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Anna Muzio

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Le soluzioni per combattere la lotta alle differenze inventariali

Sono alti i costi delle differenze inventariali nel retail nel 2016 in Italia: 2,3 miliardi di euro, l’1,1% del fatturato delle aziende. Ma quali sono le soluzioni che i retailer possono mettere in atto oggi per limitare i danni? Lo abbiamo chiesto ad Alberto Corradini, Country Manager di Checkpoint Systems, a margine della presentazione della ricerca La sicurezza nel retail in Italia, realizzata da Crime&tech, spin-off company del centro Transcrime di Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, in collaborazione con il Laboratorio per la Sicurezza e il supporto di Checkpoint Systems. 

Trovi i principali risultati dello studio nell’articolo di Instoremag: Differenze inventariali, emorragia da 2,3 mld di euro, Gdo e abbigliamento perdono di più

OVS, il nuovo format di store sostenibile al via a CityLife

Un nuovo format, che guarda alla sostenibilità e all’impegno ambientale e all’uso di materiali naturali e “caldi”, per OVS è partito con l’inaugurazione dello store al CityLife Shopping District. Il negozio segna il cambio di passo dell’immagine del brand, attraverso una continua innovazione dello store concept.

Il punto vendita in piazza Tre Torri, a quota 122 metri sul livello del mare (quindi la piano -1 del centro), accoglie i clienti aprendosi completamente verso l’esterno per favorire un dialogo immediato e diretto, che prosegue anche all’interno grazie alla chiarezza e all’accessibilità del nuovo format.

Le collezioni ideate dal team creativo di OVS trovano espressione in uno spazio contemporaneo ed essenziale di 1.200 metri quadri che si caratterizza per il design dalle linee semplici e pulite. La forte attenzione all’ecosostenibilità nella scelta dei materiali, i colori neutri e rilassanti, le luci naturali e gli allestimenti perfettamente integrati nel contesto, trasformano lo store in uno spazio sociale, un luogo di condivisione dove creare il proprio stile con libertà e consapevolezza.

OVS ha scelto il neonato CityLife Shopping District per presentare lo store concept che caratterizzerà i nuovi negozi OVS.

Sempre in linea con i trend internazionali, grazie al lavoro e alla ricerca dei team creativi, OVS permette a tutti di esprimere il proprio stile individuale, con un occhio attento alla qualità, sempre al miglior prezzo possibile. Ogni anno, 150 milioni di clienti scelgono OVS. Quotata alla Borsa Italiana dal marzo 2015, ha chiuso il 2016 con un fatturato pari a 1.363 milioni di euro.

Natale 2017: negli USA è omnicanale, ma metà acquisti avverranno online

Un Natale omnicanale, con acquisti fatti in differenti modi, sia nel negozio fisico sia online. È la tendenza degli ultimi anni, che nelle festività 2017 si acuirà ulteriormente almeno negli Stati Uniti, come dimostra la ricerca “2017 Holiday Outlook”, realizzata da PwC intervistando quasi 2.400 consumatori americani sulle loro preferenze, le motivazioni che spingono le decisioni d’acquisto, le tipologie di regali per cui opteranno nella stagione delle festività orami iniziata, nonché le preferenze nella consegna.

Intanto l’investimento. I consumatori statunitensi spenderanno in media nelle prossime festività 1.189 dollari, +6% sul 2016. L’83% dei consumatori intervistati intende spendere nelle festività 2017 un ammontare pari o superiore rispetto al 2016. Il 57% degli intervistati è interessato particolarmente all’abbigliamento, mentre minore interesse destano gift card (51%), giochi (43%), elettronica personale (33%) e accessori (29%).

 

Otto americani su 10 apprezzano pagamenti “smart”

Interessante esplorare anche il come, oltre al cosa. Quasi il 20% dei consumatori utilizzerà il proprio smartphone per pagare in negozio, mentre il 10% circa utilizzerà strumenti differenti come lo smartwatch. Percentuali che crescono al 30% e al 15% quando si prende in considerazione la cosiddetta Generazione Z, quella che comprende i giovanissimi tra i 13 e i 16 anni. Nel complesso, l’80% dei consumatori si dichiara favorevole a strumenti di pagamento basati su nuove tecnologie come l’impronta del dito, il riconoscimento facciale, la scansione della retina ed il controllo della voce. I consumatori si mostrano particolarmente sensibili agli incentivi dei nuovi strumenti di pagamento, come ad esempio la possibilità di saltare la fila. Un esempio è la app mobile di Starbucks, che offre molti vantaggi ai possessori e oggi concentra il 30% dei pagamenti rispetto all’8% di soli tre anni fa. Non solo: i clienti via mobile spendono molto di più, contribuendo al 36% delle vendite complessive pur essendo solo il 18% della clientela complessiva.

