CLOSE
Home Authors Posts by Anna Muzio

Anna Muzio

Anna Muzio
2122 POSTS 0 COMMENTS

Il manifesto della Green Economy per l’agroalimentare: dall’Italia 7 proposte per l’agricoltura del futuro

UN momento della presentazione. Da sinistra: Carlo Blasi, Direttore del Museo dell’Orto Botanico, Andrea Olivero, Vice-Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, Edo Ronchi, Presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, e Claudia Sorlini, Presidente, Comitato Scientifico di Expo Milano 2015.

“Il punto di vista della green economy sulla produzione agroalimentare, articolato in proposte sui temi cruciali per l’agricoltura della nostra epoca”, ai tempi di Expo2015: vuole essere questo il Manifesto della green economy per l’agroalimentare elaborato con un ampio processo partecipativo dei gruppi di lavoro degli Stati Generali della Green Economy e approvato al Consiglio Nazionale della Green Economy che raggruppa 65 organizzazione di imprese green (tra cui Confagricoltura, Comieco, Federambiente, Legacoop Servizi), e presentato a Roma presso la Sala Aranciera del Museo dell’Orto Botanico.
.
Temi che riguardano, come ha spiegato Edo Ronchi, Presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile che è l’organismo di supporto del Consiglio nazionale della green economy “la necessità di uno sviluppo durevole e di buona qualità delle produzioni agroalimentari per nutrire la popolazione mondiale, il rapporto che va regolato per coordinare la priorità della produzione di cibo con le altre attività e produzioni non alimentari cresciute nelle campagne, le misure da adottare anche nell’agricoltura per far fronte alla crisi climatica in atto, la necessità di sostenere la diffusione delle buone pratiche di un’agricoltura sostenibile e di qualità, quelle per rafforzare i controlli e la sicurezza alimentare, come combattere lo spreco di alimenti e di risorse agricole e come far fronte agli inquinamenti e al continuo consumo di suoli agricoli. Questo manifesto si propone di diffondere, su questi temi, il punto di vista della green economy per contribuire a un dibattito nazionale e internazionale”.

Il settore agricolo italiano ha un valore aggiunto annuo che supera i 260 miliardi di euro, oltre 3,3 milioni di occupati e un’incidenza sul PIL dell’8,7%. Negli ultimi anni le relazioni con la green economy si sono intensificate: la produzione di energia rinnovabile di origine agricola è cresciuta da 6 a 7,8 milioni di Tep tra il 2010 e il 2012 e oltre 21.500 aziende agricole possiedono impianti per la produzione di energia rinnovabile; l’agricoltura italiana ha ridotto le emissione di gas serra di 10 Mton di CO2Eq dal 1990 al 2013 ed è responsabile del 7,1% delle emissioni di gas serra nazionali. In flessione anche il consumo di fitofarmaci passati da 11,2 Kg/Ha nel 2010 a 9,2 Kg nel 2013, inoltre il 10% della superficie agricola italiana è occupata da coltivazioni biologiche (1,3 mln ettari) e l’Italia è seconda in Europa per coltivazioni bio subito dopo la Spagna. Tra le criticità, l’aumento delle frodi alimentari che sono cresciute del 48,6% tra il 2010 e il 2012, la riduzione della superficie agricola (15 milioni di ettari nel 1990 e 12,8 nel 2012) e il consumo del suolo, che continua a crescere a un ritmo, nel 2013, di 55 ettari al giorno.

Ecco, nel dettaglio, le sette proposte del Manifesto:

Adottare la visione della green economy per assicurare uno sviluppo durevole e di qualità della produzione agroalimentare. L’agricoltura deve essere in grado di produrre il cibo necessario alle generazioni presenti e alle future e di produrre reddito adeguato per gli agricoltori, occupazione e qualità ecologica dei prodotti e delle modalità di coltivazione. La green economy è in grado di integrare qualità eccellente, redditività e tutela del capitale naturale, utilizzando i saperi, le buone tecniche e le buone pratiche dell’eco-innovazione.

