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Sofidel accelera negli Usa e punta all’acquisto di parte di Royal Paper

Il momento è di sicuro quello giusto: al di là del ripensamento (momentaneo o definitivo?) di Donald Trump – che ha sospeso per 90 i giorni i dazi aggiuntivi nei confronti di tutti i Paesi, eccetto la Cina – produrre direttamente negli Usa è un modo per approcciare in maniera solida e strategica quello che resta uno dei mercati più importanti del mondo. In questa direzione va l’accordo stipulato da Sofidel – tra i leader mondiali nella produzione di carta per uso igienico e domestico, nota in particolare per il marchio Regina – e finalizzato all’acquisto di alcuni asset produttivi di Royal Paper, player che opera nel mercato nordamericano sia nel segmento consumer che nell’away-from-home. Più nel dettaglio, Sofidel acquisirà quattro stabilimenti, localizzati in Arizona e South Carolina: una cartiera a Gila Bend (AZ) dalla capacità produttiva annuale di 61.000 tonnellate, due impianti di converting a Phoenix (AZ) e un impianto di converting a Duncan (SC). L’8 aprile scorso, Royal Paper e alcune delle sue sussidiarie interamente controllate hanno presentato petizioni volontarie per riorganizzarsi ai sensi del Chapter 11 del Codice Fallimentare degli Stati Uniti. In pratica, Royal Paper sta conducendo una procedura d’asta per la vendita di questi asset ai sensi della Sezione 363 del Codice Fallimentare. Sofidel e Royal Paper hanno raggiunto un accordo su un’offerta “stalking horse”, soggetta a offerte migliori e superiori e all’approvazione del tribunale fallimentare, nonché ad altre condizioni di chiusura consuete, inclusa la ricezione di eventuali approvazioni normative richieste.

Non si tratta certo di un esordio per Sofidel, presente negli Stati Uniti (il più grande mercato al mondo per consumi pro capite di tissue) sin dal 2012, quando acquisì la società Cellynne, poi rinominata Sofidel America, attiva nel mercato away-from-home con tre stabilimenti. Da allora gli investimenti in nuovi impianti sono continuati, ma l’operazione più importante – del valore di circa 1 miliardo di dollari – risale allo scorso anno ed è l’acquisizione della divisione tissue di Clearwater Paper Corporation, che ha portato nel perimetro del gruppo quattro stabilimenti produttivi e 1.700 collaboratori, aumentando la capacità produttiva di 342.000 tonnellate annue, pari al 25% di quella complessiva. Sofidel ha archiviato il 2024 con un fatturato consolidato di 3,225 miliardi di euro, in aumento del +3% rispetto al 2023, e un Ebitda margin pari al 17,85% (nel 2023 si era attestato al 21,11%). Sempre nel 2024, è proseguito sul fronte ambientale l’impegno per la transizione ecologica, con una riduzione del 19,5% delle emissioni specifiche rispetto all’anno base 2018, in linea con gli obiettivi definiti con Science Based Target initiative (SBTi) per raggiungere l’obiettivo Net Zero al 2050. Il gruppo è presente in 13 Paesi con oltre 9.000 dipendenti e una capacità produttiva di 1.860.000 tonnellate all’anno.

Vino, Uiv: pasticcio normativo mette in stallo i dealcolati

Un mercato depresso dall’incertezza”. È la denuncia dei principali produttori di vino No-Lo e dei fornitori di tecnologie e macchinari per la dealcolazione italiani intervenuti a Vinitaly 2025 al convegno “Tecnologia 0.0: produzione e innovazione a confronto”, organizzato da Unione italiana vini (Uiv) in collaborazione con Veronafiere. A inibire la produzione, oltre all’ambiguità delle disposizioni relative l’obbligo di separazione degli spazi che dovrebbe risolversi a breve, il pasticcio normativo che lascia il comparto in balia dell’incertezza sull’applicazione delle accise in attesa del decreto interministeriale, previsto a partire dal 1° gennaio 2026. “Stiamo parlando dell’atterraggio su Marte mentre in Italia non abbiamo ancora il binocolo per vedere la luna”, ha dichiarato Martin Foradori, Ceo di Tenuta J. Hofstätter, una posizione condivisa non solo dagli altri produttori intervenuti alla tavola rotonda, ma anche dai fornitori di macchinari e tecnologie per il processo di dealcolazione. “In Italia c’è molto fermento ma abbiamo solo iniziato a vendere impianti – ha commentato Albano Vason, Direttore Generale di VasonGroup –, all’estero è più facile. Stiamo lavorando molto bene in Spagna e ora si è aperto il mercato anche in Argentina”. “Ci sono sicuramente aziende italiane interessate, ma stiamo aspettando che sia pronta la normativa”, ha confermato Massimo Pivetta, Sales Director Wine di Omnia Technologies. Per Pierluigi Guarise, Ceo di Collis Wine Group, “Ci viene detto di andare per tentativi e questo comporta un rischio anche reputazionale, ci crederemo veramente nel momento in cui verrà fatta chiarezza su tutta la normativa, dalla produzione all’etichettatura”. Non mancano le conseguenze sul fronte dei costi: “Andare a dealcolare all’estero mina la nostra competitività sul mercato”, ha dichiarato Claudio Galosi del Gruppo Argea.