 

Metà online metà offline, e lo store cambia per accogliere

Una concorrenza che spinge i retailer a modificare il negozio fisico, creando una “comunità”, un ambiente accogliente dove i clienti possano trascorrere con piacere il loro tempo, ancora di più durante le feste. E infatti nelle festività 2017 vincerà ancora il negozio fisico, di poco rispetto a quello online (88% contro 84% delle intenzioni di acquisto). E nel complesso, i consumatori intendono suddividere equamente, entrambi al 50%, il proprio tempo tra acquisti in negozio ed online, quest’ultimo così suddiviso: 29% da computer, 12% da smartphone, 7% da tablet e 2% da smartphone. Dari che dimostrano come ormai la stragrande maggioranza dei consumatori si muove con disinvoltura tra le varie modalità, rivedendo costantemente l’equilibrio fortemente soggettivo tra convenienza, prezzo, velocità e varietà per determinare quale canale funziona meglio in una decisione di acquisto.

 

Social visual e infleuncer determinanti per i più giovani

«Da un focus sulla Generazione Z – spiega Erika Andreetta, Partner Retail & Consumer Goods di PwC – emerge come questi giovani, cresciuti giocando con gli smartphone dei genitori, siano particolarmente propensi alle potenzialità di tali strumenti. Tra i canali social, i Millennials preferiscono Facebook, la Generazione Z più matura Instagram, mentre i giovanissimi prediligono YouTube. In linea con tale trend “visivo”, Amazon ha recentemente introdotto un nuovo visual feed nella sua app per mobile. I membri Prime possono personalizzare il proprio feed Amazon Spark pubblicando post, facendo recensioni e ovviamente acquistando prodotti».

Grande importanza, ancor più durante le feste, hanno i tempi di consegna. Il 50% dei consumatori ritiene accettabile una consegna in 3-5 giorni, ma una quota importante pari al 39% preferisce una consegna in due giorni o ancora meno. Se viene offerta la consegna gratuita nel medesimo giorno dell’ordine, il 30% dei consumatori opta per tale opzione, mentre il 22% preferisce il giorno successivo e il 20% predilige in ogni caso la consegna standard.

«Per le generazioni più giovani, che hanno da sempre accesso ai contenuti online – conclude Andreetta – la fedeltà al brand conta meno che per le generazioni più adulte. I giovanissimi si fidano di amici e familiari, mentre sono poco influenzati dai canali tradizionali di ADV. Inoltre, alla ricerca di una conferma che la propria fiducia in un brand sia ben riposta, i consumatori più giovani si lasciano influenzare da online influencer che ritengono credibili e in linea con i propri gusti».

Federdistribuzione: tra digitalizzazione e nuove tecnologie quattro regole per la buona impresa

Parità di regole tra commercio on line e off line, incentivi alla formazione per gestire l’impatto della quarta rivoluzione industriale sul lavoro, una reale politica che incentivi le azioni finalizzate all’efficienza energetica e la riduzione della tassa sui rifiuti per chi fa donazioni alle persone bisognose: sono i “quattro messaggi chiave”, le quattro regole per fare buona impresa secondo Federdistribuzione, che ha presentato giovedì a Roma la terza edizione del Bilancio di Sostenibilità di Settore della Distribuzione Moderna Organizzata (BSS) realizzato dalla Federazione e le sue aziende associate con la collaborazione di Altis, Alta Scuola Impresa e Società dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

 

Digitalizzazione e nuove tecnologie al centro della sfida

L’evento di presentazione del BSS è stata l’occasione per riflettere su come il fare impresa secondo criteri di Responsabilità Sociale e sostenibilità si debba confrontare con le nuove sfide e i dirompenti fattori di cambiamento che il settore deve affrontare. Tra questi ultimi, uno su tutti emerge: la digitalizzazione e l’introduzione della tecnologia. Un fil rouge che accompagna e lega ogni aspetto della gestione dell’impresa. In questa logica sono stati approfonditi i quattro grandi temi individuati.

1) Sviluppo dell’ e-commerce e trasformazione digitale nelle imprese.

Nel 2017 gli Italiani hanno acquistato online per oltre 27 miliardi, con una crescita negli ultimi 5 anni dell’87%, che diventa del 285% per beni e prodotti (i servizi sono aumentati “solo” del 36%), arrivati ormai ad assorbire il 52% del mercato on line. Le vendite on line rappresentano il 31% nel turismo, il 22% nell’informatica, il 7% nell’abbigliamento, lo 0,5% nell’alimentare (in fortissima crescita: vedi la video intervista a Valentina Pontiggia Spesa online pronta a decollare ma il punto vendita resta, ci vuole integrazione). «Ma c’è un problema che bisogna affrontare – dichiara Giovanni Cobolli Gigli, presidente di Federdistribuzione – la disparità di regole tra chi opera nell’on line e chi lo fa nell’off line. Le regolamentazioni, nazionali e regionali, su promozioni e sottocosto, valgono per il commercio fisico ma non si applicano all’e-commerce. Sappiamo inoltre come le imprese di puro commercio on line abbiano la possibilità di non pagare le tasse locali ponendo le sedi legali nei cosiddetti paradisi fiscali. Siamo di fronte quindi a una vera e propria concorrenza sleale, che deve essere denunciata e combattuta. Federdistribuzione è in prima linea in questa battaglia, chiedendo anche per il commercio fisico le semplificazioni di cui gode l’on line, come la piena liberalizzazione delle promozioni».

