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Carmela Ignaccolo

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Grow My Store: la proposta di Google a supporto dei retailer

Arriva Grow my Store, la piattaforma gratuita di Google, nata a supporto delle piccole e medie imprese italiane del settore retail per migliorare la propria presenza online. Attraverso Grow my Store è possibile ricevere un report sulla qualità del proprio sito.

Nonostante i vantaggi offerti dall’e-commerce in questa situazione di emergenza, per i retailer italiani non è sempre facile sviluppare le competenze specifiche utili a raggiungere i propri clienti e rispondere esaustivamente alle loro necessità. Attraverso Grow my Store i retailer potranno valutare in maniera semplice l’efficacia del proprio sito web rispetto alle più importanti metriche di confronto del settore e avere accesso a consigli e approfondimenti. Tra gli aspetti analizzati, riassunti in un report complessivo che Grow my Store restituisce al termine dell’analisi, viene evidenziato per esempio se il sito web elenca chiaramente prodotti e prezzi, se sono chiare le politiche di restituzione, se esiste un supporto di live chat e viene valutata la fruibilità del sito da desktop e da mobile.

La ricerca Netcomm sull’e-commerce

Da una ricerca realizzata da Netcomm in collaborazione con Google, utile per evidenziare gli elementi chiave per lo sviluppo dei progetti e-commerce a seguito della crisi sanitaria, emerge come l’e-commerce sia, tra tutti i canali di vendita online, quello che i retailer considerano più soddisfacente. Tra gli elementi che contribuiscono maggiormente all’apprezzamento del modello e-commerce proprio da parte dei retailer emergono il notevole contributo alla comunicazione e alla valorizzazione del proprio brand (56%) e la possibilità di sviluppare sinergie con i canali di comunicazione e vendita tradizionali, come il negozio fisico (56%). L’e-commerce è inoltre considerato un mezzo per avviare facilmente e velocemente le proprie vendite (57%).

Roberto Liscia, Presidente del Netcomm, commenta: “Dalla ricerca emerge chiaramente che le aziende con sito e-commerce proprio mostrano un livello di soddisfazione complessivo significativamente maggiore di quelle che hanno adottato altri modelli di vendita online di e-commerce (53% vs 35%).  Ne è conferma il dato che le aziende con sia sito proprio e-commerce, sia altri modelli di vendita online e-commerce, mostrino un gap di soddisfazione a favore del proprio e-commerce ancora maggiore  (55% vs 31%).”

Vincenzo Riili, CMO Google Italia, aggiunge: “Lo sviluppo di un proprio sito e-commerce è il modello di commercio digitale che genera maggiori vantaggi a lungo termine, nonostante richieda un intenso impegno nella fase di settaggio iniziale. Per ottenere i migliori risultati è necessario acquisire le giuste competenze. Con Grow my Store Google si impegna a fornire un tool che accompagni passo passo i retailer nel potenziamento del proprio sito e-commerce, per supportarli nella crescita online.”  

L’abbigliamento degli italiani post Covid-19

L’emergenza sanitaria ha trasformato le regole dello shopping. Un po’ iin tutti i comparti. Il quesito principale è se e in che misura ritorneranno le abitudini di un tempo. Attualmente le prime evidenze fanno invece registrare un sentiment mutato tra gli italiani.

“L’emergenza sanitaria, legata all’incertezza economica e allo stravolgimento della quotidianità, sta innescando nei consumatori nuove dinamiche di acquisto dettate da necessità e bisogni differenti dal passato. – commenta infatti Matteo Lucchi, Presidente di Assirm – Un cambiamento importante che, grazie alle ricerche di mercato, oggi i brand possono però cogliere, studiare ed interpretare per adottare azioni sempre più efficaci e rilevanti. Le aziende che per prime comprenderanno appieno questo inedito consumatore dell’era COVID-19, avranno infatti un vantaggio competitivo che permetterà loro una ripresa più veloce.”

Un approccio diverso ai consumi che merge chiaramente anche nell’ambito dell’abbigliamento, come viene risassunto da Assirm  attraverso una serie di dati preparati da istituti associati.

L’incertezza del presente

Dai dati raccolti dall’Associazione emerge innanzitutto un’evoluzione dell’opinione pubblica che si traduce in alcunrsignificative evidenze: la maggior parte degli italiani afferma che la vicenda COVID-19 non si concluderà in tempi rapidi e in modo semplice; per questo diminuisce sensibilmente l’ottimismo rispetto alla possibilità per gli individui di uscire positivamente da questa crisi; e si mantiene alto e generalizzato un atteggiamento di risparmio e di attenzione alle spese. Si indebolisce, in modo lieve ma costante, il fronte di totale condivisione delle limitazioni imposte dal governo, anche se per ora non vengono comunque messe in discussione; aumentano però lo stato d’ansia (il 46%1 degli intervistati dichiara di sentirsi molto/moltissimo ansioso in questo ultimo periodo), il nervosismo (39%), la tristezza/malinconia (39%) e l’insonnia (31%)2

Il settore dell’abbigliamento

L’eccezionalità del momento mostra che ultimamente i consumatori italiani acquistano abbigliamento, accessori e scarpe prevalentemente per necessità (45%), mentre solo il 17% degli intervistati compra per svago e distrazione3. Significativo però che 1 italiano su 3 dichiari di rimandare gli acquisti a fine emergenza4. Considerando poi il nuovo canale di acquisto, ossia il mondo e-commerce, emerge una piena soddisfazione del servizio da parte del 20% degli intervistati, mentre il 34% lamenta dei problemi nei tempi di consegna5 (non garantiti o allungati notevolmente).