Coordinare la multifunzionalità con la priorità della produzione di alimenti. La conservazione di una ricca biodiversità è una delle attività proprie e strategiche di un’agricoltura multifunzionale orientata alla green economy. L’agricoltura alimenta anche la bioeconomia, le biomasse impiegate per generare energie rinnovabili e fornire materiali in settori come la chimica verde. Attività che, se sono integrate e sostenibili per i territori e non sottraggono suoli e produzioni destinate all’alimentazione, contribuiscono a migliorare il presidio e la cura del territorio.

Attuare misure di mitigazione e di adattamento alla crisi climatica. L’agricoltura può dare un contributo importante alla mitigazione della crisi climatica, sia con attività di assorbimento di gas serra (con un’accorta gestione delle risorse forestali, dei terreni e dei pascoli), sia riducendo le emissioni (con l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili, un minore utilizzo di fertilizzanti azotati, un controllo della dieta per gli allevamenti ecc). Ma è anche necessario rafforzare ed estendere misure di adattamento accelerandone la diffusione di azioni e pratiche agronomiche in grado di aumentare la resilienza dell’agricoltura ai cambiamenti climatici (con la scelta di varietà vegetali e specie animali più resistenti, il reintegro sistematico nel suolo della sostanza organica, l’adozione regolare di rotazioni con leguminose, la diffusione di tecniche e misure di risparmio idrico).

Superare modelli agricoli non più sostenibili e promuovere la diffusione delle buone pratiche. I modelli agro-industriali che inseguono logiche di un mercato a breve termine e a basso costo possono essere definitivamente superati promuovendo una green economy agroalimentare basata su produzioni sostenibili di qualità, veri e propri motori di sviluppo delle economie e delle culture locali. Occorre puntare su territori ben coltivati con buone pratiche agricole – senza l’impiego in campo aperto di organismi geneticamente modificati (OGM) – supportate da buoni livelli di formazione e di conoscenza e da un maggiore contributo della ricerca e dell’eco-innovazione.

Tutelare la sicurezza alimentare, potenziare i controlli e le filiere corte. Occorre: migliorare e potenziare i controlli su scala globale; rafforzare la lotta alle frodi e alle manipolazioni nocive degli alimenti; armonizzare le normative ambientali e sanitarie; puntare sulla tracciabilità, sull’origine garantita e protetta dei prodotti agroalimentari; rafforzare le filiere agroalimentari corte e le produzioni locali. Le filiere corte possono essere favorite anche dallo sviluppo dell’agricoltura urbana e periurbana.

Fermare lo spreco di alimenti, assicurare la circolarità dell’economia delle risorse agroalimentari. Gli sprechi possono essere eliminati tramite una corretta informazione e una migliore educazione alimentare. È, inoltre, necessario applicare alle filiere agroalimentari un sistema di economia circolare, puntando a minimizzare i rifiuti, a prevenire attivamente scarti e perdite in tutte le fasi. Occorre diffondere le buone pratiche e le migliori tecniche disponibili per utilizzare tutti i sottoprodotti.

Fermare le minacce alla produzione agroalimentare e ai suoli agricoli. Oltre alla crisi climatica, numerosi sono i fattori di pressione ambientale (emissione di inquinanti atmosferici, prelievi massicci e l’inquinamento delle acque, smaltimenti illegali di rifiuti). Particolare allarme suscita lo sviluppo incontrollato delle urbanizzazioni e delle infrastrutture che alimenta un consumo dissennato di suolo agricolo. Le politiche di gestione e di uso dei suoli vanno cambiate; l’abbondante cubatura – abitativa, industriale e per servizi – inutilizzata, va recuperata e impiegata in alterativa a nuovo consumo di suolo. Il suolo agricolo è un capitale naturale non sostituibile, va conservato perché è un’infrastruttura verde strategica.