2) Impatto della quarta rivoluzione industriale sul mondo del lavoro

Introdurre innovazione nelle imprese significa anche riflettere sull’evoluzione delle professioni e dell’organizzazione del lavoro e ripensare al contempo alle figure più impattate dal cambiamento. La fotografia del settore fatta da Federdistribuzione parla di un costo del lavoro rappresenta oltre l’11% delle vendite e il 72% del Valore Aggiunto redistribuito sotto forma di remunerazione del lavoro. Un settore in cui il 91% dei contratti sono a tempo indeterminato, con collaboratori per il 58% donne, per il 64% con laurea o diploma superiore, per il 16% con meno di 30 anni, per il 45% con part time. «La formazione ha e avrà un ruolo fondamentale – commenta il Presidente di Federdistribuzione – si rafforzerà l’acquisizione di competenze trasversali quali l’attenzione al cliente, l’efficacia relazionale, la capacità di trasmettere i valori aziendali. Sarà necessario completare le conoscenze tecnologiche di ampie fasce occupazionali. Un’indagine tra le nostre aziende associate ha evidenziato come oltre la metà di loro già svolge una “formazione digitale” e nei prossimi due o tre anni circa l’80% la realizzerà. Per questo incentivare questi percorsi formativi con agevolazioni sarà fondamentale da parte del Governo per scongiurare effetti non voluti sull’occupazione. Energie e risorse dedicate dunque alla formazione, da sempre per le imprese di Federdistribuzione un vero fattore strategico, come dimostra il fatto che negli ultimi 10 anni gli investimenti per addetto sono più che raddoppiati (+137%). Responsabilità Sociale d’Impresa è quindi anche questo: investire per valorizzare il personale”.

3) L’uso efficiente delle risorse

Tutela dell’ambiente, economia circolare e innovazione tecnologica significano uso efficiente delle risorse. “Un processo che non deve essere solo guidato dall’alto ma che deve permeare ogni singolo protagonista della società, sia esso un soggetto economico del settore primario, dell’industria o dei servizi o un singolo individuo. La responsabilità estesa del produttore, l’efficiente gestione dei rifiuti così come la razionalizzazione dei consumi energetici e la diversificazione delle fonti di approvvigionamento rappresentano la strada obbligata di ogni strategia aziendale che miri ad un’effettiva sostenibilità” secondo Federdistribuzione. Che spiega come le imprese associate hanno diminuito i consumi di energia per metro quadro nel 2016 dell’8% rispetto all’anno precedente. Al tempo stesso stanno aumentando dell’8,3% l’acquisto di energia proveniente da fonti rinnovabili (arrivata nel 2016 al 65% del totale, rispetto a una media nazionale del 45% – dato 2015). «L’economia circolare deve ormai rappresentare il punto di riferimento nell’attività dell’impresa – afferma Cobolli Gigli – e l’attività politica deve promuovere e supportare comportamenti virtuosi e innovazioni aziendali che si muovono in questa direzione. Mi pare che ci siano ancora molti spazi in cui lavorare per definire un approccio ai temi dell’ambiente e dell’energia che sia sempre più efficace e orientato al futuro e alla sostenibilità».

4) Lotta allo spreco e aumento delle donazioni

È un tema di attualità e sensibilità per tutti: cittadini, operatori economici, enti caritativi e autorità. In Italia, secondo i dati del Politecnico di Milano, ogni anno si generano 5,6 milioni di tonnellate di eccedenze alimentari. Di queste meno del 9% viene recuperato per diventare sostegno ai più bisognosi, il resto è spreco. Uno spreco che equivale a 12,6 miliardi di euro, il 15,4% dell’intero consumo alimentare nel Paese. Si può certamente fare meglio, e in questo sono impegnati attori della filiera ed enti caritativi, ad esempio partecipando a progetti come LIFE-Food.Waste.StandUp, co-finanziato dalla Commissione Europea nel quadro del programma per l’ambiente e l’azione per il clima (LIFE 2014-2020) che vede come partner Federalimentare (capofila), Federdistribuzione, Unione Nazionale Consumatori e Fondazione Banco Alimentare Onlus. «Una riflessione e uno stimolo: il fatto di fare donazioni da parte di un’impresa è testimonianza di un senso di responsabilità sociale e di etica, andando anche contro ragioni economiche. Tuttavia questa attività di donazioni contribuisce a diminuire i costi della comunità, riducendo le quantità di beni che le amministrazioni locali devono gestire come rifiuti. Sarebbe quindi auspicabile che una parte di questo risparmio venisse convertito in premialità per i soggetti che donano, ad esempio riducendo la tassa sui rifiuti. Ciò potrebbe costituire un impulso per aumentare le donazioni, dando piena attuazione alla recente legge antispreco, la cosiddetta legge Gadda, e rendendo più raggiungibile l’obiettivo indicato dal Ministro Martina di raddoppiare le donazioni arrivando a 1 milione di tonnellate».