Rimane all’estero la produzione anche di Mionetto, che, come dichiarato dal Consigliere Delegato e Direttore Tecnico, Alessio Del Savio, sta lavorando con vini a base Glera per “accorciare sempre di più le distanze con il Prosecco, strizzando l’occhio alla denominazione”. E proprio sulla qualità del prodotto vino si gioca la partita che vedrà i No-Lo distanziarsi dal segmento dei drink a bassa gradazione. “Dobbiamo uscire dal mondo delle bevande dove siamo relegati in una competizione a perdere con le multinazionali – ha detto Fedele Angelillo, Ceo di Mack & Schuhle Italia –. Per fare questo dobbiamo continuare ad insistere sulla qualità, anche a partire dalla vigna”. “Sul fronte della qualità abbiamo già fatto passi da gigante – ha concluso Marzia Varvaglione, Presidente del Ceev e di Agivi –. I vini No-Lo sono proposte non solo complementari ma che ci consentono di differenziare il rischio in un contesto estremamente volatile dei consumi. Ora, come produttori e imprenditori, dobbiamo capire come tutelare questi vini e come inquadrarli in modo che siano facilmente e chiaramente riconoscibili anche per i consumatori”.

Secondo l’analisi dell’Osservatorio del Vino Uiv-Vinitaly presentata a Vinitaly, il mercato italiano dei vini No-Lo (no e low alcohol) vale oggi solo lo 0,1% sul totale delle vendite di vino, per un controvalore di 3,3 milioni di dollari che – secondo le stime Iwsr – dovrebbe raggiungere i 15 milioni nei prossimi 4 anni, con un Cagr atteso del 47,1%.

Lidl raggiunge il 6% di quota nel mercato italiano della Gdo

Lidl Italia consolida il percorso di crescita degli ultimi anni e tocca il 6% di quota di mercato. A certificarlo è la Prima Edizione 2025 della Guida NielsenIQ Largo Consumo, che scatta una fotografia dettagliata della distribuzione moderna in Italia, il cui giro d’affari complessivo è di 132,1 miliardi di euro, suddiviso tra ipermercati (24,8%), supermercati (41,7%), discount (23,8%) e libero servizio (9,6%). “Il raggiungimento del 6% di quota di mercato è il frutto di un importante lavoro di squadra, partito da lontano – dichiara Massimiliano Silvestri, Presidente Lidl Italia – e che ha come perno gli investimenti sul territorio. Negli ultimi 10 anni abbiamo investito 3,5 miliardi di euro, di questi, circa 2,1 miliardi negli ultimi cinque. Pensando al futuro, per il prossimo triennio abbiamo in serbo un piano di sviluppo da 1,5 miliardi di euro per la realizzazione di 150 nuovi store. Il 2025 è iniziato con l’apertura di ben 23 negozi, solo nei primi due mesi, per un investimento complessivo di 180 milioni di euro. Grazie a questi importanti e strutturati interventi siamo stati in grado di ampliare la nostra rete vendita raggiungendo quota 780 store e guadagnando, di conseguenza, la fiducia di un numero crescente di clienti”.
Lidl, arrivata in Italia nel 1992, si pone l’obiettivo di raggiungere quota 1.000 punti vendita entro il 2030. Sul territorio nazionale conta 12 piattaforme logistiche, impiega più di 22.000 collaboratori e ha un’offerta a scaffale composta da oltre 3.500 referenze, di cui oltre l’80% prodotte in Italia e a marchio proprio.

Salame Felino Igp, +16% di fatturato negli ultimi 5 anni

Un fatturato al consumo arrivato a 89 milioni di euro, con una crescita del 16% negli ultimi 5 anni, e una quota export raddoppiata rispetto al 2023. Sono alcuni dei principali dati economici relativi al 2024 comunicati dal Consorzio di Tutela del Salame Felino Igp, l’associazione che racchiude 13 aziende produttrici del salume della Parma Food Valley per un totale di circa 500 addetti tra lavoratori diretti e legati all’indotto. Nel 2024 i valori produttivi del Salame Felino Igp sono rimasti in linea con l’anno precedente: a fronte di 5,3 milioni di chilogrammi di carne lavorata, 3,5 milioni sono stati destinati al prodotto certificato, numeri che hanno portato il valore alla produzione a 46 milioni di euro. Mentre andando a ritroso, il Consorzio negli ultimi 5 anni, ovvero dal 2019 al 2024, ha visto aumentare il proprio fatturato del 16%, passando da 75 agli attuali 89 milioni di euro. Merito anche dell’ottima tenuta del preaffettato, che dai 526.000 chilogrammi destinati del 2019 è arrivato ora a quota 573.000 chili. Infine, per quanto riguarda l’export, il Consorzio del Salame Felino Igp è passato dal 2,5% del 2023 all’attuale 5%. All’interno dell’Unione Europea, Germania e Francia rimangono i mercati di riferimento mentre continua la crescita della Svizzera in una quota esportazioni che rimane prevalentemente legata al vecchio continente.
Il 2024 è stato un anno tutto sommato positivo – afferma Umberto Boschi, Presidente del Consorzio di Tutela del Salame Felino Igp – considerando un mercato schizofrenico per quanto riguarda il costo della materia prima, che ha purtroppo confermato i picchi del 2023. E il trend non è destinato a migliorare, visto che nel periodo di alta richiesta, ovvero dopo l’estate, sappiamo già di dover fronteggiare un calo dei suini disponibili che non aiuterà il mercato. In ogni caso siamo soddisfatti per la crescita dell’export e per la tenuta del preaffettato, che ci permettono di far conoscere e apprezzare ancora di più questo fantastico prodotto”. A inizio anno il Consorzio ha inoltre aggiornato il proprio disciplinare, già approvato dal Ministero e pubblicato in Gazzetta Ufficiale. La modifica principale riguarda il preso dei suini: non è più previsto il peso medio vivo – che era di 160 chilogrammi con 10% in più o in meno di tolleranza – quanto invece quello della singola carcassa, ora compreso tra 110,1 e 190 chili, rilevato al momento della macellazione.