Immaginando il ritorno nei negozi fisici, che per la maggior parte degli italiani avverrà a fine maggio, nei comportamenti dei consumatori si consolida il valore della sicurezza: 1 intervistato su 3 dichiara infatti che manterrà la distanza imposta in queste settimane ed eviterà giorni e orari di punta come anche locali commerciali affollati6. In termini di acquisti futuri emerge invece l’attenzione ai prodotti italiani (40%), come atto di fiducia e sostegno dell’economia nazionale, e un ulteriore orientamento verso saldi e/o promozioni (38%)7.

Per varcare nuovamente la porta delle attività di abbigliamento, accessori e calzature, i consumatori si aspettano però dai brand attenzioni specifiche, tra le più richieste la pulizia e la sanificazione dell’ambiente (49%), l’installazione di dispenser igienizzanti all’ingresso del negozio a pari merito con la regolamentazione degli accessi (39%) ed infine il controllo del comportamento della clientela nell’osservanza delle norme igieniche (27%)8.

La riapertura dei negozi per bambini

A fronte del nuovo decreto, dal 14 aprile i negozi di abbigliamento per i bambini possono riaprire sempre nel rispetto delle indicazioni del Governo. Una notizia che il 47% degli intervistati ha accolto positivamente anche se per i consumatori del Nord Ovest, la zona più colpita dall’epidemia, si tratta di un provvedimento prematuro come dimostra anche la continua preferenza dello store online (47%)9.

Qualora si optasse però per il negozio fisico è interessante notare come l’attenzione alla limitazione degli accessi (59%) e alle norme igieniche (48%) superi notevolmente il valore di sconti e promozioni (24%)10. Considerando invece la posizione, primeggiano i negozi di quartiere (58%)11. Un atteggiamento prudente che si traduce anche nel bene da acquistare: al primo posto si trovano intimo e calze (62%), prodotti non solo più indispensabili ma anche più semplici e rapidi da comprare, seguiti da calzature (54%) e abbigliamento esterno (49%)12.

Nextplora, note 1 e 2

Sita Ricerca, note 3 – 12

Covid-19: la percezione dei cittadini dei Paesi G7 secondo Kantar

Calano nei paesi del G7 i livelli di soddisfazione per l’operato dei governi: i risultati i merito emergono dall’analisi di Kantar, giunta al secondo step della sua rilevazione.

Quello che sta succedendo è che i livelli di soddisfazione e di insoddisfazione  praticamente si pareggiano (rispettivamente 42% e 44%), evidenziando che l’opinione pubblica nei G7 è equamente divisa su questo tema. E in in Italia? Qui però la situazione sembra essere più chiara per i cittadini: il 62% sembra soddisfatto del Governo, mentre solo un 30% non lo è.

La ricerca, che si è svolta tra il 9 e il 13 aprile, ha indagato l’atteggiamento personale, l’influenza del Covid nel contesto finanziario e domestico, la comprensione e l’accettazione delle indicazioni del governo, l’approvazione delle misure del governo, la fonte di informazioni più attendibile e la percezione dei potenziali interventi di contrasto al virus.

E’ emerso che nei paesi del G7, l’approvazione della risposta del governo alla pandemia è scesa di 4 punti percentuali (arrivando al 50% – fortemente/abbastanza approvato). In Italia il 71% (-5 rispetto a Marzo) approva l’operato del Governo. L’approvazione è più bassa negli Stati Uniti (46% -7), Francia (43%  -18) e Giappone (30%  -5). Inoltre il 72% (+ 1 rispetto a Marzo) delle persone nel G7 afferma che il proprio reddito personale è stato o sarà influenzato dal Coronavirus. I dati sono più alti in Italia (85%), Canada (77%) e USA (75%). Tra coloro che dichiarano che i propri redditi sono già stati colpiti (37% – in Italia il 46%), il 44% dichiara di averne perso la metà o anche di più (in Italia il 48%). Ciò equivale al 16% delle persone nel G7 (in Italia equivale al 22% dei cittadini italiani). Nei paesi del G7, solo il 21% pensa che ci sarà un ritorno alla vita normale in aprile, maggio o giugno 2020, mentre il 72% pensa che ci vorrà più tempo.

Inoltre, alla domanda riguardo la fiducia nel proprio governo di prendere le giuste decisioni per il futuro, il 54% (-5) delle persone afferma di fidarsi, rispetto al 40% (+5) che non lo fa. Il 6% non sa cosa rispondere. Sembra che la fiducia si stia erodendo: anche in Italia, che registra un 61% (nella prima wave avevamo però il 67% di cittadini che riponeva fiducia nel Governo per il futuro).

Le persone continuano a considerare più rilevante la salute pubblica rispetto all’economia, nonostante gli impatti economici personali siano stati evidenti in tutto il G7, evidenziando che i Governi sembrano mediamente troppo focalizzati sugli aspetti economici. Oltre un terzo dei cittadini del G7 (36%, +7) pensa ancora che il proprio governo stia dando troppa attenzione all’economia del paese e non stia facendo ancora abbastanza per garantire la salute delle persone. Il 19% (nessun cambiamento rispetto a Marzo) ritiene che invece si stia ponendo troppa enfasi sull’aspetto sanitario e non abbastanza su quello economico. Un terzo (33%, -4) ritiene che ci sia un giusto equilibrio e il 13% (-2) non lo sa.