 

Il Bilancio di Sostenibilità: verso un impegno concreto

Un percorso avviato da Federdistribuzione nel 2012 con un’iniziativa unica in Italia: un Bilancio di Sostenibilità sviluppato a livello di settore anziché di singola impresa, con l’intento di illustrare agli stakeholder le iniziative delle aziende della Distribuzione Moderna Organizzata (DMO) rilevanti in ambito di Responsabilità Sociale d’Impresa ma scarsamente riconosciute. La seconda edizione, nel 2014, ha garantito continuità nella rendicontazione, dimostrando che l’impegno nei confronti della sostenibilità non era un evento occasionale, ma un processo costante, in crescita e strutturato, con l’obiettivo di “fare buona impresa”, nonostante il difficile contesto economico. Questa terza edizione introduce numerosi elementi di novità, sia dal punto di vista metodologico, con un’impostazione allineata al più riconosciuto standard internazionale di rendicontazione, il Global Reporting Initiative, sia dal punto di vista dei contenuti, ampliati ospitando diversi contributi esterni sul nostro settore, realizzati da partner di prestigio quali Censis, EY e PwC, con l’intento di fornire occhiali nuovi e diversi con i quali provare a leggere la DMO.

Il Presidente di Federdistribuzione, Giovanni Cobolli Gigli, ha annunciato un’iniziativa importante. “Abbiamo voluto che il Bilancio di Sostenibilità di Settore 2017 segnasse l’avvio di un cammino di presa in carico, da parte delle aziende associate a Federdistribuzione, di obiettivi in chiave di Responsabilità Sociale d’Impresa, in coerenza con l’Agenda 2030 e i Sustainable Development Goals (SDGs) delle Nazioni Unite. È un cambio di passo significativo, che riflette una ferma consapevolezza dell’impatto dell’attività d’impresa sulla società e che evidenzia la nostra volontà di contribuire concretamente alla realizzazione di uno sviluppo sostenibile, a vantaggio delle generazioni future. È un cammino che abbiamo deciso di intraprendere e sul quale dovremo lavorare nei prossimi mesi, per definire il punto di partenza, target, tempi di realizzazione e indicatori di misurazione. Vi diamo quindi appuntamento nel 2018, quando avremo maturato il nostro progetto e potremo presentarvi come Federdistribuzione e le sue imprese associate intendono assumersi una responsabilità concreta in chiave di sostenibilità».

Arriva in Italia la Coca-Cola zero calorie anche con la stevia

Una nuova variante che incontra le esigenze di chi oltre alla linea guarda alla naturalità: era già in commercio ma arriva ora in Italia la Coca-Cola Zero Calorie anche con estratto di stevia. La nuova variante arrivata nella famiglia Coca-Cola si affianca alle altre cinque varianti presenti sul mercato italiano.

Questo lancio è parte della strategia “One Brand” e dell’’impegno dell’azienda nell’andare incontro alle preferenze e alle esigenze dei consumatori, anche ripensando molte ricette di prodotti e lanciando nuove varianti a basso o nullo apporto calorico. Obiettivo:  controllare al meglio la quantità di zuccheri assunte dalle sue bevande, senza rinunciare al gusto noto.

Coca-Cola Zero Calorie anche con estratto di stevia sarà disponibile su tutto il territorio nazionale, a partire da novembre, nei formati bottiglia PET 500 ml e 1 L e lattina da 330 ml.

Secondo CNBC la multinazionale di Atlanta sta testando una Coca-Cola “classica” dolcificata al 100% con stevia che potrebbe essere lanciata fuori dagli USA nel 2018. Il packaging sarebbe rappresentato dalla tradizionale lattina rossa con una striscia verde e il disegno di una piantina di stevia.

 

Cinque cose da sapere sulla stevia

Che cos’è? La stevia è una pianta appartenente alla famiglia del Chrysanthemum. La sua foglia è una fonte unica di dolcezza naturale. Dalla foglia della pianta di stevia si ottiene l’estratto di stevia, un edulcorante di origine naturale con zero calorie.
Dove viene coltivata? È una pianta originaria del Paraguay e ha una lunga storia di utilizzo che risale ad alcune popolazioni indigene del Sud America.
Come viene prodotto l’estratto di stevia? Quando le foglie raggiungono il momento di massima dolcezza, vengono raccolte ed essiccate. Le foglie essiccate vengono immerse nell’acqua per liberare la sostanza dolce contenuta nella foglia. Questo estratto viene poi filtrato, purificato, essiccato e cristallizzato. L’ingrediente finito è un edulcorante che può essere usato in combinazione con sostanze dolcificanti come lo zucchero e il succo di frutta per ottenere bevande dal sapore ottimo a ridotto, basso o nullo contenuto calorico.
È più dolce dello zucchero? L’edulcorante estratto dalla pianta di stevia ha un potere dolcificante 200 volte superiore a quello dello zucchero, ma non contiene calorie.
Come è indicata in etichetta? Il nome dell’edulcorante proveniente dall’estratto di stevia riportato nella lista ingredienti è ‘glicosidi steviolici’.