Despar Italia: fatturato di 4,5 miliardi di euro nel 2024, Mdd a un soffio dal 24%

Un fatturato al pubblico pari a 4,5 miliardi di euro, in crescita del 2,6% rispetto all’anno precedente: è questo il bilancio del 2024 per Despar Italia, la società consortile che riunisce sotto il marchio Despar sei aziende della distribuzione alimentare e negozianti affiliati. Al risultato hanno contribuito lo sviluppo e l’ammodernamento della rete vendita con 110 tra nuove aperture (75) e restyling (35) di negozi e l’apporto del prodotto a marchio Despar che, nel 2024 ha superato il miliardo di euro di fatturato e raggiunto una quota di mercato a valore pari al 23,9%, registrando una crescita superiore a quella del mercato Mdd in Italia.
Il 2024 è stato per Despar un anno di consolidamento che ha fatto leva sullo sviluppo della rete e sui risultati registrati dalla nostra Mdd – afferma Filippo Fabbri, Direttore Generale di Despar Italia – che si è posizionata tra le best performer nella Gdo italiana. Due pilastri che guideranno la nostra crescita anche nel 2025: sull’espansione e l’ammodernamento della nostra rete vendita prevediamo infatti oltre 66 milioni di euro di investimenti che ci permetteranno di radicare sempre più l’insegna sui territori. Continueremo poi a lavorare sull’implementazione del prodotto a marchio: i risultati già raggiunti ci portano a grandi passi verso il raggiungimento dell’obiettivo del 25% di quota di mercato per la nostra Mdd che sempre più rappresenta un elemento competitivo e fidelizzante dell’insegna, anche grazie a nuove progettualità che stiamo già implementando per rendere la nostra proposta ogni giorno più completa e integrata. Obiettivi ambiziosi che da sempre sono stati uno stimolo per alimentare la capacità di evolversi di Despar che proprio nel 2025 festeggia i 65 anni di presenza in Italia”.

LA RETE DI VENDITA
Le sei aziende associate a Despar Italia sono: Despar Nord Ovest – Gruppo 3A, Despar Nord – Aspiag Service, Despar Centro Sud – Maiora, Despar Sardegna – SCS, Despar Sicilia – Ergon, Despar Messina – Fiorino. I ricavi raggiunti nel 2024 sono stati generati per il 64% dai punti vendita diretti e per il 36% dai negozi affiliati. Guardando alla distribuzione del fatturato per insegna, il 34% è stato originato dai punti vendita Despar (marchio che identifica il supermercato di quartiere, fino agli 800 mq), il 39% dai negozi Eurospar (l’insegna del supermercato di media metratura, tra gli 800 e i 2.000 mq) e il 27% dai punti vendita Interspar (il supermercato di grande metratura, oltre i 2.000 mq). A registrare le performance migliori sono stati i format di negozio con le metrature medie, gli Eurospar, che hanno registrato trend in crescita del 4,4% rispetto al 2024.
Il network di Despar Italia conta oggi 1.323 punti vendita (411 diretti e 912 affiliati) per una superficie complessiva di vendita che raggiunge 797.631 metri quadrati. Le nuove aperture hanno interessato tutte le insegne con cui l’azienda presidia il territorio: nel dettaglio sono stati inaugurati 58 Despar, 4 Despar Express, 11 Eurospar e 2 Interspar. A livello di aree geografiche, lo sviluppo ha riguardato tutte le 17 regioni in cui l’insegna è presente con un’accelerazione significativa al Sud (Puglia, Calabria e Basilicata), oltre che in Emilia-Romagna, Lazio e Piemonte.

IL RUOLO DELL’AFFILIAZIONE
Sono oltre 700 gli imprenditori affiliati al marchio e i loro punti vendita nel 2024 hanno registrato un fatturato al pubblico di 1,6 miliardi di euro (35,6% del fatturato al pubblico complessivo). Nel 2024 la rete affiliata ha visto l’apertura di 62 punti vendita e la ristrutturazione di 16, grazie al consolidamento di legami storici e a 37 nuovi imprenditori. Negli ultimi dieci anni (2015-2024), il fatturato dei negozi affiliati è cresciuto dell’88%, passando da meno di 1 miliardo a 1,6 miliardi di euro.