In Italia però i numeri sono un po’ diversi (pressochè invertiti): il 18% pensa che il Governo sia troppo focalizzato sugli aspetti economici, il 31% (+8 punti) troppo focalizzato sugli aspetti sanitari, con un 41% (-4) che considera ci sia un giusto equilibrio fra i due aspetti nelle politiche del governo.

Il 48% dei cittadini del G7 (il 38% in Italia) ritiene che il sostegno fornito dal governo per fronteggiare la perdita economica sia molto o comunque abbastanza buono. Il 46% tuttavia (il 58% in Italia), lo ritiene scarso o del tutto inefficace. Le valutazioni sono state più positive in Canada (77%) e nel Regno Unito (70%).

Allo stesso modo, il 45% degli intervistati nel G7 (ed il 65% in Germania ma solo il 32% in Italia) valuta le azioni del governo per tutelare le aziende chiuse o in perdita come molto o abbastanza buone, contro un 47% che le considera insufficienti.

E sul futuro? Una persona su 4 nei paesi del G7 (26%) pensa che quando il dilagarsi della pandemia sarà finito, il modo di vivere delle persone sarà del tutto diverso. Questo dato è molto alto soprattutto in Italia (34%) e negli USA (29%).Quasi 4 persone su 10 (38%) pensano che la propria economia nazionale, una volta conclusa l’emergenza, sarà completamente diversa. Coloro che ne sono più convinti sono gli italiani, al 55%. Una persona su 4 (24%) pensa che il proprio sistema di previdenza e tutela sociale sarà completamente nuovo/diverso quando la pandemia finirà. Anche qui, i dati più alti riguardano l’Italia (30%) e gli USA (29%)

 

Kellog Company distribuirà più di 15 milioni di porzioni di prodotti

Kellogg Company  scende in campo per aiutare le persone maggiormente in difficoltà nei diversi Paesi europeicolpiti dall’emergenza COVID-19.Nel concreto, Kellogg rafforzeràla collaborazione con i propri partner nei diversi Paesie distribuirà più di 15 milioni di porzioni di prodotti-corrispondenti a 66 camion ovvero 460 tonnellate-ai banchi alimentari locali e aidiversi programmi alimentari esistenti in Italia, Francia, Regno Unito, Spagna, Germania, Belgio, Olanda eIrlanda.Oltre ai prodotti alimentari, Kellogg Company e le sue fondazioni benefiche metteranno a disposizione anche risorse economicheper supportare nella distribuzionei banchi alimentari in tutta Europa, in modo da assicurarsi che i prodotti vengano consegnati a chi ne ha maggiormente bisogno. In Italia, Kellogg continuerà a lavoreràal fianco dellaFondazione Banco Alimentare Onlus, rafforzandocosì la collaborazione esistente da circa 10 anni, per donare 1 milione di porzioni di prodotti Kelloggalle persone aiutate dal Banco Alimentare sututto il territorio italiano.Giuseppe Riccardi, Market Head di Kellogg Italia, ha commentato: “È una situazione molto difficile e triste per moltissime persone e inevitabilmente, come spesso succede in momenti così complicati, i più colpiti sono i più deboli. Ecco perché stiamo facendo la nostra parte fornendo prodotti e donazioni ai banchi alimentari locali in tutta Europa per supportare il lavoro vitale che stanno svolgendo. Il nostro obiettivo è riuscire a portare la maggiore quantità di cibo possibile alle persone che ne hanno più bisogno. “Kellogg è al nostro fianco da molti anni e sappiamo di poter contare su di loro”, affermaGiovanni Bruno, presidente della Fondazione Banco Alimentare Onlus. “In questo periodo difficile il numero delle persone bisognose continua ad aumentare ma nessuno deve essere lasciato solo. Per questo il sostegno di Kellogg risulta particolarmente importante e ci aiuta a rispondere alle numerose richieste che riceviamo”conclude Bruno.Kellogg è da lungo tempo impegnata nell’aiutare a supportarefamiglie e bambini attraverso la piattaforma di responsabilità sociale “Better Days”, lanciata nel 2013. Ad oggi, Kellogg Company e le sue fondazioni benefiche hanno stanziato oltre 7milionidi Euroin donazioni e cibo per supportare gli sforzi globali per ridurre la fame durante la crisi conseguente al COVID-19.

 

Bevande, pasta e farine sono i più gettonati. L’osservatorio di Trovaprezzi

Video chatting with friends during social distancing

Come sono cambiati gli acquisti online degli italiani durante la pandemia? Se ne è occupato Trovaprezzi.it, con l’Osservatorio Vini, bevande e alimenti, prendendo in esame i dati registrati dal 10 febbraio al 29 marzo 2020.

Sono trascorse diverse settimane dal primo decreto “Io Resto a casa”. Gli italiani hanno imparato a rivivere gli spazi delle proprie case e a cambiare le proprie abitudini quotidiane, a partire dagli gli alimenti oggi acquistati comodamente sul web per evitare le lunghe code ai supermercati. Tantissimi, spesso abituati a pranzi veloci fuori casa per lavoro, hanno ritrovato il piacere della cucina in famiglia, trasformando questo momento difficile in un’occasione di riscoperta della buona tavola anche in vista delle feste pasquali. Tra un tutorial sul web e una videochiamata a mamme e nonne lontane per consigli e suggerimenti, molti sono gli italiani che si cimentano nella preparazione di pizze, focacce e piatti tipici della tradizione, sia dolci che salati: così le sfide corrono veloci anche sui social a colpi di fotografie.