Per aderire al Manifesto andare su: http://www.statigenerali.org/manifesto-green-economy-agroalimentare-expo-2015/

L’avanzata dei “Grocerant”: John Lewis apre altri ristoranti Rossopomodoro

Il ristorante Rossopomodoro all'interno del flagship John Lewis di Oxford Street, a Londra.

Risparmio di tempo, qualità, salute ma anche convenienza: sono questi i fattori che spingono l’avanzata dei “Grocerant”, ovvero i ristoranti (restaurant), aree ristoro, bar aperti all’interno di un supermercato (Grocery stores, da qui la “parola macedonia”). Un trend che in Paesi come Canada, Usa e UK è in forte espansione. E che piace molto ai Millennials: foodie, vanno di fretta e spesso saltano il pasto pur di stare dietro ai loro impegni, sociali o lavorativi, e apprezzano i punti vendita in grado di avere un “approccio olistico” al cibo. Soprattutto, apprezzano l’opportunità di risparmiare tempo mangiando un boccone mentre fanno la spesa.

L’ultima conferma viene da John Lewis, insegna britannica di alta gamma, che ha deciso di introdurre entro il prossimo anno altri dieci ristoranti Rossopomodoro e caffè Joe & The Juice nei suoi punti vendita del Regno Unito. Le due catene sono inoltre presenti con locali temporary sulla terrazza estiva del flagship John Lewis di Oxford Street a Londra, che già ospita al suo interno due ristoranti Ham Holy Burger e Rossopomodoro.

Secondo Carman Allison, VP of consumer insights di Nielsen, la presenza di ingredienti freschi e sani è una delle chiavi del successo, insieme a una proposta diversificata atta a incontrare i gusti di clienti foodie sempre più esigenti e curiosi. “Le vendite nei supermercati sono statiche e le persone tendono a spendere di più per mangiare fuori casa. I retailer stanno cercando di intercettare questo mercato”.

La proposta ideale è quella che passa per alimenti freschi, sushi e insalate, ma i retailer più accorti stanno iniziando a “creare ambientazioni”, magari con uno “spazio caminetto” che faccia sentire i clienti “al ristorante”, ma anche a consentire loro di bere solamente un bicchiere di vino o una birra come aperitivo, come succede già ad Eataly Smeraldo. 

Le strategie sono varie: l’insegna può siglare una partnership con vere e proprie catene già strutturate, come ha fatto John Lewis con Rossopomodoro, ma anche “rifornire” l’area ristorazione con l’offerta del punto vendita, offrendo ad esempio un sushi presso il banco pesce o addirittura cucinando il pesce acquistato dal cliente, che si può sedere e consumarlo sul posto. In ascesa ci sono anche gli spazi mutifunzionali, come il nuovo Sapori&Dintorni di Napoli che nell’area Gourmeet opera a fianco di un bistrot e a “Bombe”, locale ideato dal tre stelle Michelin Niko Romito e gestito dagli allievi della sua scuola di cucina, dove si può acquistare il suo famoso street food.

Lidl fa promozione social con l’app Pizza Fantastica

L’uso dei social per fare promozioni, coinvolgere il cliente, creare brand experience non è esattamente diffuso nel nostro Paese. Per questo suscita interesse la campagna Pizza Fantastica lanciata oggi da Lidl sulla sua pagina Facebook: i fan della pagina (sono 1,2 milioni, rendendola di gran lunga la più attiva tra le insegne italiane) sono invitati a creare la propria pizza grazie all’App apposita, scegliendo tra quattro basi e 24 ingredienti. Da settimana prossima sarà possibile votare la pizza preferita tra quelle selezionate: la più votata sarà in vendita da settembre nei pdv della catena tedesca. In palio tra i partecipanti c’è un iPhone 6 e 30 buoni spesa da 50 Euro.