LE PERFORMANCE DEL PRODOTTO A MARCHIO
Il prodotto a marchio si è confermato un fattore centrale di sviluppo e leva strategica per la crescita dell’insegna con una quota di mercato che a fine 2024, a valore, ha raggiunto il 23,9%, con un incremento di 1,2 punti percentuali rispetto al 2023, superiore alla media di mercato Mdd (fonte NielsenIQ I+S). Le vendite dei prodotti a marchio Despar hanno superato il miliardo di euro, registrando un incremento del 7,6% rispetto al 2023, mentre i volumi di vendita, in termini di confezioni, sono aumentati dell’8,1% rispetto all’anno precedente (fonte: NielsenIQ, I+S+LS). I dati consumer rilevano come nel 2024 la percentuale acquirenti Mdd sul totale acquirenti in Despar è cresciuta di quattro punti, raggiungendo l’84,7%. (fonte: NielsenIQ Consumer Panel). Nel 2024 Despar Italia ha lanciato oltre 200 nuovi prodotti e realizzato oltre 300 restyling: un percorso di continuo arricchimento raggiunto grazie alla partnership con i circa 500 fornitori Mdd, di cui il 97% è italiano.
A fine 2024 erano 16 le linee Mdd Despar per un totale di circa 3.800 referenze. Le linee che hanno registrato le performance migliori sono la linea del food-to-go Enjoy (+15,1% a valore), la linea Free From dedicata ai prodotti senza glutine e senza lattosio (+12,7% a valore), la linea Despar Premium (+9,5% a valore), la linea di prodotti non alimentari a ridotto impatto ambientale Scelta Verde Eco,logico (+14,5% a valore) e la linea di prodotti per la cura della persona XMe (+11,1% a valore) (dati Nielsen AT 29/12/2024). Quest’anno Despar Italia intende introdurre in tutte le regioni in cui opera S-Budget, la linea convenienza già presente sugli scaffali del socio Despar Nord, portando così a 17 il totale delle linee Mdd. È inoltre previsto il lancio di circa 200 nuove referenze, oltre all’aggiornamento di referenze esistenti, guardando alle nuove tendenze del mercato e a segmenti con opportunità di crescita interessanti quali l’ambito degli alimenti specializzati, come il funzionale, o dei prodotti premium che valorizzano le filiere corte e i prodotti tipici locali.

IL RAPPORTO CON IL TERRITORIO
Sul fronte dell’impegno ambientale, è proseguito il percorso avviato nel 2022 insieme ai fornitori Mdd per calcolare e ridurre, ove possibile, l’impatto ambientale dei prodotti firmati Despar in termini di CO2, così come il lavoro sul packaging dei prodotti a marchio per renderli sempre più rispondenti a criteri di circolarità e riciclo. Despar Italia ha confermato l’impegno per la riduzione dello spreco alimentare, aderendo, su una prima selezione di prodotti a marchio, alla campagna di Too Good to Go sull’Etichetta Consapevole “Osserva, Annusa, Assaggia” grazie alla quale il cliente viene sensibilizzato sulla differenza tra le diciture “Da consumarsi entro” e “Da consumarsi preferibilmente entro”, con la finalità di ridurre lo spreco alimentare all’interno delle mura domestiche.
Sul fronte dell’impegno sociale, per il secondo anno è stata realizzata l’iniziativa “Bosco Diffuso Despar”, insieme alle sei aziende associate: nel 2024 sono stati piantati 1.600 nuovi alberi che, sommati a quelli già messi a dimora nel 2023, portano a oltre 3.000 il totale degli alberi che ampliano la superficie del “Bosco Diffuso Despar” nelle diverse regioni dove l’insegna è presente. Despar ha poi promosso su tutto il territorio nazionale Scuolafacendo, il progetto a sostegno delle scuole che dà agli istituti scolastici la possibilità di ottenere nuove attrezzature e strumenti utili all’insegnamento. L’edizione 2024/2025 ha coinvolto 6.936 scuole di ogni ordine e grado ha permesso di donare oltre 13.800 premi in strumenti e materiali didattici, per un valore corrispondente di circa 489.600 euro. È inoltre proseguito “Le Buone Abitudini”, il progetto gratuito dedicato alle scuole primarie, volto a sensibilizzare i bambini sull’importanza di una sana alimentazione e di corretti stili di vita. Attivo da diversi anni, il programma ha già coinvolto oltre 2.700 insegnanti (+50% rispetto a dicembre 2023). Infine, Despar è stato sponsor delle Giornate FAI d’Autunno che si sono svolte in tutta Italia gli scorsi 12 e 13 ottobre. I punti vendita sono stati coinvolti nella promozione dell’evento attraverso poster, locandine e materiali informativi in-store per raccontare e promuovere le bellezze FAI sui territori.