I primi segnali di cambiamento nelle tendenze si avvertono su Trovaprezzi.it confrontando la settimana 9-15 marzo con i dati raccolti nella seconda settimana di febbraio 2020 (10-16, fuori emergenza Covid-19): si evidenzia una crescita di interesse nelle categorie Acqua Succhi e Bibite (+ 57%), Tè, caffè e solubili (+50%) e Pasta pane e farina (+29%), seguite da Salumi (+25%) e infine Sughi e salse (+13%). Nelle due settimane successive (16-22 marzo e 23-29 marzo) si registra un vero e proprio boom per tè, caffè, pasta e farina. Ma non solo: in molti si sono dedicati alla ricerca di dolci e confetture, e non è mancato l’interesse nei confronti di prodotti biologici, alimenti senza glutine e cibo per chi soffre di intolleranze alimentari.

Giovani e meno giovani hanno poi riscoperto il piacere della convivialità davanti a un buon calice di vino, da sempre grande passione e orgoglio degli italiani.

Analizzando il traffico della categoria dedicata ai vini è stata rilevata una crescita del 5% nel bimestre febbraio – marzo 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019, per un totale di quasi 375mila ricerche. Nella classifica delle aree con maggiori ricerche online si distinguono le piccole regioni del Centro e del Sud Italia, che si affiancano a quelle del Nord sempre in grado di tener fede alla propria passione anche in questo periodo difficile.

Tra le regioni del Centro-Nord più attive, il Piemonte ha fatto registrare una crescita del 13% nel mese di febbraio 2020 e del 26% durante marzo (rispetto agli stessi mesi del 2019), mentre il Veneto ha registrato aumenti più lineari (+17% e +15%) nelle stesse settimane. Trentino Alto-Adige (+37%), Toscana (+28%) e Lombardia (+14%) hanno mostrato invece degli incrementi rilevanti nelle ricerche del mese di febbraio. Spostandoci al Centro-Sud, il primato in queste ultime settimane spetta all’Abruzzo, dove si è registrata una crescita del 69% nel mese di febbraio e del 92% nel mese di marzo (rispetto agli stessi mesi del 2019), e alla Basilicata (+40% a febbraio e +92% a marzo). Mentre Puglia (+30%), Sardegna (+30%) e Marche (+26%) mostrano gli incrementi più rilevanti delle ricerche soprattutto dall’inizio del lockdown.

Anche la categoria dedicata alle cantinette per la conservazione dei vini resta di costante interesse per gli amanti del mondo wine (+8% nel bimestre febbraio-marzo 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019). Non mancano alcune curiosità relative ai modelli di cantinette più desiderati tra gli appassionati, che hanno approfittato proprio di questo periodo per acquistarne una.

I modelli sono davvero molto vari e in grado di accontentare le necessità di tutti. La scelta spazia da prodotti più economici in classe energetica A fino ad arrivare ai più innovativi in classe A++, che permettono un buon risparmio energetico. Chi ama bere diverse tipologie di vino deve fare molta attenzione alla temperatura della cantinetta: un prodotto base ha solitamente la possibilità di impostare un’unica temperatura, ma in commercio si trovano anche cantine con più zone termoregolabili (4 o più) per avere cura di ogni tipo di vino. Anche riguardo ai prezzi è possibile trovare prodotti che soddisfano tutte le tasche: con circa 90 euro* si può acquistare una cantinetta Medion in grado di rinfrescare fino a 8 bottiglie in classe energetica A+. Per una cantinetta con diverse zone termoregolabili, i prezzi salgono fino ad arrivare agli oltre 12mila euro* di un prodotto professionale come l’armadio-cantina di Datron, in grado di contenere fino a 850 bottiglie e con ben 5 zone a temperatura differente.

e-commerce: istruzioni per l’uso. Il decalogo di Netcomm e altre 13 associazioni

In questo momento di emergenza sanitaria, il numero degli italiani che utilizzano l’e-commerce per necessità di approvvigionamento, ma non solo, sta crescendo senza precedenti. Per questo Netcomm e le 13 associazioni dei consumatori, hanno stilato il decalogo: “e-commerce: istruzioni per l’uso”, che guida il consumatore a riconoscere l’affidabilità dei siti e lo invita ad un corretto uso dell’e-commerce.

Il protocollo, realizzato su iniziativa delle associazioni consumatori nazionali, rafforza le già esistenti relazioni con Netcomm, allo scopo di innalzare la qualità dei servizi presenti nell’offerta digitale e soprattutto meglio utilizzare l’esistente conciliazione paritetica, che garantisce ai consumatori di risolvere, in piena economicità, i contenziosi che potrebbero nascere con i venditori on line.

A questo scopo sarà realizzato un osservatorio permanente, formato da imprese e consumatori, per la rilevazione e l’analisi di problematiche ricorrenti nel mercato online. Saranno, inoltre, agevolate e rafforzate le occasioni di relazione e formazione tra imprese e associazioni dei consumatori, insieme alla diffusione di materiali informativi e linee guida a favore di tutto l’ecosistema (come, ad esempio, momenti formativi in tema di rispondenza dell’ordinamento al diritto digitale dei consumatori, sistemi di risoluzione alternativa delle controversie – ADR, criticità del mercato digitale).