L’iniziativa di user generated content, che durerà due settimane, è stata ideata da Lidl Italia e realizzata in collaborazione con l’agenzia MRM/McCann Frankfurt che ha programmato e disegnato l’applicazione.

 

U2 premiata a Expo da Deloitte come modello di grande distribuzione “essenziale”

“Con il suo successo ha tracciato la via per un nuovo modello di grande distribuzione “essenziale”, dall’offerta semplice, a basso costo ma senza compromessi con la qualità”. È questa la motivazione del premio consegnato alla catena U2 Supermercato a Expo 2015 da Alimentiamo e Deloitte.
Il premio è stato consegnato a Mario Gasbarrino, Amministratore Delegato di Unes Supermercati.
U2, definito il supermercato controcorrente, è caratterizzato da un forte e costante impegno nella tutela dell’ambiente e dall’adozione del format Every Day Low Price (EDLP) il quale, coniugando il low price con l’high value, ha un ottimo riscontro tra i clienti che apprezzano l’assenza di promozioni, offerte a termine, volantini e raccolte fedeltà e prediligono prezzi convenienti tutti i giorni e un assortimento ampio e vario, particolarmente nel reparto fresco. Per quattro anni consecutivi dal 2011 al 2014 l’insegna è risultata la prima per convenienza nell’indagine condotta da Altroconsumo su un panel di 909 punti vendita.

Un nutrizionista nel pdv: parte la campagna Unaproa in 50 Pam e Panorama

Esperto nutrizionisti nel punto vendita per far conoscere le proprietà benefiche di frutta e verdura di stagione, evidenziando le diverse caratteristiche nutrizionali dei 5 colori dell’ortofrutta: giallo-arancio, bianco, rosso, verde, blu-viola: succede con la campagna “Nutritevi dei colori della vita” appena partita in 50 pdv Pam e Panorama. La campagna, cui il gruppo veneto aderisce per il secondo anno consecutivo, è promossa da UNAPROA, Unione Nazionale tra le Organizzazioni dei Produttori Ortofrutticoli, Agrumari e di Frutta in Guscio, è sostenuta dell’Unione europea e dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali.

A partire dal 26 giugno, in 19 ipermercati Panorama e 31 supermercati e superstore Pam, esperti nutrizionisti saranno a disposizione dei consumatori per due giornate di consulenza, pronti a rispondere a ogni domanda e curiosità su frutta, verdura e alimentazione corretta.

5-colori-del-benessereTra i banchi di vendita dell’ortofrutta, all’interno dei quali saranno allestite delle coloratissime postazioni immediatamente riconoscibili, sarà possibile ottenere i preziosi suggerimenti di salute di “Nutritevi dei colori della vita” grazie ai consigli dal vivo dei nutrizionisti e all’utile “Guida ai colori del benessere” distribuita gratuitamente assieme a gadget come le shopper a forma di frutta e verdura e i segnalibri che elencano tutti i prodotti ortofrutticoli suddivisi per colore .

Come suggerisce la campagna e sottolineano numerosi studi scientifici, con almeno 5 porzioni giornaliere tra frutta e ortaggi di 5 colori diversi possiamo garantire al nostro organismo il giusto apporto di nutrienti e fitocomposti per mantenerci in salute.

“Per Pam Panorama i prodotti freschi rappresentano una delle eccellenze su cui puntiamo in modo particolare – dichiara Michela Airoldi, Direttore marketing di Pam Panorama -. Frutta e verdura nei nostri punti vendita arrivano sempre freschi, da fornitori accuratamente selezionati con i quali instauriamo un rapporto di fiducia e trasparenza basato sulla conoscenza reciproca. Siamo molto attenti a ciò che offriamo e ci appassiona molto il tema della salute. Per questi motivi vogliamo trasferire questa nostra attenzione sostenendo anche per quest’anno questa bella iniziativa lanciata da UNAPROA, alla quale crediamo molto”.