Il “talent show” dei prodotti Consilia approda in Tv

Debutto in Tv per Consilia, la marca del distributore nata dal Consorzio Sun, a suo volta parte del Gruppo Selex. “Consilia Talent Show” è la nuova campagna multi-soggetto ideata da Mind:In, che porta sul piccolo schermo otto “prodotti di talento”, unendo ironia, leggerezza e un tone of voice distintivo. Il lancio segna un nuovo passo nella strategia evolutiva del brand, già affermato su digital e punto vendita. A un anno e mezzo dall’entrata in comunicazione, il brand sceglie una pianificazione televisiva geolocalizzata, con il lancio dei primi spot “L’Avena Trasformista” e “La Pasta Poeta”, trasmessi sui canali Warner Bros Discovery (Nove, Food Network, HGTV, Giallo).
La campagna non vuole raccontare semplicemente l’offerta, ma mira a divertire e ingaggiare il pubblico, riflettendo l’impegno del brand nel selezionare solo prodotti che meritano davvero di entrare nel “team Consilia”. Come in un vero talent show, solo i prodotti che rispettano alti standard di qualità, convenienza e affidabilità accedono alla scena Parallelamente alla pianificazione televisiva e alla presenza consolidata su YouTube e Facebook, Consilia rafforza il proprio presidio digitale con l’apertura del canale Instagram, aggiungendo un nuovo touchpoint, , con stream dedicati, pensato per dialogare con un pubblico sempre più ampio e connesso. Inoltre, il brand è protagonista anche di una nuova collaborazione con la piattaforma “Fatto in casa da Benedetta”; ulteriore tassello nella strategia di coinvolgimento e visibilità. “Consilia è un brand in forte crescita – commenta Michela Bonetti, Responsabile Marketing Consilia – e il nostro media mix continua ad ampliarsi per intercettare nuovi pubblici con linguaggi sempre più contemporanei. La Tv, i social e il punto vendita saranno fondamentali in questo percorso, anche grazie alle innovazioni che le nostre insegne stanno implementando. Forti dei risultati positivi, investiamo in progetti che consolidano il nostro posizionamento e rendono il brand sempre più riconoscibile”.

Daniele Gilli è il nuovo Amministratore Delegato di Circana

Passaggio del testimone in Circana: Daniele Gilli è stato nominato Amministratore Delegato a partire dal 1° aprile, succedendo ad Angelo Massaro, manager di lunghissimo corso dell’azienda. Gilli era in precedenza Direttore Commerciale della stessa società, che in una nota stampa sottolinea la profonda conoscenza del mercato e la solida esperienza maturata dal nuovo Ad, pronto a guidare Circana in una fase di crescita e innovazione, mantenendo un forte focus sulla centralità del cliente e sull’evoluzione delle soluzioni data-driven. “Sono orgoglioso di assumere questo nuovo incarico – dichiara Daniele Gillie di poter continuare a lavorare con un team eccezionale. Insieme, rafforzeremo ulteriormente la nostra posizione di partner strategico per le aziende che vogliono competere in un mercato in continua trasformazione”. Circana è leader nella fornitura di tecnologia, intelligenza artificiale e dati agli operatori del largo consumo e di beni durevoli, produttori e distributori. Le sue analisi predittive consentono ai clienti di misurare la loro quota di mercato, comprendere il comportamento dei consumatori e accelerare la crescita.