Coop Insieme verso un futuro sostenibile premia cinque fornitori molto “green”

A.I.A., Copack GmbH, Co.ind, San Lidano Coop Agricola, SCA Hygiene Products: sono le cinque imprese che hanno ottenuto il riconoscimento “Coop Insieme verso un futuro sostenibile”, un progetto volto a sensibilizzare i fornitori Coop sui temi della sostenibilità cui hanno aderito 328 aziende.

A 11 anni dall’avvio del progetto, partito nel 2006, anche la concezione di sostenibilità è cambiata: oltre all’efficienza energetica, Coop ha monitorato azioni più ampie includendo le tematiche degli sprechi, della riduzione dei consumi idrici, della produzione di rifiuti e delle donazioni, ma non solo.

È cresciuta anche l’adesione dei fornitori, passati da poche decine a oltre tre centinaia e ad oggi, in base ai valori dichiarati, si è stimato un risparmio di circa 500.000 tonnellate di C02 non immesse in atmosfera. Le 328 imprese aderenti fanno capo a 497 stabilimenti totali all’interno dei quali sono stati effettuati importanti interventi volti a migliorare le proprie prestazioni a favore della sostenibilità.

Nel 2006 Coop fu la prima insegna della Gdo italiana ad invitare i fornitori di prodotto a marchio ad adottare azioni mirate alla riduzione delle emissioni di gas serra per essere in linea con gli obiettivi sanciti allora dal Protocollo di Kyoto, e prevedendo la collaborazione per la verifica dei dati di Bureau Veritas Italia (organizzazione internazionale che si occupa di certificazione e attività di auditing).

Undici anni dopo, Coop amplia il contesto di riferimento includendo nell’analisi non solo le azioni volte a diminuire le emissioni di anidride carbonica, ma anche altre tematiche strettamente correlate alla sostenibilità: l’energia, certo, ma anche i consumi idrici, i rifiuti, l’utilizzo di materiali riciclati, le certificazioni adottate, la riduzione degli scarti, le donazioni. Ne esce una sorta di “radiografia” complessiva, partendo dal presupposto che molte azioni, oltre a portare ad un beneficio per l’ambiente e per l’’uomo, possono generare contemporaneamente un beneficio economico per le aziende, grazie al risparmio sui singoli costi. Gli scarti e sottoprodotti destinati a valorizzazione energetica sono stati quasi 2 milioni di tonnellate e sono state devolute a donazioni quasi 230.000 tonnellate di prodotto.

«Una delle caratteristiche primarie dei nostri prodotti è l’attenzione all’impatto ambientale generato dall’intero processo produttivo – ha spiegato Marco Pedroni, Presidente Coop Italia intervenuto alla premiazione -. Il prodotto a marchio Coop è buono, sicuro, etico, conveniente, ecologico e trasparente. Questo progetto rientra perciò a pieno titolo nella nostra strategia e i fornitori coinvolti dimostrano di crederci molto».

 

L’evento di premiazione si è svolto a Bologna presso Fico Eataly: ecco le motivazioni della selezione:

A.I.A (carni e uova) ha una filiera controllata dall’allevamento alla macellazione includendo monitoraggio dei consumi, recupero di calore, riduzione dei volumi di fanghi da smaltire e conseguente risparmio di combustibile.

Copack (surgelati pesce e piatti pronti) ha investito molto sul versante sostenibilità dei propri impianti realizzando sistemi di recupero calore ad alta efficienza, illuminazione a led e puntando su energia elettrica da fonte rinnovabile e impianto fotovoltaico. Il tutto ha permesso di ridurre del 4,9% in tre anni le emissioni di C02.

Co.ind (caffè, cacao, cioccolato, igiene persona e prodotti per la sanificazione) ha ottimizzato i propri processi produttivi per ridurre il fabbisogno d’acqua e ha svolto un importante azione di riduzione in peso e sostituzione con materiali compostabili degli imballaggi.

San Lidano Coop Agricola (ortofrutta e IV gamma) ha investito molto sugli impianti necessari per la riduzione del volume di acqua nei processi di lavorazione e ha reimpiegato 4.617 tonnellate di scarto di lavorazione a fini zootecnici.

SCA Hygiene Products (prodotti per la casa a base di cellulosa) ha ideato un sistema di calcolo volontario delle emissioni di C02 finalizzato a compensazioni volontarie e una fitta rete di certificazioni volte al miglioramento dell’efficienza energetica.

Nell’ambito della premiazione 2017 sono state menzionate anche nove aziende risultate più sensibili sul versante della lotta allo spreco, di materie prime e di prodotti, ovvero Centro Latte Bressanone, Cerelia Italia, Dial, Fiorani & C, Mazzei Manufacturing, Ontex Bvba, Orogel, Quality Food Group, Zeta Casa.