Barilla e Whirlpool, una partnership per sperimentare la cucina del futuro

Un forno intelligente che “sa” cosa deve fare e limita al minimo i gesti e il tempo di chi a casa cucina, e che di tempo ne ha sempre meno, coadiuvato da “kit” per preparare piatti di tutti i giorni, come pasta, pane e focaccia: è questa la cucina del futuro, fatta di domotica e semplificazione, senza abdicare alla qualità e al controllo sugli ingredienti base? Così sembrano pensare Barilla e Whirlpool, che hanno unito le proprie competenze per dare vita a CucinaBarilla: un sistema composto da un forno tecnologicamente avanzato realizzato da Whirlpool e da una gamma di kit studiati e prodotti da Barilla contenenti gli ingredienti per cucinare piatti come pasta, risotti, pane, pizza, focacce e torte.

Ogni confezione, con due porzioni, presenta un codice RFID: avvicinando l’etichetta all’apposito lettore del forno, quest’ultimo riconoscerà il kit e imposterà automaticamente modalità, tempi di preparazione e di cottura.

I kit, utilizzabili solo nel forno CucinaBarilla, saranno in vendita su www.cucinabarilla.it con prezzi compresi tra i 2 e i 4 euro a partire dalla fine di luglio, in concomitanza con l’inizio delle vendite del forno, che sarà acquistabile nei negozi di elettronica ad un prezzo compreso tra i 600 e i 700 euro. Oltre a pizza, focaccia, pane, torte, pasta e risotti, sono già allo studio altri kit per arricchire la gamma di ricette firmate CucinaBarilla.

I piatti sono cucinati al momento e preparati con ingredienti semplici, senza conservanti, e di qualità, con un minimo sforzo da parte delle persone ma seguendo i tempi della cucina tradizionale per un risultato finale del tutto “casalingo”: per preparare un primo piatto occorrono circa 20 minuti, la preparazione del pane (tra impasto, lievitazione e cottura) richiede circa 3 ore. Grazie alla funzione “Delay”, sarà però possibile programmare la cottura ed avere il piatto pronto ad un orario predefinito: il che consente di svegliarsi la mattina con il profumo del pane fresco o rientrare a casa dopo il lavoro e trovare la cena pronta.

“Con CucinaBarilla inauguriamo un nuovo modo di vivere la cucina che unisce la tradizione della buona tavola, di cui Barilla è un importante rappresentante, con la più moderna tecnologia per rispondere davvero alle esigenze delle persone. Siamo molto soddisfatti di questo progetto: è davvero un modo per portare il futuro nelle nostre cucine”, afferma Matteo Gori, Managing Director di CucinaBarilla.

“Con CucinaBarilla diamo vita ad una nuova categoria di elettrodomestico che rappresenta la risposta innovativa alle esigenze del consumatore moderno sempre in cerca di soluzioni che concilino la scarsa disponibilità di tempo con il desiderio di mangiare bene ma anche di tutti coloro che sono poco esperti in cucina ma amano gustare ricette sempre nuove. Siamo certi che questo progetto stupirà ed affascinerà i consumatori”, dichiara Andrea Riggio, Direttore Marketing Italia Whirlpool Group & Indesit Group.

Italiani a caccia di innovazione nella Gdo: per i nuovi prodotti spendono di più

Food glorious food, meglio se innovativo, alla faccia della crisi. Gli italiani amano provare nuovi prodotti, specie in campo alimentare (meno nelle bevande), e li cercano negli scaffali dei supermercati. Più degli altri europei: oltre la metà ha dichiarato di avere acquistato almeno un prodotto nuovo durante l’ultima spesa al supermercato (57% contro una media europea del 44%) secondo la survey di Nielsen “Global New Product Innovation”, eseguita su un campione di 30.000 individui in 60 Paesi tra i quali l’Italia. Il 28% dei connazionali è addirittura disposto a pagare un prezzo superiore per “accaparrarsi” una novità (contro media UE 10%, e global 18%). Inoltre, gli italiani si fidano più delle marche nazionali e hanno come riferimento per scoprire le novità, ancora, la televisione, anche se avanza la presenza dei social.