Leroy Merlin apre a Salerno e guarda alla clientela business

Poker in Campania per Leroy Merlin, che ha inaugurato a Salerno il suo quarto punto vendita nella regione. Situato in via delle Calabrie, sullo snodo che collega Salerno e Pontecagnano tramite statale, autostrada e tangenziale, il nuovo Leroy Merlin guarda ovviamente alla popolazione residente, ma anche alla clientela business come proprietari di locali commerciali, B&B, bar, ristoranti, artigiani e imprese. Nelle intenzioni dell’insegna, il mix di prodotti e servizi proposti rende il negozio un hub per l’home improvement a 360 gradi dedicato agli abitanti di Salerno e provincia, dall’appassionato del fai-da-te a chi vuole affidarsi ad un partner capace di gestire i progetti di rinnovamento della casa e che sappia dare supporto per tutti gli aspetti, compresi quelli burocratici. Nello store lavora una squadra di oltre 100 persone, guidata dalla Direttrice Luisa D’Adamo. Inoltre, una rete di 20 imprese di artigiani collabora per i servizi di posa e installazione. Aperto dal lunedì al sabato, dalle 7 alle 21, e la domenica dalle 9 alle 21, il negozio – secondo quanto dichiarato dall’insegna – ha un’offerta pensata su misura per il territorio. Grazie ad un’analisi di mercato, l’osservazione dell’area e dei trend di vendita online, Leroy Merlin ha definito peso e dimensioni di showroom e ambienti ispirazionali dedicati a spazi esterni, bagno, decorazione e illuminazione, presentati per stile e funzionalità. All’offerta in store, si aggiungono i servizi digitali per un totale di oltre 2 milioni di referenze, disponibili con consegna a domicilio, clicca e ritira entro due ore dalla prenotazione online e locker per il ritiro self-service. Inoltre, vi è la possibilità di beneficiare di finanziamenti, estensioni di garanzia e polizze assicurative a tutela dei prodotti acquistati.
Accanto ai reparti più tradizionali, lo store di Salerno offre uno spazio dedicato al mondo del giardino in cui trovare pavimentazioni per esterno, recinzioni, cancelli, BBQ, piante, accessori e uno showroom per i mobili da giardino con una esposizione costante tutto l’anno. Maggiore rilevanza hanno anche i mondi decorativo e dell’illuminazione, ai quali viene riservata una boutique con prodotti su misura e personalizzati. La Casa della Circolarità è invece uno spazio studiato per sensibilizzare i clienti su un consumo più consapevole e responsabile. Lungo il percorso si possono trovare infatti prodotti con piccoli difetti estetici o nel packaging, che anziché essere scartati, vengono proposti a prezzi vantaggiosi, offrendo ai clienti un’opportunità per risparmiare e contribuire attivamente a un futuro più sostenibile. Sempre per ridurre l’impatto ambientale, sono disponibili servizi come il noleggio di elettroutensili e macchine da giardino – con una gamma sia per utilizzi occasionali, sia per i professionisti – e la riparazione. Da segnalare Arky, il servizio di progettazione e ristrutturazione chiavi in mano di Leroy Merlin: gestito da architetti che già lavorano sul territorio, accompagna i clienti lungo l’intero iter delle ristrutturazioni, dalle pratiche amministrative alla direzione lavori.
Realizzato secondo i criteri di sostenibilità ed efficienza energetica, il nuovo negozio si inserisce nell’opera di bonifica e riqualificazione della zona industriale che restituisce a Salerno una nuova area commerciale. La struttura è dotata di domotica per la gestione delle accensioni e spegnimento delle utenze in maniera controllata, BMS (Building Management System) per la telegestione degli impianti, in particolare della climatizzazione dell’area vendita (tramite PLC e sonde temperatura, umidità e qualità dell’aria), EMS (Energy Management System) per il monitoraggio dei consumi energetici da remoto. Tutta l’illuminazione interna ed esterna è a Led e gli impianti di climatizzazione sono tutti a pompa di calore. Sul nuovo negozio, inoltre, come già fatto in altri 26 Leroy Merlin, sarà attivo un ampio impianto fotovoltaico installato sul tetto, in grado di generare energia solare per una potenza di 550 kWp. “Con il nostro arrivo a Salerno siamo fieri di poter contribuire all’accelerazione della crescita economica locale – sottolinea Luisa D’Adamo, Store Leader del Leroy Merlin di Salerno (nella foto in alto) – generando occupazione e un significativo indotto per la zona tramite soluzioni volte a valorizzare e rendere ancor più attrattivo il territorio. Abbiamo studiato attentamente le esigenze del salernitano per offrire soluzioni su misura, capaci di rispondere ai bisogni specifici della comunità. Questa apertura è parte di una strategia più ampia che mira a rafforzare la nostra presenza capillare, integrando negozi fisici con servizi specializzati e consulenza personalizzata, il tutto in un’ottica di omnicanalità”. In Italia dal 1996, Leroy Merlin conta sul territorio nazionale 52 punti vendita, 1 garden e 9 showroom in 15 regioni per un fatturato di oltre 2 miliardi di euro.

La Linea Verde punta agli amanti della cucina spagnola con la Tortilla DimmidiSì

L’interesse degli italiani per la cucina internazionale può dare lo spunto all’innovazione. L’esempio arriva da La Linea Verde, che presenta la Tortilla DimmidiSì, declinando al vegetale una ricetta classica della tradizione gastronomica spagnola. Lo spazio, a giudizio dell’azienda, c’è: secondo i dati GFK Sinottica 2024, il 56% degli italiani consuma cibi stranieri, con un incremento del 15% rispetto al 2019, e se da un lato la cucina cinese e giapponese restano tra le più apprezzate, dall’altro si registra una forte crescita di attenzione per quella messicana e spagnola.
La Tortilla DimmidiSi è proposta in tre varianti: Classica con patate; Con Zucchine, definita dall’azienda più fresca e leggera; Alla Campesina, arricchita con un mix di verdure fra cui zucchine, spinaci e peperoni, per chi predilige i sapori decisi. Senza glutine e senza conservanti, le referenze si prestano a diversi momenti di consumo: come piatto principale, abbinate ad un’insalata fresca, o a cubetti, servite come aperitivo. Il formato da 250 g è adatto sia per la condivisione sia per il consumo individuale come piatto unico. Il target sono i cosiddetti urban tasters, consumatori pronti alla sperimentazione e inclini alla convivialità, alla ricerca di soluzioni che siano salva-tempo senza trascurare la dimensione del gusto. Le tonalità vivaci del packaging mirano a valorizzare gli ingredienti e conquistare visibilità nel banco frigo dell’ortofrutta, mentre il film della confezione trasparente offre una chiara percezione del contenuto.
La nostra azienda è da sempre pioniera nell’accogliere e anticipare i food trend – dichiara Matteo Laconi, Direttore Marketing La Linea Verde Group – investendo costantemente in innovazione per rispondere alle nuove esigenze dei consumatori. La crescente inclinazione verso la fusione gastronomica e un desiderio di esplorare sapori nuovi sono per noi un’opportunità per integrare elementi esotici nelle preparazioni quotidiane, offrendo al pubblico esperienze culinarie uniche. Il nostro obiettivo è attrarre un pubblico giovane, sempre più attento alla praticità e al gusto, ma anche alla possibilità di condividere e sperimentare nuovi orizzonti gastronomici, senza mai compromettere la qualità che da sempre contraddistingue i nostri prodotti”.