Differenze inventariali, emorragia da 2,3 mld di euro, Gdo e abbigliamento perdono di più

Un’emorragia stimabile intorno a 2,3 miliardi di euro e pari all’1,1% del fatturato delle aziende nel settore retail in Italia: è il costo delle differenze inventariali nel 2016 in Italia stimate da uno studio realizzato da Crime&tech, spin-off company del centro Transcrime di Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, in collaborazione con il Laboratorio per la Sicurezza e il supporto di Checkpoint Systems. Un costo che sale complessivamente a 3,5 miliardi di euro, 56 euro ad abitante, se si conta anche la spesa in sistemi di sicurezza (pari in media allo 0,5% del fatturato): come se fosse la quinta azienda retail in Italia per fatturato.

Ne emerge un quadro a luci e ombre con differenze anche notevoli tra i settori: con un valore superiore alla media per Fast fashion, Gdo, Calzature e accessori e inferiore per Intimo, Fai da te, Articoli sportivi. Secondo la maggior parte dei rispondenti poi le differenze inventariali sono in diminuzione, ma in alcuni comparti (come Lusso, Calzature, Beauty&Cosmetics) appaiono in aumento.

Le differenze sono anche geografiche: le regioni con il valore più elevato di differenze inventariali sono Campania (1,4%), Puglia (1,4%) ed Emilia Romagna (1,3%). Particolarmente colpite la bassa padana tra Alessandria e Bologna, le province di Bari e Brindisi e l’area compresa tra Napoli e Cosenza. Si tratta in genere di zone interregionali e attraversate da importanti vie stradali. In media, gli ammanchi sono più alti nei negozi situati in aree più periferiche, in comuni più piccoli, meno densamente popolati, con PIL pro-capite inferiore e tassi più alti di giovani e disoccupati.
Le differenze inventariali sono maggiori nei punti vendita dei centri commerciali rispetto ai negozi in città. La ragione può essere legata alle maggiori difficoltà di monitoraggio, al più basso conversion rate clienti-visitatori e alla minore customer care.

La causa più frequente delle perdite sono i furti compiuti da soggetti esterni, seguiti da quelli ad opera di dipendenti infedeli (i.e. furti interni) e quindi di fornitori e trasportatori. La causa meno frequente sono gli errori amministrativi e contabili. Tra i soggetti esterni, sono in aumento i furti organizzati sia ad opera di micro-bande di 2-3 persone che quelli compiuti da veri e propri gruppi criminali (soprattutto sotto forma di intrusioni notturne). L’uso di borse schermate (con fogli di alluminio o simili, per evitare i sensori anti-taccheggio) appare il modus operandi più frequente.

Le fasce d’età più ricorrenti dei “ladri di negozi” sono 18-25 e 26-40 tra gli uomini (soprattutto nel Fai da te, Stazioni di Servizio e nel Lusso) e le donne tra 26 e 40 anni (soprattutto nel Beauty & Cosmetics, nelle Calzature e nell’Abbigliamento). In termini di nazionalità, prevalgono i soggetti dell’Est Europa. .Si può ipotizzare che in aree con maggiori difficoltà socio-economiche, e un maggior tasso di popolazione giovanile, ci sia una maggiore propensione a commettere furti per necessità, furti occasionali, o ad entrare a far parte di una banda organizzata. Ma non esiste alcuna correlazione tra il numero di stranieri residenti e il numero di furti.

I prodotti più rubati variano ovviamente a seconda del settore merceologico. In generale però si può dire che risultano più appetibili quelli con un alto valore economico per centimetro cubo, più facilmente occultabili e con una maggiore rivendibilità sul mercato. Nella Gdo le prime cinque categorie più rubate sono carne salumi e formaggi, alcolici, dolciumi, profumeria e abbigliamento.

Top 5 categorie di prodotto per numero di pezzi rubati. Anno 2016 (N=17).

Centri commerciali più colpiti. Gli ammanchi sono maggiori nei negozi situati all’interno dei centri commerciali (1,16%) rispetto a quelli localizzati in città (1,06%), anche se gl autori sottolineano che sarebbe necessario un campione più ampio per confermare questo pattern da un punto di vista statistico. Hanno però fatto una classifica dei centri coinvolti.

Lo studio dati raccolti secondo due metodi: informazioni quantitative e qualitative raccolte tramite questionario (copertura: 30 aziende, 8.140 PV stimati, 11,5% del fatturato del retail in Italia). E dati quantitativi e informazioni per punto vendita, condivisi direttamente dalle aziende (copertura: 12 aziende, 1.088 PV, 2,9% del fatturato del retail in Italia).

Debutta a Brescia il primo Auchan (sic), nuovo format per il supermercato urbano

Si fa presto a dire Auchan, ma tra Sma, Simply e MyAuchan, un supermercato con questo nome non s’era ancora visto: e invece da oggi c’è, a Brescia, in via San Bartolomeo dove debutta il primo supermercato di 1500 metri quadri a insegna, appunto, Auchan.