NIELSEN_Infografica

 

Convenienza, innovazione e salubrità i driver d’acquisto del “nuovo”

Sembra insomma che gli italiani, al di là della crisi, abbiamo una gran voglia di sperimentare: il 57% propenso alla novità è un segnale forte, che si contrappone al 41% della Germania, al 36% della Francia e al 29% della Gran Bretagna. Ma che caratteristiche deve avere il nuovo prodotto? Oltre che innovativo, deve essere adatto a tutta la famiglia (18% vs l’11% dei prodotti destinati a uso esclusivamente personale, in Germania e Francia rispettivamente al 10% e 8%). Va considerato che solo il 55% dei nuovi prodotti riesce a mantenere la distribuzione nei supermarket per sei mesi, il 24% raggiunge l’anno di vita.

La ricerca di Nielsen mette a fuoco anche quelli che sono i driver che inducono il consumatore a perfezionare acquisti di nuovi prodotti. Si osserva che quasi un terzo degli intervistati (29%, vs media Global 23% e UE 25%) preferisce il nuovo prodotto perché offerto a un prezzo più conveniente rispetto a quello precedentemente acquistato. Il secondo elemento dopo il prezzo è la componente innovativa che caratterizza il prodotto, ragione che spinge all’acquisto il 28% degli italiani (media UE 21%). Altri parametri sono: prodotti che rispondano a uno stile di vita sano (34%), fatti con ingredienti naturali (28%), ecologici (29%), comodi da usare (28%), che facilitino la vita (23%), sostenibili dal punto di vista etico (15%).

 

Tv e passaparola canali principe, social in ascesa, direct mail a picco

Sul fronte dei luoghi dove si reperiscono le innovazioni, a sorpresa la TV è ancora forte come canale, il principale attraverso il quale avviene la conoscenza di prodotti innovativi (53% della popolazione ne fa uso per la conoscenza di nuovi articoli, in linea con il dato registrato nel 2012) insieme all’immancabile passaparola (famigliari e amici). La ricerca attiva e personale su internet si attesta al 52%, come la conoscenza diretta acquisita sul punto vendita. Cresce il posting sui social media (utilizzato dal 7% del 2012 all’attuale 13%) mentre cola a picco il direct mail, che dal 30% di tre anni fa passa al 14% nel 2015.

“Dai dati della Global Survey New Product Innovation – ha dichiarato l’Ad di Nielsen Italia Giovanni Fantasia – emerge che l’innovazione di prodotto non si configura più come un‘opzione che l’azienda può decidere di adottare. Infatti, data la crescente competitività sugli
scaffali della grande distribuzione e l’atteggiamento degli italiani sempre più orientato verso le novità, ogni azienda è chiamata a mettere in cantiere nuove linee di prodotto. Per questo motivo, risulta indispensabile innanzitutto studiare le ragioni che spingono il consumatore verso l’acquisto di articoli mai finora utilizzati, mettere a fuoco le tipologie di prodotto più desiderate, attivare una politica distributiva adeguata e multicanale e individuare i media più famigliari al consumatore, nel contesto della frammentazione mediatica attuale. Essere innovativi, quindi, implica la mobilitazione di tutte le componenti aziendali. Solo sfruttando ogni leva di marketing in maniera integrata è possibile investire nell’introduzione di “novità”, creando le sinergie necessarie perché la vita del prodotto possa superare il test sempre più selettivo del singolo consumatore e del mercato”.

 

L’inarrestabile avanzata del bio: Naturasì apre a Tolmezzo (UD)

Il nuovo logo Naturasì.