Le associazioni dei consumatori che hanno aderito al protocollo d’intesa sono ACU, Adiconsum, Adoc, Adusbef, Assoconsum, Assoutenti, Cittadinanzattiva, Codici, Confconsumatori, Federconsumatori, Movimento Consumatori, Udicon, Unione Nazionale Consumatori. Firmatario dell’accordo anche il CEC, Centro Europeo Consumatori, che partecipa in qualità di garante del consumatore a livello transfrontaliero.

“eCommerce: Istruzioni per l’uso”, il decalogo

A parere di Netcomm e delle associazioni dei consumatori aderenti al protocollo, i siti che si distinguono per qualità e fiducia si identificano primariamente grazie al possesso di alcuni requisiti fondamentali, che il cliente è chiamato a verificare:

1. Facile e immediata visibilità dei dati societari: ossia la ragione sociale, la partita IVA e il numero di REA (ossia, il numero che identifica l’iscrizione alla Camera di Commercio locale), nonché le informazioni di contatto: in particolare un numero di telefono, un indirizzo, un contatto e-mail e un indirizzo pec attivo.

  1. Una buona reputazione online: se è la prima volta che si compra sul sito di e-commerce, è buona norma verificare l’affidabilità del venditore prima dell’acquisto, utilizzando le informazioni a disposizione sull’identità dell’esercente indicate al punto che precede, e indagando le opinioni di altri acquirenti online.
  2. Pubblicazione delle condizioni generali di vendita: esse rappresentano il vero e proprio contratto tra cliente e venditore, detto anche merchant. Definiscono diritti e doveri delle parti, nonché altri impegni alle quali entrambe sono vincolate e vengono, perciò, messe a disposizione del consumatore dai siti più seri ed affidabili anche prima dell’acquisto.
  3. Indicazione delle informazioni di pagamento: soprattutto con riferimento alla procedura di pagamento, è importante che il sito abbia attivato sia un protocollo URL sicuro (es: https://www… (invece di http://www…), sia procedure di sicurezza per lo scambio di dati di transazione elettronica (come la presenza del “lucchetto” nella URL o, ancora meglio, la doppia autenticazione del cliente al momento del pagamento).

    5. Presenza e facile reperibilità delle informazioni su spedizione e consegna: in linea generale le consegne devono avvenire entro 30 giorni. Se però il venditore promette di consegnare in tempi minori, fa fede il suo impegno. Inoltre, il venditore è responsabile della merce spedita fino a quando il consumatore non ne entra in possesso.

    6. Indicazione della procedura per il diritto di recesso in caso di ripensamento: il consumatore, ai sensi dell’art. 52 codice del codice del consumo, può cambiare idea e, senza indicarne la motivazione, restituire la merce entro 14 giorni dalla consegna. Per agevolare il consumatore nell’esercizio del suo diritto, il merchant deve mettergli a disposizione un modulo (cartaceo o elettronico), nonché indicargli i luoghi ove riconsegnare la merce, il tipo di spedizione e gli eventuali costi da sostenere. Se il venditore consente i cambi merce (es. cambio taglia, cambio colore, modello, ecc…), verificare le modalità di reso nelle condizioni generali di vendita.

  4. Esistenza di un promemoria delle garanzie post vendita: il consumatore ha diritto di esercitare la garanzia sui prodotti di consumo entro 2 anni dall’acquisto, a patto che il difetto venga denunciato al merchant entro 2 mesi dalla scoperta, indicando anche in maniera chiara le forme e le modalità di denuncia del vizio (es pec, raccomandata, fax).
  5. Indicazione delle modalità di gestione dei reclami: il merchant deve indicare chiaramente nelle condizioni generali i canali attraverso cui inoltrare il reclamo, i tempi di risposta dell’assistenza clienti e la procedura per la risoluzione delle eventuali controversie stragiudiziali. In particolare:
  1. Indicazione delle modalità di gestione delle controversie giudiziali: nello specifico, l’indicazione della competenza del foro del consumatore, ai sensi dell’art. 66-bis Codice del Consumo. Se il venditore non indica tali informazioni o non è chiaro nell’indicazione, il suggerimento è di prestare attenzione all’acquisto sul sito in questione, per evitare di dover risolvere le controversie in tribunali lontani dal proprio domicilio.
  2. Presenza di un documento di privacy e cookie policy, e corretta acquisizione dei consensi: nella home page del sito devono essere pubblicate e rese visibili, le condizioni di trattamento e revoca all’autorizzazione dei dati degli utenti e dei clienti, ivi compresa la politica dei cookies rilasciati dal sito. Da verificare, altresì, la presenza di caselle da selezionare per conferire il consenso relativo ad ogni singola finalità di raccolta (le principali sono: gestione amministrativa ed evasione dell’ordine, studi e ricerche statistiche, profilazione, marketing, cessione a terzi).

Coronavirus e GdO: il monitoraggio di Nielsen

+2,2%: continua la crescita rispetto allo stesso periodo del 2019 delle vendite della Grande Distribuzione Organizzata, durante la settimana tra lunedì 30 marzo e domenica 5 aprile,

Per la terza settimana di fila, è il Nord Est a registrare gli incrementi più alti su base tendenziale: +5,9%, seguito subito dal Sud (+5,8%). Rimangono stabili il Nord Ovest (+0,3%) e il Centro (-0,5%).

