi da parte dei bot possono assumere forme diverse e danneggiare le attività di vendita, le operazioni e le relazioni con i clienti in vari modi. Prevedere il meccanismo con cui i bot possono compromettere le applicazioni con sofisticati attacchi automatici e capire come mitigarli può aiutare un’azienda a raggiungere le stime di guadagno in vista delle festività. In particolare, i seguenti tipi di attacchi da parte dei bot sono pronti a compromettere la stagione dello shopping.

Scraping di contenuti
Lo scraping di contenuti prevede l’uso di bot automatizzati per raccogliere grandi quantità di dati da applicazioni profilate al fine di analizzarli, riutilizzarli o venderli altrove. Sebbene la raccolta di contenuti abbia usi legittimi (ad esempio, gli aggregatori di viaggi online effettuano lo scraping dei siti web delle compagnie aeree per raccogliere informazioni sulle tariffe aeree), lo scraping può essere utilizzato anche per scopi illegali, tra cui la manipolazione dei prezzi da parte dei concorrenti e il furto di contenuti protetti da copyright. Inoltre, volumi elevati di scraping possono avere un impatto sulle prestazioni del sito e causare malfunzionamenti, impedendo agli utenti legittimi di accedere al sito.

L’impatto dello scraping può essere particolarmente dannoso nei periodi di intensa attività commerciale, e quando un sito di e-commerce è già affollato di potenziali clienti. I concorrenti possono essere molto motivati a raccogliere dati aggiornati sui prezzi e il sovraccarico di traffico può far crollare o rallentare un sito, rendendolo poco responsive. Con lo shopping online, le performance sono fondamentali, dal momento che i concorrenti sono a portata di clic.

Accumulo di scorte
La gestione delle scorte di magazzino per le festività è difficile e i commercianti si trovano ad affrontare prove particolarmente ardue, soprattutto in questo momento di crisi della supply chain. I bot per l’accumulo delle scorte possono aumentare le sfide logistiche mettendo in attesa un gran numero di prodotti, rimuovendoli così dall’inventario e impedendo ai clienti reali di effettuare acquisti. L’accumulo di scorte e altre forme di manipolazione dei bot possono vanificare gli acquisti e minacciare la fedeltà dei clienti e la reputazione del brand, per non parlare dell’impatto sui ricavi, dal momento che i consumatori effettueranno i loro acquisti altrove.

Rivendita/taglio dei prezzi
I commercianti che propongono offerte a tempo limitato corrono il rischio che i bot dei venditori completino istantaneamente il processo di acquisto e di checkout online per acquistare prodotti all’ingrosso nel momento in cui vengono messi in vendita. Successivamente, rivendono questi articoli sui mercati secondari con un notevole ricarico. Sia i bot per gli acquisti che quelli per le scorte consentono ai malfattori di controllare le giacenze di magazzino e i livelli di prezzo, provocando una riduzione fittizia delle scorte e la frustrazione dei consumatori.

Credential stuffing
Il credential stuffing è un’altra tecnica guidata dai bot che può interferire con gli acquisti e i ricavi durante le vacanze. Sfruttando il fatto che molti utenti riutilizzano le password tra le varie app, gli autori degli attacchi testano un gran numero di credenziali compromesse sui form di login per impadronirsi degli account e commettere frodi. Le festività rappresentano un’ottima opportunità per i criminali di mettere in scena questi illeciti: gli aggressori approfittano dei pesanti carichi di lavoro dei team di cybersicurezza, sapendo che le organizzazioni impiegheranno più tempo per rilevare le frodi. Anche quando i bot non riescono a impadronirsi degli account, spesso ne causano il blocco provando più volte password errate, costringendo i clienti a seguire la procedura di password dimenticata o a chiamare il servizio clienti. Quando un cliente ha il carrello pieno di regali per le vacanze, è un brutto momento per dirgli che il suo account è stato bloccato.

Non opponetevi ai bot generando attriti con i clienti
Sebbene sia fondamentale arginare i bot per raggiungere gli obiettivi di guadagno delle proprie vacanze, ci sono modi giusti e sbagliati di combatterli. Alcune difese anti-bot convenzionali, che apportano ulteriori problemi e difficoltà al processo di acquisto, possono essere altrettanto dannose per gli acquirenti quanto gli attacchi che si vogliono prevenire. Quando i clienti sono pronti ad acquistare, volete davvero tormentarli con irritanti CAPTCHA o costringerli a registrarsi per l’autenticazione a più fattori? Con i concorrenti a portata di clic, qualsiasi ostacolo può avere un impatto sui tassi di conversione.

Auguriamo al vostro staff di sicurezza di trascorrere una vacanza senza bot
Quando pensate ai bot e alle vacanze, tenete presente che i bot potenzialmente dannosi richiedono un impegno considerevole da parte dei team di sicurezza e dei team di assistenza clienti che si dedicano ai clienti infuriati che sono stati bloccati nel proprio account. I team di sicurezza informatica lavorano a lungo durante la stagione per cercare di bloccare i bot prima che possano danneggiare i vostri profitti e compromettere negativamente l’esperienza dei consumatori. Un’efficace riduzione dei bot può portare un po’ di sollievo ai collaboratori in prima linea.

Spesa non alimentare, cosa preferiscono gli italiani?

Dall’abbigliamento ai giocattoli, dal beauty ai mobili, dall’elettronica alla cancelleria: cosa c’è (di nuovo) nel carrello della spesa non alimentare degli italiani?

In alcuni casi si tratta di prodotti già ampiamente diffusi ma che sono oggetto di un “revival” (spesso grazie agli incentivi all’acquisto). In altri casi si tratta di beni che incontrano l’interesse dei consumatori perché permettono di rendere l’ambiente domestico più confortevole e funzionale alle nuove esigenze (come lo smart working). E poi ci sono i prodotti di nicchia, che contano sull’effetto-moda o sulla passione di chi li acquista.

A fotografare lo shopping non alimentare degli italiani è l’edizione 2022 dell’Osservatorio Non Food di GS1 Italy, che, sulla base dei trend di vendita annui, ha individuato i prodotti-fenomeno in ognuno dei 13 comparti merceologici monitorati:

Abbigliamento e calzature: sneaker, abbigliamento sport-glam.

Elettronica di consumo: altoparlanti, dispositivi indossabili, webcam, device per il gaming, frigoriferi, wine cabinet, tv e accessori (staffe), macchine per caffè, friggitrici, aspirapolvere, ferri da stiro, misuratori di pressione, tagliacapelli.

Mobili e arredamento: cucine, home office (sedie girevoli, scrivanie, ecc.), arredi per esterni.

Bricolage: accessori per il giardinaggio (utensili per la manutenzione del verde, tagliaerba elettrici e a batteria, attrezzature, sistemi di irrigazione, terricci, sistemi di irrigazione, prodotti per la cura e il nutrimento delle piante, vasi e fioriere).

Articoli per lo sport: calzature per l’outdoor, attrezzature sportive entry level, athleisure (felpe, ecc.).

Prodotti di profumeria: creme contorno occhi, solari, prodotti per il make-up.

Casalinghi: utensili per la preparazione del cibo.

Prodotti di automedicazione: integratori nutraceutici

Edutainment: console per videogaming di nuova generazione, monitor 4K Ultra HD, abbonamenti a piattaforme streaming musicali.

Prodotti di ottica: occhiali da vista di fascia premium.

Tessile casa: proposte creative.

Cancelleria: kit per smart working, prodotti per dipingere (tele, colori e carte).

Giocattoli: costruzioni, giochi in scatola e carte da gioco.

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