Botteghe dei freschi, laboratori di eccellenza gastronomica, un rinnovato e più ampio assortimento di tutti i settori alimentari con particolare attenzione al naturale, al salutistico, al vegano, ai localismi, ma anche tanti prodotti per la cura del corpo e gli amici a quattro zampe sono solo alcune delle novità del nuovo punto vendita, che accoglie il cliente con un’area bar e una zona relax a sua disposizione, per godere in tranquillità una colazione, un aperitivo e una pausa pranzo con la disponibilità di tablet per navigare online.

 

Botteghe dei mestieri e cucina dal vivo

C’era una volta il panettiere, il fruttivendolo e il macellaio. Persone note di cui ci si fidava. All’interno dell’area vendita del nuovo Auchan, sono state inserire vere e proprie botteghe specializzate, espressione dei tradizionali mestieri nel settore del fresco, con un’occhio ai nuovi stili di consumo. Nello spazio della frutta e dalla verdura fresca, ad esempio, ci sono spremute, centrifughe e frutta già tagliata per mangiare in modo sano. I maestri fornai sfornano più volte al giorno pane fresco e i pasticceri preparano diverse proposte dolci. Gli esperti macellai consigliano i tagli migliori della carne di alta qualità, anche con oltre 20 giorni di frollatura, mentre nel reparto pescheria il personale qualificato suggerisce i prodotti più adatti alle ricette e i preparati. E non solo la spesa si può programmare in anticipo, grazie ai servizi di prenotazione e ordinazione, ma c’è la possibilità della consegna direttamente a casa.

Altra novità è il live cooking: fornelli sempre accesi in una apposita postazione dedicata dove gli chef Auchan preparano per i clienti gustose ricette accompagnate da una proposta di vini per ogni occasione.

 

Pagamento da smartphone con speedy pass

Filo conduttore dell’esperienza di acquisto è la possibilità di usufruire di diverse soluzioni innovative, grazie alla comunicazione digitale che informa i clienti e alle rinnovate modalità di pagamento che permettono di risparmiare tempo, con casse self, self scanning e la nuova tecnologia speedy pass che sarà attivata nelle prossime settimane per consentire il pagamento attraverso il proprio smartphone senza sostare alle casse.

Tra i servizi dedicati ai clienti c’è la possibilità di ricaricare i propri device durante la spesa, stampare foto, effettuare fotocopie e fax, prenotare interventi di manutenzioni per la casa, prenotare biglietti per eventi e spettacoli o ritirare i libri scolastici.

Il nuovo Auchan è dotato di parcheggio anche coperto, con posti dedicati alle mamme.

Zalando, da un anno sulla vetta dei marchi di abbigliamento online

È ancora Zalando il più apprezzato dei marchi di abbigliamento e accessori online, e lo è da oltre un anno: lo rileva BEM Research nella classifica relativa a novembre 2017, che vede in seconda posizione Adidas, che scavalca Zara solo per pochi decimi di punto, mentre Nike guadagna il quarto posto scalzando BonPrix.

In sesta posizione si conferma Lesara, altro brand dell’abbigliamento e accessori made in Germany, mentre chiudono la classifica dei top 10. Sarenza e Kiabi (che registrano infatti un balzo in avanti di diverse posizioni), Bershka e Rolex (che si contendono invece a pari merito il nono gradino della classifica, con il brand svizzero di orologi di lusso in forte miglioramento rispetto al mese precedente).

Nel complesso, la media del BEM Rank a novembre 2017 per i 53 brand considerati è pari a 29,6 punti, sostanzialmente stabile rispetto a ottobre.

Considerando i due macro-aggregati che compongono il BEM Rank, si osserva che Zalando primeggia per la capacità di essere rintracciata sul web (visibilità online) o perché gli utenti cercano direttamente il suo brand oppure perché appare nelle prime posizioni di Google Italia per ricerche relative a parole chiave generiche ad alto traffico. Sulla visibilità online risultano avere un’ottima performance anche Gucci e Scarpe&Scarpe. Relativamente alle prestazioni dell’homepage, ovvero alla velocità di caricamento e all’usabilità, BonPrix conquista la posizione più alta, seguita da C&A e La Redoute.

«In vista delle spese natalizie, e appena superato il Black Friday, i grandi marchi dell’abbigliamento stanno intensificando le loro attività su Internet – spiega Mariachiara Marsella, web marketing manager di BEM Research –. Sul web ci sono diverse opportunità per le aziende operanti in questo settore, anche per quei brand specializzati nel lusso e nei prodotti di alta qualità. La clientela facoltosa è infatti attratta dalla comodità di effettuare acquisti dal proprio smartphone, mentre il ceto medio può vedere nell’online un canale più conveniente. Purtroppo però c’è da notare che i marchi italiani della moda, eccellenza nel mondo, faticano a emergere sul web, forse perché ancora troppo ancorati al tradizionale canale di vendita attraverso le boutique».