Continuano a ritmo serrato le aperture dei punti vendita della catena Naturasì, supermercati biologici con 154 punti vendita affiliati in Italia e due in Spagna. Oggi e domani è la volta del terzo negozio tra Udine e provincia con l’apertura a Tolmezzo, in via della Vittoria 48. Con Udine e Codroipo e i due negozi di Pordenone salgono così a cinque i punti vendita NaturaSì in Friuli.

Nel nuovo spazio di oltre 260 metri quadri sono disponibili oltre 4.000 referenze bio certificate, come i prodotti ortofrutticoli, gli alimentari freschi e confezionati – con referenze adatte a vegetariani, vegani e a chi cerca prodotti privi di glutine – i prodotti per l’igiene della casa e per l’accudimento dei più piccoli, i prodotti dell’angolo erboristeria. Presente anche un piccolo corner per l’enoteca e lo spazio dedicato ai libri dove trovare letture che insegnano a tutta la famiglia i principi dell’agricoltura biologica e biodinamica e le buone pratiche per la tutela dell’ambiente.

Un’apertura che conferma il trend evidenziato dalla ricerca Nielsen “L’alimentare e il biologico in Italia” commissionata da Assobio (vd Nielsen e Assobio, cresce il biologico: 3,2 mln i clienti abituali, +14,8%), dalla quale è emerso che il 20% delle famiglie italiane sceglie prodotti biologici, con una crescita sempre a doppia cifra negli ultimi dieci anni. A trainare gli acquisti sono soprattutto le donne che mettono nel carrello principalmente uova, confetture, prodotti spalmabili a base di frutta, bevande vegetali a base di riso o mandorla, pasta.

Gourmet e regionalisti i Millennials bevono birra e mangiano sano

Valentina Simonetta, Marketing Manager HEINEKEN ITALIA, Federico Quaranta della trasmissione RAI Decanter, Alfredo Pratolongo, direttore comunicazione e relazioni istituzionali Birra Moretti e Marilena Colussi alla presentazione.

Amano il cibo e considerano l’alimentazione come identitaria. Si rapportano al cibo in termini di sapere, e hanno un forte legame con il territorio d’origine, ma sono anche attenti alla salute e all’ambiente e sono disposti, per il cibo, a spendere di più per acquistare cibi di qualità. È questa la fotografia del Millennial italiano, di entrambi i sessi, tra i 18 e i 35 anni, che emerge dal quinto Osservatorio Birra Moretti “generazione Buongustai” diretto da Marilena Colussi, sociologa dell’alimentazione e ricercatrice delle tendenze alimentari in collaborazione con Doxa Marketing Advice.

Infografica-Osservatorio-Birra-Moretti-2015_Generazione-BuongustaiUn’indagine interessante perché indaga una generazione, fatta di 12 milioni di individui, emergente e pronta a prendere le redini del Paese in un vicino futuro, ma già protagonista nei consumi, e perché, dopo tante ricerche anglosassoni, indaga nelle pieghe dello Stivale. “In questo se da un lato i Millennials italiani hanno molto in comune con i loro coetanei di tutto il mondo, la connettività, le dinamiche social, l’atttenzione alla salute e all’ambiente, ed è vero che le differenze con gli altri Pesi rispetto alle generazioni precedenti si attenuano, dall’altro hanno delle loro specificità forti – spiega Marilena Colussi -. Ad esempio, il forte legame con il territorio, che si esplica soprattutto nel food. Amano i piatti regionali e quando cucinano a questi si rivolgono per lo più. Però è una preferenza senza preclusioni, che non impedisce loro di apprezzare altre cucine regionali. È una generazione che si sente “italiana” solo quando va all’estero. Si sentono più legati alla propria regione.