“Con l’avvicinarsi della Pasqua emergono ulteriori novità nei comportamenti di consumo degli italiani. Rispetto allo stesso periodo del 2019, continuano infatti a crescere i prodotti base con i quali si preparano pasta, pizza e dolci caserecci. – dichiara Romolo de Camillis, Retailer Service Director di Nielsen Connect in Italia – Lo schema dei canali si è invece assestato: fino alla fine della quarantena i piccoli negozi di vicinato e le opzioni di eCommerce e click & collect rimarranno i favoriti.” 

A livello di format distributivi, il trend positivo si registra nei Liberi Servizi (+36,0%), nei Supemercati (+14,2%) e nei Discount (+4,5%). Il calo delle vendite di Specialisti Drug (-22,2%) e Ipermercati (-16,3%) rimane in linea con la contrazione delle ultime settimane.

Continua il calo dei format Cash & Carry, con un trend negativo del -48,8%, sempre in linea con il calo delle ultime quattro settimane, quindi dall’inizio della quarantena ufficiale e dalla chiusura dei locali pubblici e degli esercizi di ristorazione e catering.

Per quanto riguarda l’eCommerce, il trend delle vendite di prodotti di largo consumo online da lunedì 30 marzo e domenica 5 aprile è stato del +158%, leggermente inferiore al trend della settimana precedente.

Dal 30 marzo al 5 aprile: la cronaca

A livello di affluenza ai negozi, le dinamiche giornaliere confermano la perdita di importanza del weekend, che ormai pesa appena il 21% delle vendite settimanali; in una settimana media prima della quarantena pesava circa il 33%. Questo calo è in parte riconducibile all’orario ridotto e/o alla chiusura domenicale dei negozi.

Nello specifico, sabato 4 aprile ha registrato un -22,6% vs. stesso sabato del 2019 e domenica 5 aprile un -50,8% vs. stessa domenica del 2019, a parità di negozi. Il picco positivo si è registrato invece giovedì 2 aprile (+27,2%).

A livello di peso sulla settimana, il giorno principale rimane comunque il venerdì, confermando una nuova tendenza iniziata con la quarantena. Ricordiamo che in condizioni di normalità, il giorno principale in termini di peso sulla spesa settimanale degli italiani è sempre stato il sabato.

Le categorie

Le categorie di prodotti maggiormente impattate durante la settimana 13 (30 marzo/5 aprile) del 2020 sono sempre legate ai tre “effetti” identificati da Nielsen:

  1. effetto “stock”, in ordine di grandezza rispetto al fatturato generato: caffè macinato (+20,0%), conserve rosse (+37,3%), olio di semi (+40,6%), biscotti (+9,0%), pasta (+9,6%), conserve animali (+10,3%), riso (+15,2%), vegetali conservati (+16,0%); i comparti della dispensa non alimentare si sono invece stabilizzati, si segnalano la carta casa (+21,0%), i detergenti lavastoviglie (+19,1%) e carta igienica (3,8%);
  2. effetto “prevenzione e salute”, in ordine di grandezza rispetto al fatturato generato: guanti (+124,5%), detergenti superfici (+29,1%), sapone per le mani solido e liquido (+41,2%), candeggina (+35,6%), alcol denaturato (+128,9%), salviettine umidificate (+15,3%);
  3. effetto “resto a casa”, sempre in ordine di grandezza rispetto al fatturato generato, suddiviso in Cuochi a casa, il paniere degli ingredienti base, quindi farine (+176,0%, fatturato triplicato rispetto al 2019), uova di gallina (+50,7%), ingredienti per pasticceria (+149,3%), burro (+69,5%), mascarpone (+155,6%), zucchero (+40,1%), panna UHT (+29,5%), lievito di birra (+217,4%), margarina (+80,4%); cresce anche il Comfort food, il paniere dell’indulgence, quindi creme spalmabili dolci (+63,4%), tavolette di cioccolato (+21,7%), miele (+51,6%), patatine (+16,9%), vaschette di gelato (+22,5%), olive (+15,3%), pop-corn (+70%). Continuano anche i trend positivi di vino (+19,1%) e birre alcoliche (+18,5%).

Evidenze pre pasquali

Nelle ultime quattro settimane sono state vendute 10,1 milioni di singole uova di cioccolato, nello stesso periodo pre-Pasquale dell’anno scorso la cifra era di 15,3 milioni (-33,9%). Le colombe, invece, sono a quota 5,4 milioni di confezioni vendute, rispetto agli 11 milioni dello scorso anno (-50,4%).

*Fonte: Nielsen, Market*Track, Iper+Super+Liberi Servizi+Discount+Specialisti Drug.

Vendite a valore per categoria nella settimana 14 del 2020 vs. la stessa settimana del 2019.

Smart working ai tempi del Covid-19: l’indagine di InfoJobs

A circa un mese dall’inizio del lockdown del Paese causato dall’emergenza sanitaria, InfoJobs, presenta i risultati di un’indagine[1] che mette per la prima volta a confronto aziende e lavoratori sul tema smart working.