L’acquisto online di capi di abbigliamento, calzature e in generale accessori è notevolmente aumentato nel tempo e nel 2016 ha registrato un tasso di crescita quasi doppio rispetto a quello dell’e-commerce totale al 35%. Tra i fattori che hanno favorito la crescita c’è la forte competizione del settore che ha determinato un abbassamento dei prezzi, l’utilizzo quotidiano di smartphone e tablet e il conseguente aumento di applicazioni mobile e-commerce espressamente dedicate all’acquisto, facile, veloce e sicuro di capi di abbigliamento, accessori e scarpe.

A novembre 2017 i brand entrati nella classifica BEM Rank nel settore abbigliamento e accessori sono: Adidas, Armani, Asos, Bata, Benetton, Bershka, BonPrix, C&A Shop, Calzedonia, Carpisa, Clayton, Coccinelle, Converse, Deichmann, Desigual, Gucci, Guess, H&M, Intimissimi, Kiabi, La Redoute, Lesara, Liu Jo, Louis Vuitton, Mango, Manzara, Marella, Mytheresa.com, Nike, Nuna Lie, OVS, Pandora, Piazza Italia, Pimkie, Pittarello, Privalia, Puma, Rolex, Sarenza, Scarpa, Scarpe&Scarpe, SheIn, Silvian Heach, Spartoo, Stradivarius, Stylight, Subdued, Tally Weijl, Terranova, Twin Set, Yoox, Zalando, Zara.

Gdo e dotcom: Groupe Casino si accorda con Ocado per mettere i robot in magazzino

Un magazzino robotizzato e, naturalmente, l’accelerazione del canale e-commerce: porterà a questo l’accordo tra Ocado, dot com britannica concentrata sull’e-commerce alimentare, e Groupe Casino, storica insegna francese che opera anche con i marchi Monoprix, Franprix, Leader Price, Spar e Vival in Francia e con punti vendita in vari Paesi. Le alleanze tra insegne “fisiche”, spesso storiche, e operatore online sembrano entrare sempre più nell’agenda della grande distribuzione (vedi Amazon e U2 in Italia e Aldi con Instacart in Germania).

Nella fattispecie Ocado investirà secondo il Financial Times 15 milioni di sterline nello sviluppo della piattaforma Ocado Smart Platform (“OSP”). E in Borsa le azioni di Ocado sono subito salite del 22 per cento: l’accordo segna infatti non solo l’ingresso di Ocado nel “fisico” ma anche quello in un mercato fuori dal Regno Unito.

“La soluzione Osp – si legge in una nota dell’insegna francese – evoluta e modulare, è una risposta unica alle opportunità e alle sfide poste dall’accelerazione delle vendite online nella distribuzione alimentare. Tale piattaforma comprende la costruzione di un deposito automatizzato di ultima generazione (nel quale Ocado inserirà delle cellule di stoccaggio e dei robot), una soluzione logistica integrata, che include un sito Internet con alcune dell migliori funzionalità del mercato, e l’ottimizzazione della consegna nell’ultimo chilometro e la gestione in tempo reale dei dati dei clienti”.

Il primo a utilizzare la piattaforma sarà il sito online, Monoprix.fr Sarà anche messo in servizio un deposito CFC («Customer Fulfilment Centre») nella regione parigina che si occuperà delle consegne verso Parigi, Ile-de-France, Normandia e Hauts de France.

Ma cosa ci guadagna Ocado per mettere a disposizione la sua tecnologia avanzata “Il gruppo Casino verserà ad Ocado delle commissioni alla firma del contratto, durante la fase di installazione e di utilizzo della piattaforma, in proporzione alla capacità effettivamente utilizzata e dei livelli di servizio raggiunti”.

«Questo accordo rappresenta un grande avanzamento in termini di qualità: in un primo tempo saranno proposte 50000 referenze di prodotti alimentari  ai clienti che potranno usufruire di consegne rapide ed efficaci. Il gruppo Casino è fiero di aver concluso questo accordo che contribuirà a rinforzare ancora di più la qualità del servizio ai suoi clienti, al centro dei suoi pensiero da 120 anni» ha commentato il presidente e direttore generale Jean-Charles Naouri.

“Stiamo continuando ad investire per industrializzare la nostra piattaforma brevettata e questo accordo sarà potrebbe essere il primo di una serie di fruttuose collaborazioni con grandi distributori in tutto il mondo” ha detto Tim Steiner, presidente e direttore generale d’Ocado.

Il gruppo Casino ha oltre 12.960 punti vendita in Francia e all’estero in Argentina (insegne Libertad, Mini Libertad), Brasile (Pão de Açúcar, Extra, Assaí), Colombia (Éxito), Oceano Indiano (Jumbo, Score), Uruguay (Disco, Devoto) e in una dozzina di Paesi africani. Conta 227.842 collaboratori, nel 2016 aveva un fatturato consolidato di 36 miliardi di euro ed è la prima insegna in Brasile e Colombia  e la seconda in Francia per l’E-commerce.

 

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