 

Tutti pazzi per la birra, “facile” e informale

I Millennials italiani, 9 su 10, dichiarano di bere birra (525 intervistati su 602, pari all’87%) e, dato inimmaginabile fino a pochi anni fa, il 71% ama abbinarla a ciò che mangia, ritenendola degna compagna della cucina italiana e regionale nel 59% dei casi. E i dati si impennano ulteriormente quando a rispondere sono i “Beer Lover*, ovvero quei 3,4 milioni (il 28% dei Millennial) che nutrono nei confronti della birra una vera e propria passione privilegiandola, in maniera assoluta, rispetto a tutte le altre bevande e attribuendole valori che esulano dal puro contesto gustativo. Un trend in significativa crescita se consideriamo che solo nel 2010 non superavano il 17% (Osservatorio Birra Moretti “Italiani a Raggi Eat”).

 

Cibo buono, ma anche sano

Ai Millennial piace mangiare bene ma tra i primi pensieri c’è anche la salute. Se è vero, infatti, che per ben il 93% di essi la ‘buona tavola’ rappresenta uno dei piaceri della vita e che l’85% predilige la cucina saporita, è altrettanto vero che il 77% evita di mangiare ciò che pensa potrebbe nuocere all’organismo. L’aspetto salutistico, dunque, pare controbilanciare la pura ricerca del piacere del palato nel momento in cui si prendono in mano le posate: il 92% ritiene l’alimentazione uno dei pilastri fondamentali del proprio benessere, l’87% cerca di consumare prodotti freschi, il 67% cerca di ridurre i grassi, il 61% sta attento alle calorie, il 60% consuma alimenti integrali. Da evidenziare che 1 su 2 (il 54%) dichiara di consumare prodotti biologici e ben 1 su 3 (30%) cerca di evitare la carne.

 

Ieri astronauti (o rivoluzionari), oggi chef: l’aspirazione dei Millennials

L’82% dei Millennial italiani si considera un buongustaio. E buona parte di essi (77%) ama cucinare a tal punto che il 33,7% di loro ha frequentato corsi amatoriali di cucina o di degustazione di vini e di birre. Non a caso, il 44% e il 27% del campione indica rispettivamente fra le professioni preferite per il proprio futuro quella di chef e di sommelier e la percentuale sfiora il 48% quando a rispondere sono le donne, che reputano la professione dello Chef particolarmente aspirazionale. Potere dei media? Forse anche, visto che il 53% degli intervistati dichiara di apprezzare e seguire Master Chef. Infine, e nonostante le limitazioni economiche, ben l’86% degli intervistati si dichiara disposto a spendere di più per acquistare cibi di qualità.

Millennial dads shop online for leading brands and in the premium segment

They are more optimistic about the general economic situation and their own finances, willing to spend more without getting lost in tedious price comparisons and, above all, are becoming increasingly involved in shopping for the home, including that concerning their children: they are the “new fathers “, those of the Millennial generations, between 25 and 34 years of age. An audience, according to marketing research, which is decidedly interesting, especially for the premium segment, because they more easily allow themselves to be persuaded to spend more, are influenced by the brand and tend where possible to purchase online. So the industry and retailers should start looking more attentively at this target, also for products, such as those for children for example, traditionally considered “mum-centric”. And they would do well to develop effective multi-channel strategies to intercept them.

A survey by Initiative on Millennial dads (from which the infographic below is derived) shows some interesting data. 45% of “new dads” think that brands play an important role in their lives (compared to 39% of men without children), so much so as to be inclined to recommend them (65% of them do, compared to 56% of non-dads and 60% of mums). They are hyper-connected, more than any other group: 62% have three or more devices, and 82% have a smartphone, from which they carry out most of the product research. The young fathers are also sensitive to corporate social responsibility, and are optimistic about the future: 62% think that companies have the potential to do good, and 58% feel more loyal towards brands that prove they have implemented positive initiatives for society. We are talking about a group that in the near future will constitute the majority of families with children, and whose influence is thus expected to increase.

The survey was carried out by interviews with over 5,000 dads in the range 25 to 34 years of age in 19 countries, including Italy.

Millennial_Dads_Infographic

BrandContent

Fotogallery

Il database online della Business Community italiana

Cerca con whoswho.it

Diritto alimentare