I dati emersi rispecchiano un Paese che ha risposto all’emergenza utilizzando in maniera massiccia lo smart working: il 72% delle aziende ha messo a disposizione in tempi brevi mezzi e strumenti per permettere ai collaboratori di proseguire il lavoro da remoto. Tuttavia, è chiaro che non tutte le tipologie di business o non tutte le funzioni possono essere svolte in smart working, dai dati di InfoJobs risulta quindi che i lavoratori italiani in smart working siano il 15%. La parte restante della forza lavoro sembra attualmente a casa senza reddito (45% dei rispondenti, percentuale che sale al 50% per le donne), in ferie o in congedo (25%) mentre il 13% si reca ancora sul luogo di lavoro, senza nessuna modifica alle modalità di prestazione del servizio.

Ad oggi, il 56% delle aziende che hanno attivato lo smart working dichiara di applicarlo per la prima volta, mentre il 29% l’ha esteso a più figure o su più giorni. Percentuali ancora più polarizzate sui lavoratori, dove il 79% afferma di adottarlo per la prima volta, mentre per il 14,5% sono solo cambiate le modalità di fruizione e per il 6,5% non c’è stato alcun cambiamento rispetto a prima.

Pro e contro

Come sta andando lo smart working per le aziende italiane? Il 64,5% delle aziende dichiara che i dipendenti hanno apprezzato questa decisione (voluta o dovuta in base alle circostanze legislative) che non ha avuto contraccolpi sulla produttività (39%), o ne ha avuti ma in maniera limitata (25,5%). Le difficoltà comunque non mancano e il 19% delle aziende sostiene che lo smart working non stia funzionando, complici la struttura o il business che mal si sposano con il lavoro da remoto. In linea più generale, le maggiori criticità sono legate soprattutto a problemi di tipo organizzativo (44%) per mancanza di supervisione e controllo sul lavoro del personale, e relazionale (42%) perché manca il confronto quotidiano e il lavorare fianco a fianco. Solo il 14% delle aziende dichiara problemi legati alla tecnologia, rilevante soprattutto per quelle aziende che hanno risposto all’emergenza ma non erano preparate a gestirla a livello di strumenti e competenze interne.

La percezione dei lavoratori

Il 38% del campione intervistato da InfoJobs si dichiara fortunato di poter evitare gli spostamenti in questo momento, mentre il 27% apprezza le possibilità date dalla tecnologia, che mette a disposizione un ufficio “virtuale” dove è possibile continuare a lavorare come prima. Solo il 7% dice di essere meno produttivo soprattutto a causa degli impegni familiari da gestire in contemporanea, percentuale che sale al 33% per le donne con figli conviventi.

Il 17% dei lavoratori apprezza la possibilità di gestire insieme esigenze personali e lavorative, con una percentuale che sale al 30% per le donne con figli. Gli italiani che si sono inoltre trovati a dover far fronte alla creazione di spazi di lavoro fra le mura domestiche, notano con piacere il tempo risparmiato per gli spostamenti da casa all’ufficio (49%) e gli orari flessibili (19,5%). E che dire delle distrazioni fra le postazioni di lavoro? Un pensiero in meno nel caso dell’home office per l’11% dei lavoratori!

L’azienda non è però solo un luogo di prestazione d’opera, ma anche un mondo in cui si intessono relazioni o dove semplicemente ci si confronta. Ecco allora che sono diversi anche gli aspetti di cui si sente la mancanza in questa nuova gestione della routine lavorativa, in primis la socialità del luogo di lavoro e il confronto quotidiano con i colleghi (parimerito al 27%). Seguono sorprendentemente aspetti all’apparenza secondari, come la comodità della propria postazione (11%) o il piacere di prepararsi alla giornata con outfit e make-up (10%).  

E poi?

“Su ciò che avverrà una volta superata l’emergenza sanitaria, le aziende sono caute a parlare di rivoluzione”, commenta Filippo Saini, Head of Job di InfoJobs. “Anche i lavoratori sembrano apprezzare le potenzialità del lavoro da remoto, ma sono ben lontani dall’augurarsi che possa essere la modalità esclusiva e prioritaria di domani. In generale, dalla nostra indagine emerge un’Italia molto pragmatica e realista, che distingue le misure eccezionali dai propri desideri e dalla speranza per la nuova normalità di domani”

Nel dettaglio, per il 30% delle aziende non ci saranno cambiamenti delle modalità di lavoro rispetto al business pre-COVID-19, mentre il 28% dovrà valutare gli sviluppi legislativi per implementare a regime lo smart working e il 24% lo abiliterà ma solo per una parte dei dipendenti.

Concordi su un approccio prudente anche i lavoratori, il 71% vorrebbe il lavoro agile 1 o 2 giorni a settimana (89% per le donne con figli) mentre solo il 16% auspica un full time smart. Dissente il 13%: meglio l’ufficio!

[1] Indagine realizzata da InfoJobs a marzo 2020 su un campione di 189 aziende e 1149 candidati

Fobia contagio: la paura di Covid-19 richiede soluzioni contactless

Le preoccupazioni relative a COVID-19 continuano a crescere e sempre più persone si rifiutano di toccare il dispositivo dei corrieri per firmare e confermare la consegna o il ritiro di un pacco. L’enorme traffico di ordini online con consegna a domicilio o al piano strada ha reso questa situazione un problema urgente per i retailer e le aziende di delivery, i quali cercano di salvaguardare clienti e dipendenti.