Dazi Usa, al via la conta dei danni nel food & beverage italiano

La guerra commerciale con gli Usa è ufficialmente cominciata: sono oltre 100 i Paesi su cui impatteranno i dazi voluti da Donald Trump e tra questi c’è ovviamente l’Italia. Brilla l’assenza nell’elenco di Russia e Corea del Nord, come ha rimarcato già nelle prime ore la stampa internazionale. In sintesi, a partire dal 5 aprile gli Usa applicheranno dazi del 10% su tutte le importazioni e per alcune nazioni – per esempio il Regno Unito – questa sarà l’unica misura adottata. Dal 9 aprile entreranno in vigore tariffe più pesanti e differenziate per una sessantina di Paesi: nel caso dell’Unione Europea – e dell’Italia, dunque – saranno pari al 20%, mentre il 34% annunciato per la Cina dovrebbe andarsi ad aggiungere al 20% già previsto, portando il totale a ben il 54%. Anche per l’Unione Europea e l’Italia le nuove tariffe si vanno a sommare a quelle già applicate per le singole merci. La conta dei danni per il nostro Paese è subito iniziata, accompagnata anche da proposte per affrontare l’emergenza: “Con i sanguinosi dazi americani al 20% il mercato dovrà tagliare i propri ricavi di 323 milioni di euro all’anno – dichiara Lamberto Frescobaldi, Presidente di Unione italiana vini (Uiv) – pena l’uscita dal mercato per buona parte delle nostre produzioni. Perciò Uiv è convinta della necessità di fare un patto tra le nostre imprese e gli alleati commerciali d’oltreoceano che più di noi traggono profitto dai vini importati; serve condividere l’onere dell’extra-costo ed evitare di riversarlo sui consumatori”.

UIV AUSPICA UNA REAZIONE DI FILIERA
Secondo un’analisi dell’Osservatorio Uiv, l’unica soluzione è infatti da ricercare lungo la filiera, con il mercato – dalla produzione fino a importatori e distributori – che dovrebbe farsi carico di un taglio dei propri ricavi per un valore pari a 323 milioni di euro (su un totale di 1,94 miliardi) e mantenere così gli attuali assetti di pricing. Sempre in base ai calcoli di Uiv, ben il 76% delle 480 milioni di bottiglie tricolori spedite lo scorso anno verso gli Stati Uniti si trova in “zona rossa” con una esposizione sul totale delle spedizioni superiore al 20%. I picchi si registrano per il Moscato d’Asti (60%), il Pinot grigio (48%), il Chianti Classico (46%), i rossi toscani Dop al 35%, i piemontesi al 31%, così come il Brunello di Montalcino, per chiudere con il Prosecco al 27% e il Lambrusco. In totale sono 364 milioni di bottiglie, per un valore di oltre 1,3 miliardi di euro, ovvero il 70% dell’export italiano verso gli Stati Uniti. Per Paolo Castelletti, Segretario Generale di Uiv (nella foto in alto), “Rispetto ai partner europei, l’Italia presenta due principali fattori di rischio: da una parte la maggiore esposizione netta sul mercato statunitense, pari al 24% del valore totale dell’export contro il 20% della Francia e l’11% della Spagna. Dall’altra, una lista di prodotti più sensibili su questo mercato, sia in termini di esposizione, che di prezzo medio a scaffale: solo il 2% delle bottiglie tricolori vendute in America vanta un price point da vino di lusso, mentre l’80% si concentra nelle fasce “popular”, che tradotto in prezzo/partenza significa in media poco più di 4 euro al litro”.

CENTROMARCA AVVIA UN’INDAGINE SUL FRONTE INDUSTRIALE
Dal canto suo, Centromarca ha avviato un’indagine rapida per misurare l’impatto che i dazi americani avranno sull’industria di marca e fornire dati utili in sede nazionale ed europea. “Nel settore del largo consumo il prezzo è una componente significativa – sottolinea Vittorio Cino, Direttore Generale di Centromarca –. Le conseguenze non dovrebbero essere omogenee: ogni merceologia ha specifiche dinamiche di esportazione, variabili produttive e commerciali. Per esempio, ci sono diverse elasticità della domanda alle variazioni di prezzo che i dazi potranno determinare per i consumatori. Certo la scelta statunitense crea una discontinuità senza precedenti nel mercato globale: ci vorrà tempo e un’attività diplomatica di vasta portata per recuperarla”.

GLI EFFETTI SUI COMPORTAMENTI DEL CONSUMATORE STATUNITENSE
Secondo una ricerca, condotta in questi giorni negli Stati Uniti da YouGov per Centromarca, circa la metà dei consumatori americani utilizza prodotti grocery italiani: il 14% lo fa ogni settimana, il 25% mensilmente. Tra i prodotti usati abitualmente, nelle prime cinque posizioni troviamo pasta (50% di citazioni), seguita da olio di oliva (46%), formaggi (38%), salse (37%) e vino (33%). In merito all’effetto dazi solo il 16% dei consumatori afferma di essere disposto a pagare di più per acquistare prodotti grocery italiani, il 48% afferma di essere disposto a spendere la stessa cifra che sborsa per altri prodotti, il 10% vorrebbe investire di meno, il 26% non ha un’opinione precisa. Fatto cento coloro che consumano prodotti grocery made in Italy, il 47% asserisce che in caso di aumento dei dazi manterrebbe la quantità di prodotti italiani acquistati, mentre il 30% la ridurrebbe. Tra gli elementi che guidano l’acquisto di prodotti italiani primeggiano qualità percepita, reputazione della marca e rapporto qualità/prezzo.

L’EXPORT DI PRODOTTI DI LARGO CONSUMO NEGLI STATI UNITI
Alcuni dati elaborati da Nomisma per Centromarca descrivono l’importanza dello sbocco statunitense per le produzioni grocery alimentari e non food italiane. Tra il 2023 e il 2024 l’incremento delle importazioni a valore negli Usa è stato del +16%, da 8,5 a 9,9 miliardi di euro. In dettaglio, l’alimentare cresce da 6,8 a 8,0 miliardi di euro e i prodotti per la cura della casa e della persona da 1,7 a 1,9 miliardi di euro. Nel decennio 2014 – 2024 il fatturato grocery complessivo è passato da 3,8 a 9,9 miliardi di euro, pari a una crescita del +161%. Le analisi mostrano che nel 2024 il peso degli Usa sull’export italiano food & beverage era pari al 12%; 13% per i prodotti cura casa/persona. Il 72% dell’export di sidro italiano (spesso usato come intermedio di lavorazione) ha come canale di sbocco gli states. Seguono: acque minerali (41%), olio di oliva (32%), aceti (30%), liquori (26%), vini fermi/frizzanti (25%), spumanti (24%), formaggi duri/semi duri (19%), profumi/fragranze (18%), pasta (16%), trucchi/prodotti di bellezza (15%), conserve di pomodoro (7%). Per il 54% dei consumatori statunitensi acquistare un prodotto alimentare di marca italiana è sinonimo di bontà, per il 49% di qualità delle materie prime, per 36% di sicurezza e tutela della salute. Nell’ambito dei prodotti per il personal & home care il 53% delle persone trova qualità delle materie prime, il 49% sicurezza, il 32% sostenibilità ambientale.

IL POSIZIONAMENTO PREMIUM SALVERÀ IL PARMIGIANO REGGIANO?
A confidare nella specificità della nostra produzione è Nicola Bertinelli, Presidente del Consorzio Parmigiano Reggiano (nella foto a destra): “I dazi sul nostro prodotto passano dal 15% al 35%. Di certo la notizia non ci rende felici, ma il Parmigiano Reggiano è un prodotto premium e l’aumento del prezzo non porta automaticamente ad una riduzione dei consumi. Lavoreremo per cercare con la via negoziale di fare capire per quale motivo non ha senso applicare dazi a un prodotto come il nostro che non è in reale concorrenza con i parmesan americani. Ci rimboccheremo le maniche per sostenere la domanda in quello che è il nostro primo mercato estero e che rappresenta oggi il 22,5% della quota export totale. Il Parmigiano Reggiano copre circa il 7% del mercato dei formaggi duri a stelle e strisce e viene venduto a un prezzo più che doppio rispetto a quello dei parmesan locali. Nel 2019, quando Trump introdusse tariffe aggiuntive pari al 25%, il Parmigiano Reggiano fu il prodotto più colpito con un incremento del prezzo a scaffale dai 40 ai 45 dollari al chilo. Fortunatamente i dazi sono poi stati sospesi il 6 marzo del 2021 e non ci hanno creato problemi in termini di vendite. Gli americani hanno continuato a sceglierci anche quando il prezzo è aumentato. Negli Stati Uniti chi compra il Parmigiano Reggiano fa una scelta consapevole: ha infatti un 93% di mercato di alternative che costano 2-3 volte meno”.

ALLARME NEL MONDO COOPERATIVO
Fortemente impattato è anche il tessuto cooperativo: negli Usa il fatturato delle cantine cooperative è di oltre 570 milioni di euro, il 30% di tutto l’export vitivinicolo nel mercato statunitense, mentre per un altro settore ad alto valore aggiunto con le sue produzioni DOP come i formaggi, le cooperative commercializzano negli Stati Uniti 122 milioni di euro, il 25% di tutte le vendite di formaggi negli Usa, che nel 2024 hanno toccato quota 484 milioni di euro. Seguono poi altre filiere e prodotti in cui la cooperazione esporta valori significativi come il pomodoro da industria. “Per quanto riguarda il settore vino – dice Raffaele Drei, Presidente di Confcooperative Fedagripesca (nella foto in alto) – occorre destinare maggiori risorse per la promozione, se davvero vogliamo aiutare le aziende ad acquisire nuovi mercati. Andrà fatto inoltre un grande lavoro di sburocratizzazione nelle procedure per l’accesso ai bandi. All’Europa chiediamo misure per la promozione più snelle e in generale risposte più efficaci rispetto al passato perché quelle attuali risultano un po’ timide rispetto all’urgenza di aggredire nuovi mercati”. Più in generale, per altri settori fortemente orientati alle esportazioni, le istituzioni secondo Drei “dovranno concentrarsi maggiormente nei rapporti internazionali per promuovere rapporti bilaterali con altri paesi extra-Ue, anche attraverso nuovi accordi di libero scambio al fine di migliorare canali commerciali già consolidati o aprire altri mercati in cui oggi è difficile conquistare quote di mercato. Il settore lattiero-caseario rischia di veder compromessa la stabilità della tutela delle Dop con il conseguente proliferare dell’Italian sounding”.

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