In Italia, in ottemperanza a quanto stabilito dal Decreto Legge n. 18 del 20 marzo 2020 (cd. “Cura Italia”), per le raccomandate, i pacchi e in generale tutta la posta assicurata varrà la firma apposta dall’operatore, che si dovrà comunque assicurare della presenza del destinatario o della persona abilitata al ritiro nel luogo indicato come indirizzo. Ciò non toglie che, avere un riscontro dell’avvenuta consegna, possa essere importante e, in molti casi, fondamentale per i retailer e le aziende di delivery.

Per riattivare questo possibilità, senza rischi per dipendenti e clienti, Scandit ha utilizzato la propria tecnologia di mobile computer vision e di scansione dei barcode per creare una web app, Contactless Proof of Delivery, veloce da implementare per i retailer e le aziende di delivery, e disponibile gratuitamente per sei mesi – fino al 30 settembre.

I clienti possono utilizzare il proprio smartphone per scansionare un QR code che apre la web app, quindi è sufficiente scansionare il codice a barre sul pacco e firmare sul proprio dispositivo per confermare una consegna o un ritiro. Il processo è semplice, senza bisogno di scaricare nulla o di accedere a un account.

Scandit ha sviluppato l’app e ha deciso di offrirla gratuitamente durante questa crisi, dopo aver ricevuto richieste da parte di alcuni dei propri clienti operanti in ambito logistica.

“A causa della pandemia, avevamo bisogno di un modo per garantire la sicurezza dei nostri corrieri e dei destinatari dei pacchi che non si sentivano a proprio agio a firmare per le spedizioni sui nostri dispositivi portatili. Avevamo bisogno di una soluzione rapida e semplice per consentire ai clienti di firmare le consegne attraverso i propri dispositivi mobile. Scandit fornisce già un software di scansione dei barcode per una delle nostre applicazioni di smistamento terminali e ci siamo resi conto che la stessa soluzione poteva essere utilizzata per questa nuova app con firma”, ha dichiarato Dastan Namousi, Demand & eService Manager, DB Schenker, Nordics.

“Quando abbiamo sentito parlare di questo problema dai nostri clienti, abbiamo creato rapidamente la web app”, ha dichiarato Samuel Mueller, CEO di Scandit. “Nel tentativo di renderla ampiamente disponibile il prima possibile, la offriamo gratuitamente per sei mesi a tutte le aziende che possono beneficiarne.”

 

La logistica ai tempi del coronavirus: l’esempio di Raben Sittam

Aumentano gli ordini nella food industry, cambiano i comportamenti d’acquisto e le modalità di lavoro, in questo scenario tratteggiato dall’emergenza sanitaria, la logistica e i trasporti continuano a svolgere un ruolo essenziale. Infatti, come confermato anche l’ultimo decreto (DPCM – 22 marzo 2020), tutte le attività di trasporto, commercializzazione e consegna di farmaci, tecnologia sanitaria, dispositivi medico-chirurgici e prodotti agricoli e alimentari rimangono attive e non soggette a fermo.

Ma come ha affrontato l’emergenza uno dei protagonisti del settore, come Raben Sittam uno dei protagonisti europei nel settore dei trasporti e della logistica, che ha la propria sede principale a Cornaredo, all’interno della regione Lombardia, la prima regione che ha dovuto fronteggiare le conseguenze del Covid-19?

“Abbiamo da subito adottato misure extra per proteggere il nostro personale interno ed i nostri autisti” – ha dichiarato Emily Calcaterra, Human Resources Manager di Raben Sittam. “In questo periodo almeno il 50% di ogni team lavora da casa con una turnistica a rotazione, di fatto un terzo dei nostri dipendenti sta lavorando in smart working. Coloro che non dispongono abitualmente di un laptop hanno potuto portare a casa i computer desktop con VPN installata. Abbiamo implementato un maggior numero di linee per le riunioni in videoconferenza in maniera tale da ridurre al minimo necessario le riunioni interne” – aggiunge Calcaterra.

In aggiunta a misure che facilitano il lavoro da casa, Raben Sittam ha adottato misure di protezione e nuove procedure come, ad esempio, l’obbligo della pausa di 30 minuti fra un turno e l’altro in magazzino, al fine di evitare l’assembramento per chi, inevitabilmente, non può assentarsi dal lavoro. A livello pratico, il personale di magazzino addetto al carico e scarico dei mezzi e gli impiegati operativi che scambiano documenti di trasporto con i vari autisti, stanno utilizzando costantemente guanti protettivi tanto da aver posizionato, negli uffici appositi contenitori chiusi per lo smaltimento degli stessi.

Non solo, Raben Sittam monterà pannelli di protezione in vetro/plastica nei primi punti di contatto, come ad esempio: cancelli, aree di accoglienza o altri luoghi primari in cui avviene la trasmissione e la ricezione di documenti verso e dagli autisti.

“Sappiamo quanto sia difficile, in questi giorni, assicurare lo svolgimento regolare delle attività in azienda” – ha dichiarato Wojciech Brzuska – CEO of Raben Sittam. “L’operatività nel nostro settore è garantita dal lavoro giornaliero di autisti, magazzinieri, spedizionieri e altre figure chiave per le quali non è possibile lavorare da remoto. Abbiamo adottato tutte le misure preventive previste dalle istituzioni e dall’OMS al fine di far sentire al sicuro tutti i nostri dipendenti che, ogni giorno, lavorano in questa situazione di difficoltà” – aggiunge Brzuska.

 

 

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